La ricostruzione dopo una catastrofe: da spazio in attesa a spazio pubblico

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ni estremi. Il carattere di urgenza con cui vengono pianificati gli interventi, determinato dal dovere ristabilire delle condizioni di abitabilità minima in brevi tempi, porta spesso a trascurare gli aspetti legati alla qualità degli spazi soggetti a modificazione. L’intervento viene orientato alla soluzione delle sole problematiche attraverso l’elaborazione di un progetto tecnico, che non assume un carattere pluridisciplinare entro cui l’architettura potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nell’orientare la trasformazione. Rispetto a questa problematica, all’inverso, si trascurano anche le relazioni che si potrebbero istituire tra alcune novità imposte dalla legislazione urbanistica e le necessità di “messa in sicurezza” di molti contesti fluviali. Negli ultimi anni si è fatto un grande passo avanti; riconosciuti gli eccessi che hanno contraddistinto i decenni precedenti e riconosciuti i limiti di uno sviluppo che sembrava proteso all’infinito, si sono avviate una serie di iniziative finalizzate ad arrestare i fenomeni di crescita urbana a favore di una gestione più morigerata del territorio, attenta alla salvaguardia degli ambiti di spazio aperto ancora disponibile. Si tratta di un provvedimento importante rispetto al tema della sicurezza idraulica di molte città, che andrebbe valutato entro uno sfondo comune con gli specialisti che si occupano di idraulica ed in rapporto alla definizione di un quadro complessivo di gestione ed organizzazione dei vuoti urbani che non può derivare da un approccio ancora caratterizzato dalla “separatezza dei disegni”. Lo scenario mostra purtroppo una realtà in cui non si è ancora riusciti a produrre una vera e propria “cultura dello spazio” che, a partire da un evento catastrofico o dalla sua previsione, sia in grado di prospettare una rinascita orientata a favore del luogo, attraverso la fusione di varie competenze entro una visione complessiva, la cui regia deve essere affidata alle discipline del progetto. Una disposizione orientata anche alla rinuncia, perché, pur convalidando il pensiero iniziale di Figini, secondo cui “la città d’oggi è un male, è un male non distruttibile”, entro una realtà così compromessa non si è ancora prospettata alcuna soluzione finalizzata a prevenire gli eventi attraverso una serie di trasformazioni programmate che per attuarsi devono comprendere una forma di distruzione programmata. L’alternativa alla perdita di parti di città dovuta alla catastrofe naturale è la volontaria rimozione di strati edilizi attraverso una operazione sostitutiva, di rimozione e rifondazione. Si tratta di una delle “alternative” che ormai vent’anni fa Franco Purini prospettava per risolvere le condizioni di un “paese senza paesaggio”, (Purini, 1991) si tratta di una possibilità per garantire sicurezza, quindi qualità e vivibilità, si tratta di una azione inevitabile laddove il fattore di rischio dipende da fenomeni oscuri quali l’abusivismo. Il contributo più importante che le discipline dello spazio possono offrire, è sicuramente connesso

ad una azione trasformativa preventiva. Le modificazioni ex-post, attuate quando le ferite sono ancora aperte, non garantiscono né la lucidità né la minima disponibilità di tempo che richiede una riflessione approfondita necessaria per un buon progetto. Il percorso progettuale deve partire da una indagine approfondita del paesaggio come sistema di relazioni tra elementi naturali, componenti artificiali, forme vissute e realtà percepite, producendo una “anamnesi” dello stato dei luoghi. Deve procedere quindi attraverso l’elaborazione di una “diagnosi” a fondare l’operazione trasformativa sulla base di una “terapia” o “cura” dello spazio (Emery, 2007, 2008). Questo processo è di importanza fondamentale in quanto consente di rintracciare gli elementi che costituiscono l’essenza della realtà fisica dei luoghi e di identificare il sistema di valori, o di criticità che risultano evidenti o vengono espressi dagli abitanti. Si tratta inoltre di una parte fondamentale di definizione delle strategie per la messa in sicurezza dei luoghi, in quanto l’analisi approfondita della realtà territoriale permette l’individuazione di tutti gli spazi che possono essere trasformati, o liberati, ai fini di individuare aree resilienti, fondamentali per ristabilire le condizioni di sicurezza e per costruire nuovi sistemi di spazi permeabili (Langenbach, 2006; Mitchell, 2005). I progetti di trasformazione dei contesti “a rischio” devono poi essere caratterizzati dalla componente “di invenzione” legata alla determinazione della qualità degli spazi, delle destinazioni d’uso, della dotazione degli elementi in grado di assicurarne la vivibilità e la riconoscibilità, anche in rapporto alle preesistenze ambientali. I limiti di alcuni interventi di messa in sicurezza di ambiti a rischio correttamente impostati dal punto di vista tecnico sono spesso vanificati dal punto di vista degli effetti che producono sui luoghi e sul modo in cui vengono percepiti. La cura del disegno complessivo in rapporto alla realizzazione del singolo manufatto e la definizione della destinazione degli spazi in rapporto al contesto che si va a modificare sono fondamentali rispetto alla possibilità di ottenere luoghi in cui la popolazione sarà in grado di riconoscersi. La messa in sicurezza degli ambiti soggetti a possibili catastrofi legate all’azione di fiumi, torrenti, rivi o fiumare, dipende fondamentalmente da un progetto in grado di lavorare attorno al vuoto, creandolo e dotandolo di senso. Si tratta quindi di identificare gli intervalli disponibili, di ricostruire una continuità tra di essi, di connetterli agli spazi aperti esistenti e soprattutto di dotarli di nuovo senso. Il progetto in questi ambienti sarà molto complesso, siccome offre scarse possibilità in rapporto alla instabilità dei luoghi. Gli ambienti fluviali si possono, infatti, considerare come paesaggi instabili che l’azione imprevista delle acque potrebbe rapidamente sottoporre a nuovi e imprevedibili cicli trasformativi. Lo scopo dell’architettura è però quello di dotare di senso anche questi ambiti,

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