Città come motore di sviluppo del Paese - Tema 2

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Una visione condivisa per concretizzare la città resiliente Amalia Cancelliere

Dai modelli ai possibili scenari di sviluppo della città. Nell’attuale contesto storico risulta molto difficile intervenire sulla città: identificare, disegnare e costruire azioni volte al recupero, alla valorizzazione, al potenziamento, all’innovazione esige impegno e reclama, in particolar modo, l’attuazione di politiche cooperative. Attraverso queste ultime il processo di pianificazione deve concretizzarsi, per essere valido ed efficace, in interventi che promuovono la crescita delle società locali, deve prevedere azioni adeguate a creare nuove connessioni che inseriscano le città in reti locali e sovra-locali, deve potenziare il patrimonio territoriale come sistema complesso di valori, di quei valori che connotano ogni città e la rendono luogo unico ed inimitabile (Dematteis - Governa, 2001) A tale scopo risulta necessario affiancare alle strutture formali di governance strutture più flessibili e informali capaci di garantire il raggiungimento di una visione comune del contesto urbano e di conciliare obiettivi contrastanti fra loro e modelli di sviluppo divergenti. Elaborare una visione del futuro per la città presuppone una solida base di conoscenze capace di sorreggere un’ idea condivisa delle potenzialità di sviluppo e di crescita nell’interesse generale. Tali conoscenze non sono di esclusiva competenza di tecnici e operatori della pianificazione, ma tutti possono contribuire ad elaborarle. Fonti statistiche e dati meno concreti legati alla percezione delle persone, garantiscono il coinvolgimento dei portatori di interesse che si rivela essenziale per identificare cosa un territorio, un quartiere, una città vuole diventare. Le strategie di sviluppo devono tener conto poi, delle diversità tra le città in termini di dimensioni, contesto demografico e sociale, attività culturali ed economiche ed è proprio la diversità socio-economica, culturale, etnica e generazionale

che va sfruttata come fonte d'innovazione e che rappresenta il motore dello sviluppo e della crescita dei centri urbani. In tale prospettiva appare evidente quanto la capacità di fare previsioni sia uno strumento determinante per valorizzare le potenzialità della città e per il superamento dei conflitti e delle contraddizioni. Il sistema urbano, tuttavia, sia esso un quartiere o una città, è troppo complesso per poter elaborare previsioni su specifici modelli e ciò porta alla costruzione di possibili scenari piuttosto che a modelli di sviluppo (Fusco Girard - Nijkamp, 2006). Costruire uno scenario vuol dire costruire una visione per l’intera città, un’idea di ciò che essa vuole diventare attraverso la realizzazione di quelli che i soggetti pubblici e privati ritengono gli obiettivi prioritari. In tal modo la visione strategica diviene un patto, un contratto sociale risultato di un processo che parte dal dialogo e ragiona per valori. Dedurre tali valori presuppone una gerarchizzazione degli obiettivi attraverso un processo dialogico che conduce alla definizione di nuovi valori-obiettivi in cui probabilmente è cambiata la priorità fra di essi. La costruzione di una visione strategica implica, in definitiva, uno sforzo organizzativo per disciplinare la partecipazione di tutti i soggetti a livello più decentralizzato possibile; tuttavia è evidente quanto sia importante, ai fini di una corretta azione di sviluppo, una governance a più livelli: le politiche che interessano i quartieri devono essere raccordate con politiche che non riguardino solo i territori o i grandi agglomerati urbani, ma anche le zone limitrofe. Procedure partecipative per realizzare la città resiliente. Uno dei maggiori aspetti che contraddistingue la progettazione dello sviluppo locale è l’alto tasso di attività relazionali: gran parte del lavoro viene svolto in una dimensione collettiva in cui project manager, animatori, tecnici ed attori del territorio interagiscono. La validità del progetto è influenzata dalla qualità di tali relazioni e interazioni che si svolgono in differenti situazioni: assembleari, formali, decisionali. Facilitare le interazioni e stimolare la condivisione, quindi, è una delle principali abilità richieste a chi deve occuparsi della gestione del progetto e reclama l’utilizzo di metodi idonei ad affrontare la velocità di cambiamento e l’imprevedibilità degli scenari. A tal proposito esistono diverse metodologie partecipative, tecniche tradizionali come il Metaplan e nuove tendenze: L’Open Space Technology; European Awarness Scenario Workshop; L’Appreciative Inquiry. Il Metaplan nasce negli anni Settanta e si connota come tecnica di facilitazione attenta alla gestione dei processi di comunicazione nei gruppi di lavoro. E’ un metodo di confronto visualizzato, che si articola in differenti fasi: dalla raccolta delle opinioni, alla loro organizzazione in blocchi logici,

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