Rivista Notizie UPS_N.18 2014

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Periodic o quadrim es trale - Poste Italiane S. p. A . - s pediz ione in abb. pos tale - D . L . 353/2003 ( c onv. in L . 27/02/04) - n° 46 art. 1, com ma 2 DC B Rom a - Regis trazione del Tribu nale di Rom a n° 206/85 del 16/4/1985

Bollettino degli “Amici UPS”, degli allievi e degli ex-allievi dell’UPS, dei simpatizzanti dell’Opera di Don Bosco. Università Pontificia Salesiana Piazza Ateneo Salesiano, 1 - 00139 Roma. www.unisal.it

ANNO XXXI - N°18 - GIUGNO 2014

“Ci aspettano anni moltobelli” Don Ángel Fernández Artime

decimo successore di Don Bosco


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1. Il termine “uscire” è diventato molto di moda con Papa Francesco e altrettanto il termine “conversione”. L’orizzonte di senso che lui stesso ha propagandato e in genere si ha nell’uso dei due termini è di carattere morale: uscire da se stessi, dal proprio egoismo, andare verso gli altri, aprirsi al mondo, agli altri, a Dio. Anche ecclesiamente, ormai è diventato uno slogan parlare di una “Chiesa in uscita”, non chiusa entro le mura della “cittadella cristiana”, non auto-referenziata, non preoccupata tanto di sé, ma rivolta al bene, alla costruzione di città dal volto umano, una Chiesa che va incontro alle fragilità e le cura con piena dedicazione e senza secondi fini. E per questo ha da convertirsi, da sopportare la stessa sofferenza e la stessa difficoltà che c’è in questo mutamento di atteggiamento e di comportamento, convergendo insieme ad altri verso la verità e il bene, confidando in Dio, camminando insieme, collaborando con tutti gli uomini di buona volontà, confessando il Signore della vita. 2. Ma qui oggi vorrei pensare e riflettere su un possibile uso dei termini “uscire” e “con-vertere” a livello di conoscenza in genere e di conoscenza “scientifica” in particolare. Ciò può risultare interessante per chi, vivendo almeno parte del suo tempo o dimorando in una università – e in particolare in una università di ispirazione cristiana – ricerca e studia, insegna e forma, offre il servizio della “buona cultura” alla società e alla Chiesa, si fa presente là dove si questionano e si dibattono i grandi problemi della vita comune (e quelli dei giovani in particolare): quelli di sempre, quelli di oggi, quelli del domani; come singolo o come gruppo (cattedra, istituto, dipartimento, facoltà, università nel suo insieme); camminando insieme nella “universitas magistrorum et scholarium” con l’intenzione di con-vergere verso quella “verità che è propria dell’uomo” (Benedetto XVI). Cosa vorranno e potranno significare in questo particolare ambito vitale i due termini “uscire” e “convertere”? Provo a indicare alcune piste di riflessione. 3. Anzitutto, credo che i due termini indichino per un verso (“uscire”) il sortire dalle proprie posizioni acquisite: conoscitive, mentali e di atteggiamento, e per altro verso (“con-vertere”) muoversi ricercando e riflettendo collaborativamente. Si tratterà, allora, di andare oltre gli stessi valori separati delle proprie discipline e di ogni conoscere disciplinare, specializzato e, al contempo, di assu-

Uscire e mere la fatica del ricercare, studiare per andare verso l’oltre della verità che ci trascende, dando il proprio contributo disciplinare per una conoscenza trans-disciplinare che coglie e mette in luce quelle trasversalità conoscitive che sono fonte di sapere consolidato, di cultura umanamente degna, di sapienza intellettuale e di saggezza pratica. 4. È nota la posizione del beato John Henry Newman. Nella sua “idea di università” ribadisce più volte che è proprio della ricerca (e della formazione) universitaria, andare oltre la specializzazione disciplinare, che non si nega, ma che viene spinta ad andare verso una visione unificata della realtà; e, in questa linea, anzitutto ad andare oltre le distinzioni fra le varie discipline, riconoscendo nel contempo il contributo di ogni sapere parziale alla ricerca di una verità colta come coerenza con il tutto. In questo senso, l’interdisciplinarità è un modo universitario di “uscire” e di “convergere”, che porta non solo a un’attività di discernimento critico e di perseguimento del “fondo” comune di conoscenza a cui si può arrivare ricercando e riflettendo insieme, collaborativamente e dialogalmente. Ma ancor prima è un “permanente” educarsi (e educare) a essere capaci di esercitare tale sguardo verso l’insieme, il comune, il totale, l’umano, il degno di vera conoscenza. 5. Un solo accenno a un particolare “uscire” e “con-vergere”, oggi. Lo sviluppo delle neuroscienze, delle nanotecnologie, mettono in luce un mondo di possibilità di conoscenze e di interventi sul bios umano che non è senza problemi umanistici, etici e religiosi. Alla resa dei conti questo nuovo mondo scientifico e tecnologico ci porta a interrogarci su cos’è ultimamente la vita. Fino a che punto possiamo intervenire sui genomi umani, ricostruirli o addirittura costruirli e produrne dei nuovi finora neppure immaginati, fabbricando cellule non previste e non presenti nella natura? In termini più ampi si può dire che ci spingono a ripensare i rapporti tra natura e cultura, tra animale e uomo, tra naturale e artificiale, tra manipolazione genetica e biosicurezza, tra potere tecnico e agire morale. Quanto si può distinguere il living (cioè la funzionalità dell’esistenza) rispetto alla globalità del Life? Quanto si può intervenire sull’umano sicché resti salva la sua individualità? Quanto spazio è dato ai mutamenti genetici senza dover arrivare a dichiarare che siamo giunti al “post-umano”? Quanto è legittimo costruire una vita non più data ma elaborata “artificialmente”,


Con-vertere cioè con il tramite della tecnica e pur tutta via pensata, determinata, voluta: e non necessariamente indiscriminatamente o contro, ma per il miglioramento della esistenza individuale e sociale. Si può arrivare al “liberal eugenism” (J Habermas)? Occorre essere “onesti”: questi topici scientifico-tecnologici allertano una tradizionale “vision” umanistica e in particolare la “credenza” cristiana ecclesiale storica, specie quella magisteriale, sull’uomo, la sua vita, la sua esistenza. Come si forma a una coscienza etica-sociale a riguardo? Si può stare “alla finestra”, assistere, distanziarsi, accusare, negare, unicamente difendersi? O si può anche in questo caso “uscire” e “con-vergere”? 6. A me pare importante anzitutto apprendere (e fare apprendere) non solo i risultati delle tecnoscienze, ma anche le peculiarità del loro ricercare e arrivare ad affermazioni o produzioni di effetti (sia in generale sia essendo attenti alle tradizioni scientifiche e tecniche specifiche). Una buona epistemologia generale e speciale può essere utile, perché si vengono “necessariamente” a evidenziare sia le possibilità che i limiti disciplinari, la disponibilità o la indisponibilità alla inter-disciplinarità, il riconoscimento della trascendenza della verità

prof. Carlo Nanni, Rettore

sull’uomo che tutti ci impegna e tutti ci supera. E magari potrà essere salutare partecipare alla ricerca e alla produzione nelle équipes e nei laboratori. Il sortire significherà anche avere il coraggio di partecipare al dibattito pubblico su queste questioni generali della vita, in una riflessione attiva e partecipante: facendosi legittimamente riconoscere con proprie “buone ragioni” nel convergere ma anche nel differenziarsi contestualmente al comune procedere sulle vie della promozione umana: aperti a fare viaggio insieme verso, prima ancora che “vincere” e imporre le proprie “mappe”. Vien da pensare alla “funzionalita” di una “pedagogia” dell’intersection e del “con-vertere” nella formazione universitaria di tutti (e forse anche di una formazione filosofico-teologica a riguardo: almeno come offerta per chi vuole). Ma appare ancor più evidente la “bontà” di un impegno formativo capace di saper far strada nella differenza, di farsi compagni con e accompagnare tutti coloro che – come la Chiesa (Cfr. Centesimus annus, n. 53) – intendono fare dell’uomo, del suo mistero e della sua trascendente verità, della sua “buona vita”, la “prima via” del loro viaggio sui camini della storia. Il Rettore, prof. Carlo Nanni


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La Buonanotte di don Pascual Chávez nella visita dei capitolari del cg27 all’ups Questo è il mio ultimo intervento in qualità di Rettor Maggiore e Gran Cancelliere dell’UPS. In occasione di questa mia ultima visita, il discorso che pronuncerò è a nome mio personale, ma vuole essere anche l’espressione di tutti i membri del Capitolo Generale 27. 1. Prima di tutto voglio dare voce alla grande gioia di tutti noi capitolari per l’invito rivoltoci dall’UPS a visitare l’Università della Congregazione durante lo svolgimento del Capitolo Generale. Ringrazio quindi l’UPS per l’invito che ci ha rivolto e che, in una circostanza importante come questa del Capitolo, mi dà modo di esortare l’intera Congregazione a “ritornare all’UPS”. Il lavoro che l’UPS svolge sin dalla sua fondazione a favore dell’intera Congregazione merita tutta la nostra riconoscenza. L’UPS è nata per volontà del quarto successore di Don Bosco, don Pietro Ricaldone, e dunque è la presenza della Congregazione ed è per la Congregazione. Ciò significa che in se stessa non ha significato se non è al servizio della Congregazione.

Don Pascual Chávez Villanueva, IX successore di Don Bosco. Accanto i capitolari del CG 27

2. Tra i tanti servizi prestati da questa Università della Congregazione alla Congregazione, vorrei sottolineare soprattutto lo studio storico critico su Don Bosco. Voglio ricordare in particolar modo il lavoro svolto da don Pietro Braido, attualmente degente presso l’infermeria dell’UPS, e al quale ho testimoniato i ringraziamenti dell’intera Congregazione proprio in occasione di questa nostra visita. “Grazie don Braido – gli ho detto – per averci fatto conoscere e amare meglio Don Bosco. Grazie ai suoi studi oggi possiamo dire di amarlo più intensamente e siamo in grado di imitarlo più fedelmente” Mi ha risposto con un grande sorriso. Grazie agli studi di don Braido e più in generale all’intera attività di ricerca condotta qui all’UPS è stato possibile individuare l’asse portante del carisma salesiano: storia – pedagogia – spiritualità. E siamo stati sostenuti nel cercare di raggiungere la grazia dell’unità. Ricordo una frase di don Pietro Stella: “Nel suo lavoro con i ragazzi nel cortile di Valdocco, Don Bosco si sentiva coinvolto nella trama di Dio”. Alla fin fine il mistico è tutto qui: sentirsi coinvolto nella trama di Dio.


3. Ma un altro motivo di ringraziamento dell’UPS da parte della Congregazione è dovuto alla formazione dei nostri Quadri, come dimostra la presenza oggi qui, tra i nostri capitolari, di ben più di 90 ex allievi. Questa è la testimonianza più vera di quanto l’Università sia al servizio della Congregazione e abbia svolto, a partire dal Concilio Vaticano II, un ruolo centrale a favore del rinnovamento della nostra Famiglia Salesiana e del suo carisma. Per queste ragioni, voglio ribadire a nome della Congregazione l’impegno dell’intera Famiglia Salesiana – stasera qui rappresentata da capitolari, ispettori e delegati di tutte le Ispettorie del mondo – a favore del presente e del futuro dell’UPS. Ciò concretamente significa continuare ad appoggiare il presente e l’immediato futuro dell’UPS, inviando come studenti i nostri migliori confratelli e dando l’apporto di personale competente (professori, formatori, amministratori). L’UPS è l’Università della Congregazione e da essa viene voluta, sostenuta e apprezzata. 4. Ma a nome dei Capitolari, cioè a nome di tutta la Congregazione, voglio anche aggiungere due importanti esortazioni all’UPS. La prima: che l’UPS creda di più nella propria missione. Don Ricaldone ha fondato questa Università allo scopo di assicurare un alto livello culturale alla nostra Congregazione. Quando dico che si sta abbassando il livello culturale della Congregazione è triste, perché ne va di mezzo la qualità del pensiero, della proposta educativa, della presenza di noi salesiani nel mondo e nella Chiesa. Siamo educatori! Creatori di cultura! Forse la lettera più bella di don Vecchi è proprio quella intitolata: “Io per voi studio”, dove c’era una precisa proposta culturale per la Congregazione che impegnava tutti gli ispettori a fare un programma di qualificazione formativo-culturale per i confratelli. Allora io vi dico: cari professori formatori e

studenti dell’UPS: dovete credere di più nella missione affidata a voi dalla Congregazione e dalla Chiesa. 5. La seconda: siate ciò che dovete essere! La missione dell’UPS è contenuta nel suo stesso nome. Prima di tutto l’UPS è, e deve essere, Università, non centro di studi, che è molto diverso. Una università deve essere in dialogo con il mondo, non autoreferenziale, non chiusa in sé, e soprattutto sempre in dialogo con il mondo giovanile. Non possiamo e non dobbiamo indirizzarci altrove se abbiamo da fare una verifica seria della condizione giovanile! È Pontificia, non soltanto perché sta nella Chiesa di Roma, ma perché deve essere per la Chiesa di Roma e per la Chiesa del mondo: dunque in comunione di cuore e di mente, di pensiero e di affetto con il Vescovo di Roma, il Papa. È Salesiana, quindi deve accompagnare da vicino il cammino della Congregazione ed essere luogo di ricerca costante su cosa significa essere salesiani. Bisogna superare la dicotomia tra pensiero e vita per riuscire veramente a essere docenti e discenti salesiani, cioè uomini, ricercatori, ma anche religiosi, in sintonia con il primo insegnamento, quello più importante: quello di Don Bosco. 6. Concludo con un augurio finale. Come Gran Cancelliere ho fatto il mio meglio, chiedo scusa se non sempre sono riuscito a rispondere alle richieste, ai bisogni dell’UPS. Auguro al mio successore e a voi tutti una nuova fase nella storia della Congregazione e della nostra Università, perché stiamo vivendo un cambio epocale e abbiamo bisogno proprio di una svolta della Congregazione e dell’UPS. Buona notte! (Roma, 22 marzo 2014)


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“Ci aspettano anni molto belli” Il Rettor maggiore intervistato dai giovani della fsc

Stefania e Wilfried. Stefania Postiglione è una giovane del Movimento Giovanile Salesiano di Potenza. Wilfried Mushagalusa, invece, è un giovane sacerdote salesiano del Congo. Entrambi studiano alla Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale. Venerdì pomeriggio, 28 marzo, sono stati a trovare don Ángel Fernández Artime, X successore di Don Bosco, per la sua prima intervista. Accolti con salesiana cordialità, il Rettor Maggiore ha offerto con piacere il suo tempo ai due giovani intervistatori accompagnati dal prof. Renato Butera, docente di giornalismo della Facoltà dove i due giovani studiano. Don Ángel li ha messi a loro agio così che l’emozione non ha incrinato l’impegno di “professionisti dell’informazione” in erba, attività per la quale si stanno preparando con lo studio. Otto le domande proposte al Rettor Maggiore. “Ha mai sognato di essere il successore di un sognatore?... Si aspettava di essere la persona scelta?”. E poi: i consigli dei genitori una volta sentiti al telefono, la realizzazione concreta per i salesiani del loro essere ‘Mistici’ e ‘Servitori’ dei giovani... e il messaggio da affidare a tutti i giovani del mondo salesiano. Nove minuti di intervista, circa, che qui trascriviamo, in cui sono raccolte alcune tra le prime considerazioni e tra i primi desideri del X successore di Don Bosco dopo appena pochi giorni dalla sua elezione.

Don Ángel Fernández Artime con gli studenti membri del Senato Accademico

Ha mai sognato da giovane salesiano di diventare Rettor Maggiore, il successore di un sognatore? No, no. Credi che sia qualcosa pensata per altre persone molto più significative. Si, ho voluto sempre essere un buon salesiano che fosse come Don Bosco avrebbe sognato oggi ciascun salesiano. Però immaginare… non ho mai immaginato di essere ispettore e ancor meno Rettor Maggiore… è impensabile.

Chi è Ángel Fernández Artime? Ángel Fernádez Artime è semplicemente un salesiano di Don Bosco, che ha 53 anni, che si è entusiasmato per Don Bosco perché mi piacque come i salesiani mi avevano aiutato a crescere e a educarmi. Credo di avere nel cuore una speciale sensibilità di stare con e tra i giovani. Dopo, nella vita salesiana, frequentemente mi hanno dato dei servizi che mi hanno obbligato a preoccuparmi più dell’animazione delle ispettorie e non sempre sono stato permanentemente nel cortile. Però la mia passione è il cortile, sono le aule, l’incontro con ogni giovane. Però sono soltanto un salesiano molto entusiasta, che si sente più felice di essere salesiano oggi che 35 anni fa quando ha cominciato.

Si aspettava di essere eletto? No! Assolutamente. Il Rettor Maggiore, don Chávez, mi aveva chiesto di tornare in Spagna come ispettore di una delle due nuove ispettorie. Sono stato quasi cinque anni meravigliosi in Argentina, in Patagonia, nella terra dei sogni di Don Bosco. E aspettavo di venire al Capitolo, parteciparvi come uno qualsiasi dei 207 capitolari e ritornare il 13 aprile in Spagna per iniziare a fine


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maggio l’incarico di ispettore dell’Ispettoria “Mediterranea Maria Ausiliatrice”. Quanto è successo è stato per me inaspettato, una sorpresa dello Spirito e dei miei fratelli salesiani.

Al sentire pronunciare il suo nome, cosa ha pensato? Che emozione ha provato? La prima emozione è stata quella di sentire che non avrei dovuto essere io il Rettor Maggiore, che c’erano molti altri confratelli più capaci di me. E poi l’emozione di poter essere la persona che anima i suoi confratelli, tutta la Famiglia Salesiana e i giovani a seguire le orme di Gesù come Salesiani di Don Bosco, seguendo Don Bosco. Una emozione grande percependo che Don Bosco mi affida e ci affida adesso la sua congregazione e Famiglia Salesiana. All’inizio ero un po’ nervoso. Adesso mi sento molto più tranquillo perché vedo che c’è un grande affetto, un grande aiuto nel Consiglio Generale; i confratelli capitolari…e credo molto la salute e la forza della Congregazione e della Famiglia Salesiana… E mi appassiona pensare ai giovani del mondo che ci sono sempre, ci saranno sempre e sempre vorranno e avranno bisogno di fratelli, amici e padri che possano stare in cammino con loro.

Sappiamo che dopo la festa per la sua elezione ha chiamato i suoi genitori. Cosa le hanno detto? Cosa le hanno consigliato? Si. Vi racconto: se fossi stato indicato dalla votazione sondaggio, avevo deciso di avvisare i miei genitori perché non ne vengano a conoscenza in modo inaspettato e non gli venga un colpo al cuore, un infarto. Allora ho chiamato a casa per dire: “È possibile che possa essere eletto. Eventualmente già lo sapete”. Terminata la nomina mi sono fermato in sala per salutare i confratelli e nel frattempo con delicatezza don Chávez e il suo vicario don Adriano hanno chiamato i miei genitori in Spagna per dirglielo. In serata ho potuto parlare con loro, ho potuto parlare con mamma che mi ha detto semplicemente: “Figlio mio, che questo non ti cambi, che continui a essere come sei. Non ti scordare dei più semplici”. E un tale messaggio da una mamma rimane fortemente nel cuore.

Cosa significa essere oggi il successore di Don Bosco? Essere oggi il X successore di Don Bosco è innanzitutto un regalo di Dio. E come diceva il mio predecessore don Chávez: “Un bel mestiere”. Credo

sia affascinante, bello. Ci saranno difficoltà perché la congregazione è molto grande e estesa nel mondo. Però è qualcosa che ritengo affascinante. Allo stesso tempo è una grande responsabilità. Abbiamo il dovere, e ho il dovere, di garantire che il carisma di Don Bosco, che lo Spirito ha donato alla Chiesa, non perda minimamente nulla della sua forza e della sua passione per i giovani, né del servizio agli altri. Questa è la chiave. Dobbiamo garantire che il carisma di Don Bosco sia più vivo oggi di quanto non lo sia stato in qualsiasi altro momento. Sempre al massimo.

Durante il CG27 si è parlato dei salesiani come “mistici nello Spirito” e “servitori dei giovani”. Come pensa si debba realizzare questa spiritualità per i giovani di oggi? Pensando ai salesiani, è un invito a essere ancor più autentici, più profondi nella vita interiore e come consacrati; osare a essere coraggiosi profeti tra i giovani e soprattutto servitori, qualcosa che ci è peculiare per il carisma, e che tanto ricorda Papa Francesco con la “periferia”, con l’andare con le “pecore”. Rispetto ai giovani, credo che sia un invito che è una costante in tutta la storia della congregazione. I giovani devono essere apostoli dei giovani. E dico di più: “apostoli”, e non soltanto animatori di ruoli sociali. Apostoli che vivono la loro fede con radicalità profonda e il loro impegno cristiano con generosità.

Diventato ufficiale il nome del nuovo Don Bosco, molti giovani del Movimento Giovanile Salesiano hanno cominciato a pubblicare sulle reti sociali la sua foto e vari messaggi di fiducia in lei. Quale messaggio vuole indirizzare a tutti i giovani del mondo che frequentano le case di Don Bosco? Il messaggio che più mi sta a cuore è: “Io, come Rettor Maggiore e X successore di Don Bosco, e i salesiani del mondo crediamo in voi giovani. Voi siete la nostra passione, l’unica ragione per la quale siamo salesiani di Don Bosco oggi. Vogliamo stare al vostro fianco, vogliamo accompagnarvi. Non vogliamo togliervi protagonismo. Vi invito a essere, tutti i giovani, ragazzi e ragazze del mondo salesiano, molto coraggiosi, molto generosi, che siate veramente, come dice il Vangelo, “Sale della terra, luce del mondo”. Se così sarà, e camminando insieme, ci aspettano anni molto belli”. intervista di Stefania Postiglione e Renato Butera


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Benvenuto al Gran Cancelliere

Don Ángel Fernández Artime

un breve profilo on Ángel Fernández è il nuovo Rettor Maggiore, eletto dal Capitolo Generale 27. In virtù di questa carica è il Gran Cancelliere dell’Università Pontificia Salesiana, la responsabilità più alta dell’UPS. Prima dell’elezione a X successore di Don Bosco, don Fernádez Artime era Ispettore dell’Argentina Sud. Un lungo e caloroso applauso ha accolto e confermato la proclamazione ufficiale dopo l’elezione avvenuta alle ore 10:20 del 24 marzo 2014, al primo scrutinio. Ángel Fernández Artime, 53 anni, è nato il 21 agosto 1960 a Gozón-Luanco, nelle Asturie, Spagna. Ha emesso la sua prima professione il 3 settembre 1978, i voti perpetui il 17 giugno 1984 a Santiago de Compostela ed è stato ordinato sacerdote il 4 luglio 1987 a León. Originario dell’ispettoria di León, è stato Delegato di Pastorale giovanile, Direttore della scuola di Ourense, membro del Consiglio e Vicario ispettoriale. Dal 2000 al 2006 è stato Ispettore della sua ispettoria di origine. Come Ispettore ha partecipato al Capitolo Gene-

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a cura di ANS

rale 25 ed è stato membro della commissione tecnica che ha preparato il CG 26. Nel 2009 è stato nominato Ispettore dell’Argentina Sud, incarico che ha mantenuto fino ad ora. In virtù di questo suo ruolo ha anche avuto modo di conoscere e collaborare personalmente con l’allora arcivescovo di Buenos Aires, card. Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco. Ha conseguito la Laurea in Teologia Pastorale e la Licenza in Filosofia e Pedagogia. Lo scorso 23 dicembre era stato nominato Superiore della nuova ispettoria della Spagna Mediterranea, dedicata a “Maria Ausiliatrice”, macro-ispettoria nata dalla ri-conformazione del territorio delle ispettorie salesiane di Spagna che in questo anno passano a essere due: Madrid e Siviglia. Un incarico questo che evidentemente don Fernández Artime non potrà più assumere, dovendo svolgere il Ministero di Padre per la Congregazione e tutta la Famiglia Salesiana.


Capitolo Generale 27

Panoramica dell’Aula Magna della Casa Generalizia dei Salesiani

Giulia Angelucci, studentessa FSC intervista don Javier Valiente, capitolare ex allievo FSC

RISONANZE DALL’ESPERIENZA DI PARTECIPAZIONE 1. Le cifre e gli effetti Il Capitolo Generale 27 dei Salesiani (d’ora in poi CG 27), iniziato alla Pisana il 22 febbraio sì è felicemente concluso il 12 aprile 2014. Avervi partecipato è stata una bellissima esperienza che apre a respiri mondiali e invita ad andare al fondo di ognuno e di tutti i salesiani, per una vita salesiana autentica a favore dei giovani. Vi hanno partecipato 220 salesiani di tutto il mondo, provenienti da 88 ispettorie, ora raggruppate in 7 Regioni: Europa mediterranea (nuova, comprende le ispettorie del Portogallo, Spagna, Italia e Medio Oriente); Europa centro-nord (comprese le isole britanniche); Interamerica (America centro-settentrionale); America Cono Sur; Asia sud (India e Sri Lanka); Asia est-Oceania (Cina, Giappone, Filippine, Sud-est asiatico, Australia); Africa-Madagascar. I suoi “effetti” principali sono stati: anzitutto l’elezione del nuovo Rettor Maggiore (Gran Cancelliere per l’UPS), don Ángel Fernández Artime, primo Rettor Maggiore eletto al di fuori dei membri del Consiglio Generale precedente, e l’elezione del Consiglio Generale, rinnovato in alcuni suoi membri: due scelti fuori dei partecipanti al CG; una valutazione del sessennio trascorso, sulla base della relazione del Rettor Maggiore uscente (don Pascual Chávez Villanueva); alcune modifiche istituzionali (in realtà poche e sostanzialmente di carattere migliorativo del Consiglio Generale e dell’assetto regionale, portato da 8 a 7 regioni); un Documento programmatico dal titolo “Testimoni della radicalità evangelica: lavoro e temperanza”.

2. Il documento programmatico Vivere la “radicalità evangelica” è stato il tema del

CG 27, indetto dal Rettor Maggiore don Pascual Chávez. Lavoro e temperanza ne costituiscono il modo salesiano di viverla. Il documento è diviso in tre nuclei: “Mistici nello Spirito” (dimensione personale che coglie la natura profonda del “da mihi animas” che è nel cuore di ogni salesiano), “Profeti della fraternità” (che indica la qualità attesa della vita comunitaria nelle “case salesiane”), “Servi dei giovani” (che sta a dire la donazione completa e totale ai giovani, soprattutto i più bisognosi, e alla loro integrale e plenaria educazione). L’esperienza capitolare è stata un modo intenso e dialogicamente forte, teso a leggere in profondità la vita salesiana a favore dei giovani nel mondo e nella Chiesa di oggi, per individuare linee di cammino per il prossimo sessennio della Congregazione, ricercando nel concreto delle opere e dei giorni contestuali, la buona via di sentirsi coinvolti come Don Bosco nella trama di Dio, cercando di realizzare una fraternità irresistibilmente profetica, al fine di essere servitori dei giovani, sentiti come il “Roveto ardente dell’intera Famiglia Salesiana” (cfr. Es 3,2 ss), per mezzo di cui Dio ci parla e ci attende in essi, senza mai essere padroni di niente e di nessuno.

3. Un’unica radicalità Propongo una riflessione integrativa. Il CG 27 la ricondotto la “radicalità” alle misure salesiane del binomio “lavoro e temperanza”, descritto in maniera esemplare nelle Costituzioni Salesiane, n. 18: “Il salesiano si dà alla sua missione con operosità instancabile, curando di far bene ogni cosa con semplicità e misura. Con il suo lavoro sa di partecipare all’azione creativa di Dio e di cooperare con Cristo alla costruzione del Regno. La temperanza


I capitolari in Udienza da Papa Francesco e al Concerto del Coro della Cappella Sistina,

rafforza in lui la custodia del cuore e il dominio di sé e lo aiuta a mantenersi sereno. Non cerca penitenze straordinarie, ma accetta le esigenze quotidiane e le rinunce della vita apostolica: è pronto a sopportare il caldo e il freddo, la sete e la fame, le fatiche e il disprezzo, ogni volta che si tratti della gloria di Dio e della salvezza delle anime”. Ma c’è di più: “lavoro e temperanza” non sono fine a se stessi, ma sono in funzione di qualcosa di ancor più “radicale”. Infatti, se – al di là dell’ambivalenza del termine - radicalità deve essere, allora è chiaramente da dire che la suprema e unificatrice radicalità salesiana è quella del “Da mihi animas, coetera tolle”. Essa dice l’interesse supremo di Don Bosco, dei suoi “figli” salesiani, dell’’intera “Famiglia Salesiana”. Per Don Bosco era chiaro: le “anime” sono la vita dei giovani! È questa scelta che gli fa dire: “Basta che siate giovani che io vi ami assai”: assai, non così così, un po’, tanto. È questa “passione” educativo-pastorale per i giovani che lo spinse (e ci spinge) a “voler loro bene”, con affetto, con tenerezza, ma anche a “volere il loro bene”, il bene oggettivo, e a “volerlo bene”, cioè in maniera ordinata, perché altrimenti c’è il rischio di combinare guai e rovinare tutto. E “facendolo bene”. Non a chiacchiere o così così! Per questo si lascia tutto, non si ricerca il successo, il potere, la carriera, il dominio, la seduzione, il plagio: “Coetera tolle”!

4. Cosa ne viene per l’UPS?

dell’UPS: negli atteggiamenti e nei comportamenti dei docenti, e nelle relazioni con gli studenti; nel clima istituzionale (che respiri fraternità e spirito di famiglia); nella umanità ed educatività, integrale e plenaria, della proposta educativa generale e dei singoli curricoli, “curvati”, a loro modo, ma decisamente, in chiave educativo-pastorale, ecc. Altrettanto vale per la ricerca. Ne dovrebbe scaturire un potenziamento dell’Osservatorio della gioventù e in genere un rafforzamento e un aumento di “letture” specialistiche e di ricerche positive, relative alla condizione giovanile e del mondo attuale per essere “universitariamente” al servizio dei giovani. E così avrà da essere per le “buone pratiche” formative: il CG 27 sprona l’UPS a rendere sempre più effettive le potenzialità di interdisciplinarità che le sono proprie (rispetto alle altre università pontificie e laicali), in cui dovrebbe essere “naturale” il dialogo interdisciplinare tra le scienze umane e quelle filosofico-teologiche, tra “umanità” classiche e cultura comunicativa digitale attuale, tra diritto e creatività educativo-pastorale: da praticare in Centri di orientamento, di cura, di promozione preventiva, specie per i giovani del disagio, per le famiglie in difficoltà, per le relazioni tra genitori e figli, per la promozione vocazionale. In questa linea, il CG 27 spinge, infine, singoli docenti/ricercatori, le facoltà e l’Università nel suo insieme anche a essere un “fronte critico” contribuendo a una cultura umanistico-esistenziale aperta alla trascendenza e ai sogni dei giovani di ogni parte del mondo. È qualcosa, ma non poco e non di poco conto! Don Carlo Nanni, Rettore

Sabato 22 marzo, in occasione della visita dei Capitolari all’UPS, il Rettor Maggiore don Chávez dette una Buonanotte (il tradizionale saluto salesiano di fine giornata l’ultimo suo, in fondo, diretto alla comunità accademica della nostra Università - la riportiamo integralmente a pagina 4), in cui tra l’altro invitava l’UPS a radicarsi nello spirito del CG 27. Come? In che? Avanzo alcune indicazioni. In generale vorrei dire che se ne dovrebbe valutare e monitorare la praticabilità e l’accountability nella quotidianità e nella prospettiva finalistica Il neo-Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime salutato dal Rettore don Carlo Nanni


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a cura di Renato Butera

Il Rettore con l’Ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede

Il gruppo di benefattori tedeschi. Insieme a loro il Rettore, mons. Adrian Van Luyn e il prof. Gf. Coffele

Visite di Ambasciatori, docenti e benefattori La tarda primavera è ormai tradizionalmente caratterizzata da visite istituzionali alla nostra Università da parte di ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, specie se sono di nuova nomina, come è stato nel caso della visita dell’ambasciatore di Corea; o che comunque sono ambasciatori di nazioni con particolari presenze di studenti, come è stato per l’ambasciatore russo con le studentesse di Comunicazione sociale presenti all’UPS; o di avviati rapporti con l’Università Salesiana, come è stato nel caso dell’ambasciatore del Giappone interessato ai rapporti che l’UPS ha con il Ministero della Cultura giapponese a proposito della informatizzazione e reciproco scambio di materiali informatizzati del Fondo Marega, un cospicuo fondo di documenti antiche e moderni giapponesi datati tra il 1600 e il 1900, donati alla Biblioteca Don Bosco dal missionario salesiano don Mario Marega. C’è stata anche la gradita visita dell’ambasciatore del Brasile e si è accolto l’invito dell’Ambasciata di Israele che lo scorso anno aveva organizzato una settimana di studio e di confronto tra università per i Rettori della CRUPR (Conferenza Rettori Università Pontificie Romane). In occasione della festa Incontro dei popoli, e nella celebrazione universitaria di Maria Ausiliatrice, di venerdì 23 maggio, è venuta a visitarci una piccola rappresentanza dell’Ambasciata della Repubblica Democratica del Congo,paese che all’UPS ha un cospicuo gruppo di studenti e che quest’anno è stata scelta come nazione ospitante. Da far notare quanto sia importante mantenere buoni rapporti a questi livelli istituzionali, dato il carattere internazionale della popolazione studentesca dell’UPS (i cui allievi provengono da 110 nazioni differenti), così pure il carattere “cattolico” della nostra proposta formativa, e il fatto di aver associati all’UPS 28 centri di studio universitari sparsi in diverse parti del mondo. Nel quadro della promozione dei rapporti internazionali curati dall’Ufficio per lo sviluppo, sono stati ospitati alcuni professori dell’Università Cattolica di Tokyo. Così pure, in concomitanza di un pellegrinaggio e viaggio di studio a Roma, un gruppo di amici e generosi benefattori della Chiesa e della Procura delle Missioni di Don Bosco di Bonn; hanno voluto, martedì 13 maggio, fare visita anche alla nostra Università, per conoscere questo particolare servizio alla Congregazione Salesiana e alla Chiesa. Fra gli accompagnatori c’erano S. Ecc. mons.

Adriano van Luyn, vescovo emerito di Rotterdam e già superiore religioso dell’UPS; il procuratore don Clemens Schliermann e il sig. Hans-Jurgen Dörrich, dirigente dell’Associazione “Don Bosco Mondo”. Una caratteristica del gruppo: era composto sia da cattolici che da luterani, i quali – comunque – pure sono amici e benefattori delle missioni di Don Bosco, avendone assunto il progetto educativo a favore dei giovani del mondo. Dopo il saluto di benvenuto da parte del Rettore, gli ospiti sono stati accompagnati a conoscere il campus dal vicerettore don Gianfranco Coffele. Con una prolungata pausa nella sala del Senato Accademico della Biblioteca Don Bosco ha presentato, fra l’altro, la struttura universitaria, le caratteristiche accademiche, l’organizzazione amministrativa e la situazione finanziaria. Prima di proseguire per il Borgo Ragazzi Don Bosco del quartiere Prenestino a Roma, per conoscere una significativa presenza dei Salesiani a favore dei giovani a disagio e svantaggiati, l’Università ha invitato la delegazione tedesca per un momento conviviale.

Assemblea FUCE a Lione: le grandi questioni etiche dell’oggi nell’insegnamento e nella ricerca Dal 15 al 18 maggio scorsi, il Rettore è stato a Lione (Francia) per l’annuale Assemblea della FUCE (Federazione Università Cattoliche d’Europa), che è una sezione della FIUC (Federazione Internazionale Università Cattoliche ), a cui partecipano anche le Università Pontificie Romane e di altre nazioni. Generalmente le riunioni continentali si svolgono a metà delle Assemblee biennali generali (la prossima sarà a Melbourne nel luglio del 2015). Alla FUCE appartengono circa 50 istituzioni universitarie. All’incontro di Lione ne erano però presenti solo 25, appena la metà, con provenienza da Ucraina, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Germania, Italia, Belgio, Francia, Spagna, Portogallo. Erano presenti anche rappresentanti di università cattoliche del Libano che da anni sono considerate parte integrante della FUCE. Don Carlo Nanni all’Assemblea FUCE


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Quest’anno è stato posto a tema il problema di come trattare le grandi questioni etiche di oggi nell’insegnamento e nella ricerca delle università cattoliche, tenendo conto della loro specifica natura e identità. Sono stati messi a fuoco soprattutto i rapporti tra etica ed economia, etica e scienze della natura, etica e nuove tecnologie (tra queste in particolare le nano tecnologie), etica e social media della comunicazione, ma anche etica e famiglia. A relazioni assembleari hanno fatto da pendant lavori in gruppo. Particolare attenzione è stata data al cosa effettivamente si insegna e si ricerca (e a come si potrebbe e si dovrebbe) ricercare e insegnare a riguardo di questi ambiti problematici nelle istituzioni universitarie “cattoliche”. La discussione ha cercato di approfondire anche la natura e la portata di questa identità “cattolica”. Si è pure fatto un rendiconto dello stato della ricerca “Piattaforma universitaria di ricerca sull’Islam in Europa e nel Libano” promossa dalla FUCE lo scorso anno per un periodo di tre anni. Al contempo si è avviata una nuova ricerca sulla “formazione alla cittadinanza europea in un periodo di insorgente euroscetticismo e antieuropeismo”. Sabato, prima della visita alla città di Lione, si è fatto il rendiconto annuale economico-finanziario del 2014 ed è stato stabilito il luogo e le possibili tematiche dell’incontro del prossimo anno all’Università Cattolica di Maynooth (Irlanda). Per il 2016 ci si riunirà a Salamanca e per il 2017 a Lisbona.

La visione sociopolitica di Mandela per la società africana Il gruppo degli Studenti Africa e Madagascar (SAMUPS), visto il successo della precedente esperienza, ha organizzato un incontro per rendere omaggio alla figura di Nelson Madiba Mandela. Al centro dell’incontro dello scorso anno la figura di Julius Nyerere. Per l’animazione di quest’anno sono stati invitati il prof. Kipoy Pombo, già docente all’Urbaniana e all’UPS, Dottore in Filosofia e in Teologia, Superiore Generale della congregazione Josefita di Kinzambi, RDC, e il prof. Filomeno Lopes, della Guinea Bissau, filosofo e giornalista, responsabile del programma portoghese di Radio Vaticana. L’evento ha avuto inizio con le parole di saluto del Rettore, prof. Nanni che richiamando le parole del santo Papa Giovanni Paolo II, ha ricordato che “non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono”. Nelson Mandela, con la testimonianza della sua vita, ha in-

Il prof. Kipoy Pombo (secondo da sinistra) e il prof. Filomeno Lopes (a destra)

Nelson Mandela

carnato questa forza del perdono. Nella sua relazione, il prof. Kipoy Pombo ha svolto una lettura cristiana della vita di Mandela mostrando che i valori che lo hanno guidato nella sua lotta trovano eco nel messaggio evangelico. Il “Madiba”, ha aggiunto il prof. Kipoy, è stato un apostolo della giustizia, dell’unità e della riconciliazione, e proprio su questi valori, egli ha fondato un Sudafrica democratico. Mandela è diventato una icona della speranza per l’umanità, un modello di vita per tutti coloro che si impegnano per il bene degli altri. Il prof. Lopes ha ricordato la visione politica e umanista che legava Mandela a un altro leader africano, Amilcar Cabral, martire dell’Indipendenza della Guinea Bissau e di Capo Verde. Questa visione è quella della politica come servizio al popolo e all’umanità. Nel lontano 1964, durante il famoso processo che arrivò alla sua condanna, Mandela, ispirandosi agli scritti di Cabral, dichiarò: “Ho combattuto la dominazione bianca, ho combattuto la dominazione nera. Ho abbracciato l’ideale di una società libera e democratica in cui tutti vivano in armonia e con le stesse opportunità. È un ideale per il quale io vivo e per il quale, se è necessario, sono pronto a morire”. Questa è l’eredità di Mandela. La sfida per noi oggi, ha indicato Lopes, è quella di rispondere alla domanda: “Per quale ideale siamo pronti a morire oggi, quarant’anni dopo il martirio di Cabral e cinque mesi dopo la scomparsa di Nelson Mandela?”. (Cajetan Ugboma, SMMM)

Primo incontro del Gran Cancelliere con il Senato Accademico Nel pomeriggio del 7 maggio il Rettor Maggiore dei Salesiani, don Ángel Fernández Artime, nella sua veste di Gran Cancelliere dell’UPS, ha incontrato il Senato Accademico riunito in seduta per la sua attività ordinaria di governo. I senatori hanno accolto don Fernández Artime con grande cordialità a cui ha fatto eco quella del neoGran Cancelliere che ha voluto salutare personalmente, uno per uno, i vari membri del Senato. Per l’occasione era presente il superiore religioso della Visitatoria, don Joaquim D’Souza. Il Rettor Maggiore era accompagnato dal suo segretario don Juan Horacio López. Dopo aver accolto il Gran Cancelliere, il Senato ha ripreso il suo lavoro seguendo l’ordine del giorno. Ha quindi ascoltato le parole di saluto e di buon auspicio della nuova autorità suprema che ha assicurato la sua disponibilità all’ascolto per rendere più facile la missione dell’Università che è quella di formare non solo le future generazioni di giovani a servizio della società e della Chiesa, ma anche e soprattutto i religiosi e in particolare


Il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime e il suo segretario don Juan Horacio López

i salesiani che saranno i futuri formatori e responsabili del governo dell’intera Congregazione. Don Fernández Artime, ha “promesso” di migliorare il suo livello di italiano (di per sé molto buono) perché il dialogo con i confratelli dell’Università sia chiaro e improntato nell’interesse di un servizio sempre più volto all’eccellenza così come già fa l’UPS per la Chiesa, la Congregazione e la Famiglia Salesiana. A nome di tutti il Rettore ha ringraziato il Rettor Maggiore per la prima visita alla “sua” Università chiedendogli di ritornare tutte le volte che lo riterrà opportuno. Ha quindi consegnato dei “doni” che possono aiutare il Gran Cancelliere a conoscere visione e missione dell’Università di Don Bosco per i giovani di tutto il mondo che è a Roma.

Quarto Convegno CIR: “Insieme per la Ricerca” Lunedì 5 maggio ha avuto luogo il IV convegno CIR dedicato a dottorandi, docenti e ricercatori dal titolo Insieme per la ricerca. Il convegno ha visto la partecipazione di circa ottanta fra dottorandi, docenti e ricercatori provenienti da varie università pontificie romane. Il prof. Emiro Cepeda ha dato il benvenuto precedendo quello del Rettore don Carlo Nanni che ha sottolineato l’importanza dei due poli della ricerca: metodologia e contenuti. I lavori della mattinata sono stati coordinati dal prof. Renato Mion il cui programma ha visto gli altri interventi del prof. Giovanni Battista Sgritta (Università La Sapienza di Roma) che ha parlato di “De-generazione: la condizione giovanile in Italia fra famiglia, mercato e stato”. Il prof. Sgritta ha spiegato il concetto di de-generazione nell’universo giovanile italiano dal dopoguerra a oggi. Il prof. de “La Sapienza” ha affermato che quasi sempre quella del ricercatore è un’osservazione di secondo livello, i cui dati spesso sono stati raccolti da altri, quindi già di “seconda mano”. Ha inoltre detto che il dato statistico non è la realtà sociale in sé, ma la rappresentazione di una realtà osservata da un preciso punto di vista. Il dato statistico diventa così un punto di vista, un pregiudizio che il ricercatore dà della realtà. In ogni caso, ha aggiunto, qualunque dato è un dato costruito. Fatta questa precisazione, il prof. Sgritta è passato alla presentazione della situazione di crisi giovanile che colpisce l’Italia oggi. La prof. Fiorenza Deriu

È convinzione comune ormai che i grossi cambiamenti nella condizione giovanile italiana siano avvenuti agli inizi degli anni 1970. Libertà, crescita economica, coesione sociale e solidarietà sono stati i tre elementi che hanno guidato la costruzione post-bellica con la determinazione del modello welfare, una uguaglianza per sopperire alla disuguaglianza del mercato. Occorreva perciò investire sulle nuove generazioni. Questa fase è durata circa 30 anni. La prima crisi petrolifera (1973) segnò un’inversione di marcia del trentennio post-bellico. Calo demografico e allungamento della vita sono i nuovi elementi che incidono tra gli altri su questa inversione di marcia. Comincia a crescere la disoccupazione giovanile e il prolungamento della permanenza dei giovani in famiglia che spesso si prolunga fino ai 44-45 anni. Emerge il fenomeno del mammismo, ma in genere i giovani rimangono a casa perché non ci sono alternative, mancano condizioni e politiche abitative capaci di favorire i giovani. La giustificazione del prolungamento nella casa paterna è quindi di ordine economico. Di conseguenza cala la formazione di nuove famiglie e quindi il numero di figli. Queste premesse sociologiche sono utili a introdurre la varietà di temi su cui bisogna muoversi nella questione sociologica che riguarda la condizione giovanile, conclude il prof. Sgritta il quale rileva tre importanti aspetti che si presentano oggi al sociologo: i giovani hanno meno opportunità di inclusione sociale; il grado di autonomia di scelta matrimoniale e creativa calato; le tutele previdenziali sulle quali i giovani possono contare sono dimezzate rispetto a quelle su cui hanno potuto contare le generazioni precedenti. Ecco quindi in che senso intendere la de-generazione annunciata dal titolo della sua relazione. La seconda relazione, certamente più tecnica della precedente, è stata quella affidata alla prof. Fiorenza Deriu, con il titolo “Il disegno metodologico della ricerca, la rilevazione dei dati e l’analisi”. Inquadrando il tema della rilevazione dei dati, la prof. Deriu ha presentato le dimensioni qualitativa (finalità esplorative) e quantitativa (finalità descrittive, esplicative e di modellizzazione) della ricerca. Approfondendo poi le singole dimensioni, per la prima, la Deriu ha parlato del Metodo Delphi e del Focus Group. Per la seconda dimensione ha parlato di metodo e tecnica di indagine e di rilevazione, e ha presentato la campionatura insieme ad altri aspetti più tecnici. Nel pomeriggio il convegno ha offerto 5 sessioni parallele: ogni partecipante ha potuto scegliere la sessione a lui più confacente. Le sessioni sono state tre: Argomentare nella tesi dottorale (prof. Mario Comoglio); I neoDottori condividono la propria esperienza (prof. Michal Vojtas); Ricerca dottorale e pubblicazione (prof. FrancisVincent Anthony). Dopo l’intervallo, sono state offerte altre due sessioni parallele: Cosa si intende per “novità” nella tesi dottorale?, (prof. Jesús Manuel García); e Le tesi dell’ambito teorico: questioni metodologiche, (prof. Tadek Lewicki).

“Il profumo del Vangelo”: Convegno sulla Evangelii Gaudium Non può passare senza traccia di notizia l’incontro sulla Evangelii Gaudium svoltosi lunedì 5 maggio nell’Aula “Paolo VI” dell’UPS che ha rappresentato il punto di convergenza delle varie parrocchie del Settore Nord della Diocesi di Roma e dei membri della Comunità di San-


Don Carlo Nanni prof. Marek Smid

t’Egidio, a partire da coloro che operano nel territorio limitrofo all’Università. Al centro del confronto e della riflessione la prima esortazione post-sinodale di Papa Francesco, la Evangelii Gaudium. L’UPS non solo ha messo a disposizione la propria struttura, ma ha collaborato attivamente per la preparazione e la promozione dell’evento che aveva come suggestivo titolo “Il profumo del Vangelo”. In un clima particolare, segnato in quei giorni dalla canonizzazione appena avvenuta di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II, i numerosi partecipanti sono stati aiutati dai relatori nella riflessione e nell’approfondimento dei principali contenuti del Documento. L’incontro si è aperto con i saluti di mons. Guerino Di Tora (Vescovo ausiliare di Roma) e del Rettore, prof. Carlo Nanni. Le relazioni principali sono state offerte rispettivamente da mons. Marco Gnavi (Comunità di Sant’Egidio, Parroco di Santa Maria in Trastevere) e dal prof. Mario Llanos (Vicedecano della Facoltà di Scienze dell‘Educazione). Sono inoltre intervenuti mons. Manlio Asta (Prefetto della X Prefettura della Diocesi di Roma) e mons. David Maccarri (Prefetto della VIII Prefettura della Diocesi di Roma), mentre il prof. Vito Orlando (Vicerettore dell‘UPS) ha introdotto il tema e moderato il dialogo dei relatori con l‘assemblea. Il testo della Evangelii Gaudium, si è detto, rappresenta una vera e propria sfida per l’azione pastorale della Chiesa, e uno stimolo per ogni credente ad approfondire le ragioni e l’autenticità della propria testimonianza di vita in dialogo con le varie e complesse dimensioni e situazioni del mondo contemporaneo.

Convenzione con l’Università di Trnava Nella mattinata di giovedì, 17 aprile, nella sede del Rettorato si è stipulata un’ampia convenzione tra l’UPS e la Università Statale di Trnava (Slovacchia) per la collaborazione tra le due Università. Per l’Università di Trnava erano presenti il Rettore, prof. Marek Smid (dottore in utroque iure e diplomatico presso la Santa Sede), la Professoressa M. Smidova, moglie del Rettore e docente di Pedagogia speciale, e il prof. Andrey Rajsky, docente di Filosofia dell’Educazione e vice decano della Facoltà di Pedagogia. Quest’ultimo sarà il referente della Convenzione insieme al prof. Michal Voitas, referente per l’UPS, impedito per l’occasione di essere presente essendo in Slovacchia presso la sua famiglia. L‘UPS era rappresentata dal Rettore prof. Carlo Nanni e dal vice Rettore per lo sviluppo, prof. Gianfranco Coffele. Si tratta di una convenzione a largo raggio che promuove anzitutto il reciproco riconoscimento e contatto ufficiale permanente tra le due Università e che si intende concretizzare in azioni comuni nell’ambito della ricerca, specie quella della Pedagogia sociale e del Counseling psico-pedagogico, nello scambio di docenti e di studenti alla pari, in

progetti di partenariato anche a livello europeo, nella collaborazione in convegni, seminari, pubblicazioni, e quant’altro possa essere di comune interesse culturale e formativo. É stato sottolineato anche il comune intendimento e la vicendevole volontà di promuovere una cultura formativa cristianamente ispirata nel contesto pluralistico di una pedagogia inclusiva e integrale a cui tende la politica socio-educativa europea attuale.

Don Cereda e don Coelho, due incarichi del Consiglio Generale importanti per l’UPS Don Francesco Cereda è il nuovo Vicario del Rettor Maggiore. Don Cereda ha coperto fino ad ora il mandato di Consigliere per la Formazione per due sessenni. La sua nuova carica ha un riverbero importante per la nostra Università poiché il Vicario collabora con il Rettor Maggiore e Gran Cancelliere nella scelta del personale salesiano anche per la nostra Università. “Sono contento di collaborare come Vicario del Rettor Maggiore, don Ángel. Cercherò di essere fedele in questo ministero. E con l’aiuto di Maria Ausiliatrice, accetto”, ha detto rendendosi disponibile all’incarico conferitogli dai capitolari. Don Cereda è stato per un sessennio superiore religioso dell’Università e ha avuto sempre una attenzione speciale per l’UPS impegnandosi a trovare le soluzioni più opportune. Francesco Cereda è nato a Veduggio con Colzano, in provincia di Monza - Brianza, il 6 marzo del 1951. Salesiano dall’agosto del 1968. Ordinato sacerdote il 24 maggio del 1980. Laureato in Matematica presso l’Università di Parma. È stato animatore della comunità dei post-novizi di Nave (Brescia) direttore e preside a Parma, Ispettore dell’Italia Lombardo Emiliana (ILE), Superiore della Visitatoria “Maria Sede della Sapienza” dell’UPS e quindi Consigliere Generale per la Formazione per dodici anni. Come Consigliere per la Formazione lo sostituisce don Ivo Coelho, ex Direttore dello Studio Teologico Salesiano di Ratisbonne di Gerusalemme, che insieme a Torino-Crocetta è sezione della Facoltà di Teologia dell’UPS. Don Coelho non era membro del Capitolo Ge-


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nerale. Perciò il Rettor Maggiore lo ha contattato telefonicamente per domandargli la disponibilità. “Accetto la volontà del Capitolo - ha risposto - e vedo qui la volontà di Dio per me e per la Congregazione. Spero di fare del mio meglio con il vostro aiuto e quello di Dio, di Don Bosco e di Maria Ausiliatrice”. Ivo Nicholas Coelho è nato il 15 Ottobre 1958 a Mumbai (India). Salesiano professo dal maggio del 1977, e sacerdote dal dicembre del 1987. Ha studiato filosofia presso il Pontificio Ateneo “Jnana-Deepa Vidyapeeth” di Pune e Teologia presso il “Kristu Jyoti College” di Bangalore. Nel 1994 ha conseguito il Dottorato in Filosofia presso l’Università Gregoriana di Roma con una tesi sul pensiero del teologo canadese Bernard Lonergan. È stato direttore dello studentato di Nashik dal 1994 al 2001, Ispettore di IndiaMumbai, e di nuovo direttore di Nashik dal 2008 al 2011, anno del suo incarico di direttore dello studentato teologico di Gerusalemme. Capitolari del CG 27

salesiani la visitano dopo la sua fondazione nella più recente struttura) o un tempo che potesse permettere l’incontro tra i capitolari (molti dei quali sono i superiori religiosi delle ispettorie con cui è organizzata la congregazione salesiana nel mondo) e gli studenti loro connazionali o co-ispettoriali o docenti provenienti dalle stesse aree geografiche salesiane. La preghiera del vespro in comune ha concluso la parte ufficiale della visita prima dell’agape fraterna con la cena. Il vespro è stato concluso dalle parole di “Buonanotte” del Rettor Maggiore (che riportiamo interamente a pag. 4 della nostra rivista) in quella che passerà alla storia come l’ultima Buonanotte da Gran Cancelliere. La comunità accademica ha voluto rendere grazie a lui con il dono di un calice di preziosa ed elegante fattura artigianale. Il passaggio dalla Cappella Universitaria ai refettori organizzati per accogliere per regioni o ispettorie gli ospiti e la comunità dei residenti è stato rallegrato dalla musica di un gruppo di Mariachi per far risuonare sonorità tanto vicine e care al Rettor Maggiore la cui nazionalità è messicana.

Ricerca educativa: dalla definizione all’analisi

I Capitolari del CG 27 in visita all’UPS Sabato 22 marzo, è stato un pomeriggio speciale per la nostra Università che ha accolto i salesiani membri del Capitolo Generale 27 accompagnati dal Rettor Maggiore, don Pascual Chávez a uno dei suoi ultimi impegni di Superiore Generale dei Salesiani di Don Bosco e soprattutto di Gran Cancelliere. È stato lui in fondo a fare gli onori di casa come suprema autorità, anche se a porgere l’effettiva accoglienza sono stati il superiore delle comunità religiose della Visitatoria, don Joaquim D’Souza, e il Rettore, don Carlo Nanni. L’incontro con i capitolari, salesiani provenienti da tutte le parti dell’orbe salesiana, ha avuto inizio alle 17 con il saluto e l’accoglienza presso l’Aula I dell’Università. Molti di loro in fondo (circa il 45%) hanno fatto ritorno a un ambiente dove hanno passato alcuni anni della loro formazione. Il superiore religioso ha presentato attraverso un Power Point le otto comunità della Visitatoria “Maria Sede della Sapienza” e i momenti principali della vita comunitaria. Don Nanni, invece, capitolare egli stesso come don D’Souza, ha presentato l’attività accademica dell’Università integrata da un video prodotto grazie alla disponibilità di “Missioni Don Bosco” di Torino, sotto la regia del prof. Renato Butera. Al breve scambio di domande e risposte ha fatto seguito la visita alla Biblioteca Don Bosco e alle sue moderne strutture (è questa loro terza occasione in cui i capitolari

Si è svolto il terzo incontro di seminario CIR lunedì 3 marzo 2014, dal titolo “Il disegno della ricerca educativa: dalla definizione operativa all’analisi dei dati”. Dopo le parole di benvenuto del vice rettore, prof. Vito Orlando, il prof. Andrea Farina ha introdotto il lavori, presentando il relatore, prof. Roberto Trinchero, docente di Pedagogia sperimentale presso l’Università di Torino. Dopo il rito della consegna del mantello, secondo la tradizione indiana, fatta dal prof. Francis-Vincent Anthony, il prof. Trinchero ha sviluppato il suo primo intervento sul come progettare una ricerca educativa. Gli approcci alla ricerca educativa possono essere tre: la ricerca teoretica, la ricerca storia e comparativa e quella empirico-sperimentale. Questa ultima, la ricerca empirico-sperimentale, tendente a cogliere le forme e i modelli dell’operato di ciascuno, è quella scelta dal relatore per l‘approfondimento. Sono cinque le possibili strategie della ricerca empirico-sperimentale: la ricerca standard (obiettivo: descrizione quantitativa, spiegare fattori sulla base di altri fattori); la ricerca interpretativa (obiettivo: descrizione qualitativa, comprendere «buone ragioni» alla base di comportamenti, scelte, atteggiamenti dei soggetti); la ricerca per esperimento (obiettivo: stabilire l’efficacia di

Il prof. Vito Orlando e il prof. Roberto Trinchero


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Don Carlo Nanni e il Segretario Generale don Jaroslaw Rochowiak. Con loro don Stephen Mavely e don Paul Cheruthottupuram

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un intervento rispetto a un altro); la ricerca-azione (obiettivo: risolvere un problema «in contesto»); la ricerca per studio di caso (obiettivo: descrivere in profondità un «caso»). Queste cinque strategie coprono il 90% delle ricerche. Dopo un breve dibattito, il prof. Trinchero, nel suo secondo intervento, ha presentato le nove fasi della ricerca empirico sperimentale standard. Per ogni fase ha fatto una dettagliata e interessante descrizione con esempi pratici di applicazione: Definizione del problema, obiettivo, tema di ricerca; costruzione del quadro teorico; formulazione delle ipotesi; estrazione dei fattori dalle ipotesi; definizione operativa dei fattori (formulazione di indicatori e relativi item); definizione della popolazione e del campione oggetto di ricerca; scelta delle tecniche e costruzione degli strumenti di rilevazione dei dati; definizione del piano di rilevazione e rilevazione dei dati; analisi dei dati e interpretazione dei risultati. Le nove fasi sono in movimento ciclico perché ogni risultato pone un nuovo problema, dando inizio quindi a un nuovo procedimento di analisi. Premesso che le certezze non sono della scienza moderna, il prof. Trinchero ha preferito parlare di probabilità e le probabilità si fermano di fronte all’evidenza della constatazione empirica. Interessante anche i criteri di valutazione dei materiali web che il relatore ha presentato: autorevolezza delle fonti; prestigio scientifico degli autori, autorevolezza dei riferimenti teoretici, scientificità dell’esposizione, chiarezza dell’esposizione, possibilità di interazione con l’autore, presenza di informazione sull’aggiornamento dei materiali, citazioni che la pagina riceve da altri siti. Dopo la presentazione delle nove fasi, c’è stata la seconda possibilità di dibattito e interazione con il relatore, il quale ha voluto ancora indicare alcune pagine web dove reperire i materiali del seminario (www.edurete.org) e dove poter costruire facilmente un questionario per la ricerca (http://www.farnt.unito.it/trinchero/qgen/elenco.asp).

Viaggio in India per l’incontro delle IUS Il Rettore e il Segretario Generale, don Jaroslaw Rochowiak, sono stati in India dall’8 al 19 febbraio in visita agli studentati salesiani di Sonada; Dimapur, Shillong e Guwahati e a Calcutta in visita alla tomba di Madre Teresa. A Sonada (distretto di Darjeeling, nel nord-est dell’India, a piedi dell’Himalaya e ai confini con il Nepal), dal 14 al 17 febbraio, il Rettore e il Segretario generale hanno partecipato a un seminario intercontinentale sulle sfide attuali riguardanti i temi dell’educazione e dell’inclusione sociale. Il seminario fa parte di una iniziativa delle Istituzioni Salesiane di Educazione Superiore (IUS), a cui collabora l’UPS. Quello di Sonada è stato il terzo incontro dei quattro previsti. Il primo si è svolto a Madrid a fine marzo dello scorso anno, il secondo a Lorena (Madrid) a settembre, e il quarto si svolgerà a fine novembre nel Centro Aggregato di Venezia-Mestre. L’UPS darà coronamento all’iniziativa con il Convegno Internazionale del 19-21 marzo 2015 che si terrà nella sede dell’Università, nel contesto delle celebrazioni del Bicententario della nascita di Don Bosco (1815-2015). Le particolarità del seminario rispetto alle altre edizioni

sono state l’analisi e le proposte pedagogico-educative delle forme di esclusione/inclusione tipiche dell’India (oltre a quelle più emergenti in “occidente”, cioè disabili, emigranti, minoranze interne, emarginati sociali, diversità, nuove povertà, quelle dovute alle diverse nazionalità, etnie, tribù, culture, religioni, caste, lingue, condizione femminile, ecc.). La relazione principale è stata quella di TK Oommen, professore emerito della Jawaharlal Nehru University di Nuova Delhi, che ha delineato i vari livelli di esclusione sociale indiane, ma anche messo in guardia dal rischio che l’educazione inclusiva non riesca a combinare al meglio diritti umani, equità, democrazia e diversità, differenze, peculiarità locali: con il rischio di perpetuare “proporzionalmente” le disuguaglianze tra élites economiche, politiche, culturali, etniche, religiose, (che possono usufruire di una educazione più sofistica e di più alta qualità) e il resto della popolazione; o tra cultura dominante (quella voluta dalle forze/lobbies finanziarie e produttive internazionali) e peculiarità culturali e/o locali. A suo modo questa avvertenza è stata al fondo dell’intervento del Rettore che ha messo a confronto pedagogia inclusiva e Sistema Preventivo. Molto ascoltata anche la relazione del prof. Aditya Mukherjee, del Centro per gli Studi Storici della Jawaharlal Nehru University, che ha presentato in sessione plenaria (ogni giorno vi erano anche sezioni parallele) una relazione su “Sistema comunale e sistema delle caste nel sistema educativo indiano: dall’epoca coloniale a quella post-coloniale”), conclusa con una sua dichiarazione a favore di un’educazione universale, inclusiva e laica. Già prima che a Sonada, il Rettore e il Segretario erano stati tre giorni nel Nagaland (in particolare a Dimapur, per festeggiare un neo-dottorato, ora qui residente) e a Shillong, sempre nell’ India Nord est, dove nello Studio Teologico San Giuseppe, aggregato anch’esso all’UPS, don Nanni ha offerto la prolusione dell’inizio del secondo semestre su “Studiare teologia nello spirito salesiano”. Hanno anche partecipato al collegio dei professori trattando alcune questioni organizzative in vista del rinnovamento dell’aggregazione. A sua volta, dopo Sonada, si è visitata l’Università Don Bosco Assam di Guwahati, prima e unica università cattolica dell’India (ci son tuttavia decine e decine di Colleges), in pieno e sorprendente sviluppo (è in costruzione la nuova sede in località Guwahati-Azara), grazie alla vivacità dei Salesiani locali e soprattutto del Rettore, don Stephen Mavely. L’ex-allievo dell’UPS, Paul Cheruthottupuram, sta iniziando la School of Communication. Con loro hanno avuto un lungo colloquio in vista di una convenzione tra le due università e per trovare una soluzione per il rico-


noscimento anche civile degli studi degli studenti indiani dell’UPS che ne avessero bisogno. L’ultimo giorno sono stati a Calcutta, soprattutto per un pellegrinaggio devoto alla tomba della beata Teresa di Calcutta.

Cordoglio per il prof. don Giuseppe Groppo La Comunità universitaria ricorda a quanti lo hanno avuto caro e da lui sono stati voluti bene, don Giuseppe Groppo, professore emerito di Teologia dell’educazione nella Facoltà di Scienze dell’Educazione. I funerali sono stati celebrati mercoledì 5 febbraio nella Cappella Gesù Maestro dell’Università. Nato a Grazzano Badoglio (Asti) il 24 agosto 1923, è deceduto il 3 febbraio 2014, all’età di 90 anni. Laureato in filosofia a Torino-Rebaudengo (1939-44) nella Facoltà di Filosofia dell’allora Pontificio Ateneo Salesiano, portò a termine gli studi teologici presso l’Università Gregoriana (1946-51). Qui a suo tempo conseguì anche il dottorato nel 1961. Ordinato prete nel 1950, esercitò dapprima la docenza tra gli studenti di filosofia a Roma-San Callisto (1950-51) e poi tra quelli di teologia a Monteortone, frazione di Abano Terme (1951-58). Chiamato infine nell’allora Istituto Superiore di Pedagogia del PAS perché si occupasse di Teologia dell’educazione (1959), trovò qui il campo eletto del Suo apostolato sacerdotale, educativo e scientifico che non avrebbe più abbandonato, dedicandosi con fedeltà e costanza all’attività investigativa e formativa, a favore degli allievi dell’UPS e di tanti che, nel tempo, si affidarono alla rigorosità della sua scienza e ancor più alla profondità della sua dolce saggezza. All’UPS rivestì pure, a diverse riprese, cariche di particolare responsabilità, sia nella struttura accademica sia all’interno delle comunità salesiane interne al campus universitario. Fu apprezzato Vicerettore (1977-80), e più volte ben voluto direttore di comunità. Il suo opus maius, frutto della sua piena maturità, fu il volume “Teologia dell’educazione. Origine, identità, compiti” (Roma, LAS 1991), in cui raccolse ed espose i risultati di una diuturna e documentata ricerca positiva, passati al vaglio di un’attenta analisi critica e organizzati alla luce di una robusta riflessione epistemologica e speculativa. Il volume risultò allora pionieristico (la Teologia dell’educazione, in Italia era ancora tutta da fondare), e ancora oggi resta un classico nella materia. Oltre i corsi e le altre attività accademiche connesse con la sua cattedra, nel periodo del post-concilio, partecipò alle tante attività dell’Istituto di Catechetica, di cui fu membro per molti anni, e per un periodo anche direttore; al contempo assolse ad onerosi incarichi più volte affidatigli dalla Santa Sede. Terminò il suo percorso accademico nell’Istituto di storia, teoria e pedagogia dell’educazione. Già dalla prima età adulta, le sue condizioni di salute avevano conosciuto periodi seriamente critici, superati sempre con generosità e con religioso spirito di sacrificio. Negli ultimi nove anni la situazione si aggravò, fino a portarlo negli ultimi due anni a una condizione di assoluta inattività fisica ed espressiva. Chi l’ha conosciuto non potrà dimenticare la sua finezza di spirito, la sua delicatezza e signorilità relazionale, la

sua squisita capacità di orientamento e direzione spirituale, che molte, tante persone, giovani e adulte, ebbero la gioia di sperimentare e che sarà difficile per loro dimenticare. Dal cielo continui a volerci bene e a benedirci.

Docenti UPS ospiti alle Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana Dal pomeriggio di giovedì 16 alla mattinata di domenica 19 gennaio si è celebrata la XXXII edizione delle Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana. Si tratta di un appuntamento di più che trentennale tradizione che riunisce i rappresentanti dei vari gruppi di Famiglia Salesiana per la riflessione comune e la condivisione del carisma. L’UPS è stata presente con i contributi di tre suoi docenti: del Rettore prof. Carlo Nanni, e dei professori José Luis Plascencia e Aldo Giraudo. L’edizione di quest’anno si è caratterizzata per la riflessione sulla Spiritualità di Don Bosco, tema scelto dal Rettor Maggiore don Pascual Chávez per la Strenna 2014 (“Attingiamo all’esperienza spirituale di Don Bosco per camminare nella santità secondo la nostra specifica vocazione”) e per il terzo anno di preparazione al Bicentenario della nascita di Don Bosco. L’elemento che ha reso speciale queste XXXII Giornate è stata la presenza e la comunione di tutti i superiori dei vari Gruppi appartenenti alla Famiglia Salesiana come gesto di riconoscenza e di saluto a don Chávez che ha concluso il suo secondo mandato di successore di Don Bosco. I tre docenti dell’UPS hanno condotto le riflessioni portanti della giornata da cui scaturivano gli approfondimenti con ulteriori letture e il confronto del partecipanti nel dialogo e lo scambio in gruppi di riflessione. Primo a parlare è stato il prof. José Luis Plascencia che è intervenuto sul tema dal titolo “Incontro con Gesù di Nazareth”. Don Placencia ha approfondito la figura di Gesù e la sua realtà umana, affermando tra l’altro che “solo prendendo sul serio la morte del Signore, possiamo basare la nostra fede cristiana sulla sua risurrezione, azione trinitaria per eccellenza: Dio ha risuscitato Gesù per la forza del suo Spirito”. Al centro della seconda giornata, venerdì 17, c’è stata la figura di Don Bosco quale testimone e maestro del rapporto fra uomo e Dio. A tal proposito, il prof. Aldo Giraudo ha proposto una riflessione dal titolo: “Considerazioni intorno alla sensibilità spirituale di Don Bosco e chiavi interpretative per accostare il suo insegnamento”, in cui ha delineato alcuni elementi della sensibilità spirituale e dell’insegnamento di Don Bosco trasmessi, con la parola e l’esempio, a quanti ne hanno accolto e seguito il carisma. A don Giraudo ha fatto eco L’Aula delle Giornate di Spiritualità Salesiana 2014


il Rettor Maggiore con la riflessione su “La Carità Pastorale: Centro e sintesi della spiritualità Salesiana”. Sabato 18 è stato il giorno dell’intervento del Rettore don Carlo Nanni, all’interno di una Tavola Rotonda che ha visto anche gli apporti di Marco Pappalardo (salesiano cooperatore) e suor Piera Ruffinatto (FMA). Il Rettore, citando numerosi passi tratti dalle Costituzioni dei Salesiani, ha focalizzato il suo contributo sul concetto di “mistero dell’educazione”. Nella relazione educativa, già di per sé ricca di profonde dinamiche intepersonali, cristianamente si rivela come il luogo realizza l’essere “figli nel Figlio”, in un orizzonte della relazione comunionale trinitaria. Anche il Sistema Preventivo si spiega meglio da simile prospettiva poiché porta a condividere il progetto di salvezza che si attua con i giovani e attraverso di loro.

Il ricordo di don Gatti, docente emerito dell’UPS Alla vigilia del giorno in cui la Chiesa celebra l’Epifania del Cristo alle genti, il Signore ha chiamato a sé don Guido Gatti spentosi nella mattinata di domenica 5 gennaio 2014 presso la casa ispettoriale di Mestre dove era stato ricoverato per lo stato precario della sua salute. L’Università salesiana lo ricorda con stima e affetto. Don Guido, infatti, vi ha vissuto e lavorato per oltre trent’anni. Ripercorrendo gli anni della sua vita e della sua attività docente all’UPS, risalta il generoso e instancabile servizio sempre apprezzato da tutti nonostante le non sempre favorevoli condizioni di salute. Condizioni che non hanno impedito a don Gatti di coltivare con passione i suoi molteplici interessi culturali e di ottemperare con perseverante dedizione al lavoro di docente presso le facoltà in cui teneva i suoi corsi accademici. Guido Gatti era nato a Besana in Brianza (Monza) il 15 agosto del 1932. Ancora ragazzo entra nella casa di aspirantato di Chiari nel 1942 restandovi sino al 1946. Ha seguito il regolare percorso di formazione iniziato a Montodine (CR) per l’anno di noviziato (1946) coronato con la prima professione religiosa nel 1947. Gli studi di filosofia presso lo studentato di Nave (1947-1950). Dal 1950 al 1952 il tirocinio presso la comunità di Treviglio (BG), e poi a Milano (1952-1953) e ancora Chiari (19531954). Dal 1954 al 1959 e a Torino-Crocetta per gli studi di Teologia nell’allora Pontificio Ateneo Salesiano, che conclude con la licenza in Teologia. Nel 1959 riceve l’ordinazione sacerdotale e si laurea in Teologia sempre alla Crocetta (1962) con una tesi dal titolo “Giusto prezzo e monopoli. Elementi di una morale dello scambio in rapporto alle strutture di mercato”. Consegue di seguito l’abilitazione in Lettere (1965) mentre svolge con riconosciuta competenza, compiti di insegnamento e di animazione spirituale dei giovani, in qualità di catechista, prima a Milano e poi a Bologna. È quindi destinato allo studentato teologico del SavalVerona (1967), allora affiliato alla Facoltà di Teologia dell’UPS, dove per un decennio ha tenuto dei corsi di

Teologia morale. La sua docenza fu molto apprezzata al punto che fu invitato a tenere corsi della stessa disciplina teologica nello Studio Teologico di San Zeno di Verona, affiliato alla Pontificia Università Lateranense, e allo Studio Teologico San Bernardino della stessa città, affiliato al Pontificio Ateneo Antonianum di Roma. Nel 1977 don Guido viene chiamato a far parte del corpo docente della Facoltà di Teologia dell’UPS, dove ha insegnato Teologia morale prima come docente aggiunto (1977-1981), poi come professore straordinario (1981-1986) e infine come professore ordinario (dal 1986). A questo lavoro di base si aggiunsero altri incarichi impegnativi: vicedecano della Facoltà, corsi di educazione morale nella FSE, nel Dipartimento di Pastorale Giovanile e Catechetica, nell’ISCOS (l’attuale FSC) e corsi di Teologia morale presso la Gregoriana, l’Alfonsianum e la Libera Università Maria SS. Assunta di Roma. L’anno del trasferimento all’UPS coincise anche con la partecipazione come delegato al Capitolo Generale della Congregazione Salesiana nel 1977-1978, mentre nel 1996 predicò il corso di esercizi spirituali al Capitolo Generale (1996). Molto richiesta e apprezzata è stata la sua consulenza presso il Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, presso vari istituti religiosi maschili e femminili e numerose diocesi. All’UPS don Guido fece parte della comunità San Domenico Savio nella quale rimase sino al trasferimento a Nave (BS) nel 2009. A tutto ciò si aggiunse un’intensa attività pubblicistica, comprendente oltre venti volumi da lui personalmente redatti e numerosi altri da lui curati o composti in collaborazione con altri autori. Spaziano su una ampia e complessa problematica morale e testimoniano una vasta conoscenza degli autori antichi e moderni, un’estesa competenza nei problemi di attualità, discussi con impegno, lucidità e acribia, una notevole capacità di sintesi e una lodevole espressione linguistica che rende la lettura gradita e scorrevole, un’intelligente adesione al magistero ecclesiale unita a una saggia presentazione della propria opinione plausibile e non di rado originale. Il 2 luglio del 2001 il Gran Cancelliere e Rettor Maggiore della Società Salesiana, don Juan Edmundo Vecchi, gli concesse l’emeritato al raggiungimento del suo 70 compleanno continuando a insegnare sino al compimento dei 75 anni. Dopo 32 anni all’UPS, nel settembre del 2009, don Gatti accettò di ritornare alla sua ispettoria di origine, presso la comunità dello studentato filosofico di Nave, dove rimase per tre anni. Il suo stato di salute, divenuto nel frattempo più delicato, ha suggerito il suo trasferimento alla casa di cura e di riposo Artemide Zatti di Venezia-Mestre dove è stato accudito sino al giorno del suo trapasso dalla comunità dei confratelli. La comunità accademica insieme a quella religiosa rendono grazie a Dio per il dono di un docente e di un confratello di tale statura che le ha arricchite con il suo contributo intellettuale e soprattutto umano. Don Guido Gatti si è spento all’età di 82 anni, 66 di professione religiosa e 54 di sacerdozio. Le esequie sono state celebrate mercoledì 8 gennaio nella Chiesa Parrocchiale di Besana in Brianza. Erano presenti il Consigliere generale per la Formazione, don Francesco Cereda, che ha presieduta la cerimonia, e per l’Università Salesiana, i professori Cesare Bissoli, Paolo Carlotti, Franco Lever e Morand Wirth.


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notizieups•Studenti

Cooperatori PIENAMENTE dell’ups LAICI

di Salvatore Lamancusa

orse non tutti sanno che all’interno della Famiglia Salesiana esiste un ramo di salesiani laici, chiamati Salesiani Cooperatori. L’associazione dei Salesiani Cooperatori fu fondata direttamente da Don Bosco nel 1876 e costituisce il terzo ramo della famiglia salesiana accanto ai Salesiani di Don Bosco e alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Indipendentemente dall’anno dell’approvazione dell’Associazione dei Salesiani Cooperatori, tradizionalmente si indica come anno di nascita vera e propria il 1846 nel momento in cui Don Bosco dopo la sua malattia molto stanco si trasferisce a Valdocco e chiede aiuto alla madre dicendo “Non posso prendere meco altra persona che voi”. Da allora in poi Mamma Margherita viene considerata la prima Salesiana Cooperatrice che aiutò Don Bosco nelle sue attività. L’Associazione apporta alla Famiglia Salesiana i valori specifici della sua condizione secolare e vive in comunione con la Società di San Francesco di Sales (art.5 dello Statuto). Anche la comunità religiosa dell’UPS, definita Visitatoria “Maria Sede della Sapienza” vanta di avere un Centro di Salesiani Cooperatori al suo interno. Tale centro nasce negli anni ’80 grazie all’iniziativa e all’operosità di don Carlo Chenis, allora cappellano e cerimoniere dell’Università. Esso è aperto a tutti i laici che condividendo il carisma della Famiglia Salesiana decidono di farne parte nella loro situazione secolare e quindi di cooperare alla missione salesiana nelle modalità e

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nello stile che la condizione laicale permette loro, nella sede di radicamento e nel mondo. Si diventa Salesiani Cooperatori dopo un percorso di discernimento e di formazione appropriato sotto la guida di formatori e con l’accompagnamento della comunità. Come ogni Centro, anche quello dell’UPS è presieduto da un consiglio composto da coordinatore, economo e formatori con rispettivi consiglieri, con rinnovo ogni tre anni; a breve il consiglio del Centro-UPS verrà rinnovato. Cosa che non avverrà in tempi così stretti per l’attuale delegato salesiano che rimane ancora don Giuliano Vettorato, già direttore dell’oratorio di Valdocco e ora docente nella FSE, guida e sostegno spirituale del gruppo upsino. I salesiani cooperatori dell’UPS cooperano con la comunità religiosa e accademica a vario modo: chi nel silente, ma utilissimo servizio alla Biblioteca, chi nel servizio alle varie segreterie, chi aiutando la comunità religiosa, chi nelle attività pastorali. Essi sono un dono prezioso fatto alla comunità accademica, cuore vivo e giovane della visitatoria, e che merita di essere ancor più valorizzato. I Salesiani Cooperatori sono stati voluti e amati da San Giovanni Bosco e ci teniamo a dirlo, con un pizzico di sano orgoglio, sono una benedizione per il centro di appartenenza, segno visibile della sempre nuova e vigorosa forza del carisma salesiano di vivere il Vangelo e partecipare alla Missione della Chiesa che in modi, tempi e luoghi diversi si manifesta.


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notizieups•Il Punto

Migrazione e sfida dell’interlocutore e dell’integrazione sona, delle peripezie migratorie che da giovanissimo ha dovuto affrontare per potersi costruire quel futuro che aveva sognato. Un lavoro, credo, di condivisione coraggiosa della propria storia, poiché non si sottrae al ridi Gustavo Cavagnari schio di aprirsi al giudizio altrui. Una narrazione autobiografica in cui, al di là dalle parole, «si profila in lontananza», in tutta la sua veridicità e complessità, quella «cosa», quegli «spazi» di cui parlava il settimo lettore e che noi riconosciamo nei fenomeni migratori. Uno scritto con cui Euglent è riuscito a far sì che la propria storia e quella di tanti altri non restino, come leggevamo in Calvino, «in sospeso» o si perdano «per la strada». Infine, una denuncia condivideva lui di «ogni comportamento umano che sia deplorevole, ingiusto e che leda fisicamente e moralmente qualsiasi altro essere umano… [Noi] non siamo “fenomeni”, siamo persone. Abbiamo un cuore, emozioni, speranze. Abbiamo un futuro, o almeno lo desideriamo con tutto il cuore».

dialogo con euglent plaku, autore di “oltre il confine”

Euglent Plaku

Una storia che comincia con un sogno ella sua opera Se una notte d’inverno un viaggatore (Einaudi, 1979), Italo Calvino ci propone un dialogo tra diversi lettori, ognuno dei quali è invitato a dire la sua sui libri e sulle storie che essi contengono. In tale colloquio, il settimo di loro così parla: «Per me è la fine che conta, ma la fine vera, ultima, nascosta nel buio, il punto d’arrivo a cui il libro vuole portarti… il mio sguardo scava tra le parole per cercare di scorgere cosa si profila in lontananza, negli spazi che si estendono al di là della parola “fine”». Dopo di che un altro aggiunge: «Ma da un po’ di tempo in qua… mi sembra che ormai al mondo esistano solo storie che restano in sospeso e si perdono per strada». Mi sono piaciute queste parole. Sono parole che, poiché parlano di libri, possono aiutarci a comprendere sia il contenuto di Oltre confine (Bianca e Volta, 2013), sia il dialogo che su di esso ha interessato l’autore e i partecipanti all’incontro su “Migrazione e sfida dell’intercultura e dell’integrazione” organizzato dall’Istituto di Teologia Pastorale della Facoltà di Teologia dell’UPS. Euglent Plaku, l’autore, è un uomo nato in Albania che vive oggi con la sua famiglia in Veneto. E la sua opera è un testo, un racconto, in prima per-

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Immigrazione in tensione Per chi desidera addentrarsi con Euglent nei sentieri della migrazione, la scelta non rimane altra che leggere il libro. Coloro che lo hanno già letto, hanno potuto constatare in che modo, nelle vicende del protagonista, assume un nome e un volto concreto quanto Francesco sostiene nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di quest’anno: «Nei fenomeni migratori, come in altre realtà umane, si verifica la tensione tra la bellezza della creazione, segnata dalla grazia e dalla redenzione, e il mistero del peccato. Alla solidarietà e all’accoglienza, ai gesti fraterni e di comprensione, si contrappongono il rifiuto, la discriminazione, i traffici dello sfruttamento, del dolore e della morte. A destare preoc-


cupazione sono soprattutto le situazioni in cui la migrazione non è solo forzata, ma addirittura realizzata attraverso varie modalità di tratta delle persone e di riduzione in schiavitù. Il “lavoro schiavo” oggi è moneta corrente! Tuttavia, nonostante i problemi, i rischi e le difficoltà da affrontare, ciò che anima tanti migranti e rifugiati è il binomio fiducia e speranza; essi portano nel cuore il desiderio di un futuro migliore non solo per se stessi, ma anche per le proprie famiglie e per le persone care». Nel racconto di Plaku, il lettore si confronta, infatti, con quel mistero del male che ha molti nomi: abuso, inganno, crudeltà, oppressione, criminalità; ma anche con quel mistero della grazia che ha pure esso espressioni diverse: speranza, fiducia, perseveranza, integrità morale e spirituale. Come diceva l’autore durante l’Incontro, questi ultimi sono sentimenti che sgorgano «dal cuore di ogni migrante» e lo accompagnano «in ogni suo viaggio»; motivazioni vitali che, malgrado il dolore e la paura, spingono comunque a voler «vivere una vita normale e libera da ingiuste costrizioni»; aneliti che, tuttavia, possono anche essere soffocati da situazioni e «personaggi senza scrupoli» che tante volte riducono i migranti «alla condizione di schiavo».

Identità e integrazione È ormai da anni che Euglent vive in Italia ed è cittadino italiano. La convivenza e l’integrazione, però, hanno bisogno di qualcos’altro di un documento. Non basta quanto uno voglia integrarsi; si deve considerare altresì quanto l’ospitante vuole integrare l’altro. «Integrazione diceva lui non vuol dire necessariamente privare le persone dei valori e sentimenti che portano, bensì una coesione di tutte le risorse utili alla comunità». Accogliere, cioè, senza obbligare a rinunciare alla propria identità. Un tentativo questo che falli-

Gustavo Cavagnari

rebbe sin dall’inizio, visto che «le nostre origini ci accompagnano per tutta la vita, l’imprinting della nostra infanzia e della nostra adolescenza non si possono cancellare... Quando ognuno può mantenere la propria identità allora è possibile l’integrazione tra i popoli». Che Plaku sia finalmente riuscito a integrarsi, lo dimostra non solo il fatto che il suo figlio sia nato in queste terre, ma anche la stessa tessitura del libro in italiano. «Convivere con più lingue e culture aggiungeva lui determina l’acquisizione di quella marcia in più che un migrante possiede, e se l’integrazione funzionasse e fosse a doppio senso il risultato sarebbe una cultura di condivisione che accrescerebbe le conoscenze di tutti invece che relegarli all’ignoranza».

Fede, comunità cristiana e salesianità Per chi era nato in un paese governato da una dittatura atea, Dio era quasi sconosciuto. Nonostante ciò, grazie al background di fede ortodossa della famiglia, Euglent riconosce che «nei momenti di più grande sconforto ho rivolto a Dio le mie preghiere». È già da giovane, egli riuscì a scoprire che la sua salvezza era «nata dall’impegno e dalla determinazione di un componente della comunità cristiana dove io ho mosso nuovamente i primi passi da uomo libero». Questa “componente” è stata, come lui rivela, un salesiano. Uno che lo «ha salvato dalla strada [ed] è stato bravo a usare una strategia di avvicinamento e comunicazione» con cui è riuscito a superare «la mia diffidenza totale verso ogni individuo». Questa strategia la conosceva «bene Don Giovani Bosco, tanto che creò l’oratorio, il convitto, il laboratorio scuola: condizioni ideali per avvicinare un ragazzo di strada. Per la mia esperienza sconsiglierei come primo approccio quello di imporre le proprie idee; che siano queste sociali, comunitarie o religiose, si otterrebbe solo un allontanamento». Siamo lieti di aver accolto Euglent tra noi. Con la sua testimonianza, lui ci reitera l’invito del Papa «a vedere nel migrante non solo un problema da affrontare, ma un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare, un’occasione che la Provvidenza ci offre per contribuire alla costruzione di una società più giusta, una democrazia più compiuta, un Paese più solidale, un mondo più fraterno e una comunità cristiana più aperta, secondo il Vangelo». Con il suo presente, egli invita ogni migrante a non perdere la speranza che anche a loro «sia riservato un futuro». A noi salesiani, ci ricorda infine che ogni ragazzo «ha bisogno di essere ascoltato e di credere in qualcosa».


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notizieups•le Facoltà

a cura di Renato Butera

Comunicazione Don Filiberto González Plascencia, sr. Giuseppina Teruggi e sr. Pina Del Core

Per “un’autentica cultura dell’incontro” Due intense giornate, venerdì 2 e sabato 3 maggio, per circa 150 giovani salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice accompagnati da loro formatori per la terza edizione delle Giornate Salesiane di Comunicazione Sociale svoltesi presso la nostra Università. Il tema di quest’anno, “Comunicazione a servizio di un’autentica cultura dell’incontro”, ha preso ispirazione dal Messaggio di Papa Francesco per la XLVIII Giornata Mondiale della Comunicazione Sociale che si celebrata il 1 giugno. Organizzate dal Settore Comunicazione SDB, dall’Ambito Comunicazione FMA, dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” e dalla FSC, le Giornate si sono aperte con i saluti di don Filiberto González Plascencia, sr. Giuseppina Teruggi, sr. Pina Del Core (Auxilium) e don Mauro Mantovani (FCS). Nel pomeriggio di venerdì 2, si è svolta la Tavola rotonda introdotta da un video realizzato dal prof. Enrico Cassanelli (FSC). Apprezzati gli interventi dei tre relatori: sr. Maria Spólnik (Auxilium), don Domenico Ricca (Federazione SCS/CNOS, Cappellano del Carcere minorile di Torino) e Padre Paolo Benanti (Università Gregoriana). Sono stati evidenziati vari elementi della “comunicazione autentica”, a partire dagli aspetti antropologici e morali, educativi e pastorali, in contesti particolarmente problematici, in riferimento all’ambiente digitale e alle “sfide di senso” che esso pone particolarmente ai giovani. Le riflessioni introdotte da don Donato Lacedonio, sono state approfondite dai partecipanti prima con una condivisione a gruppi e poi nel dibattito assembleare. La sera del 2 maggio, si è svolta in Aula Paolo VI una serata di fraternità animata dalle novizie FMA, conclusasi con la “buonanotte” del Rettore, prof. Carlo Nanni. La Celebrazione eucaristica di sabato 3 maggio è stata presieduta da don Filiberto. Sabato 3, si sono svolti nove laboratori di approfondimento del tema scelto, rispettivamente: Canzone e comunicazione musicale (Matelda Viola); Cinema, cultura dell’incontro (Renato Butera); Story-telling (Paolo Restuccia); Teatro (Tadeusz Lewicki); Comunicazione interculturale (Katia Scannavini); La Rete, come via di incontro e di prossimità (Fabio Pasqualetti); Parola di

Dio e comunicazione per la prossimità (Anna Rita Cristaino); Ascolto, imparare l’arte del dialogo (Antonio Dellagiulia); Quando la comunicazione è autentica? (Franco Lever). Vivace e produttiva è stata la presentazione dell’attività svolta in ciascuno dei laboratori nell’incontro in assemblea del pomeriggio. Le Giornate si sono chiuse con le sintesi di sr. Teruggi e di don Filiberto che hanno sottolineato l’esigenza di favorire dei processi di crescita, di curare la dimensione comunitaria dell’azione educativa e pastorale, di testimoniare la gioia, di non rinunciare alla relazione interpersonale “a tu per tu”, di credere nelle risorse positive dei propri interlocutori e di far leva su di esse, di “abitare” i nuovi ambienti digitali sapendo intercettare e indirizzare le domande di “senso” che in essi sono presenti, ed esercitando nel contempo un prudente discernimento critico. Ai saluti conclusivi ha fatto seguito la consegna a ogni comunità presente diuna copia del volume curato da Fabio Pasqualetti e Cosimo Alvati, dal titolo Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione. Percorsi di comunicazione.

“Sfide e prospettive future della Comunicazione sociale: istituzioni e studi” Un Seminario di studio su questo tema si è tenuto presso l’Aula Egidio Viganò della Biblioteca Don Bosco martedì 1 aprile pomeriggio, organizzato dalla FSC all’interno delle attività programmate in occasione del suo XXV anniversario. I docenti della Facoltà hanno avuto la possibilità di confrontarsi sulle principali questioni e sugli orientamenti attuali delle scienze della comunicazione con colleghi di altre Facoltà di Università pontificie e statali, con noti professionisti del mondo della comunicazione e con vari responsabili di importanti istituzioni a livello civile ed ecclesiale. Dopo il saluto del decano FSC, prof. Mauro Mantovani, il prof. Alberto Lo Presti (docente di Scienze sociali e collaboratore della Congregazione per l’Educazione Cattolica) ha dedicato il suo intervento all’identità di una istituzione pontificia di scienze della comunicazione sociale così come emerge dal processo di Bologna e dalle sue istanze, indicando quali principali sfide e prospettive la questione della tracciabilità del destino professionale degli studenti, il riconoscimento dei titoli di studio e il cambiamento culturale

I Partecipanti al Seminario


Da sinistra: i proff. Vittorio Sammarco, Carlo Tagliabue, Mario Morcellini, Riccardo Cinquegrani, Ambroise Atakpa e José Maria Laporte

che ne viene implicato, la responsabilità e la qualificazione dei docenti, il rapporto tra ricerca e didattica. Ha fatto seguito una nutrita serie di brevi interventi da parte degli illustri ospiti invitati per l’occasione: il dott. Riccardo Cinquegrani (Direttore dell’AVEPRO), mons. Dario Viganò (Direttore del Centro Televisivo Vaticano), prof. Ary Waldir Ramos Díaz (Pontificia Università Gregoriana), il prof. José Maria Laporte (Decano della Facoltà di Comunicazione Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce), mons. Ivan Maffeis (Ufficio Comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana), il prof. Mario Morcellini (La Sapienza Università di Roma), il dott. Antonio Preziosi (già Direttore Giornale Radio Rai), mons. Paul Tighe (Segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali), mons. Maurizio Viviani (Ufficio Scuola e Università della Conferenza Episcopale Italiana), il prof. Adriano Zanacchi (già docente FSC) e il dott. Piero Damosso (Caporedattore al TG1). L’incontro ha registrato un successivo momento di dialogo tra i partecipanti durante il quale sono intervenuti Carlo Tagliabue, Vittorio Sammarco, Franco Lever, Fabio Pasqualetti, Emiro Cepeda, Cosimo Alvati, Renato Butera e Peter Gonsalves, docenti FSC. Ne è scaturito un ricco e variegato panorama sui compiti fondamentali che sfidano oggi le istituzioni accademiche che si dedicano alle scienze della comunicazione, e in particolare che impegnano la FSC per realizzare in forma sempre più adeguata la sua fondamentale missione educativa e formativa al servizio della Chiesa e della società. L’abbondante documentazione elaborata per questo Seminario di studio costituirà un importante punto di riferimento per la preparazione del Convegno “Ripensare la comunicazione: le teorie, le tecniche, le didattiche” che la Facoltà sta organizzando per il 14/15 novembre 2014.

Certamen Apollinare 2014

tellì, paese della Sardegna e sede del Parco Letterario Grazia Deledda che ospiterà nel mese di settembre i due vincitori del Certamen (sezione Opera edita), Francesca Pellegrino e Mattia Zàccaro Garau. Durante la serata le poesie della laureata e dei vincitori sono state lette da Diletta Masetti e Stefano Guerrieri, giovani allievi dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Queste le motivazioni della Giuria, composta dalla prof. Neria De Giovanni (Presidente dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari) e dai docenti UPS Cristiana Freni, Mauro Mantovani e Giusi Saija, per il conferimento della Laurea: «Con Paola Lucarini Poggi la Laurea Apollinaris Poetica 2014 premia l’impegno assiduo e profondo di una scrittrice i cui versi testimoniano ricerca interiore e originalità di stilemi. La sua opera è infatti scaturita da una tradizione toscana che pur affondando le radici nel secondo ermetismo del riconosciuto Maestro Mario Luzi, ha sviluppato negli anni una poetica personale che da un tratto autobiografico di scavo memoriale e sentimentale, si è dilatata per ospitare il mistero dell’Assoluto. La poesia di Paola Lucarini Poggi ha affrontato con serena limpidezza i temi più intimi e coinvolgenti di una fede dichiarata senza ombre. Il suo verso si rarefa e si condensa nel silenzio della riflessione. Così ha atteso molti anni per riemergere dalla profondità di un dialogo interiore ininterrotto, in cui Maria con la sua umanità diventa simbolo della presenza misericordiosa dell’Amore che salva. L’ultimo libro, Per visioni d’Anima, esemplato dallo stesso titolo, è una continua metafora di come attraverso vetri, specchi d’acqua, trasparenza di cieli e di nubi, il vissuto poetico possa trascendere la realtà, boschi e zolle, affinché “il torrente scorra nella pace verso la luce”. Paola Lucarini Poggi è presente nel mondo della cultura nazionale ed internazionale anche con la sua associazione Sguardo e sogno e l’impegno nel direttivo del Pen club italiano e dell’Unione Cattolica Artisti Italiani, crea convergenze perché “Ognuno di noi fluisca/alla propria vocazione/e tutti insieme verso la coralità/dell’unico nome che ci chiama/alla luce della risposta, nell’unità”». Le due raccolte di poesie vincitrici della sezione Opera Edita sono state Chernobylove (Kimerik, Patti [ME] 2010), di Francesca Pellegrino, e Sul far della vita (Aletti, Villanova di Guidonia [RM] 2012) di Mattia Zàccaro Garau. Vincitrice della sezione Poesia Inedita è risultata la giovane poetessa Ilaria Di Girolamo, con la poesia Abuso. Brevissimo e nel contempo di rara intensità il testo di questo componimento: «Mani / incapaci di sfiorare l’anima / scavano la pelle». Queste le motivazioni

Giovedì 20 marzo, vigilia della Giornata Mondiale della Poesia, si è svolto presso la sede della FSC il conferimento della Laurea Apollinaris Poetica 2014 che l’apposita Giuria - presieduta dal prof. Orazio Bologna - ha attribuito alla poetessa Paola Lucarini. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, dott. Matteo Renzi, ha inviato per l’occasione un apposito Messaggio. In rappresentanza del Rettore, il vicerettore prof. Gianfranco Coffele ha consegnato il Diploma della Laurea alla nota scrittrice e saggista fiorentina che ha poi fatto omaggio alla Biblioteca Don Bosco, insieme con tutti i testi della sua produzione, di una edizione delle Lettere di San Paolo autografata da Mario Luzi. Tra le numerose personalità intervenute, era presente il dott. Giovanni Santo Porcu, sindaco di GalAl centro, la “neolaureata” Paola Lucarini. A sinistra il prof. Gianfranco Coffele


Un collage foitografico dell’esercitazione

Il prof. Orazio Bologna insieme a Ilaria Di Girolamo

per l’assegnazione del Certamen: «Nei tre versi della giovane poetessa, si tratteggia il dramma della violazione, della violenza, dell’abuso appunto, vissuto da un angolo prospettico straordinario che è il sacrario della coscienza femminile. Una poesia di grande emergenza attuale come tematica; tre versi che segnano la potenza dei livelli della creatura femminile. Un componimento molto potente, in cui la forza delle immagini è sapientemente limata sulla precisa scelta dei termini. Un tratto raro, che non si abbandona a giudizi, che non indulge a pietismi di autocommiserazione, ma descrive, semplicemente, con elevata capacità, un abisso di orrore, consapevole che già l’averlo affidato alla parola è inizio di cura e di riappropriazione». La Giuria ha anche segnalato con Publica Laus alcuni autori. Per la sezione Opera edita: Dario Caldarella (con la raccolta Voci dall’interstizio, Kimerik, Patti [ME] 2013); Daniele D’Ignazi (con la raccolta Onere del Vero, Il Saggio, Eboli [SA] 2012); Giuseppe Manitta (con la raccolta Il Giullare del tempo, Il Convivio, Castiglione di Sicilia [CT] 2013). Per la sezione Poesia inedita: Chiara Sabena (con la poesia Tenebre) e Gabriele Sebastiani (con la poesia Chissà quale vera vittoria). In occasione della cerimonia sono anche intervenuti la Presidente onoraria della Giuria della Laurea Apollinaris Poetica, dott.ssa Serena Siniscalco, la dott.ssa Anna Manna (La Sapienza Università di Roma) e il dott. Pinotto Fava (Ex Dirigente Rai, Ricerca Radiofonica Internazionale). Durante l’evento si è tenuto, grazie alla collaborazione di Teche Rai, un ricordo della poetessa Marina Mariani (+ 16 febbraio 2013), attraverso la lettura di alcune sue poesie e l’ascolto della sua stessa voce registrata.

Un’attenzione ai giovani più bisognosi Il 2 aprile la FSC ha accolto alcuni giovani del Centro Diurno Tutela Adolescenza del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL Roma Est per lo svolgimento di un’attività di laboratorio di canto. Il Centro diurno è una struttura territoriale semiresidenziale che accoglie utenti con specifici progetti individualizzati, sotto la supervisione del responsabile dott. M. Conte e della dott.ssa E. Monaco: i giovani partecipano a diversi laboratori di attività con finalità riabilitative e di reinserimento sociale. In tale contesto vengono infatti potenziate quelle che l’OMS definisce Life Skills attraverso diverse attività. Nel corso del laboratorio di canto sono stati utilizzati canali di comunicazione alternativi a quello verbale e sono state registrate delle canzoni, cantate dagli utenti stessi, su tracce

multiple. Nel corso delle registrazioni audio e video, è emerso il grande lavoro fatto dagli operatori del Centro diurno, la dott.ssa Cellamare e il dott. De Vita, e dalla conduttrice del laboratorio, la dott.ssa Zegretti, che seguono i ragazzi in questa attività da più di sei anni. Per questa specifica attività hanno collaborato anche F. D’Alessio e A. Lamancusa. In questo contesto si sono palesati i grandi progressi realizzati dai ragazzi del centro: la costanza e l’impegno, uniti alla passione per la musica, fanno si che gli utenti trovino nel gruppo dei pari supporto e collaborazione reciproca, mostrandosi quindi capaci di sostenere e sostenersi.

Educazione Viaggio di Studio a Lisbona e Fatima Il 1 maggio scorso un gruppo di studenti del Dipartimento di PGC, accompagnati dai professori Mirosław Wierzbicki e Giampaolo Usai, sono stati in Portogallo per il viaggio-studio a conclusione del loro tirocinio. Tra gli obiettivi del viaggio, conoscere l’Ufficio Catechistico Nazionale della Conferenza Episcopale del Portogallo (Lisbona) e l’Ufficio Catechistico della Diocesi di LeiriaFatima, studiare l’organizzazione di tali strutture e i metodi di formazione dei catechisti nel dialogo con i responsabili. Il filo rosso che ha guidato l’incontro è stato il rapporto tra catechesi e devozione popolare, in particolare mariana. Fatima è stata la prima tappa dove il gruppo è arrivato all’ora del vespro accolti dal suono delle campane del Santuario. La stessa sera hanno incontrato con don José Henrique Domingues Pedrosa, exallievo dell’UPS, responsabile dell’Ufficio Catechistico di Leiria-Fatima. Padre Domingues ha descritto la realtà catechistica di una diocesi che è particolarmente caratterizzata dalla presenza del Santuario e che cerca di valorizzare la devozione mariana sotto il profilo catechistico. Il rettorato degli ultimi anni ha rettificato e rivitalizzato l’attività religiosa proprio curando la dimensione pastorale, per cui oggi è più marcato il collegamento con le dimensioni portanti dell’azione ecclesiale, e continua è la presenza di iniziative anche a carattere giovanile. La Diocesi concentra attualmente la sua attività sulla dimensione


Il Prof Giampaolo Usai (a destra). Nella foto accanto la processione della Madonna di Fatima

familiare della vita cristiana e sulla formazione di ben 2500 catechisti ai quali offre una scuola di formazione permanente chiamata “La ragione della speranza”. Il secondo giorno, il gruppo si è recato a Lisbona presso la Curia del Patriarcato che coordina anche il lavoro dell’Ufficio Catechistico Nazionale. Sono stati accolti da don Paolo Malícia, anch’egli ex allievo UPS, responsabile dell’Ufficio. Don Paolo ha presentato la struttura della catechesi in Portogallo chiarendo l’importanza della pietà mariana nel progetto catechistico a livello nazionale. La Diocesi di Lisbona si caratterizza per un’ampia varietà di situazioni, essendo il tessuto sociale fortemente cosmopolita e variegata l’appartenenza a convinzioni filosofiche, etiche e religiose. In questo senso, la pastorale (e la catechesi in essa) è attenta alla diversità e, mantenendo ferma l’attenzione comune sul tema pastorale che annualmente l’Episcopato propone ai fedeli, non omologa le opzioni metodologiche, favorendo anzi la progettazione e l’assunzione di responsabilità delle comunità locali. Marcata è l’attenzione alla domanda religiosa, educativa e formativa a cui corrisponde una risposta che si adatta puntualmente. Anche Lisbona lascia stupiti per il numero di catechisti e l’energia messa in campo da responsabili e collaboratori per la seria formazione permanente. Nel pomeriggio il gruppo ha visitato una parrocchia di recente costruzione: Nostra Signora dei Navigatori. Il parroco, don Paolo Franco, che è anche responsabile dell’Ufficio per la Pastorale della Diocesi, ha parlato dell’esperienza evangelizzatrice e della fiorente attività catechistica della parrocchia che sorge in un quartiere che presenta numerose sfide, data la presenza di una forte diversità culturale dei suoi abitanti, di numerose famiglie giovani, in un tessuto sociale formatosi nell’ultimo decennio in una zona nuova e quasi avveniristica della città. La celebrazione eucaristica nella chiesa, di recente consacrazione a marzo, è stata preceduta da una presentazione dell’edificio nei suoi aspetti strutturali, artistici e liturgici. Di ritorno a Fatima, il gruppo ha preso parte alla preghiera del rosario e alla processione insieme a numerosi giovani provenienti da tutte le diocesi del Portogallo. Hanno quindi partecipato alla veglia-adorazione di giovani portoghesi per le vocazioni. Durante il giorno avevano visitato il Santuario, accompagnati da una guida esperta che ha permesso loro di entrare a contatto con la storia e l’attualità dell’area del Santuario. Nel pomeriggio

hanno visitato i due monasteri di Batalha e Alcobaca. Domenica 4 maggio, dopo la concelebrazione della messa con il vescovo sul sagrato del Santuario di Fatima, il gruppo è partito per Porto dove sono stati accolti da due giovani Cooperatori, responsabili del Movimento Giovanile Salesiano per un pomeriggio turistico (visita al Duomo e alla Stazione di San Benedetto, passeggiata per le vie principali della città e cena tipicamente portoghese in un angolo caratteristico, prossimo alla zona portuale). Sono quindi rientrati a Roma convinti di aver raggiunto l’obiettivo del loro viaggio-studio. L’incontro con ex-allievi dell’UPS che svolgono un servizio delicato, qualificato e riconosciuto nella loro Chiesa locale è incentivo all’impegno di formazione personale.

Giovani, devianza e violenza: una proposta di orientamento All’interno del Seminario di “Sociologia della Devianza”, l’Istituto di Sociologia della FSE ha promosso la presentazione del libro La criminalità minorile. Strategie e tecniche per l’intervento e l’orientamento, di Tiziana Frazzetto e Laura Volpini. L’incontro, rivolto a studiosi, operatori, studenti e cittadini interessati al tema della violenza giovanile e alla sua prevenzione, ha avuto luogo nella nostra Università nel pomeriggio del 10 aprile. Il volume è la “trasposizione” di una esperienza di counseling e orientamento presso il Carcere Minorile di Casal del Marmo (Roma). Erano presenti, oltre alla dott.ssa Frazzetto, una delle autrici, la psicologa del carcere minorile romano, dott.sa Lucia Chiappinelli. Tiziana Frazzetto, psicologa, psicoterapeuta ed esperta di processi formativi, docente presso l’IFREP nel master sul counseling, si occupa di orientamento, formazione e consulenza per alcuni enti tra cui l’Ente Roma Capitale. È membro del Coordinamento Nazionale Counsellor Professionisti. Perché un ragazzo arriva a commettere un reato? Chi sono i minori che vengono denunciati in Italia e in Europa? Quali sono i principali modelli di spiegazione della criminalità minorile? Quali sono le strategie e i metodi per la prevenzione e il reinserimento sociale e lavorativo


di questi giovani, italiani e stranieri? Il libro risponde a queste domande e propone un modello di trattamento e di reinserimento socio-lavorativo dei minori nel circuito della giustizia penale sperimentato presso l’IPM di Casal del Marmo.

Giornata di Studio dell’Istituto di Catechetica Ricordando la missione catechistica segnatamente giovanile, l’Istituto di Catechetica ha scelto di compiere una riflessione approfondita sul suo compito specifico, quello cioè di promuovere catechetica/catechesi per l’insegnamento accademico, ma anche, e di più, per il servizio alle comunità ecclesiali. Di qui questa giornata di studio dal tema: Catechesi e cambio di paradigma antropologico–culturale. Revisione del quadro antropologico e metodologico della catechesi nel contesto delle nuove antropologie, le nuove culture e i nuovi media, svoltasi il 29 marzo 2014. Vi hanno corrisposto una trentina di colleghi/e e amici. Opinione comune era che la catechesi/tica si trova dentro un cambio di paradigma antropologico-culturale ben più che un cambio didattico e strumentale. Due livelli di intervento: il primo al mattino, più generale, è stato più di contesto sul versante strettamente antropologico-culturale, e l’altro sulla comunicazione massmediativa; gli altri due interventi nel pomeriggio sono stati più orientati sull’area specificamente catechistica, circa i soggetti educanti e sulla progettualità adeguata al compito catechistico in ambito specificamente giovanile. Nella fase di contestualizzazione, una prima solida riflessione si è dedicata alla certificazione di quali possano essere gli assi del paradigma culturale in se stesso, nei tre livelli epistemologico, antropologico e teologico a opera del prof. José Luis Moral: Cambio di paradigma culturale: epistemologia, antropologia e teologia. Il prof. Moral ha messo in rilievo in maniera analitica lo sviluppo storico delle culture dal premoderno al moderno (comprensivo anche del postmoderno), sviluppando la fecondità della visione ermeneutica rispetto a quella metafisica, ma anche riconoscendone i limiti e le ambivalenze e segnalando la determinante svolta linguistica. L’emergere nella coscienza comune della dignità della persona come tale, la necessaria interazione intersoggettiva, la comunicazione dialogica, il principio di libertà, possono immettere nella comunicazione della fede propria della catechesi un dinamismo nuovo, più creativo, più umano e insieme più rispettoso del dono di grazia, senza imporre un’egemonia forzosa della tecnica. In

I partecipanti alla Giornata di studio di Catechetica

questa prospettiva si può parlare di un cambio di paradigma e dunque di una nuova epistemologia catechetica. Nella seconda parte del mattino la riflessione è passata all’ambito della comunicazione mediatica intesa nella forma digitale del Web.2.0. Si è notata la carica trasformativa travolgente di tale forma. Entrambi i relatori, Fabio Pasqualetti, docente FCS, e Walter Rossi, direttore di Mondo Erre e Dimensioni Nuove, hanno messo in rilievo la situazione quanto mai nuova dal punto di vista della tecnica, e rilevando anche come sia sottostante un cambio di cultura più attenta alla tecnologia che alla persona (del minore), si può definire una cultura del capitalismo e non dell’uomo. Il prof. Pasqualetti, in particolare, con la sua riflessione dal titolo Cultura e tecnologia digitale: le sfide per l’educazione, ha delineato una serie di stimoli attinti dai media mostrando che il problema di comunicazione religiosa al mondo giovanile non è di tipo tecnologico ma umano, capace di dare significati che umanizzano la persona. Walter Rossi, da parte sua, con il tema Adolescenti e giovani: tratti “somatici”, alla luce della sua diretta esperienza tra i giovani, ha messo in rilievo che la tradizionale comunicazione della fede stile ‘scatola’ piena da riversare nelle teste dei giovani, è fallimentare. Qui due elementi si impongono all’attenzione di catechisti ed educatori religiosi: la gioventù come tale non appare contro il messaggio in forza di una coscienza avvertita, essa in realtà è disponibile a ciò che è valore; il problema sta nell’adulto che ha a che fare con essa, la sua non credibilità nel momento che annuncia il messaggio anche più sacro. Il messaggio non è solo legato al mezzo, ma anche al messaggero. In sintesi l’atto educativo deve essere e apparire come visibilizzazione di una testimonianza. Nel pomeriggio l’attenzione si è portata sul catechista e il suo servizio. Il prof. Ubaldo Montisci, la cui riflessione aveva come titolo Quali educatori in un’epoca de cambio di paradigma culturale?, ha portato alcuni elementi che lo fanno pensare: il passaggio della ‘trasmissione’ alla ‘condivisione’, la formazione alla luce del concetto di competenza, il catechista come catalizzatore di processi. Il prof. Tonino Romano, che ha proposto una riflessione su Progettare la catechesi giovanile nel contesto del cambio paradigmatico: l’approccio della ricerca-azione catechistica, ha cercato di rispondere alla domanda: nel contesto del cambio paradigmatico che investe la catechesi giovanile, come progettare per questa l’approccio della ricercaazione. Vuol essere un’ipotesi arricchente la riflessione. Dopo un’attenta analisi critica della catechesi giovanile si afferma la bontà del metodo R-A a patto che non si riduca a innovazione didattica, ma alla seria considerazione di quanto offre la pedagogia sociale compresa nel contesto più vasto dell’antropologia sociale. In conclusione si è avuta una lettura della realtà dell’esperienza in ambito catechistico molto ampia e dialettica sia quanto al quadro delle idee e della realizzazione di fatto di quanto comunicato. In ogni caso, occorre procedere su questa ipotesi di cambio di ‘paradigma’ superando ogni forma dogmatistica del ‘si è fatto sempre così’, con un atteggiamento mentale capace di includere gli


21 aspetti vari della realtà, capace di una visione olistica, capace di tenere la persona al centro così come è; se resta sempre centrale l’interazione fra antropologia, pedagogia, teologia occorre avvalersi delle scienze umane, tra cui l’antropologia sociale, le scienze della comunicazione, ecc. (Cesare Bissoli)

XXXI Congresso dell’Associazione per il CNIS con la collaborazione della FSE Nei giorni 11 e 12 aprile 2014 si è tenuta la trentunesima edizione del Congresso dell’Associazione per il Coordinamento degli Insegnanti Specializzati e la ricerca sulle situazioni di handicap (C.N.I.S.), dedicata ai temi della formazione dei docenti e dell’uso delle nuove tecnologie nella scuola come strumento di facilitazione e forza propulsiva all’apprendimento. All’evento, che ha avuto il titolo Quando educare è più difficile: Nuovi saperi per alunni dei nuovi tempi, hanno preso parte vari docenti e ricercatori di ogni ordine e grado, psicologi e operatori impegnati negli ambiti scolastico, educativo e sociale. L’incontro ha tracciato un quadro aggiornato dei contributi della Ricerca e delle sue applicazioni nella Scuola e in tutti gli altri contesti educativi. Sono intervenuti con la loro riflessioni studiosi e ricercatori di fama internazionale tra cui il prof. Sergio Della Sala (Università di Edimburgo), la prof. Daniela Lucangeli (Università di Padova), il prof. Renzo Vianello (Università di Padova), la prof. Margherita Orsolini (Università La Sapienza). Hanno dato il loro contributo alcuni docenti dell’UPS tra cui i prof. Zbignew Formella, Direttore dell’Istituto di Psicologia della FSE, il prof. Antonio Dellagiulia e la prof. Caterina Cangià, promotrice dell’evento in qualità di dirigente di MULTIDEA, convenzionata con Polo Apprendimento dell’Università di Padova.

Per un aiuto efficace alla vocazione in crisi? Quali sono le condizioni per aiutare le vocazioni che entrano in crisi? Quale aiuto efficace? Sono queste due delle domande che hanno dato senso al pomeriggio di studio promosso dall’Istituto di Pedagogia Vocazionale della FSE svoltosi lo scorso 13 marzo, con la partecipazione di 250 formatori, studenti del settore, specialisti nel campo dell’aiuto professionale. Tra gli obiettivi, quello di esplorare la fenomenologia della crisi, riflettere sull’aiuto in simili situazioni, evidenziare alcuni principi pedagogici e principali strategie (individuali e di gruppo), presentare il servizio del Centro Psicopedagogico dell’UPS. L’aiuto alla vocazione in crisi favorisce oggi alcune strategie particolarmente valide: “Uno stile di vita pre-

ventivo; una forte esperienza di vita comunitaria; l’assunzione delle responsabilità ecclesiali e civili; la relazione con Dio e la nuova evangelizzazione della vita; l’esplorazione della situazione di partenza degli eventi critici; l’esercitazione dell’empatia; l’esercitazione delle abilità relazionali e sociali; il confronto e cambiamento attraverso la relazione d’aiuto; l’intervento professionale integrato e multimodale; le metodologie per incrementare la persuasione utile all’animatore-formatore”. Queste sono alcune delle strategie proposte dal prof. Mario Oscar Llanos, direttore dell’Istituto, riprese dagli interventi previsti dal programma del Seminario di studio. Tra gli altri S. Ecc. mons. Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di RavennaCervia, che ha rilevato vari aspetti della crisi vocazionale del sacerdote e del consacrato/a collegandoli a possibili prospettive d’intervento. Don Gian Luigi Pastò, Superiore Generale della Congregazione dei Padri Venturini, ha proposto l’esperienza in atto di una congregazione il cui carisma è al servizio della vocazione in difficoltà con una rete di aiuto per il recupero e soprattutto la prevenzione. Il prof. Agostino Montan, Giuseppino del Murialdo e professore emerito di Diritto Canonico della Pontificia Università Lateranense si è soffermato sulla prospettiva giuridica riguardante gli abusi, le dipendenze e le patologie, mentre il prof. Angelo Bissoni, anch’egli Giuseppino del Murialdo, Psicologo e Docente di Pedagogia Religiosa all’Istituto Filosofico Teologica Viterbese si è soffermato sull’approfondimento della formazione dei processi d’internalizzazione, nell’aiuto alla persona in crisi. L’intervento della prof.ssa Chiara Palazzini, docente di pedagogia e psicologia, counsellor e responsabile del Gruppo Relazionale alla Comunità Agape dei Ministri della Misericordia, si è focalizzato sulla dimensione individuale dell’aiuto complementata da quella interpersonale, mostrando come il gruppo (il Counselling di gruppo) sia un valido aiuto nell’accompagnamento delle problematiche vocazionali. Il prof. Gabriele Qunizi, salesiano, direttore dell’Istituto di Metodologia Pedagogica della FSE, ha presentato, infine, la visione del servizio di consulenza vocazionale presso il Centro Psicopedagogico dell’UPS. Il prof. Llanos, organizzatore dell’evento, ha riassunto così le riflessioni del seminario: “La pedagogia della crisi della vocazione personale richiede una corretta comprensione della medesima e una sua adeguata collocazione nel contesto storico-culturale che la contiene. Il concetto stesso di vocazione segnala gli ambiti in cui la crisi può incidere maggiormente, e rendere più vulnerabili o fragili le persone. Il disegno pedagogico dell’intervento che l’accolga, l’affronti e crei le condizioni perché la persona possa superarla, suppone un approccio multimodale e olistico sistematico e lucido”.

Teologia Incontro con Euglent Plaku “Migrazione e sfida dell’intercultura e dell’integrazione” è stato il tema dell’incontro organizzato dall’Istituto di Teologia Pastorale della Facoltà di Teologia che si è tenuto nel pomeriggio di lunedì 12 maggio. In linea con In-


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notizieups•le Facoltà

contro dei Popoli, la festa della variegata espressione geografica e culturale che caratterizza gli studenti e i docenti dell’UPS, l’accento è stato posto sull’esperienza di migrazione vissuta e raccontata da Euglent Plaku, autore del libro “Oltre Confine”. Nel libro, Plaku, di origine albanese, racconta come un sacerdote salesiano lo ha trascinato via dalla strada, dal crocicchio dove chiedeva l’elemosina, e lo ha avviato allo studio e a una vita più dignitosa. “La mia salvezza è stata un salesiano!”, afferma con gratitudine. La storia di Euglent è legata infatti a un salesiano, che è stato professore nella nostra Università. Nel suo libro non lo nomina, lo chiama semplicemente “Mino”, ma dà degli indizi sufficienti per poterlo riconoscere. Racconta della sua prima visita al centro di studi universitari che si trova nella zona di Montesacro, e di Mino, un professore universitario, esperto di…..! Anche se lo scrittore menziona la disciplina coltivata da Mino con grande passione, preferiamo lasciare in sospeso questo dettaglio, in quanto il Salesiano in questione desidera rimanere anonimo. L’incontro è iniziato con il saluto del prof. Francis Vincent Anthony, direttore dell’Istituto, a cui ha fatto seguito il “faccia a faccia” dell’autore con il prof. Gustavo Cavagnari che lo ha intervistato (riportiamo in questo numero della rivista una sintesi fatta dallo stesso prof. Cavagnari). Prima delle domande, l’intervistatore ha rilevato che “Oltre Confine” è un’autobiografia, il racconto vivo di un giovane albanese che a 14 anni decide di lasciare il suo paese dopo aver vissuto i momenti difficili di una dittatura e della conseguente estrema povertà emigrando in Italia. Qui vive regolarmente dal 1996, aiutato provvidenzialmente da un salesiano a costruire la sua vita e ottenendo finalmente la desiderata cittadinanza nel 2005. Nel libro, oltre a quella dell’autore, sono contenute storie di altre persone (genitori, amici, benefattori). Storie vere e dolorose che sarebbero rimaste sconosciute senza la pubblicazione di questa coraggiosa opera che il protagonista mette alla portata di tutti. A conclusione del dibattito, don Giuseppe Tabarelli ha così definito l’opera che racchiude l’esperienza personale di Euglent Plaku: “Oltre confine” è come un libro di romanzo sulla migrazione vissuta e raccontata da vero protagonista con una storia reale in cui l’integrazione rimane una sfida difficile e un percorso da scrivere. La migrazione continua a essere un fenomeno sociale che produce sempre risultati ambivalenti, positivi o negativi, a seconda dell’atteggiamento degli stessi migranti e di chi li accoAl centro, Gustavo Cavagnari, Euglent Plaku, Francis-Vincent Anthony, Giuseppe Tabarelli

glie. Qualche volta, mescolando il bene e il male, ha continuato don Tabarelli, gli individui non arrivano mai a conoscere pienamente il bene degli altri. E riferendosi alle ormai prossime celebrazioni del Bicentenario della nascita di Don Bosco ha messo in rilievo come il santo piemontese ha sempre messo al primo posto l’amorevolezza che si concretizza nell’accoglienza. (Innocent Dushimiyimana)

Tavolo di presidenza

Seminario: “Migrazione, Giovani e Intercultura” L’interculturalità è stato uno dei temi affrontati dallo scorso Capitolo Generale XXVI. L’Istituto di Teologia Pastorale (ITP) lo ha accolto e posto all’interno di un progetto di rinnovamento della Pastorale Giovanile avviato nel 2007 e sviluppato nei sei anni a seguire con una serie di seminari e di pubblicazioni. In questa scia, si pone il seminario “Migrazione, giovani e intercultura”, svoltosi il 24 febbraio 2014, organizzato congiuntamente dall’ITP e dal Scalabrini International Migration Institute (SIMI). Nell’incontro si è colto come la migrazione è un fenomeno ineludibile, e come il volto giovanile della migrazione è facilmente riconoscibile. Tale fenomeno pone delle sfide educative e pastorali della interculturalità e della integrazione. Questa problematica è stata affrontata dalle tre relazioni rispettivamente di Aldo Skoda Pashkja CS, Vice Preside del SIMI (Il volto giovanile della migrazione attuale); Vito Orlando, Vice Rettore UPS (Migrazione e intercultura: prospettive e sfide dall’esperienza salesiana in Europa); e di S. Ecc. mons. Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di Ginevra (Migrazione e integrazione: prospettive e sfide pastorali). Il seminario, aperto dal saluto del Rettore prof. Carlo Nanni, si è chiuso con una sintesi educativo-pastorale a carico del direttore dell’ITP, prof. Francis-Vincent Anthony, e del preside del SIMI, prof. Fabio Baggio. Al seminario ha fatto seguito il musical “Frontiere” proposto dall’Associazione Scalamusic. Attraverso un mosaico di immagini, musica, canzoni, teatro e coreografie, il musical ha presentato storie di emigrazione molto diverse, ma tutte accumunate dall’esperienza di ‘frontiera’, di limite, di discriminazione, di mancanza di alternative, di disperazione. Un viaggio immaginario tra le drammatiche vicende di uomini e donne che, per ragioni diverse, hanno lasciato la loro patria alla ricerca di un futuro migliore.


Un momento della Tavola Rotonda del Seminario

Conversazione teologica con Giancarlo Bruni Maria nell’esperienza ecumenica, ovvero il contributo della Mariologia all’Ecumenismo è stato il tema dell’incontro svoltosi nel pomeriggio del 15 gennaio 2014 nell’Aula don Juan Vecchi, con il prof. Giancarlo Bruni OSM, professore alla Pontificia Facoltà Marianum, esperto di Ecumenismo e Mariologia insignito del premio «René Laurentin» nell’ultima edizione del 2013. L’appuntamento, organizzato dall’Istituto di Teologia Dogmatica della Facoltà di Teologia, è stato proposto nella forma di una conversazione con studenti e professori. Giancarlo Bruni è nato nel 1938 a Marina di Massa. Entrò nell’Ordine dei Servi nel 1954. Fu ordinato sacerdote nel 1964. Ottenne il dottorato in teologia alla Facoltà Marianum nel 1967. Membro del Centro di studi ecumenici Giovanni XXIII di Sotto il Monte (Bergamo) e fratello della comunità di monastica di Bose, risiede all’eremo di San Pietro alle Stinche. Le sue opere trattano i temi di Ecumenismo, Mariologia, lettura cristiana della storia, vita cristiana e spiritualità.

Diritto “Responsabilità verso debiti contratti”. Su invito di Papa Francesco, la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha organizzato un simposio Internazionale lo scorso 8-9 marzo 2014. Destinatari principali erano gli economi generali degli Istituti religiosi e delle Società di vita apostolica. Tema del simposio: La gestione dei beni ecclesiastici degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica. A servizio dell’humanum e della missione nella Chiesa. Durante le quattro sessioni sono state trattate varie tematiche sulla gestione dei beni ecclesiastici da diversi punti di vista: ecclesiologico, biblico, storico, giuridico e canonico ed economico. Dal punto di visto giuridico e canonico, sono stati presentati i seguenti temi: Rapporto con la Chiesa locale; Finalità dei beni; Influsso dell’ordinamento statale; Servizio dell’autorità e dell’economo; Rapporto dei beni con i membri e la missione; Responsabilità sui debiti; Persone giuridiche pubbliche; Strumenti del diritto civile e Patrimonio stabile. Ci sono state anche delle presentazioni per condividere le Best Practices sulla gestione dei beni. Tra le personalità intervenute con i loro contributi ci sono stati anche M. Yvonne Reungoat, Madre Generale delle FMA, che ha presentato una riflessione sul tema del Progetto missionario e scelte economiche, e il Sig. Jean Paul Muller, economo generale dei Salesiani di Don Bosco, che ha moderato la Jesu Pudumai Doss terza sessione nella mattinata del 9 marzo. Nella quarta sessione, moderata da P. Adolfo Nicolás Pa-

chón, Superiore Generale dei Gesuiti, il prof. Jesu Pudumai Doss (docente di Diritto Canonico) ha presentato una relazione sul tema: Debiti e obbligazioni. La responsabilità degli Istituti e dei membri (CIC can. 639), e in seguito ha partecipato alla Tavola Rotonda su alcuni aspetti giuridici sui beni ecclesiastici. Presentando il tema, il prof. Pudumai Doss si è soffermato su i vari livelli di responsabilità nella gestione dei debiti contratti, sia sui beni dell’istituto da parte dei superiori, degli economi e dei membri stessi, sia sui beni propri e altrui da parte dei membri dell’istituto. Basandosi sul diritto al risarcimento, don Pudumai Doss ha specificato le azioni canoniche e civili possibili contro chi si è avvantaggiato a causa dei debiti contratti. Infine, ha offerto alcune conclusioni pratiche da tenere presenti nella concessione dell’autorizzazione per contrarre debiti, nelle specificazioni nel diritto proprio su vari aspetti della gestione dei beni, e soprattutto nell’evitare delle responsabilità sussidiarie e/o accessorie vincolanti per altre persone giuridiche (superiori o inferiori). Tra le altre autorità ecclesiastiche, hanno preso parte al Simposio S. Em. il card. João Braz de Aviz, prefetto CIVCSVA, S. Ecc. mons. José Rodríguez Carballo, OFM, segretario CIVCSVA, e S. Ecc. mons. Joseph W. Tobin, Arcivescovo di Indianapolis.

Lettere Viaggio d’istruzione a Sperlonga e Terracina Neppure la pioggia, che batteva insistentemente nel pomeriggio, ha potuto distogliere gli studenti e i professori della Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche dalla visita al Tempio di Giove Anxur a Terracina. Infatti, il 16 Maggio, un nutrito gruppo di studenti, accompagnati dalla professoressa Penelope Filacchione, docente di Storia e Arte antica, ha effettuato un interessantissimo viaggio d’istruzione. Al mattino, la meta scelta era Sperlonga, dove permangono resti cospicui della villa dell’Imperatore Tiberio, descritto dalle fonti antiche come un “mostro”, crudele e depravato, ma in realtà uomo politico accorto e capace. La sua villa, costruita sulla riva del mare, disponeva di un angolo incantevole: il ninfeo, un ambiente destinato a riunioni e cene tra amici, abbellito da gruppi scultorei, in parte ancora oggi visibili, che raccontavano episodi del mito di Ulisse, l’eroe greco in cui ogni uomo può rispecchiarsi, ricercatore incessante, curioso e intelligente, amante delle avventure, legato agli affetti familiari. Dopo la pausa pranzo, si è partiti per Terracina, per sco-


In primo piano a sinistra il prof. Roberto Spataro e a destra il prof. Remo Bracchi

In primo piano da sinistra: i proff. Mauro Pisini, Orazio Bologna, Luigi Miraglia, Miran Sajovic, Roberto Spataro e Cleto Pavanetto

prire, attraverso la perlustrazione dell’area sacra, credenze e riti religiosi dell’antichità, come l’offerta di oggetti votivi di bambini e genitori, o la consultazione degli oracoli per conoscere la volontà divina. Al rientro, la soddisfazione era generale, per l’ottima riuscita dell’iniziativa, promossa con grande dedizione dalla professoressa Filacchione, sostenuta dall’economo della FLCC, prof. Miran Sajovic, integrata dalle spiegazioni gioconde eppure serie del prof. Roberto Spataro.

Lezioni speciali di letteratura cristiana antica e di lingua greca La professoressa Emanuela Prinzivalli, studiosa di fama mondiale e docente presso l’Università La Sapienza, l’11 Dicembre 2013, ha incontrato gli studenti del ciclo di Licenza della FLCC per presentare le tendenze attuali degli studi di Letteratura Cristiana antica. Gli studenti, molto interessati, hanno potuto presentare le loro domande in vista dei futuri compiti che svolgeranno a conclusione dei loro studi. Altri professori della Facoltà hanno tenuto delle lezioni speciali, molto apprezzate dagli studenti: nel mese di dicembre il prof. Miran Sajovic ha presentato le caratteristiche del Latino cristiano, oggetto delle monumentali ricerche della “Scuola di Nimega”; sempre nel mese di dicembre, il prof. Mario Maritano, studioso di Origene e collaboratore del Dizionario sul grande Maestro alessandrino, ha mostrato la grandezza del “genio del Cristianesimo antico”; nel mese di marzo e di aprile, rispettivamente, il prof. Mauro Pisini ha commentato, in lingua latina, passi dei carmina docta di Catullo, e il prof. Roberto Spataro ha letto la Passione del Signore secondo il Vangelo di Matteo mostrando come, dalla proprietà della lingua greca neotestamentaria, sia possibile ricavare rilevanti osservazioni esegetiche e spirituali. Prof. Miran Sajovic

Il Teatro Latino Homo homini lupus vel humani nihil alienum? È questo il titolo dell’iniziativa culturale proposta dalla FLCC mercoledì 15 gennaio: una speciale lezione di latino condotta da docenti d’eccezione: Plauto e Terenzio. Infatti, i due antichi commediografi latini ci hanno insegnato a correggere i nostri cattivi comportamenti e a diventare migliori, grazie anche a qualche sonora risata. Gli studenti della Facoltà, a conclusione del corso di Storia della letteratura latina, hanno assistito, nell’Aula Paolo VI, alla rappresentazione di alcune scene dell’Aulularia (“La commedia della pentola”) di Plauto e dell’Heautontimoroumenos (“Il punitore di se stesso”). Gli attori, molto apprezzati dal pubblico, sono stati giovani professionisti, guidati dal professore Roberto Fusco, docente della FLCC.

Dies Facultatis Quomodo te habes? Bene, gratias! (Come stai? Bene, grazie!). Bene sapias (“Buon appetito). Mihi liceat vobis nonnulla dicere de magistris qui lectionem habebunt (Permettetemi di presentarvi brevemente i professori che ci terranno lezione). Con queste e simili espressioni in lingua latina, studenti e professori della Facoltà hanno dialogato tra loro usando l’idioma di Cicerone e di Agostino, lunedì 24 febbraio, in occasione del Dies Facultatis con il quale è stato dato avvio alle celebrazioni del cinquantesimo anniversario della nascita del Pontificium Institutum Altioris Latinitatis voluto dal Papa Paolo VI e affidato ai salesiani, da sempre appassionati della cultura classica. Il prof. Turek , scrittore presso la sezione di Lettere Latine della Segreteria di Stato, ha tenuto un’interessantissima conferenza intitolata “Quibus causis

I proff. Mauro Pisini e Cleto Pavanetto


l’Archivio di Stato, per esaminare sistemi di scrittura. Sono stati aiutati a esaminare i documenti dalla prof. Caterina Papi e dal dottorando Federico Micciarelli.

Filosofia Il prof. Roberto Spataro tra gli studenti FLCC

provehat Latinitas humanitatem”. È riecheggiato l’insegnamento immortale del poeta Terenzio: “Homo sum et humani nihil a me alienum puto”. Successivamente è stato reso omaggio al prof. Cleto Pavanetto, docente emerito di Letteratura greca classica nella FLCC, latinista di fama internazionale, a lungo presidente dell’Opus fundatum Latinitas. La Facoltà ha pubblicato in suo onore un volume che raccoglie il meglio della sua produzione, intitolato “Passione e studio a servizio della cultura classica”, curato dal prof. Mauro Pisini, docente di composizione latina. La giornata è stata resa ancor più piacevole dall’esecuzione musicale di carmina latina di Orazio, Catullo e Marziale, a opera del coro dell’Accademia Vivarium Novum, con cui la Facoltà intrattiene rapporti di feconda collaborazione. Infine, è stata celebrata la Santa Messa, presieduta da Padre Federico Bechina, Sottosegretario della Congregazione Cattolica e amico della Facoltà. Tutti poi, in clima di fraterna amicizia, hanno condiviso un sobrium sed iucundum convivium.

Visite culturali nel secondo semestre La città di Roma è un vero “paradiso” per gli studenti di Lettere Classiche e Cristiane. Le visite guidate a musei e archivi confermano questa convinzione. Nel secondo semestre, si sono susseguiti numerosi appuntamenti: gli studenti del corso di Storia Romana hanno visitato il Museo dell’Ara Pacis, guidati dalla prof. Penelope Filacchione, per riflettere sui valori artistici dell’epoca augustea e commentare le scelte politiche di Ottaviano Augusto. Gli studenti del corso di Latinitas Canonica sono stati letteralmente affascinati dalla presentazione di manoscritti e stampe antiche conservate nell’Archivio di Propaganda fide. Gli studenti del corso di Paleografia, infine, hanno compulsato alcuni codici conservati presso

Al centro il prof. Simone Budini

“Persona, Libertà e Impegno” Mercoledì 2 aprile, presso l’Aula A02, si è tenuto il terzo degli Incontri Quaresimali promossi per dare uno spazio di riflessione per tutti gli studenti. Il tema affidato alla Facoltà di Filosofia verteva sulla “persona”, costitutivamente aperta alla libertà e all’impegno. Con la presentazioni di alcuni video, i due rappresentanti di Facoltà (Elena e Salvatore) con altri due studenti (Monica e Rodrigo) e la collaborazione del prof. Simone Budini, hanno articolato l’incontro in maniera dinamica, dando voce alle due visioni che spesso imperano nella società: da una parte l’eccessiva libertà scevra da qualsiasi impegno e responsabilità (visione del video “hakuna matata” tratto dal film Il Re Leone) che va a costituire tanti individui nella società, tante monadi incapaci di relazioni. Dall’altra la visione antropologica meccanicista in cui l’uomo è inserito all’interno di un sistema, votato all’impegno ma mancando qualsiasi libertà (visione del video “Charlie Chaplin e la fabbrica” dal film Tempi Moderni, 1936). Quale alternativa a queste due visoni così vicine all’uomo, ma allo stesso tempo molto lontane dalla persona? Solo il connubio di libertà e impegno può costituire la persona (da prosopon che significa aperto all’altro). Quanto può arricchire l’uomo il dono di sé per l’altro? Si intende quel sé che è intrinsecamente libero, non attaccato all’effimero, ma volto verso l’alterità e l’ulteriorità, divenendo, perciò, liberamente responsabile per l’altro, andandosi a costituire autenticamente persona. Questa è stata la sfida lanciata durante l’incontro, una sfida che può farci riflettere in un periodo così importante dell’anno come quello della qua-

Museo dell’Ara Pacis


resima. Potrà riecheggiare così la celebre frase agostiniana: “La misura dell’amore è amare senza misura”. L’incontro ha visto una discreta partecipazione da parte di studenti, oltre alcuni docenti della Facoltà, ed è stato apprezzato soprattutto per l’invito a riflettere sulla propria vita alla luce del mistero della Pasqua di Cristo.

Alla ricerca della Materia Oscura Avere certezza dell’esistenza di qualcosa, ma saperne poco o nulla. Quella che sembra un’incoerenza, un’incongruenza, Prof. Paolo Beltrame un’assurdità, o al massimo un sofismo, tanto affascinante quanto vuoto di significato, è in realtà quanto di più scientifico possiamo dire sul 95% dell’universo. Così il resto, la materia a noi visibile, diventa d’un tratto, pur nella sua immensa varietà, meno interessante dello sconvolgente mistero che aleggia attorno a ciò che dell’universo a noi rimane oscuro - ma che pure c’è. Questa ammissione di sana ignoranza scientifica nei confronti di ciò che esiste, oltre a portare con sé una doverosa umiltà nel personale rapporto che ognuno ha con la Verità (con la ‘V’ maiuscola - sì!) e a lasciare apertissimo il campo di studi sul settore oscuro dell’universo, rimanda a una constatazione del tutto filosofica: ciò che non sappiamo, tanto quanto ciò che sappiamo, deve guidarci a un approccio sapienziale nei confronti della realtà. Da questo assunto è cominciata la relazione del prof. Paolo Beltrame, fisico romano con esperienze in Califor-

Il prof. Joshtrom Kureethadam tra gli studenti di Filosofia

nia e in Israele, e ora capo di un team di scienziati che si occupa di materia oscura all’Università di Edimburgo (School of Physics and Astronomy). Il suo discorso si è sviluppato a partire dallo Standard Model, la teoria fisica basata sulla teoria quantistica dei campi, in grado di spiegare le interazioni fondamentali e la struttura fisica del mondo, e a oggi accettata nella comunità scientifica. La sua infallibilità, però, per quanto fino ad ora inattaccata, deve rimanere relativa - di fatti: la nostra conoscenza dell’universo è limitata, come detto, alla sola materia visibile, che però non ne costituisce che il 5%. La presenza a noi oscura della gran parte dell’universo, invece, di cui però possiamo affermare con certezza l’esistenza grazie agli studi di Fritz Zwicky e di Vera Rubin, costituita da energia (68%) e da materia (27%), deve farci capire quanto siano incomplete, per quanto sino ad ora esatte, le teorie su cui si basa attualmente il nostro modo di intendere l’universo. E soprattutto, alla luce di ciò che ci è oscuro, dovremmo comprendere quanto la ricerca sulle cause ultime di ciò che esiste, propria della filosofia quanto della scienza, non possa dirsi ancora completa e sia anzi ancora distante da una soluzione chiara e distinta. E infine, ma altrettanto importante soprattutto per il rapporto che deve sussistere tra scienza e filosofia, chi ha assistito alla conferenza dal titolo ‘Dal bosone di Higgs al settore oscuro dell’universo’, svoltasi in Facoltà il 22 maggio, presenti discenti e docenti, avrà potuto capire quanto gli scienziati non siano poi così distanti dalla quotidianità comune, arroccati nei loro laboratori, tra algoritmi e provette. E questo grazie soprattutto all’ironica semplicità, di cui si sente la fortissima necessità, con cui il prof. Beltrame ha trattato argomenti complessi, altrimenti incomprensibili ai non-specialisti, ma che appaiono fondamentali per chi, che sia fisico o filosofo, riconosce nell’uomo la connaturale esigenza di conoscere l’essenza dell’universo.


Festa di Maria Ausiliatrice 2014


uGiovani oggi in Italia

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notizieups•Il Punto

famiglia e rappresentazioni del futuro di Antonio Dellagiulia e Michela Occhipinti

“Vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la verità, non è vivere ma vivacchiare. Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere”, sono parole di una lettera del Beato Piergiorgio Frassati che Papa Francesco ha consegnato ai giovani universitari di Roma in occasione della celebrazione dei primi vespri di Avvento nella Basilica Vaticana. Il Papa ha esortato i giovani a essere protagonisti nella società attuale e affrontare le sfide del momento presente: “Voi sapete, cari giovani universitari, che non si può vivere senza guardare le sfide, senza rispondere alle sfide. Colui che non guarda le sfide, che non risponde alle sfide, non vive. La vostra volontà e le vostre capacità, unite alla potenza dello Spirito Santo che abita in ciascuno di voi dal giorno del Battesimo, vi consentono di essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei. Per favore, non guardate la vita dal balcone! Mischiatevi lì, dove ci sono le sfide, che vi chiedono aiuto per portare avanti la vita, lo sviluppo, la lotta per la dignità delle persone, la lotta contro la povertà, la lotta per i valori, e tante lotte che troviamo ogni giorno”. Quali dunque le sfide che i giovani di oggi si trovano ad affrontare e qual è la situazione della condizione giovane oggi in Italia. Cercheremo di offrire di seguito alcuni spunti di riflessione facendo in particolare riferimento al Rapporto Giovani 2013 sulla condizione giovanile in Italia (Istituto Giuseppe Toniolo, 2013).

Giovani e famiglia Cosa ci fa restare assieme?. Di fronte al mutamento della condizione della famiglia oggi diviene importante riflettere sulla trasformazione che sembra aver subito il valore su cui poggia la vita coniugale e familiare: l’amore. Al processo di vera e propria reinterpretazione sembra possibile ricondurre anche la situazione di denatalità che contraddistingue il nostro paese. È possibile esaminare ciò in riferimento a tre aspetti peculiari: la temporaneità, la ricerca di equilibrio, l’apertura all’alterità (Pati, 2014). In merito alla temporaneità occorre evidenziare la difficoltà dei giovani adulti a coltivare con impegno il significato principale dell’amore sponsale contraddistinto dal valutare e vivere l’amore nelle sue caratteristiche di progettualità, permanente costruzione e inevitabile variazione nel tempo. Nel sentire comune dei giovani prevale l’idea che se il vincolo

coniugale è legittimato soltanto dal sentimento dell’amore, va da sé che, nel momento in cui questo viene meno o s’intreccia un rapporto d’amore con un altro partner, alla coppia non resta che sciogliersi. Il suo esistere, pertanto, è subordinato all’evoluzione temporale del sentimento d’amore. Questo, essendo collegato alle modificazioni psicologiche dei soggetti interessati e dettato da motivi di natura contingente ed esteriore, è scientemente valutato e accettato secondo forme di permanente precarietà. In tal modo il divorzio fa sì che il valore morale della famiglia sia soffocato da altre realtà quotidiane a cui pensare, divenendo una delle cause della perdita così repentina dei valori della famiglia. Per ciò che concerne la ricerca di equilibrio emerge un mancata integrazione e uno sbilanciamento tra gli aspetti passionali dell’esperienza affettiva e quelli spirituali e comunitari. Emergono perciò istanze di fusione accanto a esigenze di reciprocità e di autonomia; tendenza a intrecciare vincoli fortemente complementari, mentre si richiede uno stato di assoluta parità tra i sessi; desideri di piena identificazione con l’altro insieme al bisogno d’integrazione. I motivi enucleati invitano a dire che, a causa soprattutto del disorientamento axiologico ancora imperante, fino a oggi l’enfasi posta sul legame d’amore non si è accompagnata a una cultura dell’amore sponsale, idonea a mettere in luce l’erroneità di una riduzione del vincolo di coppia a mera spontaneità, sentimentalismo, attrazione fisica, quindi a richiamare l’attenzione sulla necessità di ridefinire nuove regole di rapporto tra i sessi. É prevalso l’amore come passione, a scapito dell’amore come progetto; l’amore come fusione, anziché l’amore come motivazione a crescere all’insegna dell’integrazione delle differenze. Infine in merito all’apertura all’alterità si avverte nelle coppie di giovani adulti un atteggiamento differente rispetto a quelle del passato. Mentre da questa ultime l’arrivo di un figlio era valutato come segno positivo, dalle prime spesso è avvertito come frutto di scelta subordinata al concretamento di altri obiettivi, soprattutto professionali e materiali. L’imporsi presso le coppie di una mentalità restrittiva, in ordine alla fecondità, sospinge una minoranza di coniugi o a chiudersi alla vita o a donare la vita a un solo figlio. Tale riflessione sembra in relazione con i risultati dell’indagine progettata dall’Istituto Toniolo, in cui emerge che quasi il 60% dei giovani intervistati non rinuncia a pensare di poter formare


una propria famiglia e la vede formata mediamente di due figli. Anche quando si chiede, oltre al numero ideale, quanti figli si pensa realisticamente di avere, tre giovani su quattro rispondono “due”. Solo una marginale minoranza (il 9,2% fra gli uomini e il 6,2% fra le donne) pensa di non averne del tutto. Questo significa che se questi giovani fossero semplicemente aiutati a realizzare i propri progetti di vita, la denatalità italiana diventerebbe un problema superato. Tale dato risulta rafforzato se si chiede agli intervistati qual è il numero di figli desiderati in assenza di impedimenti e costrizioni: la percentuale di coloro che rispondono 3 o più figli risulta superiore al 40%. La suddetta tematica non è da avvertire come occasione da cui muovere per sostenere l’opportunità che la donna torni a dedicarsi alla procreazione e alla vita familiare, rinunciando a ogni legittimo desiderio di affermazione nei campi professionale e della vita pubblica. L’obiettivo della segnalazione è mettere in luce, ai fini della scelta procreativa, l’importanza della progettazione personale e di coppia conformante a una prescelta scala di priorità. Sono i valori assunti e seguiti dai giovani adulti interessati a orientare i comportamenti dei medesimi, quindi a determinare il privilegio da entrambi accordato a peculiari obiettivi esistenziali anziché da altri. Nella prospettiva delineata, l’uomo e la donna sono tenuti ad assumere consapevolezza del fatto che anche l’attuazione del desiderio di donare la vita, quindi di accedere allo stato di maternità e di paternità, esige, tra le altre cose, il rispetto dei tempi e dei ritmi che contrassegnano il dipanarsi del progetto matrimoniale e familiare elaborato.

“Fare esperienze nel presente è più importante che pianificare il futuro?” il 76% degli intervistati si dichiara “molto” o “abbastanza” d’accordo con quest’affermazione, in particolare nei più giovani (18-22 anni). Disincanti di fronte al futuro, concentrati sul presente, anche di fronte alla possibilità di scelte che durano tutta la vita c’è scetticismo; alla domanda “Non esistono nella vita delle scelte che valgono per sempre, c’è sempre la possibilità di tornare indietro?” il 57.2% si dichiara abbastanza o molto d’accordo con una prevalenza maggiore tra i più grandi (27-30 anni). Sembra essersi indebolita nella nostra società, occidentale e italiana in particolare, la spinta generativa e il ridotto orizzonte temporale giovanile può essere letto come parte di questa dinamica. Uno dei modelli psicologici più recenti relativi alla capacità generativa degli individui (Mc Adams e St. Aubin, 1992; Netwon et al. 2014) la concettualizza come l’insieme delle dinamiche del dare vita, prendersi cura e lasciare andare. Con questo quadro di riferimento la crisi di “futuro” delle giovani generazioni può essere interpretata parallelamente alla crisi di “generatività” di coloro che sono più avanti nel cammino della vita. In particolare alla difficoltà di lasciare andare e promuovere autonomia nelle giovani generazioni. Ai giovani che trovano difficoltà a rappresentare il loro futuro corrisponde una generazione di adulti non sempre in grado di promuovere autonomia e prospettare possibilità d’inserimento o di partecipazione. Certo il quadro è molto più complesso, coinvolge anche questioni economiche e politiche sociali, ma questi brevi cenni possono rendere conto del mutamento relativo alla prospettiva temporale dei giovani di oggi.

Pensando al mio futuro La frase “i giovani sono il futuro”, con la verità profonda che essa porta, è ripetuta molte volte fino a diventare quasi uno slogan. Occorre chiedersi qual’è la rappresentazione che i giovani di oggi hanno del futuro che sono chiamati a costruire? Analizzando il modo attraverso il quale i giovani (dai 18 ai 29 anni) guardano a ciò che li aspetta, il Rapporto Giovani, evidenzia un atteggiamento di generale sfiducia. Alla domanda “Quando penso al mio futuro lo penso pieno di rischi e di incognite?” il 71.2% dei giovani ha affermato di essere d’accordo con questa affermazione, indipendentemente dal genere e dal titolo di studio. Sembra quindi che il futuro venga visto come incerto e pericoloso, ponendo quindi i giovani in un atteggiamento di disincanto: “Ciò non significa che essi rinuncino ai loro sogni e all’impegno per realizzare le proprie aspettative, ma con uno spirito dove si intrecciano il realismo (il futuro è per definizione incerto) e la sfiducia che il domani possa portare qualcosa di meglio rispetto all’oggi” (Istituto Giuseppe Toniolo, 2013, 182). A fianco di quest’atteggiamento verso il futuro si riscontra un ripiegarsi sul presente; alla domanda

La situazione appena descritta ci deve interpellare come educatori. Cosa possiamo fare, quale può essere il nostro contributo per promuovere quella fiducia verso il futuro, quella progettualità che è prerequisito per un impegno alla costruzione della società di domani? Prof. Antonio Dellagiulia


il Profilo

“non perdere il contatto con il sognatore” IL MAESTRO GIOVANNI ALLEVI INCANTA CON LA SUA MUSICA GLI STUDENTI DELL’UPS intervista raccolta e organizzata da Ermanno Giuca con la collaborazione di Nietta Albanese e Giulia Angelucci

Non arrendersi alla precarietà dell’oggi, credendo nei propri sogni e inseguendo le autentiche passioni brucianti, questi i consigli del Maestro Giovanni Allevi agli studenti dell’UPS. L’Aula Paolo VI dell’Università gremita di studenti in attesa di conoscere meglio il maestro filosofo, dall’aria timida ma dalla voce suadente come le note create dalle sue dita e dalla sua arte. “Vi ringrazio per l’accoglienza e per tutti i sorrisi che ho visto oggi”. Con queste parole Allevi si è congedato dagli studenti riuniti per concludere la Giornata dell’Università e festeggiare i venticinque anni della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale. Il Maestro, dopo aver visitato i laboratori e le aule della Facoltà, ha raggiunto l’Aula Magna dove gli è stato conferito un particolare riconoscimento per “l’impegno nella comunicazione musicale e per l’attenzione al mondo giovanile”. A consegnargli il riconoscimento il Rettore dell’UPS, prof.

Carlo Nanni, mentre il decano FSC, prof. Mauro Mantovani, ne ha letto la motivazione. Accolto dal calore dei presenti, il Maestro filosofo si è sottoposto all’intervista di Giulia e Nietta, due studentesse della FSC, che hanno raccolto le tante domande provenienti dai loro colleghi di Facoltà. Ermanno Giuca ha raccolto il senso delle risposte del Maestro che riportiamo di seguito.

Per te cosa vuol dire essere un artista? Ognuno di noi ha un’immagine originaria dentro, la parte più pura e autentica di sé che corrisponde al bambino che siamo stati, nascosto in fondo alla nostra anima. Questa immagine, pian piano viene compressa e offuscata dalle pressioni delle omologazioni delle preoccupazioni dei pensieri sul futuro. Credo che essere artisti significhi, attraverso la creazione di un’opera d’arte, cercare di far rie-

Giovanni Allevi e i proff. Mauro Mantovani e Carlo Nanni


mergere questa nostra immagine originaria. Spesso alcuni critici del mondo accademico (a cui però voglio molto bene) dicono che scrivo dei brani molto simili uno con l’altro. Non è stata mai mia intenzione omologare i pezzi, però c’è un fondo di verità in quello che dicono. Il punto in comune che hanno i miei pezzi è la volontà di dare un volto a quell’immagine che è dentro di me. E questo sarà un moto che non avrà mai fine.

Quando hai cominciato a suonare? In genere i genitori cercano di spingere i figli a studiare musica. Invece a casa mia, mamma e papà mi hanno sempre vietato di toccare il pianoforte. I miei genitori sono dei musicisti: mia madre è una cantante lirica, mentre papà è professore di clarinetto; a casa mia c’era musica classica in continuazione. Ma soprattutto c’era un pianoforte fiammante, chiuso in una stanza dove aveva accesso solo mia sorella più grande (una pianista bravissima!). Questo divieto a suonarlo aveva acceso in me un forte desiderio e, alla prima occasione in cui mi trovavo da solo in casa, aprivo la stanza e ammiravo stupito quello strumento. Ricordo ancora la prima volta in cui suonai una nota: dissi tra me e me: “Se una nota è così bella, a che serve una sinfonia?”. Ancora oggi quando mi siedo davanti al pianoforte sento in me quel bambino che infrange il divieto.

Sappiamo che il tuo luogo di massima ispirazione è la piscina. È così? Quando mi trovo ad Ascoli Piceno (la mia città), nei momenti di isolamento totale amo andare in piscina. Nel silenzio dell’immersione spesso penso alle note. L’ispirazione è il momento in cui le note entrano nella mia testa e io non posso più fare a meno di farle girare: sono loro a indicarmi la direzione del brano. Questa è anche una lotta con i critici musicali e con i meccanismi mediatici, che richiedono sempre più formati standardizzati. Se

Il Maestro Giovanni Allevi con studenti FSC

componi un pezzo di mezz’ora in radio non può passare, in TV bisogna tagliarlo ecc. Io non voglio piegarmi quindi rimango orgogliosamente fuori dalla porta. Internet in questo senso ha inaugurato una fase di libertà condivisa dove i giovani creativi possono esprimersi in totale libertà senza tener conto di nessuno.

Qual è il tuo rapporto con i giovani? Con loro ho certamente un rapporto stretto. Alla fine del concerto, nei foyer dei teatri incontro tante persone e tra loro ci sono sempre tantissimi giovani che mi raccontano le loro emozioni. È bellissimo stare a contatto con le nuove generazioni, perché siete voi giovani a educare me, con i vostri occhi che brillano, a stretto contatto con dei sognatori non ancora contaminati dalla vita adulta. Questa è la mia gran fortuna, di aver trovato un filo diretto con le nuove generazioni.

Oggi che consiglio ti senti di dare a loro? Conosco la precarietà e l’insicurezza perché le ho vissute sulla mia pelle quando a 28 anni, nella mia città d’origine, ho perso il lavoro. Comprai un biglietto per Milano sola andata. Quando arrivai lì, andai a vivere in un monolocale. Trovai subito un lavoro da cameriere che mi permetteva di dedicarmi alla mia passione bruciante: la composizione musicale. Fu in quella dimensione che cominciai a sentirmi un grande artista, lì ho avuto la possibilità di ritornare in contatto con il sognatore che era dentro di me. Il consiglio che sento di darvi è di mettere in ciò che fate tutta la passione bruciante che possedete. Dovete crederci, non perdere il contatto con il sognatore, perché vince chi che ci crede. Tra un intervento e l’altro, il Maestro ha eseguito alcuni dei suoi brani più celebri tra cui Back to life, Come sei veramente, Prendimi e Abbracciami.


recensioni a cura di Renato Butera

Jesús Manuel GARCÍA (ed.) Mistici nello spirito e contemporaneità La problematica fondamentale da cui prende spunto questo studio è il rilievo che gli esseri umani, in molte parti del mondo - specie nei Paesi industrializzati -, nascano in maniera “violenta” e non vivano questa esperienza “iniziatica” in modo pienamente umano e degno di una creatura di Dio. Il nascere costituisce un evento portante nella vita di ogni uomo. Oggi, una serie di fenomeni - tra cui tecnicismo, medicalizzazione e secolarizzazione - rischiano di impoverirne la qualità umana. Si potrebbe perdere così la dimensione sapienziale che l’umanità ha acquisito nel corso dei millenni e che considera l’esperienza del nascere una “esperienza forte”. Il volume intende attivare una riflessione educativa, in ottica di fede, sulle questioni considerate; rilevare l’inadeguatezza di certe pratiche di ostetricia oggi ancora largamente diffuse; dimostrare che si può far nascere un bambino in una maniera più dignitosa della sua natura umana e spirituale; delinea e proporre delle indicazioni pedagogico-pastorali fondamentali a livello familiare.

Cleto PAVANETTO Le Leggi delle dodici tavole Le Leggi delle XII Tavole, compilate da una commissione di dieci esperti (decemviri) negli anni 304-305 dalla fondazione di Roma (451-450 a.C.), rappresentano la codificazione del diritto romano operata nel periodo in cui l’oligarchia patrizia dominava quasi incontrastata. Scritte con brevità e speditezza, costituiscono il più insigne codice arcaico della sapienza giuridica romana: in esse rifluisce e si determina il succo del diritto consuetudinario tradizionale e si fissano i doveri dei cittadini spesso compromessi nella lotta di classe tra patrizi e plebei. Tale legislazione è da considerarsi la più grande creazione del genio di Roma in forza della quale i Romani ebbero la possibilità di affrontare il compito di amministrare e unificare il loro immenso dominio e diffondere nei popoli assoggettati quel tesoro di umanità e civiltà del quale sono intrise le lettere latine. Il testo, esposto in una forma arcaica con molte incertezze sintattiche e frequenti scambi di soggetto, offre il più remoto esempio di un periodare breve e secco, il primo memorabile tentativo di prosa latina.

Francesco MOTTO – José Manuel PRELLEZO – Aldo GIRAUDO (edd.) Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera Nell’impegno richiesto a tutta la Congregazione di “ripartire da Don Bosco”, il CG 26 domandava al Rettor Maggiore di curare “la traduzione e la pubblicazione di una raccolta delle principali fonti salesiane”. L’Istituto Storico Salesiano ha confezionato uno strumento che permette di approfondire l’identità carismatica salesiana. Non si può infatti reinterpretare Don Bosco oggi, attualizzare le sue intuizioni e scelte educative e pastorali, vivere la sua esperienza spirituale se non si ha familiarità con le fonti in cui egli parla direttamente. Il volume si divide in quattro parti: Scritti e documenti per la storia di Don Bosco e la sua opera; Scritti e testimonianze di Don Bosco sull’educazione e sulla scuola; Scritti e testimonianze di Don Bosco sulla vita spirituale. Triplice modo per avvicinarsi direttamente al Santo e alla sua opera, alla sua pedagogia e alla sua spiritualità. La quarta parte raccoglie scritti di indole biografica e autobiografica nei quali le suddette dimensioni sovente si sovrappongono e si arricchiscono a vicenda, al punto da non poterle facilmente distinguere.

Jesus-Graciliano GONZALEZ (ed.) I Capitoli Generali della Pia Società Salesiana presieduti da don Michele Rua 1889-1904 In occasione del primo centenario della morte di don Michele Rua (2010), primo successore di Don Bosco, sono stati fatti importanti studi sulla figura, la sua formazione, la collaborazione con il Fondatore, l’impulso da lui dato allo sviluppo della Congregazione salesiana nel mondo, il modo di governare, la profonda personalità spirituale, ecc. In quella circostanza sono state pubblicate alcune fonti documentarie che hanno aiutato a conoscere meglio alcuni aspetti della sua vita e della sua opera. Era ancora mancante una fonte importante: quella dei Capitoli Generali da lui presieduti. Questo volume presenta in forma immediata e più completa possibile, il materiale disponibile nell’archivio centrale sui sei Capitoli Generali convocati e presieduti da don Rua: le convocazioni, le norme, i verbali, le deliberazioni prese e altri documenti che possono risultare utili per capire meglio quello che fu fatto in quei Capitoli Generali. Non si tratta di uno studio, ma della presentazione di documenti ne fanno conoscere il protagonista di quelle sei assisi generali.

Jianmin GU - Xueping LI - Lihua WANG L’istruzione superiore in Cina Il libro presenta al lettore il sistema di istruzione superiore in Cina. Dopo un breve excursus sulle origini e l’evoluzione storica, affronta approfonditamente aspetti quali la struttura, la gestione, i regimi di ammissione, lo stato occupazionale degli studenti laureati, l’istruzione universitaria di I ciclo e l’istruzione postlaurea, l’istruzione superiore non universitaria specialistica, il personale docente e di ricerca in istituzioni di istruzione superiore. Il libro intende offrire ai lettori della comunità internazionale una descrizione esaustiva dell’apparato incredibilmente vasto e complesso dell’istruzione superiore in Cina, nella speranza che possa aiutarli a comprenderne meglio il funzionamento. Gli autori si sono impegnati a fondo nell’illustrare minuziosamente tutti gli aspetti di maggiore rilievo fornendo una panoramica dei diversi livelli di istruzione superiore. In sostanza, questo libro spiega che cos’è e come funziona l’istruzione superiore in Cina.


notizieups editrice Pietro SACCÒ - Paola SPRINGHETTI Corso base di giornalismo Da quando le università si sono aperte allo studio dei media e del giornalismo, si è riproposto il tema del come apprendere il “mestiere” di giornalista. Problema non facile sia dal punto di vista didattico che professionale. Se è facile collocare il giornalismo (e i suoi prodotti) nell’ambito delle categorie artigiano-professionali, non lo è quando a esso si vogliono dare i connotati della scienza accademica. Il giornalismo è collocato all’interno della società e perciò non può non rispondere a leggi e norme che ne definiscono ambiti e responsabilità. Il giornale non può non avere regole la cui osservanza ne fa crescere la valenza civile ed etica. Anche l’apprendimento del “mestiere” non esce da questa logica: giornalisti non si nasce né si diventa smanettando tecnologie. Da qui l’utilità e la necessità di laboratori miranti a far apprendere la scrittura nella grammatica e nei generi. Il presente manuale rispecchia questa scuola e rappresenta una novità nell’ambito delle pubblicazioni italiane destinate all’apprendimento di teorie e tecniche.

Laura MARESCA Manuale di siglatura Rorschach. Una revisione critica per una lettura linguistico-ermeneutica Un manuale indispensabile per chi vuole apprendere l’uso del Rorschach, perché ne espone il know how in modo semplice con esempi ‘veri’ tratti da protocolli somministrati nel corso di una lunga esperienza clinica. Ma anche per esperti a cui propone la novità di una epistemologia personologica e la metateoria funzionalista, soprattutto europea. Da questa prospettiva il sistema di siglatura viene trasformato in un linguaggio propriamente umano, dotato di parole e di regole grammaticali. Queste consentono di tradurre le risposte espresse dall’esaminato alle macchie d’inchiostro, in modo da comporre frasi compiute che verranno lette come reazioni da valutare come più o meno funzionali. Ciò consente una lettura ermeneutica: lo strumento diventa l’interfaccia di un incontro in termini fenomenologici. L’Oggetto da conoscere è una Persona caratterizzata da un mentale che produce significati e da processi attivi di interscambio con l’habitat. L’esaminatore va a comprenderli con il valore aggiunto dei propri significati racchiusi consapevolmente in codici speciali. Lo sguardo è positivo e cerca risorse oltre che patologie.

Aristide FUMAGALLI (ed.) Teologia morale e teologia spirituale Teologia morale e teologia spirituale indagano il rapporto tra lo Spirito Santo che attrae all’altezza della vocazione in Cristo e la libertà umana che si lascia o meno a Lui conformare nel vivere la carità. Quali intersezioni e quali parallelismi sono riscontrabili tra teologia morale e teologia spirituale? In che rapporto stanno le due discipline, dato l’insistere di entrambe sulla teologia della vita cristiana? Vi è un apporto peculiare di ciascuna? Il presente studio vuole rispondere a queste domande tracciando l’evoluzione storica del loro rapporto; illustrando il contributo di un protagonista (Tullo Goffi); proponendo la prospettiva della teologia morale sulla teologia spirituale e viceversa; delineando prospettive e linee di lavoro nel rapporto tra le due discipline e cogliendone nodi problematici e orizzonti futuri. Teologia morale e teologia spirituale si sono divise in epoca moderna con la disarticolazione della teologia. Ciò ha prodotto una revisione critica per il ritrovamento dell’unità della vita cristiana definita dalla qualità della vocazione dei fedeli in Cristo.

Salvatore SORECA La Formazione di base per i catechisti. Criteri, competenze e cenni di metodologia La formazione dei catechisti è un compito vitale perché dalla loro qualità dipende la capacità evangelizzatrice di una comunità. Pensata per un contesto di cristianità sociale, nel quale era sufficiente “nutrire” una fede già data, la formazione dei catechisti deve prendere atto della nuova situazione di pluralismo culturale e religioso in cui la fede cristiana non è più un dato normalmente acquisito, ma deve essere “generata” o “rigenerata”. Si avverte il bisogno di percorrere nuove vie, ma si fatica a intuire la direzione. In questo contesto si inserisce il presente volume che offre stimolanti riflessioni teoriche e indicazioni operative. Il testo ricorre alle dimensioni che animano la catechesi (teologica, pedagogica e comunicativa), strettamente intrecciate per dar vita a un quadro teorico capace di sostenere un impianto formativo in termini di “competenze”. Il libro condensa le migliori scelte di metodo: il gruppo inteso come micro-comunità empatica di pratica; il modello del laboratorio; il “Progetto Personale di Formazione; l’équipe dei formatori che promuove l’autoformazione dei catechisti.

Fabio PASQUALETTI - Cosimo ALVATI (edd.) Reti sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione. Percorsi di comunicazione Il titolo del volume riprende il tema del Messaggio di Papa Benedetto XVI per la XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali celebrata il 12 maggio 2013. Il testo del messaggio è stato l’ispiratore di dieci brevi saggi attraverso cui il direttore dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della CEI (mons. D. Pompili) e alcuni docenti della FSC dell’UPS hanno voluto commentare il Messaggio del Papa alla luce della propria esperienza accademica e professionale nel campo della comunicazione sociale. La pubblicazione è il secondo volume di Percorsi di comunicazione, un progetto editoriale e culturale avviato nel 2013 dalla FSC con l’intenzione di proporre riflessioni e approfondimenti su temi specifici nel campo della comunicazione. Un cammino di conoscenza e di aggiornamento in quell’ambito scientifico che assume sempre più i tratti di «una piazza pubblica e aperta in cui le persone condividono idee, informazioni, opinioni, e dove, inoltre, possono prendere vita nuove relazioni e forme di comunità» (Benedetto XVI, Reti sociali).


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notizieups•amici UPS

Cari amici e Benefattori dell’UPS, mi accingo a scrivere questo saluto alla vigilia della Domenica delle Palme e, conseguentemente, della Settimana Santa. Oso chiamare la Vostra attenzione su un aspetto particolare, forse un po’ insolito di questo evento, e cioè - come ci ricordano i quattro Evangelisti - l’entrata di Gesù a Gerusalemme, sulla groppa di un asinello… Il piccolo spazio a noi riservato non mi permette fare una lunga disquisizione sulle caratteristiche dell’asino, alcune delle quali sono descritte nella Valle del Nilo già 4000 mila anni prima di Cristo! Qualche anno fa, il sig. Luigi Rossi, incaricato del maneggio dell’azienda della mia famiglia, ha voluto comprare un’asina perché aveva potuto constatare che molti bambini - quando faceva il suo giro per i doni di “santa Lucia” - non l’avevano neanche mai vista!... Ai giorni nostri forse si è portati a sottolineare di più quelle negative, sebbene sia un animale molto benemerito dell’Umanità. Negli ultimi tempi in alcune nazioni, non ultima l’Italia, si è sviluppata l’onoterapia, come branchia specifica della zooterapia. Nella Bibbia ci sono parecchi rimandi all’asino; secondo la nostra “tradizione” noi lo incontriamo sia all’inizio che alla fine della vita del Maestro. L’asino nei suoi molteplici servizi è parte costitutiva del paesaggio della Terra Santa. Se il partito democratico degli USA l’ha assunto a logo, un qualche motivo ci sarà! L’anno scorso nel mese di marzo sono stato nel centro accademico dei Padri Pallottini della provincia tedesca del Sacro Cuore, a Vallender, pochi km da Coblenza. Proprio in quei giorni appariva il loro mensile “KA + das zeichen” dedicato alla storia, alla “tradizione culturale” e alla spiritualità della “domenica della Palme”. Nella valle del Reno e nel sud della Germania c’è, effettivamente, l’usanza di celebrare la processione trainando una raffigurazione di Gesù sulla groppa dell’asinello. Ci sono delle sculture antiche di secoli, molto espressive, trainate dai chierichetti. Un articolo molto accattivante della citata rivista, legge: Der Herr braucht Dich: il Signore ha bisogno di Te! Per la sua trionfale entrata a Gerusalemme si è servito di un asinello. Peccato che l’animale di carico non avesse coscienza del privilegio che gli era stato riservato! “Il Signore ha bisogno di TE”!, nelle migliaia di declinazioni possibili a questa affermazione. Questo è il nostro privilegio, che ci ricolma di giustificato orgoglio, di sprone e d’incontenibile gioia: “Il Signore ha bisogno di ME”, proprio di me! Per felice e provvidenziale coincidenza di eventi, proprio nella valle di Vallender, c’è il famoso centro chiamato “Schoenstatt” [=una bella città], dove nel 1914 per l’iniziativa del fervoroso sacerdote pallottino, ebbe inizio quel grande movimento mariano, conosciuto con questo nome. La prima cosa che il P. Giuseppe KENTENICH fece, fu il restauro di una cappella in rovina, dedicata all’arcangelo Gabriele. Di fatto, lui e i suoi giovani seminaristi vollero dedicarla alla Madonna dal bel titolo “Mater Ter Admirabilis”: MADRE tre volte AMMIRABILE”. Oggi giorno in tutto il mondo ci sono oltre 200 repliche della stessa piccola cappella. Con caratteri ben leggibili nella parte visibile dai fedeli della tovaglia dell’altare c’è scritto il motto: Nichts ohne Dich - SANCTA MARIA - Nichts ohne Uns: NIENTE SENZA TE - Santa Maria NIENTE SENZA DI NOI! A me salesiano, questo richiama subito quanto ebbe a dire Don Bosco: “che tutto l’aveva fatto Maria Ausiliatrice” e… rivolto ai generosi suoi Benefattori: “senza di Voi noi non possiamo fare nulla”! Siamo grati a Maria Ausiliatrice, che ha concepito la Famiglia Salesiana perché i giovani fossero accuditi da pastori attenti e solerti; siamo grati a Voi, per quanto vogliate e possiate sostenerci nel nostro ministero di formare i formatori dei giovani in giro per il mondo, appoggiandoci con la Vostra potente preghiera e, magari, anche con il sostegno economico, per quanto le Vostre possibilità e il Vostro buon cuore Ve lo permettano. “Niente senza di Te; niente senza di noi; niente senza di Voi!”. Con animo grato e affezionato assai, Gianfranco Coffele Vicerettore

P.S.: Una borsa di studio annuale ha un costo di circa 10.000 €. Si può partecipare anche con sussidi parziali: tasse accademiche: 1500 € un mese di alloggio: 300 € libri e dispense accademiche: 500 € tessera mensile: 25 € malattie: 200 € Le offerte possono essere effettuate tramite: CONTO CORRENTE POSTALE ccp 95427936 intestato a: Associazione Pro Universitate Don Bosco Onlus - P.zza dell’Ateneo Salesiano, 1 00139 Roma. Cod. Fisc. per il 5X1000: 97536950583 BONIFICO BANCARIO dall’Italia C/c presso Banca Popolare di Sondrio, Ag. n°19 di Roma IBAN IT 79 Q056 9603 2190 0000 3622 X21 BONIFICO BANCARIO dall’Estero C/c presso Banca Popolare di Sondrio, Ag. n°19 di Roma IBAN IT 79 Q056 9603 2190 0000 3622 X21 SWIFT POSOIT22 PER ULTERIORI INFORMAZIONI Rev.do Prof. Gianfranco Coffele Direttore Ufficio Sviluppo e Relazioni Pubbliche dell’UPS, P. zza dell’Ateneo Salesiano, 1 - 00139 Roma, Tel. 06 872 903 32; Fax 06 872 906 82; Mail: coffele@unisal.it

NOTIZIE UPS GIUGNO 2013 Direttore Responsabile: Renato Butera Redazione: Carmen Barbieri, Fabrizio Emigli, Stefano Mura Foto: Carmen Barbieri, Renato Butera, Jaime González, Giuseppe Natale, Giuliano Vettorato. Si ringrazia per la gentile concessione ANS e Foto Servizio Vaticano Foto copertina: Jaime González Hanno collaborato: Nietta Albanese, Giulia Angelucci, Cesare Bissoli, Gustavo Cavagnari, Gianfranco Coffele, Antonio Dellagiulia, Innocent Dushimiyimana, Ermanno Giuca, Salvatore Lamancusa, Michela Occhipinti, Stefania Postiglione, Cajetan Ugboma Progetto grafico, impaginazione: Fabrizio Emigli Per ricevere la rivista: UPS - Piazza Ateneo Salesiano, 1 00139 Roma - ufficiostampaups@unisal.it - www.unisal.it Tel: 06.872901


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