Rivista Notizie UPS_N.16 2013

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Periodic o qu adrim es trale - Pos te Italiane S. p. A . - s pediz ione in abb. pos tale - D. L . 353/2003 (c onv. in L . 27/02/04) - n° 46 art. 1, com ma 2 DC B Roma - Regis trazione del Tribu nale di Roma n° 206/85 del 16/4/1985

Bollettino degli “Amici UPS”, degli allievi e degli ex-allievi dell’UPS, dei simpatizzanti dell’Opera di Don Bosco. Università Pontificia Salesiana Piazza Ateneo Salesiano, 1 - 00139 Roma. www.unisal.it

ANNO XXX - N°16 - GIUGNO 2013

LAUREA HONORIS CAUSAa

Don Luigi Melesi


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notizieups•editoriale

Valutazione perché “torni la Persona”

1. Ormai in tutti gli ambiti dell’azione e delle imprese sociali quello della valutazione è un passo obbligato. Si valuta per misurare, controllare, verificare il buon esito (Evaluation), l’efficienza del processo che ha provato ad attuare (Implementation) un disegno che si è impostato e progettato in vista di un fine buono, di una utilità, di qualcosa che era da realizzare, produrre, costruire, promuovere, incrementare, migliorare in maniera standardizzata e riproducibile in qualche modo in forma seriale (Design). Alla base e all’inizio della valutazione c’è quindi qualcosa di valido che si intende perseguire, sia esso la buona qualità di una persona, sia esso l’efficienza di un processo, sia esso la produttività di una istituzione o di una impresa personale e sociale, economica, politica, umanistica, formativa. La valutazione si pone quindi nell’ordine delle azioni che attraverso strumentazioni adeguate, pertinenti e calibrate, basate su norme e criteri a loro volta comprovati e stabiliti preventivamente - permettono di esprimere giudizi sulla qualità del design, del processo di implementation, degli effetti prodotti, in rapporto alle attese del progetto disegnato e impiantato.

2. Oggi la valutazione è pensata come un qualcosa di ineludibile all’agire personale, di gruppo, istituzionale. Si parla della necessità di arrivare personalmente e istituzionalmente a una “cultura della valutazione” da far diventare habitus e stile di azione: in tutte le imprese sociali. Tra esse l’istruzione, la formazione, l’educazione universitaria. Certamente tale trend esprime l’intenzionalità storica della nostra epoca, per eccellenza “società della prestazione”, che ci porta a essere quasi ossessivamente presi dalla “voglia irrefrenabile” di arrivare al successo, all’esito positivo costi quel che costi. Ci immette in quell’ondata trascinante dell’economicismo tipico del mondo contemporaneo che non lascia spazio ai rallentamenti, alle inefficienze, alle improduttività, alle inutilità, alle inattualità. Il rischio è che venga messo “fuori tempo massimo” tutto ciò che è espansione vitale senza misura, senza tempo e senza effetto, tutto ciò che si sofferma a contemplare, allo stare estatico, e ancor prima al gratuito, al donato senza contropartita. L’agire e il fare vengono ad avere la preminenza sull’essere, sullo stare, sul permanere, sull’essere fuori dei flussi vorticosi dell’ up date (che condanna chi “non ci sta” alla marginalizzazione, all’emarginazione, all’esclusione sociale, storica e culturale). 3. In effetti è probabile che simili affinità di significati umani si trovino già nell’attuale enfasi sul valore. Il termine valore proviene dal mondo economico, dove sta a indicare il prezzo dovuto all’uso, al potere di scambio, al lavoro, alle materie prime, ecc. (valore in greco è axía = prezzo, costo).

prof. Carlo Nanni, Rettore Magnifico


e Valore

In senso derivato viene riferito all’ambito della morale (l’etica, il bene, il fine ultimo dell’azione...). Con esso si viene per solito a intendere: la qualità di una persona o cosa in quanto oggetto di apprezzamento (= “aver valore”); persona o cosa o categoria astratta che è degna di apprezzamento (= “essere un valore”); una dignità ed eccellenza che si pone come una sorta di ideale assoluto (= “il” valore). In quest’ultimo significato, valore viene a essere non solo principio di giudizio, ma anche fonte di emozione, impulso e orizzonte di azione. Allo stesso tempo richiama un’idea, suscita un impegno, spinge all’azione (cf. l’aggettivo greco áxios = degno, stimabile, da cui il termine assiologia, e assiologico: detto per tutto ciò che concerne lo studio relativo al mondo dei valori). Al plurale (= valori) sta per ideali, per idee-forza, che si propongono come umanamente degni in sé e umanizzanti nella loro attuazione. 4. Il valore può essere considerato da quattro versanti (o polarità): a) come preferenza soggettiva (= aspirazioni, bisogni, desideri soggettivi per qualcosa che si considera buono, bello, grande, vero...); b) come realtà valida (= i cosiddetti “beni”, ad es. un’opera d’arte, un atto di giustizia, un’affermazione vera, uno strumento per operare...; c) come affermazione di qualcosa in sé e per sé, come eccellenza astratta, (ad es., l’amicizia, l’amore, la bellezza, l’utilità, la verità, la giustizia...); d) come determinazione storico-culturale di valore (= i cosiddetti “sistemi di significato” o “quadri di valori” propri di un gruppo, di un popolo o di una determinata epoca storica); Contro le affermazioni assiologiche di stampo naturalisticooggettivistico (portate a enfatizzare la “cosa di valore”, il cosiddetto “bene”), oppure contro altre di stampo sociologistico (portate a enfatizzare le determinazioni storiche di valore, relative alla cultura, all’epoca, alla società o al gruppo di appartenenza), o, ancora, contro le ipostatizzazioni metafisiche dei valori (che considerano i valori in sé e per sé, astrattamente, quasi come “cose” trascendenti), il pensiero contemporaneo tende a sottolineare che il valore si situa non nelle cose in sé (nei beni) o nel soggetto in sé (e nei suoi desideri o aspirazioni o piacere), ma nel rapporto spe-

cifico, per cui un qualcosa o un qualcun altro diventa “bene” per un qualche soggetto, in una concreta situazione storica e in un’apertura alla trascendenza. La dimensione sistemico-relazionale diventa fondamentale. 5. Oggi, a livello di mentalità pubblica comune, c’è la tendenza a ridurre tutti i valori a quelli etici, vale a dire quelli riguardanti l’ agire, a sua volta riportato quasi esclusivamente all’agire produttivo, utile, efficiente ed efficace. Forse – come si è accennato – ciò è dovuto alla cultura occidentale prevalente, in cui predomina un miscuglio di illuminismo laicista, di utilitarismo economicistico liberistico, di storicismo immanentistico (e materialistico?), che oscura altri aspetti della realtà e dei suoi orizzonti valoriali. L’esempio più cospicuo è una certa riduzione del religioso all’etico, da cui segue una certa moralizzazione della religione e un oscuramento del mistero e del dono di grazia di Dio (cristiano e non). Un altro esempio è la riduzione del valore estetico alle opere d’arte, che mette all’oscuro la bellezza come dimensione globale della vita personale, riducendola solo ai suoi “manufatti”, alle sue “produzioni”. 6. Un’uscita di sicurezza è… valutare il valore sul metro della dignità umana personale. Paul Ricoeur diceva che persino “muoia il personalismo, ma che torni la persona”. Papa Benedetto a sua volta ha dichiarato che il compito dell’Università, è un convergere e un procedere insieme, comunitariamente (Papa Francesco direbbe “un camminare insieme”), docenti e studenti, verso “la verità che è propria della persona umana”. Non dovrà essere questo anche il fine supremo, il criterio dei criteri della valutazione dell’insegnamento, della docenza, della istituzione universitaria? Non sarà questo l’impulso che deve stimolare la promozione della qualità che fa da intenzionalità trascinante della valutazione interna o esterna? Non dovrà questo dare il formato giusto alla stessa attività di docenza e alla relazione educativa? E, in una Università Pontificia Salesiana, non sarà questa la traduzione universitaria della passione educativa espressa dal da mihi animas di Don Bosco?


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notizieups•le Brevi

a cura di Renato Butera

Citavi: software di gestione bibliografica, organizzazione del sapere e pianificazione progettuale integrale (Patrick Hilt); Internet: strategie e strumenti per la ricerca (Norman Peña); L’ISTAT: strumenti e opportunità per i ricercatori (Mirko Benedetti); L’approccio qualitativo all’analisi dei dati: strumenti ed applicazioni (Maria Paola Piccini). A conclusione del convegno il prof. don Emilio Cepeda ha consegnato ai presenti gli attestati di partecipazione rinnovando a tutti i saluti e l’impegno per il convegno dell’anno prossimo.

Terza edizione de “Il Maggio dei libri” Il card.. Raffaele Farina

3° Convegno CIR: insieme per la ricerca Lunedì 17 marzo 2013, presso la sala don Vecchi dell’UPS, alla presenza di una settantina di dottorandi, docenti e ricercatori delle università di Roma, si è tenuto il terzo Convegno per dottorandi, docenti e ricercatori organizzato dal Comitato Interfacoltà per la Ricerca (CIR). Dopo il saluto iniziale dell’organizzatore del convegno, don Emiro Cepeda, il vicerettore don Vito Orlando ha presentato ai partecipanti S.Em. il cardinale Raffaele Farina ripercorrendone, in maniera molto fraterna, la carriera accademica. Il cardinale, partendo dall’importanza della lettura nella ricerca scientifica ha analizzato il dialogo intercorrente tra le scienze e le discipline secondo i modelli dialogici della multidisciplinarità e della interdisciplinarità; quest’ultima è stata considerata come capace di rappresentare una delle chance più importanti per l’avvenire scientifico. Nel dibattito in aula, molto partecipato, si è soprattutto sottolineato come il dialogo interdisciplinare debba avvenire senza delegittimare l’identità del ricercatore scientifico. L’intervento del professore Leonardo Cannavò, presentato dal prof. don Louis Rosón - decano della facoltà di Filosofia - ha suscitato notevole interesse presso i dottorandi, professori e docenti presenti in aula perché toccava temi d’interesse per gli studiosi impegnati nella ricerca quali i valori, etici e metodologici, di riferimento per i ricercatori scientifici. Dopo la presentazione delle norme di Merton relative alla responsabilità individuale e collettiva delle pratiche scientifiche, i partecipanti hanno potuto intervenire nel dibattito con domande relative soprattutto al tema dell’originalità del lavoro di ricerca e ai problemi di plagio e frode. Il pomeriggio ha visto i partecipanti impegnati nei laboratori di metodologia della ricerca, secondo i vari argomenti di interesse. Questi i laboratori e gli animatori di ciascun gruppo operativo: Il trattamento delle fonte storiche (Tadeusz Lewicki); Partecipanti al Convegno

Anche quest’anno l’UPS, nella sua editrice, la LAS, ha preso parte all’edizione 2013 de “Il Maggio dei Libri”, la campagna nazionale di promozione della lettura promossa dal Centro per il Libro e la Lettura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali in collaborazione con l’Associazione Italiana Editori, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO. La campagna si è avvalsa del supporto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, dell’Unione delle Province d’Italia e dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani. Giunta ormai alla terza edizione, la manifestazione, si è svolta dal 23 aprile al 31 maggio 2013, allo scopo di sottolineare il valore sociale della lettura, quale elemento chiave della crescita personale, culturale e civile. Nata nel 2011 con l’obiettivo di sottolineare il valore sociale della lettura come elemento chiave della crescita personale, culturale e civile, la campagna è iniziata in coincidenza con la Giornata mondiale UNESCO del libro e del diritto d’autore, è proseguita con la Festa del Libro ampliatasi dal 23 al 27 maggio, e si è prolungata fino al termine del mese, concludendosi il 31 maggio, altra novità questa dell’edizione 2013. I claim proposti per rappresentare e accompagnare l’iniziativa di quest’edizione 2013 sono tre: Parti con noi, Fuggi con noi e Abbuffatevi, scaricabili nell’area download del sito http://www.ilmaggiodeilibri.it/Home.html. Tre suggestioni - testuali, grafiche, ideali - che volevano sottintendere lo spirito dell’intera campagna e lo straordinario potenziale dei libri e della lettura: strumenti che permettono di rimettersi in movimento, di evadere dalle prigioni spesso un po’ troppo grigie del quotidiano e di nutrire virtuosamente la propria mente. L’edizione 2013 ha confermato alcuni dei capisaldi che sono stati determinanti per il successo delle due edizioni precedenti: l’impegno a portare i libri al di fuori dal loro contesto abituale (conquistando scuole, circoli, parchi, associazioni culturali, ospedali, uffici postali, treni…), l’obiettivo di coinvolgere anche coloro che ancora non hanno scoperto il piacere della lettura, l’attenzione particolare rivolta a settori fondamentali per il rilancio culturale, sociale e generazionale del paese, come il Web, la scuola e i giovani. L’Università Salesiana, felice di aderire ancora una volta, ha proposto l’iniziativa ai suoi studenti incoraggiandoli a partecipare alla campagna mettendo in campo le virtù creative personali e di gruppo.


Il card. Walter Kasper

La “buonanotte” del Card. Kasper alla comunità religiosa dell’UPS Ancora una volta S. Em. il cardinale Walter Kasper ha voluto mostrare i segni della sua amicizia e simpatia per la nostra Università con la visita fatta lo scorso 9 aprile durante la quale, dopo la preghiera del vespro, ha rivolto alcune parole di “buonanotte” alle comunità della Visitatoria riunite insieme nella cappella “Gesù Maestro” per ricambiare con la stessa simpatia e stima il porporato. L’occasione era dovuta all’omaggio amichevole che l’UPS voleva tributare al cardinale in occasione del suo ottantesimo compleanno celebrato nei primi mesi dell’anno. Nella consolidata tradizione salesiana, la “buonanotte” è un pensiero che prima Don Bosco e, sul suo esempio, dopo tutti i salesiani responsabili di una comunità o di un centro scolastico o oratoriano rivolgono alla comunità dei confratelli o dei ragazzi a conclusione (e adesso anche a principio) della giornata. Sul solco di questa tradizione, il card. Kasper si è rivolto ai salesiani dell’UPS raccontando la sua esperienza dei giorni che hanno caratterizzato la quaresima e la Pasqua di quest’anno. Il card. Kasper ha rimarcato la commozione generale, e personale, per gli eventi verificatisi nelle ultime settimane prima di Pasqua, tra cui “la rinuncia inaspettata di Papa Benedetto, che conosco già da 50 anni. Eravamo colleghi presso la stessa facoltà teologica a Muenster in Germania. Ho ammirato il suo coraggio e la sua umiltà rinunciando al suo ministero Petrino. Gli siamo grati per il suo fedele ministero veramente illuminato di verità nella carità”. Il cardinale ha poi richiamato l’esperienza del Conclave con l’elezione del nuovo Papa. “Per me è stata un’esperienza del tutto particolare e spirituale, contrassegnata da una profonda fraternità e pertanto non da paragonare con un atto politico democratico. Tutto era accompagnato da momenti liturgici e di preghiera comune. Abbiamo veramente sperimentato il supporto della preghiera di moltissimi fedeli in tutto il mondo”. Il porporato ha evocato la preoccupazione per la “non facile situazione della Chiesa e della Curia Romana” e i problemi di una “Europa sempre più secolarizzata”, specificando come, “mentre la Chiesa in Africa e in Asia cresce, si mostra giovane e forte, e in America latina vive quasi la metà dei cattolici, in Europa la Chiesa diminuisce e mostra segni allarmanti di stanchezza”. Con la fine dell’eurocentrismo, ha sottolineato Kasper, l’Europa ha bisogno di uno slancio religioso “nuovo, fresco, cristiano”. Il cardinale è quindi passato a parlare della “grande responsabilità” del non facile compito di eleggere il successore di Pietro. Diversamente da quanto vuole a tutti i costi far emergere certa stampa di tutto il mondo, la Chiesa cattolica non soffre delle divisioni in “partiti” nazionalisti o continentali, né dà importanza alle provenienze o al colore

della pelle. Persino la classificazione post-conciliare fra i cosiddetti “conservatori” e “progressisti” ha perso senso e significato. “Sì, i cardinali non sono mummie: vengono da diversi paesi con sistemi politici diversi, da culture diverse, hanno biografie ed esperienze diverse e perciò ci sono anche posizioni diversificate. Però, non c’erano né possono esserci partiti o frazioni, e neanche pressure groups”. Il Conclave, ha dichiarato il card. Kasper, è invece “un’esperienza commovente di cattolicità, cioè di unità nella pluriformità, che è una ricchezza. Lo Spirito Santo usa per il suo operare anche i mezzi naturali. Nessuno riceve una telefonata o un telegramma dal cielo dicendo in favore di chi deve votare”. Il Conclave è “un miracolo” dove l’armonia verso la convergenza è guidata dallo stesso Spirito. Nessuna trattativa né compromesso: “alla fine ognuno rimane libero nella sua coscienza”. Il cardinale ha poi parlato della scelta del nuovo Papa di chiamarsi Francesco: “Tutti abbiamo capito immediatamente che nel nome era contenuto tutto un programma”. Il nome del Poverello di Assisi indica il suo stare dalla parte di “una Chiesa povera in apostolica semplicità, impegnata per i poveri del mondo. Sta per la pace, sta per la conservazione del creato”. Oltre che di “povertà fisica ed economica”, il cardinale ha parlato anche della “povertà culturale” di chi non ha accesso all’educazione e alla cultura, così come della “povertà nei rapporti umani” di chi soffre la solitudine, l’emarginazione e l’ isolamento; e infine della “povertà spirituale” di chi vive “il vuoto e il deserto interiore, il burn out, la perduta del significativo della vita e della gioia della vita: in ultima analisi la mancanza di Dio”. È questa la “Chiesa povera e per i poveri” che trascende la “dimensione puramente politica” descritta dal Concilio Vaticano II nella Lumen gentium e nella Gaudium et spes. “Con la rinuncia a tutta la pompa barocca e con la semplicità di stile, Papa Francesco sta dimostrando concretamente come si opera la smondanizazzione della Chiesa - di cui aveva già parlato Benedetto XVI - e come si agisce per far sì che la Chiesa non sia autoreferenziale ma vicina alla gente nel ventunesimo secolo”. Papa Francesco, continua a evidenziare ancora il card. Kasper, ha riassunto nel termine chiave della “misericordia” - (“la misericordia, mi ha detto personalmente, è il nome del nostro Dio”), la missione principale della Chiesa in questo scorcio di storia. “Come san Francesco, vuole un rinnovamento non solo della Curia Romana (che è necessario) ma un della Chiesa intera che non è un rinnovamento liberale (come lo colgono alcuni) ma un rinnovamento radicale, che risale alle radici, cioè al centro dello stesso Vangelo”.

Una reliquia del Beato Giovanni Paolo II L’UPS ha accolto con gioia e devozione una reliquia del beato Papa Giovanni Paolo II. La reliquia è stata esposta alla devozione di tutta la comunità accademica, e dei devoti (tanti) che hanno voluto unirsi nella preghiera, dal pomeriggio di giovedì 11, al mattino di sabato 13 aprile. Nella Cappella “Gesù Maestro” studenti e docenti hanno trovato un momento della loro giornata in Università per esprimere l’affetto al Papa che tanto ha fatto e detto per e ai giovani. Venerdì 12 aprile la reliquia del beato Papa ha impreziosito la celebrazione litugica della Messa


sua stima e sostegno. Ne ricordiamo con gratitudine la vivacità di vita e la dedizione nel servizio alla cultura e ai giovani e preghiamo che ora possa partecipare pienamente alla gioia della Risurrezione.

Giovanni Paolo II

Padre Lluis Oviedo

che si celebra ogni mattina nella Cappella principale dell’UPS. Anche gli ammalati della infermeria dell’UPS hanno avuto un momento di espressione della loro devozione con l’esposizione della preziosa teca nella cappellina dell’infermeria dove sono ospiti gli anziani docenti che hanno lavorato all’UPS per generazioni di studenti, accuditi dalle amorevoli cure delle suore dei Sacri Cuori di Gesù e Maria Immacolata, familiarmente chiamate e conosciute come le suore di don Variara.

L’improvvisa scomparsa di suor Stella Placy La comunità accademica dell’UPS partecipa al lutto dell’Istituto “Gesù Nazareno” delle Figlie di Maria Ausiliatrice per la morte della prof.ssa Sr. M. Stella Placy, FMA, già apprezzata docente della nostra Università, avvenuta improvvisamente la sera di martedì 2 aprile 2013, nella sede dell’Istituto di Via Dalmazia a Roma, e si unisce alla preghiera di quanti la hanno conosciuta, stimata e amata. Nata il 4 dicembre 1929 a Corigliano d’Otranto (Lecce), è venuta a mancare improvvisamente la mattina di mercoledì 3 aprile 2013, per arresto cardiaco, mentre si recava in cappella per la Messa comunitaria. Dopo essere entrata nelle Figlie di Maria Ausiliatrice, aveva conseguito la laurea in Lettere presso l’Università “La Sapienza” di Roma e, in seguito, l’abilitazione all’insegnamento delle lingue italiana, latina e greca, e di storia e geografia il 15 dicembre 1962. Fino all’anno accademico 2002-2003 era stata docente di Latinitas Canonica nella Facoltà di Diritto Canonico dell’UPS. Ha continuato a partecipare per vari anni ai viaggi di studio organizzati dall’Istituto di Catechetica in Terra Santa e in Turchia fino all’estate scorsa. Suor Stella, infine, era sempre presente, fisicamente o attraverso il suo appoggio, a molte delle iniziative che si svolgevano all’interno dell’UPS con la

Incontro CIR: “Meta-analisi per la ricerca” Lo scorso lunedì 18 marzo, il Comitato Interfacoltà di Ricerca (CIR) ha organizzato un incontro dal sul tema: “La meta-analisi per la ricerca scientifica”. Numerosi gli studenti presenti nella Sala presso la sala Juan Vecchi. Il rettore dell’Università, prof. Carlo Nanni, ha aperto il pomeriggio di lavoro con il suo saluto. Quindi il prof. Tadeusz Lewicki (docente FSC), ha introdotto il prof. Lluis Oviedo, OFM, docente ordinario di Antropologia teologica ed Escatologia presso la Pontificia Università Antoniana, oltre che docente invitato di Teologia Fondamentale presso l’Università Pontificia Gregoriana, nonché direttore della rivista Antonianum. L’intervento del professor Oviedo è stato molto apprezzato dai partecipanti per la rigorosità scientifica e la semplicità del linguaggio utilizzato nell’esposizione del tema, nella ricerca scientifica e delle metodologie di meta-analisi. Queste ultime possono essere intese in tre modi: nel senso generico di un’analisi di analisi di ricerche, nel senso delle systematic review che costruiscono dettagliati database di informazioni, e nel senso propriamente statistico, il cui scopo è quello di verificare l’ampiezza degli effetti delle dinamiche analizzate. L’intervento del prof. Lewicki ha suscitato notevole interesse per la capacità di contestualizzazione di un tema di per sé molto specialistico, come quello della meta-analisi, secondo una griglia di lavoro strutturata secondo metafore provenienti dal mondo del teatro, sua specifica competenza accademica. L’anteprima dello spettacolo (i dati su cui lavorare), il casting (gli interpreti dei dati della ricerca), le prove (la scelta della metodologia), l’andare in scena (l’obiettivo da raggiungere), e la critica (la circolazione in rete dei risultati della ricerca) hanno reso più accessibili le strategie riguardanti la metodologia della meta-analisi. L’incontro si è concluso con le domande da parte dei presenti ai due apprezzati relatori.

Giornate Salesiane di Comunicazione sociale

Nelle due foto: sr Stella Placy

Il 3 e 4 maggio oltre 150 religiosi e religiose, salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, si sono incontrati per la seconda edizione delle Giornate Salesiane di Comunicazione sociale organizzate dal Settore dei Salesiani di Don Bosco, dall’Ambito per la Comunicazione Sociale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dall’Auxilium e dalla FSC. I lavori, dedicati al Messaggio per la XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni dal titolo Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evange-


SDB e FMA in formazione in Aula 2 La consegna del titolo ai premiati

lizzazione, si sono aperti con i saluti di sr. Giuseppina Teruggi (consigliera CS-FMA), don Filiberto González (consigliere CSSDB), la prof. Pina Del Core (Preside Auxilium) e il prof. Carlo Nanni (Rettore UPS). Il pomeriggio di venerdì 3 maggio si sono succeduti gli interventi del prof. Fabio Pasqualetti e di mons. Domenico Pompili, Direttore dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali. La giornata si è conclusa con la “buonanotte” di sr. Maria Américo (Consigliera FormazioneFMA). Il secondo giorno è stato dedicato a momenti di “laboratorio” volti a presentare esperienze significative di presenza e impegno educativo e pastorale con i social network e il continente digitale. I laboratori sono stati dedicati a: Vinonuovo, uno spazio di confronto (Paola Springhetti); C3dem, Costituzione, Concilio, Cittadinanza (Giampiero Forcesi); Young4young (Vittorio Sammarco); Il cortile digitale. Non solo immagini, avatar e fb (Lucia Caretti); Il cortile digitale. Non solo twitter e parole (Marco Mattio); La presenza del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali nelle Reti Sociali (don Justo Ariel Beramendi); New media nuovi luoghi di evangelizzazione e di incontro testimoniale (don Paolo Padrini); Podcasting e ‘santificazione della mente’ (sr. Pina Riccieri); Laboratorio web (Paolo Sparaci); Esperienze di pace, racconti di servizio (Francesco Spagnolo). Il programma è stato concluso dai saluti di sr. Teruggi e da don González che, a commento del Messaggio di Papa Benedetto XVI per la Giornata Mondiale 2013, ha ribadito come i Salesiani sono “chiamati a verificare in prima persona gli atteggiamenti suggeriti dal Pontefice e educarci, insieme ai giovani”. Don González ha inoltre invitato a saper vivere la realtà dei social network con autenticità e maturità, con prudenza, non con paura, prevenendo più che reprimendo.

“L’uomo non può vivere senza poesia” Lo scorso 9 maggio si è svolto un evento dedicato interamente alla Poesia con il conferimento della Laurea Apollinaris 2013 a cinque tra i massimi Poeti italiani contemporanei. Sono stati premiati Dante Maffia, Liana De Luca, Nazario Pardini, Ninnj Di Stefano ed Elio Pecora. Di ciascuno dei Poeti Laureati 2013 sono state lette dagli attori Giorgia Visani e Andrea Paolotti alcune tra le poesie più significative, grazie alla collaborazione con l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. La cerimonia si è aperta con i saluti del decano prof. Mauro Mantovani, del Rettore prof. Carlo Nanni e del prof. Orazio Antonio Bologna (Presidente di Giuria della Laurea Apollinaris Poetica e docente FLCC). L’uomo non può vivere senza la parola, si è ricordato, e “la poesia è la parola dei secoli” (Nicolò Tommaseo).

Il prestigioso riconoscimento è nato nel 2010 dal Circolo Premio Streghetta a opera di Serena Siniscalco, poetessa, promotrice culturale e membro onorario della Giuria, composta dalle prof.sse Neria De Giovanni (Associazione Internazionale Critici Letterari), Cristiana Freni (FdF) e Giusi Saija (FSC). Nel suo intervento il prof. Bologna ha ricordato che la denominazione latina Laurea Apollinaris Poetica rievoca l’antico rito, in terminologia oraziana (Carmina IV, II, 9) detto Laurea donandus Apollinari (“meritevole dell’alloro di Apollo”) con la quale il sommo poeta latino Orazio riconosceva i meriti di Pindaro. Oggi detta Laurea rappresenta il massimo livello conferito a Poeti italiani di alto merito e si propone come pista di lancio per il Premio Nobel per la Letteratura. Durante la celebrazione sono stati anche distribuiti gli Attestati ai Laureati, molti dei quali presenti, delle due pregresse edizioni (2010 e 2012): Elio Andriuoli, Maria Ebe Argenti, Corrado Calabrò, Giovanni Caso, Giovanni Chiellino, Giovanna Colonna, Silvano Demarchi, Lida De Polzer, Francesca Maria Ferraris, Giuliano Papini, Umberto Vicaretti, Guido Zavagnone. Alla cerimonia sono intervenute eminenti personalità del mondo istituzionale, accademico e culturale, insieme a poeti e cultori di poesia. Nei ringraziamenti finali si è ricordata l’importanza di educare non solo alla fruizione della poesia ma anche alla sua pratica, specie tra i giovani, come opportunità preziosa di espressione, di formazione e di crescita personale nella libertà e nella verità, nel bene e nella bellezza. Già Platone non a caso affermava che “la poesia si avvicina alle verità essenziali più della storia”.

Foto di gruppo per i partecipanti alla Laurea Apollinaris 2013


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notizieups•Filosofia

Comunità, progetto e missione di Luis Rosón

1. Una comunità di persone Elemento fondamentale per lo sviluppo di una realtà educativo-pastorale di una facoltà in un’opera come è la nostra Università è la comunità. La Facoltà di Filosofia vuole essere una comunità che coinvolge, in clima di famiglia, giovani e adulti, allievi ed educatori, fino a formare una comunità di persone, orientata verso l’educazione dei giovani, che apra all’incontro con Gesù Cristo e promuova un vero dialogo tra fede e ragione. Vogliamo collocare al centro dei nostri progetti, relazioni e organizzazione la preoccupazione per la promozione integrale dei giovani e la maturazione delle loro potenzialità in tutti gli aspetti: fisico, psicologico, culturale, professionale, sociale, trascendente. Il corpo docente della facoltà è composto da salesiani docenti e professori laici invitati, chiamati a condividere finalità e obiettivi formativi del progetto dell’Università e della facoltà. I momenti di incontro (Collegio dei Docenti e Consiglio di Facoltà) sono occasioni importanti di confronto e discussione sui principali temi di interesse e per l’elaborazione di progetti comuni. Attualmente si vive un vero spirito di fiducia e collaborazione. In quest’anno accademico 2012-13 il collegio dei docenti si compone di 25 docenti: 11 SDB e 14 laici. Gli studenti della Facoltà provengono da diverse parti del mondo, e ciò costituisce una vera ricchezza e una grande risorsa per la facoltà stessa. Quest’anno si sono iscritti 142 allievi (92 maschi, 50 femmine; 31 SDB, 11 sacerdoti, 36 laici, 41 laiche, 23 religiosi). Gli studenti salesiani e di altre congregazioni religiose normalmente affrontano gli studi filosofici di primo ciclo in preparazione ai successivi studi teologici. Vi sono studenti laici, un bel gruppo, il cui numero sta gradualmente crescendo e diventando più significativo. 2. Il progetto di Facoltà Il Progetto Istituzionale e Strategico della FdF è lo strumento operativo che guida la realizzazione della missione salesiana in questi anni (2007-2014). È anche il frutto della riflessione fatta insieme sui principi da potenziare e le sfide da affrontare nell’ambito dello svolgimento della missione in riferimento ai valori che ci guidano. Ed è infine il timone del processo di crescita vissuta dalla facoltà. Il progetto orienta il processo educativo per uno sviluppo graduale e integrale degli allievi; segna

obiettivi operativi e strategici e le linee di azione con una attenzione prioritaria agli studenti, in particolare i più bisognosi. Si articola in quattro grandi aree. Risorse umane. La facoltà prevedeva e sta realizzando un aumento e consolidamento del corpo docente. La preparazione dei nuovi docenti e la formazione permanente di quello già attivo è promessa e garanzia di ulteriore sviluppo ed è un dovere per continuare il qualificato e competente contributo di chi è arrivato all’emeritato o sta per farlo. É anche impegno della Congregazione per una facoltà capace di svolgere una missione di docenza e di ricerca di qualità al servizio della Chiesa e della società. Organizzazione. L’applicazione del Decreto di Riforma degli Studi Ecclesiastici ci ha portano al consolidamento dei curricula di studio caratterizzandone la significatività con particolare attenzione al tema dell’educazione. È sempre necessario un confronto per settori (storico e teoretico) per armonizzare la scelta delle fonti e l’elaborazione dei programmi. Questo si porta avanti con la verifica delle tesi e dei temi degli esami finali. Una politica di public relations e di reperimento allievi e borse di studio è stata ben realizzata negli anni scorsi e continua a realizzarsi. Interdisciplinarietà. La facoltà vuole portare avanti lo sviluppo di nuove proposte formative interdisciplinari, progetti di ricerca e pubblicazioni interdisciplinari condivise attraverso la partecipazione a Convegni e ad altre attività. Favorisce la disponibilità dei docenti a insegnare all’interno di nuove proposte didattiche interdisciplinari. Nell’elaborazione dei programmi dei corsi loro affidati, i docenti tengono conto delle relative necessità di studenti provenienti da altre facoltà. Ricerca. Per la facoltà è importante la caratterizzazione dei lavori di Licenza e di Dottorato. Favoriamo, a questo scopo, proposte e progetti di studio per le Tesi degli studenti che ci sforziamo di seguire con cura. Uno sforzo ulteriore ci viene chiesto nel portare avanti i progetti di ricerca condivisi favorendo l’armonizzazione e l’alternanza dei due Istituti (Scienze della Religione e Scienze Sociali e Politiche) con proposte di attività e coinvolgimento in pubblicazioni su riviste e con l’editrice dell’UPS.


Convegno “Oltre la Crisi 2”

3. In una missione universitaria Come facoltà universitaria, la FdF si sente chiamata a caratterizzarsi per l’offerta accademica di attività didattiche volte alla formazione intellettuale e accademica di coloro che vi accedono, e per la ricerca nei settori di sua competenza. Attraverso i suoi due Istituti vive la collaborazione per progetti di ricerca interni alla facoltà con convegni, incontri, tavole rotonde, seminari, sia nella collaborazione con le altre facoltà dell’UPS e con i Centri aggregati, affiliati e associati, e con altre facoltà di Filosofia di altre istituzioni accademiche. All’interno dell’UPS, svolge un ruolo strategico particolarmente importante, data la stessa collocazione epistemologica delle diverse discipline filosofiche che assicurano la dimensione fondativa di quanto elaborato da altre scienze e garantiscono la fecondità del dialogo tra le scienze umane e la teologia. La facoltà si sente anche fortemente spinta a curare la qualità dell’offerta accademica nella sua varietà e differenziazione. In particolare gli studi del I Ciclo di Filosofia (Baccalaureato/Laurea) volto a una solida formazione filosofica attenta al dialogo con le diverse discipline umanistiche, scientifiche e della comunicazione. Il secondo ciclo (Licenza/Laurea in Filosofia specializzazione in Scienze Storico-antropologiche e Licenza con specializzazione in Scienze Umane e Sociali) si pone come offerta accademica nell’area antropologica con una attenzione particolare al campo dell’educazione. Tenendo conto della nuova normativa emanata dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica (decreto del 28 gennaio 2011), e con l’obiettivo di offrire un biennio di studi universitari adeguato a coloro che proseguono gli studi nelle discipline teologiche (inclusi i candidati al sacerdozio), dallo scorso anno accademico la facoltà ha istituito il Diploma Universitario in Filosofia. Inoltre, per venire incontro all’esigenza di un primo accostamento o approfondimento delle tematiche fondamentali della filosofia in vista di una formazione personale o di una qualificazione professionale, la facoltà propone la Scuola superiore di formazione filosofica a coloro che sono provvisti di Diploma di scuola secondaria o di titolo universitario non in filosofia per conseguire il Diploma di formazione superiore in filosofia. 4. Allargando gli orizzonti La FdF, come tutta l’Università Salesiana, ha la sua missione a servizio della Chiesa e della società, secondo il carisma salesiano. In questi anni si è aperta e resa sensibile alle esigenze del mondo e della società odierna. Nel campo del pensiero socio-politico e della dottrina sociale cattolica, la facoltà può

Il decano con uno studente davanti al Quirinale

vantare di una ricca tradizione iniziata da grandi maestri come il prof. Giuseppe Gemellaro e continuata con docenti come il prof. Mario Toso, attuale Segretario del Pontificio Consiglio per la Giustizia e Pace. Va evidenziato il ruolo importante dell’Istituto di Scienze Sociali e Politiche. L’attenzione ai problemi particolari della società ha trovato espressione negli due grandi convegni organizzati nel contesto dell’attuale crisi economica (Oltre la Crisi - 2010; Oltre la Crisi - 2013). Oltre a studenti e docenti dei corsi filosofici, vi ha preso parte un nutrito numero di rappresentati del mondo dell’economia, imprese, gruppi e movimenti sociali. Da ricordare la fruttuosa collaborazione con Nuova Costruttività con cui è stato sigillato un accordo ufficiale per promuovere l’attenzione ai problemi della società nella tradizione del pensiero di Tommaso De Maria. Grazie all’impegno costante dell’Istituto di Scienze della Religione, la facoltà ha potuto offrire contributi su argomenti come lo studio delle religioni, il dialogo interreligioso, i fenomeni religiosi, ecc... Lo stesso Istituto organizza ogni due anni tavole rotonde e seminari su temi collegati all’area del campo di ricerca. Con l’A.S.U.S. (Accademia di Scienze Umane e Sociali) ha poi introdotto, un Master in Mediazione Interculturale e Interreligiosa arrivato alla terza edizione. A servizio della Congregazione Salesiana, la facoltà collabora con i centri salesiani affiliati e aggregati sparsi per il mondo con iniziative e progetti mirati. Negli ultimi anni ha avviato numerose affiliazioni e collaborazioni con Università, enti e associazioni esterne. Tali rapporti meritano di essere mantenuti attivi e sviluppati nel tempo. Si possono ricordare l’A.S.U.S., il Movimento buddista giapponese Rissho-Kosei kai, l’A.P.R.E. (Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa), il SRI Group, la già menzionata Nuova Costruttività, il Progetto STOQ, la School of Philosophy della Fudan University di Shanghai (Repubblica Popolare Cinese), il Dark Matter Group del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Los Angeles (USA), l’Università di Oxford (UK), l’Università di Milano-Bicocca, l’Università di Roma Tre, Università di Roma Tor Vergata, ecc. È auspicabile il superamento del limite dello scarso interesse verso iniziative di qualità offerte dalla facoltà. Non sempre è garantita una meritata visibilità esterna. Inoltre solo pochi docenti vengono riconosciuti all’esterno come esperti del loro settore per pubblicazioni e ricerche. L’offerta formativa gode di poco spazio all’interno delle scuole statali e private del territorio romano. Un’altra realtà da incentivare infine è il contatto con gli ex-alunni. È auspicabile creare un database degli ex-allievi e tenere un rapporto più concreto con loro. A questo scopo, il sito-web è chiamato a svolgere un ruolo importante.

Foto dall’archivio con gli studenti di Filosofia di alcuni anni fa durante la visita dei loro genitori all’UPS


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notizieups•Dipartimento di Pastorale Giovanile e Catechetica

Un anno speciale per il DPGC di Ubaldo Montisci

Susana Ribeiro, rappresentante degli studenti, insieme a una studentessa

uello che si sta concludendo è un i contatti tra i compagni e con i docenti, che anno accademico particolare per il è stato possibile dare vita alle numerose iniDPGC perché il primo della speriziative che hanno costellato l’anno in corso. mentazione dei nuovi percorsi formativi. Ed Sicuramente, un’attenzione sempre maggiore è già tempo dei primi bilanci. Quest’anno si andrà riservata al momento della loro scelta, sono iscritti 43 studenti: 8 nella FSE e 35 per garantire qualità all’intero DPGC. QueIl prof. Corrado Pastore nella FT; tra questi 25 preti diocesani, 1 laica, st’anno il grazie va a Emanuele Carbonara e insieme a una studentessa 5 religiose e 12 religiosi. Quanto ai numeri, si Susana Ribeiro (Rappresentanti degli stupuò osservare una sostanziale tenuta rispetto denti al Gruppo Gestore), a Cristiano Caagli anni precedenti; si osserva, invece, una stellaro, Calogero Manganello, Dimas Rivera. considerevole sproporzione nella scelta della facoltà. Un altro aspetto che da sempre caratterizza il Dipartimento è Ancora una volta, c’è stata conferma dell’internazionalità del l’impegno di accoglienza e accompagnamento che si sono conDipartimento. Le nazioni di provenienza sono state 25, così dicretizzati già a partire dalla giornata delle matricole, con nustribuite: Angola 1; Brasile 2; Colombia 2; Congo 1; Croazia 4; merosi “veterani” impegnati nel dare i benvenuto ai nuovi Filippine 1; Ghana 1; Guatemala 1; Honduras 1; India 2; Inarrivati, catapultati in un mondo totalmente nuovo per loro, e donesia 1; Italia 8; Libano 1; Madagascar 1; Malta 2; Messico nelle iniziative, lungo tutto il corso dell’anno, messe in atto per 2; Perù 2; Polonia 3; Portogallo 1; Repubblica Ceca 1; Spagna sostenere gli studenti nel loro studio e in vista dell’elaborazione 1; Sri Lanka 1; Tanzania 1; Ucraina 1; Vietnam 1. dei loro progetti di tesi. Una delle novità più vistose riguarda il titolo finale: ci si può Il Gruppo Gestore ha poi mantenuto un monitoraggio cospecializzare o in Catechetica o in Pastorale giovanile. In questante per mantenere alta la qualità della proposta formativa. sto primo anno, 18 hanno scelto l’ambito catechetico e 24 Il passaggio da tre a due anni della durata del percorso formaquello pastorale. Uno studente ha frequentato come ospite. tivo, infatti, ha reso necessaria la essenzializzazione e gerar“Notizie UPS” ha puntualmente dato informazione delle tante chizzazione dei contenuti e ciò obbliga a una verifica continua iniziative promosse dal DPGC nel corso dell’anno; vorrei semdelle scelte fatte. È stata avviata una revisione delle “ratio” dei plicemente sottolineare qui qualche aspetto generale, mettendo corsi e, all’inizio del mese di maggio, si è dedicato un intero in risalto le tante luci e anche qualche ombra. Innanzitutto, pomeriggio di studio al tema delle tesi, dei seminari e dei tirovorrei soffermarmi su un termine-chiave del DPGC: correcini. È stato un momento costruttivo, cui hanno partecipato sponsabilità. E questo obbliga a spendere una parola sui Rapvari docenti che collaborano nel Dipartimento. presentanti di corso. Insieme al Gruppo Gestore, sono loro la Alla qualità della proposta formativa hanno contribuito pure i vera anima della vita del Dipartimento; è grazie al loro apporto vari seminari proposti dai due Istituti di Teologia pastorale e - insieme critico e costruttivo -, alla loro capacità di mantenere Catechetica, aperti alla partecipazione degli studenti, che

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Il gruppo dei partenti con alcuni dei loro docenti

I proff. Riccardo Tonelli, Ubaldo Montisci e Jerome Vallabaraj

Il prof. Francis Vincent Anthony

Emanuele Carbonara, rappresentante degli studenti

hanno sempre apprezzato le iniziative con una buona partecipazione e le pubblicazioni di Istituto che raccolgono lo sforzo di ricerca interdisciplinare di un gruppo di esperti e indicano agli studenti uno stile di lavoro da imitare. Tra queste si segnalano la riflessione sulla competenza e professionalità nell’ambito dell’insegnamento della religione, condotta dell’Istituto di Catechetica, e quella sulla dimensione interculturale della pastorale giovanile, dell’Istituto di Teologia pastorale. L’attenzione al carisma salesiano, costante nel DPGC, ha prodotto poi la significativa riflessione su Don Bosco, riletto nella stimolante prospettiva di teologo pratico. Un tema delicato è quello del ricambio generazionale dei docenti. Quest’anno hanno terminato l’insegnamento i proff. Riccardo Tonelli e Jerome Vallabaraj; gli studenti e i docenti del DPGC li hanno ringraziati in modo particolare nella Festa dei partenti e tutti sono consapevoli del loro valore umano e professionale. C’è stato, invece, l’inserimento stabile nel DPGC dei proff. Sahayadas Fernando e Rossano Sala, che offrono linfa nuova e competenza nell’Istituto di Teologia pastorale. Se non si può che essere felici di queste nuove risorse, occorre lungimiranza e costante attenzione nella scelta e qualificazione dei docenti per mantenere quel livello di eccellenza cui è pervenuto il Dipartimento nel corso degli anni. Un’ultima parola su coloro che terminano con la licenza la loro permanenza all’UPS. Sono 45 studenti e, con soddisfazione, anche quest’anno praticamente tutti finiscono regolarmente il loro percorso accademico, segno di cura nell’accompagnamento da parte dei docenti e di impegno nello studio da parte loro. Nel ringraziarli per quanto hanno offerto in questo tempo di permanenza all’università, formuliamo i migliori auguri per le loro attività: che siano testimoni competenti e credibili dello stile di lavoro e della passione per l’educazione dei giovani che hanno sperimentato nel Dipartimento di Pastorale giovanile e Catechetica.


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notizieups•Sociologia

la sHALOM una comunità che ci ha incantato di Giuliano Vettorato

Vita nella comunità Shalom

Istituto di Sociologia sta conducendo in questo momento tre ricerche, di cui due sono al termine. La più prestigiosa è certamente quella sui Frati Minori, diretta dal prof. Renato Mion, che ha monitorato la situazione dei Francescani (OFM) a livello mondiale. Quella che ci impegnerà maggiormente quest’estate è quella sugli allievi delle scuole e Centri di Formazione Professionale dei Salesiani (SDB) d’Italia. Ma la più sorprendente è stata certamente quella su una comunità di tossicodipendenti: la “Comunità Shalom” di Palazzolo sull’Oglio (BS). Ne siamo venuti in contatto grazie a un comune amico. Questa comunità è molto particolare. Su di essa era già stata fatta una ricerca alcuni anni fa da parte dell’Università di Verona, da cui era risultato che il 78% di quelli che avevano concluso il cammino al suo interno non ricadeva più nella droga e anzi diventava un membro

L’

attivo della comunità civile e spesso anche di quella parrocchiale. La cosa ci incuriosì perché in genere le comunità per tossicodipendenti non amano render noti i loro dati, anche perché il tasso di ricaduta supera di gran lunga quello di tenuta. Inoltre questa comunità non prende soldi da enti pubblici né dalle famiglie, ma vive tutto di “Provvidenza”. La anima una suora che i ragazzi stessi definiscono “una gajarda e tosta, che non te le manda a dire”. A lei vengono attribuite qualità umane e spirituali al di fuori dal comune: gli ospiti, gli operatori e i volontari convergono nel definire sr. Rosalina una persona “capace di guardarti dentro”, ammirano le sue capacità lavorative che spaziano dalle mansioni più tipicamente maschili (guidare il trattore, tagliare l’erba, fare il muratore, ecc.) a quelle più femminili (cucire, addobbare, curare i fiori e l’estetica del luogo, profumare gli ambienti, ecc…), si stupiscono davanti


Ospiti della Comunità A destra: Vittorio Pieroni

La responsabile del Centro, sr. Rosalina

alla sua energia vitale tanto da intravedere in essa la presenza reale di Dio. Il timore reverenziale che suscita non sembra poter essere attribuito a una sorta di autoritarismo, quanto all’ammirazione e alla fiducia che il suo stile di vita coerente e rigoroso trasmette, proponendosi quindi come modello primario di madre arcaica che accudisce, protegge e trattiene con tutta se stessa i propri figli. Tutta la vita comunitaria della Shalom gira intorno a questo unico perno centrale da cui si dirama a raggiera l’organizzazione gerarchica della struttura. Ad essa si deve l’inizio della Comunità che aveva trovato alloggio in una parte di una cascina fatiscente resa appena abitabile (basta pensare che il tetto era sfondato e mancavano del tutto i vetri alle finestre, che venivano tappate con il celofan…). Allora (correva l’anno 1986) erano 3-4 gli ospiti, adesso sono più di 300. E la cascina è diventata un luogo incantevole: dentro vi dorme una parte dei ragazzi e ci sono l’ufficio degli operatori e alcuni salottini usati per i colloqui e per le attività scolastiche, il refettorio, l’infermeria e la cappellina; un edificio frontale, con i laboratori a piano terra e sopra un altro dormitorio dei ragazzi, più un salone-biblioteca per lo studio e gli incontri. Sul retro della cascina è stato costruito un ampio salone, in grado di contenere centinaia di persone. Il resto dello spazio è occupato dalle stalle per animali (mucche da latte, maiali, cavalli, pony, asini, galline e animali vari da cortile…), giardino e spazi per i giochi. Il terreno circostante è utilizzato in parte come orto e coltivazione di foraggio per gli animali e in parte come giardino, con parco giochi, gli scivoli, i cavalli a dondolo, la piattaforma per giocare sull’albero, un ponticello (ci sono anche bambini con le loro madri)… «Percorrere i luoghi della comunità Shalom - scrive Rosa Fiore, una collaboratrice della ricerca, nostra ex-allieva e docente al Centro affiliato di Vitorchiano - ampi e curati nei più minimi particolari, diversificati ma, allo stesso tempo, armonizzati da La struttura di Villa d’Adda, dopo il restauro

uno stile che esalta il bello nella semplicità e nella ricerca della tradizione contadina, è come entrare in un villaggio di altri tempi. Il forte odore di animali da stalla, di erba tagliata e di fumo di camino fa da cornice ad un via vai di uomini, donne e bambini. Ogni spazio, interno o esterno che sia, è abitato da piccoli gruppi di persone. Nessuno sta con le “mani in mano”, nessuno è da solo. Un vocio sommesso e incessante sembra far da sfondo agli acuti gioiosi dei bimbi o ai diversi richiami degli animali. Tutto dà l’idea di un sistema ordinato e disciplinato: le donne e i bambini da una parte, gli uomini da un’altra. Non c’è un’apparente suddivisione degli spazi, non ci sono recinti o limitazioni di alcun genere, ma il confine virtuale tra essi si evince immediatamente. Anche nei momenti di preghiera comune, gli uomini si collocano da una parte e le donne e i bambini dalla parte opposta, le loro voci si sovrappongono e s’intrecciano nei canti, ma i loro sguardi non sembrano incontrarsi. Solo i bambini a volte superano liberamente questo confine invisibile con disinvoltura e senza limitazioni da parte degli adulti. Non c’è nemmeno un’organizzazione rigida dei tempi, né per quanto riguarda la sveglia mattutina, né per i pasti, né per andare a dormire. I tempi, infatti, vengono scanditi in base alle necessità giornaliere: i visitatori, le esigenze lavorative, le emergenze educative o sanitarie. Ma gli “abitanti del villaggio”, ciò nonostante, si muovono simultaneamente, percorrono strade parallele senza mai incrociarsi e raggiungono i propri luoghi. Consumano quindi i pasti, lavorano o studiano, pregano o vanno a dormire nello stesso tempo, ma in diversi, seppur attigui, spazi. Come delle piccole e laboriose formiche, sembrano sapere sempre dove, quando e perché andare. A chi solo osserva non è dato sapere chi o che cosa dia il segnale che genera il movimento. L’efficienza dell’organizzazione, infatti, non è determinata né da una preordinata e rigida scansione dei tempi, né da un susseguirsi di indicazioni normative o segnali di direzione. Bensì, da una più essenziale modalità organizzata di Suor Rosalina “passa-parola” che supera le distanze e i confini invisibili grazie anche all’uso dei telefoni cellulari che colmano la difficoltà dei grandi spazi». In questi giorni stiamo completando la stesura del report di ricerca: ne uscirà un libro ed anche un articolo sul prossimo numero di OP. Vi invitiamo a leggerlo, perché queste brevi righe non riescono a dare l’idea di ciò che è la “Shalom”, una comunità che ci ha incantato e dove merita tornare…


14 edevamo don Ubaldo ormai da mesi affrontare la giornata, aiutato dal suo deambulatore, con indomito coraggio e tenacia come era proprio del suo temperamento, fedele al suo lavoro e puntuale alle pratiche comunitarie. Fino a quando alcune settimane fa un evento ischemico lo paralizzò, costringendolo a una dura agonia, a una lotta fra terra e cielo, finché il cielo lo ebbe con sé nell’abbraccio dell’infinta misericordia di Dio. Don Gianetto ricordava volentieri il suo patrono, San Ubaldo, e proprio oggi – memoria del Santo – nel giorno del suo funerale, egli lo vedrà accanto a San Pietro ad aprirgli le porte del paradiso. O come amava dire, prendere possesso della galassia destinata per lui, tanto grande è il cielo di Dio! È con un cenno quasi sorridente e fiducioso che si apre questa commemorazione, perché don Ubaldo credeva nel Paradiso, lo aspettava -diceva lui - fin dal 2005! Don Ubaldo, come figlio fedele di Don Bosco, era una persona sempre dalla parte positiva della vita, quindi dell’incoraggiamento, dell’aiuto fattivo, in ciò credibile per la esemplare testimonianza di salesiano sacerdote, in particolare per il grande cuore che aveva verso i piccoli, gli umili, gli indigenti, di quell’indigenza che per diversi studenti può essere di casa proprio qui nell’Università. A tali fattezze interiori, don Ubaldo univa un atteggiamento esterno di semplicità, di dialogo, di prese di posizioni talora paradossali che suscitavano una dialettica simpatica, anch’essa portatrice di verità e anche di buon umore. Si dovrebbero dire tante cose su don Gianetto che qui non possiamo. Piuttosto molte voci si alzeranno in questi giorni nel mondo salesiano e fuori di esso; diverse sono giunte via e-mail, generando una sinfonia di voci che diventano lode e grazie a Dio di averci donato don Ubaldo, e che ora ce lo ridona come membro vivo di Gesù Risorto, per cui il fare memoria diventa come un sacramento, come lo è per Gesù. Don Ubaldo è stato discepolo fedele. Con rapidi cenni riconduciamo a diverse fasi la sua vita nella sequela di Cristo. In altro ambito si potrà fare un racconto più completo.

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Come prima fase ricordiamo la sua formazione. Il primo ambiente è la sua famiglia a Villaregia (Torino), diocesi di Ivrea, luogo importante per le sorti del mondo, perché - diceva lui ivi finì la seconda guerra mondiale. Potè anche esserlo, ma certamente quella fu la terra che fin dal 1927 plasmò nel piccolo Ubaldo, le virtù della sua gente, come si dice del conterraneo San Giovanni Bosco. Infatti, orfano di papà a otto anni, per raccomandazione quasi testamentaria di lui, che fu allievo dell’oratorio salesiano di Valdocco, sua mamma lo fece frequentare il medesimo oratorio. Ivi poté offrire il suo volto gentile e simpatico per una effige di San Domenico Savio più bella e più vera rispetto a quella tradizionale, a opera del pittore Caffaro Rore. Il passaggio a farsi salesiano fu rapido e senza ripensamenti, né allora né mai. Possiamo dire che don Ubaldo fu salesiano da sempre e per sempre. Pur non avendo sempre situazioni facili, parlò sempre bene della Congregazione, in particolare di don Ricaldone, quale promotore di un solido impegno catechistico della Congregazione. Aspetto questo che espresse con nostalgia fino agli ultimi tempi. Nel 1944, con la professione

La Comunità Domenico Savio attorno a don Gianetto

religiosa, divenne salesiano. Fu mandato a studiare teologia a Beckford in Inghilterra, dove visse un’intensa applicazione di studio e di fraterna allegria. Sappiamo diversi episodi. Mi si permetta un ricordo che piaceva anche a don Gianetto: diceva di sé di aver meritato un riconoscimento da parte della Regina come migliore cacciatore di talpe dell’impero britannico. Nel 1954 fu ordinato sacerdote. Completò il ciclo formativo con la laurea in lettere moderne all’Università di Torino nel 1960. Da questo punto di vista, don Ubaldo, come fu sempre prete credibile, fu uno che si dedicò allo studio seriamente per tutta la vita. Pur nei limiti della condizione umana, don Gianetto parlava perché sapeva. E sapeva perché studiava. Poniamo come seconda fase, lunga un ventennio, dagli anni ’60 agli ’80, il sevizio al Centro Catechistico salesiano di Leumann (Torino) chiamato anche Elledicì. Ivi spese le sue migliori energie di servitore, diciamo anche ‘combattente’, in compagnia di grandi figure di catecheti, tra cui don Giannatelli, e diversi confratelli presenti tra noi: don Tonelli, don Gambino, don Suffi. Una sua passione era di curare la biblioteca di catechesi come fece a Leumann e poi qui all’ UPS, con competenza e perspicacia. Segretario del Centro per diversi

Ciao don Ubaldo grazie profilo di don gianetto salesiano instancabile di Cesare Bissoli


15 anni, si specializzò nella catechesi dei ragazzi o preadolescenti di cui scrisse a livello soprattutto metodologico. Mente aperta al rinnovamento catechistico a seguito del Concilio, fece il gesto coraggioso con don Angelo Viganò di curare la traduzione e diffusione del Catechismo Olandese. Tale intelligente impegno lo mise in contatto diretto con la Chiesa italiana nella composizione dei nuovi catechismi tra gli anni 70-80, membro della consulta dell’Ufficio Catechistico Nazionale fino a 80 anni. La sua capacità catechistica gli procurò il gradito invito di partecipare più volte a delle riunioni con il beato Giovanni Paolo II per le catechesi del mercoledì, accanto al futuro Papa Benedetto XVI. Ma qui siamo già entrati nella terza fase della vita di don Ubaldo, la sua venuta all’UPS a partire dal 1981, membro del glorioso Istituto di Catechetica, in cui ebbe come cattedra la catechesi dei preadolescenti e di storia della catechesi. I meriti in questo campo sono indiscutibili e sarà compito farne memoria in maniera opportuna. Impegnò il suo interesse anche sull’insegnamento di religione per la scuola media. Il libro Religione e Vangelo oggi in Italia, in tre volumi, rimane il testo di religione tra i più riusciti nell’editoria italiana. Membro della Facoltà di Scienze dell’Educazione, ne condivise a fondo e in misura stimolante, le finalità educative collaborando alle varie iniziative. Come ebbe a scrivere il presidente dell’Associazione italiana catecheti, Salvatore Currò, “tutti noi abbiamo ricevuto tanto da don Gianetto (penso soprattutto ai tanti di noi che sono stati suoi allievi, ma non solo) e abbiamo nel cuore la sua bontà, la sua apertura mentale, la sua grande competenza. L’apporto da lui dato alla ricerca catechetica contemporanea, con sensibilità storica e con apertura internazionale, è essenziale e straordinario. Don Gianetto è stato un grande lavoratore nel campo della catechetica, lo ha percorso in lungo e in largo senza soste e affrontando ogni fatica. Ci colpiva sempre la sua grande cultura mista a grande semplicità nel rapporto umano”. Sarebbe da seguire l’intreccio tra vita accademica e vita comunitaria nella comunità San Domenico Savio vissuta da don Gianetto: capitolo indimenticabile di serietà e serenità, essendo felice di portare avanti un dialogo di verità e di umanità, con i suoi famosi ‘no’ che volevano dire ‘sì’ ma partendo all’incontrario. Chi potrà dimenticare la cortese contesa con don Gatti? I suoi diari che formano tanti volumetti attestano assieme a una capacità di memoria impressionante, la volontà di non lasciare perdere nulla di ciò che è vero, di ciò che è buono quando è frutto di esperienza.

In che modo? Don Ubaldo ebbe a scrivere di sé recentemente: “Dal 2009 cammino con un deambulatore, dormo nel reparto dell’Assistenza Anziani, servito con grande amore dalle Suore dei Sacri Cuori, ma posso recarmi ogni giorno in ufficio per ricevere gli studenti. Mi sono dedicato soprattutto agli studenti non italiani che devono scrivere in italiano perché i professori non conoscono la loro lingua: dell’Europa orientale, soprattutto ucraini e dell’Asia sud-orientale: tailandesi, coreani e in particolare cinesi”. Don Ubaldo aveva la conoscenza delle principali lingue europee, compreso il russo, frequentando perfino una scuola di cinese, rimanendo alla fine però studente unico. E queste sorelle e fratelli della Cina lo hanno accompagnato fino alla fine con filiale affetto. Volendo ora, sia pur ma rapidamente, fissare qualche suo lineamento umano e cristiano, notiamo la sua intelligenza brillante, una memoria tenacissima fino nei dettagli, giudizio critico equilibrato e alla fine sempre benevolo. Si può dire che fosse preciso da apparire pignolo, tenace da sembrare testardo, raccoglitore instancabile di quanto riteneva utile per la conoscenza. E non era mai abbastanza ! Non scrisse molti libri, perché forse la sua analiticità glielo impediva, ma molti articoli catechistici di pregevole fattura che meritano di essere raccolti. In compenso aiutò molti nella guida di licenze e dottorati. Un professore universitario, divenuto maestro. Don Ubaldo fu intimamente buono verso tutti, non conservava rancore, non riusciva a farsi dei nemici perché era giusto, leale, comprensivo, a suo modo combattivo e insieme paziente. Di umanità umile e accogliente, un aiuto non lo negava nessuno. Si poteva pensare diversamente da lui, ma non si poteva pensare contro di lui, perché egli non pensava contro di te. Tale umanità aveva il suo fondamento in una vita religiosa esemplare nell’osservanza dei voti, della povertà in particolare, presente puntualmente a tutte le pratiche di pietà e agli atti della vita comunitaria, ai pranzi come alle passeggiate. Lo muoveva un grande amore a Don Bosco così vicino a lui fin dall’infanzia, svolse la missione giovanile propria del salesiano con la formazione catechistica dei futuri educatori dei giovani. Dicendo don Gianetto, in quanti l’hanno conosciuto, viene spontaneo sul volto un sorriso, nella mente il ricordo di un confratello indimenticabile, nel cuore la gioiosa certezza che lo Spirito del Signore lo ha fatto nuova creatura. Ci dice ancora uno dei suoi famosi ‘no’: ‘No, non sono morto, sono vivente e prego per voi”. Scrive la prof. Franca Feliziani Kannheiser: “Don Gianetto è stato un uomo dalla giovinezza e dalla freschezza inesauribili, catecheta competente e appassionato. Penso che anche in Paradiso continuerà a ricercare, appassionarci, darci delle buone idee. Non lo abbiamo perso!”. E don Gevaert, per anni nell’Istituto di catechetica: “Con don Ubaldo si perde un grande confratello, un’anima apostolica e generosa fin all’ultimo momento, al di là dei confini e dei continenti”.

Siamo così giunti all’ultima fase, quando diventato emerito, ebbe a soffrire nella deambulazione. Diciamo subito che la sua comunità ne ebbe cura, in particolare ricordiamo don Baizek. Ma don Ubaldo non si ritirò dalla mischia della vita (tale fu per lui un po’ la vita). Come ha scritto il Rettor Magnifico, invitando il corpo universitario al funerale: “Ricordiamo don Gianetto con gratitudine per il suo instancabile ed esemplare spirito di servizio che ha continuato nonostante il peso degli anni e degli acciacchi, fino al giorno prima della sua malattia”. Don Gianetto con una delle nipoti


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notizieups•le Facoltà

a cura di Renato Butera

Il prof. Paolo Ristuccia

Comunicazione

Il gruppo del Corso in Comunicazione e Mediazione Interculturale

Corso Universitario in Comunicazione e Mediazione Interculturale Il 21 marzo scorso, presso la sede romana dell’ASUS (Accademia di Scienze Umane e Sociali) si è inaugurata la prima edizione del Corso universitario in Comunicazione e Mediazione Interculturale, organizzato da FSC e ASUS in collaborazione con l’Associazione Mediatori Interculturali e Interreligiosi e il patrocinio dei Cinecircoli Giovanili Socioculturali e di Religions for Peace. 18 iscritti provenienti da sette paesi (Brasile, Cile, Egitto, Etiopia, Italia, Marocco, Ucraina). Il percorso formativo si concluderà dopo un anno in marzo 2014. Le prime lezioni sono state dedicate all’area linguistica e culturale (cinese, rumeno, arabo). Il Corso è stato inaugurato dal prof. Mauro Mantovani, vicerettore dell’UPS, dal prof. Gaspare Mura, Presidente ASUS, e dalla prof.ssa Teresa Doni, Segretaria ASUS e docente FSC. Le lezioni sono organizzate in cinque aree tematiche e disciplinari: linguistica e culturale, relazioni interculturali, comunicazione e media, normativa, organizzazione e servizi. L’obiettivo è quello di fornire specifiche conoscenze e approfondimenti culturali in un settore ad alto profilo professionale come quello della comunicazione e mediazione interculturale, in raccordo con il mondo educativo, il mercato del lavoro e le esigenze del territorio.

Quando la comunicazione si “libra” in volo Librarsi in volo è la Rassegna che la FSC ha organizzato nei mesi di aprile e maggio per presentare i volumi scritti dai docenti e da alcuni ex-allievi della facoltà e pubblicati nel corso dell’anno accademico 2012/13 , per promuoverne la loro conoscenza. Presso la propria sede, la facoltà ha organizzato un fitto calendario di incontri. Gli appuntamenti di aprile si sono aperti, lunedì 16 aprile, con la presentazione di Guida di Snoopy alla vita dello scrittore del prof. Paolo Restuccia. Il testo raccoglie 180 strisce dei Peanuts di A destra i proff. F. Pasqualetti, V. Sammarco, A. Giannasca, M. P. Piccini e S. Blasi

Charles M. Schulz e una serie di consigli brillanti e veloci come vignette da parte di 32 famosi autori di scrittura. La presentazione, integrata dall’intervento dal prof. Cosimo Alvati, è stata una occasione preziosa per riflettere sugli obiettivi fondamentali della comunicazione, sul rapporto tra scrittura, verità e realtà, e sulla visione del mondo e dell’esistenza di cui sono permeati i personaggi dei Peanuts. Il 22 aprile è stato presentato Giovani e musica. Una prospettiva educativa, del prof. Fabio Pasqualetti. Oltre all’autore sono intervenute la prof. Claudia Caneva (FdF) e la prof. Teresa Doni. Gli interventi hanno sottolineato la grande importanza e il significato che i giovani attribuiscono alla musica che spesso ispira stili di vita, riflesso del modo di sentire, codice per la cerchia degli amici, rito da celebrare insieme, contesto sociale nel quale immergersi e trasformarsi, spazio per esprimere la propria corporeità, e infine dimensione comunicativa. Nel terzo appuntamento, il 29 aprile, è stato presentato Sul palco e dietro le quinte. Il teatro, palestra di socializzazione, del prof. Tadeusz Lewicki che è intervenuto insieme alla dott.ssa Mussi Bollini (Vicedirettore di RAI-Ragazzi) e il dott. Candido Coppetelli (Presidente dei CGS). Il testo è una approfondita riflessione, storicamente documentata, sul ruolo educativo del teatro. Il calendario degli appuntamenti di maggio è stato avviato dalla presentazione di Mediaetica: l’informazione come bene comune. Il contributo di Giancarlo Zizola, curato dalla prof.ssa Paola Springhetti, lunedì 6 maggio. Durante l’incontro, che ha inaugurato la Settimana culturale delle Scienze della Comunicazione, è stata rimarcata l’esigenza topica di Zizola che auspicava una informazione che aiuti a vivere in società, uomini tra uomini e cittadini tra cittadini; un concetto di etica pubblica, via privilegiata e praticabile per fare informazione al servizio del bene comune. Mercoledì 8 maggio è stata la volta dei due volumi del prof. Peter A. Gonsalves, attraverso l’incontro dal titolo L’abbigliamento «sovversivo» di Gandhi. Sto-


I proff. Mario Tedeschini Lalli, Serena Facci e Carlo Gagliardi

ria e comunicazione. Sono intervenuti il prof. Antonino Drago (Università degli Studi di Pisa) e il prof. Roberto Catalano (Pontificia Università Urbaniana). I due volumi, scritti in lingua inglese, si intitolano rispettivamente: Clothing for Liberation: A Communication Analysis of Gandhi’s Swadeshi Revolution, e Khadi. Gandhi’s Mega Symbol of Subversion. Mercoledì 15 maggio è stato presentato un volume collettivo ai quali hanno partecipato con il loro personale contributo i professori Simonetta Blasi, Maria Antonia Chinello, Antonio Giannasca, Fabio Pasqualetti, Maria Paola Piccini, Vittorio Sammarco e Carlo Tagliabue. Il libro - intitolato Tra Silenzio e Parola. Percorsi di comunicazione e curato da Lever e Mantovani - è una raccolta di “meditazioni” sul messaggio del Papa Benedetto XVI in occasione della Giornata Mondiale della Comunicazione del 2012. Nell’incontro del 22 maggio è stato presentato La mondialisation et la société de l’information. Quelle place pour l’Afrique au sud du Sahara?, di sr. Rachel Zongo, exallieva FSC. L’autrice era collegata in video da Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. Sono intervenuti il prof. Carlo Gagliardi, il prof. Mario Tedeschini Lalli (Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino), la prof.ssa Serena Facci (Università di Roma Tor Vergata), e la prof.ssa Nicoletta Lanciano (Università La Sapienza di Roma). La Rassegna si è chiusa il 27 maggio con la presentazione del volume Saranno famosi? Le opere prime del cinema italiano nella stagione 2011-2011, del prof. Carlo Tagliabue. Il volume fa parte di una serie che esce a cadenza annuale ormai da ben nove anni e nasce dall’osservazione di un fenomeno di mercato cinematografico tipicamente italiano: l’aumento esponenziale degli esordi nella regia cinematografica che ha raggiunto il 50% dei film italiani usciti nelle sale.

conseguì l’abilitazione alla docenza in materie giuridiche e amministrative. Dal 1971 al 1973 fu magistrato della Corte dei Conti e nel ‘74 magistrato del TAR prima in Piemonte, poi in Umbria. Dal 1976 tutto il suo impegno fu indirizzato allo studio dei problemi relativi al cinema, alla televisione, allo spettacolo, alla stampa, alla pubblicità, con grande attenzione agli aspetti economici, giuridici, etici. Costante è stata la passione per l’insegnamento. Una parte importante della sua attività di studioso e di cittadino Paolo Bafile l’ha dedicata alla tutela dei telespettatori, in particolare la tutela dei minori, come membro e poi dirigente dell’associazione cattolica AIART, l’Associazione Italiana Ascoltatori Radio e Televisione. Questa militanza, sostenuta dalla grande preparazione giuridica e dall’attenzione critica per le modalità in cui avveniva lo sviluppo delle telecomunicazioni in Italia, lo portò a ricoprire cariche di altissimo rilievo: Vice Presidente del Comitato Media e Minori e Vice Presidente del Consiglio Nazionale Utenti presso Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, carica dalla quale si dimise il 26 marzo 2004. L’Università Pontificia Salesiana si uè unita al cordoglio di quanti lo hanno amato e stimato. Al suo ricordo la FSC ha dedicato una celebrazione di suffragio, alla quale hanno partecipato amici, colleghi, studenti, quanti l’hanno conosciuto, stimato e lo ricordano come persona affabile, preparata, generosa.

In ricordo di Paolo Bafile Il 7 aprile, dopo una lunga malattia affrontata con grande serenità, è ritornato al Signore il prof. Paolo Bafile. Le sue spoglie sono state tumulate nella tomba di famiglia a L’Aquila. Alla fine degli anni ‘80 Paolo Bafile è approdato all’Università Salesiana facendo parte del gruppo di laici, professionisti e studiosi del mondo della comunicazione che hanno aiutato con la loro opera di testimoni e di docenti la nascita e i primi passi della Facoltà, allora chiamata ISCOS. Assieme al prof. Bafile hanno fatto parte di questo primo gruppo Mario Arosio, Leandro Castellani, Federico Doglio, Piero Pratesi, Ugo Ronfani, Carlo Tagliabue, Sergio Trasatti, Adriano Zanacchi. Dal 1991 al 2000 Paolo Bafile è stato docente di Diritto delle comunicazioni sociali. Il corso si svolgeva ad anni alterni, ma la sua attenzione per la Facoltà era costante e frequenti erano le sue visite anche nei semestri in cui il corso taceva, per portare un suo articolo, la suggestione di nuove idee o, semplicemente, il regalo di una visita amichevole. Sue molte delle voci di carattere giuridico del Dizionario curato dalla FSC. Paolo Bafile era nato a Roma nel 1929. Laureato in giurisprudenza nel 1951, nel 1954 divenne procuratore legale. Nel 1969

Claudia Frittelloni e Giuseppe Natale

Due studenti FSC per la GMG di Rio de Janeiro Durante l’Omelia per le Celebrazione della Domenica delle Palme, Papa Francesco ha insistito particolarmente sulla missione evangelizzatrice dei giovani ricordando che da 28 anni questa domenica è anche la Giornata Mondiale della Gioventù. Il Santo Padre ha incoraggiato i giovani a seguire con entusiasmo il Cristo dando loro appuntamento in Brasile per la Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro che si celebrerà il prossimo 23-28 luglio 2013. In questa occasione, sulla scia dell’invito rivolto dal Papa ai giovani, la FSC ha annunciato che due suoi ex-allievi, Claudia Frittelloni e Giuseppe Natale, sono stati scelti per far parte del gruppo dei collaboratori dell’Ufficio delle Comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana che lavorerà in loco per l’informazione sugli eventi della GMG. Claudia e Giuseppe, oltre a vivere l’entusiasmante esperienza di fede che è la GMG, avranno l’opportunità di mettere a disposizione le doti acquisite durante la formazione in facoltà e di arricchirsi ulteriormente attraverso tale esperienza altamente professionalizzante.


Erano presenti studenti italiani (Lazio e Puglia), Brasile, Colombia, Congo, Croazia, India e Malawi. Hanno soggiornato presso l’Istituto comprensivo paritario GardaScuola e hanno avuto occasione di visitare alcuni dei luoghi più rinomati del Trentino: il Doss del Sabion di Pinzolo, parte del gruppo delle Dolomiti di Brenta (del patrimonio Unesco), la Chiesa di San Vigilio a Pinzolo, il Duomo di Trento e il Lago di Garda. I partecipanti hanno maturato la consapevolezza che non esistono sogni troppo grandi: l’importante è saperli rendere realizzabili. E questo attraverso lo studio, indispensabile se si vuol ridurre al minimo il rischio di non riuscire nei propri progetti. E il confronto con i responsabili delle realtà comunicative che hanno saputo realizzare con successo i loro progetti. (di Chiara Ferrarelli)

Filosofia Il prof. William Carroll. A fianco il prof. Joshtrom Kureethadam

Settimana residenziale in Trentino Dal 2 al 6 aprile si è svolta ad Arco di Trento la settimana residenziale che ha coinvolto dodici studenti del terzo anno della FSC iscritti al corso di Teoria e tecniche della pianificazione e gestione di progetti in ambito comunicativo I, tenuto dal prof. Tiziano Salvaterra. Il Tirocinio prevedeva una programmazione divisa in lezioni che si svolgevano in aula, a Roma, presso la sede della Facoltà, e 24 ore di lezione a Trento, dove gli studenti hanno potuto far esperienza di incontro e confronto con variegate possibilità di occupazione in ambito lavorativo all’interno del mondo della comunicazione. Durante i cinque giorni sono state infatti dieci le aziende che gli studenti hanno avuto modo di conoscere. Si sono avute anche due lezioni in classe. Queste le aziende che hanno ospitato il gruppo: la casa editrice Rendena; il settimanale diocesano Vita Trentina; Radio inBlu Trentino; il quotidiano regionale Trentino (del gruppo editoriale L’Espresso); la Prime Consulting, azienda di marketing e management per il turismo; Trentino TV e Videoframe Multimedia, studio di produzione e post-produzione nel settore del video professionale e del trattamento delle immagini. Tre sono stati invece gli incontri svolti in aula con dirigenti e collaboratori aziendali: l’Associazione di promozione sociale Arte Giovane; la cooperativa sociale Terre Comuni e In trenino, un’Associazione dedita all’animazione e organizzazione di eventi. Variegata la provenienza socio-culturale dei partecipanti.

Conferenza del prof. William Carroll dell’Università di Oxford Si è tenuta giovedì 9 maggio scorso, nell’aula di Didattica, una lezione del prof. William Carroll dell’Università di Oxford (UK), apprezzato conferenziere di fama internazionale. Il titolo della lezione era: “La biologia evolutiva, la creazione, e le origini dell’uomo”. La conferenza è stata inserita all’interno del programma del corso di Filosofia della Scienza I per gli studenti del primo ciclo della FdF. La lezione è stata introdotta dal prof. Joshtrom Kureethadam, docente di filosofia della scienza. La conferenza è stata partecipata da numerosi studenti della Facoltà. Alla lezione erano presenti anche il prof. Mauro Mantovani, docente di Filosofia Teoretica e decano della FSC, e alcuni ospiti esterni. Il prof. Carroll ha contestualizzato il discorso situandolo all’interno dell’attuale panorama di dialogo tra filosofia, teologia e scienza in seguito chiariti i concetti di creazione ed evoluzione è stata presentata la pozione di Tommaso d’Aquino nella quale evoluzione e creazione non sono in contraddizione tra loro, poiché Dio è atto creativo continuo. Il finalismo della natura non entra in conflitto con tale visione, poiché Dio il quale è causa radicalmente diversa dal causato, ha dotato la natura di principi autonomi. Alla conferenza è seguito un breve momento di dibattito. La FdF è ben lieta di consolidare una collaborazione che procede ormai da anni con il prof. William Carroll, il quale ha confidato agli astanti la sua emozione poiché per la prima volta ha tenuto una conferenza totalmente in lingua italiana, inoltre con l’occasione si è discusso su possibili attività di scambi o soggiorni studio per studenti presso l’Università di Oxford. (Redatto da Salvatore Lamancusa)

Nelle tre foto, studenti FSC al corso residenziale in Trentino


Il prof. Wirth firma i suoi libri attorniato dai salesiani della sua comunità

Teologia Padre Silvano Maggiani con i proff. Damasio Medeiros e Paolo Carlotti

Uno sguardo sul Concilio Vaticano II Il 2 maggio l’Istituto di Teologia Dogmatica ha proposto il seminario di studio sul Concilio Vaticano II Chiesa e Liturgia. Dottrina, ricezione e prospettive con gli interventi dei professori Padre Silvano Maggiani, professore di Liturgia alla Pontificia Facoltà «Marianum» e al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, e don Damasio Medeiros, professore di teologia sacramentaria nella nostra facoltà. Il prof. Maggiani ha offerto alcuni criteri interpretativi del Concilio e ha indicato diversi itinerari teologici sull’insegnamento conciliare, trattando la mediazione sacramentale, la categoria del memoriale, la forma eucaristica, il ricordo della Madre di Dio e soggetto ecclesiale della celebrazione. Don Mederios ha articolato il suo intervento in tre momenti: le tappe della ricezione del concilio, le grandi linee del cammino postconciliare e le prospettive di lavoro. Il prossimo seminario di studio, fissato per il 6 marzo 2014, che continuerà la serie di incontri di studio sul Vaticano II, sarà sulla dottrina della Rivelazione.

Don Bosco e la Bibbia Lunedì 20 maggio l’Istituto di Teologia Spirituale ha coordinato la presentazione dei tre volumi del prof. Morand Wirth su “La Bibbia con Don Bosco”. Nell’introduzione Aldo Giraudo ha insistito sull’amore di Don Bosco verso la Bibbia, quale parola di Dio e “fondamento della nostra santa religione”. Egli era convinto che l’AT e il NT fossero fondamentali per l’educazione morale e religiosa della gioventù, fonte di vita spirituale e appello alla santità. Per questo il santo fu un grande “popolarizzatore della Sacra Bibbia”. Nella sua abbondante produzione letteraria e nelle parole trasmesse dai biografi si sono potute rilevare circa 6.000 citazioni e allusioni bibliche. Dopo la breve presentazione, il prof. Cesare Bissoli ha mostrato lo stupore e ammirazione dopo aver sfogliato un manoscritto che si aggira sulle 2.000 pagine per circa 6.000

I prof. Giorgio Zevini, Morand Wirth, Aldo Giraudo e Cesare Bissoli

riferimenti biblici, 2.000 per l’AT, 2.000 per i Vangeli, 2.000 per il resto del NT. Di qui la logica ripartizione in tre grossi volumi. L’ammirazione si traduce in domande immediate, radunabili in due avverbi: perché e come Don Bosco ha fatto questo lavoro, giacché è nota la ristrettezza del suo tempo dedicato alla pratica dell’educazione di giovani poveri, e quindi implicato in mille relazioni di lavoro dentro e fuori l’oratorio e le altre sue opere. Don Bissoli ha spiegato che è possibile spiegarselo per tre ragioni: una motivazione educativa, pastorale, teologico-spirituale. Ha aggiunto che proprio la dedizione alla prassi non gli ha permesso di esprimere teoricamente queste motivazioni, come potrebbe fare un teologo, ma ciò è ricavabile da quanto scrive, dalle scelte consapevoli e coerentemente applicate. Questa lettura dell’agire del Santo piemontese vale per tutte le sue innumerevoli iniziative, ma traspare con particolare nitidezza nell’uso appassionato, della Bibbia. In sintesi si può dire che Don Bosco ha curato i giovani all’interno del popolo di Dio che è la Chiesa. Pastore dei giovani in quanto pastore di tutti. La Bibbia costituisce un filo permanente di verità e di pedagogia pastorale. Il secondo relatore è stato il prof. Giorgio Zevini il quale si è soffermato sulla Lectio divina di Don Bosco, della tradizione salesiana e del salesiano oggi. Zevini si è preoccupato di mettere in luce la motivazione dottrinale e spirituale che spingeva Don Bosco nella sua particolare passione alla Sacra Scrittura, così da coinvolgere i suoi giovani e quanti beneficiavano del suo zelo sacerdotale, dando anche uno sguardo al cammino che la tradizione salesiana ha compiuto con la Bibbia. La lettura della Bibbia che Don Bosco faceva quotidianamente e che oggi avrebbe preso il nome di “lettura spirituale della Scrittura”, era il continuo punto di riferimento della sua vita, la sorgente del suo insegnamento religioso e morale ai giovani e della sua predicazione al po-polo per alimentarne la pietà e la vita spirituale. L’amore alla Parola di Dio ha segnato la vita del Santo e tutta la storia salesiana. Con vari interventi, Don Bosco e tutti i suoi Successori, hanno sempre alimentato la riflessione religiosa con una “lettura sapienziale” dei testi biblici. Fu convinzione comune che la lettura dei vangeli, specie le parole di Gesù e l’esempio di Maria, accolte nel cuore del salesiano, avrebbero alimentato lo spirito del Fondatore e dato slancio all’apostolato tra i giovani. Recita, infatti, la Regola di vita dei salesiani: “Avendo quotidianamente in mano la sacra Scrittura, come Maria accogliamo la Parola e la meditiamo nel nostro cuore per farla fruttificare e annunziarla con zelo” (Cost. sdb, art. 87). A conclusione dell’incontro è intervenuto l’autore, don Morand Wirth, per raccontare il perché e il come della sua avventura e ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questa ricerca, specialmente don Fausto Perrenchio, che ebbe l’intuizione del progetto originale.


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Educazione

Il prof. Giuseppe Roggia (a destra) con i relatori del seminario

Imparare a formarsi: Missione possibile Lo scorso 9 maggio 2013 l’Istituto di Pedagogia Vocazionale della Facoltà di Scienze dell’Educazione, ha proposto un momento di particolare riflessione e studio con il Seminario “Imparare a formarsi: missione possibile”, collegato all’iniziativa delle settimane culturali della Diocesi di Roma. L’aula 02, abituale palcoscenico di questi incontri, ci ha concesso di rendere partecipi molte persone venute da diversi punti della città e anche da fuori, della riflessione dei docenti dell’Istituto e altri invitati a questo appuntamento, per un fondato approccio alla formazione permanente delle varie vocazioni nella Chiesa. Il bisogno formativo di molti istituti religiosi, ambienti e case di formazione diocesane, movimenti laicali, rende particolarmente utile e attuale lo studio di questa tematica. Così, a partire dallo studio del libro di Giuseppe Crea e Gianfranco Poli, Formazione permanente: missione possibile, abbiamo voluto approfondire questo ampio compito personale e comunitario con uno sguardo aggiornato e convergente. L’avvio del Seminario è stato proposto dal Rettore, prof. Carlo Nanni, che con il suo spiccato senso antropologico ha prospettato l’orizzonte della pedagogia contemporanea. Mons. Rinaldo Fabris, già presidente dell’Associazione Biblica Italiana, ha dato il fondamento biblico e di fede con l’intervento “Vita, vocazione e auto-formazione nella Bibbia”. Il prof. Amedeo Cencini, psicologo della formazione ha approfondito con la sua solita ricchezza “i fattori individuali della formazione permanente”, e il prof. Vito Orlando ha tracciato i principali contributi delle Scienze umane alla formazione permanente alla luce delle pro-

poste dell’ONU con la competenza che lo caratterizza. Il contributo del prof. Giuseppe Roggia ha segnalato le sfide odierne della responsabilità comunitaria condivisa. Il prof. Méthode Gahungu, in seguito, ha centrato la sua attenzione sulla formazione permanente dei Presbiteri, segnalando motivazioni, urgenze e metodi. Gli autori del volume servito come pista di lancio dello studio del seminario, Gian Franco Poli e Giuseppe Crea hanno approfondito il perché di questo libro applicativo sulla Formazione Permanente. Mentre Fabrizio Mastrofini, Giornalista vaticanista, con senso dell’umore e simpatia ha fatto il Chairman della serata. La partecipazione del pubblico al dialogo successivo agli interventi ha denotato l’importanza e validità del tema e del modo di affrontarlo da parte dei prestigiosi relatori. L’Istituto di recente apertura come soggetto di creazione di cultura vocazionale e formativa ha già pubblicato ultimamente due volumi frutto di questo tipo di Seminari e in sintonia con la tematica qui trattata: La vita consacrata nel postconcilio (Las, Roma 2011) e La promozione della vocazione al ministero sacerdotale (Libreria Editrice Vaticana, 2013). Nel corso di questo anno si procederà alla pubblicazione degli atti di questo convegno degno di conoscenza e approfondimento.

Il viaggio della parola, dalla voce alla scrittura Secondo una prassi consolidata, anche quest’anno il “Gruppo di servizio per la letteratura giovanile” e la “Facoltà di Scienze dell’Educazione”, con il Patrocinio di “Il Maggio dei Libri”, ha realizzato il Convegno: “Il viaggio della parola: dall’oralità alla pagina” che si è svolto mercoledì 8 maggio 2013, presso la Sala “Don Juan E. Vecchi” dell’UPS. Dopo la Presentazione del prof. Francesco Casella e il saluto del decano della FSE, prof. Paolo Gambini, sono intervenuti i seguenti relatori provenienti da varie Facoltà dell’UPS. Il prof. Remo Bracchi (Facoltà di Lettere Cristiane Classiche), incuriosendo gli ascoltatori, ha svolto l’interessante tema: Archivio delle parole. Voci e locuzioni in apparenza prive di senso. Il prof. Fabio Pasqualetti (Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale), con immagini e suono, ha intrattenuto e coinvolto attivamente il pubblico sul tema: Oralità mediata. La radio: il suono e le immagini nella mente dell’ascoltatore. La prof.ssa Cristiana Freni (Facoltà di Filosofia), con una lezione magistrale, ha svolto il tema: La parola letteraria tra oralità e scrittura. La salvezza della narrazione. Infine, Domenico Volpi, giornalista e scrittore per ragazzi, tra numerosi applausi, ha sviluppato il tema: Prendere la parola. Il Convegno è stato moderato dalla Dott.ssa Claudia Camicia, Presidente del “Gruppo di servizio per la letteratura giovanile”, la cui Rivista ospiterà gli Atti del Convegno.

Porte aperte della psicologia

In primo piano, il Rettore fra i partecipanti al seminario

L’11 aprile 2013, l’istituto di Psicologia ha organizzato l’Open Day scegliendo per la giornata il titolo: “Open day our mind. Il futuro tuo futuro è alle porte, da noi sono aperte…”. Vi hanno partecipato circa 80 tra i nostri futuri studenti, sia del corso triennale che delle lauree specialistiche. Di questi, alcuni accompagnati dai loro familiari, hanno partecipato a una lezione tenuta dalla prof. ssa Cinzia Messana. Hanno poi visitato il campus, accompagnati dai nostri studenti, che hanno avuto modo di rispondere a un livello paritetico alle loro


21 curiosità, in una forma di peer education. Alle domande più tecniche si sono prestati a rispondere i proff. Zbigniew Formella e Antonio Dellagiulia, i quali hanno presentato la loro personale esperienza di docenti e l’esperienza degli ormai tanti ex-allievi dell’Istituto moltissimi dei quali hanno realizzato nella professione la formazione accademica appresa nell’Istituto. Un buon numero dei partecipanti a questo evento si è iscritto all’esame d’ammissione di settembre.

Collaborazioni dell’Istituto di Psicologia con altre editrici In questi ultimi mesi sono stati pubblicati due nuovi volumi di docenti dell’Istituto di Psicologia della FSE pubblicati in altre editrici differenti dalla LAS (l’editrice dell’Università Salesiana). Il primo dei due è stato curato dal prof. Z. Formella e dal prof. A. De Filippo, con il titolo: “La Solitudine di Icaro. Il disagio dei giovani tra adolescenza ed età adulta”, edito da Alpes Italia. Il testo tratta il tema del disagio giovanile dei giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, affrontato con un approccio multidisciplinare. Il secondo libro è scritto a quattro mani dal prof. Z. Formella e dal prof. A. Ricci, e intitolato: “Bambini facili o difficili? Dal carattere all’educazione familiare da 0 a 6 anni”. Il libro, edito da Anicia, fa parte della nuova serie Educational Milestones lanciata dall’editore. Il volume affronta la personalità del bambino in continua formazione e trasformazione, rivolto alle persone che per diverse esigenze sono in contatto costante con i bambini. Il prof. Zbgniew Formella è docente di Psicologia dell’educazione e attuale direttore dell’Istituto di Psicologia della FSE.

lità dell’anima. La selezionata partecipazione dei presenti ha fatto sì che alla proposta della relazione seguisse un attento dialogo. Non rimane che l’attesa dell’edizione di questa lectio che, come le altre, permetterà di continuare a conoscere meglio l’illustre e sempre tanto attuale opera di Origene. Ai partecipanti è già stata preannunciata per la primavera del 2014 la XVI edizione della lectio su un tema che presto sarà di pubblico dominio e che riscuoterà - come i precedenti - l’interesse di molti studiosi.

Modelli di cittadinanza ed esercizio del potere Polis e civitas christiana. Modelli di cittadinanza ed esercizio del potere è il titolo del convegno che tradizionalmente la facoltà organizza ogni anno come giornata della facoltà. Tema quanto mai di attualità quello che è stato trattato nel convegno del 12 aprile. Il programma ha visto la partecipazione di professori a livello internazionale. Filologia, filosofia, storia e pedagogia sono stati i temi portanti che hanno aiutato a comprendere una tensione permanente a livello sociale nell’antichità; ma la lezione ha avuto dei risvolti anche nell’attualità. Ed è proprio nell’oggi culturale del primo millennio che si è concentrata la proposta della seconda parte. Un numero unico di Salesianum nel 2014 raccoglierà i contenuti condivisi durante il Convegno. Come felice intermezzo è avvenuta anche la premiazione del secondo Certamen di poesia latina con il conseguimento dei premi “Vittorio Tantucci e Scevola Mariotti”. L’evento, presieduto dal prof. Tullio De Mauro, ha sollecitato la partecipazione di ben quattro licei classici romani; per molti studenti questa è stata l’occasione per scoprire che nell’UPS si trova anche una Facoltà di Lettere cristiane e classiche!

Lettere I dialoghi con Eraclide al centro della XV edizione della “lectio origeniana” La ripresa della Lectio origeniana ha raggiunto in questo anno 2013 la XV edizione. Con la recente scoperta di nuove omelie l’attenzione degli studiosi torna a concentrarsi sulla ricchezza che Origene continua ancora a riversare nella cultura teologica. I quattro incontri che si sono svolti tra marzo e maggio hanno chiamato in causa oltre alla Facoltà, l’Istituto Patristico “Augustinianum” e il Gruppo Italiano di Ricerca su Origene e la Tradizione Alessandrina. Nei quattro incontri che si sono tenuti il 21 febbraio, il 14 marzo, il 18 aprile e il 16 maggio i Relatori (A. Castellano, R. Spataro, M. Rizzi e P. de Navascués) hanno commentato il Dialogo con Eraclide. Ne è emersa la fede di Eraclide e la risposta di Origene; la divinità e umanità di Cristo secondo Origene e i suoi avversari; la questione di Dionigi e la dottrina dell’uomo esteriore e interiore; e l’immorta-

A sinistra del tavolo dei relatori i proff. Manlio Sodi e Tullio De Mauro e, a destra, il prof. Orazio A. Bologna


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Escursione culturale a Benevento Ogni anno la facoltà offre la possibilità di un viaggio-studio in un luogo che permetta - insieme alla distensione e alla gioia dello stare insieme - di acquisire informazioni ed esperienze che rientrano a pieno titolo nel progetto generale e negli obiettivi della facoltà stessa. Se lo scorso anno tale offerta formativa si è concentrata con un viaggio attorno a Napoli, Pompei e Oplonti, il 3-4 maggio la facoltà si è ritrovata a Benevento. È una città che vanta preziosi documenti storici e artistici, dal tempo prima dei Romani, ai segni della presenza di Roma (stupendo è l’arco e il teatro), alle impronte lasciate dai Longobardi e dallo sviluppo di un centro di cultura che ancora oggi con i suoi tesori librari suscita l’attenzione di studiosi da tutto il mondo. La riapertura della cattedrale è stata un’altra occasione per cogliere sia la bellezza della cattedrale stessa e sia il sito archeologico su cui essa è stata costruita. La partecipazione di circa 60 persone ha trovato soprattutto nella guida della prof. Penelope Filacchione una risposta a tante attese. Sul luogo i partecipanti hanno potuto beneficiare della competenza del prof. Mario Iadanza che ha permesso di vedere da vicino i preziosi codici della scrittura beneventana ed essere nello stesso tempo ampiamente informati sui loro contenuti e scrittura. Nel contempo è stato presentato anche il volume edito dalla LAS, del prof. O.A. Bologna su Manfredi di Svevia, morto proprio a Benevento; una coincidenza che ha permesso di completare l’orizzonte storico che tale città racchiude e insieme propone all’attento visitatore.

Nelle due foto: studenti e docenti di Lettere a Benevento

Presentati a Palermo due volumi curati dal prof. Biagio Amata Lo scorso 31 maggio, organizzato dalla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia “S. Giovanni Evangelista” e dall’Istituto Siciliano di Studi Patristici e Tardoantichi “J.H. Newman”, ha avuto luogo nell’Aula Magna della Facoltà Teologica a Palermo, la presentazione dei volumi Arnobio di Sicca, Difesa della vera religione contro i pagani, e Nicola Le Nourry, Studio introduttivo ai sette libri di Arnobio (afro) contro i pagani, a cura del prof. Biagio Amata, docente emerito della FLCC. A nome del Card. Paolo Romeo, Gran Cancelliere della Facoltà Teologica di Sicilia, ha salutato gli illustri ospiti mons. Rino La Delfa, Preside della Facoltà, al quale è toccato dare il benvenuto a S.E. mons. Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale, presidente dell’Associazione Bibliotecari ecclesiastici, e membro della commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università e a S.E. mons. Luigi Bommarito, Arcivescovo Emerito di Catania, appassionato studioso di Arnobio. Un caloroso saluto è stato rivolto a S.E. Mons. Lajos Varga, Vescovo ausiliare di Vac (HU), Titolare di Sicca Veneria, patria di Arnobio, fattosi presente attraverso la Sig.ra Adelaide Santamarináné Sótyi , Console Onorario di Ungheria. Ha moderato l’incontro il Rev. prof. Vincenzo Lombino, docente di Patrologia, direttore dell’Ufficio cultura. A lui è toccato introdurre e presentare i relatori: S.E. Mons. Salvatore Di Cristina, Arcivescovo Emerito di Monreale, il prof. Vincenzo Messana, Ordinario dell’Università di Palermo, il rev. Dott. Miran Sajovic, dell’Università Pontificia Salesiana e il prof. Andrea Sollena, diacono permanente della Diocesi di Monreale e Docente di Lettere classiche. Mons. Di Cristina ha brevemente introdotto il genere apologetico della letteratura cristiana latina, con confronti e riferimenti ad apologisti greci come Giustino e Teofilo. Il suo intervento, partendo da Arnobio, ha posto in evidenza problemi che ancora assillano il dialogo cristiano cattolico con le altre realtà cristiane o di altre religioni e soprattutto dei non credenti o atei. Il prof. Messana ha esposto il curricolo accademico e letterario del prof. Amata ripercorrendone gli inte-


ressi culturali di lunga data, relativi ad Arnobio, a partire dai legami col prof. Salvatore Costanza, dell’Università di Messina, suo relatore alla tesi di laurea sugli “Errori” di Arnobio, il prof. Giuseppe Leanza, mons. Domenico Amoroso, e il prof. don Calogero Riggi, ordinario di letteratura cristiana latina e bizantina nella FLCC dell’UPS. Ha quindi passato in rassegna le linee principali delle sue ricerche su Arnobio. Infine ha sottolineato l’importanza degli studi classici per la comprensione del messaggio cristiano e per una cultura decisamente d’impegno. Il prof. Sajovic ha puntualizzato analogie e differenze profonde tra Arnobio e Sant’Agostino, come africani, convertiti, retori ma con metodologie di dialogo coi pagani del tutto differenti nella ricerca del dialogo e nell’uso delle fonti. Il prof. Sollena ha colto nei volumi di Amata alcune linee di attualità nell’approccio alla fede da parte di Arnobio, approfondendone il messaggio in tre punti: lo sfondo di riferimento e l’orizzonte entro il quale collocare l’opera di Amata, la “rimeditazione globale” su Arnobio proposta da Amata, la presentazione d’insieme del metodo apologetico dell’Autore africano come imprescindibile metodo di lettura e modello ermeneutico per quanti si accosteranno all’Adversus Nationes. L’incontro è stato chiuso dall’intervento dell’autore in cui ha evidenziato simpaticamente come discipuli superaverunt magistrum, aggiungendo solo, dopo i ringraziamenti di rito, che l’apologia di Arnobio, nell’anno della fede che stiamo vivendo, rappresenta la testimonianza di un frammento della fede cristiana da cui si può solo intravedere con certezza la totalità della verità.

DPGC Viaggio studio a Torun L’annuale Viaggio di Studio del Dipartimento di Pastorale Giovanile e Catechetica si è svolto dal 2 al 5 aprile 2013 presso la città di Toruƒ, al nord della Polonia, lungo il corso del fiume Vistola. Il viaggio è stato organizzato dal prof. Miroslaw Wierzbicki e dagli studenti Marius Cimpean, Marcin Golebiewski e Angelo Lorenzo Pedrini. Le origini di Toruƒ risalgono al XII secolo e proprio nel Medioevo ha raggiunto il massimo sviluppo divenendo membro della Lega Anseatica. Nel XVII secolo la città è stata centro del movimento protestante in Polonia e successivamente punto di riferimento del movimento nazionalista. L’abitato è uno dei pochi a essere scampato alla distruzione del Secondo conflitto mondiale e oggi fa parte dell’elenco dei siti censiti dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità. Certamente la fama di Toruƒ è legata al fatto di

Il prof. Miroslaw Wierzbicki, Marius Cimpean e i proff. Giampaolo Usai e Ubaldo Montisci

aver dato i natali all’astronomo polacco Copernico nel 1473 e la sua importanza attuale dipende in larga misura dalla notevole presenza di studenti universitari, essendo sede di uno dei più quotati centri accademici polacchi, intitolato proprio all’illustre concittadino Nikolai Copernicus. In tale prestigiosa cornice sono state incastonate le visite e i colloqui che hanno condotto diciotto studenti e tre docenti del Dipartimento (i proff. Montisci, Usai e Wierzbicki) a contatto diretto con il lavoro e l’esperienza di operatori e responsabili in campo scolastico, catechistico e pastorale. Esperienza qualificante è stato il confronto con docenti, dirigenti scolastici e cappellani, in un contesto come quello polacco, in cui la formazione religiosa dei giovani passa ancora in larga misura attraverso le aule e in cui le iniziative a sfondo religioso caratterizzano la vita scolastica e accademica statale, oltre che, ovviamente, le istituzioni cattoliche. Il contatto concreto con la quotidianità è stato facilitato dal fatto di poter entrare negli ambienti durante l’attività didattica e pastorale e di poter condividere con i ragazzi momenti di celebrazione, di gioco e di studio, come il saggio musicale offerto dagli allievi della Scuola di Musica e dagli allievi della Scuola per Disabili. La varietà di realtà conosciute ha permesso una visione d’insieme, marcando i pregi di un’azione educativa, didattica e pastorale condotta in maniera condivisa e coesa da operatori, responsabili e famiglie. Il dialogo con i referenti ha però chiarito anche i limiti e le difficoltà derivanti da una tradizione solida, che deve fare i conti con un contesto europeo e internazionale in deciso cambiamento, i cui venti spingono a una seria revisione gli ambienti ecclesiali. Il tema centrale di riflessione è infatti la qualità, la pertinenza e gli esiti della formazione religiosa, soprattutto in riferimento alla cultura religiosa delle generazioni adulte. Il gruppo ha espresso viva soddisfazione per la visita di tutte le mete: la Scuola Salesiana, la Scuola di Musica e la Parrocchia di S. Antonio da Padova; gli Studi di Radio Maria (emittente polacca) e l’Istituto Superiore di Comunicazioni Sociali; la Scuola per Disabili (che ha suscitato ammirazione per il faticoso e creativo lavoro degli operatori); il Centro Diocesano di Cultura; l’Ufficio Catechistico Diocesano (ospiti del Vescovo Ausiliare di Torun); l’Opera Salesiana di Bydgoszcz (parrocchia-scuola-oratorio). Dovunque il gruppo è stato accolto con ospitalità, disponibilità e riconoscenza per il fatto di rappresentare un’Istituzione accademica pontificia di respiro internazionale e soprattutto il Dipartimento di Pastorale Giovanile e Catechetica, di cui ovunque è apprezzata l’originalità e la qualità della formazione. Infine, ottimo corollario all’impegno di studio è stato il passaggio nella capitale Varsavia, la seppur sintetica visita al centro storico di Toruƒ e alle memorie dello scienziato Copernico, la dettagliata ricognizione del polo astronomico, che accosta la memoria di secoli di indagine celeste ai moderni radiotelescopi, avanguardia europea e mondiale.


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Il giovane chierico Luidi Melesi con il Servo di Dio don Giuseppe Quadrio

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LuigiMelesi un salesianodi cuore

a cura di Renato Butera

BREVI CENNI BIOGRAFICI asce a Cortenova (Como), il 4 gennaio 1933 da Efrem e Selva Liduina. La famiglia si compone di altri 5 fratelli dei quali due muoiono in tenerissima età. Il fratello maggiore si chiamava Pietro, anche lui religioso salesiano, missionario in Brasile, deceduto a a Poxoreu, nella regione del Mato Grosso, dove tra l’altro, aveva messo su un ospedale per i poveri della zona. Un’altra sorella, Angela, suora salesiana, è morta lo scorso anno, appena ritornata anche lei da Poxoreu, dove coordinava tra l’altro l’opera delle adozioni e dell’affidamento di bambini abbandonati o in gravi situazioni familiari. Infine, Luidina Tarcisia è la sorella con la quale vive temporalmente don Luigi a Cortenova, il paese di origine dei Melesi. Assiste con premurosa cura il fratello sacerdote dopo la malattia che lo ha indebolito fisicamente. A 11 anni, nel 1944, Luigi comincia a frequentare le scuole medie a Milano dai salesiani i quali inizialmente non lo accolgono. Il rifiuto provoca lacrime amare in Luigi che voleva assolutamente diventare prete di Don Bosco. Il pianto desolato del ragazzo spingono la madre a tornare dal direttore dei salesiani che aveva respinto la richiesta sino a ottenerne l’accoglienza. Dei tantissimi ragazzi, solo Luigi continuerà la sua formazione sino a realizzare la vocazione di sacerdote salesiano. Nel 1950 nel noviziato di Montodine emette i primi voti; postnoviziato a Nave, e professione perpetua il 16 agosto del 1955 a Missaglia. Consegue il baccalaureato in Filosofia a TorinoRebaudengo (sede iniziale della Facoltà di filosofia dell’UPS) nel 1956, e studia Teologia alla “Crocetta” di Torino dove ebbe tra gli insegnanti il Venerabile don Giuseppe Quadrio. Qui vive la prima esperienza di contatto con il mondo del carcere con i ragazzi difficili del riformatorio “Ferrante Aporti”. Sempre a Torino, viene ordinato sacerdote l’11 febbraio del 1960. Due anni dopo (1962) si laurea a Milano in Lettere. Nel ‘71 ottiene l’abilitazione per l’insegnamento delle materie letterarie. Nel 1967, insieme a don Ugo De Censi, crea l’Operazione Mato Grosso. Nei mesi di giugno - novembre di quell’anno accompagna una spedizione di giovani volontari. Al rientro in Italia, lo attende l’incarico di direttore della comunità di Darfo (BS) per tre anni sino al 1970, e poi di Arese, dal 1970 al ‘76. Presso la casa di rieducazione aveva operato prima come insegnante catechista e poi appunto come direttore, rimanendo sette anni a contatto con i tantissimi ragazzi mandati dai tribunali minorili italiani. Dal 1970, inoltre comincia a occuparsi degli Obiettori di coscienza per il servizio civile. Durante gli anni di Arese fonda la rivista “Espressione Giovani” dedicata all’animazione teatrale e cine-

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Don Melesi con un ex-allievo di Arese

La casa Riformatorio di Arese

matografica, per la quale scrive vari testi teatrali tra cui La parabola di Gesù in teatro, Gli Atti degli Apostoli in teatro, Il corpo racconta, Gli incontri, Teatro fattore di riunione. Dal 1978 è cappellano nel carcere di San Vittore a Milano, servizio che svolge per trenta lunghi anni, “come un ergastolano”, ha commentato un ex detenuto da lui redento. Qui si rende disponibile all’ascolto e accoglie chiunque abbia bisogno del suo conforto, della sua parola, della sua assistenza. Combatte e denuncia vigorosamente l’ingiusta che a volte può trovarsi anche in carcere. Sono quelli gli “Anni di piombo” a cui fanno seguito quelli di “Tangentopoli”. Convinto che nessuno è assolutamente irrecuperabile, nemmeno il peggiore dei delinquenti, ma soprattutto di compiere un’opera di misericordia, don Melesi si fa prossimo a tutti, brigatisti, rapinatori, assassini, corrotti, ma anche gente semplice che ha commesso reati comuni. E non ha mai abbandonato coloro che si ritenevano innocenti. I risultati positivi non sono mancati perché don Luigi ha sempre messo al centro la persona e mai il reato. Grazie a don Melesi si è aperto il dialogo tra le Brigate Rosse e lo Stato, permettendo il risultato della consegna delle armi nelle mani dell’allora vescovo di Milano, il Cardinale Carlo Maria Martini. E, quasi sconosciuta vicenda, ha sventato tre attentati in altrettante carceri, una del centro Italia, una a Novara e una vicino a Bergamo, quando le ultime Brigate Rosse avevano già minato i loro obiettivi scongiurando tre gravi bagni di sangue. Come racconta il libro “Un prete da galera”, don Luigi è stato un prete, salesiano, che con il “linguaggio del cuore” ha fatto deragliare, dalla strada della violenza verso quella della pacifi-

In alto: il Carcere di San Vittore di Milano In basso: terroristi appartenenti alle Brigate Rosse

cazione, la vita di molti che nelle armi avevano creduto di trovare la forza per le loro ragioni. Chi lo conosce sa che il suo è un linguaggio diretto e semplice: chiunque vi si può immergere. Su don Melesi sono stati scritti vari testi tra cui: Dalla parte del colpevole, di Pietro Grillo; Un prete da galera. Don Luigi Melesi, di Silvio Valota; Candido Cannavò lo inserisce nel suo “Pretacci”. C‘è anche la tesi di una studentessa dell’UPS, Myriam Cecilia Sandoval Baez, iscritta all’ISCOS (l’Istituto di Scienze della Comunicazione sociale da cui nacque la FSC) e difesa nel 1993, con il titolo: “Dramatización y catequesis. La propuesta y experiencia de Don Luigi Melesi”. Vari sono invece i testi scritti da don Melesi tra cui, oltre i testi pubblicati su Espressione giovane, risaltano: “Venne fra la sua gente”; “La passione. Ricostruzione della Passione di Gesù”; “Le parabole di Gesù in Teatro”; “Gli incontri di Gesù”; “Gli Atti degli apostoli in teatro. Drammatizzazione per una catechesi attuale e partecipata”; “La vita di Gesù raccontata dai suoi testimoni. Matteo Marco Luca Giovanni”; “Insieme con lui. La Passione di Gesù secondo i quattro Evangelisti. Sacra Rappresentazione”; “Chi ci salverà? 90 domande alla ricerca di una vera speranza”; “Il corpo racconta”; “La vita in teatro”; “In cammino verso Betlemme. Teatro natalizio per ragazzi”. I testi di don Melesi sono parole che ogni tanto si spalancano, con una piccola finestrella, nel grande orizzonte della cultura occidentale. L’ultimo è “Chi ci salverà”, del 2012, scritto dopo il suo pensionamento da cappellano in cui è testimoniata la sua instancabile carità pastorale di stile salesiano che non si fa stancare neanche dalla malattia. A questo proposito, come una delle testimonianze ricorda, un ex-terrorista fece dire a don Lugi di curarsi perché “non possiamo perderlo”. Quando nel maggio del 2010, ripresosi dall’aneurisma che lo aveva mandato in coma, è rientrato a San Vittore a dir messa, la folla degli ultimi della terra si è fatta tripudio. Da mesi lo aspettava un cartello grande quanto una lavagna: “Don Luigi, preghiamo per te”. Oggi don Melesi, pur facendo parte della comunità salesiana dell’Ispettoria di Milano, vive a Cortenova con la sorella Tarcisia che lo assiste e accompagna sempre con amorevole affetto di sorella.

Il card. Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano


uDon Melesi prete degli ultimi

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he don Luigi Melesi fosse una persona speciale, di quelle il cui nome rievoca lo stile educativo salesiano, quello che si rifà al più genuino sistema preventivo di Don Bosco, era risaputo quasi a livello aneddotico. Ma dopo averlo sentito parlare, raccontare le sue gesta di “eroe” ma con la semplicità dell’uomo, del prete e del salesiano dedito agli ultimi e ai più bisognosi, di quei bisognosi più reietti come possono essere i carcerati, gli aneddoti diventano storie che affascinano e riempiono, che interrogano e provocano. Col suo fare e dire, don Luigi è un vero incantatore di serpenti, ma nel senso buono e profondo della metafora, perché ti coglie e ti affascina, ti porta dentro un mondo particolare e ti fa comprendere cos’è la debolezza umana, ti dice come l’angoscia è il veleno della vita, come la speranza uccisa dalle sbarre ti rende l’uomo quello che effettivamente non è perché è stata oscurata la sua dignità. Gli episodi che racconta si infilano uno dietro l’altro come in una corona, quella delle sue esperienze, in cui e con cui fare l’elogio della misericordia. Tantissimi carcerati l’hanno riconosciuta. Ad essi si è riaperto, grazie alle sue parole, un pezzo di cielo che ha riconsegnato loro la dignità che avevano persa. Perché don Luigi non ha timore di dichiarare di essersi schierato dalla “parte del colpevole”, come ha affermato nel suo intervento a conclusione dell’Atto Accademico in cui l’Università Pontificia Salesiana di Roma, nella festa di Maria Ausiliatrice del 24 maggio 2013, ha riconosciuto in lui le doti del comunicatore ed educatore, evangelizzatore salesiano di pregiata fattura, conferendogli il titolo di dottore Honoris Causa in Scienze della comunicazione sociale per la sua opera educativa e di recupero attraverso il teatro. “Dal 1978 al 2008 – recita il decreto di conferimento del titolo – ha svolto il compito di cappellano presso il carcere milanese di San Vittore ascoltando, consolando e dando fiducia a donne e uomini senza speranza”. Don Melesi ha saputo sempre offrire a tutti ascolto e consolazione “impegnandosi a combattere con vigore ogni forma di ingiustizia”, e in conformità piena con lo stile e lo spirito di Don Bosco che riconosceva anche nel peggiore dei delinquenti un punto su cui far leva per farne rinvenire la parte buona e avviare il processo di recupero. Al centro della sua azione pastorale l’uomo e mai il reato, convinto che “una persona, per diventare buona, deve sentirsi amata”. L’Aula Paolo VI dell’Università Salesiana in cui si è svolta la

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Il decano FSC, prof. Mauro Mantovani

di Renato Butera

Il Rettore, prof. Carlo Nanni

cerimonia ha raccolto la comunità accademica, gli amici e alcuni ospiti illustri che hanno voluto rendere omaggio al “Prete da galera”, così come recita il titolo di un libro scritto su di lui. Tra questi l’ex ministro della giustizia, l’On. Giovanni Maria Flick, Agnese Moro, figlia dello statista democristiano ucciso dalle Brigate Rosse, l’ex direttore del carcere di San Vittore dott. Luigi Pagano, mons. Enrico dal Covolo, salesiano, Rettore della Pontificia Università Lateranense. E la sorella Tarcisia, che lo accompagna amorevolmente dappertutto da quando don Luigi è stato colto da una malattia che ne ha indebolito il fisico ma non lo spirito. E tanti ex carcerati amici suoi fedelissimi che hanno fondato una associazione di volontariato per l’assistenza degli ex-detenuti e delle loro famiglie. A fare gli onori di casa il Rettore dell’UPS, prof. don Carlo Nanni, e il decano della facoltà di comunicazione, il prof. don Mauro Mantovani, mentre don Francesco Cereda, consigliere generale dei Salesiani di Don Bosco per la formazione, a nome del Rettor Maggiore e Gran Cancelliere dell’UPS, don Pascual Chávez, conferiva il titolo di dottore. Lo stesso titolo che l’Università Salesiana aveva consegnato all’allora Cardinale di Milano, S. Em. Carlo Maria Martini, nel gennaio del 1989, spesso richiamato da don Melesi nel suo intervento con affettuosa e riconoscente amicizia. Fu lui a convincerlo a interessarsi dei carcerati di San Vittore e tra loro nacque una straordinaria amicizia e collaborazione. Mai il Cardinale Martini fece a meno di don Melesi, e don Melesi sempre poté contare sull’appoggio e l’incoraggiamento del pastore della chiesa milanese. Chi è Luigi Melesi? Nato a Cortenova (Como) il 4 gennaio 1933. Entra a far parte della congregazione salesiana nel 1944 iniziando a frequentare le scuole e nel 1955 emette i voti perpetui. Studia Teologia a Torino e nel 1960 viene ordinato sacerdote. Due anni dopo (1962) si laurea a Milano in Lettere e nel ‘71 ottiene l’abilitazione per l’insegnamento delle materie letterarie. La prima esperienza di contatto con il mondo del car-


Don Francesco Cereda

L’On. Giovanni Maria Flick

Il dott. Antonio Pagano, ex direttore del carcere di San Vittore

cere e di impegno educativo con i ragazzi difficili avviene al riformatorio “Ferrante Aporti” di Torino, ancora studente al teologato salesiano della “Crocetta”, allievo del venerabile don Giuseppe Quadrio. Primi passi da insegnante e animatore spirituale presso la casa di rieducazione di Arese (Milano), dove rimane sette anni a contatto con i 250 ragazzi inviati dai tribunali minorili italiani. Sua caratteristica costante è la disponibilità: non si limita al contatto con i ragazzi in difficoltà ma instaura rapporti con le famiglie, dove spesso sta il problema vero del malessere di questi giovani. Così farà, più avanti, anche con i detenuti più adulti. Nel 1967, insieme a don Ugo De Censi e a don Bruno Ravasio, crea l’Operazione Mato Grosso, movimento impegnato per il Terzo Mondo sulla linea della Populorum progressio. Di ritorno dal Brasile, dove accompagna una spedizione di giovani volontari, rientra dopo alcuni mesi in Italia dove l’attende l’incarico di direttore della comunità di Darfo (BS) per tre anni, sino al 1970. Quindi ancora ad Arese stavolta come direttore dal 1970 al ’76. E poi l’esperienza di cappellano presso il carcere milanese di San Vittore. Qui, facendo

Il prof. Sabino Palumbieri e accanto a lui il vicario ispettoriale di Milano, don Piergiorgio Placci

leva sul “linguaggio del cuore”, indirizza dalla strada della violenza a quella della pacificazione la vita di molti che nelle armi avevano creduto di trovare la forza per le loro ragioni, così come si legge nelle testimonianze di numerosi detenuti, tra i quali anche ex-terroristi, alcune lette durante l’Atto Accademico. Fu don Melesi che in quel triste periodo della storia italiana conosciuto come gli “Anni di piombo”, convinse i brigatisti a consegnare le armi facendole recapitare alla porta dell’arcivescovado, sventando così più di un attentato. “Che cosa ho fatto?”, spiega don Luigi senza mai fare riferimento a sé stesso in prima persona (mai l’uso eccessivo dell’io o mio, nessuna autoreferenzialità) ma mettendo avanti gli altri con straordinaria naturalezza. Gli altri sono Gesù, Don Bosco, il Cardinale Martini, i suoi amici e gli stessi carcerati che lo hanno aiutato a capire e a capirli. Dice don Luigi: “Don Bosco ricordava ai Salesiani, citando gli Atti degli Apostoli, che Gesù prima faceva poi insegnava. Subito mi sono messo dalla parte del colpevole. Anche in questo Gesù Maestro ce ne da’ l’esempio. Non è infatti possibile aiutare una persona a cambiare la sua vita in meglio, se non ci si mette dalla sua parte, se non si prende a carico la sua vita e la sua storia. Solo così lo si può capire interamente, si può collaborare con lui a diagnosticare i mali che lo affliggono, e a trovare insieme i rimedi, per aiutarlo a riconquistare la vera libertà”. È l’amorevolezza di Don Bosco e del suo Sistema Preventivo che si completa, arricchendosi, con la Ragione e la Religione Questa filosofia ha guadagnato tutti, compresi tantissimi studenti, che colpiti dalla testimonianza di vita di questo “grande uomo semplice e cordiale” hanno voluto che sulla copia del fascicoletto in cui è pubblicata un’intervista da lui rilasciata anni fa a un giornalista, ci fosse impresso il suo autografo. Questo è don Luigi Melesi, il prete degli ultimi.


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Don Luigi, per quanti anni è stato Cappellano di San Vittore? In tutto trent’anni, dal 1978. Il Cardinale di Milano aveva chiesto al superiore dei salesiani uno di noi. Già avevo una esperienza similare con i ragazzi della casa di rieducazione di Arese, l’ex Beccaria, dove avevo insegnato per circa vent’anni; perciò mi considerava abilitato anche per gli adulti. Dovevo starci per tre mesi che invece si sono moltiplicati sino a diventare trent’anni. Cosa faceva tra i detenuti? Vi svolgevo il duplice lavoro della bonifica della persona e della seminazione della Parola di Dio. La bonifica contempla interventi tecnico-agrari, necessari per risanare, prosciugare e migliorare terreni improduttivi, acquitrinosi, acidi, slavati, infestati da erbe cattive. In carcere, per me, era un lavoro di bonifica della mente, del cuore, della volontà, dei sentimenti, insomma dello spirito umano e delle sue facoltà offuscate, deturpate, danneggiate, pericolose, antisociali, delinquenziali. È un lavoro educativo della persona, di azione pedagogica: un lavoro di liberazione e promozione integrale.

Dalla parte delcolpevole intervista a don Luigi Melesi

Ed era veramente possibile tale lavoro con simili obiettivi con detenuti come quelli di San Vittore? Perché no? L’uomo può convertirsi. La persona umana è educabile, può evolversi e trasformarsi, nel bene o nel male, può aprirsi alla verità ed essere illuminata, può addomesticare la propria aggressività, orientare verso il bene le sue forze e l’intera vita. Era ed è ancora possibile perché questo è già avvenuto e avviene ancora oggi. L’uomo malvagio torna a essere buono, diventa uomo di Dio. Potrei testimoniarlo con nomi e cognomi. Era ed è possibile con la Parola di Dio, con Cristo Verbo di Dio, con il suo spirito d’amore.

E perché è importante questo lavoro di recupero? Perché la persona, anche se delinquente, è sempre un valore, resta un bene in se stessa, è una reale ricchezza da recuperare; è un uomo! È la realtà più preziosa di tutta la creazione. Perché è membro del nostro corpo sociale, è un nostro familiare. San Paolo scrive ai cittadini di Corinto che «Dio ha composto il corpo umano, così anche quello sociale, ecclesiale, in modo che non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le una delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono in lui». Inoltre, ogni uomo e ogni donna, devono ritornare a essere di Dio, diventare regno di Dio. Ma allo Stato interessa veramente questo vostro lavoro di recupero? Sulla carta, sì. Ho l’impressione che lo Stato abbia bisogno dei delinquenti. E noi Cappellani gli siamo utili come l’infuso di camomilla.

di Pietro Grillo 1

Ci descriva come avviene l’incontro con i detenuti? È un incontro che deve essere interpersonale, sincero, significativo. Perché questo avvenga è importante avere coscienza del valore grandissimo del prigioniero che ho davanti: è un uomo! Mi deve stare a cuore la sua persona, non la sua imputazione giudiziaria, la religione che pratica, il paese d’origine. Cerco di amare la persona che incontro per quello che è, e non per quello che è stato, che ha detto o fatto. Questo mio atteggiamento fa nascere in lui una certa stima per me e per chi rappresento, e anche la sensazione confortante che io sono con lui e lo sarò sempre, né mai sarò contro di lui. Ascolto con viva attenzione la sua storia, le sue ragioni, le motivazioni che l’hanno portato «dentro». Cerco di vedere le cose dal suo punto di vista: mi metto dalla sua parte. Rivivo dentro di me i suoi sentimenti, le sue emozioni e anche le sue angosce e paure. Questo atteggiamento sinceramente accogliente fa nascere in lui l’autostima indispensabile per qualsiasi impegno riabilitativo. È proprio nell’incontro che il detenuto riesce a fare chiarezza dentro di sé, a ricuperare un po’ di tranquillità, a riaccendere la speranza nel proprio futuro. Gli incontri sono solo individuali o avvengono anche in gruppo? L’incontro di gruppo lo viviamo soprattutto nella celebrazione della Messa. Nelle domeniche e nelle feste a San Vittore si celebrano diverse Messe in diversi luoghi. A volte anche nei giorni feriali, a piccoli gruppi, nelle cappelline molto accoglienti e liturgiche. In queste Messe feriali i detenuti partecipano al commento della Parola di Dio ascoltata con verità e consapevolezza. La Messa è un sacramento profondamente coinvol-


gente, durante il quale si ricevono messaggi innovativi e sempre di un’attualità impensabile; ci si carica di energia positiva e contemporaneamente l’io profondo si sente liberato dall’angoscia, dalla negatività e malignità distruttive. Si vive con tutti i presenti una relazione di pace vera, profonda (durante la Messa non ho mai visto litigi, aggressioni, violenze); ci si sente in comunione con la propria famiglia, resa sempre presente dal sacerdote celebrante; per un’ora si vive con Dio al centro del mondo. Quale condizione è richiesta per condurre il detenuto alla sua «umanizzazione», alla sua «conversione»? La prima condizione è il silenzio religioso. C’è un silenzio che non lo è: è il silenzio morto, tombale; il silenzio chiuso a qualsiasi messaggio o persona; un silenzio arrogante, pieno di sé; c’è un silenzio cinico, freddo, feroce; ma anche un silenzio disperato, doloroso, angosciante, mortale. Mentre il silenzio religioso è vivo, aperto a un tu, disponibile all’altro; è assetato di verità, di relazione, di amore; in ascolto di una parola significativa, personale, arricchente, di speranza. Il silenzio religioso è il «vuoto di sé», il ridimensionamento del proprio io, il dominio delle passioni irrazionali ed egoistiche; il silenzio religioso è umiltà. E nel contempo, è il «pieno di Dio», la pienezza dello spirito, la sovrabbondanza dell’amore. Il silenzio religioso ci immerge nella comunione dei Santi e spiritualizza tutto ciò che di materiale ci circonda. Nel silenzio vero ci si concentra sulle realtà invisibili agli occhi, ma visibili all’anima; un silenzio religioso mette in azione la fede, la speranza, la carità, e ci rivela Dio. Guarda chi è Dio Padre; guarda Cristo sulla croce; guarda lo Spirito del Signore. E ascolta la sua voce, sente, contempla e sperimenta l’amore. Nel carcere, normalmente, il silenzio non è religioso. Non sarebbe più un carcere, ma un monastero. Dominante è il silenzio doloroso, angosciante, disperato, profondo. E questo profondo silenzio viene rotto e violato da grida di rabbia, di aiuto, di rimorso; da grida disperate ma anche di speranza. II vero silenzio nasce nel momento in cui si incontra una persona vera che si interessa di te, ti vuole ascoltare, parlare, aiutare...

Secondo obiettivo: il silenzio e la Parola portano chiunque, anche l’uomo detenuto, alla revisione di vita, a un’auto analisi, per conoscere i propri comportamenti e, soprattutto per individuarne le cause, i perché. Non è sufficiente sapere «che cosa ho fatto», ma «perché l’ho fatto». Dovremmo sempre domandarcelo, sia nelle diagnosi proprie che altrui. Perché l’uomo ruba, si droga, uccide, si ubriaca, è violento, bugiardo, si prostituisce...? Mi pare che le risposte possono essere concentrate in un’unica risposta: perché è angosciato. L’angoscia esistenziale determina la maggior parte dei comportamenti umani immorali, vacui, illusori, pseudo gratificanti o pseudo tranquillizzanti: nevrosi, droga, alcool, pazzia, psicofarmaci, suicidio, delitto... Aiutiamo le persone a liberarsi da questa angoscia esistenziale, o almeno a dominarla, cercando di toglierne la causa che sta nella «non accettazione di se stesso», portandolo ad «accettare se stesso» (anche se persona limitata, fragile, impotente, mortale...). e questo trovandogli la famiglia che lo accetti; una comunità accogliente; ma soprattutto riscoprendo, nella fede, il Dio della speranza che lo accoglie, lo salva, lo rende suo figlio, lo fa simile a Lui, come Dio. Terzo obiettivo: attraverso il silenzio e con la forza della Parola, bisogna curare le patologie del cuore umano, le malattie dello spirito personale e sociale; bisogna sostituire il vizio con la virtù. «Dal cuore degli uomini, cioè dal di dentro, escono le intenzioni cattive: furti, omicidi, prostituzione, cupidigie, adulteri, malvagità, inganno, invidia, gelosia, superbia, menzogna...». E queste malattie non si curano con leggi dure, carcere a vita, tortura, isolamenti alienanti, interventi neurochirurgici, pena di morte... Ma con la Parola di Dio: cioè con la Verità, la Giustizia, la Carità. Don Bosco direbbe: non con la repressione, ma con il sistema evangelico fondato sulla ragione, la religione, l’amore di carità. La presenza pastorale del Cappellano era ridotta al solo carcere? Ritengo che cappellano del carcere debba rendersi presente dove si trova il prigioniero, con i suoi problemi, i suoi desideri, i suoi interessi, se vuol far sì che il detenuto senta che il Prete è con lui. Quindi andavo in tribunale, dai magistrati, presso gli avvocati, nelle loro famiglie, nelle parrocchie che hanno detenuti in carcere, sul posto di lavoro... e anche con gli ex-detenuti. Alcuni di questi li incontro tutte le domeniche. È un’autentica verifica, che serve a loro e a me. 1

Quali obiettivi si proponeva lavorando come pastore nella prigione? In particolare erano tre: Primo, incontrando i detenuti a tu per tu e a gruppi, cercavo di introdurli nel vero e autentico silenzio religioso che permetteva loro di udire la voce della propria coscienza: una voce percepibile soltanto nel silenzio interiore. La coscienza è presente in tutti ed è universale. Non è frutto di una cultura, né un condizionamento sociale o una convenzione politica. Certo, può essere percepita come rimorso ossessionante o come la voce di un giudice che condanna... e allora, fa paura, non la si vuole ascoltare, si cerca in tutti i modi di tacitarla, di sommergerla con musiche assordanti o immagini eccitanti; di evadere con droghe o atti di violenza. Se si vuole migliorare l’uomo e la società, è indispensabile educare in ogni individuo la coscienza morale: risvegliarla, liberarla, correggerla, metterla in condizione di agire, farla maturare, irrobustirla. Non inibirla, addormentarla o ucciderla. Né dobbiamo sostituirci alla coscienza personale.

Stralci ripresi dalla tesi di laurea di Pietro Grillo, Diritto e Pastorale nell’assistenza spirituale ai detenuti nelle carceri italiane, Università Cattolica S. Cuore, Milano 2008, pubblicata dal Centro Salesiano San Domenico Savio di Arese (Mi), 2008, che ha gentilmente concesso di riprodurla.

Don Luigi Melesi insieme a un amico, il dott. Antonino Chirico


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Riportiamo di seguito alcuni brani di lettere testimoniali fatte pervenire al Rettore dell’UPS per attestare la stima e l’affetto a don Luigi Melesi. “Con grande compiacimento mi unisco al plauso delle illustri Personalità e degli Studenti presenti alla cerimonia di conferimento del dottorato honoris causa in Scienze della Comunicazione sociale a don Luigi Melesi, SDB, che ben conosco e stimo. Le sue benemerenze vanno ricordate ed esaltate come una autentica realizzazione dell’impegno educativo insito nel carisma salesiano, vivificato dalla consacrazione sacerdotale. […] La sua straordinaria esperienza e profonda cultura meritano di trovare un posto privilegiato di espressione presso la cattedra di Educazione e Comunicazione di codesta Università Salesiana e di ricevere il riconoscimento che gli viene concesso con onore”.

Card. Tarcisio Bertone “Con Luigi siamo stati compagni di studio nella Facoltà di Teologia. Lo ricordo come giovane chierico di poche parole ma di buona compagnia, dotato di intelligenza vivace, ma anche pratica per così dire, amabile con tutti; era uno degli allievi preferiti, si fa per dire, dal più amato dei nostri professori, il Ven. Don Giuseppe Quadrio. Facevo parte dell’orchestrina della Comunità degli studenti di Teologia, e mi trovavo di necessità a quasi tutte le iniziative festive che interrompevano il ritmo impegnativo dello studio e della formazione religiosa e sacerdotale. Il giovane chierico Melesi vi era sempre presente come coordinatore, ma anche factotum, dalla progettazione fino alla manovalanza pesante. I Superiori lo apprezzavano e si affidavano a lui anche per incarichi delicati e riservati. […] Con il passare degli anni si va indietro con il pensiero e riemergono alla memoria le figure che ci hanno particolarmente impressionato nei periodi più significativi della nostra vita, come è stato per me quello dei quattro anni di studio a Torino-Crocetta; don Luigi Melesi è una di queste figure”.

Card. Raffaele Farina Io ho avuto il bene di conoscere don Luigi, nel periodo in cui ero a Milano, come Vescovo Ausiliare del Card. Carlo Martini. Egli aveva dato a don Melesi, con la più ampia discrezionalità l’incarico di primo cappellano delle Carceri di San Vittore. Don Luigi tenne per circa trent’anni questo ruolo, godendo sempre della vicinanza amicale e del sostegno autorevole del sig. Cardinale. Fu don Lugi che in quel triste periodo convinse i Brigatisti a consegnare le armi facendole recapitare alla porta dell’arcivescovato. Con i detenuti fu sì cappellano, ma soprattutto amoroso e forte sostenitore della loro redenzione. […] Sarebbe troppo lungo elencare le più svariate attività di pastorale, di cultura, di promozione sociale, di aggiornamento formativo, da lui messe in atto. E non solo per i carcerati. A molti operatori carcerari ha fatto prendere un titolo scolastico di cui erano carenti, così come faceva per i detenuti. Ma oltre la sua attività di cappellano di carcere, vorrei anche evidenziare la sua bella personalità: grande nel cuore e ricca nella cultura, attaccata alla tradi-

testi moni anze raccolte da Carlo Nanni


zione cristiana ma aperta alla creatività artistica. Devoto e profondo nella sua vita religiosa e presbiterale, ha voluto essere sempre in sincera e piena consonanza con la chiesa diocesana e le sue attività pastorali.

Card. Francesco Coccopalmerio “Ho conosciuto don Luigi Melesi negli anni in cui, servendo a Milano come Vicario Generale del Card. Martini, ho potuto apprezzare il suo lavoro apostolico come Cappellano del Carcere di San Vittore. Ho sempre ravvisato in lui una grande e profonda tensione morale, nell’affrontare i problemi della giustizia. Egli lo ha fatto con particolare attenzione non solo agli aspetti di empatia umana nei confronti dei carcerati e delle loro famiglie, ma anche mediante lo studio delle situazioni generali della società, ricercando le possibilità di far emergere le autentiche ragioni della giustizia. In tal modo egli ha operato per la soluzione delle questioni relative alla educazione dei carcerati, attuando la sua azione pastorale specialmente a favore delle situazione di maggior disagio economico e umano. La generosità della sua azione, lo stile non formale del suo approccio ai problemi, la genialità di talune soluzioni mi hanno sempre ricordato il carisma tipico di San Giovanni Bosco. […]L’opera di don Luigi è stata notata dal Cardinale Carlo Maria Martini che ha potuto valersi di lui per molti concreti gesti di solidarietà e per gli interventi pubblici a favore della giustizia autentica; molto spesso egli consultava e interpellava don Luigi prima di intervenire su questi temi”.

Mons. Giovanni Giudici, Vescovo di Pavia “La persona di don Melesi merita di essere valorizzata ed è molto stimata; a mio parere, non ci sono dubbi su questo riconoscimento. I motivi fondamentali sono: il suo impegno come direttore ad Arese che ha dato un impronta comunitaria dopo il primo direttore; l’esigenza di interpretare i bisogni dei giovani del ‘68 con l’impegno per i poveri e l’operazione Mato Grosso; l’impegno comunitario per la comunicazione sociale e la rivista “Espressione giovani” con il teatro; il lavoro nelle carceri, chiamato dal card. Martini; egli è però sempre vissuto in comunità; non si è cercato questo lavoro; aveva grande stima da parte del Card. Martini negli anni del terrorismo poi e di “mani pulite” in seguito; fino a farlo diventare Cappellano maggiore delle carceri milanesi. È la sua figura morale, pedagogica ed educativa che spicca. So che nell’ispettoria è considerato un esempio; ed è molto stimato nella Chiesa milanese”.

Don Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore SDB “Cortenova è un piccolo paese di montagna, di gente semplice, laboriosa e dallo spiccato senso della solidarietà e che oggi gioisce per il riconoscimento a un suo paesano per l’importante opera sociale svolta a favore dei poveri, dei giovani, dei carcerati, delle persone più deboli e umili, interpretando a pieno lo spirito e il pensiero di don Bosco. Prete semplice, umile, riservato ma coraggioso. Ricordo le sue visite a Cortenova con i suoi ragazzi di Arese, senza scorta e carabinieri, concedendo a loro fiducia li accompagnava sulla montagna della Grigna, chiudendo poi le giornate con la visita alle officine del paese ove alcuni di loro in seguito hanno trovato lavoro”.

Antonio Melesi, già Sindaco di Cortenova (19801995)

Don Luigi Melesi, l’uomo e il Sacerdote dell’essere e non dell’apparire, del fare e non delle chiacchiere. Conosco don Luigi da oltre cinquanta anni. È il Sacerdote che lavora sodo, il suo Maestro di sempre è il Cristo, il Vangelo, la Parola di Dio. Punti di riferimento don Giuseppe Quadrio, don Francesco Beniamino Della Torre. Sua caratteristica è la disponibilità. Ad Arese non si limitava al contatto con i ragazzi in difficoltà ma instaurava rapporti con le famiglie dove spesso sta il problema del vero del malessere di questi giovani. E così fece con i detenuti del Carcere di San Vittore. Tutto è concentrato nella Messa, nella predica, negli interventi dei detenuti, la confessione, il perdono, la speranza che ogni giorno si può cominciare da capo, la conversione al cambiamento di vita. Molte sono le persone che avendolo incontrato sono passate dal male al bene, mettendosi poi al servizio di persone in difficoltà. È commovente vedere come molti usciti dal carcere vanno soli o in gruppo a trovarlo dai Salesiani in via Copernico. Don Melesi ama questi amici, li educa al bello e alle cose buone, ed è per questo che li incontra anche in luoghi eleganti come il Bar Biffi e la Pasticceria San Carlo. Il mondo sarà salvato dalla bellezza. Un giorno un brigatista irriducibile mi disse “Salvatore dì a Don Luigi di curarsi non possiamo perderlo”.

Salvatore Grillo Ho conosciuto don Luigi nel 1977. Il rapporto di allora era quello di un detenuto con il cappellano del carcere. Io in quel momento ero un piccolo duro, sicuramente non potevo chiedere favori ai preti, il mio “codice” non lo permetteva. Nel 1985 mi trovo coinvolto in una delle più grosse operazioni di polizia riguardante l’associazione con clan mafiosi (processo contro il clan Epaminonda + 385). Mi ritrovo di nuovo a San Vittore, con un enorme faldone di ordini di cattura. Ho rischiato di prendere qualche altro processo anche all’interno del carcere a causa del mio comportamento scorretto e violento. Fortunatamente ho conosciuto una persona con qualche anno più di me, Vittorio, che mi disse: ‘Perché non parli con Don Luigi visto che hai due bambini e se può, sicuramente ti darà una mano?’. Ma io da quell’orecchio non ci sentivo, ma Vittorio non si arrese e mi fece chiamare da don Luigi al quale, un po’ imbarazzato, promisi che sarei andato a trovarlo. Dopo qualche giorno mi chiamò. Così è cominciata la mia conversione. In poco tempo il nostro rapporto si è consolidato. Cominciavo ad avere fiducia in tutto quello che mi diceva e cominciai a credere di potercela fare. Cominciai a fargli da segretario. Dopo qualche anno mi resi conto di come la mia vita fosse cambiata sicuramente in positivo. E pensare che nei 2 anni passati nei bunker processuali, per le mie vicissitudini avevo messo insieme 42 anni di carcere. Ero stranamente tranquillo. La fiducia che mi trasmetteva don Luigi mi caricava e così riuscivo a trasmetterla anche alla mia famiglia, per non perdere la speranza. Ho visto tante persone cambiare: brigatisti, rapinatori, ladri e tanti altri. Ma la cosa che mi impressionava e mi colpiva di più era quando andavamo a fare i convegni nelle scuole, vedere tante persone ostili che si ricredevano dopo averci ascoltato e ci invitavano a tornare ancora una volta. Altri momenti indimenticabili erano le sue messe; vedere le persone che mi stavano vicino commuoversi, e ti garantisco che ce n’era per tutti i gusti: politici, intellettuali, qualche mio compagno e altri. Don Luigi è stato per me il miracolo, questo dicono i miei amici che mi conoscevano bene.

Lucio


Ho trascorso circa 25 anni di carcere per reati legati alla criminalità organizzata (per alcuni giustamente, per altri ingiustamente). Oggi sono un uomo completamente rinnovato, reinserito nella vita civile e sociale e dalla fine della pena (1999/2000) ho sempre lavorato onestamente. All’età di 18 anni ho perso mia madre di anni 43. Mio padre era da 10 anni paralizzato a seguito di un ictus cerebrale. Frequentavo la quinta ragioneria. La mia famiglia era di un’onestà superlativa, di principi e valori della quale a tutt’oggi ne sono onorato. Valori che pensavo di aver assimilato nella mia gioventù. Non riesco ancora oggi a capacitarmi di quello che mi è successo all’improvviso a circa vent’anni: la deviazione, trovarmi a frequentare persone di dubbia moralità con gravi conseguenze. Ero perso! Non credevo più in nulla. Ho girato le peggiori carceri di tutt’Italia e ho conosciuto detenuti di gravi reati. Poi all’improvviso un “Miracolo”. Negli anni ‘70/’80 ero rinchiuso al centro clinico di San Vittore per una grave infezione alla gamba destra a causa di un intervento effettuato nel carcere di Perugia. Il “Miracolo” è scaturito dalla conoscenza del nuovo cappellano del carcere. Credo fosse la prima Messa che celebrava a San Vittore. Nell’ascoltarlo e fissarlo negli occhi ho avuto come un trauma. Sembrava che mi parlasse come un padre a un figlio perso. Con lui è nata una grande amicizia e un affetto indissolubile che tutt’ora esiste. Se ho riacquistato la Fede lo devo a lui oltre che a Dio. Mi ha ritrovato una figlia mai vista che non avevo voluto riconoscere e con la quale oggi, dopo vent’anni, ho un rapporto più che amorevole (la madre ora è suora di clausura presso le Clarisse di Bologna). Di cappellani nelle carceri ne ho conosciuti a decine, eppure di uomini di grande Fede e veramente “Pastori” non credo di averne conosciuti come il caro don Luigi. Grazie a don Melesi, che mi aveva trovato un lavoro all’esterno, sono riuscito a uscire prima della fine pena (2020) e ho continuato il mio percorso da uomo rinnovato rimuovendo completamente il mio passato. Don Luigi mi è sempre stato vicino con grande conforto spirituale e materiale. Lo considero come un fratello, un Padre, un grande uomo e a mio modesto parere, un Santo.

Ugo Bossi Anch’io come tanti altri ho avuto delle disavventure giudiziarie e ho scontato, a testa alta e in modo onorevole, anni 30 di carcere. Fui arrestato nel 1991 e rimasi nel Carcere di San Vittore fino al 1998. Dopodiché fui trasferito in altre carceri italiani l’ultimo dei quali quello di Ariano Irpino (AV). Fu proprio all’inizio di questo mio percorso che ebbi la fortuna di conoscere don Luigi con il quale iniziò, da subito, un rapporto di stima e amicizia sincera, cosa che dura e durerà per tutta la vita. Grazie a don Luigi sono riuscito a conseguire la laurea in Storia. Fu lui che mi convinse a iscrivermi all’Università Statale di Milano. Ero stato condannato a 30 anni di carcere e il giorno dopo venne per salutarmi. Quella mattina, dopo la tremenda condanna, lo vidi arrivare. Si fermò davanti alla mia stanza e mi disse: “Tonino, so già tutto, mi spiace molto, su con il morale e non ti preoccupare: vedrai che all’appello andrà sicuramente meglio”. E aggiunse: “Adesso ti scrivi all’università e vedrai che il tempo ti passerà più in fretta e la condanna ti peserà di meno. E non ti preoccupare per l’iscrizione o per i libri, perché se avrai bisogno ti aiuterò io. E ricordati anche che a casa hai un bella famiglia che ti aspetta. Abbi fede e non ti dimenticare che Dio ti sarà sempre vicino e ti aiuterà a superare questo periodo difficile della tua vita”. A distanza di tanti anni posso affermare che il

nostro buon don Luigi aveva ragione: ho avuto fede, ho pregato e Dio mi è sempre stato vicino, facendomi non solo trascorrere in modo sereno quel tremendo periodo della mia vita, ma addirittura, anche se potrà sembrare un paradosso, di essere contento di trovarmi in quella situazione. Preciso meglio: ero contento perché ritenevo giusto pagare il mio debito con la Giustizia e di poter uscire a fine pena con la coscienza a posto e l’anima pulita. Potrei raccontare tanti aneddoti, ma questo in particolare lo serbo nel cuore. Un giorno venne arrestato un albanese che era scappato poco tempo prima da San Vittore. Don Luigi seppe che quel giovane era stato portato proprio nel reparto speciale in cui c’eravamo io e altri dello stesso regime carcerario. Don Luigi venne nel nostro reparto e chiese agli agenti carcerari di fargli visitare l’albanese appena arrestato. Gli agenti si rifiutarono dicendogli che quel detenuto era isolato. Don Luigi insistette: era un suo diritto di visitare e sostenere moralmente e psicologicamente qualsiasi detenuto. Aggiunse: “Se verrò a sapere che lo avete maltrattato vi farò passare un brutto momento. E ricordatevi che non finisce qui”. Il giorno dopo, tutto contento, riuscì a visitare quell’albanese.

Antonino Chirico Nel gennaio 1980 fui arrestato per reati gravi e portato a San Vittore. Dopo 5 mesi di sofferenza lontano dai miei cari, i miei affetti, il mio lavoro, la Direzione mi affidò un incarico: lavorare come Sagrestano accanto a don Luigi Melesi. Uno dei lavori più ambiti. Nulla accade per caso: Iddio, vera giustizia umana, in un luogo infernale mi mise in condizione di conoscere e lavorare vicino a una persona speciale che cambierà la mia vita. Nell’ufficio di don Luigi ogni giorno c’era una processione di detenuti che chiedevano d’incontrarlo. Un gesto, una parola d’affetto per tutti, dai più poveri (e per questi aveva un’attenzione particolare). Fratello-Padre per tutti, banchieri, imprenditori, farmacisti, nonché quei detenuti con reati e condanne pesantissime. Davanti a don Luigi si presentavano con umiltà ed educazione. Restavo senza parole nel vedere questi ultimi che, davanti a Don Luigi, cambiavano e dimostravano tanta umanità. Ogni mattina arrivava con una borsa piena di indumenti nuovi, scarpe e regali di ogni genere. Ricordo un anziano solo e tanto povero che, davanti al gesto di don Luigi di dargli delle maglie e dei sandali in pelle, al momento di calzarli piangeva dicendo che mai L’autografo di don Melesi per alcune studentesse UPS


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aveva ricevuto dei sandali tanto belli. Nella piccola chiesa accanto all’ufficio, due volte alla settimana don Luigi celebrava la Messa: era sempre stracolma. Tutti volevano ascoltarlo perché nella predica parlava ai cuori di tutti. Io gli raccontavo dei miei cari, delle mie due Meravigliose Bimbe, del mio lavoro di artigiano. Senza dirmi nulla si recò alcune volte dal Presidente della IX sezione del Tribunale di Milano. Dopo 2 anni fui assolto. Nell’abbracciarmi mi disse di non dimenticarmi dei “fratelli detenuti”. Sono uscito e tornato ai miei cari, ai miei affetti e al mio lavoro. Non mi scordai di quella richiesta di don Luigi: insieme ad altri amici ex detenuti, nel 1997 fondammo una Associazione di Volontari con lo scopo di dare ospitalità e integrazione al lavoro.

Angelo Iacona Chi dice che un prete non può avere figli? Tu don Luigi ne hai tantissimi, e pure tanti nipoti, i nostri figli che sono nati dopo che siamo usciti dal carcere e che tu hai continuato a seguire con un’attenzione e una pazienza di cui tante volte mi sono chiesto: “Ma come fai!”. Noi siamo felici e tu devi essere orgoglioso del tuo esserti speso per noi perché sei stato un ottimo COLTIVATORE, hai avuto il coraggio di scommettere su piante in cui nessuno credeva, e hai visto una foresta che silenziosamente è cresciuta. Sei stato, sei, per noi l’uomo della comunicazione vera, quella che va al cuore delle persone. Quando ci siamo conosciuti, ormai trent’anni fa, non eravamo certo persone disponibili al dialogo con chi rappresentava le istituzioni, anche quella della Chiesa. Il carcere poi, la separatezza dal mondo esterno, le pesanti condanne, rendono ancora più duri e sordi, non mansueti come si vorrebbe. ma tu hai avuto fiducia e tanto coraggio, retto da una fede che non conoscevamo. Sei entrato nel ventre della tigre con tutta la tua dolcezza, positività e determinazione. Mi conquistasti con quella messa alla sezione di massima sicurezza, un tavolinetto fragile per altare, tu nel corridoio con a fianco due agenti che ti guardavano con incredulità e fastidio, noi nelle celle di cui eri riuscito a fare aprire i “blindo” cioè le pesanti porte di metallo perché da dietro i cancelli potessimo assistere alla messa, durante la quale li paragonasti ai sepolcri. E poi passasti, contravvenendo ad ogni regola, a salutarci uno ad uno. Ci chiedemmo allora con stupore e ammirazione: “Ma chi è questo prete? Ma chi è quest’uomo?”. Ci avevi riconosciuto una dignità che ci veniva continuamente negata. Sei stato per noi un testimone credibile!

Franco Bonisoli Caro don Luigi, non so che tipo di dottorato ti conferiscano oggi, ma di sicuro sono testimone che già trent’anni fa eri un gran dottore dell’anima! Se mi ricordo bene, ci siamo conosciuti a una di quelle sante Messe che don Caniato ti sconsigliava di

celebrare in mezzo a noi “senzadio”. Non eravamo tanti le prime volte, ma ci hai conquistato tutti con quell’immaginetta del crocefisso con l’elenco, sul retro, dei nostri caduti: persone che ancora oggi è difficile ricordare senza sollevare polemiche, come fosse possibile una diversa “pietas”a seconda del defunto! Avevano, avevamo sbagliato, ma hanno pagato il prezzo più alto possibile. A noi sopravvissuti, ci hai salvato tu. Non hai esitato un attimo a farti portavoce discreto col Cardinale Martini. Ti brillavano gli occhi quando mi hai portato la sua disponibilità a ricevere in Arcivescovado a Milano le armi che i miei compagni ancora liberi detenevano. E la mia lettera che annunciava la rinuncia a quelle armi da parte loro, con il pieno appoggio di oltre cento prigionieri del nostro processo a Milano, non è mai stata in mani più sicure; e i giudici non avrebbero avuto tanti riguardi con te, se te la trovavano, visto che poi hanno fatto passare un paio d’ore di stringente interrogatorio al segretario del Cardinale, don Cortesi, dopo la consegna delle armi. Grazie a te oggi siamo gente libera, capace di dare un diverso contributo di riparazione ai drammi che ci siamo lasciati alle spalle, siamo liberi di operare in modo costruttivo, ognuno con le sue capacità e possibilità, anche per dimostrare che le nostre intenzioni non erano egoistiche: e questo per me è la vera medicina dell’anima. Grazie ancora Don Luigi!

Ernesto Balducchi

Papa Francesco riceve in udienza don Luigi Melesi accompagnato dal prof. Gianfranco Coffele Foto concessa dal Servizio Fotografico Vaticano


La Lezione di don Luigi

dalla parte del colpevole Lectio coram di don Melesi al momento del conferimento del dottorato honoris causa Il mio grazie Incomincio questo mio intervento con i ringraziamenti. Prima di tutto ringrazio il Rettor Magnifico di questa meravigliosa Università, don Carlo Nanni, che mi ha proposto per il dottorato honoris causa in Scienze della Comunicazione sociale, cattedra comunicazione e educazione. Con lui ringrazio il Gran Cancelliere della Pontificia Università, don Pascual Chávez Rettor Maggiore dei Salesiani, il Consiglio dell’Università che ha approvato l’iniziativa di don Nanni. Ma principalmente voglio confessare la mia riconoscenza a Don Bosco: lui mi ha protetto e guidato nella missione tra i ragazzi difficili per 20 anni e per 30 fra i prigionieri del Carcere di San Vittore in Milano. Con gli uni e con gli altri ho sempre praticato il suo SISTEMA PREVENTIVO. Un dottorato in pedagogia evangelica Don Bosco Don Bosco merita il dottorato honoris causa in Scienze dell’Educazione, per i suoi principi di pedagogia operativa e soprattutto per i copiosi e preziosi frutti generati dalla sua passione educativa. Non si è mai pensato di onorare Don Bosco con il dottorato in pedagogia evangelica? Diversi santi sono stati riconosciuti dottori post-mortem, Don Bosco lo merita. Don Braido nel suo “Prevenire non reprimere” scrive che “Don Bosco è apparso a molti contemporanei, e anche in seguito, eccezionale educatore e rappresentante emergente del Sistema Preventivo nell’educazione della gioventù… dal carattere insieme religioso e civile, integralmente educativo e gioioso” (pagg. 125-126). Don Bosco mi ha fatto capire che con il suo Sistema anche i cattivi possono diventare buoni. Aveva descritto a Francesco Crispi, Ministro della Giustizia, e successivamente al Ministro Zanardelli “un progetto preventivo per i giovani pericolanti e pericolosi”, assicurando un esito positivo per tutti. “Fatelo vedere nei fatti!” Anche il Cardinale Giovanni Battista Montini, Arcivescovo di Milano, divenuto in seguito Pontefice, Paolo VI, ha convinto noi salesiani ad accettare la Casa di rieducazione di Arese con questo argomento: “Ma se voi educate i ragazzi bravi, sono buoni tutti, più o meno; ma bisogna che vi misuriate con quelli non buoni, con quelli inguaribili, con quelli ribelli, con quelli pericolosi, con quelli in cui gli altri non riescono: fate vedere, saggiate il vostro metodo. Don Bosco di cui siete tanto bravi apologeti, fatelo vedere nei fatti!”. E l’abbiamo fatto vedere. Questa nostra operazione educativa dal 1955 al 1975 la trovate documentata in “Ragazzi in difficoltà: una prassi educativa”, ricerca curata da questa nostra Università che ha messo in evidenza il recupero dell’87% dei giovani, a confronto dell’11% di quelli recuperati dalle istituzioni dello Stato Italiano. Don Bosco ha applicato questo suo sistema nelle carceri di Torino, per 23 anni. Lo dice nella lettera al Provveditore agli Studi di Torino, dott. Francesco Selmi. Ho tentato anch’io di applicarlo per 30 anni nel carcere di San Vittore in Milano, mettendo in atto le tre energie dominanti del Sistema Preventivo: Ragione, Religione e Amorevolezza, che operano in sinergia, dirette a produrre lo stesso effetto: la crescita armoniosa della persona dell’educatore e di chi viene educato.

Il prof. Mauro Mantovani, don Francesco Cereda, don Luigi Melesi e il prof. Carlo Nanni

Dalla parte del colpevole Che cosa ho fatto? Don Bosco ricordava ai Salesiani, citando gli Atti degli Apostoli, che Gesù prima faceva poi insegnava. Subito mi sono messo dalla parte del colpevole. Anche in questo Gesù Maestro ce ne da’ l’esempio. Non è infatti possibile aiutare una persona a cambiare la sua vita in meglio, se non ci si mette dalla sua parte, se non si prende a carico la sua vita e la sua storia. Solo così lo si può capire interamente, si può collaborare con lui a diagnosticare i mali che lo affliggono, e a trovare insieme i rimedi, per aiutarlo a riconquistare la vera libertà. Quando vediamo un uomo o una donna arrestato e portato in carcere dobbiamo subito domandarci: “Sarà veramente colpevole?”. I media amano sbattere il mostro in prima pagina, l’istituzione carceraria avvalla la notizia e tratta tutti quelli che arrivano in carcere da colpevoli, violando la Costituzione Italiana che afferma l’obbligo di considerare il cittadino “colpevole” solo a sentenza definitiva. I dati dell’ISTAT (Istituto Centrale di Statistica) mettono in evidenza, ogni mese, che il 43%, anche il 50%, della popolazione carceraria è innocente. Quanti ne ho conosciuti! Mi permetto di indicare tre proposte in merito al trattamento degli indiziati: 1. Si dovrebbe preferire gli arresti domiciliari alle solite condizioni. 2. Se portati in carcere metterli in sezioni d’attesa del giudizio e non tra i condannati. 3. Attuare processi rapidi e non in tempi lunghissimi. Ho cercato inoltre di rendere la pena “umana e riabilitativa” per i colpevoli, come ordina la Costituzione Italiana. Bonificare il terreno umano con pazienza e costanza Purtroppo in Italia il trattamento dei detenuti è inumano e degradante. È il giudizio del Tribunale dei diritti umani di Strasburgo. Anche il Presidente della Repubblica ha denunciato “la situazione carceraria disumana e al limite del vivere civile: una mortificante conferma dell’incapacità del nostro stato a garantire i diritti elementari dei reclusi”. Personalmente ho cercato di bonificare il carcere: con l’intervento dell’Assessore Regionale, il dott. Peruzzotti, sono state abolite le celle con i letti di contenzione; venne ristrutturato il Centro Clinico e ospe-


35 daliero. Ho interessato il Tribunale di Strasburgo per far chiudere definitivamente le celle sotterranee del carcere dette “i topi”, presenti in gran numero. Con alcuni volontari abbiamo organizzato laboratori di pelletteria, vetreria, sartoria nella sezione femminile, la scuola di informatica. Ho creato la Biblioteca con mobili appropriati e 13mila volumi, aiutato dai Salesiani di Milano e dal Presidente di Mediaset. Per migliorare l’organigramma degli operatori in carcere ho interessato l’onorevole Martinazzoli, Ministro della Giustizia, perché promuovesse la presenza di educatori e psicologi nel carcere a servizio dei detenuti. Mi sono soprattutto impegnato a stare vicino ai prigionieri e ai loro famigliari: un terreno da bonificare, vangare e sgombrare dai sassi, come la vigna di Isaia. Bonificare un terreno umano richiede pazienza e costanza, solo un lavoro certosino può liberare il cuore umano dai mali che lo infestano compromettendo la crescita delle virtù produttive seminate dal Vangelo. Sconfiggere l’angoscia Ho scoperto che uno dei mali più distruttivi della persona è l’angoscia, presente in ogni detenuto, e in tutti coloro che si trovano in difficoltà. Nasce dalla non accettazione della propria vita, storia, circostanze, ambiente, in ultima analisi della non accettazione di sé stesso. Ed è proprio l’amore di chi lo avvicina, insieme all’amore di Dio, che lo libererà da questo male che lo condurrebbe inesorabilmente alla disperazione. E questo lavoro educativo è già evangelizzazione, rafforzata e perfezionata dalla semina della Parola di Dio. Per stimolare le forze propulsive del pieno sviluppo della persona e dell’intera umanità, ragione, religione e amore, ho favorito prima di tutto il dialogo individuale: li ascoltavo tutti, per farmi ascoltare da tutti, di qualsiasi religione e nazionalità. A San Vittore ci sono prigionieri che provengono da più di 80 nazioni. Con pazienza e grande commozione ascoltavo i loro racconti, anche i più banali, per giungere al cuore dei loro problemi, non di rado “inconsci” anche per loro.

una terapia di gruppo capace di produrre effetti educativi sorprendenti, anche in chi non è cristiano. Il teatro, palestra di vita Una scuola assai educativa dei detenuti l’ho sperimentata nel teatro, in particolare nello psicodramma che coinvolge il pubblico in prima persona. Il teatro è stato una palestra di educazione e di comunione: una via che conduce a scoprire sé stesso e a scoprire il senso della vita oltre la finzione. Adesso il teatro si sperimenta in molte carceri. Gli argomenti della nostra catechesi li potete trovare in questo libro dal titolo: “Chi ci salverà?” edito dall’Elle Di Ci. Siamo partiti dalla conoscenza di sé e poi dell’uomo e della donna, alla ricerca del senso della vita e delle sue finalità, seguendo costantemente in ogni argomento degli insegnamenti della Bibbia, Parola rivelata da Dio. Attraverso le nostre riflessioni siamo giunti a condividere S. Paolo che, scrivendo ai Romani, afferma che “la ragione se usata bene ci porta a conoscere Dio, quello vero, che si manifesta a tutti attraverso le sue opere. Le meravigliose opere di Dio sono visibili alle persone umili, attente e aperte, a chi non vaneggia nei propri ragionamenti, resi stolti, travolti dal maligno, dominati da passioni infami e abbandonati all’ingiustizia” (Lettera ai Romani, cap. 1). Vedete anche voi che la ragione ci introduce naturalmente nella religione, virtù fondamentale del Sistema Preventivo. E l’uomo religioso riceve il dono della fede che aiuta la ragione a conoscere meglio i misteri di Dio e dell’uomo trasmessi a noi da testimoni autentici. Una fede che trasforma E la fede ci porta alla conversione, e ci aiuta sicuramente a vivere meglio. Anche l’On. Rattazzi, Ministro della Giustizia, si era accorto della trasformazione dei ragazzi del riformatorio di Torino. Quando seppe dello splendido successo della gita a Stupinigi di Don Bosco con i 300 ragazzi della Generala, fuori di sé per la meraviglia, gli chiese: “Perché lo Stato non ha sopra di loro l’ascendente che lei ha dimostrato?”. “Eccellenza, rispose il Santo, la forza che abbiamo noi è una forza morale. Lo Stato non sa che comandare e punire: noi invece parliamo al cuore della gioventù, e la nostra è la Parola di Dio”. Don Bosco aveva parlato al cuore di quei ragazzi, per più giorni; aveva predicato a loro gli esercizi spirituali nello stile di S. Ignazio; aveva guadagnato la loro fiducia manifestando per loro grande stima e amicizia sincera. Tutti quelli che, impegnati nell’educazione, stanno con i ragazzi alla maniera di Don Bosco, ottengono, ancora oggi, gli stessi suoi risultati meravigliosi e sorprendenti.

La Parola come terapia di gruppo Cercavo poi insieme delle soluzioni progettando comportamenti e obiettivi possibili e condivisi: fino a coinvolgere la loro volontà che si determina a perseguirli con tenacia e costanza. Mi preoccupava di portarli a prendere la propria vita sul serio. Ho praticato molto le conversazioni di gruppo durante la celebrazione feriale della Santa Messa, stimolando la partecipazione di tutti all’ascolto e agli interventi. Un’altra azione assai efficace per educare ha ragione, il cuore e la volontà è stata la Santa Messa festiva con il Vangelo meditato e contemplato: Gesù è un grande formatore di personalità se presentato con autenticità, convinzione e passione. Uno psicologo, professore all’Università Bicocca, che più volte ha partecipato alla nostra Il pubblico presente al conferimento del Dottorato Honoris Messa domenicale, l’ha definita Causa a don Melesi. A destram Franco Bonisoli



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notizieups•l’Evento

maria ausiliatrice gni anno l’Università Pontificia Salesiana celebra solennemente la festa dell’Ausiliatrice, titolo mariano per il quale Don Bosco si impegnò considerevolmente per la divulgazione della devozione nel mondo. Per l’UPS questa solennità salesiana coincide con la conclusione delle lezioni dell’anno accademico in corso e la manifestazione culturale Incontro dei Popoli, espressione della “mondialità” dell’Università di Don Bosco per i giovani. La festa poi, come abbiamo avuto modo di scrivere altrove, coincideva con un altro evento importante quanto topico della “specialità” educativa dell’UPS, e cioè il riconoscimento dell’alto valore dell’opera educativa di don Luigi Melesi, salesiano di Don Bosco, tra i giovani del riformatorio di Arese e i detenuti del carcere di San Vittore di Milano. La congiuntura si è felicemente sposata con l’animazione del gruppo indiano di Incontro dei Popoli e la presenza dell’Ambasciatore dell’India in Italia, S. Ecc. Gupta

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Basant Kumar, e infine la promessa di quattro nuovi Salesiani Cooperatori che stanno compiendo gli studi nella nostra Università. Ma raccontiamo con ordine. Dopo l’atto accademico in cui si conferiva a don Melesi il dottorato honoris causa in Scienze della Comunicazione sociale, la comunità accademica si è trasferita nella chiesa parrocchiale di Santa Maria della Speranza dove ha celebrato la solenne eucaristia presieduta da don Maria Arokiam Kanaga, consigliere regionale per l’Asia Sud. Tra gli altri concelebranti il neodottore don Melesi, don Francesco Cereda, consigliere generale per la Formazione, e don Joaquim D’Souza, superiore religioso dell’UPS. Don Arokiam ha focalizzato il suo intervento omiletico sulla devozione mariana in India dove il titolo di “Aiuto dei cristiani” deve essere “mediato” culturalmente con un titolo che comprenda e non escluda gli uomini e le donne appartenenti ad altre religioni, per ovvie ragioni di dialogo e rispetto interreligioso. Attraverso il racconto di un aneddoto devoto, la cui immagine suggestiva evocata dalle parole del presidente dell’eucaristia mo-


photogallery di Giuseppe Natale

strano Maria accudita e accompagnata con amore filiale da San Giovanni nell’isola di Patmos in dialogo con il Figlio Risorto, confermavano il mandato della Vergine come madre e sostegno dell’umanità redenta da Cristo. La preghiera del Credo, in questo anno speciale dedicato alla Fede, è stata sottolineata dalla danza di alcune suore indiane che delicatamente muovevano delle composizioni floreali tra le loro mani da cui si sprigionava l’odore delicato del profumo di incenso proveniente dalle loro terre. La celebrazione è proseguita con la promessa di quattro studenti che hanno espresso pubblicamente e solennemente la loro volontà di appartenere alla Famiglia Salesiana davanti al superiore religioso della Visitatoria don D’Souza. I nuovi salesiani cooperatori sono: Yuri, Ilaria, Nicholina e Silvia. La celebrazione è stata animata dal

coro universitario guidato dal prof. Alvati. Dopo il pranzo, la festa è continuata con la premiazione dei tornei sportivi e la menzione degli studenti che in quest’anno accademico si sono distinti per la generosa disponibilità nell’opera di animazione delle attività dell’Equipe di Pastorale Universitaria nel Segretariato Studenti, merito che è stato sottolineato dalla menzione del Rettore e dal premio loro consegnato. La conclusione della festa è stata affidata alle musiche del dj Mirko Alimonda, Special Guest, ex-allievo della FSE con l’hobby dell’animazione musicale delle feste ormai a livello professionistico. Poco prima, i gruppi nazionali degli studenti hanno avuto modo di presentare ancora una volta le performance della loro cultura con danze e balli tradizionali. di Renato Butera


INCONTRO DEI POPOLI 2013 INCONTRO DEI POPOLI 2013

L’anno d di Renato Butera

stata l’India la nazione che ha aperto l’edizione 2013 di Incontro dei Popoli, la tradizionale iniziativa che chiude l’anno accademico dell’Università e arricchisce il programma della festa di Maria Ausiliatrice dell’UPS, quest’anno fra l’altro ulteriormente impreziosita dal dottorato honoris causa a don Luigi Melesi. Il consistente gruppo di docenti e studenti indiani presenti all’UPS hanno allestito all’ingresso dell’Università una piccola mostra con foto, oggetti e musiche tipiche della loro tradizione multiculturale. L’India infatti, è un vero e proprio continente che racchiude in uno scrigno prezioso una varietà di espressioni culturali millenarie che opportunamente la fanno considerare un vero e proprio continente. Il gruppo indiano ha animato i due momenti che avviavano e concludevano la manifestazione con le musiche, le danze, i gesti rituali e la varietà dei colori dei loro vestiti tradizionali più belli ed eleganti. Nonostante il “disturbo” della pioggia in questo irregolare e insolito mese di maggio, Incontro dei popoli ha sfidato il tempo e ha ugualmente seguito le manifestazioni così come era previsto dal programma. Il 13 maggio gli studenti indiano hanno aperto l’edizione esibendosi sul palco allestito nel cortile superiore dell’Università durante il tempo della ricreazione lunga di mezza mattinata. Martedì 14 è stata la volta del gruppo latinoamericano composto dalle nazioni americane di lingua spagnola. Mercoledì 15 il palco ha ospitato la performance del gruppo del Congo e il giorno dopo, giovedì 16 si è esibita la nazione invitata dello scorso anno, e cioè il Brasile. L’Italia ha avuto due momenti in questa edizione: venerdì 17 si è esibito il “Gruppo Psyco” e giovedì 23 il “Gruppo popolare” che ha eseguito danze delle tradizioni regionali del sud. Il 20 la Polonia ha voluto ancora offrire alcune danze della sua tradizione popolare. Martedì 21 è stato il turno del gruppo del Madagascar, e il 22 sul palco si è esibito come ormai è consuetudine in queste ultime edizioni di Incontro dei Popoli il consistente e divertente gruppo di studenti Rumeni. Le ricreazioni sono state così caratterizzate da un momento di scambio culturale e di allegria con quel tocco di internazionalità che è una delle specificità dell’Università Salesiana che quest’anno ha iscritti da circa 100 paesi di tutti e cinque i continenti. Incontro dei Popoli si è conclusa nel giorno

È


INCONTRO DEI POPOLI 2013 INCONTRO DEI POPOLI 2013

ell’India della Festa di Maria Ausiliatrice con la graditissima visita dell’Ambasciatore dell’India in Italia, S. Ecc. il Sig. Gupta Basant Kumar, accompagnato dal Ministro per gli Affari culturali, Sig. Rajesh Komar Agnihotri, e dalla Segretaria/Interprete, Sig.ra Concetta Vergalito, onorando l’intera comunità accademica con la sua importante presenza. A S. Ecc. l’Ambasciatore, il Rettore ha consegnato la medaglia dell’Università Pontificia Salesiana come apprezzamento di tale visita nonostante i suoi molteplici e importanti impegni. La festa si è conclusa con il pranzo, la premiazione dei vincitori dei tornei sportivi, le danze delle diverse culture dei popoli dell’UPS (gruppi nazionali e/o continentali), e i balli animati dalla musica mixata dal dj Mirko Alimenti, ex-allievo della FSC.

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recensioni a cura di Renato Butera

Gabriele QUINZI - L’esperienza del nascere e del dare alla luce. Appunti pedagogico-educativi in un orizzonte di fede La problematica fondamentale da cui prende spunto questo studio è il rilievo che gli esseri umani, in molte parti del mondo - specie nei Paesi industrializzati -, nascano in maniera “violenta” e non vivano questa esperienza “iniziatica” in modo pienamente umano e degno di una creatura di Dio. Il nascere costituisce un evento portante nella vita di ogni uomo. Oggi, una serie di fenomeni - tra cui tecnicismo, medicalizzazione e secolarizzazione - rischiano di impoverirne la qualità umana. Si potrebbe perdere così la dimensione sapienziale che l’umanità ha acquisito nel corso dei millenni e che considera l’esperienza del nascere una “esperienza forte”. Il volume intende attivare una riflessione educativa, in ottica di fede, sulle questioni considerate; rilevare l’inadeguatezza di certe pratiche di ostetricia oggi ancora largamente diffuse; dimostrare che si può far nascere un bambino in una maniera più dignitosa della sua natura umana e spirituale; delinea e proporre delle indicazioni pedagogico-pastorali fondamentali a livello familiare.

Franco LEVER - Mauro MANTOVANI (edd.) Tra Silenzio e Parola. Percorsi di comunicazione Silenzio e Parola. Cammino di evangelizzazione è il tema del Messaggio di Benedetto XVI in occasione della XLVI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del maggio 2012. Alla luce di questo testo, riportato integralmente, alcuni docenti FSC (S. Blasi, M. A. Chinello, A. Giannasca, F. Lever, M. Mantovani, F. Pasqualetti, M. P. Piccini, Vittorio Sammarco, C. Tagliabue), offrono nove saggi sulle tematiche del Messaggio a partire dalle loro specifiche competenze. Si tratta di “Percorsi di comunicazione” utili per gli “addetti ai lavori” nel campo della comunicazione e per chi opera negli ambiti della promozione e animazione sociale, culturale, educativa e nell’azione pastorale. Questa raccolta, infatti, realizzata all’interno della significativa cornice dell’Anno della Fede e del 50.mo anniversario dell’Apertura del Concilio Vaticano II, rappresenta un contributo alla riflessione sulla trasmissione e comunicazione della fede nell’oggi della Chiesa e di un mondo in sempre più rapida trasformazione.

Francis-Vincent ANTHONY - Bruno BORDIGNON (edd.) Don Bosco teologo pratico? Lettura tecnologico-pratica della sua esperienza educativa Qualificare Don Bosco come teologo pratico non implica negare le qualifiche di educatore, pastore, prete, padre, maestro, amico o santo, ma aggiungerne una che le potenzia e fa comprendere la sua personalità poliedrica. Il volume raccoglie i contributi di sei studiosi dell’UPS. Dopo aver collocato Don Bosco nella teologia pastorale cattolica del suo tempo, M. Midali spiega perché il Santo merita la qualifica di teologo pratico. B. Bordignon indica nel processo conoscitivo umano competente l’elemento per approfondire il rapporto tra pensiero e azione in Don Bosco. F.V. Anthony fa emergere la visione teologico-pratica di Don Bosco analizzando le prospettive sottostanti la formula «buoni cristiani e onesti cittadini». M. Wirth documenta l’amore di Don Bosco per la Bibbia e traccia l’uso pratico, pastorale che ne faceva. A. Romano propone la prospettiva metodologico-catechetica per annoverare il Santo educatore tra i “catecheti pratici dell’Ottocento”. R. Tonelli, infine, fa emergere il filo rosso che collega i contributi degli altri relatori: cercare il cuore dell’agire di Don Bosco, il meta-pensiero presente nella sua prassi.

Jose KURUVACHIRA Mistero o paradosso? Temi aperti di Filosofia della Religione Nel mondo globalizzato della postmodernità, la religione è una delle materie più studiate e discusse, e la gente spesso fa domande come: Che cos’è la religione? Può essere definita? Come ha avuto origine? In che modo la religione influenza i diversi aspetti della vita umana? Come si possono spiegare i fenomeni delle esperienze religiose, e perché esse hanno un’influenza così eccezionale sulla vita umana? Perché alcune religioni fanno emergere gli orientamenti violenti del fondamentalismo? A questa serie di domande tenta di rispondere lo studio di Jose Kuruvachira, docente della Facoltà di Filosofia dell’UPS di Filosofia della Religione e Storia delle Religioni, che ha conseguito il dottorato in filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana. Il suo saggio è un tentativo di esplorare tali temi così importanti e tratta della religione in cinque capitoli.


notizieups editrice Mario MIKULINCER - Phillip R. SHAVER L’attaccamento in età adulta La lettura del libro risulterà certamente molto utile: ai ricercatori, perché presenta una rassegna delle indagini più aggiornate sul tema dell’attaccamento; agli studiosi della mente e ai clinici, perché la chiarezza dei costrutti teorici esposti, validati dalla ricerca empirica e sperimentale, getta nuova luce sulla natura dei processi dell’attaccamento; agli studenti universitari che si accostano allo studio delle scienze psicologiche, perché possono cogliere con immediatezza l’ancoraggio della teoria alla ricerca e il legame tra le relazioni d’attaccamento e la costruzione della mente umana, nonché la preziosa dialettica di ciascuno con il mondo delle relazioni ai fini adattivi. Il volume costituisce uno straordinario compendio, ben articolato e di facile consultazione, per coloro che sono interessati ad approfondire il nesso tra costrutti psicologici specifici, tra cui l’autostima, e i modelli di attaccamento dell’adulto. Facilita la ricerca bibliografica aggiornata sul tema dell’attaccamento adulto e fornisce riferimenti e strumenti preziosi per ulteriori ricerche.

J. BINNEBESEL - Z: FORMELLA - P. KRAKOWIAK - U. DOMZAL Experiencing a suffering - vol. 1 e 2 La sofferenza è un’esperienza universale, una realtà in cui tutti, presto o tardi, ci troviamo coinvolti e forse sovrastati. È anche vero che la sofferenza umana è multi-dimensionale. Essa tocca le varie dimensioni della nostra esperienza umana: fisica, psicologica, sociale, morale e spirituale. Perciò la sofferenza umana chiede compassione, rispetto e impegno. I due volumi, che raccolgono i contributi di quattro specialisti tra cui quello del prof. Zbigniew Formella, direttore dell’Istituto di Psicologia della FSE dell’UPS, presentano una ricerca psicologica e spirituale sulla realtà della sofferenza umana, cercando di offrire una migliore comprensione e un migliore approccio a questo mistero. La loro lettura può essere di grande aiuto per tutti quelli che sono implicati nella nobile missione di assistere e prestare cura a coloro che, per una ragione o l’altra, sperimentano la sofferenza.

Carlo NANNI All’indomani del Concilio di Trento. Il Sinodo del Vescovo di Castro Girolamo Maccabei Il volume contiene gli Atti del Sinodo celebrato da Girolamo Maccabei, vescovo di Castro dal 1543 al 1568, il 16 novembre 1564, a neppure un anno dalla fine del Concilio di Trento e appena qualche mese dopo la promulgazione dei Decreti conciliari a opera di Papa Pio IV. Gli Atti testimoniamo il tempismo del vescovo Maccabei nell’applicazione del Concilio, alla pari di san Carlo Borromeo, vero animatore del Concilio: il Maccabei fu insieme con lui a Trento e trattenne con lui corrispondenza epistolare. Il Sinodo Maccabei mostra di essere attento al proprio contesto socio-culturale di riferimento non semplice: infatti, alla piccola diocesi castrense appartenevano parrocchie site nel Ducato di Castro e in quello di Latera-Farnese oltre che in quella che fu la Repubblica di Siena e in seguito Granducato di Toscana. Fece conoscere i Decreti tridentini, tolse abusi locali, ristabilì l’autorità del vescovo sul clero e sul popolo castrense. La presentazione degli Atti di questo Sinodo ha anche un valore di testimonianza documentaria sia dal punto di vista letterario che dal punto di vista storico e culturale.

Ferdinand ULRICH L’uomo come bambino. Per un’antropologia filosofia dell’infanzia Il volume di Ferdinand Ulrich è allo stesso tempo un’indagine pedagogica e un’argomentazione filosofica. Il testo non è un’appendice di storia dell’educazione, ma fa di un’appassionata ricerca sulla condizione umana un’articolata dottrina. Risale al 1970, ed è tuttavia di notevole attualità proprio perché coglie il fondamento del discorso sull’uomo e sul suo destino, rompe quel silenzio sull’essenziale che oggi spesso accompagna la superficialità di tanta letteratura sull’argomento. Si tratta di un saggio di ontologia esistenziale dell’educazione familiare di ispirazione cristiana che illumina problemi di oggi inserendoli in un quadro speculativo non privo di connessioni con la prospettiva teologico-filosofica di Hans Urs von Balthasar. “Il volume si pone fin dall’inizio la domanda se l’infanzia è un periodo transitorio nello sviluppo dell’uomo o piuttosto una condizione symbolos della condizione umana in se stessa? Ulrich sostiene, con puntuali e persuasive argomentazioni, la seconda posizione. […] Il testo di Ferdinand Ulrich può considerarsi un invito a vedere nel fanciullo una chiave di lettura della autentica realtà dell’uomo” (Armando Rigobello).


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notizieups•amici UPS

Cari amici e Benefattori dell’UPS,

eccoci alla fine dell’anno accademico 2012-2013. È risaputo che la conclusione coincide con l’apertura “ufficiale” del prossimo anno accademico; ma ci piace dire che le lezioni e gli esami corrispondenti si concludono a fine maggio e a fine giugno. 1. Potremmo dire che è stato un anno “sereno e ricco di bene”; ed è molto dire. Poterlo dire è motivo di gioia e, conseguentemente, di ringraziamento. Un grazie a tutti quelli che l’hanno reso possibile. In tutte le case di Don Bosco, e quindi anche nelle comunità dell’Università, verso la fine dell’anno si fa la festa della riconoscenza, la festa del grazie. Mentre una volta era riversata tutta sul Direttore, nei tempi più recenti è la festa del “grazie reciproco”. Anche a nome dei miei colleghi e dei duemila studenti dell’UPS vorrei farmi portavoce della nostra riconoscenza nei Vostri confronti per la simpatia con cui ci avete accompagnati durante l’anno accademico, per il supporto delle Vostre preghiere e, nel caso di alcuni di Voi, anche per l’appoggio economico che continuiamo a richiedervi. 2. Maggio è il mese mariano e per noi salesiani, in un modo specialissimo, il mese di Maria Ausiliatrice, la cui festa celebriamo il 24 . Mi è impossibile ignorare questa data così significativa per tutti noi e non invitarVi a focalizzarla pure da parte Vostra. Don Bosco è stato l’instancabile propagatore della devozione a Maria Ausiliatrice e invitava tutti, specialmente coloro che avevano bisogno di grazie di qualsiasi genere, a coltivare la devozione all’Ausiliatrice e sperimentare così che cosa fossero i miracoli! È arrivato a dire che ogni mattone della basilica di Maria Ausiliatrice, da lui voluta e costruita, rappresentava una grazia della potente Madre di Dio. La basilica, potremmo dire, l’aveva costruita lei stessa! Don Bosco suggeriva di fare la novena all’Ausiliatrice e col suo stile apostolico indicava tre condizioni: la fede; la conversione di vita; l’offerta di una generosa beneficenza secondo le proprie capacità, ma senza piccinerie, per i per i più bisognosi. E le grazie - a volte, autentici miracoli - arrivavano puntuali!

S. E. Gupta Basant Kumar, Ambasciatore dell’India in Italia e il prof. Gf. Coffele

P.S.: Una borsa di studio annuale ha un costo di circa 10.000 €. Si può partecipare anche con sussidi parziali: tasse accademiche: 1500 € un mese di alloggio: 300 € libri e dispense accademiche: 500 € tessera mensile: 25 € malattie: 200 € Le offerte possono essere effettuate tramite: CONTO CORRENTE POSTALE ccp 95427936 intestato a: Associazione Pro Universitate Don Bosco Onlus - P.zza dell’Ateneo Salesiano, 1 00139 Roma. Cod. Fisc. per il 5X1000: 97536950583 BONIFICO BANCARIO dall’Italia C/c presso Banca Popolare di Sondrio, Ag. n°19 di Roma IBAN IT 79 Q056 9603 2190 0000 3622 X21 BONIFICO BANCARIO dall’Estero C/c presso Banca Popolare di Sondrio, Ag. n°19 di Roma IBAN IT 79 Q056 9603 2190 0000 3622 X21 SWIFT POSOIT22

3. Quest’ultima condizione mi permette di passare alla terza riflessione che vorrei condividere con Voi. Mi ha colpito l’aver letto ne L’Osservatore Romano che proprio in questi giorni è in corso a Lourdes un’adunata di 12.000 persone - fra loro PER ULTERIORI INFORMAZIONI tanti i giovani -, convocati dal Consiglio Episcopale per la Solidarietà. Il pensiero Rev.do Prof. Gianfranco Coffele guida era che nella crisi economica che attraversiamo, l’incontro e la condivisione Direttore Ufficio Sviluppo fra persone rese fragili dalla vita possono trasformare le comunità e la società. Il e Relazioni Pubbliche dell’UPS, motto dell’incontro: “Diaconia 2013: serviamo la fraternità”. Fra i dodicimila, tre- P. zza dell’Ateneo Salesiano, 1 - 00139 Roma, mila erano in condizione di precarietà. La riflessione si è fatta eco delle prime pa- Tel. 06 872 903 32; Fax 06 872 906 82; Mail: coffele@unisal.it role e dei primi gesti di Papa Francesco che invitavano a rivolgere l’attenzione verso l’altro e l’appello a vivere un “cammino di fratellanza, di amore e di fiducia”. Il programma “Diaconia 2013: serviamo la fraternità”, si aggancia, di fatto, al n. 25 NOTIZIE UPS GIUGNO 2013 della Deus caritas est di Benedetto XVI, che legge: “L’intima natura della chiesa si Direttore Responsabile: Riccardo Tonelli Direttore di Edizione: Renato Butera esprime in un triplice compito: annuncio della parola di Dio (kerygma-martyria), ce- Redazione: Carmen Barbieri, Fabrizio Emigli, Stefano Mura lebrazione dei sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti Foto: Renato Butera, Emiro Cepeda, Fabrizio Emigli, che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro”. Giuseppe Natale, Giuliano Vettorato e gli studenti Giulia Anche noi osiamo proporre di mettere il “servizio della carità” al centro della no- Angelucci, Matteo Angioni, Chiara Ferrarelli, Tonino Garufi, stra vita, sapendo che ne verrà ulteriore perfezionamento anche per gli altri due. Di Ermanno Giuca, Mathew Muriankari, Jember Pico, fronte a tante necessità e miserie di ogni tipo, ci dobbiamo lasciar urgere dalla ca- Valeria Presti, Jolanda Squillace. rità di Cristo e dalla capacità di condivisione. Nessuno è così povero da non avere Hanno collaborato: Cesare Bissoli, Ubaldo Montisci, Coffele, Antonio Escudero, Jesús Manuel García, niente da dire - niente da dare! Chissà sia arrivato il momento di vivere in un modo Gianfranco Mauro Mantovani, Manlio Sodi, Luis Rosón, Giuliano Vettorato, diverso, per poter attivare iniziative concrete di solidarietà. È inscindibile il ri- Miroslaw Wierzbicki. chiamo tra i servizio della carità e il servizio della Parola da una parte, e il servizio Progetto grafico, impaginazione: Fabrizio Emigli della liturgia dall’altra. Comunque, possiamo dire che l’impegno socio-caritativo Per ricevere la rivista: UPS - Piazza Ateneo Salesiano, 1 dei cristiani ne guadagnerebbe se si ricaricasse maggiormente nella Parola e nella 00139 Roma - ufficiostampaups@unisal.it - www.unisal.it celebrazione. La diaconia - oltre al mero richiamo “caritativo” - dovrebbe impre- Tel: 06.872901 gnare ogni aspetto della vita del cristiano; ce lo ricorda san Paolo quando ci dice che in Al centro, S. Ec. il Sig. Ambasciatore accompagnato da collaboratori dell’Ambasciata, insieme al vicerettore prof. Coffele e alcuni fra i molti professori e studenti indiani dell’UPS Cristo Gesù ciò che conta è “la fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Galati 5, 6). La Vergine Maria che, appena concepito il Figlio di Dio, “si alzò e andò in fretta” (Luca, 1, 39) a servire umilmente Elisabetta, sia il nostro modello di diaconia della carità e di annuncio del messaggio. Auguro mesi sereni, vissuti “diversamente”, sotto la pressione della carità di Cristo. Roma, 13 maggio 2013 Vostro obbl.mo Sac. Gianfranco Coffele Vicerettore


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