Rivista Notizie UPS_N.5 2009

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u Tesi, istruzioni per l’uso. u

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forse non tutti sanno che... di Lucia Aversano

La consegna delle Tesi

il traguardo da tutti sperato: triennale, licenza o dottorato che sia la tesi è croce (e che i miei colleghi uomini/donne di chiesa non me ne vogliano se uso questo termine) e delizia di ogni studente dell’UPS e non solo. Chi c’è già passato lo sa: la tesi rappresenta un periodo di forte stress corredato da: ansia “anticipatoria”, notti insonni, secchezza delle fauci – soprattutto quando si ripete – e fobie di ogni genere che nessuno avrebbe mai pensato di avere fino a quel momento. Ma fortunatamente è solo un periodo e come tale ha una fine. In questa sede però ciò che ci interessa è l’inizio. Ovvero, cosa si deve fare per cominciare la tesi? Qui in Italia c’è un detto: chi ben comincia è a metà dell’opera. Perciò, per cominciare bene una tesi, la prima cosa da fare è trovare un’idea. Dopo aver trovato quest’idea, che può scaturire da un corso che si è particolarmente apprezzato o può nascere dall’interesse verso un dato argomento, il passo successivo da fare è quello dello schema di tesi. Lo schema, o progetto, di tesi è un passaggio centrale del lavoro finale che, se fatto bene, rappresenta gran parte di quello che si andrà a scrivere all’interno del proprio lavoro. Fin qui non si è aggiunto nulla di nuovo a ciò che molti già sanno, infatti, in alcune facoltà, ci sono corsi appositi che insegnano come compilare uno schema nei minimi dettagli. Ci sono però alcune informazioni che è bene sapere quando si comincia un progetto di tesi, e queste informazioni sono di carattere tecnico- amministrativo. Prima di tutto, il lavoro della tesi è un lavoro che ha una valenza legale e come tale deve sottostare a tappe obbligate. Una di queste tappe è quella della consegna del progetto in segreteria entro e non oltre – pena il pagamento di una multa – la fine del penultimo semestre di frequentazione. Detto in altre parole, il progetto di tesi va consegnato il semestre che precede il semestre conclusivo del ciclo di studi. Una volta consegnato, lo schema viene dato al Consiglio di Facoltà mentre il suo titolo viene inserito in un archivio apposito della segreteria. Nel momento in cui il consiglio di Facoltà approva (o disapprova) uno schema, è la segreteria a far pervenire allo studente la delibera del Consiglio. Bisogna

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tener ben presente che tutte le operazioni riguardanti la tesi sono operazioni che hanno scadenze fisse le quali possono essere trovate dallo studente all’interno del Calendario delle Lezioni. Questa precisione nelle scadenze è dovuta anche alla caratteristica principale della nostra Università: la multietnicità. In teoria queste scadenze, in apparenza molto rigide, servono a tutti quegli studenti che hanno problemi di tempo: come ad esempio chi va avanti grazie alle borse di studio e chi sta in Italia con il permesso di soggiorno. Ma anche semplicemente per non far si che lo studente si “rilassi troppo” e magari perda di vista l’obiettivo finale. Tornando alla tesi, il Segretario Generale, don Jaroslaw Rochowiak, ci racconta alcuni passi falsi che sono soliti fare gli studenti: “Capita ad alcuni progetti di venir rifiutati perché troppo ambiziosi, altre volte succede che gli studenti si dimentichino di presentare lo statino per difendere la tesi e quindi la macchina organizzativa della discussione finale non si mette in moto, altri ancora si scordano di presentare la domanda assieme alla tesi”. Sono sciocchezze ma a volte un po’ di attenzione fa risparmiare molto tempo. “Altre volte capita che lo studente si affidi al professore per le scadenze e viceversa fa il professore il quale si affida allo studente con il risultato che il progetto o la tesi stessa non vengano consegnate per tempo”. Per fugare ogni dubbio le prossime scadenze sono il 18 Maggio e il 4 Settembre. Per concludere ecco alcuni numeri: nella nostra Università, in media, durante l’anno accademico si difendono circa 250 tesi di Baccalaureato e pressappoco 200 tesi di Licenza più 40 tesi di Dottorato. Nell’archivio della segreteria ci sono circa 2.500 tesi di Baccalaureato, 10.000 tesi di Licenza e 1.100 Dottorati. Oltre a ciò, dall’anno scorso, è possibile consultare on-line, all’indirizzo segreteria@unisal.it , l’elenco dei titoli delle tesi che si trovano in archivio. È inoltre possibile - da parte degli studenti - consultare le tesi che si trovano in archivio anche se purtroppo l’archivio, non essendo adibito a questa funzione, non può ospitare più di due persone per volta. Ciò detto, buon lavoro e buona tesi!


uaggregati, affiliati o sponsorizzati u

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i modi di appartenere all’Università Salesiana ne parla il Segretario Generale don Jaroslaw Rochowiak i sono delle realtà legate all’UPS che noi studenti non conosciamo bene, o non conosciamo affatto. Un esempio sono i centri aggregati, affiliati e sponsorizzati. Quasi tutte le facoltà dell’Università Salesiana hanno dei centri sparsi in tutto il mondo e a loro collegati. Per conoscerne meglio qualità e funzionalità abbiamo chiesto al Segretario Generale don Jaroslaw Rochowiak di parlarcene.

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Cosa sono i centri aggregati, affiliati e sponsorizzati? Sono centri di studio collegati con la nostra Università sparsi in tutto il mondo. La loro finalità principale è quella di dare la possibilità anche a studenti che studiano in altre parti del mondo e che non possono venire qui a Roma, di raggiungere i gradi accademici offerti dalle università pontificie. Ci sono vari livelli di legame tra un centro di studio e la nostra Università. L’affiliazione, per esempio: i centri che si qualificano come affiliati permettono di effettuare soltanto il primo ciclo di studi, ovvero quello di baccalaureato. I centri aggregati, invece, consentono di compiere il secondo ciclo di studio. Un centro aggregato deve contemplare tra le finalità non solo quella della formazione iniziale, ma deve anche offrire una specializzazione in un certo campo; deve perciò essere un centro di ricerca in una determinata specializzazione. In un centro aggregato si può acquisire così sia il baccalaureato che la licenza. Esistono, infine, dei centri sponsorizzati dalla nostra Università che non effettuano i curricoli di laurea, ma offrono diversi tipi di corsi post-laurea, come per esempio corsi di specializzazione o master. L’idea dei centri affiliati coincide con i molteplici seminari dove gli studenti che intendono diventare sacerdoti studiano le materia filosofiche e teologiche richieste dalla formazione al presbiterato. Per offrire loro l’opportunità di conseguire i gradi accademici in filosofia o in teologia necessari alla suddetta formazione, questi seminari possono essere legati, affiliati, a facoltà universitarie vicine. Per questa ragione la maggior parte dei centri affiliati e aggregati rientrano nella sfera delle facoltà di filosofia e di teologia. Nel caso della nostra Università, essendo essa della Congregazione Salesiana, la gran parte degli affiliati sono proprio centri di studio e di formazione dei Salesiani sparsi in tutto il mondo. In questo modo tutti gli studenti della congregazione di Don Bosco di questi centri possono conseguire i titoli di studio dell’Università Salesiana.

a cura di Nunzia Maria Goldini

Quali caratteristiche devono avere i centri studio per divenire aggregati, affiliati o sponsorizzati? Ci sono delle norme stabilite dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica che è per noi, essendo la nostra una Università Pontificia, il ministero di riferimento. Queste condizioni sono principalmente le seguenti: la presenza di un corpo docente stabile e qualificato; un congruo numero di studenti; un’adeguata struttura logistica con tutti gli strumenti necessari per svolgere le attività didattica; e infine una biblioteca attrezzata e aggiornata che aiuti gli studenti nella ricerca e nello studio. Ci sono dei centri in varie zone del mondo come in Africa dove c’è tanto bisogno di formazione culturale, ma c’è precarietà di mezzi; così diverse congregazioni religiose gestiscono insieme un centro di studio. Che tipo di rapporto si instaura tra l’Università Salesiana e i centri collegati? Quando un centro di studi vuole legarsi in una delle forme suddette all’Università, dopo aver appurato alcune condizioni necessarie, effettua una richiesta ufficiale all’Università per poter essere affiliato, aggregato o sponsorizzato. L’Università, attraverso la facoltà interessata, valuta la richiesta e verifica le condizioni. Oltre le condizioni generali, il centro deve soddisfare anche la missione propria della nostra Università con la sua impostazione salesiana di pastorale, di didattica e di pedagogia cristiana. Ogni centro poi mantiene informata la facoltà sulle proprie attività inviando ogni anno un rapporto sullo stato e sul funzionamento di tutto. Il Decano, da parte della facoltà e dell’Università, compie periodicamente una visita accademica per verificare personalmente l’andamento del centro e le sue condizioni. Ogni tanto vengono organizzate dalle facoltà dei raduni di presidi dei singoli centri per scambiarsi le esperienze e discutere su problemi comuni. Alcuni studenti di questi centri vengono poi da noi a Roma per proseguire gli studi e dopo aver conseguito il dottorato ritornare come nuovi docenti del centro. Per la nostra Università è un vantaggio avere questi istituti collegati, ma soprattutto il vantaggio è per gli studenti che, in qualsiasi parte del mondo, hanno la possibilità di conseguire i gradi accademici pontifici. Attualmente l’UPS ha 29 istituti tra aggregati, affiliati o sponsorizzati. In essi studiano ogni anno più di duemila studenti.

Studenti del Centro Studi di Yaoundé, Camerun


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in alto: il Centro Salesiano di Shillong, India a sinistra: Benediktbeuern, Germania a fianco: Studenti del Centro di Santiago del Cile

TABELLA DEI CENTRI COLLEGATI ALL’UPS Le facoltà dell’UPS che contano centri di studio a loro collegate nella forma di centri aggregati, affiliati e sponsorizzati, sono 4: Teologia, Filosofia, Scienze dell’Educazione e Scienze della Comunicazione sociale. Nella seguente tabella riportiamo i nomi dei centri collegati alle facoltà dell’UPS e la loro locazione geografica.

Facoltà di Teologia

Facoltà di Scienze dell’Educazione

Centri Aggregati Istituto Teologico San Tommaso – Messina, Italia Sacred Heart Theological College – Shillong, India Salesian Studentate of Theology “Kristu Jyoti College” – Bangalore, India Instituto de Teología para Religiosos ITER – Caracas, Venezuela

Centri Aggregati Scuola superiore Internazionale di Scienze della Formazione SISF – Venezia, Italia

Centri Affiliati Salesian Center for Theological Studies “Saints Peter and Paul” – Jerusalem, Israele Insituto Teológico Salesiano – Ciudad de Guatemala, Guatemala Don Bosco Center of Studies – Manila, Filippine Instituto Teológico “Pio XI” – São Paulo, Brasile Instituto Teológico Salesiano “Cristo Resucitado” – Tlaquepaque, Messico Institut de Theologie Saint François de Sales – Lubumbashi, Repubblica Democratica del Congo Instituto Santo Tomás de Aquino – Belo Horizonte, Brasile Instituto Superior de estudios Teológicos “Cristo Buen Pastor” ISET – Buenos Aires, Argentina Centri Sponsorizzati Institut Superior de Ciències Religioses “Don Bosco” – Barcellona, Spagna Scuola Superiore di Specializzazione in Bioetica e Sessuologia – Messina, Italia

Facoltà di Filosofia Centri Aggregati Salesian Institute of Philosophy “Divydaan” – Nasik, India Département de Philosophie “Institut Catholique” – Yaoundé, Camerun Centri Affiliati Phil.-Theologische Hochschule der Salesianer Don Bosco – Benediktbeuern, Germania Instituto Universitario Salesiano “Padre Ojeda”, Los Teques, Venezuela Centro Salesiano di Studio “Paolo VI” – Nave (BS), Italia Centro Salesiano de Estudios “P. Juvenal Dho” – Santiago - La Florida, Cile Institut de Philosophie “Saint-Joseph-Mukasa” – Yaoundé, Camerun Centre Saint-Augustin – Dakar-Fann, Senegal Instituto de Teología para Religiosos (ITER Filosofia) – Caracas, Venezuela

Centri Affiliati Scuola superiore di Formazione “Rebaudengo” – Torino, Italia Scuola per Educatori Professionali “Don Bosco” SEP – Firenze, Italia Istituto Superiore Universitario di Scienze Psicopedagogiche e Sociali “Progetto Uomo” (IPU) della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche FICT – Viterbo, Italia Centri Sponsorizzati Istituto di Formazione e Ricerca per Educatori e Psicoterapeuti IFREP-93 – Roma, Italia

Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale Centri Sponsorizzati Instituto Superior de Comunicación Social “Don Bosco” – Buenos Aires, Argentina Riepilogando… La facoltà di Teologia ha 4 Istituti aggregati, 8 Istituti affiliati e 2 sponsorizzati. La facoltà di Filosofia ha 2 Istituti aggregati e 7 affiliati. La facoltà di Scienze dell’Educazione ha 1 Istituto aggregato, 3 affiliati e 1 sponsorizzato. La facoltà di Scienze della Comunicazione sociale, infine, ha 1 centro sponsorizzato. In tutto si contano quindi 29 centri di cui 7 aggregati, 18 affiliati, e 4 sponsorizzati. Sono presenti in 15 nazioni: il numero più consistente si localizza in Italia con 8 centri. Seguono India e Venezuela con tre Istituti. Brasile, Argentina e Camerun contano rispettivamente 2 presenze. Spagna, Israele, Guatemala, Filippine, Messico, Repubblica Democratica del Congo, Germania, Cile e Senegal sono le nazioni che ospitano un Istituto collegato all’UPS come affiliato, aggregato o sponsorizzato. Infine un’ultima distinzione può essere effettuata per distribuzione “continentale”. America ed Europa, risultano essere i continenti con maggior numero di presenza di Istituti collegati all’UPS con 10 centri distribuiti rispettivamente nel seguente modo: 6 nazioni per il continente americano (Venezuela, Brasile, Argentina, Guatemala, Cile , Messico), e 3 nazioni del continente europeo (Italia, Spagna, Germania). Seguono Asia con 5 centri distribuiti in tre distinti paesi (India, Israele, Filippine), e Africa con 4 centri presenti in tre nazioni (Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Senegal).


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notizieups•Facoltà di Scienze dell’Educazione

L’ Educazione al Centro intervista a Carlo Nanni, preside della FSE a cura di Renato Butera

iuscire a trovare un momento per sentire il preside della più frequentata delle facoltà dell’UPS è a volte arduo, ma basta mettersi d’accordo con lui e con l’affabilità che lo contraddistingue riesce a trovare un buco nella sua agenda. Una volta conseguito l’appuntamento, sembra che il tempo per lui si fermi ed è tutto dedicato a chi gli sta davanti per un qualsiasi motivo. Il nostro, chiaramente, è un motivo informativo: intervistare il decano di Scienze dell’Educazione per la rivista dell’Università per avere un quadro completo di quello che la facoltà rappresenta nell’ampio quadro delle università pontificie romane e nel particolare della Università Salesiana con il suo apporto specifico ricco di una varietà di proposte e offerte formative consistente. Che la FSE risulti essere la facoltà più affollata dell’UPS lo si deduce dalla risposta che il Prof. Carlo Nanni, attuale preside della FSE, dà alla nostra prima domanda: quanti studenti scelgono la proposta della FSE? Sono più di 900. Più della metà sono laici e provengono da oltre 70 nazioni rappresentative di tutti i continenti.

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dialogo interculturale. In questo senso, è un impegno che produce un feedback pieno di ricchezza perché ci abilita a essere persone capaci di aiutare se stessi e gli altri ad essere coscienti, liberi, responsabili, solidali. E oggi sono certamente queste le provocazioni più grosse che ci vengono dal mondo e fanno parlare di emergenza educativa, ma anche di priorità dell’educazione. Credo che possiamo corrispondere a questa esigenza - che è epocale rispetto ai mutamenti e alle innovazioni, alla incidenza delle nuove tecnologie e a quelli che sono i problemi del mondo globalizzato - attraverso una risposta diciamo “personalistica” e secondo lo spirito di Don Bosco, che si è dato tutto per i giovani, e che ha trovato proprio in quella che è la dimensione educativa la sua modalità di essere prete, di essere religioso, di essere cristiano. Io dico sempre, e mi piace pure dirlo, che noi non abbiamo soltanto una ispirazione cristiana generica ma anche popolare, evangelica e pedagogica. La nostra non è soltanto una carità pastorale, ma una carità pastorale educativa.

Dato il grande numero di iscritti, la strutturazione di istituti e curricoli ha bisogno di una organizzazione attenta e collaudata. La facoltà è fondamentalmente unitaria – ci risponde il Prof. Nanni. È veramente una facoltà di scienze dell’educazione nel senso che l’educazione è al centro, e le varie modalità di studio, scientifico, filosofico e perfino teologico, nelle forme sia scientifiche, sia sapienziali, sia tecniche, collaborano, integrandosi, nell’aiuto personale e sociale alla formazione delle persone. A questo scopo, abbiamo una suddivisione di istituti e centri che si specifica in modo precipuo nella ricerca, mentre i curricoli riguardano in modo particolare l’insegnamento. Tra gli istituti abbiamo per esempio l’istituto di teoria e storia e dell’educazione che si incentra e si specifica sempre nell’ambito dell’educazione e della pedagogia. L’istituto di sociologia riguarda l’indagine, la ricerca sui giovani, la condizione familiare, sociale e scolastica. Abbiamo anche un istituto di metodologia che mette insieme l’attenzione alla vita sociale ma anche al tema dell’orientamento della vocazione. C’è ancora l’istituto di didattica che si specifica in metodologia della didattica e della formazione professionale, l’istituto di catechetica e di educazione religiosa, le cui finalità si deducono dal nome. E infine l’istituto che ha certamente più richieste e che dà anche maggior lavoro da svolgere, e cioè l’istituto di psicologia. Ha oltre 400 studenti. Tra i curricoli che offre c’è quello di psicologia dell’educazione e dello sviluppo che nella parte della licenza si specifica in due indirizzi: psicologia educativa e psicologia clinica. È un istituto che, oltre alla formazione di base, offre una scuola di specializzazione in psicologia clinica che ha globalmente 90 studenti. Insieme alle scuole di specializzazione dell’Università La Sapienza di Roma e dell’Università di Padova, è riconosciuta dal Ministero, uniche scuole universitarie esistenti in Italia.

Questa carità pastorale, che salesianamente si specifica in modo ulteriore come carità educativa - così come afferma il Prof. Nanni - ha assoluto bisogno di personalità forti, concrete e pronte all’urto. Come rendere effettiva la professionalità degli studenti? Credo che in tutti i curricoli - non solo in quello di psicologia, ma anche quello per la scuola e la formazione professionale, per le vocazioni laiche e religiose, quello di pedagogia sociale, il piccolo curricolo di pedagogia e comunicazione, e il Dipartimento di Pastorale Giovanile e Catechetica che portiamo avanti in collaborazione con la Facoltà di Teologia - puntiamo attraverso i cicli in cui è organizzata la nostra proposta formativa a mettere insieme le quattro fonti dell’educazione: il sapere, il saper fare, il saper essere, il saper vivere con gli altri. Così facendo, possiamo affermare che offriamo agli studenti la possibilità di una cultura e di una competenza che, a partire dai vissuti e dalle diversità culturali, raggiunge tuttavia questo nucleo forte che è la competenza educativa. Competenza che è poi possibile realizzare sotto tutti i cieli e in tutte le culture, perché arriva a quel nodo che è la questione antropologica odierna, messa in risalto anche da Papa Benedetto XVI. Penso che trasmettendo oltre al sapere teorico una prassi che punta all’esperienza che è consapevole di poter far crescere, aiutare, promuovere, prenderci cura dei nostri allievi, altrettanto pensiamo che i nostri studenti, una volta completati gli studi e ritornati ai loro luoghi di provenienza,

Quella dell’educazione è certamente oggi la sfida più attuale, e la FSE certamente non vuole latitare di fronte a una richiesta così grande e fondamentale, specie per la facoltà che rappresenta lo specifico vocazionale dell’Università di Don Bosco. Come rispondere a questa emergenza? Penso che rispondiamo avendo un concetto forte di formazione educativa, cioè di aiuto e promozione di competenze, capacità e abilità. Per cui non si tratta soltanto di lezioni e corsi, ma anche di ricerca e di esercitazioni pratiche, di tirocini, di stage, in modo da poter mettere insieme il sapere, il saper fare, il saper essere, e perché no, il saper vivere insieme con gli altri. Nella nostra Università sono molto sviluppate le dimensioni delle internazionalità e delle interculturalità. Questo ci porta automaticamente a sforzarci nell’impegno della comprensione, dell’esercizio del confronto e del

Prof. Carlo Nanni


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Studenti in Aula di Informatica

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possano avere acquisito queste capacità che integrate dalle competenze acquisite producono professionalità che si realizza in modo specifico e differenziato nei loro contesti concreti. Mi piace ricordare a proposito ciò che mi scrisse tempo fa una ex-allieva: “Ci avete inoculato il senso della persona e della responsabilità professionale”. Credo che questo sia un po’ quello che ispira l’orizzonte della nostra offerta di professionalità educativa. Questa proposta professionalizzante non si esaurisce solo nella sede di Roma. Abbiamo altri cinque centri con cui siamo in qualche modo legati nella forma della aggregazione, della affiliazione e della sponsorizzazione. L’unico istituto aggregato è la Scuola superiore Internazionale di Scienze della Formazione (SISF) di Venezia dove la serie di proposte fatte è attenta alla cosiddetta area alpi-adria: oltre al Nord-est italiano arriva sino all’Austria e in Slovenia. I centri affiliati sono tre. La Scuola superiore di Formazione di Torino “Rebaudengo”, dove l’attenzione è posta sull’orientamento e la psicologia comunicativa. La Scuola per Educatori Professionali “Don Bosco” di Firenze (SEP), l’Istituto Superiore Universitario di Scienze Pedagogiche e Sociali “Progetto Uomo” (IPU) di Vitorchiano collegato alla FICT (Federazione Italiana Comunità Terapeutiche), molto vicini al curricolo di Pedagogia sociale della FSE. Essi concentrano l’attenzione sugli educatori professionali e sociali ma con una differenziazione di obiettivi. Firenze è più orientata all’aiuto degli anziani e delle comunità che li accolgono; Vitorchiano verso la professionalizzazione di coloro che saranno gli educatori di comunità in case di accoglienza e di recupero dalle tossicodipendenze; il curricolo della FSE si focalizza sulla formazione dell’educatore sociale di oratori e quartieri, e in particolare sulle reti cosiddette educative, fra genitori, famiglie, scuola, società ecc.. Infine l’Istituto sponsorizzato è l’IFREP-93 (Istituto di Formazione e Ricerca per Educatori e Psicoterapeuti) che ha sede a Roma. Tutti i suddetti istituti mettono in pratica l’unica forma ispirativa che è il Sistema Preventivo. Per esempio nel caso dell’Istituto di Vitorchiano, sin dall’inizio si è messo in chiaro che non fosse la medicalizzazione al centro della strategia formativa degli operatori per il recupero dei tossicodipendenti, ma un vero processo di educazione, anzi di rieducazione, in modo da permettere alle persone che avevano avuto nel corso della loro vita il grosso incidente della droga, dell’alcolismo e della devianza, di potere tornare a essere persone capaci di vivere insieme con gli altri nello splendore della propria vita e di poter partecipare alla promozione del bene comune. Il ventaglio di proposte formative della FSE non finisce ancora qui. Oltre agli istituti e ai curricoli abbiamo quattro centri che pos-

Momenti della lezione del Prof. Nanni

siamo definire “inter-istituto” che esprimono quel servizio che l’Università intende fare non soltanto all’interno per gli studenti ma anche come servizio sociale al territorio. Il primo è il Centro di consulenza psicopedagogica soprattutto per ragazzi in difficoltà, per i rapporti difficili tra i genitori e figli, per il problema dell’orientamento, non soltanto scolastico ma anche vocazionale ed esistenziale. Abbiamo poi il CESI che è collegato con l’Istituto Superiore di Specializzazione in Psicologia Clinica che avvia gli studenti alla pratica terapeutica e clinica, e allo stesso tempo svolge un servizio specializzato a quanti pensano di potersi servire delle loro competenze. Speriamo finalmente di poter dare nuovo impulso a quello che una volta era l’Osservatorio della Gioventù e farlo diventare un Centro di Ricerca sulla condizione giovanile. Altrettanto speriamo possa avvenire per il Centro di comunicazione sociale attraverso il quale fare educazione a distanza con la piattaforma della E-learning. È un modo che fa ricorso alle più aggiornate tecnologie web-based-supported che abilita a produrre nell’ambito dell’educational gli studenti che hanno completato i cicli di studio proposti dalla FSE una volta che ritorneranno nell’educazione soprattutto scolastica. Questo apporto alla formazione delle persone e alla diffusione della cultura educativa avviene attraverso la nostra Rivista Orientamenti Pedagogici che nel mondo pedagogico italiano occupa certamente uno dei primi posti. Da oltre cinquantacinque anni continua a dare il meglio della ricerca e della riflessione pedagogica, non soltanto a livello nazionale ma anche internazionale. Tutti conoscono la collana editoriale con copertina “blu” della LAS che esprime il meglio della FSE. Come pure ha avuto bella accoglienza il Dizionario di Scienze dell’Educazione che, esaurito nella prima edizione del ’97, è stato rivisto e aggiornato in una seconda edizione uscita lo scorso anno presso la LAS, e di cui è in corso l’edizione in lingua spagnola e croata per la prossima pubblicazione. Ecco allora perché consigliare a uno studente di scegliere la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’UPS: Perché credo che stiamo rispondendo a un problema sociale, ecclesiale, globale che non per niente fa parlare di emergenza educativa, e a tutti i livelli – afferma il Prof. Nanni. E credo che la risposta possa essere così sintetizzata: “Noi non soltanto educhiamo, ma lavoriamo su quelli che faranno gli educatori”. È una azione indiretta, ma è anche, e soprattutto, una politica fortissima: la scelta della formazione come risoluzione di problemi che sono allo stesso tempo sociali, ecclesiali, civili, e addirittura più largamente umani. E tutto nell’ottica di una cultura della preventività cristianamente ispirata che trova il suo modello antico e sempre nuovo del Sistema Preventivo di Don Bosco.


uOrientamenti u

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notizieups•Facoltà di Scienze dell’Educazione

Pedagogici un distillato di attenzioni ai problemi dell’educazione dei giovani a cura di Guglielmo Malizia

n distillato delle attenzioni molteplici e dell’apertura interdisciplinare della Facoltà di Scienze dell’Educazione è proprio la rivista «Orientamenti Pedagogici». È nata nel 1954 per opera di Pietro Braido, Luigi Calonghi, Pietro Gianola e Pier Giovanni Grasso ed è arrivata ora, con il 2009, al suo cinquantaseiesimo anno di vita. La rivista offre ai lettori uno spaccato attuale, rigorosamente documentato e con taglio squisitamente educativo, delle riflessioni, delle ricerche e delle proposte di intervento formativo dei vari docenti della FSE nel campo della teoria e storia dell’educazione, della metodologia pedagogica, della didattica, della comunicazione educativa, della catechetica, della formazione delle vocazioni, della psicologia dell’educazione e della sociologia dell’educazione, senza escludere, anzi desiderandola, la presenza di materiali inviati da colleghi di altre Università italiane ed estere. Il quadro di riferimento è quello della Facoltà di Scienze dell’Educazione: la formazione integrale dell’uomo con particolare riguardo ai problemi attinenti l’educazione dei giovani e le esigenze delle popolazioni meno favorite, in coerenza con lo spirito e la tradizione iniziata da San Giovanni Bosco, specialmente con il suo Sistema Preventivo. Inoltre OP, fedele a una scelta delle origini, offre in ogni suo numero un’abbondante lettura panoramica delle più recenti pubblicazioni nei diversi ambiti di studio. Destinatari della rivista sono anzitutto i ricercatori e gli studiosi dell’educazione. Accanto ad essi vanno ricordati gli studenti di scienze dell’educazione delle facoltà universitarie e delle scuole superiori, in particolare quelli della FSE dell’Università Salesiana. OP si rivolge anche ai docenti, agli educatori, ai genitori e a tutte le persone interessate ai problemi educativi e scolastici – giornalisti, politici e sindacalisti. Il sottotitolo di «Orientamenti Pedagogici», Rivista Internazionale di Scienze dell’educazione, risponde a una chiara presa di posizione epistemologica presente fin dagli inizi che ritiene la pedagogia il nome collettivo o meglio l’area culturale e scientifica in cui operano una pluralità di discipline unificate dal fatto di avere in comune un ambito di studio, una medesima intenzionalità conoscitiva, un medesimo sviluppo e un comune operare. La seconda parola chiave del sottotitolo evidenzia un’altra scelta di campo che cioè la Rivista debba riflettere nei suoi articoli la dimensione internazionale. Nel 1974, le svariate rubriche – Articoli, Note e discussioni, Rassegne, Recensioni, Segnalazioni, Cronache della scuola, Esperienze educative e didattiche – che riflettevano la ampiezza problematica e la molteplicità delle riflessioni scientifiche che caratterizzavano la rivista, furono organizzate attorno a tre sezioni: 1) Studi e ricerche – dal 1978, Studi e interventi –, 2) Esperienze e documenti, 3) Orientamenti bibliografici. Con la nuova organizzazione si è voluto dare uno specifico risalto alle rassegne e recensioni bibliografiche, che trovavano ormai ampi consensi dai lettori; e soprattutto si è cercato di sottolineare, già

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nella struttura, la necessaria con-presenza dei due aspetti caratterizzanti Orientamenti Pedagogici. Nel contesto del rinnovamento delle scienze dell’educazione, è bene ricordare i Colloqui o Seminari interideologici organizzati da Orientamenti Pedagogici: «Colloquio sull’insegnamento della religione nella scuola secondaria superiore» (1971); «La gestione democratica della scuola nel quadro conflittuale della società democratica» (1975); «Pluralismo culturale e educazione» (1978), «Esperienza pedagogica di Don Bosco» (1988). Vari sono pure i numeri monografici della rivista anch’essi generalmente frutto di incontri molto partecipati di esperti dei vari settori; a questo proposito si possono citare i tre più recenti «Pedagogia e didattica universitaria dopo la riforma» in occasione del cinquantesimo della rivista (2004); «A 40 anni dalla “Gravissimum Educationis”» (2007); «Ecologia, sviluppo sostenibile ed educazione» (2008) Una caratteristica della rivista è la natura collegiale della sua gestione. Questa è affidata non a una direzione, ma a una condirezione, formata da quattro membri eletti dal Collegio dei professori, più il preside della FSE; nella Redazione, poi, sono presenti tutti i docenti della facoltà. Oltre che dall’organigramma formale della sua amministrazione, l’istanza della partecipazione, del coinvolgimento e della corresponsabilità emerge chiaramente dal funzionamento quotidiano della rivista. In proposito, ricordo anche che la Casa Editrice è stata per 48 anni la SEI (Società Editrice Internazionale) di Torino, mentre a partire dal primo numero del 2002 OP viene pubblicato dal Centro Studi Erickson di Trento. La strada che la rivista ha percorso dal 1954 a oggi è indubbiamente lunga e non sono mancate difficoltà, problemi e talora arretramenti. Tuttavia, credo che nessuno possa negare gli indubbi progressi compiuti i quali hanno trovato nel corso dei cinquanta e più anni della sua storia ripetute attestazioni di stima da parte di singoli lettori, di centri di cultura, di istituzioni internazionali. Il Gesù Maestro della Torre dell’UPS


uRivista di religione u

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L’home page di “Rivista di Religione”

una piattaforma di interscambio per professionisti e appassionati dell’educazione religiosa di Zelindo Trenti Cenni storico-organizzativi. Rivista di Religione (=RR), www.rivistadireligione.it, nasce nell’ottobre del 2002: raccoglie le istanze di collegamento che ormai da alcuni anni giungevano dai convegni nazionali di aggiornamento, promossi dall’Istituto di Catechetica della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’UPS, per gli insegnanti di religione della scuola italiana. La volontà di continuare l’esperienza, intensificando e organizzando condizioni efficaci di collaborazione, di scambio, di amicizia che caratterizzavano i corsi; lo stimolo offerto dai nuovi media informatici spinse l’Editrice SEI e alcuni docenti della Facoltà di Scienze dell’Educazione a elaborare un progetto editoriale. Si scelse di costituire una rivista esclusivamente on-line, senza alcun supporto cartaceo, ma una vera rivista con: un responsabile (Sergio Giordani), un direttore (Zelindo Trenti), un responsabile di redazione (Roberto Romio), un comitato scientifico (studiosi e docenti dell’UPS), dei collaboratori soprattutto fra i docenti di Religione ed esperti, un editore (la S.E.I. Società Editrice Internazionale p. A. di Torino), un’autorizzazione (del Tribunale di Torino n. 5583 dell’8 aprile 2002). Finalità e presenza Il primo portale di RR presentava così la Rivista: “La RR vuol essere: Una proposta di qualificazione permanente dei docenti e degli educatori. Uno spazio di libero confronto nell’orizzonte dell’educazione religiosa”. A questo duplice obiettivo si è ispirata in questi anni l’offerta di RR che, dagli iniziali 30 ingressi giornalieri nel 2002, è arrivata a fine 2008 a un traffico complessivo annuo di 55.015 visitatori diversi, 72. 156 visite/visitatore; 1.326.237 pagine/visita; 4.58 6.430 accessi/visita; 29.50 GB di banda usata. Struttura organizzativa Molti educatori hanno trovato in RR, nelle complesse vicende che l’educazione, in particolare quella scolastica, ha attraversato in questi ultimi anni, un chiaro punto di riferimento sul piano normativo e soprattutto su quello pedagogico-didattico. In questo senso RR ha inteso coprire aree educative fondamentali; nel tempo si sono venute sempre più precisando in alcune rubriche e hanno trovato nel nuovo portale, avviato all’inizio del 2009, un’ultima definizione. Ci riferiamo alle sezioni generali che costituiscono la struttura portante della rivista: Educazione e Formazione, Materiali didattici, Catechesi e Pastorale, Normativa scolastica, Osservatorio Europeo, Novità, Intervista. Alcune di queste sezioni si declinano in rubriche per evidenziare meglio le loro caratteristiche. Così ad esempio la sezione Educazione e Formazione è suddivisa nelle rubriche: Aggiornamento, Attualità pedagogica, Documenti, Figure e Narrazioni, Fonti, Linguaggio, Novità e Opinioni, Processi e Progettazione, Sapere religioso, Sperimentazione e Ricerca. La

sezione Catechesi e Pastorale si suddivide invece nelle rubriche: Contenuti, Documenti, Fonti, Linguaggio, liturgia/preghiera, Novità e Opinioni, Spiritualità, Testimoni. Identità operativa L’introduzione nel nuovo portale della sezione Catechesi e Pastorale ha segnato un’apertura innovativa: intende raccogliere la spinta di questi ultimi anni, verso l’integrazione in un unico sistema di educazione religiosa e dell’insegnamento religioso scolastico e dell’educazione ecclesiale. RR non è una rivista periodica: essa aggiorna continuamente i suoi contenuti, in particolare nelle rubriche Novità e Opinioni che intendono seguire le innovazioni educative e tenere aggiornati i lettori. La redazione offre però, ai suoi lettori, attraverso una Newsletter quindicinale una sintesi periodica dei contenuti più significativi pubblicati dalla rivista. La proposta I contenuti di RR vengono dai contributi di testi, studi e riviste specializzate nel settore dell’educazione religiosa e dai contributi liberi elaborati da docenti ed educatori, impegnati direttamente nell’ambito dell’educazione religiosa. Propone un quadro articolato e organico di aggiornamento e di formazione permanente sia ai docenti che agli animatori. Tende quindi a offrire una documentazione selezionata di studio e di approfondimento teorico, e contemporaneamente strumenti e materiali di diretta applicazione nella prassi educativa e didattica. Il progetto Come progetto RR intende continuare a raccogliere, con vigilanza critica, sollecitazioni strutturali e applicative, attenta soprattutto alle innovazioni scolastiche ed ecclesiali, concernenti l’educazione religiosa. Alla complessità della problematica educativa che viene dai versanti della Riforma scolastica e della vita ecclesiale, dalle emergenze educative sociali, dalla sfida delle nuove tecnologie, RR intende rispondere con una proposta formativa: ben definita perché caratterizzata dalla scelta ermeneutica e linguistica; non rintracciabile nei molti siti sull’educazione, perché costituita prevalentemente dai contributi di esperti e docenti, attenti alla dimensione religiosa; vigile e avvertita circa le continue provocazioni e innovazioni in atto; professionalizzante attraverso corsi di aggiornamento, lezioni, studi, ecc…; spendibile nel proprio curriculum anche attraverso la certificazione universitaria; innovativa per le sperimentazioni, le ricerche, i nuovi modelli didattici; dialogica nello spazio che fa ai contributi e alle ricerche dei suoi collaboratori. In sintesi: RR vuole costituire una piattaforma di dialogo e di collaborazione - di interscambio - fra quanti sono, per passione o per professione, impegnati nell’educazione religiosa, specialmente dei giovani.

A completare la ricca rassegna di strumenti formativi proposti dalla FSE (Riviste, Dizionario, riviste online, manuali, studi e ricerche, collane, ecc) c’è l’Annale 2009. Rassegna di Studi di Catechetica e di Pedagogia Religiosa. Nel 1969 Roberto Giannatelli, in collaborazione con l’équipe dei docenti dell’Istituto di Catechetica, diede inizio alla redazione di un Bollettino bibliografico di libri e articoli di catechetica, chiamato “Rassegna delle Riviste”. Dal 1998 la Rassegna ha preso forma di un fascicolo annuale. Oltre alla recensione degli articoli più significativi delle principali Riviste catechetiche e di Pedagogia religiosa, sono presenti anche alcune recensioni di libri e di documenti catechetici del magistero ecclesiale. L’Annale è stato coordinato fino al 2005 da Joseph Gevaert e a partire dal 2006 da Corrado Pastore. Annale 2009 documenta un’ampia parte della riflessione catechetica e di pedagogia religiosa dell’anno 2008. Sono state prese in considerazione 46 riviste in diverse lingue (inglese, tedesco, olandese, italiano, spagnolo, portoghese, francese e sloveno), per un totale di 204 articoli. Undici riviste sono di catechesi, 12 di pedagogia religiosa e 23 di teologia e pastorale. La Rassegna è completata da 26 presentazioni di libri e documenti ecclesiali. Coloro che lavorano nel campo della catechesi e della pedagogia religiosa trovano in Annale un ricco materiale altrimenti difficilmente accessibile o del tutto precluso. Per gli studenti che devono elaborare le loro ricerche diventa uno strumento indispensabile.


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notizieups•FSE

e Web 2.0 UNA SFIDA CARICA DI SLANCIO OTTIMISTICO

di Marco Bay

evoluzione di Internet e del World Wide Web continua, irrefrenabile. L’insieme delle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione sito-utente (blog, forum, chat, sistemi quali Wikipedia, Youtube, Facebook, Myspace, Gmail, Wordpress ecc.) sono continuamente potenziate e frequentate da utenze che si aggirano sull’ordine delle decine di milioni al giorno. Di fronte a questa tendenza, che sta raggiungendo, attraverso gli ecosistemi digitali cellulari personali sofisticati dai costi accessibili, risultati eccellenti, l’UPS a che punto si adegua, si innova, si allinea o è pronta ad investire in termini di risorse, prospettive, proposte? È un dato innegabile e documentabile da ricerche nazionali e internazionali: l’e-learning è una modalità didattica e formativa eccellente. Attraverso un e-learning “ben fatto” aumentano partecipazione, autoresponsabilità, collaborazione e gusto di poter apprendere flessibilmente. Ci si trova immersi in possibilità più potenti del solo apprendimento che può avvenire ascoltando per un’ora (a patto che uno ci riesca!) la conferenza di un luminare della scienza. L’UPS, attenta e sensibile ai giovani e ai processi educativi, da qualche anno è attrezzata per realizzare moduli e corsi di apprendimento erogati nella modalità web-based supported. Dal 2004 un gruppo di professori della Facoltà di Scienze dell’Educazione, in particolare dell’Istituto di Didattica, ha eseguito un progetto di allestimento dell’ambiente on-line. La progettazione del sistema ha seguito, in primo luogo, i consigli e l’esperienza di Badrul Kahn e del modello teorico che enfatizza in maniera interdisciplinare l’importanza di valorizzare molti ambiti che compongono i sistemi integrati, per non creare solo “mostri informatici”, privi di equilibrio dal punto di vista educativo, comunicativo e relazionale. In particolare si è orchestrata una soluzione attorno a: l’istituzione, la gestione e il management, le scelte tecnologiche, le strategie educative, gli aspetti etici, l’interfaccia e l’ambiente sul web, le risorse, la verifica e la valutazione. In secondo luogo, il ricco ambiente di apprendimento strutturato secondo la tradizionale proposta teorico-pratica tracciata da David Jonassen (con i CLE: Constructivist Learning Enviromment) è stato l’altro criterio più importante per andare incontro alle esigenze più diverse dei destinatari privilegiati dall’Università Salesiana: dalle tipologie di studenti provenienti da paesi e culture diverse, all’eterogeneità dei contenuti dei corsi, dalla possibilità di rivolgersi ad adulti o neo diplomati a proporre multimedialità e interattività con gradi diversi di partecipazione. Attualmente l’UPS è in grado di svolgere le attività di supporto alla didattica dei corsi in presenza tramite web così come una qualsiasi università che provvede a fornire a studenti e a docenti questa modalità web-based supported. L’obiettivo si è raggiunto coinvolgendo più gruppi di lavoro: didattica, grafica, Internet working, programmatori, studenti e docenti di diverse facoltà. L’interesse per e-learning è stato suscitato dalle molteplici e ripetute richieste di insegnanti e studenti che avevano intravisto ricchezza e versatilità di questo modello di didattica. In questo modo si è in grado di poter fare risparmiare qualche viaggio da un qualsiasi punto della città verso l’UPS e poter lavorare tranquillamente da casa proL’aula di Informatica

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pria senza il bisogno di dover prendere i mezzi e recarsi all’Università. Per poter realizzare il modello di didattica web-based supported in uso all’UPS si sono dovuti assemblare e sfruttare i seguenti strumenti: una piattaforma per corsi on-line dedicata all’UPS e da anni realizzata e sperimentata dal CNOS-FAP Regione Piemonte; una sala di ripresa per produrre video da convertire per lo streaming dal web; un potente software commerciale Adobe connect per sessioni sincrone di videocomunicazione via web; un paio di appliance professionali per sessioni di videoconferenza over IP; alcuni siti che offrono servizi di diversa natura: un sistema CAWI per le indagini on-line, un’area forum, un’area blog… In questi primi anni di utilizzo dell’e-learning si sono già raggiunti i primi soddisfacenti risultati che spingono a potenziare il servizio. Tra questi una dozzina di corsi attivati con la modalità web-based (tutti con un’elevata soddisfazione e impegno da parte di docenti e studenti) in rapporto alle centinaia erogati dall’UPS. La prima osservazione critica da parte degli attori direttamente coinvolti nei corsi sperimentali è che rendicontare l’obbligo di frequenza (intesa come imposizione della presenza fisica in un luogo, ad una certa ora, con altre persone, debitamente controllato e previsto da Statuti e Ordinamenti) non è correlato automaticamente all’efficacia dei risultati (uno studente può dormire in aula anche se è sempre presente; un professore può far dormire, ecc.), mentre è più produttivo e efficace il puntare sull’obbligo di partecipazione che può essere molto più atteso dagli studenti che si sentono più obiettivamente e pubblicamente responsabilizzati (per es. scrivere una riflessione critica su un forum tematico che tutti i colleghi del corso leggeranno). Tra gli elementi problematici c’è da segnalare l’impressione di una certa refrattarietà a un cambio di mentalità sulla didattica da parte di professori, che spesso usano per sé l’high-tech per scopi personali, ma non con altrettanto interesse, dedizione o impegno per facilitare e rendere interessante la propria disciplina da apprendere. Il divario digitale (digital divide) che purtroppo separa gli studenti tra chi ha connettività e alta tecnologia a casa propria da chi non può permettersela. La priorità data agli investimenti. Il tempo (costi e competenze) per preparare adeguatamente sperimentazioni didattiche differenziate in funzione dei destinatari, dei contenuti, del grado di multimedialità e di interazione che si sceglie di offrire per ottenere feedback particolari. Il sospetto che esista un certo timore da parte di molti professori (fatte alcune debite eccezioni) ad affrontare le nuove tecnologie applicate alla comunicazione educativa o alla progettazione dell’insegnamento e dell’apprendimento come linguaggi solo per addetti ai lavori. Quale futuro? Difficile a dirsi. L’accelerata diffusione di nuovi software spesso fruibili gratuitamente e che costituiscono il Web 2.0 (si vedano, per fare un piccolo esempio, le sconfinate applicazioni messe a disposizione da Google) può facilitare l’accessibilità da parte di professori e studenti alla comunicazione, alla relazione e all’organizzazione di saperi in rete con costi contenuti. Ma quali professori utilizzando questi sistemi educano, formano e istruiscono gli studenti a raggiungere l’essenziale della disciplina? Quanti sanno trovare il modo più efficace di raggiungere gli obiettivi formativi trasformando i contenuti della lezione in un “di più” motivante, serio, coinvolgente? Quanti compongono un ambiente di apprendimento di supporto realisticamente “di e per l’apprendimento”? Quanti invece fanno un uso più simile ad un vuoto intrattenimento oppure sovraccaricano gli studenti di procedure da “naviganti erranti” nel guazzabuglio della rete? La sfida continua con slancio ottimistico.


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notizieups•i centri aggregati

La Parola di Dio e il popolo filippino

Il Don Bosco Center of Study di Manila di Lucia Aversano

l 26 gennaio scorso (2008) ha compiuto e festeggiato 25 anni di attività. Lo ha fatto assieme a un gran numero di sacerdoti, religiosi, laici, leader di associazioni e movimenti i quali si sono riuniti assieme a Manila. A festeggiare il suo primo quarto di secolo è stato il Centro Studi Don Bosco che si trova nelle Filippine, ed esattamente nel quartiere di Parañaque a Metro Manila. Con l’occasione, oltre ai festeggiamenti si è discusso su un tema caro ai Salesiani che si trovano nelle Filippine: ossia il rapporto tra la Parola di Dio e la vita del popolo filippino. L’incontro ha visto la partecipazione di oltre 700 persone tra sacerdoti, seminaristi, religiosi e laici di varie congregazioni e diocesi, che hanno vissuto momenti di riflessione, studio e verifica di temi e argomenti anche sulla scorta del Sinodo dei Vescovi tenutosi a Roma nell’autunno scorso, il cui tema portante era: “la Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”.

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Un po’ di storia Fatta questa piccola premessa, passiamo a vedere il Centro Studi Don Bosco un po’ più da vicino. Il DBCS (Don Bosco Center of Study) nasce, inizialmente, come residenza per i Salesiani candidati al sacerdozio. Più precisamente, era un collegio dove i futuri sacerdoti, che frequentavano le Facoltà Ecclesiastiche della Reale e Pontificia Università di San Tommaso, studiavano teologia. Nel 1983 il centro avvia la prima classe di teologia che alcuni anni dopo – precisamente nel 1987 – diviene affiliata, in maniera sperimentale e per cinque anni, alla Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana di Roma. Questa affiliazione viene sancita dalla Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica e permette al Centro di Studio di conferire ai suoi studenti il grado ecclesiastico di Baccalaureato in Teologia. Dopo i primi cinque anni il Centro di Studio richiede al Magnifico Rettore della UPS un rinnovo ad alterum quinquennium che viene concesso e rinnovato fino ai giorni nostri.

Al giorno d’oggi Ad oggi, il Centro Studi Don Bosco conta tre istituti: L’Istituto di Formazione Teologica (ITF) che si occupa di guidare i candidati al sacerdozio attraverso programmi che prevedono lo studio della teologia e della filosofia. Con grande soddisfazione, il Direttore del Centro, il Prof. Eligio Santos, ci fa sapere che nel

primo semestre di quest’anno gli studenti iscritti a questa facoltà erano 98. Il secondo istituto del Centro è l’Istituto di Catechesi e Pastorale Giovanile (ICYM). Si occupa della formazione di catechisti e giovani sacerdoti e inoltre supervisiona il programma universitario che conduce alla Laurea in Studi Religiosi (Master in Religious Study) con specializzazione in pastorale e catechesi. All’inizio di quest’anno accademico gli iscritti al corso di Laurea erano 49 mentre quelli iscritti al corso biennale di catechesi erano 109. Il terzo e ultimo istituto del Don Bosco di Manila è l’Istituto di Spiritualità e Studi Salesiani (ISSS) che è responsabile dei corsi di Diploma in Spiritualità e Studi Religiosi; inoltre l’istituto supervisiona e offre dei corsi universitari concedendo, anch’esso, il corso di Laurea in Studi Religiosi (MRS). Per quanto riguarda invece gli studenti iscritti all’ ISSS sono 180 i nuovi iscritti al corso di Spiritualità mentre sono 55 quelli iscritti al corso di vita religiosa facente parte del Diploma in Studi Religiosi. Il direttore Santos ci conferma inoltre che gli studenti stranieri in tutto il Centro di Studi sono all’incirca 25 e provengono tutti da paesi asiatici quali la Korea, il Vietnam, lo Sri Lanka e da Timor Est. C’è da aggiungere che a questi tre istituti, nel 1996, la Commissione per l’Educazione Superiore delle Filippine ha concesso il riconoscimento governativo al corso di laurea di Teologia, ovvero Master of Arts in Theology (MATh) e al corso di laurea Master in Religious Study (MRS). Concludiamo parlando del corpo docenti il quale è strutturato in questo modo: i professori ordinari all’interno dell’Istituto di Formazione Teologica (ITF) sono 14 mentre quelli che collaborano sono 32; nell’ ISSS (Institute of Spirituality and Salesian Studies) i docenti tra ordinari e invitati sono 24; per finire nell’ICYM (Institute of Cathechetics and Youth Ministry) i docenti sono in tutto 28.


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notizieups•brevi dall’UPS a cura dell’Ufficio Stampa UPS

IL PROF. GIANNI LOSITO INCONTRA DOCENTI E DOTTORANDI Il 19 Gennaio 2009, in uno degli incontri di formazione e aggiornamento promossi dal Comitato Interfacoltà per la Ricerca (CIR) dell’UPS, è intervenuto il Prof. Gianni Losito sul tema “La progettazione e i risultati della ricerca: un esempio nell’ambito della comunicazione sociale”. All’incontro hanno preso parte i docenti e i dottorandi dell’Università Salesiana. È stato introdotto dal saluto del Rettore dell’UPS, Prof. Mario Toso. Dopo l’intervento del Prof. Losito ha fatto seguito il dibattito in sala. E stato quindi presentato e consegnato ai partecipanti il volume “Questioni di metodologia della ricerca nelle scienze umane”, a cura di Marco Bay e Mario Toso, edito dall’Editrice LAS di Roma. Il Prof. Gianni Losito è ordinario di Sociologia nella Facoltà di Psicologia 2 dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Laureato nella facoltà di filosofia della medesima Università, vi ha iniziato la carriera universitaria all’inizio degli anni ’70. Dal 1975 al 1988 ha partecipato a indagini empiriche sulle comunicazioni di massa, sulle comunità scientifiche, sulla condizione giovanile e studentesca. È stato membro del Centro Interdisciplinare di Scienze della Comunicazione e del Comitato di redazione della rivista quadrimestrale “Sociologia e Ricerca Sociale”. Nel contempo, ha approfondito gli studi di metodologia, al fine di individuare adeguate modalità di progettazione e realizzazione di programmi di ricerca empirica sui temi connessi alle comunicazioni di massa. È inoltre membro del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca “Sistemi sociali e analisi delle politiche pubbliche”, istituito presso il Dipartimento di Sociologia e successivamente incardinato nel DieS-Dipartimento Innovazione e Società dell’Università di Roma “La Sapienza”. Dal 1996 è membro dell’Editorial Board della International Review of Sociology e, dal 1998 al 1999, ha fatto parte del Nucleo per la Valutazione della Didattica e della Commissione Ricerca della Facoltà di Psicologia. È infine membro della Commissione di studio per il programma internazionale “Man and biosphere” (MaB) dell’Unesco. Negli ultimi anni, dal 2001 al 2007, svolge attività di ricerca nell’ambito di progetti di facoltà, di ateneo e Cofin sulla fruizione dei testi mediali, sulla comunicazione politica, sui metodi qualitativi nella ricerca sociale empirica.

All’edizione 2009 dei Mercoledì è stata assegnata come titolo una citazione di San Paolo scelta dalla Prima Lettera a Timoteo: “Nessuno disprezzi la tua giovane età” (I Tim 4, 12). Ogni appuntamento si è ispirato a una espressione paolina tratta dalla sue Lettere come messaggio dell’Apostolo riattualizzato per i giovani d’oggi. In questo modo si è voluto prendere parte alle celebrazioni del Giubileo Paolino aderendo alle altre iniziative proposte in questo anno straordinario e con questa proposta specifica e originale. Come si vede dal programma, l’itinerario è stato ricco di spunti e frutto di una ricerca elaborata nel campo dello studio. Gli incontri sono stati preceduti il 25 febbraio dalla messa per l’imposizione delle Ceneri presieduta da don Luis Rosón. Gli altri appuntamenti, svoltisi nell’Aula II dell’Università, hanno seguito una successione di interventi e riflessioni che presentiamo di seguito. Il 4 marzo, Martina Peri, studentessa della FSE, accompagnata dal Prof. Zbigniew Formella, ha proposto il tema “Come vivere di fronte al tempo?” prendendo spunto da Rm 13, 11. L’incontro dell’11 marzo ha avuto come protagonista Giacomo Orlandi, studente della Facoltà di Teologia, sostenuto dal Prof. Gianfranco Venturi, con il tema: “Il mio impegno nella generosità verso i poveri.(operazione Mato Grosso)”; lo spunto è stato dato da 2Cor 8,7. Giuseppe Falabella, studente di Filosofia, è stato il protagonista di mercoledì 18 marzo, e prendendo spunto da Ef 6,13, ha proposto una riflessione dal titolo: “Le armi dello spirito dinanzi alla diversità dei vissuti esistenziali e degli orizzonti culturali”. Lo accompagnava il Prof. Mauro Mantovani. L’incontro del 25 marzo intitolato “Fai posto alla speranza? Maria, comunione e Pasqua”, è stato affidato a Emanuele Vezzoli, della Facoltà di Teologia, con l’assistenza del Prof. Antonio Escudero; la citazione paolina di partenza era Gal 4, 4-5. L’ultimo incontro, infine, quello del 1 aprile, ha avuto come protagonista una studentessa della Facoltà di Scienze della Comunicazione, Irena Sever che, presente il Prof. Franco Lever, ha proposto il tema: “Vi racconto la nostra fede presente nelle Fiction televisive (Lost)”; il tema proposto ha preso spunto da At 17,23.

GLI STUDENTI PROTAGONISTI DELLE RIFLESSIONI DEI MERCOLEDÌ DI QUARESIMA La tradizione dei Mercoledì di Quaresima si è rinnovata anche quest’anno non solo come appuntamento in cui si ripropone un itinerario di fede in preparazione della Pasqua, ma nella formula stessa degli incontri organizzati in una modalità tutta nuova. L’itinerario è stato Emanuele Vezzoli e il Prof. Antonio Escudero impostati su 5 incontri settimanali (più quello del Mercoledì delle Ceneri) ai quali è stata invitata a partecipare l’intera comunità accademica dell’UPS. Negli anni passati si sono avvicendate importanti personalità del mondo ecclesiastico, accademico e culturale. Per l’edizione di quest’anno l’Equipe di Pastorale Universitaria ha pensato di dare un’impostazione nuova e originale. I cinque appuntamenti di riflessione e condivisione hanno visto come protagonisti alcuni studenti delle diverse facoltà dell’UPS sostenuti da un docente della stessa facoltà il quale ha concluso l’incontro con una breve reazione sul tema proposto.

DPGC: TAVOLA ROTONDA SULLE SFIDE DELL’OGGI ALLA PASTORALE E ALLA CATECHETICA Presso l’Aula II dell’UPS, il giorno 18 febbraio, il Dipartimento di Pastorale Giovanile e Catechetica dell’UPS ha organizzato in modo particolare per i suoi studenti e docenti, una interessante tavola rotonda sul tema: “Fare pastorale giovanile e catechetica nella Chiesa oggi: sfide e possibilità”. Sono stati invitati per l’occasione, due ex allievi del Dipartimento, mons. Paolo Giulietti (Ex-Responsabile del Servizio Nazionale della Pastorale Giovanile della CEI);


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notizieups•brevi dall’UPS

e don Cesare Chialastri (ExVice Rettore del Seminario Regionale di Anagni), Responsabile della Caritas e Animatore Pastorale nella Diocesi di Velletri – Segni. Il moderatore della tavola rotonda è stato il Prof. Gabriele Quinzi. Alla presenza di un discreto numero di partecipanti, si sono succeduti gli interventi di mons. Prof. Gabriele Quinzi Giulietti e di don Chialastri, particolarmente apprezzati per il loro riferimento a situazioni pastorali concrete e vissute in prima persona. Nonostante, però, questa dimensione “locale”, i due relatori, hanno saputo offrire spunti di riflessione molto ampi e articolati. Da segnalare pure la loro capacità di coniugare esperienza di vita pastorale e saggezza di chi riflette sulla propria attività in maniera consapevole e scientifica. Inoltre, dai loro interventi, più volte è emerso un impianto di pensiero e una epistemologia di riferimento chiaramente acquisita negli anni di studio passati all’UPS. Nella seconda parte del pomeriggio, a dire il vero molto stimolante e ricca, gli stessi presenti hanno opportunamente approfittato della presenza dei relatori ponendo domande, fornendo ulteriori contributi, chiedendo spiegazioni e offrendo sottolineature.

IL “PROGETTO ISTITUZIONALE E STRATEGICO” Il “Progetto istituzionale e strategico”, elaborato nella attiva collaborazione dei docenti e dei responsabili istituzionali dell’Università Pontificia Salesiana, ufficialmente promulgato dal Rettor Maggiore dei Salesiani e Gran Cancelliere dell’Università in data 12 gennaio 2009, tra gli altri compiti ha impegnato a definire il “profilo” del docente nel servizio accademico. Questo compito è stato realizzato in momenti progressivi. Si è proceduto da una prima ipotesi, che rilanciava le note contenute nel “Progetto istituzionale e strategico”, verso una stesura organica e articolata, presentata a tutti i docenti per ottenere suggerimenti e integrazioni. Questo primo confronto ha permesso di raccogliere preziosi contributi, per ripensare meglio la qualità del docente sulla misura della sua particolare funzione accademica, nell’ambito dell’educazione e della testimonianza di vita cristiana, verso una missione comune nella specificità vocazionale di ciascuno. La stesura definitiva del “profilo”, ottenuta l’approvazione del Senato accademico, è stata poi consegnata ai singoli docenti nell’incontro assembleare del 16 febbraio 2009. In questa occasione, attraverso il confronto e la condivisione, abbiamo voluto sperimentare la concretezza del “profilo” e soprattutto la sua incidenza operativa, misurandoci con un problema che tutti inquieta: l’emergenza educativa. Nella solenne cerimonia di apertura dell’anno accademico 2008-2009 era stato, infatti, affrontato il tema della “emergenza educativa”, sotto diversi punti di prospettiva, per consegnare a tutta la comunità universitaria una responsabilità precisa e urgente. Nell’occasione dell’incontro del 16 febbraio 2009, i docenti dell’Università Pontificia Salesiana si sono interrogati su come affrontare questa sfida come docenti di diverse discipline e nell’insieme organico della vita accademica. L’incontro è stato caratterizzato da tre momenti. Nel primo momento, sei docenti, a rappresentanza delle Facoltà dell’Università (i professori Maria Victoria Hernandez per FDC, Cristiana Freni per FF, Corrado Calvano per FLCC, Maria Emanuela Coscia per FSC, Giuliano Vettorato per FSE, José Luis Plascencia per FT) hanno suggerito il proprio punto di vista, alla ricerca di atteggia-

menti e interventi per misurarsi con l’emergenza educativa dalla specificità della propria funzione accademica, diversificata (per le Facoltà di provenienza) e complementare (per la titolarità unificante del soggetto). Nel secondo momento, un alto e significativo gruppo dei docenti dell’Università Pontificia Salesiana, presenti all’incontro, ha completato il quadro, ampliando e concretizzando le proposte dei relatori. Nel terzo momento, un testimone, qualificato per la sua competenza professionale e per il ruolo istituzionale, la prof. Maria Luisa De Natale, pro-rettore dell’Università Cattolica di Milano e ordinario di pedagogia generale, ha reagito a quanto aveva analizzato del “profilo docente” e a quanto ha potuto ascoltare direttaLa Prof.ssa Cristiana Freni e il Prof. Riccardo Tonelli

mente nel corso dell’incontro, suggerendo priorità e sfide. Nell’intervento di benvenuto e di apertura il prof. Mario Toso, Rettore dell’Università Pontificia Salesiana, ha fatto il punto sulla situazione e, nella sensibilità che tutti gli riconoscono, ha indicato un orizzonte di urgenze e di responsabilità che l’Università Pontificia Salesiana è chiamata a cogliere per lasciarsi seriamente interpellare dall’attuale emergenza educativa.

La Torre dell’UPS


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notizieups•Facoltà di Teologia

Lezione del Prof. Mario Cimosa

Quale idea di presbitero? LA FORMAZIONE DEI FUTURI SACERDOTI ALL’UPS di Giorgio Zevini, Decano della Facoltà di Teologia

olendo evidenziare i tratti essenziali con cui i docenti della Facoltà di Teologia sono impegnati a promuovere la formazione teologica dei futuri presbiteri all’UPS, penso sia necessario rifarsi ad alcuni punti fermi che fanno riferimento alla Bibbia e ad alcuni documenti del magistero della Chiesa come: Optatam totius (OT) sulla formazione sacerdotale, Presbyterorum ordinis (PO) sul ministero e la vita sacerdotale, la Dei Verbum (DV) e soprattutto Pastores dabo vobis (PDV) di Giovanni Paolo II. Siamo di fronte a un costante e vigoroso invito della Chiesa perché i futuri presbiteri, ministri della Parola di Dio, annuncino a tutti il Vangelo dopo averlo studiato, assimilato e vissuto. Un prete che ignorasse la Bibbia, la teologia e la spiritualità cristiana ignorerebbe la rivelazione della Verità e verrebbe meno alla sua missione. Vivere e annunciare la “lieta notizia”, accolta nel cuore e maturata nel quotidiano cammino di studio e di fede, consente al futuro presbitero di accostare la persona di Gesù Cristo come “novità” del Vangelo e così condurre gli uomini a riconoscere Dio come Padre. Come dovrà essere il futuro presbitero all’inizio del terzo millennio? Quale sarà la sua spiritualità e la sua missione fra gli uomini per interpretare e rispondere alle loro attese e aspirazioni? La spiritualità e la missione del prete, che la Facoltà di Teologia pro-

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muove, saranno quelle di sempre, ma originate e alimentate dalla Parola di Dio. Il futuro ministero presbiterale, infatti, si spiega solo alla luce della radicale obbedienza al Vangelo e la spiritualità sarà quella del “servo della Parola” che accoglie e interiorizza la Parola, la espone al popolo di Dio nell’assemblea liturgica, la celebra nel sacramento, specie quello dell’Eucarestia, e la prende come criterio e norma nell’interpretazione dei fatti e della vita. La vita del futuro presbitero allora sarà vita di sequela vissuta nell’essere un “inviato” di Cristo, quale “servo” della Parola; sarà vita vissuta alla sua scuola, imitandolo nella povertà, nella castità e nell’obbedienza e partecipando più intimamente al mistero della sua Pasqua e alla sua vita nello Spirito. Tuttavia la caratteristica essenziale dell’”apostolo”, che noi come docenti intendiamo far crescere nel cuore dei futuri presbiteri è la fede nella persona di Gesù, quale Figlio di Dio e inviato del Padre (cf Gv 6,68-69). La fede nella Parola e nella persona di Gesù, infatti, sta all’origine della sequela dei discepoli e della loro perseveranza al suo seguito, nonostante che ad una vita di fedeltà si alternino manchevolezze ed ombre. L’immagine del mondo moderno e le sfide che esso pone al presbitero, annunciatore e ministro del Vangelo, sono molteplici. La nostra epoca presenta tipici fenomeni di transizione culturale,


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ricca di fermenti positivi, ma anche di dall’appello di Cristo a seguirlo e ad imiaspetti problematici e negativi. Sta tarlo, in forza dell’intima comunione di mutando il volto della società e la stessa vita con lui operata dallo Spirito (cf Mt Chiesa è profondamente coinvolta in una 8,18ss.; 10,37ss.; Mc 8,34ss.; 10,17-21; Lc trasformazione che non riguarda soltanto 9,5ss.)» (PDV 27). gli aspetti esteriori, ma tocca nel modo I presbiteri, infatti, nella Chiesa sono il più profondo il suo impegno nel mondo. prolungamento di Cristo e sono «una A proposito di un discernimento della ripresentazione sacramentale di Gesù situazione attuale, assai complessa e in Cristo Capo e Pastore, ne proclamano rapida evoluzione, l’esortazione apostoliautorevolmente la parola, ne ripetono i ca PDV evidenzia soprattutto, tra le diffigesti di perdono e di offerta della salvezcoltà e le potenzialità intrecciate tra loro, za, soprattutto col Battesimo, la PenitenStudenti aspiranti al sacerdozio tre elementi di riflessione: il forte cambiaza e l’Eucarestia, ne esercitano l’amomento, rispetto al passato, del mondo dei revole sollecitudine, fino al dono totale di giovani che accedono alla formazione sé per il gregge, che raccolgono nell’unità sacerdotale; il grave problema della “quae conducono al Padre per mezzo di lità della vita” spirituale, culturale ed Cristo nello Spirito. In una parola, i preapostolica a cui sono chiamati i presbitesbiteri esistono ed agiscono per l’annunri; e l’esigenza di una “nuova evangelizzacio del Vangelo al mondo e per l’edizione” che sappia dialogare con la cultuficazione della Chiesa» (PDV 15). Alla ra emergente ed abbia un rapporto matuluce di questo nostro insegnamento, dunro con il laicato e le diverse espressioni della vita ecclesiale (cf que, il presbitero diventa consapevole che la salvezza nasce dalla PDV 5-10). fede e la fede nasce dalla Parola di Dio annunciata e vissuta. Tra gli elementi negativi che toccano più direttamente le persoIgnorare la Scrittura è ignorare Cristo, in quanto egli «è presenne e presentano un vero problema per la Chiesa, noi docenti certe nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa chiamo di individuare la soggettivazione dei valori morali e della si legge la Sacra Scrittura; è presente infine quando la Chiesa fede, che conduce a un crescente individualismo e ad apparteprega e loda, Lui che ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti nenze di Chiesa sempre più condizionate; la crisi dell’istituto nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro” (Mt 18,20)» (SC 7). familiare e la sua disgregazione, che incidono negativamente sulInoltre il giovane consacrato a Dio conosce che quando egli l’educazione dei giovani e sulla loro disponibilità a una vocazioannuncia il Vangelo vibra con Cristo con una consumazione intene religiosa; l’ateismo pratico ed esistenziale con forme di edoniriore che lo trasforma e lo rende veramente ministro e servo della smo consumista, che chiude l’orizzonte della trascendenza e Parola che dona la vita eterna. Questo annuncio è rivolto a tutti, quindi l’incontro dell’uomo con Dio in Cristo; e il grave fenomeperché qui si radica il suo ministero presbiterale e l’essenziale no delle ingiustizie sociali, fattosi più acuto per la complessità missionarietà della Chiesa. della situazione socio-economica, che allarga sempre più il divaLa formazione intellettuale e teologica del futuro presbitero, tutrio tra ricchi e poveri, con comprensibili tensioni all’interno della tavia, è intimamente legata con quella spirituale e assume nel vita delle stesse comunità (cf PDV 7). contesto attuale del nostro tempo un’importanza rilevante, speIl giovane presbitero deve essere cosciente della situazione in cui cie di fronte alla sfida della “nuova evangelizzazione”, a cui è vive l’uomo di oggi e dove è chiamata a operare la Chiesa. In chiamata la Chiesa di oggi. «La situazione attuale, pesantemente fondo, le grandi sfide che emergono dalla situazione attuale, sia segnata dall’indifferenza religiosa e insieme da una sfiducia difsotto il profilo socio-culturale sia sotto quello ecclesiale, sono fusa nei riguardi della reale capacità della ragione di raggiungere due. La prima è una nuova e profonda relazione con Cristo, la verità oggettiva e universale e da problemi e interrogativi inequale rivelatore del mistero di Dio e del mistero dell’uomo. La diti provocati dalle scoperte scientifiche e tecnologiche, esige ricerca dell’uomo, infatti, circa il senso del suo esistere e la via con forza un livello eccellente di formazione intellettuale, tale verso Dio passa attraverso l’incontro con Cristo (cf PDV 13-15; cioè da rendere i sacerdoti capaci di annunciare, proprio in un GS 22). La seconda è quella di un’autentica conoscenza ed espesimile contesto, l’immutabile Vangelo di Cristo» (PDV 51). rienza della Chiesa, come comunità di fede, di speranza e di L’impegno di studio, perciò, non è qualcosa di secondario nella amore, protesa alla realizzazione del Regno di Dio e luogo formazione umana, teologica e vocazionale del presbitero, bensì d’incontro con Cristo (cf PDV 17-19; LG 5.8). «attraverso lo studio, soprattutto della teologia, il ministro di È in questa prospettiva cristologica ed ecclesiologica che è rivolCristo aderisce alla Parola di Dio, cresce nella sua vita spirituale to il nostro impegno di docenti e formatori e su questo va posta e si dispone a compiere il suo ministero pastorale» (ibidem). l’identità del sacerdozio ministeriale, che «“ha la sua fonte nella Momenti essenziali della formazione intellettuale sono lo studio Santissima Trinità”, che si rivela e si autocomunica agli uomini in della filosofia, che deve condurre a «una specie di venerazione Cristo, costituendo in Lui e per mezzo dello Spirito la Chiesa amorosa della verità» (PDV 52) e quello della sacra doctrina, come “germe e inizio del Regno”» (PDV 12). La stessa spirituadella teologia, che trova il suo punto di partenza nella fede, la lità dei ministri del Signore va vista alla luce della configurazionutre, opera un rapporto personale e amoroso con Gesù Cristo ne a Cristo, capo e servo della Chiesa, i cui tratti fondamentali nella Chiesa e sfocia in un’accoglienza della Parola di Dio, che è sono la carità pastorale, che è la «partecipazione alla stessa carifede obbediente a Colui che è Parola definitiva di Dio al mondo tà pastorale di Gesù Cristo: dono gratuito dello Spirito Santo, e (PDV 53). Per giungere a una formazione intellettuale teologica nello stesso tempo compito e appello alla risposta libera e la Facoltà di Teologia sottolinea che il futuro presbitero ha due responsabile del presbitero» (PDV 23); il radicalismo evangelico, direzioni di marcia: lo studio della Parola di Dio e quella dell’uoche è «un’esigenza fondamentale e irrinunciabile, che scaturisce mo, interlocutore di Dio.


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Radici e Prospettive dell’Istituto di Spiritualità di Jesús Manuel García

l 28 febbraio 2010 l’Istituto di Teologia Spirituale concluderà il suo 35° anno di attività. Il 28 febbraio 1974 infatti il Rettor Maggiore dei Salesiani, don Luigi Ricceri, istituì ufficialmente il Biennio di Spiritualità salesiana e il Centro o Istituto che doveva curarne la realizzazione. In quella circostanza don Ricceri aveva sottolineato «il ruolo sempre più importante che questo “Centro Studi” della nostra spiritualità è destinato ad avere, in futuro, per la Famiglia Salesiana e per la Chiesa». Il frutto più pregiato di questi 35 anni di lavoro accademico è costituito da coloro che hanno frequentato i corsi, circa 650 studenti, provenienti da tutte le parti del mondo e non solo appartenenti alla Famiglia Salesiana. In questi 35 anni di esistenza, si son fatti due profonde revisioni del curricolo. La prima nell’anno 2000, rispondendo all’invito che il Rettor Maggiore don Juan E. Vecchi rivolgeva alle autorità dell’UPS, nella lettera del 7 giugno 1996, e riconfermava nel discorso al Senato Accademico del 6 novembre dello stesso anno. L’Istituto di Spiritualità prese seriamente l’impegno della verifica richiesta e della revisione del curricolo. Senza perdere quanto di valido era stato raggiunto negli anni scorsi, grazie al contributo prezioso di docenti come Agostino Favale, Armando Cuva, Alois Kothgasser, Joseph Aubry, Pietro Stella, Eugenio Valentini, Carlo Colli, Mario Midali, Joseph Strus e altri, si trattava di adeguarlo all’orientamento rinnovato degli studi e della ricerca nell’ambito della teologia spirituale e alle mutate esigenze dei destinatari del servizio richiesto, alle soglie del terzo millennio. Nel 2000, il rinnovato gruppo dei docenti dell’Istituto (Juan Picca, Octavio Balderas, Jesús Manuel García, Cosimo Semeraro, Achille Maria Triacca, Rafael Vicent, Morand Wirth e Giorgio Zevini) per tre anni, attraverso un percorso di approfondimenti, confronti, proposte e ripetuti tentativi di messa a punto, lavorò per rispondere alle nuove attese confermate nella lettera del Gran Cancelliere: «È da mettere in evidenza, nella prospettiva della qualità e significatività, la proposta di una nuova articolazione del curricolo di Spiritualità». Il risultato finale di questi lavori fu la pubblicazione di una programmazione unitaria ed essenziale (cf. Spiritualità 2000. Nuova proposta dell’Istituto di Spiritualità della Facoltà di Teologia

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La storica visita di Mons. Carlos Ximenes Belo

dell’Università Pontificia Salesiana, a cura di Juan Picca), che privilegiava le insostituibili componenti della spiritualità cristiana e l’orientamento apostolico, nonché una particolare attenzione alla spiritualità salesiana, giovanile e alle varie forme differenziate di vita spirituale. La seconda profonda revisione del curricolo è avvenuta in questi ultimi anni. Tre circostanze hanno provocato una nuova riorganizzazione dell’offerta educativa dell’Istituto di Teologia spirituale. Anzitutto l’adeguamento alle esigenze del “processo di Bologna”. L’Istituto, con tutta l’Università, sta portando avanti una revisione della “ratio” di tutti i corsi e una riorganizzazione delle Cattedre, per adattarsi alle richieste della muova riforma. La seconda circostanza è di carattere prettamente salesiano. Si tratta infatti di rispondere alla domanda formativa della Congregazione, ribadita dal CG25 e dal Progetto di animazione e governo del Rettor Maggiore e del suo Consiglio. Si chiede all’Istituto di accentuare alcuni percorsi formativi: l’esperienza spirituale nella vita del salesiano, i cammini di santità salesiana, la riscoperta e l’approfondimento della identità carismatica, la formazione dei direttori e l’accompagnamento spirituale. Il terzo elemento di novità è stata l’avvenuta attuazione di quanto già auspicava il Gran Cancelliere, nel 1998: «A proposito del “curricolo triennale per formatori” raccomando che non si abbandoni la ricerca di maggior collaborazione e, se fosse possibile, di integrazione con la FSE». Indicazione ripresa dal suo successore don Pascual Chávez: «La fragilità delle vocazioni di speciale consacrazione sono dovute alla mancata maturazione umana, nell’area relazionale, emozionale, affettiva e sessuale, e alle notevoli carenze nei cammini, nelle motivazioni e nella vita di fede. Nella formazione sono da curare contemporaneamente i processi di maturità umana e di crescita nella fede. Per formare formatori occorrono perciò collaborazioni interdisciplinari in modo da valorizzare gli apporti della teologia spirituale, morale, psicologia e metodologia pedagogica» (Lettera del 13 maggio 2003). Garante dell’eredità ricevuta e accogliendo le istanze sopra indicate, l’Istituto presenta oggi un’offerta formativa strutturata in tre percorsi differenziati di Licenza/Diploma: 1. Licenza in Teologia spirituale con particolare attenzione ai giovani. Prepara operatori ecclesiali competenti nella cura spirituale dei gruppi giovanili e nell’accompagnamento personalizzato dei giovani.


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Il gruppo degli studenti iscritti nell’anno in corso

Festa per l’emeritato dei Proff. A. Cuva e A. Favale (a destra nella foto)

2. Licenza in Teologia spirituale con specializzazione in «formazione dei formatori e animatori vocazionali». In stretta collaborazione tra la Facoltà di Teologia e la Facoltà di Scienze dell’Educazione questa specializzazione prepara sia esperti animatori delle vocazioni presbiterali, consacrate e laicali competenti nella progettazione formativa, nell’accompagnamento e nella direzione spirituale, sia docenti di teologia spirituale. 3. Licenza in Teologia spirituale con indirizzo in «studi salesiani». Prepara insegnanti di materie salesiane, formatori dei vari gruppi della Famiglia salesiana e animatori dei Centri di Spiritualità e di Formazione permanente. I tre curricoli sono aperti anche a coloro che non hanno fatto studi teologici o conseguito il baccalaureato in Teologia. Essi, al termine del biennio, conseguono il Diploma in Teologia spirituale. Inoltre, è possibile frequentare come semplici uditori o come studenti straordinari alcuni o tutti i corsi delle tre proposte formative. Tra le pubblicazioni dell’Istituto, meritano di essere evidenziate due iniziative. Dal 2003 l’Istituto ha ripreso la pubblicazione dei «Quaderni di Spiritualità Salesiana» creando una Nuova Serie. Lo scopo è quello di offrire spunti per una riflessione sufficientemente ampia e fondata, su tematiche connesse al vissuto spirituale e alla missione salesiana. Finora sono stati pubblicati 7 numeri (1: Preghiera e vita; 2: Accompagnare tra educazione, formazione e spi-

ritualità; 3. La vita spirituale come impegno; 4: Eucaristia e vita spirituale; 5: La risposta d’amore. Dimensione mistica della vita spirituale; 6: Celebrare e annunciare la Parola di Dio; 7: «Da mihi animas». Pastori dei giovani). Sono in preparazione il n. 8: «La vita interiore dei giovani» e il n.9: «Maria Aiuto dei Cristiani». Nel 2007 è iniziata la pubblicazione della serie Don Bosco: History and Spirit. Finora sono stati pubblicati 5 volumi, promossi dal nostro Istituto e pubblicati dall’editrice universitaria LAS. L’opera è frutto di 25 anni di ricerca e insegnamento del prof. A. Lenti ed è curata dal prof. Aldo Giraudo. La serie, che comprenderà sette volumi e si concluderà entro l’anno 2009, è finalizzata ad offrire materiali didattici di alto livello, in lingua inglese, per i corsi di storia e spiritualità salesiana nei centri superiori di studio della Congregazione. Tra le foto che corredano questo articolo ce ne sono due particolari: con esse si conclude questa breve cronistoria. Vogliono esprimere da una parte un presente pieno di speranza. In una infatti si vede il gruppo della sessantina di studenti che frequentano oggi i corsi di spiritualità attivati nella Facoltà di Teologia dell’UPS. L’altra invece, vuole esprimere un sentito ringraziamento a don Juan Picca, uno dei più attivi protagonisti della storia dell’Istituto. Insieme al grazie, l’augurio di un fecondo lavoro apostolico nella formazione dei giovani con i quali lavorerà in Argentina.

Il grazie a don Juan Picca


Lezione del Prof. José Luis Plascencia

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Istituto di Dogmatica la comprensione della vita alla luce della fede

termini dogma e dogmatico/dogmatica non attirano oggi molta simpatia nel linguaggio comune della gente. Una posizione dogmatica fa immediatamente pensare alla rigidità di chi la presenta, e si usa abitualmente come sinonimo di arretratezza, di irrazionalità e di chiusura. Autoritarismo, da una parte, e esclusivismo, dall’altra, sono le due note che qualificano il concetto di dogma più diffuso in questi tempi. Le difficoltà e le obiezioni di fronte al dogma non sono in realtà recenti. Teologi, filosofi e autori dell’epoca dell’Illuminismo sottoposero i dogmi alla critica, sospettati di aver tradito la semplicità del messaggio cristiano delle origini, colpevoli di annullare la libertà di pensiero, e contrari al normale esercizio della ragione. Il loro studio doveva portare alla loro negazione. Con i dogmi della Chiesa si presenta invece l’impegno di comprendere e di esprimere in modo responsabile, autorevole e condiviso l’annuncio cristiano in precisi momenti della storia. Il credente e la Chiesa sono portati a “rendere ragione della speranza” (1 Pt 3,13) con un dinamismo caratteristico che si può dire spontaneo e quasi naturale per chiunque ha accolto il messaggio di vita del Vangelo. Le culture dei popoli, le emergenze dei tempi e le prospettive degli uomini hanno determinato, con l’azione fondamentale dello Spirito insieme al contributo di concrete persone, la maturazione dottrinale necessaria perché il messaggio del Vangelo si presentasse ogni volta in forma valida, comprensibile e feconda. Con queste consapevolezze è chiaro che i dogmi richiedono un lavoro interpretativo che mostri il loro significato autentico, bene rapportato all’esperienza di fede in Cristo Gesù. La Teologia dogmatica quindi ha come obiettivo la comprensione del messaggio cristiano con il doppio riguardo verso la realtà da esprimere e verso l’uomo a cui parlare. Il buon teologo sarà esperto di umanità ed esperto nelle cose di Dio: le due competenze sono necessarie, ma non sono neppure slegate, proprio perché si richiamano e si sollecitano a vicenda per progredire insieme. Una buona teologia dogmatica è l’espressione di una sincera solidarietà e di una profonda fiducia nella vita, accolta come dono e offerta come servizio. La Teologia dogmatica ha avuto uno spazio privilegiato nella Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana sin dalle sue origini nel 1940. La riflessione sul cristianesimo e l’approfondimento del messaggio cristiano è sempre stato un ambito di studio e di ricerca caratteristico della facoltà di Teologia. Nel cammino percorso finora si contano personalità, docenti e studenti, di alto profilo con lavori splendidi, in corsi e ricerche che indicano la qualità del metodo adoperato e la serietà dell’impegno portato avanti. I diversi periodi degli sviluppi che si sono verificati in quasi settanta anni di storia, hanno avuto come elementi costanti l’attenzione alla situazione storica e la proiezione verso la realtà pastorale e l’esperienza di fede, e non tanto quello di coltivare una speculazione astratta. La specializzazione in Teologia dogmatica, con un curriculum proprio attivato nell’anno accademico 1973-1974 affidato a un istituto creato appositamente, è oggi una delle proposte rilevanti della

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Studenti e professori dell’Istituto di Dogmatica

Facoltà di Teologia. Per il prossimo anno accademico 2009-2010 il curriculum si presenta in una configurazione rinnovata che promuove il dialogo con il pensiero contemporaneo e con le diverse credenze religiose, che cerca il confronto con la condizione umana odierna, che cura l’approfondimento dei principali temi teologici, e che contribuisce a una visione di sintesi a partire dell’apporto delle discipline teologiche e delle scienze umane. L’attuale proposta include alcune possibilità bene affermate di studio che appartenevano già alla specializzazione, come la comprensione dei temi cristologici, ecclesiologici, mariologici e antropologici, l’intelligenza del culto cristiano, l’indagine sull’ecumenismo e sul dialogo tra le confessioni cristiane, la lettura e l’interpretazione dei dogmi. La specializzazione contempla ora anche lo studio delle religioni e del dialogo interreligioso, e l’approfondimento della relazione tra la teologia e la prassi cristiana. L’attività didattica si svolge in uno stile di dialogo aperto. Il lavoro personale dello studente è guidato e accompagnato dai professori, con una parte di lezione frontale essenziale, per dare ampio spazio alla lettura e alla ricerca in biblioteca. Due seminari favoriscono e richiedono la condivisione e il lavoro in gruppo. Con il lavoro finale della licenza lo studente realizza una ricerca teologica, che dà prova della capacità di individuare una questione, formulare ipotesi, progettare l’opportuna indagine, leggere e interpretare i documenti, esprimere i risultati e segnalare le prospettive. Per il lavoro di tesi dottorale lo studente deve dimostrare la maturità scientifica per trattare con completezza ed esaustività la questione e giungere a un contributo veramente originale. Con la specializzazione in Teologia dogmatica lo studente si disporrà a diventare esperto nell’esposizione chiara e aperta dei temi che riguardano la vita degli uomini, nella prospettiva del messaggio cristiano di salvezza. L’indole del curriculum di studi, cordiale, attenta alle ragioni dell’altro, trasparente e fondata nelle prese di posizione, renderà lo studente particolarmente pronto a collaborare in équipe pastorali e ad aprire dialoghi culturali in contesti sociali ed ecclesiali. Gli studi di specializzazione saranno l’avvio e l’inizio di una attività intellettuale intensa che potrà trovare molteplici espressioni, sempre con la competenza dogmatica, relativa alla consapevolezza ragionata del senso del messaggio cristiano. Da parte nostra, nell’Istituto di Teologia dogmatica, possiamo innanzi tutto coinvolgere le persone nella riflessione e nel lavoro di comprensione della vicenda umana alla luce della fede; vogliamo inoltre, con rispetto e con semplicità, condividere l’entusiasmo in un impegno vivo, attuale e importante; speriamo infine che tutto ciò si traduca in una esperienza ricca di umanità. Forse noi non potremo cambiare il senso che comunemente si dà al dogma e alla dogmatica, ma possiamo lavorare perché i dogmi e la Teologia dogmatica sviluppino le loro potenzialità a favore di una fede più matura, di una solidarietà più profonda e di una speranza più reale. Antonio Escudero


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notizieups•Le altre Facoltà a cura dell’Ufficio Stampa UPS

FILOSOFIA

ARRIVEDERCI, MARILENA

L’AMBIVALENZA DEL NULLA, TRA NEGAZIONE DELL’UMANO E APERTURA AL DIVINO

Venerdì 27 febbraio 2009 la Facoltà è stata raggiunta dalla triste notizia della morte della dott.ssa Marilena Amerise, di 33 anni, nata a Corigliano Calabro – dove aveva frequentato e svolto attività di animaMarilena Amerise trice presso l’Oratorio salesiano – e dal 2006 valida e stimata collaboratrice per il Progetto STOQ UPS. La sua giovane vita, carica di progetti e di apertura verso il futuro, si è conclusa a Roma, in un corridoio del Pontificio Consiglio della Cultura, dove stava lavorando agli ultimi dettagli organizzativi del Congresso Internazionale STOQ che si è svolto dal 3 al 7 marzo presso la Pontificia Università Gregoriana, durante il quale è stata ricordata più volte con grande affetto e partecipazione. Numerose sono le attestazioni di cordoglio e le testimonianze di stima che sono state espresse o sono giunte in Facoltà, dove Marilena aveva cominciato a collaborare fin dall’estate 2001 partecipando attivamente alla progettazione e alla realizzazione della prima visita ad alcuni dei principali luoghi filosofici della Grecia classica, e poi pubblicando negli anni successivi due articoli L’idea di misericordia tra paganesimo tardoantico e cristianesimo: il caso di Giuliano l’Apostata (nel volume Eleos: l’affanno della ragione…, Las 2002) e La lebbra di Costantino e il sacrificio dei fanciulli (nel volume Ira e sacrificio. Negazione del divino e dell’umano?, Las 2004) su nostri Atti di Convegni. Apprezzata studiosa di storia antica, in particolare dell’età di Costantino, e di Eusebio di Cesarea, Marilena svolgeva la sua attività in diverse università, dopo essere stata titolare di progetti di ricerca anche in Germania e in Svizzera. Per la sua produzione scientifica, avendo dedicato attenzione ai rapporti tra pensiero teologico e cultura pagana in epoca tardoantica, era stata invitata in più occasioni anche all’UPS per varie lezioni, soprattutto nell’ambito della filosofia della storia. Marilena era già prevista come docente invitata per il prossimo anno accademico 2009/2010 per un nuovo corso nella Scuola superiore di formazione filosofica. Negli ultimi anni Marilena collaborava con L’Osservatore Romano e si occupava del Progetto STOQ. Con Mauro Mantovani aveva recentemente curato il volume della The STOQ Project Research Series dal titolo Fede, cultura e scienza. Discipline in dialogo (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2008). Il Centro Culturale Paolo VI di Sant’Ivo alla Sapienza – che Marilena aveva cominciato a frequentare fin dal 1997 – in collaborazione con la Facoltà di Filosofia ha deciso di istituire per gli anni accademici dal 2009/2010 al 2014/2015 la Scholarship Marilena Amerise per lo studio e la ricerca, che offrirà la possibilità a una studentessa particolarmente bisognosa che cominci o che eventualmente continui gli studi filosofici presso la Facoltà di ricevere la quota equivalente alla totale esenzione delle tasse accademiche. L’istituzione della Scholarship sarà annunciata ufficialmente durante il Concerto che si svolgerà sabato 9 maggio 2009 alle ore 18 presso la Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, e che sarà dedicato a Marilena.

L’Istituto di Scienze della Religione della Facoltà di Filosofia ha organizzato giovedì 26 febbraio 2009, con una buona partecipazione di docenti, studenti e di ospiti esterni, una Tavola rotonda interdisciplinare dedicata alla tematica del Nulla, considerata da diversi punti di vista nelle sue valenze epistemologiche, scientifiche, filosofiche (sia teoretiche che antropologiche), teologiche e religiose. Scandita da due momenti, introdotti e moderati rispettivamente dai professori Scaria Thuruthiyil e Maurizio Marin – quest’ultimo Direttore dell’Istituto di Scienze della Religione e principale organizzatore dell’iniziativa, inclusa nelle attività 2008/2009 del Progetto STOQ UPS – la Tavola rotonda si è configurata secondo i seguenti interventi: Dio è “il nulla, né questo né quello”. La via di Eckhart (prof. Graziano Perillo); Samadhi (nothingness) and Sunyata (emptiness): experience of ‘bliss without form’ (prof. Scaria Thuruthiyil); Gli abissi del Nulla nella cosmologia quantistica (prof. Sergio Rondinara); Libertad, “ser del hombre y nada de ser”. El pensamiento antropológico de J. Paul Sartre (prof. Luis Rosón Galache); Nulla, libertà e kenosi come apertura al divino: sulla teodicea di Luigi Pareyson (prof. Mauro Mantovani). In occasione della Tavola rotonda si è realizzata un’interessante forma di collaborazione, pur a distanza, con vari dei Centri aggregati e affiliati della Facoltà, che si sono collegati attraverso il sito Internet ove dal 26 febbraio 2009 sono a disposizione, oltre a tutti i contributi dei relatori, altri studi sullo stesso tema offerti da docenti e collaboratori della Facoltà: Il nulla come male in Plotino e come bene in Proclo (prof. Maurizio Marin); Dio e il nulla nel Liber de nihilo di Charles de Bouvelles (prof. Stefano Curci); Il nulla religioso. La riflessione ermeneutica nella prospettiva del sacro in M. Heidegger (prof.ssa Cristiana Freni); Banished behind the curtain of nothingness. The ecological problem of species extinction (prof. Joshtrom Kureethadam); Il Relativismo protagoreo come anticipazione del Nichilismo nella riflessione filosofica di Platone (dott. Riccardo Lucio Perriello); O nada que revela o ser segundo o personalismo de Emmanuel Mounier (dott. Helio Fronczak); La laïcité à la croisée des chemins: la piège nihiliste (dott. R. Ngono); Niilismo e natureza: aspectos da crise ecológica desde Nietzsche e Jonas (dott. Cleberson Da Silva Costa); From Fullness to Emptiness: Encountering Non-dualism in Jesus the Buddha. Conjectures of a Vipassana Meditator (prof. George Thadathil); Potenza del Niente ed Onnipotenza di Dio in Karl Barth (prof. Paolo Zini).

Paolo Paulucci e Gabriele Graziano, eletti come rappresentanti FdF


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Il Prof. Stefano Curci con alcuni studenti del II ciclo della FdF

UN NUOVO CORSO PER IL 2009/2010: “ECONOMIA, ETICA E FINANZA” È a tutti nota l’attuale congettura economica e la sua ripercussione sociale e politica, che suggerisce non solo considerazioni di ordine tecnico e di soluzioni immediate e temporanee, ma induce a riflessioni di più ampio respiro e di ordine etico e antropologico. La Facoltà di Filosofia ha per questo deciso di proporre, all’interno della programmazione accademica dell’anno 2009/2010 (le cui interessanti novità saranno illustrate maggiormente nel prossimo numero di questa rivista), un nuovo corso di 5 ECTS – trasversale per il I e il II ciclo e comunque aperto a tutti gli interessati, sia tra le altre facoltà che all’esterno – dal titolo Economia, etica e finanza (settore disciplinare SECS-P/01). Il corso intende avvalersi dell’intervento di più esperti: il prof. Mario Toso (Rettore Magnifico dell’UPS e Ordinario di filosofia sociale e politica); il prof. Luigino Bruni (Professore Associato di Economia Politica, presso la Facoltà di Economia dell’Università di Milano-Bicocca), la prof.ssa Alessandra Smerilli (Docente presso il Corso di Laurea in Economia e Gestione dei servizi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Docente di Economia Politica presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium di Roma) e il dott. Antonio Fazio (Ex-governatore della Banca d’Italia e dottore honoris causa in Teologia morale sociale presso l’UPS).

LETTERE CRISTIANE E CLASSICHE LETTURA E COMMENTO DELLE OPERE DI ORIGENE ALL’UNIVERSITÀ SALESIANA Lo scorso 9 febbraio, la Sala Egidio Viganò dell’Università Pontificia Salesiana, ha ospitato uno degli incontri del XIII ciclo di letture delle opere di Origene, teologo e scrittore nato in una famiglia cristiana di lingua greca di Alessandria d’Egitto e vissuto tra il II e il III secolo d.C. L’iniziativa, ancora in corso, si svolStudenti della FLCC. All’organo il Prof. Miran Sajovic

ge sotto il patrocinio dell’UPS e dell’Ufficio per la Pastorale Universitaria di Roma, ed è dedicata quest’anno - in occasione dell’Anno Paolino - al Commento dell’Alessandrino alla Lettera di Paolo ai Romani. La novità principale del XIII ciclo è il fatto che sia “itinerante”. Infatti si svolge con ritmo mensile in varie sedi accademiche romane: all’Università La Sapienza (già celebrata lo scorso 12 gennaio, con Gaetano Lettieri), all’Università Salesiana (il 9 febbraio con Antonio Castellano), all’Università Roma Tre (il passato 9 marzo, con Carla Noce) e all’Angelicum (il 20 aprile, con Rosario Scognamiglio). Il ciclo si conclude all’Augustinianum l’11 maggio, con la lettura di Francesca Cocchini, coordinatrice dell’iniziativa insieme a Enrico dal Covolo e Mario Maritano. Come di consueto, ogni incontro occupa circa un’ora e mezza. Il testo origeniano viene sistematicamente letto e commentato, offrendo poi la possibilità di “un sobrio dibattito”. Tra i testi della Bibbia, la Lettera ai Romani è l’unico di quelli commentati da Origene di cui si possiede l’interpretazione completa, anche se nella traduzione latina di Rufino e in forma abbreviata, perché Rufino lamenta di non aver trovato tutti i quindici volumi del Commento origeniano e di avere dovuto ridurre l’opera a dieci libri. Anche in questo modo, comunque, il Commento della Lettera ai Romani rappresenta una delle punte più eloquenti dell’esegesi di Origene, che attribuiva alle lettere paoline l’autorità propria dei Vangeli e le definiva una raccolta di “libri di architettura”, in cui l’Apostolo, da “abile architetto”, indica come si debba edificare la Chiesa di Cristo.

SIMPOSIO ATTORNO AL PROGETTO DI UN LEXICON LATINITATIS LITURGICAE C’è ancora spazio per un nuovo lessico sul Latino liturgico? All’insegna di questo interrogativo si è svolto un interessante Simposio organizzato dalla Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche dell’Università Pontificia Salesiana, nella tradizionale giornata che ogni anno, in prossimità della ricorrenza della festa della Cattedra di San Pietro, la Facoltà dell’UPS dedica alla celebrazione e all’incontro. Docenti e allievi, insieme a ospiti illustri che animano la giornata, si incontrano per dare vita a un modo diverso di condurre lo studio e coltivare la passione delle lingue classiche. In questa edizione, in particolare, il focus si è concentrato sul lessico del latino liturgico. L’interesse per il latino non è mai venuto meno nella storia, nemmeno in tempi recenti, e neppure oggi. Ne sono una testimonianza eloquente reti televisive e canali radio che trasmettono solo in latino! Nella vita della Chiesa latina, la lingua di Cicerone trova nell’ambito liturgico un uso costante, sia nei testi ufficiali, sia nella proclamazione o nel canto di testi che la tradizione ha codificato in questa lingua, e che fanno parte del patrimonio culturale dell’umanità. In questo orizzonte, dopo il saluto del Rettore prof. Mario Toso e del Decano della FLCC prof. Mario Maritano, è stato presentato il progetto di un Lexicon Latinitatis Liturgicae da parte dell’ideatore e coordinatore, il prof. Manlio Sodi. Nella sua relazione ha inquadrato il significato e il metodo dell’opera - già progettata in varie lingue – che impegnerà per qualche tempo diversi professori e studiosi. Hanno dato il loro prezioso contributo, per una definizione puntuale del progetto, il prof. Tullio De Mauro, già Ministro della pubblica Istruzione e illustre linguista; il prof. Andrea Zadlo, decano della Facoltà di Teologia dell’Università di Katowice; il prof. Ruggero Dalla Mutta, della Facoltà Teologica di Milano, sezione di Genova; e numerosi altri contributi da parte dei presenti. Rimane ora da rispondere ad


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La Messa a chiusura del Simposio della FLCC

LA FSC IN VATICANO AL SEMINARIO DEI VESCOVI di C.M. Paul

un’attesa; e il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis – la Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche – ha fatto propria questa sfida per offrire un segno eloquente e un contributo fattivo alla conoscenza della cultura cristiana e allo sviluppo del suo rapporto con le altre culture non solo europee. La giornata si è conclusa con la celebrazione eucaristica in latino presieduta dal prof. Antonio Baruffa alla quale erano presenti molti sacerdoti concelebranti e gli studenti che hanno animato la liturgia con canti esclusivamente nella lingua ecclesiastica per eccellenza.

IL DECANO DELLA FLCC TRA I MEMBRI DELL’OPUS FUNDATUM LATINITAS La Segreteria di Stato del Vaticano ha incluso don Mario Maritano, decano della Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche dell’UPS, tra i soci dell’Opus Fundatum Latinitas. La nomina di consigliere è stata comunicata attraverso lettera ricevuta dallo stesso decano FLCC in data 2 marzo 2009 con la firma del Sostituto della Segreteria di Stato, Mons. Ferdinando Filoni. Riportiamo di seguito il testo in latino. “Reverende Domine, nuntiare tibi gaudeo hanc Secretariam Status recens confirmavisse propositum Consilii Operis Fundati cui nomen Latinitas Te includendi inter eius sodales. Non dubito quin, modo quem aptiorem duxeris, operam daturus sis inceptui promovendi studium et usum linguae Latinae. Dum optima quaeque ex animo ominor, ferventem tibi adscribo salutationem. Ferdinandus Filoni, Substitutus Rev. Domino Mario Maritano Romae, Die II mensis martii” (Traduzione del testo: “Reverendo Signore, ti annunzio con gioia che questa Segreteria di Stato recentemente ha confermato la proposta del consiglio dell’Opus Fundatum (il cui nome è) Latinitas di includere te tra i suoi membri [consiglieri]. Sono sicuro che nel modo migliore che potrai, darai il tuo contributo per promuovere lo studio e l’uso della lingua latina. Mentre di tutto cuore ti presento i migliori auguri, ti porgo cordiali saluti. Destinatario: Mario Maritano Roma, 2 marzo” (2009)

Prof. Mario Maritano

La Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale ha preso parte allo storico seminario che - dal 9 al 13 marzo - ha riunito in Vaticano i Vescovi responsabili delle comunicazioni sociali nelle Conferenze episcopali dei cinque continenti. Promosso dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (PCCS), il seminario aveva come titolo “Nuove prospettive per la Comunicazione ecclesiale. Cambiamenti nelle tecnologie e nella cultura delle comunicazioni: una riflessione teologica e pastorale”. Dai tempi del decreto conciliare Inter mirifica (1963) non si era mai visto in Vaticano un numero così grande di vescovi (oltre 70, con 4 cardinali) riuniti per studiare le linee di un nuovo documento sulla comunicazione della e nella Chiesa. “Per la FSC si tratta di un momento molto significativo, proprio nell’anno in cui la facoltà celebra il suo ventesimo anniversario di fondazione. Per noi è un onore e un privilegio poter offrire il nostro contributo a questo seminario”. Così si è espresso il decano prof. Franco Lever nel presentare il gruppo dei docenti della facoltà. Il prof. Lever, insieme ai proff. Fabio Pasqualetti e Valentín A. Presern, hanno animato l’intera mattinata e il primo pomeriggio dell’assemblea generale del terzo giorno, l’11 marzo. Ha fatto seguito l’animazione dei docenti della Facoltà di Prof. Presern, Mons. Celli, Prof. Lever, Prof. Pasqualetti

Comunicazione istituzionale della Santa Croce. “È la terza conferenza che il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali organizza in due anni. Mentre la prima ha avuto come oggetto lo studio dell’identità e missione delle Facoltà di comunicazione presenti nelle Università cattoliche di tutto il mondo, la seconda ha lavorato sull’identità e la missione delle radio cattoliche. Questa è la prima volta che i vescovi delegati delle Conferenze Episcopali sono convocati a Roma per un seminario sulla comunicazione” ha affermato l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del PCCS. Ha poi proseguito mettendo in evidenza che molte novità sono avvenute nel campo della comunicazione dal 1992, anno della pubblicazione del documento Aetatis novae (All’alba di una nuova era): “I nuovi media stanno suscitando nuove domande, nuovi interessi, nuove urgenze pastorali”. “Questa è anche la prima volta che a un seminario riservato ai vescovi vengono invitati anche i dottorandi delle Facoltà di Comunicazione delle Università Pontificie Romane”, ha continuato l’Arcivescovo nel salutare i quindici studenti provenienti dalla Salesiana, dalla Santa Croce, dalla


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notizieups•Le altre Facoltà

Il Prof. Lever con gli studenti FSC presenti al Convegno

Gregoriana e da altre università. Della FSC erano presenti Anna Mariani (Italia), Omero Kamate (Congo), Jesudoss Perianayagam (India), Moses Iorapuu (Nigeria) e CM Paul (India). Un gruppo di 25 esperti di diverse facoltà di comunicazione o di istituzioni impegnate nei media dall’Italia (Università Cattolica di Milano, Università Pontificie Salesiana, Gregoriana e Santa Croce) e dalla Spagna (Università di Navarra) hanno offerto ai vescovi il loro contributo di riflessione sui nuovi media e sulla nuova cultura, sulle possibilità e le sfide poste alla comunicazione della Chiesa, sul documento Aetatis novae e sulle possibili linee di un suo aggiornamento, sulle indicazioni presenti nei discorsi di Benedetto XVI per una rinnovata teologia della comunicazione. Nei primi giorni del seminario è stata esplorata la varietà dei nuovi media e l’influsso che esercitano sulle generazioni nate nel “mondo digitale”. Nella sessione del terzo giorno l’équipe della FSC ha invitato l’assemblea a prendere atto della necessità per la Chiesa di passare dalla preoccupazione di disporre di nuovi e vecchi media all’impegno di dare vita in ogni sua azione a forme di comunicazione autentica, nella consapevolezza che si comunica soprattutto ciò che si è. Utilizzando opportunamente grafici, immagini, brevi tratti di film, videoclip e canzoni, i docenti della FSC hanno proposto tre interventi di circa 45 minuti ciascuno, offrendo ai vescovi non solo delle idee ma anche delle sensazioni, quasi un’esperienza di che cosa implica la sfida della comunicazione oggi. Il prof. Franco Lever ha fornito i criteri con cui valutare la qualità della comunicazione; il prof. Fabio Pasqualetti ha evidenziato quanto sia indispensabile la coerenza tra le scelte che facciamo nel nostro agire e i messaggi che desideriamo fare arrivare alla gente, proprio perché c’è una precisa interdipendenza comunicativa tra le nostre parole e le nostre azioni; il prof. Tone Presern, infine, ha analizzato le sfide e i criteri operativi prioritari che devono guidare la comunicazione pastorale. Ogni sessione, oltre agli interventi degli esperti, prevedeva un lavoro di approfondimento dei vescovi stessi, prima riuniti per gruppi a carattere linguistico (i gruppi erano 7), poi in assemblea plenaria per condividere il risultato del lavoro. Dalle osservazioni espresse in assemblea da parte dei relatori si è colto un reale gradimento del lavoro svolto dai professori della FSC. Mons. Peter Henrici SJ, attuale Responsabile dei media per la Conferenza Episcopale Svizzera e fondatore del Centro Interdisciplinare della Gregoriana, ha iniziato la relazione del suo Il Prof. Pasqualetti, Prof. Lever, Prof. Presern

gruppo dicendo: “I docenti della Salesiana hanno voluto ricordarci che la sfida principale oggi è la qualità della comunicazione e non il possesso dei mezzi, ma l’hanno fatto in modo da farci vivere l’esperienza che i mezzi sono davvero efficaci per una buona comunicazione”. Anche Mons. Celli ha voluto esprimere i suoi complimenti affermando che le presentazioni erano state “creative e insieme provocanti”. Nei colloqui informali che hanno contraddistinto i momenti di pausa i dottorandi si sono sentiti dire dai loro vescovi: “Ci sembra proprio che siate in buone mani!”. Nel saluto conclusivo il cardinale Tarcisio Bertone ha ringraziato tutti coloro che hanno reso possibile e fruttuoso il seminario. Un grazie particolare lo ha rivolto ai vescovi e ai cardinali per il lavoro svolto nei cinque giorni di seminario, un lavoro che renderà pastoralmente e culturalmente ricco ed efficace il documento che aggiornerà l’Aetatis novae, a sostegno dell’impegno comunicativo e pastorale della Chiesa universale.

DIRITTO CANONICO BREVISSIME MA EFFICACEMENTE INDICATIVE DI VITALITÀ

G. Degiorgi, Prof. Farina, Prof. Pudumai Doss

In questi tre primi mesi dell’anno, alcuni docenti della Facoltà di Diritto Canonico sono stati protagonisti di alcune iniziative importanti. I professori Jesu Pudumai Doss, Markus Graulich, Andrea Farina, e lo studente Giorgio Degiorgi hanno preso parte, rappresentando la Visitatoria dell’UPS e la Facoltà di Diritto Canonico, al Congresso Internazionale “Sistema preventivo e diritto umani”, svoltosi a Roma, Casa Generalizia Salesiana, dal 2 al 6 gennaio 2009. Lunedì 16 febbraio si è svolto l’incontro di docenti dell’UPS per riflettere sul tema “La figura e la funzione del Docente UPS nella sfida dell’emergenProf.ssa María Victoria Hernández za educativa”. Per la FDC ha partecipato la prof.ssa María Victoria Hernández. In occasione del Seminario Interdisciplinare di Studio nel 150° anniversario della fondazione della Società Salesiana, che si è svolto all’UPS il 21 febbraio 2009, il prof. Markus Graulich ha partecipato con una presentazione intitolata “Aspetti giuridicocanonici” relativi al cammino di approvazione delle Costituzioni della Società Salesiana, considerando le intuizioni carismatiche di Don Bosco e la normativa canonica dell’epoca. Nell’Incontro di riflessione per docenti universitari “Costruire la pace” organizzato dalla “Scuola di Pace 2009”, il venerdì 20 marzo all’UPS il prof. Markus Graulich ha offerto una riflessione dal titolo: “L’insegnamento della Chiesa sui diritti umani e la pace”. Prof. Markus Graulich


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L’UPS celebra i 150 anni di Congregazione di Renato Butera

a Congregazione dei Salesiani di Don Bosco celebra i 150 anni della sua fondazione. L’Università Pontificia Salesiana ha voluto contribuire dando all’evento il suo apporto specifico, organizzando un Seminario Interdisciplinare di Studio che si è svolto il 21 febbraio 2009. Il seminario, organizzato dal Centro Studi Don Bosco con il patrocinio della Fondazione per la Pontificia Università Salesiana con il coordinamento del prof. Aldo Giraudo – come si legge dal programma - ha inteso “fare il punto su alcuni problemi relativi al momento fondativo e agli anni che vanno fino al conseguimento della piena indipendenza giuridica”, ma anche “evidenziare l’idea di Congregazione che Don Bosco andò progressivamente maturando” individuando “alcuni temi relativi all’identità religiosa salesiana, alla vita spirituale e ai riverberi educativo-pastorali”. L’iniziativa ha raccolto l’adesione di un cospicuo numero di partecipanti. L’Aula II dell’UPS era stracolma di presenze tra cui spiccava quella della Madre Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Suor Yvonne Reungoat, accompagnata da alcune Consigliere Generali dell’Istituto. Presenti anche i consiglieri generali per la Pastorale Giovanile, don Fabio Attard, e per la Comunicazione Sociale, don Filiberto Gonzales. La Famiglia Salesiana era rappresentata anche dai Salesiani Cooperatori, dalle Volontarie di Don Bosco e delle Figlie dei Sacri Cuori di don Variara. Rappresentate infine le diverse età e tappe formative “salesiane”, dal Noviziato alla terza età. L’interdisciplinarità del seminario si può riscontrare nella partecipazione degli specialisti che vi hanno preso parte con i loro interventi. Hanno dato, infatti, il loro contributo studiosi appartenenti a varie facoltà dell’UPS (Scienze dell’Educazione, Diritto Canonico, Teologia, inclusa la storica Sede Torinese della Crocetta), e vi hanno collaborato altri centri di studio come la Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium e l’Istituto Storico Salesiano, nella persona del suo Direttore prof. Francesco Motto, arricchendo così la proposta di lettura con varietà di approccio, diversi e complementari: storico, giuridico, pedagogico, spirituale e istituzionale-operativo. Il succoso programma è stato diviso in due sessioni. La prima è stata presieduta dal prof. Morand Wirth, che ha presentato l’intera giornata e introdotto i relatori del mattino. Il Rettor Magnifico, prof. Mario Toso, ha aperto i lavori con il suo intervento di saluto nel quale ha sottolineato – all’interno di un quadro costituito da alcune fondamentali premesse filosofico-antropologiche – l’impegno per ogni Salesiano “a far rivivere in noi Don Bosco nell’Europa di oggi, con tutte le problematiche della scristianizzazione, della multireligiosità, della multiculturalità, del nihilismo”, riflettendo

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“seriamente, con adeguati studi, sul cambio antropologico che si è innescato in contesto di globalizzazione e di mediatizzazione delle relazioni interpersonali e collettive”. Le due riflessioni che hanno fatto seguito si sono caratterizzate per la loro prevalente accentuazione storica che ha mirato a ricostruire il quadro generale e il processo degli eventi fondativi. Sono intervenuti il prof. Francesco Casella (“Don Bosco fondatore della Società Salesiana: il contesto storico”), e il prof. Francesco Motto (“Il tortuoso cammino per l’approvazione delle Costituzioni della Società Salesiana”). Gli altri due interventi della sessione mattutina, vera novità per un seminario di studi “salesiano”, sono stati approfondimenti specifici nel campo giuridico. Il prof. Markus Graulich ha trattato gli “Aspetti giuridico-canonici”; in quello pedagogico-metodologico il prof. Bruno Bordignon ha svolto il tema “I salesiani come religiosi-educatori: figure e ruoli all’interno della comunità salesiana”. La sessione pomeridiana è stata presieduta dal prof. Jesús Manuel García. Si è incentrata, in prospettiva storica, sui primi passi dell’organizzazione e della formazione di salesiani e FMA. È stata avviata dal prof. Aldo Giraudo che ha descritto “La fisionomia del religioso salesiano negli interventi formativi di Don Bosco” con la lettura sintetica di “conferenze, esercizi spirituali e lettere circolari”. Il prof. Mario Fissore ha invece presentato “Il ruolo di don Giulio Barberis, primo maestro dei novizi, nell’organizzazione del Noviziato e nell’impostazione dell’ascetica salesiana”. La prof.ssa Grazia Loparco, infine, ha proposto alcuni spunti di indagine su “I riverberi del modello religioso donboschiano sull’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice”. La conclusione dell’intensa e ricca giornata di studio è stata affidata al prof. Jesús Manuel García, che ha ripercorso sinteticamente gli interventi dei relatori cogliendo e sottolineando le linee emergenti. E soprattutto al Rettor Maggiore, don Pascual Chávez, che ha organizzato il suo intervento attorno a quattro punti-proposta: l’impegno di recuperare l’identità della vita consacrata; l’impegno di tornare a Don Bosco che si realizza imprescindibilmente con il ritorno ai giovani; l’impegno di rinvigorire il carisma salesiano a partire dal rinnovato entusiasmo vocazionale; e infine l’impegno di creare e rafforzare il movimento di tanti - che è la Famiglia Salesiana - per l’obiettivo comune del bene dei giovani. Gli interventi del seminario saranno raccolti, dopo l’integrazione e l’approfondimento, per la pubblicazione degli Atti che vedranno la luce fra qualche mese. Questi infatti avranno una loro consistenza documentaria e scientifica e forniranno materiali solidi per l’approfondimento della storia e dell’identità salesiana. nella foto: il Rettore Prof. Mario Toso apre il Seminario


Prof. Giraudo, Prof. Graulich, Prof. Wirth

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LINEE EMERGENTI DI UN CAMMINO SPIRITUALE E PASTORALE Sintesi degli interventi al Seminario interdisciplinare di Jesús Manuel García

ià nel suo dèpliant, il Seminario sui 150 anni della fondazione della Pia Società di San Francesco di Sales, presentava l’obiettivo da raggiungere: “fare il punto su alcuni problemi relativi al momento fondativo e agli anni che vanno fino al conseguimento della piena indipendenza giuridica. Tale iniziativa evidenzia anche l’idea di Congregazione che Don Bosco andò progressivamente maturando e alcuni temi relativi all’identità religiosa salesiana, alla vita spirituale e ai riverberi educativopastorali”. A conclusione del Seminario ci domandiamo se l’obiettivo è stato raggiunto tentando di cogliere brevemente alcune linee che emergono dalle riflessioni offerte dai relatori invitati, e che permettono di affrontare con coraggio le sfide del presente e proiettarsi verso un futuro carico di speranza.

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1.Ricuperare l’identità carismatica La mia prima considerazione è una semplice riflessione sull’evento che abbiamo appena finito di celebrare: la realizzazione di un Seminario che studia le nostre origini. A questo proposito, il Rettor Maggiore, nella Lettera del 24 giugno 2008, ci invitava a “prendere coscienza della nostra identità di persone consacrate, votate al primato di Dio, alla sequela di Cristo obbediente, povero e casto, pienamente disponibili allo Spirito, e proprio per questo totalmente dedicate ai giovani”. Se si parte da un’identità incerta e confusa difficilmente si rinnoverà l’appartenenza alla Congregazione voluta da Don Bosco. Il recupero quindi del proprio carisma, attraverso l’analisi e la critica storica del vissuto del nostro fondatore, è il modo non solo di ricuperare questa identità carismatica, ma soprattutto la forma migliore e più fruttuosa di rinnovare l’entusiasmo vocazionale e di dare forza profetica alla nostra azione educativa a favore dei più svantaggiati. 2. Rinnovare il senso della cittadinanza Durante questo seminario, si è detto più volte che Don Bosco voleva che i suoi salesiani, costituiti in una società religiosa, mantenessero tutti i diritti civili e fossero liberi cittadini di fronte allo stato. Questa iniziativa del Fondatore risulta emblematica e provocatoria oggi. Si tratta non soltanto di formare “onesti cittadini”, ma di farli diventare cittadini attivi nella costruzione della città degli uomini. Formare giovani quindi che abbiano una incidenza nel sociale, nella politica, nella cultura, ecc... Come entrare nei circuiti sociali del mondo della cultura e del lavoro senza rinunciare ai nostri principi pedagogici ma con sufficiente flessibilità per rispondere con creatività e fantasia ai problemi inediti che la società globalizzata, interculturale e interreligiosa pone davanti a noi? È la domanda che ha posto all’assemblea il Rettore dell’UPS Prof. Mario Toso aprendo il seminario. 3. L’inscindibilità tra Don Bosco, la sua opera educativa e i salesiani Don Bosco è diventato ciò che è diventato nella sua significatività storico-culturale, pedagogica e sociale grazie al fatto di aver fondato la Società salesiana e dopo qualche anno l’Istituto delle a sinistra: Prof. Fissore, Prof. García

Figlie di Maria Ausiliatrice e i Cooperatori. Senza queste realtà la figura di Don Bosco non sarebbe durata fino ai nostri giorni con forza e incisività. E viceversa, noi siamo legati intimamente a Lui non soltanto in quanto identità carismatica, cioè in quanto discepoli di un carisma, ma costituiamo la garanzia dell’incidenza delle idee e delle intuizioni di Don Bosco sulla società, diventando così il pegno della loro permanenza, fecondità e evoluzione nel tempo. Detto con una frase che può suonare come uno slogan: “Don Bosco oggi siamo noi”. 4. L’attenzione al vissuto originale di Don Bosco fondatore nel quadro più ampio della vita religiosa ed ecclesiale Qui si introduce il discorso del Prof. Markus Graulich relativo al fatto che forse dobbiamo rivedere il rapporto tra Don Bosco “uomo carismatico” e le Istituzioni, soprattutto verso la Chiesa. Rivedere la relazione non tanto come scontro ma come confronto legittimo tra realtà con responsabilità diverse. In fondo, il dialogo-confronto con le istituzioni ha aiutato lo stesso Don Bosco a definire meglio la natura e lo scopo della Congregazione. Inoltre abbiamo visto, nella relazione del Prof. Mario Fissore, come Don Bosco ha costruito la fisionomia del religioso salesiano, attingendo dalla grande tradizione della Chiesa e dall’esperienza delle famiglie religiose. Don Bosco, infatti, affida la costruzione dell’identità spirituale salesiana, quella tradotta poi in processi formativi, a un uomo di fiducia che diventerà il “maestro dei maestri”, don Barberis. Egli, per formare la figura del religioso salesiano, si ispira alle proposte già esistenti di vita religiosa e cerca in Don Bosco quegli elementi legati all’esperienza (su cui insiste il Prof. Bordignon) e alla personalità del fondatore. Tre considerazioni possono emergere da questo modo di fare di don Barberis riguardo la formazione dell’identità del religioso salesiano: stabilire un dialogo aperto con la vita consacrata nella Chiesa perché non siamo delle isole separate; continuare l’approfondimento carismatico per coglierne la specificità; elaborare una teologia spirituale a partire dallo studio del vissuto spirituale del fondatore e dei confratelli, soprattutto nella quotidianità dove si esprime la particolarità dell’ascetica salesiana. Una teologia spirituale capace, pertanto, di cogliere il legame stretto tra studio, formazione iniziale, formazione permanente e vissuto concreto. 5. La riflessione sul vissuto dei salesiani Don Barberis non si fermerà soltanto all’esperienza del fondatore. Nel Vademecum, quando si tratta di delineare i tratti della fisionomia del salesiano, ci descrive l’esperienza di alcuni salesiani. Questo fatto può diventare anche emblematico per noi: non soltanto Don Bosco, ma anche l’incarnazione che di lui fa il salesiano nella vita quotidiana, è ciò che definisce e dà qualità e spessore all’identità salesiana. C’è un elemento quindi carismatico, che non è solo del fondatore, ma che è vissuto intensamente dai discepoli e che ha bisogno di essere non soltanto ricordato nella memoria ma approfondito e studiato con serietà perché esprime anche l’identità del nostro essere salesiani oggi.

a destra: la Madre Generale Sr. Yvonne Rengoat, il Rettor Maggiore don Chávez e il visitatore UPS don Joaquin De Sousa


Don Pascual Chávez

6. Una lettura positiva della storia Si tratta di ricuperare l’elemento storico ripristinando gli elementi dinamici di fondo che sono di vita spirituale ma anche di approccio alla realtà. Come Don Bosco, cercare di capire cosa ci dice il Signore all’interno delle nuove situazioni e di cavalcarle positivamente. Non si tratta di fomentare l’opposizione tra modernità e tradizione ma neanche di isolarci o chiuderci nell’immobilismo. Con Don Bosco si tratta di agire nella storia con una visione che va oltre. Una storia redenta che ha bisogno delle nostre mani e il nostro cuore per renderla sempre più umana e quindi più vicina a Dio. 7. Un progetto, un metodo educativo Ci ricordava il Prof. Bordignon come sulle coordinate dell’amore fraterno e della confidenza verso i superiori viene costruito l’ambiente educativo di Valdocco; l’educazione viene personalizzata e si configura l’organizzazione e il governo di una casa salesiana. Si tratta quindi di una realtà educativa con un progetto, in continuo miglioramento che nasce come oratorio festivo, diviene casa e collegio per studenti e artigiani, e, successivamente congregazione religiosa. È la medesima realtà in crescita secondo un progetto che si arricchisce progressivamente, con flessibilità di atteggiamenti, non mutando tuttavia di identità. “Avete collegi, parrocchie, oratori, ecc. – diceva P. Jean Duvallet, collaboratore di Abbé Pierre - potete perdere tutto ma salvate il vostro tesoro: il sistema preventivo di Don Bosco”. Oppure le parole del Cardinale di Torino: “In realtà voi salesiani fate le cose che faceva Don Bosco, avete oratori, scuole, fate catechesi, pastorale, ecc. ...non si tratta di fare le cose che faceva Don Bosco ma di fare le cose come li faceva Don Bosco”.

Il poster dell’evento

8. Don Bosco, i salesiani e la società Ci ricordava il Prof. Casella come con la genesi della Società salesiana non si assiste soltanto all’avvento nella Chiesa di una nuova congregazione religiosa, ma anche a una nuova collocazione di Don Bosco nella Chiesa e nella società civile. Sarebbe interessante domandarci oggi non tanto dove vogliamo collocarci all’interno della società civile ma soprattutto conoscere dove gli organismi istituzionali, le nostre comunità formatrici, i nostri studenti, i loro genitori dove ci collocano? Cosa, come conseguenza, si aspettano da noi? E vedere se lo spazio che Don Bosco originalmente ha ritagliato per i suoi salesiani continua a essere occupato oggi da noi oppure se i salesiani e FMA sono andati ad esplorare altre terre neanche previste nei sogni di Don Bosco… 9. Un cammino da fare C’è un lungo cammino da fare: oltre alla descrizione dei contenuti, alla descrizione del sistema educativo, alla descrizione degli elementi che caratterizzano la spiritualità giovanile salesiana oggi, o l’identità del salesiano, c’è tutto un lavoro di teologia spirituale che ci può aiutare ad approfondire un carisma che non è mai detto pienamente in un contesto concreto ma è un carisma che si sviluppa nel tempo. Don Bosco è un fondatore, non una figura storica chiusa nel suo tempo; ma un fondatore che sa cogliere la missione di Dio per la sua congregazione e la proietta per il futuro. Ecco lo spazio di una teologia spirituale che riesce a cogliere non soltanto le costanti del vissuto di Don Bosco fondatore - servendosi dei vari approcci storiografici, con gli strumenti della critica letteraria e all’interno della grande storia della spiritualità – ma anche l’incarnazione che di esse hanno fatto i suoi discepoli e il tutto lo rende propositivo all’interno di un dialogo tra modernità e spiritualità, storia e vita quotidiana, evento e grazia, riscoperta dei dinamismi spirituali e dialogo con l’attualità. Accanto alla teologia spirituale dovranno essere ripensati i processi formativi, sia a livello di pedagogia sia a livello di scienze pastorali e sociali in modo tale di rendere vivo oggi il carisma originale. Impossibile quindi sganciarci dall’esperienza originale donboschiana.

IL CONTESTO STORICO DELLA FONDAZIONE DELLA SOCIETÀ SALESIANA di Francesco Casella

a vicenda di Don Bosco fondatore della Società Salesiana, occorre intenderla all’interno del periodo storico che si estende tra la Restaurazione, l’affermarsi della società liberale nel Piemonte Sabaudo, la formazione dell’Unità d’Italia e il diffondersi della Rivoluzione industriale. Completata la sua formazione seminaristica e ordinato sacerdote (1841), Don Bosco va a Torino per il corso di perfezionamento pastorale al Convitto ecclesiastico (1841-1844). Progressivamente, scopre “l’altro volto di Torino”, venendo a contatto con le carceri e, nelle strade di Torino, con i giovani abbandonati e pericolosi per se stessi e la società, grazie a

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L’intervento del Prof. Casella

esperienze pastorali e sociali compiute con uomini aperti ai problemi dell’educazione infantile e popolare. Per andare incontro alle esigenze delle classi popolari e soprattutto della gioventù povera e abbandonata sorgono in Piemonte, e in particolare a Torino, molteplici iniziative: le iniziative filantropiche della Regia Opera della Mendacità istruita (18181861), le istituzioni educative del marchese Tancredi Falletti Barolo e di sua moglie Giulia, le tesi pedagogiche di Rosmini e le sue scuole, la stampa scolastica, le scuole per la preparazione dei maestri, l’oratorio di don Giovanni Cocchi (1840) e quello di Don Bosco, che cominciò a radunare al Convitto, presso la


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Prof. Giraudo, Prof. Bordignon, Prof. Wirth

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chiesa di San Francesco d’Assisi, i primi gruppi di giovani per impartire loro lezioni di catechismo (1842-1843), per passare, poi, alla stagione dell’Oratorio itinerante: Rifugio, Ospedaletto di Santa Filomena, cappella del Cimitero di San Pietro in Vincoli, Mulini Dora (1844-1845), e raggiungere, quindi, con una propria autonomia, la stabilità a Valdocco (1846). Durante gli eventi politici del 1848-1849, anche il clero di Torino si divise tra liberali e conservatori, e don Cocchi e Don Bosco si posero in una diversa prospettiva: il primo si avventurò in un pieno coinvolgimento politico, mentre Don Bosco rifiutò di aggregarsi a qualsiasi schieramento politico. Le differenze tra i due si evidenziarono, pur tra diversi tratti in comune, anche nel campo educativo, ma Don Bosco, di fronte alle istanze per unificare le direzioni degli oratori torinesi, difese la sua autonomia. In seguito alle vicende politiche, l’oratorio dell’Angelo Custode di don Cocchi venne temporaneamente chiuso e poi affidato a Don Bosco (ottobre 1849), il quale, in seguito, fu nominato direttore degli oratori di San Francesco di Sales, di San. Luigi Gonzaga e del Santo Angelo Custode con decreto di Mons. Fransoni (31 marzo 1852). Per Don Bosco si pose in modo urgente il problema di un personale proprio per assicurare la continuità delle sue opere. L’oratorio di Valdocco, in particolare, nel decennio 1853-1863 divenne un luogo con complesse e articolate attività che progressivamente vi si impiantarono: ricreazione, istruzione religiosa, preghiera per giovani lavoratori e poi per studenti; scuole domenicali e serali, l’ospizio-pensionato per apprendisti e studenti (1847), il collegio per interni con laboratori per gli artigiani (1853-1862), classi di scuola per studenti (1855-1859) e piccoli seminari per vocazioni ecclesiastiche (dal 1863), dopo aver accolto già un gruppo di seminaristi della diocesi di Torino nel 1848. Il progressivo e impressionante sviluppo di Valdocco non solo fece crescere gradualmente il numero delle persone, preti e laici, che si misero a disposizione di Don Bosco, ma lo sospinse anche ad avere un personale più stabile per assicurare la continuità della sua opera e, per conseguenza, a pensare alla fondazione della Società salesiana, ma i tempi non erano di certo favorevoli. Infatti, il 29 maggio 1855 venne approvata la legge sulla soppressione degli ordini religiosi non impegnati nell’istruzione, nella predicazione e nell’assistenza sanitaria. Nel frattempo, oltre a prendersi cura delle vocazioni ecclesiastiche per la diocesi di Torino, Don Bosco cominciò a curare un personale più fidato, con l’intenzione esplicita di farne dei futuri collaboratori nell’opera degli Oratori, fino a impegnare,

ma in privato e in segreto, con voto alcuni: Artiglia, Cagliero, Rocchietti, Rua, nell’esercizio della carità verso il prossimo (26 gennaio 1854). In effetti, silenziosamente, era in gestazione la Società salesiana. La svolta decisiva avvenne con i colloqui che Don Bosco ebbe con Urbano Rattazzi (1857) e con Pio IX (1858). Il primo suggerì a Don Bosco di fondare una Società i cui membri avrebbero dovuto conservare i diritti civili e fossero sottoposti alle leggi dello Stato, pagando le relative imposte e quant’altro. Pio IX, invece, suggerì che la futura Società religiosa, oltre a non dover subire intralci da parte delle autorità civili, doveva essere veramente tale, e quindi con voti, di fronte alla Chiesa. Determinato a portare avanti il suo progetto, Don Bosco, oltre a impegnarsi nella stesura di una prima bozza di Costituzioni, proseguì nella formazione dei suoi primi e fidati collaboratori, soprattutto parlando loro circa i voti di povertà, obbedienza e castità, per cui non fu una sorpresa quando la sera del 9 dicembre 1859 spiegò loro il significato di una Società religiosa, i cui membri legati da vincoli particolari, si dedicassero alla missione giovanile e li invitava, qualora volessero aderire, alla riunione del 18 dicembre nella quale si sarebbe costituita, per un periodo di prova, la Società di San Francesco di Sales e si sarebbe eletto l’organo direttivo. Di questo atto fondativo (18 dicembre 1859) resta il verbale, redatto da don Vittorio Alasonatti. Relativamente alla fondazione di Don Bosco, è importante rilevare che: “Con la genesi della Società salesiana non si assiste soltanto all’avvento nella Chiesa di una nuova congregazione religiosa, ma anche a una nuova collocazione di Don Bosco nella Chiesa e nella società civile” (Braido). Progressivamente, Don Bosco fondatore allarga l’orizzonte ecclesiale e geografico della sua vocazione per i giovani poveri e abbandonati, e per quelli del ceto popolare, al Piemonte, all’Italia, all’Europa e al mondo con le missioni, dando vita anche, insieme a Maria Domenico Mazzarello, alle Figlie di Maria Ausiliatrice per la gioventù femminile, e ai Cooperatori salesiani. In conclusione, possiamo dire che Don Bosco, anche se per la cultura, la formazione e la mentalità condivideva le riserve verso la società moderna e vedeva come modello ideale la societas christiana, non si chiuse nell’immobilismo, che bloccava spesso gli ambienti del conservatorismo cattolico, e non si lasciò condizionare dalle sue convinzioni, ma si attrezzò per rispondere ai cambiamenti che scaturivano sul piano del rinnovamento della mentalità, dei modi di vita e dell’educazione. a sinistra: Prof.ssa Grazia Loparco a fianco: dettaglio dei presenti in basso: Prof. Motto, Prof. Wirth, Prof. Casella


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ALLA RICERCA DELLE MOVENZE INTERIORI una riflessione di Aldo Giraudo organizzatore del seminario

prima vista la fondazione della Società di San Francesco di Sales parrebbe iscritta nell’ordine della necessità e della funzionalità. Se esaminiamo lo svolgersi degli eventi, vediamo che, sotto la spinta delle urgenze socio-educative e delle motivazioni religiose e ideali, l’opera di Don Bosco si sviluppa nel volger di brevi anni. Da semplice catechismo (1842) a Oratorio stabile (1846), con Casa annessa per l’ospitalità dei più abbandonati (1848), a convitto e collegio, scuole artigianali e ginnasiali (dal 1854 in poi), con una popolazione giovanile, “esterna” e “interna”, in continuo incremento e una concomitante espansione edilizia. A questo fervore corrisponde l’esigenza di rafforzamento, formazione e coordinamento del gruppo dei collaboratori. Nella seconda metà degli anni Cinquanta l’Oratorio di San Francesco di Sales, così articolato, mostra tutta la sua vitalità e si impone all’attenzione delle istituzioni e dei cittadini per la sua incidenza sociale. Anche a livello ecclesiale, nonostante alcune riserve iniziali rivolte alla salvaguardia della pastorale parrocchiale locale, l’opera formativa di Don Bosco, il cui raggio d’azione si dilata grazie all’iniziativa editoriale delle “Letture Cattoliche”, appare provvidenziale a chi guarda con apprensione il progressivo distacco dei ceti popolari dalla pratica religiosa e dall’affezione alla Chiesa. Autorità civili ed ecclesiali di più alto livello, propense a una visione ampia dei problemi in prospettiva di scelte strategiche, da una parte incoraggiano e sostengono opere significative come quella di Valdocco, dall’altro si premurano di stimolarne il consolidamento per una più efficace incidenza futura sulla società o sulla pratica pastorale. Non c’è da stupirsi, quindi, se Don Bosco, intorno al 1857, si senta consigliare dal ministro Urbano Rattazzi la costituzione giuridica di una “società” di educatori e in ambito ecclesiale venga orientato da Pio IX a fondare una “Congregazione” con voti, per dare stabilità, efficacia e diffusione nel tempo e nello spazio alla sua opera. D’altra parte, l’esperienza degli anni precedenti aveva portato il fondatore dell’Oratorio di Valdocco a evolvere le modalità di reclutamento dei collaboratori. Inizialmente l’opera dei catechismi si presenta come iniziativa spontanea di un gruppo di preti e laici di buona volontà, disponibili ad una collaborazione operativa, basata su semplici intese amichevoli. La successiva emergenza di Don Bosco, dovuta alla quantità dell’impegno profuso, a una riconosciuta leadership carismatica e, dall’autunno 1846, alla scelta di abbandonare ogni altro impiego per una dedizione a tempo pieno, comporta ineluttabilmente l’esigenza di definire più chiari principi di riferimento. Non si tratta soltanto di condividere alcuni basilari elementi di metodo educativo e pastorale e di assicurare la copertura delle varie attività, ma di raggiungere una sintonia più profonda, di spirito e di intenti, unita a una dipendenza accettata e a un coinvolgimento continuativo. Gli eventi legati al fervore suscitato dalla proclamazione dello Statuto (4 marzo 1848), inducono a una prima selezione degli aiutanti, basata sulla esclusiva priorità delle finalità pastorali-educative e sulla estraneità dalla politica. È un passo decisivo. La personalità di Don Bosco si impone. Da ora in poi i collaboratori sono contattati personalmente, in una sorta di accordo negoziato. Il decreto arcivescovile che lo nomina direttore spirituale dell’Oratorio di san Francesco e direttore “capo” degli Oratori di San Luigi e dell’Angelo Custode (1852), consolida ulteriormente la sua posizione. Ora egli ha maggiore libertà di movimento. A ciò si aggiunge l’ospitalità concessa ad alcuni chierici studenti (a seguito del sequestro governativo del seminario) e a un gruppo di aspiranti al sacerdozio, reclutati fra i frequentatori dell’Oratorio, fortemente legati al loro benefattore. Si mettono le basi di una comunità affia-

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tata, bene animata, in piena sintonia con le idee, le finalità e il “sistema” di Don Bosco. Il 1854 segna un ulteriore passaggio. La “Casa annessa” all’Oratorio, ampliata con nuove costruzioni, si trasforma da semplice ostello (“ospizio”) in una convivenza che in breve raggiungerà le duecento unità. Si avvia la prima classe ginnasiale e i laboratori interni. Quell’anno, con il coinvolgimento di don Vittorio Alasonatti (42 anni), la convivenza familiare di Valdocco si avvia a diventare un’istituzione educativa regolare, con ruoli e compiti riconosciuti. Accanto al direttore ora c’è un “prefetto”, con incombenze amministrative e disciplinari, e un gruppetto di giovani chierici, in funzione di assistenti, catechisti e insegnanti. Si consolida anche il senso di appartenenza e di voluta dipendenza dalla direzione e dal carisma di Don Bosco. Nel quinquennio 1854-1859, simultaneamente al progressivo assestamento dell’istituzione (regolazione dei corsi ginnasiali e dei laboratori, completamento delle costruzioni edilizie, affinamento della metodologia formativa), maturano le condizioni per trasformare la realtà emersa dalla pratica in una istituzione religiosa ben definita. Ora, infatti, non si tratta più soltanto di un gruppo coagulato attorno a un riconosciuta figura di riferimento, simpatizzante con la sua missione. Oramai va affiorando uno spirito comune, il profilo spirituale di una comunità unita al suo fondatore da valori e idealità più profondi, da un carisma condiviso. C’è la crescente percezione di una fisionomia spirituale comune, dai tratti inconfondibili. Dunque, se agli occhi delle autorità e nella realtà dei fatti, si pone soprattutto il problema della continuità dell’opera e della stabilità di collaboratori dipendenti e docili, nell’animo di Don Bosco pare emergere qualcosa di più consistente. Nella sua mente si è andata progressivamente definendo la chiamata a una consacrazione non solo personale e privata, ma comunitaria e pubblica, che, oltre a conferire stabilità e diffusione all’opera e alla missione, si ponga come cammino comunitario di perfezione nella carità. Su questa linea egli di fatto si muove da qualche anno, con una percezione più o meno definita. Così potremmo interpretare già la proposta fatta il 26 gennaio 1854 al gruppetto di giovani collaboratori più intimi (Giacomo Artiglia, Giovanni Cagliero, Giuseppe Rocchietti e Michele Rua) «di fare coll’aiuto del Signore e di San Francesco di Sales una prova di esercizio pratico della carità verso il prossimo, per venire poi ad una promessa, e quindi se parrà possibile e conveniente di farne un voto al Signore». Significativo è il fatto che in quel contesto si decida l’assunzione del «nome di Salesiani a coloro che si proposero e proporranno tal esercizio». In questo scenario di progressiva chiarificazione vanno interpretati gli interventi formativi graduali e sistematici, indirizzati da Don Bosco ai giovani collaboratori, di cui ci resta testimonianza negli appunti di Giovanni Bonetti, Gioacchino Berto e altri. Fino alla scelta della formula di Società religiosa chiarita nel corso del 185859 e concretizzata nella riunione di fondazione del 18 dicembre 1859. Insieme con l’approfondimento delle vicende relative agli aspetti giuridici, costituzionali, organizzativi del processo fondativo, allo studio degli elementi ascetici dell’identità salesiana che ne emerge e dei riverberi sulla missione e sul metodo educativo, ci pare interessante riprendere l’indagine dei processi mentali e spirituali che hanno portato Don Bosco alla definizione della specifica fisionomia della Società e dei Salesiani, innestandoli in tutto il corso della sua fervida esperienza personale e del suo operoso vissuto e nell’orizzonte delle movenze ideali, morali e spirituali che lo hanno caratterizzato fin dai primi passi.


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Don Giuseppe Tabarelli

NUOVO PREFETTO DELLA BIBLIOTECA DON BOSCO di Irena Sever

Don Giuseppe Tabarelli

el numero scorso ci siamo salutati con l’ex Prefetto della Biblioteca don Juan Picca il quale sta svolgendo ora il suo apostolato salesiano con la docenza in una delle case di formazione di Buenos Aires (Argentina). Il suo posto è stato preso da don Giuseppe Tabarelli, salesiano da cinquant’anni, uno dei fondatori della biblioteca come la conosciamo oggi. Lo abbiamo incontrato per conoscerlo meglio con questa intervista.

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Don Tabarelli, potrebbe dire ai nostri lettori qual è stato il suo percorso di vita prima di prendere l’incarico di prefetto della Biblioteca Don Bosco? Sono nato a Trento nel 1941. A dieci anni sono entrato in una casa salesiana del Piemonte, l’istituto san Pio V di Penango, dove ho studiato per sei anni come aspirante. Nel 1957/58 ho fatto il noviziato a “Villa Moglia” presso Chieri. Conclusi gli studi in filosofia a Foglizzo con il diploma magistrale, ho fatto il tirocinio a TorinoRebaudengo e a Berlino; dopo sono rimasto ancora quattro anni in Germania per gli studi di teologia a Benediktbeuern. Questa esperienza mi ha permesso di imparare abbastanza bene il tedesco che in seguito mi è stato utile per insegnare all’UPS e in Russia. Dal 1970, per sedici anni, ho lavorato all’Elledici di Torino nel settore audiovisivo, e poi più specificamente in quello musicale. Nel 1986 sono venuto all’UPS per lavorare nel settore della comunicazione sociale. Sono stato invece impiegato nella Biblioteca. Dopo avervi lavorato per un anno, ho frequentato il corso di biblioteconomia presso la Scuola Vaticana conseguendo il diploma. Quindi, nominato Prefetto della Biblioteca Don Bosco, vi sono rimasto fino al 1997. Durante questo periodo mi sono impegnato nel progetto di automazione della Biblioteca. Ho organizzato e coordinato il progetto di trasformazione della Biblioteca dallo schedario cartaceo a quello elettronico – un processo molto complesso e delicato durante il quale si dava la possibilità di risistemare razionalmente quanto la biblioteca possedeva, eliminando i doppioni, riunendo collane sparse, proponendo chiavi di ricerca più razionali.

Dopo l’esperienza nella Biblioteca si è trasferito in Russia. Con quale incarico? In Russia sono arrivato nel 1997, a Gatchina (regione di Leningrado, non distante da San Pietroburgo), dove i salesiani dal 1993 avevano aperto una scuola grafica. All’inizio aiutavo in tipografia, dopo ho messo in piedi l’Editrice Don Bosco che quest’anno compie dieci anni di attività. Tra il 2002/2003 abbiamo iniziato la pubblicazione del Bollettino Salesiano in lingua russa, ormai al suo sesto anno, e organizzato il sito www.donbosko.ru (in quattro lingue) che presenta l’attività dei Salesiani in questa parte di mondo. Dall’anno scorso mi sono dato disponibile per tornare in Italia lasciando ad altri i lavori portati avanti come incaricato della comunicazione sociale dell’Ispettoria salesiana Est che fa capo a Mosca. E così mi sono nuovamente ritrovato qui a riprendere il compito di Prefetto. Don Pascual Chávez in visita alla biblioteca

Quali sono i progetti prioritari che vorrebbe realizzare? Dopo una attenta analisi della situazione, un primo progetto è quello di accelerare e implementare il processo di catalogazione dei libri in quanto se ne sono accumulati tantissimi in questi anni, e la scarsità di personale non è riuscita a tener fronte ai libri di acquisizione e di omaggio. Un secondo progetto riguarderà il completamento del catalogo della biblioteca. Dai miei calcoli ci sono ancora circa 80mila volumi da schedare della vecchia biblioteca, e sicuramente oltre 100mila volumi ricevuti in omaggio. Questi progetti necessitano la presenza di persone in grado di saper catalogare, con una conoscenza dell’ISBD (International Standard Book Description), lo standard che fornisce norme per la descrizione bibliografica con prescrizioni per la presentazione degli elementi in aree stabilite. La catalogazione è un processo molto complesso, di estrema precisione che deve essere affidato a specialisti e fatto in modo scientifico, seguendo norme nazionali e internazionali. Attualmente seguiamo il formato di catalogazione MARC 21 approvato dall’IFLA (International Federation of Library Associations). Pensando a questa urgenza e avendo personale appena sufficiente e fondi troppo limitati, necessari per realizzarla nei modi più rapidi possibili e auspicabili, ci siamo rivolti a una cooperativa che ha iniziato il suo lavoro il 17 marzo. Abbiamo a disposizione sei persone diplomate alla Scuola di biblioteconomia Vaticana e specializzate in catalogazione. Il contratto prevede la catalogazione di circa 10mila volumi entro 8 mesi. Parallelamente stiamo inventariando il Fondo Stella, con circa 20-25mila volumi, progetto già previsto per lo scorso anno. Ci sono cinque persone che vi lavorano a turno. Se dal prossimo anno avremo la disponibilità di fondi sufficienti, vorremmo continuare con la schedatura del pregresso della biblioteca, cioè i libri non ancora schedati. Sono circa 70-80mila volumi.


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Resta poi da affrontare la questione dei fondi particolari, come per esempio il Fondo giapponese, il Fondo Volpi e i libri in omaggio di varia provenienza, come quelli della biblioteca del Cardinale Javierre Ortas, della biblioteca dei salesiani di Verona (oltre mille scatole), e da piccole biblioteche personali di professori che dopo la loro morte hanno lasciato dei libri originali di cui non si aveva copia in biblioteca. Attualmente abbiamo in computer 402600 opere schedate. Ma i volumi sono molti di più. Considerato poi che la nostra utenza è internazionale, cercheremo di acquisire e rendere disponibili anche testi nelle varie lingue straniere e di altre aree geografiche, come Est Europa, America Latina, Africa, Asia, ecc., per rendere disponibile materiale utile agli studenti per le tesi legate al loro paese di provenienza.

A che cosa è dovuto questo rallentamento della schedatura dei libri? Principalmente alla mancanza di personale. Poi anche ad altri fattori come il cambiamento del software applicativo proposto dalla rete URBE: da ALEPH si è passati ad AMICUS, programma certamente più economico, ma non con le stesse caratteristiche e possibilità. Altra causa di lentezza è la configurazione della rete attuale. Prima i dati e il programma erano residenti localmente. Ora si lavora in remoto su un polo al quale fanno riferimento ben 11 biblioteche. Speriamo che nella prossima assemblea di URBE si approvi la riorganizzazione della rete secondo un nuovo progetto che prevede di distribuire in modo più equilibrato tutto il carico di lavoro tra vari server. Resta però ancora da reperire un altro programma di catalogazione che permetta, ad esempio, di copiare i record da altre biblioteche, cosa che con il programma attuale è impossibile fare. Questa mi pare la difficoltà più grossa che ho rilevato dopo gli anni di assenza. Inoltre spero che si possa avere presto personale sufficiente. Nel mio primo mandato lavoravano in biblioteca 32 persone; adesso ce ne sono dieci e non tutte full-time.

Lei è stato uno dei fondatori di URBE (Unione Romana Biblioteche Ecclesiastiche). Trova che le mete che vi eravate poste all’inizio si siano realizzate? Come vede la collaborazione tra le diverse biblioteche pontificie? Il sito URBE è stato costituito nel 1991 da sei istituzioni accademiche che avevano adottato, o stavano per introdurre, l’automazione nelle loro biblioteche. Tra esse la prima a partire fu la Salesiana già nel 1988. Decidemmo di lavorare da subito in rete e in collaborazione con tutte le biblioteche delle università e facoltà pontificie. Tra i tanti progetti indicati allora, alcuni non sono stati ancora realizzati in modo significativo, come per esempio l’interscambio di libri, la catalogazione partecipata, la suddivisione dei compiti. Per esempio per la schedatura dei libri avrebbe potuto essere accelerata se ogni specifica biblioteca avesse accettato di schedare a preferenza un settore per poi scambiarsi i dati. Un altro progetto indicato era quello di centralizzare le acquisizioni con dei contratti comuni, per aver così maggiori sconti. In effetti avremmo bisogno di una maggiore interazione visto che siamo più o meno tutte biblioteche simili. Si era pensato alla specializzazione

Studio in biblioteca

delle biblioteche in più campi specifici. L’UPS per esempio in pedagogia, psicologia e comunicazione. Le altre si sarebbero specializzate in diritto canonico (Santa Croce), teologia e filosofia (Gregoriana, Angelicum), spiritualità (Agustinianum), liturgia (San Anselmo) ecc. Questo avrebbe permesso maggior interscambio e integrazione. Un altro progetto si era concentrato sul prestito interbibliotecario. So che alcune biblioteche dell’URBE fanno pagare agli studenti di altre pontificie l’accesso al loro servizio. Alcune danno i libri in prestito, altre invece no, o hanno delle limitazioni che invece da noi non esistono. Sono del parere che bisogna individuare dei criteri comuni in modo che le stesse regole valgano per tutti. Già anni fa avevo proposto di uniformare i regolamenti delle biblioteche. Ci sono ancora situazioni sulle quali bisogna collaborare e integrarsi a vicenda. Così come bisognerebbe trovare uniformità per la produzione dei cataloghi utilizzando, come accennavo prima, lo stesso sistema di schedatura. Ci sono infatti biblioteche che schedano seguendo le norme REICAT; altre che seguono quelle vaticane; altre ancora quelle della Library of Congress; o infine regole della propria tradizione. Attualmente un grosso handicap per fare un catalogo unico è proprio quello della non uniformità dei dati. Ogni biblioteca dovrà decidere di fare correzioni adeguate in modo che i record possano essere riversati in un’unica banca dati, come avveniva d’altra parte anni fa nel programma Aleph. Ora si ripropone anche un file di autorità (Authority file) per autori e soggetti che con il cambio di programma abbiamo perso. Questo, se fatto con professionalità, potrebbe imporsi come punto di riferimento autorevole per tante altre biblioteche a livello nazionale e internazionale. Urbe voleva essere di modello per tutte le biblioteche ecclesiastiche. C’è ancora tanto lavoro da fare per il quale occorrono specialisti e supporto economico adeguato.

Studenti nella sala di lettura


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La nuova legge sulle fonti del diritto dello Stato della Città del

Vaticano di David Albornoz

o Stato della Città del Vaticano (SCV) è sorto con il Trattato Lateranense, firmato tra la Santa Sede e l’Italia l’11 febbraio 1929 e ratificato il 7 giugno 1929, che ne ha sancito la personalità di Ente sovrano di diritto internazionale, costituito allo scopo di garantire anche territorialmente alla Santa Sede, nella sua qualità di suprema istituzione della Chiesa cattolica, “l’assoluta e visibile indipendenza e garantirle una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale”, come indicato nel preambolo del suddetto Trattato. Alcuni anni fa Giovanni Paolo II ribadiva che lo SCV “È un mezzo per assicurare l’indipendenza della Santa Sede nella sua attività di governo a favore della Chiesa universale come pure della sua opera pastorale rivolta a tutto il genere umano” (GIOVANNI PAOLO II, Lettera La Sede Apostolica, 20 novembre 1982, in AAS 75 [1983] 120). Tuttavia lo SCV non è uno strumento “necessario”, collegato in qualche modo con principi dogmatici della fede cattolica. Infatti durante il periodo fra il 1870 e il 1929 la Santa Sede non ebbe nessuna potestà territoriale e questo fatto non ebbe conseguenze al livello dei principi. Inoltre lo SCV non è la continuazione dello Stato Pontificio, estinto per debellatio dopo la occupazione di Roma avvenuta nel 1870 e neppure si può identificare con la Santa Sede. Quest’ultima in un senso stretto è l’ufficio del Romano Pontefice, Pastore qui in terra della Chiesa Universale e, in un senso ampio, include anche gli organismi della Curia Romana. La Santa Sede è stata riconosciuta, fin dalla nascita della moderna società internazionale, come un soggetto giuridico internazionale. Per questo dopo il 1870 e prima del 1929, anche se non esistevano più gli Stati Pontifici e non veniva creato ancora lo SCV, la Santa Sede continuò a svolgere le attività tipiche di un soggetto di diritto internazionale: il diritto di legazione attivo e passivo, celebrazione di accordi internazionali, e l’attività di mediazione e arbitrato. Lo SCV quale soggetto territoriale sovrano ha le sue proprie leggi. La promulgazione di una nuova Legge fondamentale, il 26 novembre 2000, ha avviato un itinerario di adeguamento normativo di tutto il suo ordinamento giuridico. Un ulteriore passo in questo processo è stato la promulgazione di una nuova Legge

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sulle fonti del diritto di 1 ottobre 2008, entrata in vigore il 1 gennaio 2009 (la precedente Legge sulle fonti del diritto datava del 7 giugno 1929). Quando parliamo delle fonti del diritto intendiamo riferirci alle fonti che producono il diritto, le fontes existendi dell’ordinamento vaticano, intendendo sia gli organi che hanno la potestà giurisdizionale di porre in essere la normativa relativa, sia insieme le forme che tale normativa assume. Possiamo individuare alcuni punti salienti della nuova normativa, ricordando per primo che nello SCV, non c’è una Costituzione formale, quindi non c’è un procedimento legislativo capace di dare rango costituzionale a una parte della normativa. In altre parole, tutte le leggi dello Stato hanno la stessa natura. Tuttavia, si distinguevano nel 1929 - e si distinguono nella nuova legge - fonti principali e fonti sussidiarie. Il primo articolo della nuova legge colloca come prima e principale fonte normativa e primo criterio di riferimento interpretativo l’ordinamento canonico, vale a dire: il Codice di Diritto Canonico, il Codice delle Chiese Orientali e altre leggi come, per esempio, quella che regola la Curia Romana. La ragione di questa principalità si trova nella stessa natura strumentale dello SCV che esiste come abbiamo detto, a conveniente garanzia della libertà della Sede Apostolica e come mezzo per assicurare l’indipendenza del Romano Pontefice nell’esercizio delle sue funzioni. Poi si elencano le altre fonte principali: la legge fondamentale dello SCV (dell’anno 2000) e le altre leggi promulgate per lo SCV. Ulteriormente i decreti, regolamenti e ogni altra disposizione normativa legittimamente emanata. Infine, la nuova legge afferma esplicitamente che si riconosce che l’ordinamento vaticano si conforma alle norme del diritto internazionale generale e a quelle derivanti da trattati e altri accordi di cui la Santa Sede è parte. Come fonte sussidiaria, l’art. 3 presenta la legge e gli atti normativi emanati dallo Stato Italiano, nei confronti delle quali l’ordinamento vaticano opera un rinvio materiale. Le leggi italiane si osservano in via suppletiva, vale a dire nelle materie alle quali non provvedono le fonti indicate nell’art. 1, però inoltre si


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richiede il previo recepimento da parte della competente autorità vaticana. Il senso di questo previo recepimento è tutelare che queste leggi non risultino contrarie ai precetti di diritto divino né ai principi generali del diritto canonico né alle norme dei patti lateranensi e successivi accordi e sempre che, in relazione allo stato di fatto esistente nella Città del Vaticano, risultino ivi applicabili. Nella legge del 1929 la legislazione italiana veniva considerata sotto le stesse condizioni: come fonte sussidiaria, soggetta alle modificazioni e riserve specificate negli articoli della stessa legge sulle fonti e con un recepimento limitato dai medesimi quattro criteri sopracitati (diritto divino, principi generali del diritto canonico, norme concordatarie e applicabilità nello SCV). Oggi, nella redazione della nuova legge c’è inoltre un esplicito riferimento al previo recepimento da parte della competente autorità vaticana. Non esiste, tuttavia, una normativa che concretizzi i meccanismi con cui opera la recezione. Altri articoli della nuova legge si riferiscono ad ambiti specifici del rapporto tra ordinamento vaticano e italiano (per esempio, art. 4: norme civili, art. 7: norme penali, art. 8: norme di procedura penale). Viene indicato che rispettando quanto stabilito all’art 3, si osservino determinate leggi italiane che vengono espressamente citate (per esempio, il Codice civile e il Codice penale) con le modifiche e integrazioni delle leggi vaticane e con alcune riserve su materie specifiche che su questa stessa legge vengono indicate. Per esempio, all’art. 4 nel regolare il rinvio al Codice Civile italiano il legislatore vaticano pone 11 riserve che significano limitazioni per la recezione. Dieci delle quali concernono materie già escluse dalla normativa del 1929. La limitazione nuova riguarda i rapporti di lavoro che restano riservati alla normativa vaticana. Altre materie riservate sono, per esempio, la cittadinanza vaticana, che è regolata da apposita legge vaticana e il matrimonio, che è regolato dalla legge canonica. Riconoscendo la autonomia di entrambi ordinamenti giuridici si esprime così la necessaria collaborazione tra questi due ordinamenti. La scelta del legislatore vaticano di stabilire come una tecnica di produzione normativa la recezione nell’ordinamento vaticano della legislazione italiana è legittima, dal momento che lo SCV, nato nel 1929, è uno stato sovrano e come qualsiasi altro può legiferare nelle forme che consideri più adeguate per i propri cittadini, e può stabilire i criteri e le condizioni sotto le quali operi la recezione di determinate leggi da un altro ordinamento giuridico sovrano.

Possiamo affermare che dal punto di vista dello SCV questa riforma è un’opera di semplificazione e razionalizzazione giuridica: la nuova legge ha 13 articoli in confronto con i 25 della legge precedente; in diverse occasioni il testo apre la possibilità di un completamento autonomo dell’ordinamento vaticano in aree particolarmente importanti come le norme penali e di procedura penale, istruzione scolastica e norma amministrative; la redazione esprime il suo carattere tecnico giuridico e non politico, e non si pone in un atteggiamento politico-polemico nei confronti dell’ordinamento italiano. Tuttavia sono state elaborate diverse altre interpretazioni, apparse sui mezzi di comunicazione, facendo riferimento a un “nuovo atteggiamento di cautela” dello SCV di fronte a certe novità legislative dello Stato italiano e in senso più ampio, alle normative comunitarie europee e internazionali, però sono delle opinioni che dimenticano che anche l’ordinamento italiano come quello di qualsiasi Stato, prevede dei filtri alla recezione di norme di ordinamenti stranieri, per cautelare i principi del proprio ordinamento giuridico; d’altro lato dobbiamo ricordare che sempre lo SCV esercitò un attento controllo della normativa da recepire, mai è esistita una ricezione “automatica”. Per dare un esempio, le leggi razziali (1938-1939) non furono mai recepite nello SCV. L’avvocato Nicola Picardi, promotore di giustizia presso il Tribunale dello SCV, in occasione della cerimonia per l’inaugurazione, dell’Anno giudiziario 2009 nello SCV, il sabato 10 gennaio scorso, affermava: “Se [quelle leggi e altri codici] fossero stati automaticamente recepiti nell’ordinamento vaticano ci sarebbe stato, ci doveva essere, un provvedimento di esclusione. Non c’è stato e non ci doveva essere perché non sono mai entrati e quindi non potevano essere esclusi. Il provvedimento non c’è stato e non doveva essere emanato” (www.oecumene.radiovaticana.org/IT1/ Articolo.asp?c=257728). Ci sono stati altri commenti che valutavano come motivi della nuova legge vaticana il numero esorbitante di norme dell’ordinamento italiano, la instabilità dell’ordinamento civile e il contrasto frequente di tale leggi con principi dell’ordinamento canonico. Sempre è molto delicato emettere giudizi generali su un determinato ordinamento giuridico e se di mezzo c’è il rapporto tra due Stati sovrani si deve anche valutare il rischio di creare tensioni che alla fine si rivelano controproducenti. A me sembra più opportuno sottolineare che questa riforma non è stata fatta pensando agli eventuali difetti altrui, ma alle ragionevoli necessità di aggiornamento e sviluppo del Corpus delle leggi vaticane.


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LA REALIZZAZIONE DI UNA VOCAZIONE SALESIANA

di Stefano Mura

a storia dei Salesiani Cooperatori racconta di amicizie, impegno, cammini spirituali comuni ma soprattutto di promesse, fatte a San Giovanni Bosco, per dare un senso concreto alla propria esperienza vocazionale. Cosa vuole dire oggi promettere di essere Salesiano Cooperatore ? E soprattutto, chi sceglie di intraprendere questo affascinante cammino spirituale? La nascita dei Cooperatori risale alle origini stesse del progetto apostolico di Don Bosco a favore dei ragazzi poveri e abbandonati, quell’Opera degli Oratori nella quale coinvolse sin dagli inizi, a Torino, uomini e donne spesso molto diversi e a volte lontani tra loro per esperienza di vita e provenienza geografica. Ampliando la sua opera, Don Bosco si rese infatti conto non solo del crescente bisogno di Cooperatori (laici soprattutto, ma anche sacerdoti) legati alla missione salesiana, ma della necessità di unirli in un’Associazione per dare maggior forza alla loro azione. L’identità dei Cooperatori si concretizza fin da subito in persone umanamente mature, cristiani di fede viva e convinta, soprattutto laici testimoni dello spirito e delle modalità educative tipiche della “salesianità”, ossia il patrimonio di valori spirituali e pedagogici lasciato in eredità da don Bosco e da madre Maria Domenica Mazzarello (co-fondatrice, insieme a Don Bosco, dell’Istituto di Maria Ausiliatrice). Oggi come allora i Cooperatori sono portati a operare in campi differenti: la famiglia, la scuola e le strutture educative, i centri giovanili, la parrocchia e l’oratorio, la comunicazione sociale, la politica, i servizi sociali, il volontariato, il mondo del lavoro. L’attenzione che l’UPS rivolge alla realtà dei Salesiani Cooperatori si concretizza definitivamente nel 1989. Momento centrale, il Centenario della morte di Don Bosco, il “Don Bosco ‘88”, che stimola ancora di più l’esigenza di avere anche all’UPS un centro per la formazione dei Cooperatori. L’allora responsabile Carlo Chenis si rivolse al Rettor Maggiore don Egidio Viganò, e ottenne un decreto che istituiva il cosiddetto “Centro Ateneo”. In un primo momento si accoglievano soprattutto studenti che, avendo già maturato un loro cammino spirituale, erano pronti a pronunciare la “promessa”, cioè l’impegno a condividere, partecipare e sviluppare la missione educativa e

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Il gruppo dei Cooperatori salesiani dell’UPS nel giorno della Festa di Maria Ausiliatrice

pedagogica proposta da Don Bosco. Durante quegli anni sono stati istituiti anche i primi momenti di formazione interna al Centro, concretizzatisi poi nella prima promessa fatta il 31 gennaio del 1992 da quattro studentesse. Altra tappa fondamentale per lo sviluppo del Centro Ateneo è stata quella del Giubileo. Da quel momento infatti il Centro si è dotato di una struttura più definita rispetto all’epoca precedente e ogni anno, sistematicamente, sono stati istituiti dei corsi formativi biennali per aspiranti Salesiani Cooperatori. Il primo responsabile del Centro Ateneo è stato don Carlo Chenis, (oggi vescovo di Civitavecchia-Tarquinia), a cui è succeduto don Emiro Cepeda. Dal 2000 invece la responsabilità è passata nelle mani di don Ubaldo Montisci. Il Centro Ateneo è costituito da due gruppi di Cooperatori , uno formato appunto da studenti e l’altro da Docenti. La differenziazione è stata spinta dalle necessità formative e soprattutto dagli impegni che prevedono orari diversi e quindi organizzazione dei tempi formativi e aggiornativi differenti. Ogni anno, almeno dal 2000, hanno aderito al progetto formativo del Centro Ateneo dai tre ai sei aspiranti cooperatori, per lo più provenienti dalle facoltà di Scienze della Comunicazione e Scienze dell’Educazione, ma anche dalle facoltà di Filosofia e di Diritto Canonico, per un totale attuale di circa una quarantina di promesse. Il tipo di formazione che all’UPS ricevono gli aspiranti Cooperatori è molto intensa, strutturata in incontri settimanali. A seconda della maturazione spirituale e delle conoscenze dei principi salesiani, l’aspirante cooperatore può fare la promessa dopo due anni, ma da quando il centro è nato si hanno promesse ogni anno durante la Festa di Maria Ausiliatrice del 24 maggio. Per chi è agli inizi del cammino formativo personale si effettuano invece i due anni canonici. Si approfondiscono i regolamenti e gli statuti di vita apostolica, si parla di Famiglia Salesiana, si esamina lo spirito salesiano. Gli incontri sono di un’ora, tra le 13 e le 14, unico momento in cui non ci sono lezioni. La caratteristica peculiare è, per scelta dello stesso Centro Ateneo, di rivolgersi sia agli studenti che ai docenti. Le tipologie dei partecipanti sono quindi varie. Ci sono perso-


La promessa dei neo-cooperatori del 24 maggio 2008

ne provenienti dagli ambienti salesiani ma non solo. Spesso sono uomini e donne che avevano già cominciato un percorso di ricerca e che presso il Centro Ateneo completano la loro formazione. Al momento i Cooperatori studenti sono più di venti, mentre i Cooperatori docenti sono una quindicina. L’attuale gruppo dei Cooperatori studenti è molto giovane, con età media tra i 22 e i 25 anni. La provenienza degli studenti è variegata e uniformante distribuita: Ucraina, Polonia, Slovacchia, Serbia, Ungheria, Croazia per l’Est Europa. Poi l’Africa, con Angola, Camerun, Nigeria. Il Latino America con Brasile, Ecuador, Perù. Infine l’Italia, che rappresenta mediamente il 50% totale dei partecipanti. La presenza all’UPS dei Cooperatori è poco appariscente ma sicuramente concreta. Il Cooperatore affianca per esempio l’Equipe di Pastorale Universitaria o, in altri casi, il responsabile dell’organizzazione dei ritiri spirituali proposti semestralmente a livello universitario. Fornisce poi disponibilità al Segretariato Studenti per tutti gli allievi che mostrano difficoltà con la lingua italiana o abbiano problemi per la stesura della tesi. Inoltre proprio cinque anni fa, dietro consiglio degli stessi Cooperatori e in collaborazione con il Segretariato Studenti, si è giunti alla creazione dell’ormai tradizionale appuntamento dei Mercoledì di Quaresima, iniziativa ogni anno di più apprezzata. La partecipazione di ragazze e ragazzi al progetto formativo per Salesiani Cooperatori è ben distribuita ma nonostante molti

studenti, al termine del percorso formativo, raggiunta la laurea, ritornino nelle loro nazioni o città di provenienza, il Centro Ateneo continua comunque a mantenere vivi i rapporti tra gli associati i quali realizzano la promessa di cooperatore fatta all’UPS nel luogo dove essi stessi si realizzano come persone, famiglie e membri attivi della Famiglia Salesiana. A testimonianza di ciò è in progetto l’attivazione a breve di un sito Internet online per confrontarsi sulle esperienze maturate da ogni Cooperatore nel proprio Paese. Altra caratteristica del Centro Ateneo è anche la presenza di sacerdoti che, scoperta la vocazione di Salesiano Cooperatore, scelgono di ricevere questa ulteriore e particolare formazione. Proprio in questi giorni cinque sacerdoti diocesani, che avevano già iniziato il loro percorso, lo hanno concluso presso l’UPS. Il Centro Ateneo per la formazione dei Cooperatori è quindi un centro internazionale dalle mille sfaccettature e che, secondo lo stesso don Montisci: «Si propone come realtà viva e stimolante, che offre una grande ricchezza, anche tenuto conto della difficoltà di mettere insieme persone di estrazione sociale, geografica e spirituale così diversa. Il contatto e la capacità di dialogo possono essere oggi molto fruttuose a livello di dialogo tra popoli. È bello scoprire poi come sia facile, nonostante queste differenze, riconoscersi nella figura del Cooperatore». Prossimo appuntamento la Festa di Maria Ausiliatrice. La famiglia dei Salesiani Cooperatori accoglierà infatti cinque nuove Promesse.

I SALESIANI COOPERATORI DELL’UPS Il gruppo dei Cooperatori Studenti e il gruppo dei Cooperatori Docenti, attualmente sono così organizzati: Il Consiglio del gruppo Cooperatori studenti è composto, per la prima volta dalla sua istituzione, da sole donne. Ad esso si affianca un delegato ispettoriale. Il coordinatore del Centro Ateneo si avvicenda regolarmente ogni tre anni. Al momento la coordinatrice è Claudia Giorgini, attuale segretaria della facoltà di Scienze dell’Educazione. Del consiglio fa parte come formatrice Loredana Fetoni, che lavora nella Biblioteca dell’UPS nel settore archiviazione. Maria Iodic, psicologa ed ex allieva dell’UPS, ricopre ora il ruolo di economa e segretaria del Centro. Infine il delegato ispettoriale è don Ubaldo Montisci. Il Centro si caratterizza per una struttura agile e una rete di contatti molto forte con tutti quelli che partecipano o hanno preso parte alla formazione presso la struttura. Vengono infatti comunicati tutti gli incontri, i viaggi, i ritiri spirituali e le altre iniziative. Recentemente sono stati istituiti una serie di gemellaggi con altri gruppi di Cooperatori finalizzati alla promozione di incontri per confrontare le diverse esperienze. Ultimamente il Centro Ateneo è stato a Terni e a breve si prevede un importante viaggio a Torino, culla della Famiglia Salesiana e quindi dei Cooperatori. Per completezza di informazione, il gruppo dei Salesiani Cooperatori docenti ha come responsabile coordinatrice la Prof.ssa Carla De Nitto, mentre l’incarico di delegato è ricoperto da don Mario Llanos.


notizieups editrice las a cura di Renato Butera

BAY Marco e TOSO Mario (edd.) Questioni di metodologia della ricerca nelle scienze umane. Paradigmi, esperienze, prospettive L’Università deve essere una universitas di discipline, tutte importanti e tutte necessarie per offrire quel sapere globale e sapienziale a cui aneliamo, per rispondere alle impellenti domande sul senso delle cose e della vita, per vivere da persone libere e responsabili, impegnate solidalmente nel compimento umano in Dio. Da tempo nelle Università si riflette – si può dire che si tratta di una questione strutturale e congenita alle comunità accademiche, che ritorna ciclicamente – sui problemi metodologici delle varie scienze prese a sé o in connessione tra loro. Infatti, la metodologia di ogni scienza è decisiva per definirne l’identità e la specificità del contributo nel concerto dei saperi. Il Comitato Interfacoltà per la Ricerca dell’UPS ha attivato una serie di incontri rivolti a dottorandi, studenti, ricercatori e docenti sul tema della metodologia, allo scopo di suscitare occasioni positive di riflessione culturale e di confronto su alcune metodologie di ricerca utilizzate e utilizzabili all’interno del mondo universitario. Questo volume raccoglie gli interventi su alcune tematiche di metodologia delle varie scienze. Esso è introdotto dal Rettore, Prof. Mario Toso, che presenta un quadro generale in cui collocare il discorso sulla metodologia delle scienze; il Prof. Pio Scilligo tratta il tema: "La ricerca empirica. Modelli, risorse e limiti"; il prof. Dr. Roberto de Mattei: "La ricerca storica: Modelli, risorse e limiti della metodologia storico-critica"; S. Ecc. Mons. Angelo Amato: "La metodologia della ricerca in prospettiva filosofico-speculativo-teologica"; il Prof. Sergio Rondinara: "Metodologia della ricerca interdisciplinare-multidisciplinare-transdisciplinare". Il volume è arricchito dall’intervento del Prof. Michele Sorice: "La ricerca dell’Audience dei media: strategie, metodi e nuove proposte"; si conclude con il saggio della Dott.ssa Misikova Lubica: "Per una epistemologia del cuore come epistemologia integrale" e quello del Dott. Guido Baggio: "Lyotard e il sublime kantiano. Oltre il postmoderno", che presenta l’itinerario intellettuale e metodologico di J.-F. Lyotard.

ZEVINI Giorgio (ed.) Educare il cuore. Atti del 2° Convegno: «Dal cuore di Dio all'uomo di cuore» Nell’enciclica Deus caritas est, il Papa Benedetto XVI afferma: "Tutta l’attività della Chiesa è espressione di un amore che cerca il bene integrale dell’uomo": Dio è amore, incarnato dal Cristo, interpretato dai santi, vissuto dagli uomini buoni (n. 19). L’educazione, specie se si tratta di educazione del cuore, ha bisogno di una speciale alleanza di amore dell’educatore col grande educatore che è Dio. Occorre alimentare e irrobustire una devozione, che, mentre volge lo sguardo al cielo, protende le mani verso il prossimo: il cuore che ama Dio non può che amare simultaneamente il prossimo. P. Pietro Bovati sj nella sua relazione su "Il cuore di Dio nell’Antico Testamento" ha parlato del cuore di Dio invitando a penetrare attraverso la conoscenza del Suo cuore nella perfetta conoscenza del mistero di Dio. P. Piergiordano Cabra ha riflettuto su "San Paolo ci rivela il cuore di Cristo", proponendo una lectio di Atti 9,1-30. Quello che è successo a Paolo sulla via per Damasco è la dimostrazione dell’amore di Dio in Cristo che ci salva. Un amore gratuito, coinvolgente, risanante. Poiché i santi sono una realizzazione storica del Cuore di Dio, il segretario dei Rosminiani, P. Antonio Mariani, ha introdotto alla conoscenza del fondatore dell’Istituto della Carità, il beato Antonio Rosmini. Presentando il "volontariato come vangelo vissuto" don Ferdinando Colombo sdb si è soffermato sulle motivazioni dell’impegno. Infine, tre Congregazioni hanno presentato la devozione al Sacro Cuore nella loro spiritualità. Sr Maria Teresa Mani, delle Clarisse Francescane Missionarie del SS. Sacramento, ha fatto intuire la devozione al Sacro Cuore con l’espressione della loro fondatrice, Madre Serafina; P. Giuseppe Sorani, dei Figli di Don Orione, in una lettera del suo Fondatore trova il nucleo fondamentale della spiritualità orionina; Sr. Annamaria Cutrupi delle Paoline ha sottolineato che nei primi anni della fondazione della Pia Società San Paolo, la devozione a Gesù Cristo era orientata verso il Sacro Cuore di Gesù e l’Eucaristia. Successivamente si cominciò a introdurre la devozione a Gesù considerato come Maestro. Il Cardinale Albert Vanhoye ha commentato con grande competenza la promessa a Ezechiele: «Vi darò un cuore nuovo, un cuore di carne».

LOPARCO Grazia e ZIMNIAK Stanislav L’Educazione salesiana in Europa negli anni difficili del XX secolo Il volume è frutto del coinvolgimento diretto della Congregazione Salesiana (SDB) e delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) nella ricerca promossa dall’Associazione dei Cultori di Storia Salesiana e sostenuta dall’Istituto Storico Salesiano. Il ’900 è stato attraversato da movimenti culturali e politici forieri di incisive ripercussioni sulle istituzioni educative e sulle congregazioni che avevano connotato la presenza della Chiesa nei diversi Stati. In momenti diversi, in Europa fu richiesta capacità di iniziativa e prontezza di fronte alle situazioni, fedeltà vocazionale a tutta prova, per non rinunciare alla missione educativa tra i giovani. L’incertezza non riguardava solo le opere, ma innanzitutto la formazione delle nuove vocazioni. Se per i decenni si era assistito alla collegializzazione, ora si trattava di spostare l’educazione cristiana attenta alla formazione integrale, senza la sicurezza delle strutture salesiane classiche. Tra tempi difficili diversi per tanti motivi nei differenti Paesi, si fa riferimento a quelli che hanno attentato maggiormente alla possibilità di proseguire le attività educative avviate dalle due congregazioni nel solco del sistema preventivo di don Bosco. La radicale passione educativa spinse e i due Istituti ad affrontare gli ostacoli e a rischiare in prima persona e come comunità, senza piegarsi passivamente alle situazioni. Si potrebbe ipotizzare che la flessibilità necessaria per sopravvivere da educatori ed educatrici sia stata la prima forma di resistenza istituzionale alle ingiustizie e una preziosa risorsa della congenita attenzione alla realtà concreta. Le denunce dirette, infatti, non avevano altro effetto che far chiudere le opere e disperdere i religiosi. L’apoliticità tradizionale si tradusse nella scelta di cercare il modo di lavorare adattandosi e cercando gli interstizi informali per trasmettere alle giovani generazioni i valori tipici del “buon cristiano e onesto cittadino).



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