UndergroundZine Aprile 2014

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PISTA! USCIRE DAI MARGINI DEL FUMETTO 4 chiacchiere con Marplo, vignettista di MondoDucati, InMoto, Bicilindrica e NoiseBiker...ma non solo! START L'amicizia, la stima ma soprattutto la curiosità (motore del mondo) mi portano a casa di MarPlo, noto artista dal polso facile, sia si tratti di "dare di gas" che si tratti del sacro uso della matita. Appassionato di moto e collezionista di fumetti, unisce le due cose e ne fa una professione! Guizzante favella, sorriso contagioso, si racconta con ironia e senza peli sulla lingua, tra capatine in teatro come attore e "scemografo" nella compagnia "Spiazaròi" di A. Castelli (del quale illustra il libro di racconti "Nuvole"), vignette da esportazione, mascotte, moto-loghi e fantasy al sapore di canederli. Sposato con Elena, hanno 2 figli: uno si chiama Valentino e l'altro ha iniziali GP. Sarà un caso? Il suo divertentissimo libro "Pista(non so se mi piego…!)” che mi ha fatto innamorare del suo stile, ci fa capire molte cose...

LA PASSIONE: MOTO E FUMETTI La mia passione per le moto è nata fin da piccolissimo. Ricordo un film con Elvis Presley a bordo di una Harley Davidson che mi colpì fin da subito. In un secondo momento vidi in tv le superbike con il grande e sfortunato campione della Ducati Giancarlo Falappa che mi fece innamorare definitivamente di questa dueruote! Finché me ne comprai una! Ho cominciato così: ogni sabato che Dio mandava in terra, piovesse o nevicasse, io e i miei amici eravamo lì, al distributore, pronti a partire e a farci un bel giro in moto! Il sabato ero la persona più felice del mondo. Eravamo consci dei nostri limiti e pronti a ridere di noi stessi. La ricerca del mio stile da disegnatore è quindi partita rivolgendomi direttamente al mondo delle moto, il campo era libero! Con un occhio al JoeBarTeam (unico fumetto a livello europeo che "parla" di moto), ho cominciato a disegnare seriamente. Un primo occhio allo stile franco-belga (Asterix) molto morbido, adatto a "stiracchiare" la moto che subisce sulla carta la forza della velocità, la frenata, l'attrito e l'accelerazione. Per me la moto


ha un'anima, diventa protagonista al pari del personaggio che la cavalca. Mi sento vicino allo stile dinamico di Cavazzano. Ho sempre avuto fortuna fuori dal Trentino. Ho bussato alle porte di MondoDucati di Firenze con cui è iniziata una lunga collaborazione che ne ha poi chiamate altre. Ho collaborato con moltissimi siti e aziende motociclistiche. Non ho mai pensato di lasciare il Trentino, farei veramente fatica ad andare via di qua. Sono molto legato alla mia terra nonostante le sue contraddizioni.

IL DISEGNO Normalmente sono abituato alla striscia, 4 vignette dove mi devo gestire la partenza della storia e mi gioco tutto nella battuta finale. Di solito mi faccio uno story-board e poi comincio a disegnare, raramente torno indietro. Arrivo fino in fondo, è una questione di pratica. Ho affinato il mio stile grazie agli errori e all’esperienza. Ci sono casi in cui ti metti davanti al foglio bianco e parti con un’ idea che poi magari ti porta da tutt’altra parte, ma è un rischio. Sono pochi quelli che disegnano senza pensare. Uno di questi era Jacovitti, assolutamente senza canovaccio! Tieni a mente che devi far sapere prima alle riviste quello che poi andrai a fare. Spesso sei obbligato a rispettare delle scadenze e a seguire il “filone” che ti chiedono. Tutto ciò con il tempo diventa restrittivo e alla lunga stancante. Mi è successo con MotoDomus, delle vignette alle quali ero molto affezionato: alla fine di parlare della stessa moto e stessa situazione, ne avevo abbastanza… Non fraintendermi, per me disegnare è comunque sempre un piacere, talvolta lo faccio anche semplicemente guardando un film...

PISTA!: THE BOOK Qualche annetto fa ho fatto la mia prima gara in moto, una gara di regolarità, non di velocità. In quell' occasione MondoDucati mi ha chiesto di scrivere un articolo corredato da disegni che parlasse di questa mia esperienza. L' articolo è piaciuto a tal punto che molti hanno scritto che avrebbero voluto partecipare l'anno dopo. Probabilmente è nata qui l'idea del mio libro dove descrivo con ironia il mondo della Pista, le mie esperienze e personaggi che ho conosciuto, partendo da ricordi miei e racconti dei miei amici. Un mondo molto più "libero" ad esempio di quello del custom, dove c'è gente che si prende molto più sul serio anche se ci si aspetterebbe il contrario. E ha mandato "a remengo" la famiglia...

ARTE IN ITALIA In Italia non sei considerato un’artista, sia d’esempio per tutti il grandissimo Corrado Roi che qua ha la fama di essere “solo” uno dei disegnatori di Dylan Dog. In Italia la “fatica” è quella di farsi pagare per quello che fai e farsi riconoscere la proprietà intellettuale delle tue creazioni. Per esempio in Francia questo non succede. Te ne racconto una. In passato mi sono trovato “derubato” da un’azienda che ha la squadra in superbike di una cartolina (che faccio tutti gli anni per varie aziende motociclistiche). Li ho contattati chiedendo di toglierla dal sito, mi ha chiamato il Direttore per l’Italia scusandosi personalmente dicendomi che avrebbe preso provvedimenti nei confronti del grafico. Mi è capitato anche quest’anno…un ragazzo


ha usato un logo che avevo venduto al BMW Club Italiano per il suo blog. L’ho contattato e mi ha detto: Non pensavo di farti dispiacere, ti faccio pubblicità…

OLTRE LE MOTO L'importante collaborazione con Andrea Castelli è cominciata quando ho illustrato per lui il libro di racconti “Nuvole”, cimentandomi per la prima volta con l’acquarello. Sempre con l’acquarello ho illustrato alcune fiabe per bambini, una cosa che mi ha dato moltissima soddisfazione. Ultimamente sto creando un sacco di mascotte dove sono libero di fare quello che mi piace come mi piace. Le idee migliori vengono assolutamente per caso e spesso sei in autobus! In quei casi si usa la memoria. Un compito per le vacanze di mio nipote mi ha dato l’idea di scrivere un racconto fantasy in dialetto trentino(!!!). Ora sono a pagina 142 e conto di arrivare almeno alla 300. Forse lo illustrerò anche se non ho mai disegnato fantasy. E’ un mio esperimento. Non ho un editore, chissenefrega.

AUTORI PREFERITI A parte Debarre e Fanè del JoeBarTeam, dico Jack Kirby colui che ha contribuito a creare l’universo Marvel (Fantastici 4, Thor, Hulk, Silversurfer, in parte Capitan America…). Prolifico e… avanti: un tratto assolutamente inimitabile! Una qualsiasi sua storia non soffre del tempo passato, i suoi “macchinari” sono attuali anche se disegnati nel 1965! Un punto di riferimento è stato Will Eisner, uno dei primi che ha insegnato fumetto nelle scuole. E’ l’autore di "Fumetto & Arte Sequenziale" la Bibbia di chi disegna fumetti ! Lui è riuscito a uscire dalle vignette e a farne a meno. Illuminante! Poi un sacco di disegnatori italiani, Hugo Pratt in cima alla lista. Andrea pazienza che sapeva fare cose meravigliose e...mi fermo qui, ne avrei mille!

FINISH Parliamo di molte altre cose, per esempio di critiche(“le accetto tranne quelle che non ti dicono perché”), lumeggiatura, linea pulita belga, splash-page(e qui capisco che chi ha in mano il gergo possiede l’essenza!), video (ripensaci!!!), curiosità tecniche. Per concludere in simpatia gli domando cosa vorrebbe scrivere sulla sua tomba. E qui mi fa subito capire come mai noi italiani siamo famosi per il possesso palla. “ Mi piacerebbe rispondere alla Walter Chiari: Non preoccupatevi, sto facendo un sonnellino!”. Gli chiedo di farci una vignetta! www.marplo.it













RECENSIONI

METUS CRUCIUS “Metus Crucius”

GENERE: Melodic Black ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 74/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

Il progetto Metus Crucis nasce in “Magna Grecia”, ovvero in Sicilia e per la precisione a Messina. La Sicilia è già nota ai più per aver dato i “Natali” a band quali: Schizo e Inchiuvatu Giusto per dirne due. La band è relativamente giovane, nel senso che sono in vita dal 2012 e questo è il loro debut EP. Scaricabile gratuitamente a questo link. Quello che propongono è un mix tra il black sinfonico, o melodic black, e alcuni rimandi al thrash europeo (Distruction e Sodom giusto per dare un paio di nomi). Il loro EP si articola su cinque brani che ricordano a più riprese non solo le band che ho nominato prima, ma anche i primissimi Emperor (quelli di night side eclipse per capirci) e dei vecchi Dimmu Borgir (principalmente per diversi stacchi orchestrali e di pianoforte molto in stile Mustis) Stilisticamente e compositivamente parlando la prova dei ragazzi di Messina è più che lodevole, interessanti cambi di tempi, cavalcate poderose con momenti calmi inaspettati e accelerate furiose a spiazzare l’ascoltatore. Ovvio non hanno inventato un genere nuovo, ma danno il loro apporto al metal estremo. A livello di studio si sente un filino di batteria artefatta, ma essendo questo il loro primissimo approccio allo studio di registrazione ed il loro primo EP possiamo perdonare tranquillamente. Certo con il prossimo lavoro l’accortezza in tal senso dovrà essere maggiore. Così di primo impatto le canzoni che più mi sono piaciute sono “Numerus enim hominis est”, “Kneel to the altar” e “Creating new sacraments”. Non che “The hellish will” e “Before the sacrifice” siano da meno come intensità e come pathos, ma quelle che ho segnato hanno un quid in più a livello emozionale. Concludendo, la prima prova dei Metus Crucius è buona, vi consiglio di supportare questa band in modi alternativi rispetto all’acquisto del loro EP, dato che è disponibile gratuitamente al link che vi ho messo a disposizone, comprando loro le t shirts e andando ai loro concerti. Se continueranno così sono certo che otterranno buonissimi risultati; consiglio mio spassionato alla band: attenzione in post produzione e in mastering di cavare imperfezioni ed “impurità” sonore che possano abbassare la qualità del vostro lavoro. Ottima prova.

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RECENSIONI

MIST Demo

GENERE: Doom ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 60/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

Le Mist sono una band tutta al femminile che arriva da Lubiana in Slovenia, si presentano al pubblico con questo demo, ma dovrei dire promo e/o singolo visti i due brani e basta che lo compongono, con l’uscita a novembre 2013. La band si è formata nel luglio del 2012, quindi piuttosto giovani, ed hanno dimostrato nei fatti le radici da cui vogliono trarre ispirazione: Black sabbath, Candlemass, Pentagram, Coven, Saint Vitus e ci aggiungerei io Cathedral. In situazioni come queste non darei voto, vista la durata esigua del demo, poco più di nove minuti, ma la band ha saputo creare dei feel e dei rimandi incredibili per cui farò uno strappo alla regola. Tecnicamente la band ha fatto i compiti, nel senso che hanno appreso e proposto gli stilemi classici del genere e l’approccio alla composizione così claustrofobico e ossessivo. Buona la prova da studio, anche se avrei apprezzato una spinta in più verso un proprio suono e non un mero recupero del sound anni settanta ed ottanta. Per chiudere, dato che sia “Phobia” che “The living dead” sono degne di nota, aspetterò la loro prossima uscita auspicando che ci siano più di due brano o che il minutaggio possa permettere di assaporare al meglio le loro abilità e capacità. Promosse ma attendo un lavoro più corposo.

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ASHES TO ASHES “Borderline”

GENERE: Alternative metal ETICHETTA: Underground symphony/WormHoleDeath VOTO: 72/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

Ashes to Ashes band genovese che si propone di suonare un mix di vari generi, proponendo un meltin’ pot tra alternative metal e hard rock. La band per poter avere un suono migliore è andata a NY a registrare questo album, a mio avviso scelta forse azzardata. Non perché non sia fattibile una scelta del genere, ci sono fior fiori di gruppi che vanno all’estero a fare registrazione, mastering e mixing, ma credo che qualche cosa a mio avviso non sia andato a buon fine al 100%, ma ne parlerò più approfonditamente dopo. L’album si intitola come una malattia mentale “Borderline”, che viene in parte richiamata dalla copertina. Di fatto il borderline è un disturbo più ampio che raggruppa tra gli altri il più, ahimé, famoso disturbo bipolare. A mio avviso ci sono troppi rimandi “strani” e troppa “pulizia” nel suono. Capisco andare oltre oceano per poter avere un certo tipo di suono, ma credo che in molti studi italici si sarebbe potuto ottenere lo stesso suono e forse un filo più di anima. Sia chiaro non è sterile il lavoro, ma è troppo pulito, persino quando si va nelle parti del cd più “cattivo” e più vicine al metal. Di fatto a livello tecnico non posso dire nulla se non che è troppo pulito e mi ricorda gli “In this moment” ma con meno groove, a sprazzi mi ricorda anche “Avrile Lavigne” . Neppure il sapere che il growl che si sente è fatto dalla stessa persona che ha la vocina molto alta e acuta, non aiuta perché anche in quel caso si sente una formula di “white room” che non funziona secondo me e fa perdere parecchio delle capacità inserite da tutti nei brani. (Per chi non sapesse la white room è una stanza particolare dove viene regolato il quantitativo di particelle nell’aria, equiparabile ad una stanza asettica). Sia chiaro non è tutto da buttar via anzi ci sono delle belle sonorità e delle canzoni carine, purtroppo a mio avviso questo bilico che hanno mantenuto, li ha portati a mio modo di ascoltare ad un punto in cui ci sono molte altre alternative sonore che possono essere più allettanti. Personalmente la miglior canzone è “Vain” in cui si trovano gli archetipi migliori per tutta la band, poi viene “Alice song” e “Ballad of the wolf”

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In sostanza, Borderline si fa ascoltare senza troppe pretese, di certo presenta al pubblico una band che anche se giovane tenta di dare il proprio contributo al mondo della musica. Forse ancora leggermente acerbi in alcune scelte, ma sono certo che con il passare del tempo la band sarĂ in grado di regalarci un nuovo cd con piĂš groove e meno asettici. Promossi comunque la pensiate.

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HUMAN DECAY “Figlio di Dio” GENERE: Death ETICHETTA: VOTO: 50/100

metal

RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

Il gruppo nasce dall’idea di Francesco, abile chitarrista, che nell’estate del 2007 si mise alla ricerca di componenti per formare una band. Poco dopo incontrò Mattia, batterista in erba amante del thrash degli anni ‘80. Il gruppo iniziò a formarsi ma si ebbero dei problemi con i primi componenti poco stabili (i bassisti Michele e Marco entrarono ed uscirono dalla formazione ed Alessandro, chitarrista anche degli spezzini Carved, abbandonò il progetto per dedicarsi al suo gruppo principale). A fine estate 2009 il gruppo ripartì con l’ingresso in formazione di Federico (ex Soul Deceiver) come seconda chitarra ma si allontanerà un anno dopo venendo sostituito da Nicholas, che insieme al ritorno di Michele al basso, completerà la formazione consentendo agli Human Decay di prepararsi alla vita live. Il 15 maggio 2013 Nicholas abbandona la band ma dopo qualche mese di ricerca entra in line up il nuovo chitarrista, Jean Edifizi (ex Silent Agony) il luglio successivo; il gruppo trovò nuovamente stabilità e ricominciò a farsi sentire e suonare dal vivo. Nel dicembre 2013 sono iniziate le registrazioni al primo EP del gruppo “Figli di Dio”,la cui uscita è avvenuta nel gennaio scorso. Ma andiamo a ragionar di più sui brani. Questo “Figlio di dio” è un EP da tre tracce di deaththrash old style con cantato in italiano. La batteria è il punto più ostico, o meglio i suoni della batteria. C’è la doppia cassa che in più punti sembra un metronomo e non una grancassa con doppio pedale che macina bpm. Le chitarre sono dignitose, ma il basso è quasi assente, i testi mi lasciano perplesso (lasciamo perdere le rime baciate così scontate) avendo la possibilità/ volontà di usare la nostra lingua, mi sarei atteso testi più lavorati e meno scontati.

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Emotivamente faccio fatica a trovare dei brani dei tre proposti dalla band, sia “Sperma benedetto”, che “Vampiri” e “meschini traditori” trovo punti interessanti e punti critici tali per cui non riesco a trovare il quid di particolarità, non c’è “nulla di nuovo dal fronte occidentale” (parafrasando un vecchio film di guerra). Mi spiace scriver così, perché la band da l’idea di averci messo anima e corpo in queste canzoni, ma non hanno fatto attenzione ai suoni, o meglio a molti suoni, ed ai testi (senza contare che in “Vampiri” c’è anche un “badcut” ovvero si sente che dopo il fade out degli strumenti c’è in inizio di un’altra canzone per circa 2 secondi). In chiusura do poco meno della sufficienza, per incoraggiare la band a far meglio e a far di più, perché fare death/thrash anni 80 e 90 non vuol dire perdere di qualità e di accortezza sonora. Sono certo che per il prossimo futuro la band saprà far tesoro di quanto scritto e migliorerà, anche perché ci sono le capacità per poter migliorare da parte degli Human Decay. In sostanza, Borderline si fa ascoltare senza troppe pretese, di certo presenta al pubblico una band che anche se giovane tenta di dare il proprio contributo al mondo della musica. Forse ancora leggermente acerbi in alcune scelte, ma sono certo che con il passare del tempo la band sarà in grado di regalarci un nuovo cd con più groove e meno asettici. Promossi comunque la pensiate.

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NIBIRU

“Netrayoni (Ritual I and Ritual II)” GENERE: Sludge/Doom ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 90/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

Dei Nibiru si è già parlato tempo fa su queste pagine, per la precisione sul numero di marzo 2013 (a pagina 17 e 18) ed a distanza di meno di un anno dalla scorsa recensione la band ci fa pervenire un doppio cd di forte impatto e di grande feeling. L’album doppio si dipana per una durata di oltre novantacinque minuti, si avete letto bene 95 minuti di stoner ancora una volta cantato in enochiano e registrato in presa diretta. Devo dire che avere per la seconda volta l’onore di recensire un lavoro dei Nibiru mi colma il cuore, anche perché sono una band che fa dell’improvvisazione e del feeling più primordiale la loro bandiera. Si potrebbe dire che il loro mantra per questo lavoro, e per il precedente, possa essere riassunto con : ritualizzare l’improvvisazione . Ciò che rende Nibiru un progetto particolarmente unico è che ogni singolo pezzo nasce dall’improvvisazione, nessuna formula se non quella della liberazione dell’ istinto primordiale puro, dando di fatto una nuova dimensione al termine “Sludge” ed al termine “Psichedelico”. I cd sono così nominati: Netrayoni: Ritual 1 – The Kaula’s Circle Netrayoni: Ritual 2 – Tears of Kaly I Nibiru hanno continuato nel loro percorso Doom / Sludge misto a musica psichedelica in un turbine di misticismo fuori dal comune. Fuor di dubbio che questo doppio lavoro dal titolo“Netrayoni” si è in presenza di un album non convenzionale , unico e fuori da qualsiasi canone conosciuto.

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Senza contare poi una produzione non da tutti, tenendo in considerazione che è materiale in presa diretta e senza alcuna formula “precostituita”, come ho già scritto prima, quindi doppiamente intensa e doppiamente i miei complimenti alla band per le capacità dimostrate nuovamente. Di fatto loro stanno portando la stessa atmosfera del loro ultimo album, ma ad un livello superiore; più alta la composizione intrinseca tra i tre membri della band, con un feeling invidi abilissimo. Grande precisione e con forte carattere. Emozionalmente ho apprezzato tantissimo “Apsara”, “Arkashani”, “Sothis” e “Kwaw loon”. Questa volta molto più delle altre vi invito ad ascoltare i cd per farvi una vostra personale best songs. Nota a margine, nel secondo cd c’è spazio anche per una versione remasterizzata presa dal vecchio cd ed è “Celeste: Samsara is broken” molto evocativa, come la precedente versione a mio avviso. “Netrayoni” è la nuova dimostrazione della creatività dei Nibiru, della loro capacità e delle loro visione di musica. Più di altre volte vi invito ad acquistare l’album il prima possibile non solo per la bellezza e per l’atmosfera che sa infondere ma anche dato dal fatto che la band ha deciso di stamparne una versione sola e limitata a 300 copie.Emotivamente faccio fatica a trovare dei brani dei tre proposti dalla band, sia “Sperma benedetto”, che “Vampiri” e “meschini traditori” trovo punti interessanti e punti critici tali per cui non riesco a trovare il quid di particolarità, non c’è “nulla di nuovo dal fronte occidentale” (parafrasando un vecchio film di guerra). Mi spiace scriver così, perché la band da l’idea di averci messo anima e corpo in queste canzoni, ma non hanno fatto attenzione ai suoni, o meglio a molti suoni, ed ai testi (senza contare che in “Vampiri” c’è anche un “badcut” ovvero si sente che dopo il fade out degli strumenti c’è in inizio di un’altra canzone per circa 2 secondi). In chiusura do poco meno della sufficienza, per incoraggiare la band a far meglio e a far di più, perché fare death/thrash anni 80 e 90 non vuol dire perdere di qualità e di accortezza sonora. Sono certo che per il prossimo futuro la band saprà far tesoro di quanto scritto e migliorerà, anche perché ci sono le capacità per poter migliorare da parte degli Human Decay. In sostanza, Borderline si fa ascoltare senza troppe pretese, di certo presenta al pubblico una band che anche se giovane tenta di dare il proprio contributo al mondo della musica. Forse ancora leggermente acerbi in alcune scelte, ma sono certo che con il passare del tempo la band sarà in grado di regalarci un nuovo cd con più groove e meno asettici. Promossi comunque la pensiate.

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THE ANCIENT WAR

“Riding on the hills of death” GENERE: Thrash-death ETICHETTA: Armed god records VOTO: 65/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

La Band nasce nel luglio 2010 da un’idea di Fabio War Lipera (ex Sinoath e Winged) e Rick Costantino (Krigere Wolf,Divine Holocaust...). Il loro suono si radica nel vecchio death metal tipico dell’ underground di fine anni 90. La band dice di avere le maggiori influenze da band quali: Celtic Frost,Slayer,Death,Bolthrower e molti altri. Quasi un anno dopo, nel maggio del 2011, The Ancient War registra il loro primo full-leght, quindi album di debutto dal nome:”Riding on the hills of death” sotto la “Armed God Records”, per un totale di 500 copie in limited ediction. Questo loro esordio gli ha permesso di ricevere delle buone recensioni da tutto il worldwide del metal estremo. La band ci fa sapere in anteprima che il loro prossimo album uscirà nell’inverno di quest’anno con il titolo: “Rebirth of the tyrants”, ma andiamo per gradi. La qualità audio del disco non è delle migliori, e la cosa si vede tra le parti di tutto il disco e l’intro, un divario particolarmente marcato e visibile. Capisco il restare all’ oldschool, e tutto sommato mi piace anche, ma c’è differenza a mio parere tra il voler mantenere una certa atmosfera e appiattire il proprio lavoro. Buone le chitarre, un pelino assente il basso, dubbi sulla scelta sonora della batteria (troppo simile a quella dei kreator degli anni 80, ovvero: secca e piatta). Buona la prova di voce, un growling abbastanza efficace e molto interessante. “Riding on the hills of death” è un cd molto omogeneo, ma con pochi brani in grado di staccarsi sugli altri, e nel complesso troppo attaccato agli stilemi della vecchia scuola; queste sono a mio parere la croce e delizia di questo album. Come sempre sono a darvi le “punte di diamante” di ogni cd ed in questo caso abbiamo: “Before the final war”, la titletrack del cd “Riding on the hills of death”, “Seventh goblets of fury” e “Reborn from the eternal ashes”.

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Come sempre vi esorto a dare un ascolto accurato al cd per farvi una vostra personale idea. I The Ancient War hanno dei numeri, ma non li hanno sfruttati a pieno in questo lavoro, spero di poter sentire il loro secondo lavoro, sperando che la band faccia tesoro delle critiche costruttive per migliorarsi e migliorare i propri componimenti. In chiusura devo consigliare questo album principalmente algi amanti del genere ed agli amanti della vecchia scuola. Attendiamo il nuovo lavoro per poter dare una valutazione migliore alla band.

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ONE EYED JACK “One eyed jack”

GENERE: Hard rock/sleaze ETICHETTA: Frankenstein Records VOTO: 63/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

I romani One Eyed Jack ci propongono un EP di quattro tracce registrato come biglietto da visita per il pubblico. La band è composta da musicisti che annoverano parecchie partecipazioni ed esperienze in altre band, quindi di certo non sono alle primissime armi. La band dopo svariati cambi di line up dalla loro creazione , a fine del 2012, riesce a giugno scorso l’incisione di questo EP di quattro tracce. I quattro brani che appunto compongono questo EP sono di matrice sleaze punk/rock con qualche ammiccamento al pop, per i puristi forse troppi ammiccamenti, ed al caro blues che in ambito sleaze ritorna in modo preponderante . Vorrei favi notare che ciò che si sente nell’EP a livello di sezione ritmica è suonato da due session man a causa i continui cambi di line up indicati poco sopra, il risultato da live con i nuovi membri ufficiali è ovviamente di alto livello, come da studio, e rispecchia ciò che si sente nell’EP. In ambito puramente tecnico devo dire che la band dimostra palesemente le abilità e le esperienze maturate in passato, dato che il lavoro in registrazione hanno fatto un lavoro più che discreto. Avrei però curato meglio i livelli e la gestione dei volume in mixaggio e o in mastering, dato che la voce principale sovrasta troppo gli altri strumenti ed i cori sono poco di supporto. Inoltre, ad esclusione di “In oblivion” la voce non fa alcuna variazione e risulta a volte troppo monocorde. Ma tenendo conto che questo è il loro primo lavoro e tenendo conto anche dei continui cambi di line up possiamo in parte accettare questi errori. Ovviamente se si dovessero ripresentare anche in futuro la cosa cambierebbe e non poco. “We’re pretending (it is love)” canzone piuttosto catchy e orecchiabile, con lei metterei anche “Illogical suspect” che mi ricorda parecchio materiale glam d’annata per l’attitudine.

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Queste due canzoni, senza nulla togliere a “In oblivion” e “Black lodge”, sono per me le cartine tornasole del sound attuale dei One eyeyd jack. In chiusura di questa mia recensione direi che il lavoro primo dei One eyed jack è più che dignitoso, lavoro che ha si dei margini di miglioramento ma ha già un suo appeal e che mette le basi per un buon futuro della band, salvo che la band faccia tesoro delle variazioni da fare e delle correzioni da apportare, attendo il loro nuovo lavoro per poter avere smentita o conferma di quanto scritto qui sopra e auguro alla band di poter emergere dalla scena, ma come specificato prima, ci sono molti lavori da fare se no si resta nel folto gruppo de l”già visto e già sentito” .Sulla parte tecnica non mi sento di muovere alcuna critica dato che il lavoro è fatto bene per la parte compositiva, per gli arrangiamenti e per la post produzione. Mi sarei aspettato qualche cosa di più per quanto riguarda i testi, a mio parere la parte claudicante di questo EP. Capisco la rima baciata, serve per far rimanere più facilmente impresso il testo, ma caspita neppure finita, o quasi, la frase del verso che subito “spunta” la rima baciata nelle due parole successive… Emotivamente non sono male, sia chiaro, solo che sono troppo legati ai grossi gruppi, sia nostrani che esteri, del rock leggero e non si sente fino in fondo le capacità, che hanno indiscutibilmente, e si limitano a poco più che al “compitino a casa”. Certo una traccia come “niente si fermerà” e “Tutto in un attimo” sono molto interessanti, “luci riflesse” subisce, più delle altre, il problema del testo. In chiusura, confido che la band faccia due cose per se, principalmente, e per il pubblico: Provare ad osare di più, evitando magari di rimanere troppo legati all’ombra di band quali Negrita e del Boss, dando libero sfogo alle capacità intrinseche che hanno e provare a lavorare un pochino di più con la poetica dei testi, ancor più che essendo certamente intimistici e personali, evitare la “lezioncina” delle elementari sulla poesia tipo “cuore-amore”o “gioia-noia”. Fatto questo sono convinto che la band avrà uno slancio ulteriore ed un visibile riscontro.

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STEALTH

“Shores of hope” GENERE: Hard rock ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 80/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

Stealth in una parola hard rock europeo. Si sente tantissimo l’influenza teutonica nelle scelte sonore e vocali; tanto da farmi ricordare in più punti gli Scorpions. Ma andiam per gradi. La band nasce nel 2007, ma è solo nel 2011 che ottiene una lineup stabile e che permette alla band di poter proporsi da live e registrare il materiale che compone questo loro debutto “Shores of hope”. La band, come dicevo poco sopra, è dedita a del classico hard rock, ma va detto che occhieggia pericolosamente alle frange più vicine del metal; per capirci si avvicina pericolosamente a sonorità più pesanti del solo “hard rock” avvicinandosi a sonorità di heavy classico. Il cd è composto da dieci tracce che permettono di capire l’attitudine e le capacità della band. A livello tecnico buona la prova, nel senso che ottimi i risultati sonori e le scelte di post produzione e di arrangiamenti, ovviamente come sottolineato più volte quello che abbiamo in mano è hard rock con gli stilemi previsti dal genere; quindi nessuna novità o nessuno stravolgimento di sorta. Quindi potrei dire con tranquillità, senza offendere nessuno o senza lasciar spiazzato nessuno che “nulla di nuovo sotto al sole”. Questo però non sia equivalente a :”non è un bel lavoro”, perché “Shores of hope” è comunque un buon lavoro e dieci tracce di qualità. Unica cosa è che se cercate la novità a tutti i costi o la situazione che debba “stravolgere” il genere non è questo il caso. “Ozone Fades”, “Guns” (che nel ritornello fa ricordare vagamente un classico dei Motley Crue per ripetere tre volte “Guns” molto simile a “Girls”), “Nuclear Warfare”, “Black Century” e“Uhlans 1915” sono le canzoni che mi hanno colpito di più delle altre nell’ascolto di questo album. Io continuo a dirlo e spero che lo facciate:”ascoltate anche voi il cd in questione e fatevi la vostra personale topsongs list” non solo per poter farvi una vostra personale idea, ma anche perché ne vale la pena.

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Concludendo direi, una buona prova d’esordio; rispetto a molte altre proposte musicali hanno una marcia in più, pur restando a “pieno regime” nel genere e senza stravolgerlo. A volte non c’è bisogno di sconvolgere una cosa che funziona da decenni. Certo se si vuole emergere si ha da fare qualche lavoretto in più, ma credo che la band sia nelle possibilità e nelle capacità di poter fare questa svolta ed uscirne dalla “quotidianità” andando oltre e potendo imprimere il proprio sound. Promossi con lode.

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ORUN “Orun”

GENERE: Prog-Death Metal ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 75/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

Titolo del demo/Promo e nome della band:” Orun “, band nata da poco più di due anni e con un certo atteggiamento chiaro e deciso verso la musica nel complesso e nello specifico verso il death metal tecnico, o progdeath che dir si voglia. La band ha un piccolo cambio di line up nel 2013 ma tutto si risolve arrivando a questo lavoro di tre tracce uscito dalle “fabbriche” di Nadir music. Interessante la prova da studio, dato che la band permette ad ogni singolo strumento di avere la propria dimensione senza perdere alcune parti oppure far in modo che le chitarre piuttosto che la voce possano prevaricare su basso o su batteria. Io avrei puntato ad altri tipi di filtri e di effetti per le chitarre e per il basso, ma siamo nel mero piacere personale e non in un errore o in un’imprecisione. Notevole la prestazione della voce che passa dal pulito cristallino ad un growl quasi scream senza un minimo di difficoltà. A mio avviso tutte e tre le tracce che compongono il demo-promo sono degne di nota, quindi non ne nominerò nessuna, non per “così non faccio torto” ma semplicemente perché vale la pena ascoltare tutto il prodotto della band dal primo all’ultimo secondo senza rimanere delusi o scontenti. Certo ci fossero state più canzoni il voto sarebbe stato più alto e di certo si sarebbe otuto goder di più delle abilità degli Orun. Chiudo questa mia con un paio di valutazioni aggiuntive: Grande sicuramente è l’abilità della band di proporre un suono così duro e così tecnico, senza far perdere ne in tecnica ne in cattiveria, quindi buona la proposta e l’originalità della band, sperando che rimangano su queste corde compositive. Purtroppo però il voto, come spesso accade, sarà ridotto dal quantitativo esiguo di tracce proposte; esorto la band a continuare così e a proporre per il prossimo futuro un album intero, di certo sarà sorprendente quanto è stato questo “Orun”. PROMOSSI

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THE ANTHONY’S VINYLS “Like a fish”

GENERE: Rock-funky ETICHETTA: Labelpot VOTO: 78/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

“Like A Fish” è un disco di altri tempi già dalla copertina, un rock psichedelico e funky con un groove molto interessante, ma come sempre andiamo per gradi; prima un minimo di storia della band, che non fa mai male. Gli Anthony’s Vinyls sono un gruppo proveniente dalla provincia di Roma, nello specifico Valmontone, che nasce nel 2010. L’anno successivo tra un live e l’altro riescono a registrare il loro primo EP dal titolo “5 Points & 70 euro”, dallo stesso EP fanno anche un video “Sticky fingers(Litz) che vien selezionato da MTV New generation come “video just discovered” . Nel 2012 fanno il primo album, sempre tra un live e l’altro e tra un concorso e l’altro, dal titolo “A different water”. Ma nel frattempo si arriva, tra open acts, festival e live vari a questo album “Like a fish” e al fatto che nel gennaio scorso XL di Repubblica fa passare in anteprima il video “Running man” e al fatto che alcune tracce du qeusto album hanno trovato spazio anche su Virgin Radio. Detto questo entriamo nel vivo del cd. Non mi dilungherò molto sulla parte tecnica perché la band dimostra oltremodo di essere matura e saper cosa vuole, le sonorità tipiche degli anni settanta e della disco music più funky si sentono in modo poderoso e massiccio in questo loro album. Interessanti le sfaccettature che la band fa prendere alle loro composizioni, non funky puro, ma contaminato dal rock e dalla musica leggera nel suo complesso. Emotivamente mi è piaciuto molto “Poppy”, la titletrack “Like a fish”, il singolone “Running man” e “Radio obsession” . Come sempre ascoltatelo e decidete quali sono le tracce più interessanti per voi. Concludendo, una buonissima prova per gli Anthony’s vinyls, altro “mattone” per la costruzione della loro fama e del loro successo. Consigliatissimo a chi ha piacere nei generi un pelino retrò e nella disco music anni settanta e primissimi ottanta. C’è da dire però che se non amate la chitarra sincopata e con molti medi questo album potrebbe stuccarvi un pochino. Direi quindi un album che può essere ottimo anche come colonna sonora di un venerdì sera in giro per la città.

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THE NEGATION “Path of obedience”

GENERE: Black metal ETICHETTA: Mortis Humanae productions VOTO: 77/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

Band black metal proveniente da Parigi, i “The negation” escono con questo esordio “Path of obedience” tramite la “Mortis Humanae Productions”. Della band si sa poco, se non che sono nati nel 2012 e dalla loro nascita hanno già registrato un demo di otto tracce autoprodotto prima di approdare alla casa discografica ed al loro esordio. La formazione della band è piuttosto particolare dato che alcuni sono membri di altre band, sempre in ambito estremo (quali “Azziard”, “Moonreich”, “Nydvind”e “Borgia”), ed hanno avuto un cambio di lineup che li ha portati ad essere un quartetto (attualmente) con il batterista session. Tecnicamente l’album è registrato in modo ottimale, e non in senso di “ottimale per essere black metal” ma ottimale come prodotto. Le chitarre si sentono bene in tutta la loro cattiveria, il basso e la batteria sono veramente dei rulli compressori e non ci sono dinamiche che siano fuoriposto. La voce nella sua completa brutalità si percepisce dal primo all’ultimo scream, senza ripeto impastare nulla senza doversi accontentare a livello di produzione. Un esordio con il botto direi. Alta qualità sonora e buona proposta compositiva. Sia chiaro loro sono all’interno del filone black mani e piedi (come si dice in gergo) quindi si attengono a tutti gli stilemi compositivi del caso; nulla di nuovo sotto al sole, o meglio sotto alla luna. Questo però non gioca a loro sfavore, nel senso che hanno saputo comunque dare il loro apporto al genere senza dover ne stravolgere ne fare copia e incolla. Empaticamente mi sono trovato molto bene a crogiolarmi nelle sonorità della opener, escludendo l’atmosferico intro, “Red Wrath”, quindi “One god”, “In agony”, “Erased” e “Last rites “. La nuova generazione di blacksters si deve, e si sta, creando un nuovo sound pur restando fedele agli schemi ed agli archetipi del genere. Con il loro “ Path of obedience” i The negation ci offrono uno spaccato del black metal vissuto e suonato oltralpe nonché una visione nuova del suono oscuro, “nercotico” e minimale. Consiglio non solo agli appassionati di Black metal, ma a tutti i seguaci del metal estremo in genereale, potrete trovare delle ottime sensazioni.

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STESSO SPORCO SANGUE “Stesso sporco sangue” GENERE: Hardcore ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 80/100 RECENSORE: Alessandro

Schumperlin

A poco più di un anno di distanza dalla precedente recensione “Passività urbana” tornano a farsi sentire i siciliani Stesso Sporco Sangue con questo nuovo album. Come per il precedente abbiamo di fronte un massiccio e massivo uso degli stilemi classici dell’ hardcore vecchio stile (vedi agnostic front). Rispetto al precedente lavoro hanno inseriti diversi brani in inglese, credo penso e spero per potersi far notare anche oltre i confini italici, credo che la scelta sia azzeccata e possa essere un buon metodo per aumentare i consensi. Non mi dilungherò sulla loro storia, dato che ho dato già ampio respiro nella precedente recensione che trovate qui (a pagina 15). Tecnicamente si vede un passo avanti della complessità dei brani per quanto riguarda le registrazioni. Mi spiego meglio, la band ha elevato i propri standard di composizione, ma ancor di più ha elevato gli standard di post produzione, mixaggio e mastering dimostrando nei fatti che la maturazione c’è stata. Come se non bastasse siamo ancora, o meglio sono ancora, in autoproduzione; quindi il plauso è doppio e la stima per questi ragazzi aumenta in modo esponenziale, ennesima dimostrazione di quanto la voglia e la capacità se veicolata in modo giusto propone e porta grandi risultati. Di fatto emotivamente o si è predisposti per l’hardcore e per le sonorità “deep in your face” o non si riesce ad apprezzare al 100% il lavoro degli Stesso sporco sangue. La capacità di passare con disinvoltura dall’inglese all’italiano aumenta la godibilità del cd. Personalmente ho apprezzato tantissimo “Tomorrow you’ll die”, “Niente per te”, “Nessuna cura”, “Possessed by ignorance”, “Stesso sporco sangue” e “Mai”. Come sempre: ascoltatevi il cd e decidete le vostre preferite. Le conclusioni per questo cd? Da avere. Semplice… La band siciliana ha fatto un salto in avanti con la qualità e con la consapevolezza di quello che vogliono proporre nessuna sbavatura di sorta e nessuna compromissione. Certo se volete la novità mai sentita e mai composta non è roba che fa per voi questo album, ma vi perdereste di fatto un buon lavoro. Complimenti agli Stesso sporco sangue.

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LE IDEE DI PLASTICA “Un pail di idee”

GENERE: Rock Pop ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 50/100 RECENSORE: Max

“doctor rock” Ugolini

Ricco il carniere del gruppo marchigiano che come i loro conterranei GanG butta i testi sul sociale inteso per quanto riguarda le Idee in senso lato la sequenza dei brabi denota qualche frenata con l’italica lingua musicalmente citazioni in levare in”il mio pensiero”per il resto un rock manierato con qualche riquadro cantautoriale………la citazione dei cortei di potere operaio sinceramente mi sembra gratuita un deja vù. Un brano che vorrei salvare e’ “diciassette” e “fino in fondo “quindi non c’è un ‘accanimento terapeutico sul combo marchigiano ,anzi si ritiene che siano molto di piu’ di questo lavoro che sembra piu’ una crisalide inespressa del loro esser primavera! Ecco mi pare di stare a sanremo giovani ,alle preselezioni….ovviamente nulla di personale contro il sestetto che viene dalle marche ,di base un pop rock trasparente di base un pop rock trasparente

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MARSHMALLOWS PIES “Between cloudy and sunny days” GENERE: Acustico/pop/cantautorato ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 70/100 RECENSORE: Max

“doctor rock” Ugolini

Un trio tutto al femminile proveniente da quel di Como voci tra carly simon e carole king con echi dei cranbberries ,in sostanza un album dolce e variegato nel suo genere con fioriture musicali davvero degne di nota e qualche flessione ,che non inficia pero’ il risultato finale .Una bella amalgama sia vocale che strumentale con l’uso di svariati strumenti” Le Marshmallow Pies nascono come duo acustico composto da Francesca Giannella alla voce e Simona Olivo alla chitarra a cui si unisce, qualche tempo dopo, la pianista Greta Rossini.”Piccole fiabe crescono ,si perche ‘ anche nelle cover le musiche sempre ricercate in affreschi fiabeschi disegnano camei di indubbio splendore.Volendo citare due pezzi su tutti mi soffermerei su “storyboard e “superman”. Tre covers d’autore, dalla breve intro regalo alla beatlesiana Lucy in the sky with diamonds, , una rivisitazione morbida di Song 2 dei Blur ed una di Damien Rice con “The professor”.”parole “ che cantato in madre lingua sembra far da testimone ai temi presenti nel caleidoscopio delle M.P.

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ARTCORE MACHINE “Lamina”

GENERE: Elettronica ETICHETTA: Xonar VOTO: 78/100

/ noise

RECENSORE: DroB

Difficilmente descrivibile questo lavoro di Artcore Machine. Un album sontuoso, importante ed interessante che spazia da un’elettronica aggressiva e scomposta che ricorda a tratti Aphex Twin -ma stupisce in virate idm, comunque techno- ad atmosfere industrial ossessive. Piacevole la tracklist, ottima alternanza di ritmi sempre molto saturi o distorti, frammentati con violenza o distesi dai glitch costanti e taglienti. L’orchestrazione è imponente, ogni suono - e ce ne sono molti - subentra subdolamente e ritaglia il suo spazio nel continuo flusso che ne deriva, se non introdottosi in maniera brutale inseguendo le drum machine, che a loro volta sono sovrastrutturate e composte di suoni metallici o plastici. Orecchie attente poi agli excursus ambientali, davvero intriganti. Un’altra delle possibili colonne sonore all’apocalisse. Da riascoltare più volte, sconsigliate le cuffie ai deboli di cuore.

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COSMIC BOX “L.B.S.”

GENERE: Rock ETICHETTA: Alka record label VOTO: 70/100 RECENSORE: Drob

Last Broadcasting Station è il nuovo album della formazione Cosmic Box, un esplosiva miscela di brani rock nella più anglofona delle accezioni. Le 10 tracce sono per la maggior parte costruite su un basamento pop con influenze che vanno da Kasabian a Kula shaker - la voce in Don’t move ad esempio- affacciandosi sul panorama americano (All the things you cannot ride dove i soli e le voci ricordano l’alternative d’oltreoceano) senza mai tradire una composizione sicura e matura di chi queste sonorità le conosce benissimo. Buoni suoni per un album integrale, maturo, i cui ritornelli possono rimanere nell’aria per un pò. Ed è probabilmente questa la forza dell’album, rifarsi a radici solide ed intramontabili pescando in un bacino infinito di già classici risultando non del tutto originale ma sicuramente prodotto di alta levatura. La ballad distorta 66 è l’esempio bilanciato di questo percorso: ci si aspetta di ricevere emozioni da un lento new-romantic e non si rimane delusi. Buone soluzioni vocali (Through skins and bones), le melodie sono ben dosate rispetto agli arrangiamenti e soprattutto sui pattern di chitarra che ritaglia il suo giusto spazio in tutto il disco, basso e batteria suonano sicuri parti e stacchi perfettamente in linea con le atmosfere proposte. Di nuovo, non un lavoro totalmente stupefacente ma di certo inserito già dall’uscita in un contesto vastissimo di respiro internazionale, la sfida sarà proprio confrontarsi con la grande macchina del nuovo rock.

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FRANK SINUTRE

“Musique pour les poissons” GENERE: Dub/electro ETICHETTA: System Recording NY VOTO: 65/100 RECENSORE: DroB

Non lasciatevi ingannare dal nome demenziale, seppur geniale: i Frank Sinutre hanno un piglio intelligente ed ironico ma ciò che fanno, lo fanno seriamente. E cosa fanno? Suonano Dub, il dub delle radici volendo, un reggae elettronico suonato col cuore e con strumenti home made. Quindi pattern molto semplici dove il levare gioca un ruolo fondamentale ma le melodie, le atmosfere sono a tratti ambient ed electro, i sintetizzatori accompagnano con tappeti una musica che si evolve in qualcosa di diverso, forse l’essere scrittori influisce non poco sulla composizione -in Iolanda Pini si evoca il reading con cui il duo ha iniziato-. Sonorità del sole al tramonto, di un clima avvolgente che ci lascia sognare dei Caraibi forse, in bilico tra la freddezza e ciclicità dei Boards of Canada ed il calore o umore di Tycho. Musique pour les poissons racchiude questo ed altro, anche un remix in chiave dance di Oye como va di Santana -probabilmente l’episodio più weirdo dell’album-. Tanto mare, molte onde ed atmosfere calde si diceva, e la concretezza del progetto emerge nel singolo “Someone’s dub” o nella title track, dove la linearità di ritmo e melodia subisce variazioni inaspettate e dove soprattutto si notano i bellissimi contrasti tra strumenti reali e campionamenti o suoni sintetici. Altro episodio memorabile in I am going to do nothing, dove le influenze sembrano quelle della musica per cinema oppure Please visit Sermide, dal gusto di ballad romantica e strumentale. Suoni evocativi quindi, per chi ha orecchie agli Air e per attitudine ricerca un po’ di vintage nei nuovi album. Interessante e mai scontato.

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INSULA

“Unfulfilled” GENERE: Modern heavy / prog ETICHETTA: autoproduzione VOTO: 68/100

metal

RECENSORE: DroB

Insula è un progetto di Piacenza che si presenta al pubblico con un demo di due brani. Prodotto in maniera professionale con buoni suoni ed un missaggio piacevole, Unfulfilled ci introduce ad un mondo sonoro non semplice, incastrato in questo progressive duro -la title track ad esempio in cui un riff ossessivo di tastiera lega i numerosi stacchi strumentali- ed un romanticismo compositivo che ricorda i Tool, anche in alcune parti del cantato in cui il timbro è forte richiamo a Keenan -A bright red scream- . In ambito di influenze non si possono escludere gli ascolti dei migliori Porcupine Tree, anche se una connotazione più sudeuropea nelle progressioni armoniche distingue gli Insula e li riavvicina alla nostra cultura. Rimaniamo in attesa dell’album.

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NASTENKA ASPETTA UN ALTRO “Le parole non dette”

GENERE: reading/post rock ETICHETTA: Toten Schwan

Record/Effetti Collaterali Record/Enter

VOTO: 68/100 RECENSORE: DroB

Nastenka aspetta un altro è un ambizioso progetto di reading che vi farà pensare e concentrare. Concentrare perché oltre a giocare - come scritto nella presentazione- con gli strumenti verbali dei grandi autori, sfruttando così l’incantesimo del cut up, investe molto sull’orchestrazione dei brani e fonde queste poesie con delle ambientazioni davvero notevoli. Ottimi interventi sulle drum machine e frammentazioni ritmiche moderne trovano amalgama con chitarre malinconiche e synth sognanti che rimandano a certo post rock ormai classico. Come da scuola Massimo Volume, le voci protagoniste appaiono a volte cupe a volte opprimenti, come se il peso della parola fosse davvero la più grande delle responsabilità. Si fa sul serio, ci si prende sul serio, e dovremmo approcciare all’ascolto con un’intensità e attenzione alle quali probabilmente non siamo allenati. Perché fortunatamente, la musica non è solo un sottofondo, non è solo distrazione.

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RADICEQUADRATADI2 “Radicequadratadi2”

GENERE: Noise/crossover ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 60/100 RECENSORE: DroB

E’ sorprendente e quantomeno piacevole ascoltare band come i Radicequadratadi2 che fanno del DIY una filosofia di vita. Un rock molto duro e molto contaminato, a tratti progressivo, sciorinato in un medley di 9 minuti circa. Si sentono ovviamente le pecche dell’autoproduzione del demo, alcuni suoni sono troppo compressi o troppo poco, rendendo un missaggio non professionale, ma anche questo è il bello e l’istintivo del duo, che inonda lo spazio sonoro con stacchi schizofrenici, distorsioni di chitarra taglienti ed incisive e cambi ritmici e fill costanti. La composizione ci offre la varietà del prog si diceva ma anche la liricità del concept con inserti di voci riverberate ed epiche e sofferte. Per un ascolto riflessivo, sicuramente meglio dal vivo per godere dell’impatto di questa formazione.

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RICCARDO FAVARA “R”

GENERE: Metal/hard rock ETICHETTA: autoproduzione VOTO: 60/100 RECENSORE: DroB

Il palermitano Riccardo Favara presenta il suo ultimo lavoro R con una cover barocca a suggellare il patto d’unione con il neoclassicismo. Un album di tracce suggestive perché sospese nel tempo, in un excursus che va dai mid ‘80 ai giorni nostri. Le canzoni -si, canzoni- sono prodotte in maniera professionale ed arrangiate con la completezza e l’attenzione che solo in questo genere o in pochi altri si usano. Voci ben sopra il missaggio, chiare e limpide per la maggior parte -Dark and light, Cry- a risaltare le doti considerevoli del Favara, potente, graffiante ma molto melodico anche se a volte invecchiato dalla tremolo-tecnica che può distogliere dall’ascolto. Ben strutturate le metriche su riff di chitarra potenti ed una macchina ritmica prepotente (Cold blood killer), generosi assoli col suono dosato di chi ha nelle orecchie e nelle mani certe sonorità invalicabili. La tracklist offre una altalena tra brani hard rock nella più ampia delle accezioni -Just for you, dove la melodia diventa corale e molto pop- e ballad classiche -Cry- in cui ritrovare molteplici influenze da Guns ‘n Roses a Aerosmith o (ahime) Nickelback. Per gli amanti del genere, per gli irriducibili dell’ hard rock o per chi vuole approcciarsi, ma con garbo.

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STARE MESTO “Punto di fuga”

GENERE: Alternative ETICHETTA: I dischi del VOTO: 70/100

minollo

RECENSORE: DroB

Il Punto di fuga è la musica, quella nello stomaco. Un album di 8 tracce intense, in cui i testi e le melodie fanno da contrappunto a strutture sonore molto mature. Chitarra e basso viaggiano in malinconia e delay, spaziando tra new wave e post rock, sostenuti da batterie cadenzate e lineari -Racconto di primavera- con deviazioni verso un rock alternativo più italico - Riparo, Menodizero - dove però sentiamo più debole e meno sentita la melodia. Episodi più evocativi ce li offrono, oltre alla già menzionata Racconto di primavera, Cielo d’Africa e Ultima cena, dove soluzioni di MarleneKuntz memoria lasciano spazio ad armonie più elaborate ed interessanti, nonchè versi notevoli. Stare mesti ed ascoltare attentamente, può scuotere le membra e suggerire dei piani alternativi.

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THING MOTE

“Stabstrings a genuine acoustic” GENERE: Alternative/indie ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 56/100

pop

RECENSORE: DroB

Formazione indie-pop giovanissima, presenta questo EP totalmente acustico. In effetti in questo lavoro trova ragione il nome stesso Thing Mote, luogo di ritrovo non soltanto fisico ma anche mentale, di complicità. Le tracce che lo compongono tessono un’atmosfera molto intima ed amichevole, a tratti malinconica –gli effetti collaterali del violoncello- con una buona attitudine ai brani sempre di stampo vagamente britannico, per non dimenticare le influenze ed il punto di partenza ma cercando un proprio percorso e linguaggio, soprattutto nelle melodie ed il timbro vocale. In ogni città troviamo, e dobbiamo trovare, una band come questa. Tanta passione, la band di amici che vorremmo invitare a suonare per il compleanno, quella con cui bere una birra nel pub del quartiere per una serata di sincera compagnia e buona musica.

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WELCOME COFFEE “Box #2”

GENERE: Pop funk rock ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 60/100 RECENSORE: Drob

Questo Box #2 complete EP presenta i Welcome coffee con 5 brani dal sapore funk-pop. Nonostante la registrazione non sia del tutto professionale -piuttosto una presa diretta molto ben riuscita- si ha un risultato live piacevole e concreto. La prima traccia My seventh time gode di un buon ritornello e gradevoli stacchi come l’inserto di percussioni ed introduce ad un mondo dalle radici funk che affonda però la sua essenza nel pop più genuino. Anche se continua a non convincere la soluzione linguistica mista nelle tracklist, bisogna dire che presi a se i brani hanno una loro forza comunicativa -come in 6 Febbraio in cui una ritmica molto sostenuta e percussiva accompagna egregiamente la doppia voce sognante uomo/donna - oppure stupiscono per una semplice scelta d’ambiente come ad esempio 115 Intro in cui il synth modula tutta la composizione avvolgendo le varie voci fuori. Più ingenua la melodia in I do, episodio dal piglio alternative rock, mentre la monumentale Stringimi la mano fa l’occhiolino ad un quasi progressive di vecchia memoria italiana, strutturato in modo da dare il giusto tributo a chitarre e voci in una coralità di genere. Gli stacchi proto funk sono però la cosa più memorabile del brano, perché rimandano al ricordo di ottime e mai dimenticate colonne sonore del poliziottesco anni ‘70.

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LE CHIAVI DEL FARO “La furia degli elementi” GENERE: Free funk ETICHETTA: Autoproduzione VOTO: 75/100 RECENSORE: Max

“doctor rock” Ugolini

Ancoraggi inconsueti nel dirimere note strette e melodicamante suadenti………….questa sintassi fra prog jazz ed elettronica si rinnova in un tutt’uno encomiabile e creativo se si vuol trovare una pecca è solamente insita nelle parti vocali ,ci vorrebbe un Demetrio Stratos tanto per esagerare, ma i brani rimangono lì sospesi nell’incredibile sontuosi e ammiccanti. E’ proprio un bel lavoro il cd del gruppo di Gubbio purtroppo autoprodotto, e si dice ciò per il valore dell’opera dei musici umbri, davvero veriegata e in sintesi essenzialmente un prog jazz di elegante fatture con stralci di elettronica sapientemente dosata e perfettamente inserita nel contesto. Invereconda mistura di generi per nulla non omogenea che raccoglie fastosi e fastose fioriture chitarristiche ed encomiabili voli di sonorità campionate con giustezza estrema. Rapide inclusioni prog in stile anni ’70 che raccontano con fervore le trame sonore partorite dal trio umbro.

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JIGABITEZ “Con la Gei”

GENERE: Hard rock ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 70/100 RECENSORE: Max

“doctor rock” Ugolini

Il combo torinese dopo qualche anno di assestamento è arrivato al suo primo lavoro con un power trio affidabile estremamente rock non solo nella musica ma anche nell’anima e con suono pulito dove ogni nota è ponderata con passione e rovello giustamente presente per l’impatto complessivo del lavoro stesso ,cuore e anima ma con dedizione certosina,è stato un parto lungo e difficile ma la creatura sonora partorita eè davvero pregevole non solo nella musica ma anche nei testi ,mai banali,e allineati correttamente alle sonorità di questo power trio. Sicuramente” oltre te” e “mi salverò “si ergono una spanna sopra alle altre tracks senza nulla togliere alla valenza degli altri brani. E non mi sento peraltro di non aggiungere “niu laif “di hendrixiana memory.l’attuale line up sembra aver dato il la ad un percorsi creativi di belle speranze e a proposito di speranze spero non ci sia da attendere troppo per una nuova e rockeggiante creatura. Emozioni e sincerità emergono nel loro viaggio creativo il che lascia ben sperare per una evoluzione crescente e ponderata magari proseguendo il discorso di usare la nostra lingua madre nelle loro songs!

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BLAME TO THE OCEAN “From the depths”

GENERE: Hardcore ETICHETTA: Strikedown VOTO: 88/100

Records

RECENSORE: Milo

E’ uscito nel 2013 il primo FULL LENGHT dei BLAME TO THE OCEAN gruppo HARDCORE proveniente da UDINE che con “FROM THE DEPTHS”, edito dalla STRIKEDOWN RECORDS, da un seguito al loro EP “RUINS” uscito nel 2010. FROM THE DEPTHS segna veramente l’inizio di una nuova era per i BLAME TO THE OCEANS che in questo disco dimostrano una maturazione eccellente sia per quanto riguarda il songwriting sia per le sonorità che risultano essere molto più personali. Sonorità che strizzano sempre più l’occhiolino al METAL ed ad atmosfere DARK, senza però rinunciare al suono sporco e graffiante tipico dell’HARDCORE. Davvero un ottimo lavoro ragazzi!!!

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DELTAMETRINA “Oltre lo schermo” GENERE: Punkrock ETICHETTA: Indiebox VOTO: 78/100 RECENSORE: Milo

Primo disco ufficiale per i DELTAMETRINA,band padovana che,con OLTRE LO SCHERMO,irrompe nello scenario del punk nazionale grazie anche all’appoggio della INDIEBOX. Nascono alla fine degli anni 90, prendendo spunto e ispirandosi ai gruppi punk italiani dell’epoca tra cui ricordiamo PUNKREAS, DEROZER, SHANDON e MORAVAGINE (con cui DAVIDE –basso e voce- ha avuto modo di suonare nell’ultimo tour di addio). Il disco segna una effettiva maturazione del gruppo , sia livello di sonorità, sia a livello di testi che, spaziando dalla vivisezione all’abuso odierno della rete informatica, rendono OLTRE LO SCHERMO un ottimo disco PUNK ROCK. Non resta altro che seguirli in uno dei loro prossimi live!!! Ottimo lavoro ragazzi.

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INARRESTABILI

“Hanno ucciso i colori” GENERE: Punk ETICHETTA: rebelsound booking / inarrestabile records VOTO: 95/100 RECENSORE: Milo

E’ uscito l’11 Marzo “HANNO UCCISO I COLORI” il nuovo disco degli INARRESTABILI, band sarda formatasi nel 2005.Dopo l’enorme successo del precedente album , che li ha portati a suonare in numerosi palchi sia italiani che spagnoli, il trio decide di entrare in studio (CELLAR DOOR di MILANO) per portare alla luce questo capolavoro che tra le altre cose vede la partecipazione di MICKY dei NO RELAX , PALETTA dei PUNKREAS e PAOLO dei GERSON. HANNO UCCISO I COLORI si presenta con una grafica molto curata nei dettagli mantenendo comunque una semplicità che attrae ed incuriosisce. 11 pezzi di un punk energico e melodico, che ricordano a tratti i grandi nomi del punk Italiano. Musicalmente le canzoni sono perfette, idem per i testi, mai scontati mai noiosi o banali sia quelli in lingua italiana sia quelli in lingua spagnola. Tra le altre vorrei ricordare PRIGIONIERO (in cui è presente PALETTA), NO QUIERO SER MAS (con MICKY), A MODO MIO (con PAOLO) e SPEZZA LE CATENE in cui le sonorità elettriche lasciano spazio a sonorità acustiche e più folkloristiche. Non c’è che dire, HANNO UCCISO I COLORI e’ un album che saprà sicuramente ripagare questi ragazzi, un album che aprirà maggiormente la strada, un album che dimostra che la passione alla lunga ripaga e soprattutto che dimostra che in Italia c’è ancora chi ci crede nella musica fatta con passione.. In bocca al lupo ragazzi.

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INFINITY ON HIGH “Small town heart” GENERE: Punk ETICHETTA: VOTO: 65/100 RECENSORE: Milo

Gli INFINITY ON HIGH vengono da Cremona, si sono formati all’incirca un anno fa e ci presentano il loro mini-ep di 3 pezzi, prodotto da Fabrizio Pan dei Melody Fall. Il genere che ci propongono questi ragazzi e’ un POP PUNK con testi in inglese che si rifà a gruppi d’oltreoceano quali BLINK182, YELLOWCARD, ecc.. Purtroppo non è mai semplice esprimere un giudizio con così pochi brani, ma essendosi formati nel maggio dell’anno scorso è capibilissima la mancanza di materiale. Le idee ci sono e sono ben sviluppate, e questa è già una bella cosa, la canzoni non annoiano e risultano essere molto radio-friendly…purtroppo però manca quel pizzico di originalità che sicuramente arriverà con il tempo e con la maturazione sonora del gruppo. Attendiamo nuovo materiale.

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MY OWN PRISON “Finisterre”

GENERE: Hardcore ETICHETTA: Strikedown VOTO: 82/100

records

RECENSORE: Milo

E’ uscito a Marzo del 2013 FINISTERRE, edito dalla STRIKEDOWN RECORDS, l’ultimo ep di casa MY OWN PRISON, band HC proveniente da Cagliari. L’album è composto da 7 pezzi di un HARDCORE nudo e crudo che senza tanti fronzoli trasmette un’energia positiva che difficilmente lascerà impassibile chi lo ascolta. Le sonorità dell’album non sono curatissime e i suoni spesso sono un po’ troppo “sporchi” o non ben definiti, ma a mio parere tutto questo rende ancor più affascinante l’album che riesce a mantenere quel retrogusto di DIY che nell’hardcore come nel punk ci sta a manetta!!! Ottime le parti ritmiche, bellissimo il suono graffiante del basso che ti penetra dentro e non ti molla più. Ottimo anche il lavoro delle chitarre mai eccessive nelle parti più dure e veloci e allo stesso tempo ben dosate nelle parti più melodiche che creano un contrasto bellissimo con il graffiare della voce sempre tirata al limite. Unica pecca forse i cori che in alcuni punti non sono proprio ben eseguiti , ma son particolari che possono essere tranquillamente tralasciati. Che altro aggiungere? Andate ad ascoltarli perché spaccano davvero!!!!

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RISE AFTER DEFEAT “Adrift”

GENERE: Hardcore ETICHETTA: Strikedown VOTO: 80/100

records

RECENSORE: Milo

Arrivano dalla Sardegna questo gruppo di ragazzi che,con alle spalle 5 anni di onorata carriera,presentano il loro secondo album ADRIFT, edito dalla STRIKEDOWN RECORDS. Il genere musicale che ci propongono i RISE AFTER DEFEAT è un HARDCORE con sonorità che si spingono fino al DARK e al CRUST. Ottimi i fill di batteria, sempre tirati al massimo ma mai eccessivi o tendenti ad oscurare le parti degli altri strumenti. La stessa cosa vale per basso e chitarre che si alternano in pezzi ritmati e graffianti senza però trascurare e disdegnare parti più melodiche in cui le sonorità cupe del dark si fanno più vive rispetto ad altri pezzi. Ottimo lavoro infine per quanto riguarda la voce .. “marcia” al punto giusto, peccato solo che non si riesca sempre a capire le parole che vengono urlate, ma questo purtroppo fa un po’ parte del gioco. Ottima prova ragazzi..continuate così!!!

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RECENSIONI

HYPARXIS PROJECT “The Priestless”

GENERE: Ambient/Cinematic/New ETICHETTA: autoprodotto VOTO: 78/100 RECENSORE: Mimmo

Age

D’ippolito

S’intitola “The Priestless” l’album di questo progetto che ha come mastermind il compositore e musicista piemontese Livio Amato, attivo nel campo della composizione audio- visiva, musiche per documentari, filmati e cortometraggi vari ed una vasta discografia, con la collaborazione di Sarah Michelle Coletti (Vocals e composer). Questo disco che mi accingo a recensire è uscito un paio di anni fa ma vorrei dargli il giusto valore e risalto che merita. L’album si apre con la eterea “Opening to the Priestless” un brano Ambient, New Age dal sound e dalle armonizzazioni molto originali come pochi di questi tempi , e che potrei avvicinare vagamente a qualche lavoro di Lisa Gerrard; la seconda track “Thiara” è un brano pianistico dal flavour smoothie, riguardo all’uso degli accordi di 7+ e 9 oltre alla drum molto Chill Out; “The Knights” è un brano molto originale dal sound Chill Out – Ambient elettronico, “Sarah’s Dream” si apre con synth pads ariosi per poi sfociare in una IDM molto interessante , il brano dal primo ascolto ricorda qualche lavoro di Pete Namlook; “Wilhelmina” è un’ottimo brano di pianoforte ambient cinematic atmosferico con alcuni caratteristici drone di sottofondo e tappeti sonori di synth che donano spessore; “Heresya” è un brano che si differenzia molto dai precedenti, perché viaggia su territori Trance futuristici molto interessanti; con “Ancestral” si ritorna all’ambient - avantgarde, brano nel quale dominano tappeti creati dai sintetizzatori e drone nella prima parte, successivamente il brano si evolve in una chill out dal flavour celtico molto originale; “The Awakening” è un brano ethereal – new age , ottima colonna sonora per sonorizzare paesaggi da sogno e viaggi in terre remote, e và a chiudere questo album davvero eccezionale ed originale come pochi ormai in Italia ed altrove.

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RECENSIONI

LA MADONNA DI MEZZASTRADA “Lebenswelt” GENERE: ETICHETTA: VOTO: 70/100 RECENSORE: Zanko

Lebenswelt (il mondo della vita), secondo lavoro discografico de La Madonna di MezzaStrada, band perugina per la quale è difficile trovare un genere che la rappresenti, potrei azzardare un cantautorato post-punk indie folk, ma comunque non basterebbe a rendere l’idea. Provate a pensare cosa uscirebbe mescolando Battiato, De Andrè, Marlene Kunz, e CCCP, non è una musica per tutti, anzi credo lo sia per pochissimi, una band molto attenta ai contenuti, sia per quello che riguarda i testi, sia a livello musicale. La prima volta che ho ascoltato Lebenswelt, stavo guidando per andare al lavoro, non ci ho capito nulla, ma per tutto il giorno nella testa mi rintronavano delle parole, “mosche in assedio-il morto che respira-si è già vestito a lutto”, Mosche è la quarta traccia di questo disco, a mio parere la migliore, un pezzo che spaventa, inquieta, ma che all’ascoltatore attento darà emozioni. L’album è stato autoprodotto, registrato all’ostello della gioventù di Perugia, è un ottimo tentativo di dire qualcosa di concreto di esprimere un contenuto che va cercato singolarmente in ogni traccia, una musica indipendente che esce dagli schemi ma che cerca di fare qualcosa di nuovo e di originale.

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