PieMonti gennaio-febbraio 2011

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Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB/CN - Registrazione Tribunale di Torino n. 5500 del 18.04.2001

euro 3,00 – copia omaggio

PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA DELEGAZIONE PIEMONTESE UNCEM

GENNAIO • FEBBRAIO

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Tra sviluppo e innovazione,

la voce forte del Piemonte In questo numero La porta semiaperta del futuro 20 milioni per lo sviluppo Roma dimentica le Terre Alte Quale agricoltura per la montagna? La voce degli enti locali nel Cal Piemonte orientale il segnale in montagna Una vetrina per i prodotti tipici di qualità La complessità socioeconomica del territorio montano piemontese Il Sistema neve I modelli del cambiamento L’altra Langa. Dove le montagne profumano di mare

20 milioni dalla Regione alle Comunità montane. Mentre Roma resta lontana dalle Terre Alte, cresce la voglia di vincere la sfida


Sommario

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PRIMO PIANO

La complessità socioeconomica del territorio montano piemontese Ricerca per lo sviluppo Il Sistema neve. I modelli del cambiamento Sciovie e impianti di arroccamento: finanziamento pubblico Le proposte dell’Uncem piemontese PiÚ turisti sulle montagne piemontesi Concorso di sci virtuale per vincere skipass reali Langa astigiana Val Bormida L’altra Langa. Dove le montagne profumano di mare

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CULTURA Recensioni Po e Monviso (anzi Viso) a cavallo fra Liguri e Galli

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PROGETTI EUROPEI Alpwaterscarce. Stati generali dell’acqua in montagna Piano strategico per la Valsesia Progetto Climalptour. Tutto cambia. E il turismo? Demochange. Nuovi appuntamenti

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NOTIZIE DALLE COMUNITĂ€ VAL SESSERA, VALLE DI MOSSO E PREALPI BIELLESI Per avvicinarsi alla montagna ALPI DEL MARE Cooperazione in Mali VALLI GRANA E MAIRA Arriva l’Adsl VALLI ORCO E SOANA. Arriva la “Stella Polarisâ€? per gli studenti Marchio “OspitalitĂ italianaâ€? per i rifugi alpini

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ATTUALITĂ€ “Ti tengo per mano. Bambini in affittoâ€? La Borsa delle OpportunitĂ â€œA scuola di montagnaâ€? con il bonus della Regione Piemonte orientale, il segnale in montagna Rai digitale: aumenta il disservizio WI-PIE per la montagna Una vetrina per i prodotti tipici di qualitĂ Terre del Giarolo. Produzioni di alto livello NovitĂ per l’Ala agricola di Porta Palazzo a Torino Pannelli fotovoltaici. SĂŹ agli impianti sui tetti dei Comuni montani Investire in montagna. Invito dell’Uncem alle imprese L’energia fotovoltaica è la piĂš pagata

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ComunitĂ montane. La porta semiaperta del futuro 20 milioni per lo sviluppo L’impegno dei sindacati dei lavoratori Mai cosĂŹ lontana. Roma dimentica le Terre Alte I dati Insediato il Gruppo Amici della Montagna Quale agricoltura per la montagna? Il Salone della nuova agricoltura al Lingotto Fiere-Oval La voce degli enti locali nel Cal I compiti del Cal Insediata la “Consulta delle eletteâ€? Cal, la composizione

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GENNAIO • FEBBRAIO 2011 EDITORE: UNCEM Delegazione Piemontese Via Gaudenzio Ferrari n. 1 – 10124 Torino Tel. 011 861 3713 – fax 011 861 3714 e-mail: uncem@provincia.torino.it www.uncem.piemonte.it DIRETTORE RESPONSABILE: Giovanni Bressano CONDIRETTORE: Filippo Grillo COORDINAMENTO REDAZIONALE: Marco Bussone REDAZIONE: Bruno Mandosso, Marialaura Mandrilli, Alex Ostorero HANNO COLLABORATO: Livio Berardo, Lorenzo Boratto, Laura Carcano, Alberto Crescimanno, Emanuela Dutto, Fiorenzo Ferlaino, Paola Franco, Chiara Genisio, Ambra Lazzari, Marialaura Mandrilli, Davide Micheletti, Nuria Mignone, Luigi Piccitto, Francesca Silvia Rota, Laura Sansalone, Elisa Sola, Chiara Viglietti ALLESTIMENTO GRAFICO, PRODUZIONE E STAMPA AGAM - via R. Gandolfo, 8 - 12100 Madonna dell’Olmo (CN) tel. 0171.411.470 - fax 0171.411.714 - direzione@agam.it - www.agam.it FOTOGRAFIE: AFPT A. Vettoretti, Archivi delle ComunitĂ montane, Marco Bussone, Archivio IPLA, Luisa Grimaldi, Alessandro Lenzi, Costantino Sergi, Alessio Zemoz, Archivio della Compagnia delle Foreste. Disponibili a riconoscere eventuali e ulteriori diritti d’autore. Stampato su carta ecologica clorofree. Questo numero è stato chiuso in tipografia il 15 febbraio 2011 Poste Italiane S.p.A. – Sped. in Abb. Post. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nÂş 46) art. 1, comma 1, DCB/CN Registrazione Tribunale di Torino n. 5500 del 18.04.2001


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COMUNITÀ MONTANE

La porta semiaperta del futuro on per seguire la vulgata di tutto il Sistema Paese, ma anche la Montagna sente una profonda esigenza di cambiamento. Quando si risalgono le vallate, belle – in genere – ma senza impianti produttivi (non parlo degli antichi opifici ma delle moderne manifatture: turistiche, energetiche, agroforestali) si coglie ad occhio una mancanza di investimenti (e, conseguentemente di occupazione) che simboleggia, anche visivamente, il limite della collocazione riservata alle terre alte nell’economia del nostro Paese. Sarebbe elusivo dire che è tutta colpa dei governi, della politica o dell’ineludibile destino della montagna. Da presidente dell’Uncem Piemonte devo ammettere che c’è anche una collettiva responsabilità nostra che riguarda l’impostazione delle strategie adottate e proposte, il carattere delle battaglie, la qualità stessa delle aspirazioni. Per superare una realtà critica bisogna confidare nell’innovazione, nel cambiamento, rischiare certezze confortanti ma incompatibili con il rinnovamento, affron-

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tare una strada fatta di forti progettualità, ma non priva di rischi e di incertezza. Non si tratta della scelta omerica di “andare oltre le Colonne d’Ercole” ma di affrontare con la comunità regionale una nuova fase di confronti in cui, come Comunità, ci possiamo qualificare per la consistenza dei nostri progetti e non soltanto per la drammaticità dei nostri problemi. È un passaggio difficile, ma imprescindibile. Tutti, a parole, sono per il rinnovamento e tutti (i partiti, i movimenti, le istituzioni – non escluse quindi, le Comunità montane) sono compressi tra le aspirazioni al cambiamento e i legami con il proprio passato, con lo status quo, con le pretese – raramente innovatrici – della propria base sociale e molto frequentemente con la scarsità di immaginazione e l’invecchiamento di se stessi. Queste considerazioni servono a spiegare, in parte, una situazione stagnante che non si può ricondurre soltanto alla classica “mancanza di soldi” (una condizione che, tra l’altro, potrebbe anche aggravarsi), e che dobbiamo riu-

menscire a rimettere in movimenunaa to, ben sapendo che – è un ualnota legge della fisica – qualsiasi corpo richiede molta più oto energia per mettersi in moto che per rimanere fermo. Tutoletavia sarebbe puro autolesionismo (una categoria che nonn raramente scarseggia) no nte considerare positivamente il lavoro fin qui svolto e la ente forza propulsiva largamente itupresente nelle nostre istitumizioni e, quindi, le porte semitica aperte del futuro. La politica fase montana è entrata in una fase ivi: di incertezza per tanti motivi: gli svarioni politici della Lanori, zillotta e dei suoi successori, nità ni tà la difficoltà delle Comunità unmontane di assumere la funzione di Agenzie per

di Lido Riba

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Primo Piano

Premio Qualità Pubbliche Amministrazioni

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a Comunità montana Valli Orco e Soana è stata ammessa, a seguito di selezione (le domande di partecipazione erano 221), tra le 40 Amministrazioni finaliste della terza edizione del Premio Qualità Pubbliche Amministrazioni, promosso dal Ministro per le Riforme e l’innovazione nella P.A. – Dipartimento Funzione Pubblica in collaborazione con Confindustria, il Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti (CNCU), l’Associazione Premio Qualità Italia (APQI) e FormezPA.


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lo sviluppo del territorio, i problemi delle risorse umane, ma sopra tutte, campeggia una questione. Il conflitto dei nostri interessi con quelli dei grandi centri urbani. Faccio un solo esempio: noi “produciamo” l’acqua, sostenendone i costi e le città la vorrebbero utilizzare lesinando sui fondi da destinare alla “protezione delle fonti idriche”, cioè all’assetto idrogeologico della montagna. Il discorso vale anche per l’ambiente, le infrastrutture, i servizi. Questo conflitto di interessi è una delle grandi cause che frenano la disponibilità per l’assegnazione di fondi e per l’attività propria delle Comunità montane. Ed è la questione politica che ispira tutta la contrapposizione e a volte l’aggressività di una parte delle aree metropolitane e dei loro rappre-

sentanti contro la montagna. I dubbi sulle Comunità montane da parte di alcuni sindaci sono quasi sempre ispirati da personaggi e interessi esterni alla montagna, finalizzati a mantenere la divisione e perciò la debolezza dei nostri piccoli Comuni, a tutto vantaggio degli istinti dominanti dei grandi centri. Questo spiega anche alcuni atteggiamenti di esasperazione del municipalismo, di Comuni che pensano ancora a una aggregazione nelle deboli forme delle unioni, come alternativa (addirittura!) alle Comunità montane. Si devono rendere conto che l’autonomia dei Comuni si garantisce se contemporaneamente siamo in grado di assicurare un solido sviluppo e servizi adeguati a costi sostenibili. Cose che richiedono le capacità operative delle Comunità

montane di nuova generazione che si stanno realizzando. La Regione Piemonte – e di questo ancora ringrazio sentitamente a nome delle Terre Alte la Giunta e il Consiglio regionale (nelle sue componenti di maggioranza e di minoranza) – ha assicurato il finanziamento storico (nonostante la crisi finanziaria del Paese) alle Comunità, ma con l’impegno da parte nostra ad avviare un processo di riorganizzazione finalizzato a modernizzare la struttura dei costi, degli organici e delle prestazioni del nostro sistema comunitario. D’altra parte si tratta anche di dare continuità all’operazione di riforma avviata con la legge 16 del 2008. Penso sia una grande opportunità: la rimodulazione dei costi, il miglioramento del rapporto costi-benefici, l’in-

cremento di presenza e funzione delle Comunità sui territori, la stessa coesione tra gli enti locali, il coinvolgimento dei soggetti economici e delle istanze culturali, il reperimento di nuove risorse, si possono realizzare “spacchettando” e ricostituendo le storiche strutture e modalità operative delle Comunità, anche con il superamento delle prevedibili (e anche legittime, in qualche caso) resistenze. Le esigenze sono chiare: garantire servizi di qualità e produrre sviluppo economico. Tutto il resto è contorno. Sono questi gli obiettivi a cui, d’intesa con la Regione e le rappresentanze del personale, con i sindaci e i presidenti delle Comunità – a mio parere – è necessario che sia strettamente finalizzato il lavoro della nostra Delegazione.

L’Uncem Piemonte ha promosso un seminario operativo per i presidenti delle 22 Comunità montane piemontesi, venerdì 25 e sabato 26 marzo 2011. Un’occasione di confronto e studio sugli indirizzi di lavoro per l’anno in corso. Prima sessione dedicata alle energie e alle risorse del terrotorio (biomasse, idroelettrico, fotovoltaico); con il presidente nazionale dell’Uncem, l’analisi delle conseguenze del federalismo per i territori montani e per gli enti locali. Focus sui servizi associati e sulle attività delle Comuni nel settore forestale e idrogeologico. Spazio anche alla gestione finanziaria degli enti, per analizzare l’impostazione dei bilanci, le spese ordinarie e gli investimenti


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20 milioni

per lo sviluppo Nel bilancio regionale del 2011, inseriti 20 milioni per le Comunità montane. Un segnale forte da parte della Regione, che comporta un particolare impegno di presidenti e amministratori l 2011 delle Comunità montane del Piemonte è iniziato il 30 dicembre. Due giorni di anticipo. Perché quando mancavano meno di 30 ore alla conclusione del 2010, il Consiglio regionale del Piemonte ha dato il via libera al nuovo bilancio di previsione, in cui sono stati inseriti 20 milioni di euro destinati alle 22 Comunità montane piemontesi. Denaro che permetterà di coprire le spese per il perso-

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Elena Maccanti

“Abbiamo mantenuto o fede all’impegno preso nei molti incontri con l’Uncem e con i dipendenti delle Comunità montane”.

nale e di funzionamento, e le rate dei mutui. Una cifra analoga a quella stanziata nel 2010, cresciuta nella fase di discussione del bilancio in aula rispetto a una iniziale previsione. Un segnale forte, netto. Che comporta un preciso impegno da parte dei presidenti e degli amministratori nei 22 enti, profondamente soddisfatti del risultato raggiunto, assieme ai 480 dipendenti e ovviamente all’Uncem Piemonte. “È una cifra importante – affermano Lido Riba e Giovanni Francini, presidente e vicepresidente dell’Uncem Piemonte – che permette alle Comunità montane di poter lavorare per il territorio, garantire servizi ai cittadini e soprattutto costruire

lo sviluppo delle Terre Alte. Ma il segnale dato dalla Regione con questa cifra, nel 011, bilancio di previsione 2011, utto è significativo soprattutto nde perché conferma la grande ella e concreta attenzione della Giunta e del Consiglio regna gionale verso la montagna, che rappresenta oltre

Elena Maccanti

di Marco Bussone

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Primo Piano

Foto in alto: L’aula del Consiglio regionale del Piemonte

Giovanna Quaglia


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la metà del Piemonte con 22 Comunità montane e 553 Comuni montani”. “Nell’individuare i 20 milioni di euro per il finanziamento alle Comunità montane, è stato fondamentale il lavoro del presidente della Regione Piemonte Roberto Cota – proseguono Riba e Francini –, dell’assessore agli Enti Locali Elena Maccanti, dell’assessore al Bilancio Giovanna Quaglia e dell’assessore alla Montagna Roberto Ravello. A loro va il ringraziamento dell’Uncem e delle Comunità montane. Un grazie particolare va a tutta la Giunta e ai consiglieri regionali, con il presidente Valerio Cattaneo, che ne-

dimo gli ultimi mesi hanno dimope strato grande attenzione per le politiche della montagna, incontrando più volte l’Uncem, i presidenti e gli amministratori delle Comunità montane, i dipendenti e le

loro sigle sindacali. I gruppi di minoranza del Consiglio regionale, in particolare il presidente del Gruppo consigliare del Pd Aldo Reschigna, hanno dato un apporto importante e stimolato la Giunta in questi giorni di discussione sul bilancio, per trovare le risorse necessarie in grado di consentire il lavoro degli enti nel 2011”. Dopo un anno di lavoro intenso – il primo per i nuovi

presidenti delle 22 Comunità montane eletti da 7.500 amministratori il 7 novembre 2009 e con pieni poteri dal 1º gennaio 2011 – continua l’azione di sviluppo dei territori delle vallate alpine e appenniniche piemontesi. “Il tavolo di confronto aperto nell’ultimo semestre con la Regione – evidenziano il presidente e il vicepresidente dell’Uncem – siamo certi possa essere sempre più effi-

Valerio Cattaneo

Aldo Reschigna

Roberto Ravello

Lido Riba

“Un lavoro intenso,, fatto con i sindacati dei dipendenti e con tutto il Consiglio regionale”

cace, per trovare nuove soluzioni di sviluppo, individuare politiche per il rafforzamento delle competenze, dei servizi e per la valorizzazione delle risorse, analizzando i problemi e le sfide poste dal territorio”. Per la prima volta, la Regione inizia così l’anno con un bilancio di previsione approvato. Il presidente del Consiglio regionale, Valerio Cattaneo, non ha dubbi. L’approvazione, il 30 dicembre 2010 del documento finanziario, è stato licenziato a maggioranza da parte dell’Assemblea di Palazzo Lascaris (26 sì, 14 no dell’opposizione e 2 astensioni del Cdu). “Credo sia il miglior augurio che si potesse fare ai piemontesi per il 2011 – afferma Cattaneo –. Dal Consiglio, sia dalla maggioranza che dall’opposizione, è venuto un gesto di


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L’impegno dei sindacati dei lavoratori

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ita alle Comunità montane”. Quando il 5 dicembre davanti al Palazzo del Consiglio regionale, in via Alfieri a Torino, i dipendenti hanno srotolato lo striscione con questa scritta, il loro futuro era ancora in bilico. Appeso allo stanziamento per gli enti in cui lavorano, dove mettono le loro idee sul tavolo confrontandosi con gli amministratori e i presidenti. E le concretizzano. Sono scesi in piazza due volte, con i loro sindacati, le sezioni della “funzione pubblica” di Cgil, Cisl e Uil. Il 5 e il 22 dicembre, hanno portato davanti a Palazzo Lascaris le loro istanze e sono stati ricevuti dai Consiglieri regionali, guidati dal presidente Valerio Cattaneo. “Esprimiamo, come sindacato – spiegano Luca Quagliotti e Roberto Loiacono a nome delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil – la nostra grande soddisfazione per aver contribuito a salvare

responsabilità che permette di utilizzare fin da subito le risorse disponibili, in modo tempestivo ed efficiente, dando risposte adeguate alle

esigenze dei lavoratori, delle famiglie, delle imprese e delle associazioni”. “Chiudiamo l’epoca dei bilanci carrozzone e approviamo

480 48 posti di lavoro nelle Comunità montane. OtCo tenuta la certezza del fite nanziamento per l’anno na 2011, è ora necessario 20 ridefi rid nire ruoli, compiti e funzioni delle comunità ni montane. È fondamentale, inoltre, deda finire fin un meccanismo certo ce di finanziamento, al fine di evitare in futuro tu nuove situazioni di diffi di coltà, che potrebbero avere risultati diversi da quelli oggi ottenuti”. Anche dai sindacati dei A lavoratori, l’attesa della la convocazione di un taco volo vo di lavoro, “così come promesso dagli assessori, al fine di iniziare la discussione sui futuri assetti istituzionali delle comunità montane”. “Ci auguriamo – proseguono Quagliotti e Loiacono – che il tavolo di lavoro si svolga in un’unica sessione, in modo che tutti gli “attori” della discussione possano portare il proprio contributo, nell’interesse delle comunità montane, dei cittadini e dei lavoratori”.

un documento più snello, con fondi realmente accertati, basato su una politica di risparmio che ci permette di rispondere a tutti gli

impegni presi”, gli fa eco il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota. “Questo risultato – aggiunge Cota – è frutto di un grande lavoro: abbiamo in mano u strumento innovativo, uno c concreto e basato sulle reali e esigenze del Piemonte. L’int tesa procedurale raggiunta c l’opposizione ha evitacon t la presentazione del maxito e emendamento e ha aperto un d dialogo di approfondimento s alcuni temi, in primis la su r riduzione dell’indebitament che questa Giunta to N Nelle foto, due momenti delle dipendenti manifestazioni dei dipendent m montane, con ddelle Comunità montane presidenti e amministratori, davanti al Consiglio regionale del Piemonte, a Torino


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I sindacalisti di Cisl, Cgil e Uil che hanno promosso le manifestazioni

si prefigge, in prospettiva, come un obiettivo preciso e condiviso con l’Assemblea. È stato un bel modo di approvare il documento più importante della Regione”. Profondo l’impegno nel reperimento delle risorse per le Comunità montane, da parte dell’assessore agli Enti locali Elena Maccanti. “Con un totale di venti milioni di euro a favore delle Comunità Montane dimostriamo che la Giunta Cota mantiene tutti gli impegni presi e lavora concretamente per il futuro della montagna piemontese”, afferma. “Come più volte annunciato, in fase di discussione del bilancio

– aggiunge Maccanti – abbiamo accolto le molte sollecitazioni e mantenuto fede all’impegno preso nei molti incontri con l’Uncem e con i dipendenti delle Comunità montane. Così, passando dalle parole ai fatti, diamo un segnale tangibile del fatto che abbiamo a cuore il futuro delle Comunità montane. Per questo motivo mi auguro di proseguire lungo la strada del confronto aperto per avviare il processo di riforma cui siamo chiamati. Ci sono tutti i presupposti per fare un buon lavoro, per cogliere appieno le opportunità che la riforma nazionale può consentire. Già dal prossimo mese di genna-

i voglio aprire il confronto io ccon le organizzazioni sindaccali e continuare il dialogo ccon le autonomie locali in ssede di Commissione”. D Dai banchi del centrosinisstra, Aldo Reschigna eviddenzia il ruolo della minorranza nell’assegnazione dei ffondi alle Comunità monttane. “Grazie alla nostra ccaparbia azione sono state aapprovate alcune delle nosstre proposte, tra cui l’aum mento risorse per le Comunnità montane – sottolinea R Reschigna, capogruppo del P Partito Democratico –. Ci sembra un buon risultato, un segno di attenzione nei confronti delle richieste che venivano da settori consistenti della regione e che rischiavano di non trovare soddisfazione in questo bilancio”. Uscire dalla crisi economi-

ca è uno dei grandi punti fermi del bilancio. Lo conferma l’assessore Giovanna Quaglia. La montagna è per Cota e per la Giunta un punto fermo. “Con grande impegno – spiega l’assessore Quaglia – abbiamo stanziato risorse aggiuntive per l’università, per la montagna, per la sicurezza, per l’occupazione, per l’edilizia sociale e per i trasporti. Risorse che corrispondono a promesse mantenute nonostante le molte difficoltà dovute alle contrazioni di trasferimenti statali e comunitari. Vogliamo accendere con questa misura il motore del Piemonte attraverso una politica di investimenti che aiuti concretamente la nostra Regione ad uscire da un difficile momento di crisi economica”.

Giunte riunite in via Alfieri


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Mai così lontana Roma dimentica le Terre Alte. E il “federalismo municipale” è il grande incubo dei piccoli Comuni na lontanza che fa male. E che lascia sconcertati. Roma non è mai stata così distante dalla montagna. Non solo la scure del “federalismo municipale”, con i rischi per i piccoli Comuni fortemente penalizzati rispetto ai grandi centri e l’aumento dei divario tra municipalità “ricche” – di turismo, di mercato immobiliare, di residenti con redditi “importanti” – e quelle “povere”, dove “non nevica firmato”. Dopo aver “cancellato” le Comunità montane, confermandole materia di competenza regionale su spinta della Corte Costituzionale, Roma abbandona anche i Comuni. I più piccoli ovviamente. Perché per il riparto del fondo nazionale per la montagna – previsto sino allo scorso anno per le Comunità montane e oggi diviso tra i Comuni – è stato scelto il criterio più assurdo per le Terre Alte, la popolazione. Solo il numero di abitanti. Gli effetti sono immaginabili. I grandi Comuni dei fondo valle ricevono gran parte delle risorse e i piccoli centri delle vallate alpine e appenniniche, le briciole. Pochi spiccioli.

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Le briciole alle Terre Alte Il fondo nazionale di 16 milioni di euro rappresenta il 30 per cento del “fondo ordinario per le Comunità montane”, eliminato dalla legge finanziaria 2010 (la 191 del 23 dicembre 2009) che il Ministero ha scelto di ripartire ai Comuni montani. E così, finisce che in cima alla classifica ci siano Pinerolo (Comune che non si trova più in Comunità montana) che riceve 45.356,68 euro, Domodossola con 23.724,40 euro, Giaveno con 20.775,30 e Omegna, con 20.703,03 euro. Tutti grandi centri, città di grandi dimensioni. E i piccoli Comuni delle Terre Alte, con pochi abitanti, grande dispersione territoriale, molte frazioni, sovracosti nell’organizzazione dei servizi per i residenti? Tutti in fondo alla classifica, con cifre che fanno sorridere. Per Cervatto ci sono solo 68,4 euro, per Briga Alta 61,01 euro, per Moncenisio 58,08 euro, e infine per Ingria, “maglia nera” secondo il Ministero dell’Interno, 57,49 euro.

lla“Gli effetti della “cancellazione” delle Comunità montane nei palazzi romani del potere, sono devastanti. Somuno sempre i piccoli Comuni – afferma Lido Riba – a farne le spese. Piallaree la montagna, politicamentee ed rroeconomicamente, è un erroresi re in cui cadono tutti”. “Presi sta” alla sprovvista dalla “Casta” timi di Rizzo e Stella, gli ultimi governi hanno cercato dii risolvere tutti i problemi deltiva la macchina amministrativa muitaliana, togliendo le Comuome nità montane additate come ello fulcro della spesa e dello blisperpero del denaro pubblier il co e dunque dannose per sistema – prosegue –. Doorte po due sentenze della Corte Costituzionale, che ne impedivano l’eliminazione dai tavoli dei palazzi romani, la materia è stata demandata alle singole Regioni. Ma lo Stato ha eliminato il fondo Montagna. E la suddivisione di una parte di quei fondi, è priva di criterio. Manca cioè la consapevolezza dei bisogni delle Terre Alte e dei piccoli Comuni in cui sopravvive un modello di socialità, di cultura e di organizzazione amministrativa di-

di Davide Micheletti

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Primo Piano

Luca Gosso


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verso ddalla ll pianura, i da comprendere e sostenere con strumenti differenti. Le Comunità montane sono, qui in Piemonte, la chiave di volta indispensabile per garantire alle Terre Alte servizi e strumenti grazie ai quali sopravvivere, creando sviluppo a partire dalle ricchezze del territorio. Lo ha compreso bene la Regione Piemonte che nel bilancio ha previsto 20 milioni di euro per garantire la sopravvivenza e naturalmente la crescita degli enti. Un sostegno concreto alla montagna. Nato non certo con i criteri di questo ennesimo provvedimento statale improvvisato”.

L’incubo del federalismo È determinato e non si fermerà tanto in fretta, Luca Gosso. Da alcuni mesi, è alla guida dei sindaci che non ci stanno con le assurde regole del “federalismo municipale”, l’incubo degli amministratori, ma anche cittadini, che rischiano di vedersi tagliare i servizi e aumentare le tasse direttamente dai Comuni, su

R bb scaricare i cuii Roma vorrebbe tutte le responsabilità. Con il loro Movimento, i sindaci hanno lanciato l’allarme. Secondo i loro calcoli e quelli dell’Uncem Piemonte – ripresi da tutti i quotidiani e

i li llocali li piemontesi i t i giornali – senza gli adeguati correttivi, il “federalismo” penalizzerà 400 Comuni montani piemontesi, che vedranno diminuire sensibilmente le “entrate” con i nuovi siste-

I dati

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econdo i calcoli fatti dall’Uncem Piemonte, sulla base delle tabelle Copaff, con la stima del gettito dalle tasse che sostituiranno i trasferimenti, confrontati con i trasferimenti ai Comuni nel 2010, emergono delle differenze profonde e drammatiche tra i Comuni. Eccone una sintesi, Provincia per Provincia, con i casi più emblematici, ai due estremi. In Provincia di Alessandria, 48 Comuni montani con saldo entrate negativo, 12 con saldo positivo: +135% per Ponzone, -69% per Merana. In Provincia di Asti, 16 Comuni con saldo entrate negativo, nessuno con saldo positivo: -92% per Olmo Gentile. In Provincia di Biella, 57 con saldo entrate negativo, 3 con saldo positivo: +26% per Quaregna, -78% per Ternengo. In Provincia di Cuneo, 122 con saldo entrate negativo, 33 Comuni con saldo positivo: +646% per Limone Piemonte, -96% per Elva. In Provincia di Novara, 2 Comuni con saldo entrate negativo, 6 con saldo positivo: +123% per Massino Visconti, -24% per Armeno. In Provincia di Torino, 97 con saldo entrate negativo, 50 con saldo positivo: +808% per Bardonecchia, -83% per Ingria. In Provincia di Verbania, 50 con saldo entrate negativo, 25 Comuni montani con saldo positivo: +380% per Stresa, -92% per Seppiana. In Provincia di Vercelli, 17 Comuni montani con saldo entrate negativo, 13 con saldo positivo: +360% per Scopello, -78% per Sabbia.

m mi di imposte per i cittadini, pprevisti dal 2014, quando lo Stato azzererà i trasferimenti aai Comuni. Solo 142 Comuni ddelle Terre Alte avrebbero un aaumento delle entrate: si trattta per lo più di Comuni turistici e città. Per tutti gli altri (in particolare piccolissimi ccentri, senza particolare svilluppo turistico, senza movim menti immobiliari), il dramm ma, con vuoti che arrivano aanche a 95 punti percentuali iin negativo, rispetto ai trasferimenti del 2010. “Un incubo – spiega Lido Riba, presidente dell’Uncem Piemonte –. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte a una situazione drammatica, con un federalismo che tralascia oogni specificità del territorio m montano”. Occorre prevedere che i coO m muni montani possano far lleva su meccanismi di comppartecipazione legati al vallore delle risorse naturali m montane. “Lo chiediamo da aanni – sottolinea il presidente ddell’Uncem – è il diritto allo ssviluppo con le nostre risorsse. L’articolo 44 della Costittuzione italiana prevede missure specifiche per i territori m montani. Chiediamo di ved riconosciuto il nostro dider r ritto allo sviluppo, attravers la compartecipazione deii so C Comuni e delle Comunitàà m montane agli utili di quantoo i territorio offre e produce. il A partire dall’acqua. A front di un gettito annuo di un te m miliardo di euro, al territorio r ritornano, con il meccanismo d sovracanoni, 16 milioni dei d euro. Assurdo. Questo di n consente sviluppo, ma non è sinonimo di colonizzazio-


ne e sfruttamento. Non è più sopportabile. Serve un cambio di rotta. Se si permette ai Comuni di gestire con efficacia le risorse del territorio montano, non sarà necessario nessun fondo statale perequativo per colmare i buchi enormi del federalismo municipale”. “Il Governo ha ancora nella fase dello studio un federalismo che si realizzerà soltanto nel 2014. Il problema è arrivarci”, afferma il sindaco di Busca Luca Gosso. “Lo Stato continua a succhiare risorse alle autonomie locali, le quali sono le più vicine ai cittadini, nei confronti dei quali sono costrette a fornire sempre meno servizi. I nostri concittadini si chiedono, giustamente, in quali rivoli misteriosi finiscano i gettiti delle tasse, mentre noi sindaci siamo costretti a ridurre i servizi: nel sociale, nella manutenzione di strade e piazze e persino nello sgombero della neve. I sacrifici che stanno sopportando gli enti locali sono enormi mentre le spese per i ministeri sono sempre in rialzo”. E Roma sempre più lontana.

Insediato il Gruppo Amici della Montagna

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i è insediato il 15 febbraio a Palazzo Lascaris – per la IX legislatura – il Gruppo Amici della Montagna del Consiglio regionale del Piemonte, formazione trasversale composta da assessori e consiglieri regionali di maggioranza e di minoranza interessati alla valorizzazione della montagna. Alla cerimonia – presieduta dal presidente uscente, il consigliere segretario Gianfranco Novero – sono stati eletti presidente il consigliere Michele Marinello (Lega Nord) e vicepresidenti i consiglieri Gian Luca Vignale (PdL) e Mino Taricco (PD). Sono intervenuti il presidente e il vicepresidente nazionali del Cai Umberto Martini ed Ettore Borsetti e il presidente del Cai Piemonte Gino Geninatti. Scopo del Gruppo – che è finora unico in Italia – è promuovere e sensibilizzare l’azione legislativa per valorizzare la montagna piemontese in relazione alle altre aree montane del Paese e dell’Europa e favorire lo svi-

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luppo sostenibile. “È un onore presiedere l’associazione – ha dichiarato il neo presidente Marinello – che si pone quale obiettivo la tutela e la valorizzazione della montagna e delle sue peculiarità nei processi legislativi regionali”. Sono 37 fra Consiglieri Regionali ed Assessori Regionali i componenti dell’associazione a dimostrazione della grande attenzione nei confronti delle Terre Alte. “Dovremo fare lobby in maniera propositiva – ha concluso Marinello – affinché le ragioni della montagna vengano tenute in considerazione negli strumenti normativi che il Consiglio si troverà ad adottare: accantonando le divisioni politiche dovremo saper lavorare tutti insieme nell’interesse della montagna e della sua gente”. Fanno parte del Gruppo amici della Montagna il presidente e il vicepresidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo e Riccardo Molinari, i consiglieri Lorenzo Leardi, Roberto Tentoni, Giampiero Leo, Massimiliano Motta, Daniele Cantore, Alberto Cortopassi,

Michele Marinello

Rosa Anna Costa, Cristiano Bussola (PdL), Mario Carossa, Antonello Angeleri, Roberto De Magistris, Paolo Tiramani, Federico Gregorio, Gianfranco Novero (Lega Nord), Nino Boeti, Gianna Pentenero, Rocchino Muliere, Giuliana Manica, Wilmer Ronzani, Aldo Reschigna (PD), Tullio Ponso, Luigi Cursio, Andrea Buquicchio (IdV), Alberto Goffi, Giovanni Negro (UDC), Mercedes Bresso (Uniti per Bresso), Andrea Stara (Insieme per Bresso) e gli assessori Ugo Cavallera, Claudia Porchietto, Elena Maccanti, Claudio Sacchetto, Barbara Bonino.

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Quale agricoltura per la montagna? Mancanza di infrastrutture e di servizi indispensabili sia per l’uomo, sia per le imprese. È la denuncia di tutti coloro che quotidianamente si devono confrontare con la scelta di vivere in montagna come agricoltori di Chiara Genisio

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Primo Piano

Claudio Sacchetto

l 15 per cento del Pil nazionale è prodotto dal settore agroalimentare. 170mila le aziende che operano in questo ambito, soprattutto di piccole dimensioni e a carattere famigliare. Oltre un milione gli addetti, in calo di quasi il 35%, negli ultimi anni, il reddito procapite. A fronte di costi di gestione per la conduzione delle aziende sempre più elevati. Una fotografia più precisa sarà disponibile tra qualche mese quando sarà pronto il sesto censimento sul mondo agricolo che sta realizzando l’Istat. In un quadro italiano che presenta luci e ombre qual è lo

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Vittorio Viora

stato di salute dell’agricoltura sul suolo montano piemontese? Quali le prospettive? Le priorità, le carenze e le eccellenze? Innanzitutto è opinione condivisa che l’agricoltura montana ha una peculiarità che la differenzia in modo sostanziale da quella praticata in pianura. Necessita di attenzioni, di iniziative e di risorse speciali. Ma può avere ritorni interessanti anche dal punto di vista economico e di salvaguardia dell’eco-sistema. “In passato – sottolinea l’assessore regionale all’Agricoltura Claudio Sacchetto – la politica agricola in montagna non è stata affrontata con la giusta considerazione, è stato fatto troppo poco. La nostra giunta – anticipa – intende operare per garantire la necessaria attenzione al comparto, perché riteniamo importantissimo sanare le debolezze delle nostre montagne, impegnandoci in modo costante, porgendo maggiore attenzione e disponibilità”. In concreto l’azione dell’assessorato si muove su vari fronti.“In primo luogo – continua l’Asses-

sore – ci stiamo impegnando per la realizzazione e l’attuazione della futura Pac (Politica agricola comune) fino al 2020 destinata alla coltivazione sulle terre alte”. Un impegno esplicato in accordo con le altre regioni dell’arco alpino attraverso sollecitazioni nei confronti dell’Unione europea. Un progetto che prevede una serie di proposte, e che coinvolge varie regioni e aree alpine, in particolare, oltre al Piemonte, la Valle d’Aosta, la Baviera, il Friuli Venezia Giulia, l’Alto Adige, il Tirolo, il Trentino, Voralberg, Baden-Württemberg, Salisburgo, Lombardia e Slovenia. Tra i numerosi ambiti toccati dalla pianificazione, risaltano tra gli altri la richiesta, per le zone di montagna, di un innalzamento del livello massimo di finanziamento rispetto l’attuale, pari a 250 euro per ettaro, la maggiorazione del 100% del premio base per i primi 5 ettari per le aziende montane, la concessione di un premio accoppiato per l’allevamento dei ruminanti e la gestione in modo


Il Salone della nuova agricoltura al Lingotto Fiere-Oval

A flessibile di questi pagamenti da parte delle regioni. In particolare sono targate made in Piemonte alcune precisazioni presentate dall’assessore Sacchetto. “Primo, – annota – al condivisibile innalzamento del livello massimo di finanziamento, nei confronti delle zone di montagna, va affiancato un corrispondente incremento del budget, altrimenti la modifica introdotta risulterebbe solo virtuale. In seconda istanza, quando si parla di “pacchetto di misure malghe: un contributo per la costruzione di strade d’accesso e di servizio delle malghe ed il miglioramento ed adeguamento delle strutture in alpeggio”, è necessario specificare la possibilità di ammettere al finanziamento anche gli enti pubblici, opzione, questa, in alcuni casi rigettata dai servizi della Commissione nell’attuale periodo di programmazione, questo perché in Piemonte molte malghe sono di proprietà pubblica”. Inoltre la Regione ha avviato uno studio approfondito per la realizzazione di una misura del bando Health check, a misura di montagna. Resta difficile però riuscire a trovare dati certi sui fondi destinati dalla Regione alla voce agricoltura montana. Pur destinando risorse attraverso varie misure. Mancanza di infrastrutture e di servizi indispensabili sia per l’uomo, sia per le imprese. Una denuncia pronunciata a voce alta da tutti coloro che quotidianamente si devono confrontare con la scelta di rimanere in montagna come agricoltori.

mbiente, innovazione, qualità. Questo il filo conduttore della tre giorni che si terrà a Torino in autunno al Lingotto Fiere-Oval. Campus, il Salone della nuova agricoltura, è un appuntamento strategico per aziende agricole, è un evento professionale, biennale, in cui vengono presentati esempi di integrazione tra vivibilità, sostenibilità, nuove tecnologie, macchinari, sistemi di produzione e figure professionali. Un Salone dove si potranno sperimentare d l h organize incontrare casi di eccellenza che h hanno adottato con successo innovazioni tecnologiche, zative e gestionali. Si diventa così protagonisti e non solo spettatori. Gli operatori del settore troveranno stimoli per migliorare la propria attività, la qualità della vita, e per far crescere la produttività. Workshop, seminari, convegni sui grandi temi del mercato, della sostenibilità e della crescita imprenditoriale agricola si svilupperanno lungo le tre giornate. Obiettivo di Campus è anche quello di incentivare lo svuiluppo eonomico di un territorio profondamente agricolo, favorendo gli scambi di conoscenze, innovazioni, progettualità e professionalità per la creazione di programmi e strategie di cooperazione transfrontaliere. Produzione, lavorazioni, distribuzione, agri-energie, servizi, paesaggio: sono alcuni dei filoni di confronto per chi interverrà al Salone. Campus è organizzato da Gl eventi in collaborazione con la Regione Piemonte.

Servizi di base carenti, come quelli di posta, di viabilità o il piccolo negozio di alimentari. La montagna paga la mancanza complessiva di logistica in termini di abbandono e di delocalizzazione delle imprese e di settori portanti per alcune aree. “In questo contesto l’imprenditore agricolo soffre maggiormente – sostiene Vittorio Viora, presidente di Confagricoltura Torino – anche perché non può certamente delocalizzare la sua azienda oppure operare sul contenimento dei costi e del personale. Spesso le aziende sono a conduzione famigliare e per far fronte all’aumento dei costi vengono aumentate le ore di lavoro, ma, nonostante questo, i conti non tornano. L’impegno giornaliero dell’agricoltore di montagna non viene riconosciuto anche in termini di apporto indiretto che dà

alla collettività. Che cosa accadrebbe se i nostri agricoltori non curassero più il bosco, se non eseguissero più lo sfalcio dei terreni, se non regimassero le acque?” In effetti le sciagure provocate da dissesti ambientali, da frane e smottamenti dimostrano come il territorio debba essere gestito e, per evidenti ragioni, lo deve essere ancor più in montagna. Ma gli agricoltori della montagna non vogliono l’elemosina, chiedono di essere messi nelle condizioni di poter operare. Il presidente di Confagricoltura Torino, però, crede che non sia corretto guardare al settore agricolo di montagna esclusivamente come un comparto a sé stante: “Sicuramente ci sono problemi specifici da affrontare, – afferma – tuttavia l’agricoltura regionale va considerata nel suo complesso, con una visione d’insie-

me in grado di fare emergere criticità ed elementi positivi, ma non relegando il settore di montagna a una mera nicchia da salvaguardare. Quindi sì a quelle agevolazioni che evitano l’abbandono di certe aree, ma sì anche ad un’agricoltura di qualità capace di confrontarsi con gli altri settori produttivi e con le produzioni straniere” . La “marginalizzazione”, cioè quando il processo per cui i prezzi di mercato dei beni prodotti non sono più remunerativi rispetto ai costi, porta spesso all’abbandono di una data area.“Molte di queste zone in Piemonte – sostiene ancora Viora – sono localizzate nell’intero territorio montano e in parte nelle zone di collina. La conformazione fisica del territorio montano e collinare, nel suo complesso, ostacola la formazione di una maglia poderale

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Bruno Rivarossa

Roberto Ercole

adeguata. Inoltre aumenta il lavoro necessario e i costi legati alla creazione e manutenzione della rete delle infrastrutture rurali, come l’irrigazione, la viabilità e l’elettrificazione”. Agricoltura in montagna non è solo difficoltà, fatica, abbandono. Agricoltura in montagna è eccellenza, salvaguardia, cultura, futuro. Ne sono un esempio gli 11 presidi slow food su 45 presenti in tutto l’arco alpino (oltre al Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria). Presidi che sono esempi concreti e virtuosi di un nuovo modello di agricoltura, basata sulla qualità, sul recupero dei saperi e delle tecniche produttive tradizionali, sul rispetto delle stagioni. Realtà che hanno l’obiettivo di salvare i prodotti buoni, cioè di alta qualità e radicati nella cultura del territorio, prodotti puliti ottenuti con tecniche sostenibili e realizzati in condizioni di lavoro rispettose delle persone. “Sono esperienze – sottolinea Raffaella Ponzio, responsabile Presidi Slow Food – che rafforzano le economie locali e favoriscono la costituzione di

un’alleanza forte tra chi produce e chi consuma. È molto importante stimolare attività di qualità delle piccole aziende agricole, pur nella consapevolezza che è una scelta di vita non facile. Ma si devono compiere tutte le scelte necessarie affinché non diventi troppo difficile”.

Meno burocrazia più servizi Lo sviluppo dell’agricoltura in montagna è anche il frutto di meno burocrazia e servizi essenziali garantiti. A pensarla così è Bruno Rivarossa, presidente regionale della Coldiretti. “Non siamo alla disperazione – ci tiene innanzitutto a precisare – ma contributi che ci vengono versati in ritardo, scarsa attenzione ai bisogni dell’uomo, (perché prima che agricoltori si è persone), rendono spesso non agevole operare nelle terre alte. Senza dimenticare che per molti mesi all’anno si rischia di vivere isolati. Condizioni che possono spingere i giovani ad abbandonare la montagna”. Anche se ci sono delle esperienze di eccellenza e “sempre di più chi è rimasto lavora in modo imprendito-

riale”. Rivarossa rimarca che gli agricoltori montani, come gli allevatori svolgono un ruolo fondamentale di tutela del territorio che “dovrebbe essere a carico di tutta la collettività regionale e non pesare solo sulle spalle di chi ha deciso di non abbandonare la propria terra”. Da parte della Coldiretti negli anni sono stati sviluppati progetti, iniziative a sostegno dei propri associati “montanari”. Un esempio positivo è senza dubbio la Valberbe che, nelle vallate alpine adiacenti al Monviso in un’altitudine compresa tra i 500 e i 1500 metri sul livello del mare, coltiva, essica e confeziona le proprie tisane con impianti tecnologicamente avanzati. Se a prima vista il turismo e lo “sfruttamento dell’acqua” possono sembrare più redditizi, il valore della coltivazione delle pendici alpine ha nel tempo un valore molto più prezioso in termini di risparmio per i danni causati dall’abbandono e dall’incuria. Senza giri di parole Ercole Roberto, presidente regionale Cia afferma: “Il problema vero è che le attività agricole più redditizie sono in pianura. Ma è anche vero che metà del Piemonte è montano. Quindi auspichiamo che sempre di più vengano realizzati progetti ad hoc per la montagna. Perché fino ad ora è stata poco sostenuta. Manca del tutto una politica agraria montana, ci sono pochi strumenti”. Propone “indennità per chi sceglie di rimanere a vivere a coltivare sulle Alpi”, chiede la “salvaguardia dei prodotti tipici e di qualità”, anche per-

ché “in montagna si produce poco ma di alto livello” e poi richiama tutti a non dimenticare mai che “senza gli agricoltori la montagna trascurata e abbandonata diventerà un problema generale, anche per i valligiani”. Suggerisce ancora di “dare contributi al di là degli ettari posseduti, ma legati ad incentivazioni per rimanere”. E anche lui insiste sull’esigenza fondamentale di garantire servizi primari, da quelli sociali alla banda larga “per non rimanere isolati”. Un poco sconsolato sottolinea il giro vizioso per cui “poco reddito equivale a poca considerazione, quindi a pochi servizi”. Ma non si arrende e allora immagina risposte ed azioni per il rilancio che partano anche “da più tecnologia” e l’offerta di “aiuti e prospettive concrete di crescita in modo da richiamare e incentivare i giovani a ripopolare le zone montane”. Ha le idee chiare Mino Taricco, un passato lontano da agricoltore e recente da assessore regionale all’Agricoltura. Niente pessimismo, cosciente delle difficoltà che colpisce questo settore, snocciola con passione iniziative, progetti, idee, azioni concrete realizzate o avviate durante il suo mandato. Insiste sulla qualità e cita il progetto Agriqualità (che l’attuale giunta sta proseguendo) che prevede l’avvio del nuovo sistema di certificazione dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali, dei prodotti da pratiche di lotta integrata, di quelli OGM Free e dei prodotti delle Terre Alte e dei parchi.


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La voce degli enti locali nel Cal Istituito nel 2006, il Consiglio delle autonomie locali sarà operativo entro la primavera del 2011: è questo l’impegno del Presidente Cattaneo mprenditore nel settore turistico e giornalista, Valerio Cattaneo, 45 anni, è Presidente del Consiglio regionale del Piemonte. È stato eletto ad inizio della legislatura il 3 maggio di quest’anno, ma faceva già parte dell’Assemblea regionale dal 2000. In precedenza è stato consigliere comunale di Verbania ed assessore della Provincia del Vco. Nel ’94 ha aderito a Forza Italia e quindi al Pdl ed ha ricoperto vari incarichi di partito. È stato anche vicepresidente di Finpiemonte oltre che amministratore di varie società pubbliche e private. Quale Presidente del Consiglio regionale è chiamato a svolgere un ruolo di primaria importanza per il funzionamento del CAL, il consiglio delle autonomie locali. Gli abbiamo rivolto alcune domande proprio su questo argomento. Presidente Cattaneo, nel suo discorso d’insediamento ha voluto dedicare uno spazio proprio al Consiglio delle autonomie locali. Perché?

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Valerio Cattaneo

Ho preso l’impegno di attivare il Cal entro il primo anno di legislatura, cioè entro la primavera del 2011. In

effetti, partendo dalla previsione costituzionale a seguito della riforma del Titolo V, l’inserimento nel nuovo Statuto regionale entrato in vigore nel 2005, e la legge attuativa del 2006, sono passati quasi dieci anni senza che si sia riusciti a far partire concretamente questo organismo. Mi pare che ora ci siano tutte le condizioni e anche la necessità per farlo. Non si tratterà dell’ennesimo “carrozzone”? Niente affatto, perché penso a un organismo con un’operatività snella. Ma

di Luigi Piccitto

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Primo Piano

I compiti del Cal

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on la legge n. 30 del 7 agosto 2006 la Regione Piemonte ha istituito il Consiglio regionale delle autonomie locali (Cal), dando attuazione alle disposizioni previste dall’articolo 123, ultimo comma della Costituzione, e 88 e 89 dello Statuto. Nasce così il principale organo di consultazione tra Regione ed enti locali, che si pone come finalità la costruzione di un confronto tra le istituzioni, come organismo rappresentativo di tutti gli enti locali nella Regione. Il Cal inoltre esprime parere obbligatorio sui progetti di legge e sulle proposte di regolamento relativi a materie che riguardano gli enti locali, prevede il conferimento e l’esercizio delle funzioni amministrative. Esprime parere sulle proposte di bilancio e sugli atti di indirizzo e di programmazione della Regione. Ha facoltà di presentare osservazioni sui progetti di legge depositati in Consiglio regionale. Inoltre può richiedere alla Commissione di garanzia di pronunciarsi sulla conformità delle leggi regionali allo Statuto e designa un componente della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti; infine, esprime parere in merito all’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti di Comuni e Province.


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Insediata la “Consulta delle elette”

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l 4 febbraio, si è insediata la “Cosulta delle elette del Piemonte”; l’ufficio di presidenza ha eletto presidente Giuliana Manica e vicepresidenti Elena Maccanti e Rosanna Valle. Nell’ufficio di presidenza dell’organo consultivo, siedono anche cinque rappresentanti nominate dall’Uncem Piemonte: Dora Perotto (Comune di Brondello, Cn), Paola Suppo (Comune di Condove, To), Roberta Daglio (Comune di Cabella Ligure, Al), Piera Papa Bruna (Comune di Formazza, Vb), Maria Grazia Rosazza Gianin (Comune di Rosazza, Bi). L’insediamento è stato convo-

cato dal presidente del Consiglio regionale, Valerio Cattaneo, che ha richiamato “l’importanza del ruolo svolto dalla Consulta delle Elette per garantire la rappresentatività della componente femminile nelle istituzioni. Si tratta di un ambito in cui si esprime l’impegno di tutti, senza distinzione politica”. Il consigliere Gianfranco Novero, delegato ai rapporti con la Consulta ha ribadito l’impegno del suo ruolo. “Sono chiamato a supportare la Consulta in modo da proseguire proficuamente il lavoro già avviato e che sta dimostrando i suoi frutti. I dati, sia a livello locale sia nazionale, dimostrano che le donne stanno conquistando

sempre più i voti e il sostegno dei cittadini”. È intervenuta l’assessore alle Pari opportunità, Giovanna Quaglia, che ha sottolineato la necessità di “lavorare insieme per promuovere la rappresentatività femminile, che in molti settori lavorativi non risulta adeguatamente valorizzata, anche a livello economico”. Presenti all’insediamento anche i consiglieri Eleonora Artesio, Rosa Anna Costa, Michele Giovine, Giuliana Manica, Giovanna Pentenero e Rosanna Valle. La Consulta, istituita con legge regionale nel 1996, ha lo scopo di promuovere e valorizzare la presenza delle donne nelle istituzioni elettive e nella vita

politica. I suoi organi statutari sono l’Ufficio di presidenza e l’Assemblea. L’Assemblea delle Elette è formata dalle consigliere elette nelle assemblee elettive di primo grado del Piemonte (consiglio regionale, consigli provinciali, consigli comunali e consigli circoscrizionali) nonché dalle amministratrici nominate nelle Giunte degli enti locali del Piemonte. Fanno altresì parte dell’Assemblea, le parlamentari nazionali ed europee elette nelle circoscrizioni relative al Piemonte, le consigliere regionali e provinciali di parità, le presidenti delle commissioni pari opportunità e delle consulte femminili.

l’impellente necessità di istituire il Cal è legata all’attuazione del federalismo fiscale. Entro pochi mesi il governo completerà

i decreti attuativi, quindi la parola passerà alle Regioni e al sistema di enti locali, che devono cercare di dialogare nel momento in cui

i provvedimenti di legge nascono, cioè nelle assemblee consiliari. Non dimentichiamoci, infatti, che tutte le norme di bilancio, relative alla revisione del sistema fiscale regionale e locale, devono essere varate con legge. La Giunta ha un ruolo propositivo e di impulso importante, ma le decisioni finali le prende il Consiglio. E Esiste già la Conferenza R Regione-Autonomie locali, cche fine farà? Continuerà a lavorare, perché il suo compito è diverso da quello del Cal che, trattandosi di un organismo permanente insediato presso il Consiglio, dovrà interloquire con la Regione nel momento della programmazione e dell’azione legislativa. Invece la Conferenza viene convocata e si pronuncia su documenti di attuazione delle leggi regionali, ha un compito successivo.

Qualcuno pensa al Cal quasi come a una “seconda camera” regionale, è d’accordo? No, il Cal ha una forte legittimazione, anche di rilievo costituzionale, ma il sistema regionale è nato e resta monocamerale, con la preminenza del Consiglio nell’attività legislativa. Il supporto del Cal potrà essere valorizzato anche dall’impegno che gli amministratori locali decideranno di dedicare. Dunque come procedere per una rapida attivazione? Ci siamo fatti carico di elaborare una proposta che modifichi le norme di elezione dei componenti, per il primo insediamento, coinvolgendo le associazioni rappresentative degli enti locali. Se c’è la volontà di compiere un percorso comune, credo vi sia un reciproco vantaggio, del Consiglio e delle autonomie, per avere un Cal operativo già da metà 2011.

Cal, la composizione Il Cal è composto da: • I presidenti delle Province della Regione; • I sindaci dei Comuni capoluogo di Provincia; • 5 presidenti di Comunità montane; • 2 Presidenti di Comunità collinari; • 13 rappresentanti di Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, di cui 3 rappresentanti di comuni montani; • 20 rappresentanti di comuni con popolazione inferiore o uguale a 5.000 abitanti, di cui 11 rappresentanti di Comuni montani e 9 rappresentanti di Comuni non montani; • I presidenti regionali delle associazioni rappresentative degli enti locali: Anci, Anpci, Lega Autonomie Locali, Uncem. I componenti rappresentanti dei Comuni sono designati da una assemblea composta dal Presidente regionale di Anci, Lega Autonomie locali, Uncem e Anpci, convocata e presieduta senza diritto di voto dal Presidente del Consiglio regionale, e sono scelti tra sindaci, assessori e consiglieri comunali in carica.


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“Ti tengo per mano. Bambini in affitto”

Il regista Carlo Alberto Pinelli

Un film nelle vallate alpine cuneesi aranno le vallate alpine del Cuneese lo scenario in cui il regista Carlo Alberto Pinelli girerà a giugno e luglio il suo nuovo film per il grande schermo, “Ti tengo per mano. Bambini in affitto”. La sceneggiatura, firmata anche da Giovanni De Feo (supervisione di Tullio Pinelli), ha ottenuto il finanziamento della Direzione Generale dello Spettacolo, del Ministero degli Affari Culturali. «L’idea di questo film – spiega Pinelli – mi venne suggerita, molti anni fa, dallo studioso di tradizioni popolari Nuto Revelli. Si basa su una vicenda realmente accaduta, intorno alla quale, insieme allo sceneggiatore Giovanni De Feo, ho imbastito un intreccio di pura fantasia, ricco di colpi di scena. Nei decenni a cavallo tra la fine dell’800 e gli inizi del ’900 l’estrema miseria costringeva spesso i montanari delle valli del Cuneese a offrire i propri figli in affitto ai più ricchi contadini della pianura, o addirittura ai malgari del versante francese delle Alpi Marittime. Malgari a volte molto duri. Il film narra la fuga di due pastorelli dalla tirannia dei padroni francesi e la loro avventurosa traversata

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della catena alpina per ritornare nelle valli natie». Il film è stato riconosciuto dal Ministero dei Beni Culturali come opera di interesse culturale nazionale, si avvale della collaborazione della Film Commission Torino-Piemonte, del Parco delle Alpi Marittime, delle Comunità montane Valle Stura, Valli Grana e Maira, Valli Po, Bronda, Infernotto e Varaita, dell’Uncem Piemonte. «Il successo della sfida – aggiunge il regista Pinelli – dipende in grande misura dalla scelta dei due piccoli protagonisti. Entrambi

nale devono essere di eccezionale oro bravura. Per questo la loro icoindividuazione sarà particobato larmente accurata». Sabato aio, 19 e domenica 20 febbraio, o, in presso il Palazzo Bertello, via Vittorio Veneto 19, a Borista go San Dalmazzo, il regista onCarlo Alberto Pinelli inconamtrerà tutti i bambini e le bamati a bine di 9-10 anni interessati interpretare sullo schermoo le etaavventure di due loro coetanei, ambientate alla fine del uirà 1800. Il casting proseguirà nelle settimane successivee in la e Canavese, a Torino, Biella Alessandria.

di Marialaura Mandrilli

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Attualità

La Borsa delle Opportunità ittà

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ompagnia del Buon Cammino, Regione Piemonte, Ente Manifestazioni di Savigliano e Uncem Piemonte insieme per dar vita alla Borsa Opportunità della Montagna. Dall’idea di Ermanno Bressy, nasce un progetto supportato dalla Regione per mettere in rete – sia web sia tramite il contatto diretto – domanda e offerta di opportunità lavorative e di vita nei Comuni montani di tutte le Comunità montane piemontesi. “È necessario – spiega Bressy

– ricreare un substrato socioeioeconomico di questi territori per avviare un processo di riqualificazione durevole”. All’inizio di febbraio, Bressy e Lido Riba hanno incontrato l’assessore alla Montagna Roberto Ravello, assieme al capo di gabinetto Roberto Vaglio. Da Ravello, tutto il supporto al progetto che vedrà il primo momento di incontro tra domanda e offerta di Comuni e cittadini in uno spazio all’interno della manifestazione Quintessenza di Savigliano. Nei mesi precedenti, il

progetto verrà presentato alle Comunità montane e ai Comuni. Tramite il sito internet della Regione Piemonte, verrà inoltre creata una banca dati con tutte le “opportunità”; le schede inserite, saranno scaricabili in formato elettronico, accessibili raggruppate per criterio territoriale (Comunità montane/Comuni) e per le singole categorie: ricettività turistica; agricoltura, foreste e trasformazione prodotti agricoli; commercio e artigianato; cultura.


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“A SCUOLA DI MONTAGNA”

con il bonus della Regione L’assessore Cirio lancia il bando per le scuole: 150 euro a classe L per le gite in Piemonte. 102 le proposte di gite nelle Comunità montane piemontesi, comprese nel catalogo dell’Uncem. A pochi chilometri dalle scuole c’è un universo da scoprire. di Marco Bussone Itinerari vicini, economici, alla portata di tutti

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Attualità

Segui le iniziative dell’Uncem per le scuole, iscrivendoti al gruppo Facebook

“A scuola di montagna!”

utti “a scuola di montagna”, con il bonus della Regione Piemonte. In gita scolastica nelle Terre Alte, con 1500 euro di contributoo per classe, in arri-vo dall’assessoratoo all’Istruzione. rL’assessore Alberne to Cirio mantiene la promessa fatta al ncongresso dell’Uncem Piemonte, nel resettembre 2010, e prendo senta il nuovo bando on “A scuola di Piemont te”, rivolto a tutte le classi d delle scuole elementari, med e del biennio delle scuole die superiori che organizzeranno i loro viaggi d’istruzione in P Piemonte. Comprese ovviam mente le “gite” nelle 22 Com munità montane, grazie agli i itinerari inseriti nella terza e edizione del catalogo realizz dall’Uncem. zato

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complessi Un investimento complessivo di 150mila euro per assegnare agli istituti che ne faranno richiesta un contributo a classe di 150 euro per la prima giornata e un ulteriore contributo di 50 euro per ogni giornata successiva. Il bando (scaricabile dal sito internet www.regione.piemonte.it/turismo/index.htm) sarà accessibile (entro il 14

marz 2011) fino a marzo esaur esaurimento delle risorse disponibili. «Dop «Dopo l’annuncio da parte di diversi dirige rigenti scolastici di vole voler tagliare i viaggi ddi istruzione per la m mancanza di risor sorse – commenta il ppresidente della Re Regione Piemonte Ro Roberto Cota – la Re Regione ha deciso di incentivare co con un bonus econnomico le scuole piemontesi che sceglieranno di ffare il viaggio restando in Piemonte e scegliendo le nostre splendide montagne, ma anche le nostre colline, i nostri laghi e le nostre città d’arte e di cultura». La gita scolastica, secondo Cota «è un diritto e uno strumento formativo di grande valore: trovo sia molto ingiusto, per protesta, far pagare ai nostri studenti le problematiche e le


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decisioni degli adulti. La Regione garantirà, quindi, questo diritto con un impegno economico di 150mila euro senza dimenticare che i tantissimi studenti che ogni anno vanno in gita rappresentano, anche, una risorsa non indifferente per il nostro indotto economico e turistico». D’accordo con Cota, l’assessore all’Istruzione e al Turismo Alberto Cirio. «La Regione Piemonte ritiene indispensabile non solo garantire un’esperienza formativa importante come quella del viaggio d’istruzione – aggiunge l’assessore all’Istruzione e al Turismo – ma anche trasmettere ai ragazzi la consapevolezza e il radicamento alla nostra identità locale, alle nostre radici, e l’importanza di una cultura turistica che va tramandata e tutelata. Le gite scolastiche rappresentano in questo senso una risorsa vitale da valorizzare e potenziare: in Piemonte ci sono 540mila studenti in età scolare e questo ci dà il senso di quante presenze in più essi possano rappresentare, animando periodi e giorni della settimana normalmente “bassi” per affluenza turistica, con una ricaduta economica positiva per il nostro territorio. Senza considerare, poi, che fidelizzando giovani escursionisti

raggiungiamo anche le loro famiglie, generando un indotto molto interessante per tutto il turismo». Apprezzamento per l’iniziativa arriva dai dirigenti scolastici, che sono già pronti a scaricare le domande del bando dal sito della Regione Piemonte e a inviarle all’assessorato. «Di certo usufruiremo della possibilità – spiega Adriana Veiluva, alla guida degli istituti comprensivi di Corio e Fiano, nella Comunità montana Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone – Ben venga un’opportunità del genere. Il Piemonte è tutto da scoprire, per i nostri studenti». «Con il bando “A scuola di Piemonte”, la Regione dà

vita a un progetto importante, in cui rientrano anche le cento mete per i viaggi d’istruzione comprese nel catalogo “A scuola di montagna”, realizzato dall’Uncem Piemonte. Siamo certi che gli istituti scolastici, oltre alle mete classiche per le gite delle classi, sceglieranno di portare gli studenti nelle nostre Terre Alte, per scoprire la grande ricchezza delle vallate alpine e appenniniche piemontesi, che rappresentano il 46 per cento del territorio piemontese». Lido Riba non ha dubbi. Sono 102 le mete (con itinerari da uno a tre giorni) individuate dall’Uncem Piemonte nelle 22 Comunità montane pie17

Provincia di Torino NITTÀ MO UN COMUNI CO

VA LE NTA NT NA VAL

GON GONE NG AN A SAN VA A E VAL SUS S SA SU

Il Gran Boscco di na ti Prezzo a perso di 30 partecipan € 10,00 sulla baseogni 20 paganti o Gratuità: 1 adult rende La quota comp l’organizte l’escursione, ativo La guida duran inform a, materiale zazione tecnic Bosco di rale del Gran del Parco Natu Salbertrand comprende sacco La quota non bus. Il pranzo al quota I trasferimenti in indicato ne “La Tutto quanto non comprende” Durata 1 giorno Destinatari I grado e secondaria di Scuola primaria Tour operator ra Sentieri di Antho - Quaregna (BI) 11 Via Fra Dolcino, 0 9309 15 589/0 Tel. 348 8568

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montesi e inserite nella terza edizione del catalogo “A scuola di montagna” (scaricabile anche in pdf dal sito internet www.uncem.piemonte.it). È stato distribuito in 14mila copie a tutti i dirigenti scolastici, agli insegnanti, agli educatori delle scuole piemontesi. Anche l’Asapi, attraverso Gabriella Mortarotto sostiene il progetto dell’Uncem. «Gli itinerari proposti – prosegue Riba – hanno un costo ridotto e sono particolarmente interessanti e variegati. Il bonus della Regione agevola ancora di più le famiglie degli studenti, garantendo un risparmio vero. L’assessore Cirio, presentando il progetto durante un convegno sul turismo scolastico in montagna, aveva ricevuto il nostro plauso e il grande interesse dei docenti e dei presidi. Ora che questa iniziativa si è concretizzata, ci auguriamo sia di stimolo per scegliere i viaggi d’istruzione nelle Terre Alte, luogo ideale della nostra Regione per imparare divertendosi. Mi unisco all’invito dei 22 presidenti delle Comunità montane del Piemonte, che attraverso il catalogo realizzato dall’Uncem invitano le classi a salire in montagna, preferendola alle tradizionali capitali del turismo scolastico».


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DIGITALE TERRESTRE

Piemonte orientale

il segnale in montagna

di Elisa Sola

At

Attualità

Ma i cittadini delle Terre Alte, anche se il processo di transizione al digitale terrestre andrà a buon fine, non riceveranno i nuovi canali e il Tg regionale continuerà a non vedersi arrivata una notizia che lascia sperare gli abitanti delle terre alte che da almeno due mesi non vedono più alcun canale alla televisione. La Regione Piemonte e le Province del Vco e di Biella si sono attivate per trovare le risorse necessarie a risolvere il problema della

È

transizione al digitale terrestre. Con lo spegnimento del segnale analogico, il cosiddetto switch off, da novembre nel Piemonte orientale almeno 50 mila cittadini circa che vivono in montagna, di cui 20mila nel Vco, non vedono più i canali del segnale Rai nazionale. Un disagio che si

Rai digitale: aum aumenta il disservizio

“L

a transizione al digitale in Piemonte – tanto in quello occidentale quanto in quello orientale – rischia, se non corretta al più presto, di avere effetti devastanti per la ricezione dei canali Rai, a partire dal Tg regionale. Sono ormai decine e decine i paesi, montani e non, che registrano la sostanziale scomparsa dei canali Rai con disservizi pesanti per i cittadini che, malgrado il singolare e curioso silenzio dell’azienda di viale Mazzini, continuano ancora regolarmente a pagare il canone. Ma ora la situazione in Piemonte è diventata seria e la Rai non può più rinviare ulteriormente un intervento preciso e mirato a rimuovere gli ostacoli che hanno trasformato il digitale in una sorta di trappola per i citil tadini contribuenti. Ho presentato un’interrogazione urgente in Commissione di Vi Vigilanza per ffar sìì che l’azienda affronti subito il caso Piemonte, senza balbettamenti e senza risposte burocratiche o protocollari”. On. Giorgio Merlo Deputato PD Piemonte Vice Presidente Commissione Vigilanza Rai

aggiunge a quello “storico” del segnale Rai regionale, in alcune zone assente da quando è nato il Tgr, ma che dipende da altri impianti e non è collegato quindi al tema del digitale. “L’intervento, che la Regione ci ha anticipato prima di Natale, – spiega Filippo Cigala Fulgosi, assessore allo sviluppo territoriale della Comunità montana Valli dell’Ossola – servirà a far vedere Rai 1, Rai 2 e Rai 3 in tutte le vallate laterali, come l’Antrona, l’Anzasca, la Formazza e la Vigezzo, tuttora al buio. Per ora ci ha garantito 200mila euro (che si aggiungono ai 400mila euro stanziati per il Piemonte occidentale, ndr). Noi avevamo detto che non erano sufficienti e pochi giorni fa ci è stato annunciato l’arrivo di altre risorse, ancora non quantificate. Il Tgr però resta esclu-


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Massimo Nobili

so. Oggi gli unici punti della zona dove si vede la tv sono quelli in cui Mediaset è proprietaria dei tralicci e ha provveduto col satellitare. Per quelli di proprietà della Comunità montana, che sono 38, non è stato ancora fatto nulla. La nostra Comunità inoltre spende 100mila euro all’anno in manutenzione dei ripetitori e per l’energia elettrica. L’unica che ci ha dato 24mila euro è stata Mediaset, dalla Rai nulla”. Anche la provincia del Vco ha risposto all’allarme lanciato dalle Comuità montane. “Abbiamo stanziato – spiega il presidente Massimo Nobili – 450mila euro (destinati inizialmente al finanziamento della banda larga, ndr) con un accordo di programma, a disposizione delle Comunità, che dovranno presentarci i progetti operativi sui ripetitori da adeguare. Poi acquisteremo le attrezzature, le collocheremo sui 38 tralicci di loro proprietà, e la gestione spetterà alle Comunità stesse, che hanno già attivato il procedimento per le frequenze e l’assegnazione dei ripetitori alle tv locali”. Terminato questo processo, nelle

valli si tornerebbe a vedere la tv come prima. “Altri problemi, come quello del tgr – aggiunge Nobili – c’erano già prima e negli anni cercheremo di capire come risolverli. Entro gennaio comunque daremo il via alla gara d’acquisto dei trasmettitori e se tutto va bene entro sei mesi al massimo la tv si vedrà”. I tralicci privati sono già stati adattati al segnale, quindi Mediaset e le tv locali si vedono già oggi quasi ovunque. “La nostra – specifica Nobili – è l’unica Provincia che ha messo così tanti soldi per il digitale terrestre. E il nostro impegno è comunque quello di non fermarci, continueremo lo stesso il progetto della banda larga nelle valli, fondamentale per il turismo e l’artigianato”. Anche la provincia di Biella ha gli stessi problemi di ricezione del segnale del Vco. “La televisione in molte zone non si vede – spiega Paola Vercellotti, presidente delle Comunità montane val Sessera e valle Mosso – tra noi e la Provincia c’è la massima collaborazione e ci siamo quindi attivati per risolvere il problema insieme. La Provincia comprerà le attrezzature e le Comunità pagheranno l’adeguamento degli impianti. Avevamo scritto alla Regione per segnalare i nostri problemi. Ci ha risposto a dicembre dicendoci che si farà carico dei nostri disagi. Io credo che il Biellese e il Vco debbano essere trattati come gli altri. Non è giusto che alcuni territori vengano penalizzati, solo perché in montagna. Da noi oltretutto

la gestione dei tralicci è più complessa che in altre realtà, perché sono in posti impervi, spesso coperti di neve e ghiaccio”. Risorse a parte, dal punto di vista tecnico, il passaggio al digitale non dovrebbe essere un problema. “Premesso che le risorse economiche non dipendono dal Ministero ma dalla Regione – spiega l’ingegner Onofrio Villani, dell’Ispettorato territoriale per il Piemonte e la Valle d’Aosta del Ministero delle comunicazioni – vorrei lanciare un messaggio rassicurante. Noi abbiamo già definito il piano delle risorse di frequenza per tutto il Piemonte orientale. Siamo pronti. Abbiamo trovato i nuovi segnali da assegnare alle singole postazioni, circa 90. In linea teorica, se a livello bu-

rocratico tutto è perfetto e se i soldi ai Comuni arriveranno, in due mesi si farà il passaggio al digitale terrestre si fa”. “Sono i Comuni – ricorda Villani – a dovere presentare l’istanza di richiesta per avere l’autorizzazione al cambio di segnale. E soprattutto, i Comuni devono acquistare i trasmettitori, che sono il vero motore della macchina del digitale. Oggi i soldi previsti dagli stanziamenti della Regione dovrebbero bastare per tutte le postazioni, al 95 percento della reale esigenza. La questione per i Comuni, ora, è avere la certezza di poter fare l’ordine”. Nel Piemonte occidentale, aggiunge ancora Villani, “il processo di transizione, a livello tecnico, è completato, siamo in fase di formalizzazione”. Resta però un dubbio. Anche se il processo di transizione al digitale terrestre andrà a buon fine, gli abitanti delle terre alte, oltre a vedere i primi tre canali Rai, potranno vedere anche gli altri, i neonati, quelli che costituiscono uno dei vantaggi del digitale? “No – risponde Filippo Cigala Fulgosi delle Comunità del Vco – si vedranno solo i canali che si vedevano prima dello switch off. Se dovessimo garantire ai cittadini delle terre alte il normale servizio che vedono quelli che vivono in città come Torino o Novara, servirebbero due milioni di euro, ma sappiamo già che non ci sono. A questo punto – conclude – viene da farsi una domanda. Perché uno che abita nelle terre alte si deve accontentare, ma deve pagare lo stesso il canone Rai?”.


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WI-PIE

per la montagna

Wi-Pie è il programma della Regione Piemonte per lo sviluppo d della banda larga nella nostra Regione varato alla fine del 2004 per rispondere ai problemi del divario digitale e dello scarso utilizzo di internet di Paola Franco CSI Piemonte Direzione Enti locali

At

Attualità

el 2004 l’80% della popolazione era raggiunto da servizi a banda larga ma solo il 30% del territorio era coperto a scapito delle aree rurali e montane. Per cercare di ovviare a questo problema si sono mese in campo una serie di azioni che, a partire dalle infrastrutture per arrivare allo sviluppo di servizi, hanno in meno di quattro anni radicalmente cambiato lo scenario piemontese al punto che oggi è possibile sul nostro territorio avere un collegamento a banda larga utilizzando diverse tecnologie a costi confrontabili con quelli dello standard di riferimento di mercato: l’Adsl.

N

Le azioni intraprese La prima azione è stata quella di costituire una dorsale regionale che collegasse tutti i capoluoghi di provincia e il comune di Ivrea. Una autostrada digitale ad

La situazione alla fine del 2004

Comunità Montane rii Comunità Collinari

Unioni di Comuni Copertura xDSL


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alta capacità sulla quale veicolare il traffico della Pubblica amministrazione, dei privati e del mondo della ricerca. A partire da questa autostrada sono poi stati realizzati 700 chilometri di fibra ottica per arrivare verso le aree industriali, artigianali e periferiche. Infine sono stati realizzati interventi sulle comunità montane per il collegamento delle pubbliche amministrazioni locali su oltre 200 comuni montani tramite l’utilizzo di tecnologie senza fili e satellitari con più di 100 stazioni che oggi sono arrivate a servire oltre 60 rifugi montani piemontesi. Grazie a questo insieme di azioni e ai diversi progetti pilota, pensati per incrementare l’utilizzo della banda larga quali la telemedicina, la teleassistenza, il monitoraggio dei soggetti fragili, internet per gli anziani, etc. la Regione è stata in grado di chiudere un importante accordo non oneroso con Telecom Italia per l’estensione del servizio DSL sulle proprie centrali che oggi coprono 1036 comuni ed uno con Eutelsat per la copertura a banda larga satellitare di tutta la regione.

La situazione attuale Attualmente quindi è possibile ottenere un collegamento a banda larga su tutto il nostro territorio tramite collegamenti xDSL, senza fili o satellitari a costi confrontabili. Ma ciò che è da sottolineare è il grande svi-

Provincia

DSL+BWA

DSL

BWA

SAT

Totale

Alessandria

44 (4)

3

14

2

63

11

1

3

1

16

Biella

52 (2)

1

4

4

61

Cuneo

73 (3)

39 (4)

20

25

157

Novara

8

-

-

-

8

Torino

97 (2)

34 (1)

9

8

148

Vercelli

9 (2)

13 (2)

3

5

30

VCO

66 (5)

1

8

-

75

Totale

360 (18)

91 (6)

61

45

558

Asti

luppo che hanno avuto gli operatori senza fili sulla nostra regione che oggi operano su oltre 1050 comuni fornendo un servizio confrontabile con quello ADSL ed in molti casi anche

migliore, in quanto la qualità del servizio xDSL dipende dalla bontà dei fili di rame che connettono la centrale telefonica alle case degli utenti e che spesso nelle aree rurali sono trop-

po lunghi o di scarsa qualità. Per quei territori non ancora raggiunti da servizi xDSL o senza fili è sempre e comunque disponibile il servizio a banda larga satellitare che già oggi fornisce bande di 3 Mbps e che dall’anno prossimo sarà in grado di erogare un servizio a 10 Mbps.

Le iniziative in corso L’impegno di Wi-Pie a rendere disponibile sempre maggiori capacità di banda in maniera più diffusa e garantendo agli utenti la più ampia capacità di scelta di mercato prosegue. È stato infatti recentemente chiuso un accordo tra la Regione Piemonte ed il Mise per investire ulteriormente sul potenziamento delle infrastrutture a banda larga specialmente nelle aree rurali. Su questo tema la Regione sta lavorando insieme alle Province per la definizione degli interventi puntuali che vedranno l’attuazione già all’inizio del 2011.


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Una vetrina per i

At prodotti tipici

Attualità

di Laura Sansalone

di qualità

Creato il Paniere dei Prodotti Tipici ed Agroalimentari di Qualità della Provincia di Alesssandria: uno strumento utile alla valorizzazione unitaria del territorio e delle sue produzioni alame nobile del Giarolo, manzo all’erba, gnocchi di patate dei Colli Tortonesi, vitello di fassone, frutta e verdura alessandrina. Il tutto accompagnato dai vini vincitori del Marengo d’Oro, come Gavi Spumante, Gavi San Pietro, Dolcetto d’Ovada e Moscato d’Asti. È il prelibato menù che ha fatto da sfondo alla sigla del Protocollo d’Intesa per la costituzione del Paniere dei Prodotti Tipici ed Agroalimentari di Qualità della provincia di Alessandria, avvenuta in oc-

S

casione del taglio del nastro della quattordicesima edizione del Salone Internazionale del Gusto di Torino (21-25 ottobre 2010). In rappresentanza degli enti coinvolti, l’assessore all’agricoltura della Provincia di Alessandria, Lino Rava, e la vicepresidente e assessore alla Promozione dei prodotti tipici, Maria Rita Rossa, assieme al presidente della Camera di Commercio di Alessandria, Piero Martinotti, al presidente del Gal Borba, Gianmarco Bisio, a Simona Salomone


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TERRE DEL GIAROLO

Produzioni di alto livello

“M

i auguro nel Paniere vengano inserite alcune eccellenze dei nostri territori montani come il Salame Nobile del Giarolo, il Formaggio Montebore ed il Timorasso. Prodotti che hanno raggiunto ormai livelli europei e nel caso del Timorasso anche livelli mondiali. La Provincia di Alessandria non si ferma infatti al Monferrato, ma comprende anche le zone montane come le nostre che per fortuna riescono a esprimere peculiarità come quelle citate e a ottenere riconoscimenti di prestigio”, afferma Pierangelo Marini, membro della Giunta Uncem e assessore alla Comunicazione della Comunità montana Terre del Giarolo. Lino Rava

per il Gal Giarolo e al presidente dell’Emas Monferrato, Ernesto Berra. “In un momento di crisi planetaria forte – ha ricordato l’assessore Rava – servono idee nuove proprio nel settore più sofferente, quello dell’agricoltura. Obiettivo primario per salvare il settore agricolo deve essere uno sforzo collettivo per ridare valore al cibo. L’idea del Paniere, lanciata dalla Provincia, è un’azione concreta che va in questa direzione”. “Fin dall’inizio del 2010 – continua Maria Rita Rossa – la Provincia di Alessandria ha avviato un’azione diretta alla creazione di un Paniere dei Prodotti Tipici ed Agroalimentari di Qualità, quale strumento facilmente identificabile di valorizzazione unitaria del territorio e delle sue produzioni. In tal senso, è stata avviata un’indagine conoscitiva sulle tipicità della provincia e sulle aziende che operano nel settore, attraverso cui sono stati individuati oltre 100 prodotti agroalimentari con caratteristiche di elevata qualità e tipicità e oltre 500 aziende produttrici”. Il successo riscosso al Salone del Gusto dallo stand della provincia, AL Piacere, con

400 coperti serviti in cinque giorni di manifestazione, conferma la validità della strada intrapresa. “Chiudiamo questa edizione del Salone del Gusto – hanno dichiarato il presidente e la vicepresidente della Provincia Paolo Filippi e Maria Rita Rossa –

estremamente soddisfatti del lavoro svolto e dell’ottimo riscontro avuto dai media e dagli addetti ai lavori. Questo era il primo banco di prova del nostro lavoro e possiamo dire di averlo portato a termine a pieni voti. Ma siamo solo all’inizio: abbiamo la pos-

ssibilità di proporre un’enogasstronomia di qualità, il nostro tterritorio ne ha tutte le potenzzialità e il Paniere è lo strumento ottimale per lavorare m ssu prodotti agroalimentari ed eenologici senza eguali, per rrivoluzionare la promozione e il mercato dei prodotti tipicci alessandrini, presentando aal mondo l’ALtro Piemontte”. Andrea Ribaldone, chef sstellato della cucina di AL Piacere, conclude sottolineP ando che il Paniere può rappresentare un valore aggiunto non solo per la promozione: “È necessario puntare su una formazione di qualità assoluta anche a livello dei produttori, perché è proprio da loro che nascono i prodotti”.

Novità per l’Ala agricola di Porta Palazzo a Torino

D

allo scorso novembre, l’Ala agri-

cola del mercato di Porta Palazzo a Torino è un’eccezionale vetrina dei migliori prodotti agroalimentari locali a Km 0. Merito del progetto “Interreg Med” Rur.Urb.Al., che coinvolge la Provincia di Torino, la Provincia di Barcellona, la Comarca del Valles Oriental, l’associazione “Terres en ville” di Grenoble (che riunisce le amministrazioni comunali dell’area intorno alla città svizzera), la Città di Aix en Provence e l’Università di Tessalonica (Grecia). “Con Rur.Urb.Al. – ha detto Marco Balagna, assessore all’Agricoltura della Provincia di Torino – ci siamo impegnati ad elaborare progettipilota per dare visibilità ai prodotti agroalimentari locali a Km 0 delle aree urbane periferiche, allestendo spazi fisici e promuovendo occasioni di scambio tra consumatori e produttori, nei quali i primi diventano co-produttori e stabiliscono un patto con i contadini”. Il nuovo spazio garantisce ai produttori non solo una vivace area per la vendita diretta, ma anche l’occasione di un confronto continuo e costante con le esigenze e i gusti dei consumatori, che a loro volta trovano nell’Ala agricola di Porta Palazzo informazioni adeguate su tutti i prodotti in bancarella. I cibi delle 104 “postazioni a km 0” si possono acquistare dal lunedì al venerdì dalle 7 alle 13, il sabato dalle 7 alle 19.


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PANNELLI FOTOVOLTAICI

Sì agli impianti

sui tetti dei Comuni montani No al consumo di suolo per gli impianti. Comunità montane e Uncem Piemonte al lavoro per utilizzare con il massimo rendimento (anche economico), 100mila metri quadrati di tetti sugli edifici pubblici nei nostri 553 Comuni di Lorenzo Boratto

At

Attualità

tilizzare l’energia del sole, per creare elettricità (fotovoltaico elettrico) o scaldare l’acqua (pannelli termici). Rientrando in poco tempo dell’investimento, sfruttando una risorsa non deperibile, abbondante e non inquinante. Le opportunità sono tante anche per le “terre alte” che soltanto in anni recenti hanno preso consapevolezza di questa opportunità. Grazie anche a una politica nazionale e regionale che ha dimostrato crescente attenzione a una fonte rinnovabile come l’irraggiamento del sole.

U

Ma la situazione legislativa è complessa e in evoluzione: il Governo ha deciso di ridurre dal 2011 gli incentivi al fotovoltaico (che restano comunque i maggiori del mondo), mentre la Regione Piemonte sta cercando di privilegiare quegli interventi che non compromettano terreni agricoli a favore di superfici già edificate. Solo per restare alle tappe più recenti: a febbraio di quest’anno la Giunta regionale di centrosinistra ha emanato una delibera dove assume la “capacità d’uso” dei terreni come uno dei fattori chiave. Ad agosto la nuova Giunta regionale di centrodestra ha inserito un articolo nella legge di bilancio, che ha prodotto una moratoria assoluta per tutti i suoli di prima e seconda classe (quelli più produttivi da un punto di vista agricolo), anche dopo le richieste e sollecitazioni di alcune amministrazioni locali. L’assessore con delega all’Energia della Regione,

Massimo Giordano, aveva detto: “La nostra posizione è nota: la Giunta sta lavorando per definire nuovi strumenti e incentivare il fotovoltaico su edifici e aree marginali. Ponendo un freno al proliferare di questi impianti su terreni agricoli e con vincoli territoriali. C’è stata un’eccessiva crescita di questi impianti: hanno deturpato intere aree del territorio piemontese. Serve una regolamentazione in materia”. L’auspicio è che si arrivi a linee-guida nazionali, per riconoscere agli enti locali l’obiettivo della salvaguardia dei territori, disciplinando il corretto sviluppo delle energie da fonti rinnovabili. Non solo: a livello nazionale, al Piemonte è stato assegnato il coordinamento in materia di ambiente ed energia nella Conferenza Stato-Regioni. A ottobre il Governo ha impugnato la moratoria sul fotovoltaico aprendo un contenzioso ancora irrisolto, mentre la Giunta regionale ha annun-


INVESTIRE IN MONTAGNA

Invito dell’Uncem alle imprese

U

ciato una nuova delibera che superi i contrasti aperti con Roma, ma il testo non è pronto. L’Ipla (Istituto per la piante da legno e l’ambiente) ha in programma un convegno a gennaio per fare chiarezza. E proprio da questo punto di vista, l’istituto di Torino è uno degli attori più attivi: svolge attività di ricerca applicata, sperimentazione e gestione nel campo delle energie rinnovabili, con servizi per il supporto alla gestione mirata del territorio alpino. Il tecnico Ipla Igor Boni: “Nella progettazione degli impianti fotovoltaici a terra, la Regione ha escluso i suoli agricoli di prima e seconda classe, cioè di qualità maggiore. Innanzitutto sulle aree di pianura dove è più facile individuare ampie superfici per il fotovoltaico e dove questi tipi di suolo sono più comuni”. Ma negli ultimi mesi del 2010 non si è fermata una “corsa al pannello fotovoltaico”, destinata a restare, anche se in forma meno frenetica. È essenzialmente legata a due fattori: da una parte il Conto energia che fornisce un contributo importante per ogni kilowatt prodotto con i

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n bando per le aziende che installano impianti a biomasse, fotovoltaici, eolici e idroelettrici. Lo lancia l’Uncem Piemonte, che invita le aziende a promuovere le loro migliori soluzioni per le Comunità montane, sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico, capaci di utilizzare le risorse del territorio riconoscendone il valore per gli enti chiamati a valorizzarle, a beneficio di chi vive e opera nelle terre alte. La legge regionale di riforma del sistema delle Comunità montane ha determinato un forte orientamento nella configurazione del loro modello organizzativo, individuandoli

espressamente quali “enti per la valorizzazione, la tutela e lo sviluppo del territorio montano” e riconoscendoli “titolari di funzioni proprie in materia di energia e patrimonio forestale”. Allo stesso tempo, il meccanismo integrativo di incentivazione della produzione elettrica nazionale, tramite fonti rinnovabili, rappresenta uno strumento fondamentale per promuovere lo sviluppo economico del territorio montano piemontese, contribuendo concretamente allo sviluppo di filiere economiche locali. Molte iniziative però tendono a non considerare l’interesse del territorio su cui vengono inserite e sovente vengono criticate e contestate. Ogni operatore in-

dustriale deve comunque essere consapevole di quanto un investimento rilevante per il territorio, per l’ente che lo intraprende e per la stessa impresa che lo propone. Sulla base dei progetti pervenuti e selezionati, l’Uncem avvierà la trattativa con i soggetti proponenti per definire una convenzione logistica e operativa, finalizzata alla realizzazione dei progetti, mettendo a disposizione il proprio know how e il proprio sistema di relazioni. La presentazione della manifestazione di interesse non comporta alcun impegno di finanziamento da parte dell’Uncem nei confronti dei proponenti.

pannelli; dall’altra la crisi del settore agricolo che colpisce attualmente alcune aree del Piemonte, come Alessandrino e Cuneese e tutta la fascia di agricoltura marginale pedemontana. Quindi conviene affittare il proprio terreno per gli impianti piuttosto che coltivarlo. Il presidente dell’Uncem regionale, Lido Riba, chiarisce: “C’è ancora molta incertezza sull’installazione di pannelli a terra, sui quali l’Unione delle comunità montane del Piemonte è nettamente contraria. Si deve invece incentivare l’installazio-

ne sui tetti o comunque sulle superfici già edificate. Penso soprattutto alle strutture pubbliche: per la montagna il fotovoltaico è una risorsa insostituibile. Ma c’è una nota dolente: non siamo a conoscenza di coordinamenti o iniziative per allestire una banca dati degli impianti installati, domestici e industriali, da consultare e aggiornare in tempo reale, per avere un quadro completo. Le informazioni sono ancora frammentarie e parziali, non solo sul fotovoltaico”. Si pensi però al potenziale dei “tetti” di montagna nei

550 Comuni alpini del Piemonte: solo considerando le coperture di municipi e altri edifici pubblici, come scuole e centri incontro, la superficie potrebbe permettere un rilevante salto di qualità nell’autoproduzione di energia elettrica. Investire nel fotovoltaico è sicuro (il pagamento dell’incentivo è garantito per legge, la tecnologia è matura ed affidabile), redditizio (per ogni kilowatt ora prodotto si riceve un incentivo tra 0,35 e 0,48 euro, con tariffe garantite per 20 anni strutturate per garantire un rientro dell’investimento in 10-12


L’energia fotovoltaica è la più pagata 288

L’

anni), etico (installare un impianto fotovoltaico è un gesto concreto che tutti possono fare per iniziare a sfruttare una fonte energetica libera, disponibile, gratuita, inesauribile). Si pensi che gli incentivi pubblici del “conto energia” si possono incrementare in alcuni precisi casi previsti dal-

Roberto Colombero

Danilo Crosasso

Massimo Giordano

energia prodotta dall’idroelettrico si aggira su 150 euro al megawatt; quella da biomassa vale 280 euro al mgw, mentre l’energia fotovoltaica prodotta con pannelli applicati sui tetti, anche se ha già subito riduzioni, vale tutt’ora 380 euro (esentasse) al mgw.

Un tetto, in montagna, può produrre 150 chilowatt di energia pari a 57 euro per metro quadrato. Un tetto con una normale superficie esposta di 200 metri quadrati consente un incasso di 11.400 euro. Il prezzo è garantito per vent’anni. Gli impianti si possono realiz-

zare al prezzo, chiavi in mano, di 2.800 euro per chilowatt installato pari a circa 350 euro per metro quadrato. Per un tetto di 200 mq, si tratta di 70mila euro con una incidenza anche per l’ammortamento, calcolato su vent’anni, di 3.500 euro.

la legge, che spesso coinvolgono direttamente i centri di montagna: se i pannelli sono installati su scuole pubbliche o strutture sanitarie, o ancora su edifici, fabbricati e strutture di destinazione agricola in sostituzione di coperture in eternit o contenenti amianto, infine impianti i cui soggetti responsabili siano Enti locali con meno di 5.000 abitanti. I pareri dei presidenti delle Comunità montane. Danilo Crosasso, presidente per le valli Orco e Soana: “Qui fin da subito ci siamo detti contrari, in modo netto, al fotovoltaico a terra. Ed è per questo che nessun privato ha cercato di proporre impianti sul suolo nelle nostre zone. Stiamo invece ragionando sul fotovoltaico sui tetti”. Roberto Colombero, presidente della comunità montana delle valli Grana e Maira: “Ci siamo mossi in questo anno, prima che si riducessero gli incentivi statali. Nelle scorse settimane abbiamo concluso la copertura fotovoltaica del tetto del Convitto di Stroppo, grazie a una collaborazione tra Maira spa (la società strumentale della Comunità montana, ndr) e il Comune. La nostra volontà è proseguire soltanto su tetti di strutture pubbliche e non sui terreni. C’erano state richieste ad Elva, in alta valle Maira, per coprire i terreni: l’idea è stata subito scoraggiata dall’am-

ministrazione”. Altrove le legge ha scoraggiato i privati. Nell’Alessandrino la proliferazione indiscriminata di fotovoltaico a terra nella val Lemme, Alto Ovadese e nell’Acquese, è stata evitata. La Comunità Montana Appennino Aleramico Obertengo puntava su questa fonte di energia alternativa per ottenere soldi per le casse sempre più esangui a causa degli tagli. L’ente aveva deciso di coordinare le varie proposte arrivate ai Comuni sull’installazione del fotovoltaico (erano interessati 13 Comuni), pubblicando un avviso per cercare imprenditori pronti a investire su terreni privati, attraverso un accordo con le amministrazioni comunali per arrivare a un partenariato pubblico-privato, finché si è scoperto che installare pannelli fotovoltaici in montagna o collina oggi è particolarmente difficile: la legge tutela il paesaggio e non è possibile evitare che i pannelli siano troppo visibili. Poi ci sono le prescrizioni sulla vicinanza ai corsi d’acqua. Così le varie manifestazioni di interesse pervenute in base all’avviso sono state tutte ritirate grazie ai vincoli paesaggistici. Gli esempi positivi non mancano. Anche tra le imprese. A Melle, in alta valle Varaita, la cooperativa agricola Valver-

be (specializzata in tisane e fitoterapia a base di erbe di montagna), nel 2005 ha installato 180 pannelli fotovoltaici per alimentare il sistema di essiccazione delle erbe. Nell’Alessandrino, a Borgo San Martino, lo Skidome (uno stadio da neve con annesso un complesso dotato di parcheggi e di aree commerciali) ha la sua copertura in pannelli fotovoltaici che consentono una produzione di 2 megawatt di energia. E dove l’energia non arriva o sarebbe scomodo un collegamento con cavi dalle grandi centrali di pianura, conviene produrre sul posto, come accade ad esempio per decine di rifugi alpini: il “Mondovì”, storico rifugio delle Alpi Marittime, nell’alta Val Ellero, ha pannelli e una centralina idroelettrica autonoma (interventi sono stati finanziati da Regione e Fondazione Crc); il “Pagarì” (piccolo rifugio in pietra in alta Valle Gesso, 2650 metri) ha pannelli sui tetti, così come tutte le strutture del Parco Capanne di Marcarolo (anche in questo caso con i contributi della Regione), mentre a Perrero, nel parco naturale provinciale Conca Cialancia, in alta Val Germanasca, il nuovo rifugio in legno di castagno avrà pennelli fotovoltaici a accumulatori, grazie ai contributi di Provincia di Torino e Regione.


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La complessità socioeconomica del territorio montano piemontese di A. Crescimanno e F. Ferlaino, IRES Piemonte e F. S. Rota, EU-POLIS, Politecnico e Università di Torino (DITer) i recente l’Ires, con il supporto del Csi-Piemonte, ha sviluppato per conto dell’assessorato regionale Sviluppo della Montagna e Foreste una metodologia di analisi dei sistemi territoriali di montagna, basata su variabili socio-economiche, infrastrutturali e am-bientali e l’identificazionee di otto tipologie di territo-ri. L’applicazione di questaa emetodologia al caso del Piene monte costituisce l’occasione ne per sviluppare una riflessione izpiù ampia sui modelli utilizzati per descrivere i territori di montagna e i processi di sviluppo. Nella programmazione comunitaria e regionale la montagna sembra infatti emergere unicamente come ambito di azione e riflessione in quanto “contraltare” o complemento funzionale ai sistemi urbani e produttivi localizzati in pianura. In pratica, la montagna diventa l’“altro” su cui questi ultimi, improntati a un modello di sviluppo capitalistico urbano-industriale, costruiscono la propria identità. Ne consegue che molti dei di-

Dal Dal guardare dal dal basso…

D

scorsi sulla montagna fanno riferimento a valori, processi, dinamiche non-urbani, in una sorta di memoria del radicamento e dello stile di vita antico. Tuttavia, l’analisi dei comuni piemontesi mostra una realtà diversa, in cui l’obiettivo dello sviluppo bilanciato e di lungo periodo in montagna passa anche attraverso il conseguimento di connotati di moderata urbanità mentre nell’immaginario culturale permane la tradizionale visione della montagna come territorio marginale omogeneo.

Le ragioni del perdurare are dell visione marginalizlizdella zan della montagna non zante son completamente chiahiasono orre e andrebbero maggiorme tesi mente indagate. L’ipotesi che qui si formula è chee la vis visione sia fortemente costi stitutiva delle identità regi gionali caratterizzate dalla presenza montana. In p ne è particolare, tale visione c itucomplementare e costituti della stessa identità tità tiva d territori di pianura, ura, dei p sviluppati. La mononpiù uotagna sembra costituire il luoadigo di riferimento delle radigio ci culturali e dell’ancoraggio identitario ed emerge come territorio idealizzato, matrice storica cui si richiama la gran parte della soggettività, della popolazione mobile che vive in pianura e che struttura il pendolarismo giornaliero per motivi di lavoro e di studio e il pendolarismo urbano dei city users, più inerenti la sfera della riproduzione. Nel caso qui indagato, la montagna emergerebbe cioè come il contraltare dei si-

In

Inchiesta

IRES Piemonte Via Nizza, 18 – 10125 Torino ferlaino@ires.piemonte.it

EU-POLIS, Politecnico e Università di Torino (DITer) Viale Mattioli, 39 10125 Torino rota@econ.unito.it


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stemi urbani e produttivi localizzati in pianura, l’altro su cui questi ultimi costruiscono la propria identità, in una sorta di memoria del radicamento e dello stile di vita sostenibile. Il modello di sviluppo capitalistico urbano-industriale, che si è diffuso soprattutto nei territori pianeggianti e, in Italia, soprattutto nei territori del pedemonte, trova nella montagna lo sfondo rispetto al quale stagliarsi, la differenza rispetto cui rintracciare i propri confini, la propria fisionomia. La rappresentazione che ne deriva della montagna e dei suoi problemi è quindi, in un certo senso, un’invenzione della pianura, di un certo modo di intendere lo sviluppo e il sottosviluppo. Da notare che il concetto di sottosviluppo non esiste se non in contrapposizione a una visione univoca di sviluppo, inteso come un percorso lineare di crescita, accumulazione e espansione. Questo significa che qualsiasi territorio esuli da questa visione è associabile a una condizione di sottosviluppo, ritardo o marginalità L’approccio “pianuracentrico” ai temi della montagna fa sì che la montagna non sia considerata positivamente, in ciò ch’ella è per sé; ma negativamente, come altro rispetto ai sistemi urbani e produttivi della pianura: questi sì, viene detto, veramente sviluppati e con uno stile moderno di vita.

…All’osservare dall’alto

L’Ires, insieme alla Regione Piemonte (tra cui anche

rappresentanti degli enti di montagna) e al Csi-Piemonte, hanno costituito un tavolo tecnico che ha elaborato un particolare metodo d’indagine, attraverso cui rilevare: tipologia, intensità e articolazione spaziale dello sviluppo e delle peculiarità espresse dalle terre alte. L’approccio con cui è stata costruita la metodologia è di particolare interesse in quanto ha permesso di maturare una critica alle rappresentazioni della montagna (spesso nate in contesti metropolitani e industriali, tipici della pianura) e ottenere una più veritiera fotografia della stessa, che ha tenuto conto delle diverse visioni elaborate alle differenti scale. Attraverso una procedura in due step, il modello d’indagine sviluppa una classificazione dei territori di montagna, secondo alcune tipologie territoriali prevalenti. Nel primo passaggio, le montagne sono state scomposte nelle unità territoriali costitutive. L’unità è rappresentata dal comune amministrativo e lo studio dell’Ires ha preso in considerazione l’insieme dei comuni montani che presentano una connotazione “prevalentemente montana e completamente montana”, secondo quanto stabilito dal legislatore nazionale e regionale. Si tratta di 515 comuni montani, su 1.206 complessivi presenti in Regione.

Fattori di sviluppo

Le unità territoriali sono quindi state analizzate alla ricerca di differenze e analogie, tanto in termini di van-

taggio socio-economico (o, in senso contrario, di marginalità), quanto in termini di accessibilità (o isolamento) e di qualità (o vulnerabilità) delle condizioni ecologicopaesaggistiche. A differenza dei contesti di pianura, dove i divari si spiegano prevalentemente in ragione degli aspetti demografici (forza lavoro e capitale umano) e della dotazione economicoistituzionale (attività produttive, capacità innovativa, capitale sociale), in montagna appaiono centrali anche altri fattori, relativi all’integrazione territoriale. L’accessibilità interna e gli aspetti “cerniera”, in particolare, hanno definito nel passato la gran parte dell’economia e dell’organizzazione montana. Ma anche gli aspetti fisico-ambientali giocano un ruolo parimenti importante e inscindibile dagli altri due, in quanto serbatoi di risorse e biodiversità.

Oltre gli stereotipi

Di qui la scelta di adottare un modello analitico articolato attorno a tre assalità (socioeconomica, infrastrutturale, ambientale). L’interconnessione tra gli assi è evidente e assume esiti diversi a seconda dei contesti considerati. Da un lato, buoni livelli di accessibilità e infrastrutturazione sono condizioni favorevoli allo sviluppo socioeconomico, così come valori elevati di qualità ambientale possono essere sfruttati per attivare virtuosi processi di sviluppo locale. Nello stesso tempo, condizioni socio-economiche favorevoli generano

ricchezza e le risorse attraverso cui finanziare azioni di infrastrutturazione e salvaguardia ambientale. Non si possono escludere casi di interazione negativa, per cui, per esempio, elevati livelli di infrastrutturazione e sviluppo economico sono ottenuti a scapito della salvaguardia della qualità dei quadri ambientali naturali. Individuare a priori l’esito, sinergico o dirimente, dell’interazione tra gli assi non è possibile: si tratta di considerazioni che possono essere sviluppate solo attraverso un’analisi condotta caso per caso. Il secondo passaggio consiste in una classificazione delle unità territoriali in funzione di una valutazione complessiva dei posizionamenti relativi dei tre indici sintetici. Si ottiene una classificazione a otto tipologie. Le tipologie individuate sono rappresentative di altrettanti tipi di sviluppo territoriale. 1. Sistemi in equilibrio economico e ambientale. Identificano sistemi territoriali sviluppati, accessibili e connotati dal punto di vista ambientale. 2. Aree rurali di elevata montanità e nicchie turistiche. Si tratta di territori sviluppati e con valori elevati di pregio ambientale, ma isolati. 3. Zone paesaggistiche e di pregio ambientale. In questo caso condizioni favorevoli di qualità ambientale e accessibilità si accompagnano a una situazione di depotenziamento socio-economico rispetto al resto della


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montagna piemontese. 4. Aree naturali interne e a bassa densità abitativa. Elemento distintivo di questi sistemi territoriali è l’elevato valore dei quadri ambientali. Per il resto, si tratta di realtà poco accessibili e poco sviluppate. 5. Città e sistemi urbani montani. All’elevato sviluppo e accessibilità si contrappone una situazione di fragilità delle risorse ambientali. 6. Centri interstiziali e aree di riconversione produttiva. Nonostante si tratti di contesti piuttosto isolati e svantaggiati dal punto di vista ambientale, in questi sistemi di montagna si realizzano positivi processi di sviluppo socio-economico. 7. Sistemi marginali di transito. L’elevata accessibilità è l’elemento di maggiore connotazione di questi sistemi, altrimenti sottosviluppati e ambientalmente fragili. 8. Sistemi marginali isolati. Si tratta della condizione peggiore di tutte. Questa tipologia identifica territori isolati, non sufficientemente sviluppati e compromessi dal punto di vista dei quadri ambientali. Una montagna quindi complessa dal punto di vista socioeconomico e non facilmente riconducibile a visioni stereotipate che rimanda a conclusioni di un certo interesse, che permettono una riflessione critica sulla natura dei determinanti e dei modelli spaziali dello sviluppo montano.

Ricerca

per lo sviluppo a recente ricerca dell’IRES sulla montagna del Piemonte offre numerosi spunti di riflessione sulla montagna e sullo sviluppo dei sistemi territoriali piemontesi. Oltre alle ricche evidenze empiriche fornite, è stata anche l’occasione per riflettere sulla classificazione di questi territori in Italia e in Piemonte, proponendone una faticosa sistematizzazione. In quest’ottica una prima considerazione che emerge riguarda la relazione tra montagna e pianura. I risultati sul Piemonte sembrano infatti rimandare all’ipotesi che, nel contesto delle reti globali competitive, comincino a emergere nuove specializzazioni produttive e territoriali, che si connotano (con i relativi mercati) più dal punto di vista geofisico che politico-amministrativo. Con riferimento al contesto europeo, la pianura sembra infatti essere il luogo delle reti più globalizzate e dei nodi della produzione avanzata e dei settori di massa. La collina esprime caratteristiche di radicamento territoriale e paesaggistico entro tuttavia reti globali consistenti e potenzialmente

L

Questo articolo fa riferimento ad un recente studio sulla montagna piemontese (A.Crescimanno, F. Ferlaino e F.S. Rota, La montagna del Piemonte. Varietà e tipologie dei sistemi territoriali locali, IRES-CSI Piemonte – Regione Piemonte, Torino, 2010), condotto dall’IRES Piemonte e CSI-Piemonte per conto della Regione Piemonte. Si può richiedere a: federica.zangirolami@regione.piemonte.it. La ricerca verrà presentata il 22 febbraio a Torino in un convegno a cui interverranno l’assessore regionale alla Montagna Roberto Ravello e gli autori.

forti. La montagna sembra invece emergere, all’interno del contesto globale, come territorio della “naturalità” che si pone in termini contestuali di differenziazione con i territori circostanti. All’interno di questo scenario emergono tuttavia montagne diverse, espressione di istanze differenti e, spesso, in conflitto tra loro. Il modello dell’IRES fornisce a questo riguardo una classificazione secondo alcune tipologie prevalenti di territori montani, relative allo sviluppo socio-economico, all’accessibilità e alla qualità ambientale. L’analisi empirica del caso piemontese mette quindi in evidenza la varietà e complessità di situazioni che caratterizzano i territori di montagna, tratteggiandone un profilo specifico, per cui si richiedono

politiche mirate. Per esempio emergono con chiarezza i connotati paesaggistici ma marginali di molta parte delle montagne appenninche, l’esistenza di alcuni principali corridoi alpini di sviluppo, i problemi ambientali delle porte di valle, la valenza incontaminata delle parti più inaccessibili delle alpi cuneesi. Sebbene non generalizzabile nell’equivalenza “montagna = marginalità” in Piemonte la montagna svantaggiata dal punto di vista socio-economico è una realtà che interessa il 58% dei comuni analizzati. Ciò richiede di continuare a implementare le politiche attive di sviluppo, a partire dalla consapevolezza dei fattori specifici indagati. Occorre tuttavia prendere atto che il restante 42%, cioè 218 comuni dei


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complessivi 515 che formano la montagna piemontese, registrano buone performance, in alcuni casi raggiungendo valori di ricchezza del tutto confrontabili con le altre aree dello sviluppo regionale. La ricerca consente anche di fare alcune scoperte interessanti circa il modo in cui le determinanti dello sviluppo territoriale (socioeconomico, ambientale e infrastrutturale) si combinano reciprocamente. In contrasto con alcune convinzioni consolidate, sembra infatti esistere una forma di mutualismo debole tra l’accessibilità e lo sviluppo socioeconomico. Questo significa che nei contesti di montagna non basta l’infrastrutturazione a determinare lo sviluppo territoriale: essa è una condizione forse necessaria, certo non sufficiente. L’infrastrutturazione e l’accessibilità diventano al contrario leve importanti se accompagnate da altre attività e servizi, quali elementi del carattere urbano, che in montagna (e non soltanto)

sono espressione di crescita economica. A sostegno di questa ipotesi, la ricerca sul Piemonte mostra che le aree più sviluppate interessano i contesti urbani localizzati in corrispondenza di alcuni dei corridoi storici dell’attraversamento alpino (in valle di Susa, nel passo del Tenda, nel Verbano, nel corridoio della val d’Ossola, nelle aree di più urbane di connessione con la Valle d’Aosta) o in zone dove maggiore è la presenza di attività e servizi che su questi stessi assi gravitano. Sempre dall’analisi risulta poi che il capitale naturale è correlato negativamente sia con l’infrastrutturazione che con la crescita socio-economica. Ciò significa che la crescita e l’infrastrutturazione “erodono”, tendono a far diminuire il capitale naturale, quantunque nell’insieme in modo piuttosto debole e non tale da costituirne una determinante diretta. Da ultimo, è certamente interessante rilevare come la rappresentazione della montagna come luogo della na-

turalità e della sostenibilità, in qualche modo contrapposto alla pianura, presenti in realtà diversi elementi in comune con quest’ultima. In Piemonte, infatti, i comuni maggiormente sostenibili (che registrano cioè performance superiori alla media per le tre assialità, socio-economica, dell’accessibilità e ambientale) non sono aree singolari o particolarmente “virtuose”, sono comuni in cui i vari indicatori normalmente non primeggiano ma raggiungono, tuttavia, situazioni positive. È cioè il gioco di equilibrio tra le differenti componenti a definire l’eccellenza e non, come spesso si pensa, la straordinarietà delle performance in ogni indicatore. Questo significa che, sebbene la risorsa ambientale continui ad essere di gran lunga l’atout principale su cui puntare nei processi di sviluppo futuro dei territori di montagna (in termini di biocapacità prodotta, di bene paesaggistico, culturale, ricreativo, ecc.), è tuttavia evidente che tale risorsa non

può essere data per scontata. Essa è infatti soggetta a fattori di vulnerabilità territoriale, di pressione, nonché dalla impedenza esercitata dalla scarsa accessibilità di molti territori. Inoltre, per essere ben utilizzata, necessita che si verifichino condizioni particolari di urbanità e equilibrio dei tre fattori del modello (socio-economico, ambientale e dell’accessibilità) che non sono date da performance eccezionali, quanto piuttosto da un gioco complesso tra le molteplici componenti. Questa particolare forma di urbanità (di piccola dimensione, integrata con il contesto territoriale, non avulsa dalle condizioni di modernità) in gran parte nega l’immagine idealizzata della montagna quale spazio di una naturalità perduta (che è fondativa più delle nuove identità metropolitane che con la montagna intrattengono nuovi legami e relazioni, che di quelle del popolo delle terre alte). Ma è da qui che occorre partire per far rivivere questo territorio “speciale”.


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Il Sistema neve I modelli del cambiamento Allo studio una gestione degli impianti di risalita ispirata a realtà, come la Francia, dove le strutture sono pubbliche. L’Uncem a fianco dell’assessore Cirio con una proposta sostenibile per l’acquisizione degli impianti a fune da parte della Regione n Piemonte la neve, con le 66 stazioni sciistiche, i 300 impianti, tra cui 12 snowpark, e i 1300 chilometri di piste, si conferma prodotto turistico di punta. Un comparto fondamentale per l’economia locale su cui, fra la fine di quest’anno e l’inizio del 2011, avvieremo una riorganizzazione anche gestionale. Per poter affrontare la concorrenza della altre grandi regioni sciistiche europee. Vale a dire proprietà pubblica degli impianti, cioè della Regione, e gestione ai privati”. Parola dell’Assessore al Turismo della Regione Piemonte Alberto Cirio che, per il sistema neve della montagna subalpina, sta pensando a una gestione degli impianti di risalita ispirata a realtà, come la Francia, dove le strutture sono pubbliche. “Il sistema privato non può affrontare da solo gli investimenti necessari alla sopravvivenza di impianti non di proprietà pubblica, ma che sono una risorsa turistica indispensabile. In Piemonte – spie-

“I

ga Cirio – non è mai stata fatta una politica sul sistema neve. Si è andati avanti con iniziative spot che tradiscono una mancanza di scelte compiute con buon senso. Ciò ha prodotto un quadro confuso e ingiusto che vede figli e figliastri, con la Regione che tratta in modo diverso situazioni analoghe, rischiando di mettere in difficoltà il sistema”. È proprio da questa analisi che parte l’idea lanciata recentemente dall’assessore Cirio. “Noi vogliamo fare una seria politica e ci muoveremo coinvolgendo sia gli enti locali che gli operatori privati – ha annunciato

l’assessore – perché rappresentano e alimentano l’industria turistica. Dobbiamo essere consapevoli del grave rischio che corre il sistema neve piemontese: molti impianti sono vicini alla fine della propria vita tecnica e i gestori non avranno i fondi per le revisioni e le stazioni sciistiche non sono in grado di reggere la concorrenza della vicina Val d’Aosta o degli svizzeri e dei francesi, perché prive dei mezzi per potenziare le strutture”. Una riorganizzazione che parte dalle debolezze del settore. “Gli studi degli operatori – fa notare Cirio – dimostrano che non è più possi-

Alberto Cirio

Pietro Blengini

di Laura Carcano

In

Inchiesta

Sergio Gibelli


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FLUSSI TURISTICI STAGIONE 2008-2009

Provincia AL AT BI CN NO TO VB VC Totale Piemonte

Stagione Invernale 2008-2009 Arrivi Presenze 11.546 23.679 774 3.137 3.370 19.279 62.056 193.738 0 0 273.879 1.283.065 27.171 78.535 17.996 56.606 396.792 1.658.039

bile pagare le rate di ammortamento di un impianto con i soli ricavi della sua gestione. Se non affronteremo tutto ciò in tempo, la situazione diventerà esplosiva e rischierà di mettere in crisi il primo settore turistico del Piemonte. Quindi, per prima cosa, la Regione ha scelto di mettere a riparo il 2011 da rischi economici, rifinanziando la Legge 2 sulla sicurezza delle piste. Sono stati riconfermati e incrementati di poco i circa cinque milioni dello scorso anno, destinati soprattutto all’innevamento. Abbiamo un anno davanti

Stagione Invernale 2008-2009 Arrivi Presenze 2,9% 1,4% 0,2% 0,2% 0,8% 1,2% 15,6% 11,7% 0,0% 0,0% 69,0% 77,4% 6,8% 4,7% 4,5% 3,4% 100,0% 100,0%

per ridefinire il sistema – fa sapere Cirio – e lo faremo guardando a chi si è dimostrato più bravo di noi, come la Francia, la Valle d’Aosta, il Trentino Alto Adige, dove gli impianti sono pubblici, ma dati in gestione ai privati. Questo modello sarà la base delle nostre valutazioni, unitamente all’analisi affidata a Finpiemonte, pronta entro l’anno, che fotograferà la durata tecnica e lo stato finanziario di tutti gli impianti piemontesi”. Un segnale di attenzione apprezzato dall’Arpiet Piemonte, l’Associazione regionale piemontese delle

imprese esercenti trasporto a fune in concessione. “Il nostro settore in Piemonte conta oltre 50 gestori di impianti di risalita, quasi tutti privati: un fatturato di circa 60 milioni l’anno e oltre 1200 dipendenti. Dal momento che un euro di spesa per uno ski pass ne genera da 8 a 12 in termini di ricadute sull’indotto – dice Sergio Gibelli, presidente Arpiet Piemonte – ci riteniamo un importante e necessario volano economico e patrimoniale per interi territori. Ma non siamo competitivi con i vicini comprensori sciistici di altre regioni che godono di contributi pubblici ingentissimi pper la gestione, per gli invesstimenti e per la promozionne. Per questo ci interessa ffortemente essere coinvolti nnel tavolo regionale che afffronterà la riorganizzazione ddel settore. Un processo che, nnella situazione piemontese m molto disomogenea con imppianti recenti e altri giunti a scadenza della vita tecnicca, si presenta però molto ccomplesso e di non facile rrealizzazione anche per le ddiverse strutture imprendi-

toriali esistenti, talune di medie e grosse dimensioni, altre a conduzione tipicamente familiare. E che a breve richiederebbe investimenti imponenti e comporterebbe altresì una serie di responsabilità tecniche a carico della pubblica amministrazione da valutare. Regionalizzare quindi è una soluzione possibile, ma non l’unica. Si può pensare a un incremento di fondi per una adeguata applicazione della L.R. 2/2009, a sgravi fiscali per i consumi energetici, in particolar modo sul costo dell’energia elettrica, e sul consumo del gasolio con lo stesso principio utilizzato nel settore dell’agricoltura. E poi, agevolazioni – suggerisce Gibelli – per chi deve investire per acquisire o rinnovare gli impianti affrontando altresì la questione dell’innevamento programmato, con l’obiettivo di individuare un sistema economico che consenta di ripartire parte della spesa per la gestione anche in capo a tutti i soggetti che beneficiano del servizio, siano essi imprenditori, enti pubbli-


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SCIOVIE E IMPIANTI DI ARROCCAMENTO: FINANZIAMENTO PUBBLICO

Le proposte dell’Uncem piemontese

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li impianti di arroccamento sostituiscono le strade che dovrebbero collegare i punti di partenza agli impianti sportivi (che sono aziende come le altre) perciò si possono considerare opere di urbanizzazione il cui costo deve essere a carico dei soggetti pubblici. In questo caso ovviamente della Regione. I nostri competitori (della Valle d’Aosta in particolare) dispongono di un sistema largamente finanziato dal pubblico. Anche le confinanti stazioni francesi beneficiano di ampi investimenti pubblici. In altre Regioni alpine (molte sono Regioni autonome) ci sono stati, e ci sono, interventi continuativi. In Piemonte, dopo gli interventi (provvidenziali) legati alle Olimpiadi, non ci sono più piani di sostegno né investimenti programmati. Il settore, pur consentendo un larghissimo indotto a favore del territorio della ricettività (e quindi dell’occupazione) non assicura alle imprese sciistiche la redditività necessaria per garantire l’ammortamento, la manutenzione e la periodica sostituzione degli impianti. La Regione Piemonte, tuttavia, sta dimostrando sensibilità e concreto interesse per i problemi del settore: ne è testimonianza anche il ripristino della stazione di Viola Saint Gree, chiusa da 15 anni. Sulla base di queste premesse, l’Uncem, che considera gli sport in-

ci fruitori diretti o utenti” ci, utenti”. “Bella idea quella di passare gli impianti alla proprietà regionale – ha detto Pietro Blengini, assessore al turismo della provincia di Cuneo –. In tutto l’arco alpino il sistema neve ha sempre

contributi altrove, altrove ricevuto contributi, mentre in Piemonte ciò non accadeva, tranne in val Susa, per le Olimpiadi. È positivo quindi che per la prima volta l’amministrazione si sia posta il problema. Fra i vantaggi ci sarà la possibi-

ve vernali una fonte primaria di occupazione, di reddito e di svilupcu po per la parte alta delle nostre vallate, anche sulla base delle va valutazioni espresse dall’assesva sore Cirio che ipotizza l’impeso gno della Finpiemonte a favore gn degli impianti sciistici, ritiene de necessari questi provvedimenti: ne 1) Le seggiovie e gli impianti di arroccamento, considerata anche la funzione di collegaan mento con le parti alte della m montagna, diventano struttum re di urbanizzazione di competenza regionale (ovviamente pe assegnate in uso – da vedere le as condizioni – alle società pubblico che o private). ch 2) La Regione interviene (tramite Finpiemonte) negli investim menti (o ammortamenti come m accantonamenti per i successivi ac investimenti) per gli impianti di in risalita. ris 3) Si adotta, come seguito dell’attività olimpica, un prode getto pluriennale di sostegno ge dell’incoming e rivalutazione de degli d e sport invernali, anche atil ruolo degli Enti locattraverso r li, in particolare delle Comunità montane come Agenzie per lo m sviluppo del territorio. sv Per concludere, nelle prossime settimane l’Uncem – che ha già costituito un gruppo di lavoro – incontrerà tutti i soggetti interessati, in particolare le stazioni sciistiche, per impostare e redigere sull’intera questione una propria proposta dettagliata e sostenibile.

lità di ricontrattare in modo più vantaggioso i mutui. Sarà possibile anche prendere in considerazione in alcuni casi la compartecipazione degli enti locali con i privati”. L’idea dell’assessore Ci-

rio piace anche al sindaco di Limone Franco Revelli. “Una proposta che condividiamo e che ha il merito di rispettare la normativa europea sugli aiuti pubblici alle imprese, che non possono ledere il prin-


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cipio della concorrenza. La nostra amministrazione comunale – dice Revelli – potrebbe passare a costo zero la proprietà dei suoi impianti alla Regione, che potrebbe così subentrare nel pagamento dei mutui, ma ricontrattandoli a condizioni sicuramente più favorevoli”. Sempre a sostegno del settore la giunta Cota sembra anche orientata a modificare l’orario scolastico 2011-2012, introducendo una vacanza invernale, che –

fa notare Cirio – “non costa nulla e produce fatturato”. Intanto, la domanda cresce, controcorrente nello scenario di crisi generale. “Lo scorso inverno – sottolinea l’assessore regionale al Turismo e Sport della Regione Piemonte – abbiamo consolidato 1,6 milioni di presenze turistiche sulle nostre montagne, con circa 400mila arrivi in aumento, nonostante la congiuntura internazionale: un dato che ci fa guardare in modo po-

sitivo anche a questa stagione”. “Nella stagione 2009-2010 – fanno sapere dall’assesso-

FESTIVITÀ NATALIZIE 2010

Più turisti sulle montagne piemontesi

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on incrementi delle presenze fino al 14% sui comprensori sciistici principali, ha preso il via in modo positivo la stagione invernale piemontese: i dati relativi alle festività natalizie 2010 vedono un aumento degli skipass venduti rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (Fonte: Società gestrici impianti a fune) e anche l’occupazione media delle camere nelle strutture ricettive montane si è attestata al 52,6% recuperando +3,3 punti percentuali rispetto al Natale 2009 (Fonte: ISNART-Osservatorio Nazionale del Turismo – Unioncamere). In crescita del +15-20%, anche, il flusso turistico nei rifugi alpini raggiungibili con escursioni su neve, oltre ad aumenti rilevanti del +15% per le iscrizioni ai corsi di sci alpino ed escursionismo invernale (Fonte: CAI-Club Alpino ItalianoPiemonte). Trend in salita del +20% anche per le escursioni con le ciaspole (racchette da neve), sempre più scelte da appassionati e nuovi pratican-

ti per i costi accessibili e la possibilità di immergersi in paesaggi incontaminati. In provincia di Torino sulle Montagne Olimpiche, durante i 15 giorni delle festività natalizie, i passaggi sugli impianti della Vialattea hanno raggiunto i 2.480.615, con presenze in crescita di quasi l’8%. Bene anche a Bardonecchia dove i passaggi sono stati 1.500.000 (+15%); di questi, il 70% degli utenti è rappresentato dal mercato italiano, con ottimi risultati dal Centro e Sud Italia e il 30% da quello straniero. In Valsesia ottimi risultati ad Alagna con un aumento del +14% delle presenze per il Monterosa Ski, in crescita anche Scopello-Alpe di Mera con 35.515 skipass nel 2010 per Mera Ski rispetto ai 29.700 del 2009. Sulle montagne cuneesi nel comprensorio del Mondolè +8% le presenze e in crescita del +2% Limone-Riserva Bianca. Bilancio positivo anche per piccole stazioni come Crissolo e San Giacomo di Roburent dove si è registrato un sensibile incremen-

to delle presenze di giovani dai 18 ai 30 anni. Bene, inoltre, Pontechianale e Viola St. Grèè. Sulle suggestive montagne del Verbano nel comprensorio di Neveazzurra ottimi risultati per il Mottarone in crescita del +10% e il 95% di occupazione media delle camere nelle strutture ricettive locali. In crescita del +5% Domobianca (11.300 passaggi) e tenuta positiva per Macugnaga con 12.200 passaggi e il 50% di occupazione media delle camere in Valle Anzasca. Tenuta positiva anche per Alpe Devero con 2.500 passaggi e ottimo risultato per San Domenico con un incremento del +15% e 7.000 passaggi. Nel cuore biellese dell’Oasi Zegna, Bielmonte (segnalata dai pediatri italiani tra le prime 3 stazioni sciistiche del Nord-Ovest ideali per bambini) ha visto un incremento di circa il 20% delle presenze giornaliere, nonostante un lieve calo del totale a causa del maltempo. In tenuta positiva con circa 1000 passaggi Oropa.

rato – le presenze sono costanti rispetto al 2008-2009, mentre sono in lieve crescita gli arrivi, anche se i dati s sono ancora provvisori. Ciò s significa che, pur aument tando, i turisti hanno pern nottato meno: non rinuncian alla vacanza, ma hanno no r ridotto la permanenza come c conseguenza della crisi. Nel 2 2008-2009 il 77% delle pres senze della stagione montan invernale si sono registrana t nelle montagne torinesi, il te 12% circa in quelle cuneesi e a seguire le montagne del V Verbano e del Vercellese”. P Passando dal versante della d domanda a quello dell’offert non resta che parlare delta l novità nei comprensori. le N Nella provincia di Torino, V Lattea e Bardonecchia Via p propongono Skipass gratis ( (minino 3 notti) sino al 25 d dicembre e dal 26 marzo a f fine stagione. E bambini g gratis (soggiorni settimanal dall’8 gennaio al 5 febli) b braio: soggiorno, skipass, s scuola di sci e noleggio sci p 1 o 2 bambini nati dopo per i 31/12/1998 in camera con il 2 adulti paganti. Per tutti i c clienti Alitalia, invece, grat la settima notte e il trantis s da e per l’aeroporto. Sul sfer f fronte delle piccole stazioni


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invernali, skipass gratis a chi dorme almeno una notte, mentre la formula “pagano solo mamma e papà” propone il soggiorno e skipass gratis per 1 o 2 bambini ogni 2 adulti paganti, dal 6 gennaio al 25 aprile. “Da questa stagione – annuncia Antonio Longo Dorni, presidente del Distretto dei Laghi – è possibile sciare con un unico skipass stagionale in tutto il comprensorio di Neveazzurra, con una nuova attrazione: Alpyland al Mottarone, un impianto di bob a rotaie inserito in uno dei panorami più belli del mondo. Numerosi gli eventi, come la finale di I-Free, il circuito di free ride che si svolgerà a Macugnaga ad aprile lungo il canalone Marinelli, o il circuito ‘Ciaspolando tra laghi e monti’ con undici ciaspolate in luoghi suggestivi. Tante altre proposte, come i pacchetti ‘terme + sci’, da godere nelle stazioni di Formazza e dell’Alpe Devero e alle Terme di Premia. “Nel cuore biellese dell’Oasi Zegna, Bielmonte – illustra Marco Pichetto, presi-

dente Atl di Biella – è stata segnalata da una ricerca condotta da 114 pediatri italiani, tra le prime tre stazioni sciistiche del Nord-Ovest ideali per bambini per le sue peculiarità e il rapporto servizi-costi. Il “Parco della neve” ha 20 chilometri di tracciati per lo sci da discesa e 20 per lo sci di fondo e piste in neve fresca e una rete di sentieri percorribili con le racchette da neve di 50 chilometri. Tra le novità, il Rolba Run, pista riscaldata per uno speciale bob a rotelle, lunga 630 metri e con pendenza del 20%. Ad Oropa si conferma la formula con area sciabile interamente riservata al free-ride, per sci, tavola e ciaspole, e impianti in funzione il sabato e nei festivi”. I comprensori sciistici del Cuneese propongono una distesa di piste e impianti di risalita abbinati a itinerari culturali ed enogastronomici, per vivere l’emozione di una discesa con gli sci, dello snowboard o del fondo e gustare funghi, tartufi, formaggi e vini. “A Limone Piemonte – dice Bruno

Concorso di sci virtuale per vincere skipass reali

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ra le novità promozionali della stagione invernale sul sito www.piemonteneve.com (il portale che raccoglie tutte le stazioni sciistiche piemontesi, gestito dall’Arpiet Piemonte e da Cuneo neve di Confindustria) c’è un concorso a premi con competizioni virtuali di sci alpino e snowboard. Chi si iscrive ha la possibilità di allenarsi e gareggiare su cinque livelli di difficoltà e, ogni settimana, i primi classificati si aggiudicheranno uno skipass giornaliero gratuito.

V ll i id t di Vallepiano, presidente ‘Cuneo neve’ di Confindustria Cuneo – sarà attiva la nuova seggiovia biposto. E a Lurisia, per rafforzare iil binomio sci-terme, enttrerà in funzione un nuovo ccentro benessere, mentre in V Valle Stura si potrà sciare in ttutto il comprensorio per il ffondo con un solo skipass. A Prato Nevoso, poi, nuovva gestione per gli impiantti sciistici di Crissolo. “Ai ppiedi del Monte Rosa, in V Valsesia – sottolinea Paolo M Melotti, presidente dell’Atl V Valsesia-Vercelli – Alagna, cconosciuta come ‘Paradiso

d l freeride’ f id ’ per i suoii i suoii del chilometri di discese mozzafiato, grazie al collegamento con la vicina Valle d’Aosta, fa oggi parte di uno dei più grandi comprensori sciistici d’Europa su piste battute”. Sempre ad Alagna si praticano anche altre discipline, che spaziano dallo sci alpinismo al telemark alle passeggiate con le racchette da neve. E sul Monterosa Ski tornano anche le “Giornate in rosa” del mercoledì per le donne, con sconti sullo skipass giornaliero, e poi cene in quota, teleskipass e mini club sulle piste.


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LANGA ASTIGIANA VAL BORMIDA

di Chiara Viglietti

In

Inchiesta

L’altra Langa

Dove le montagne profumano di mare Tradizione e innovazione per due comparti di assoluta eccellenza: agricoltura e allevamento. E una serie di progetti per la valorizzazione di un ecosistema unico, un paradiso di biodiversità i puoi trovare un po’ di tutto in questa terra di confine, che orbita intorno ai nomi noti di un formaggio e di un vino, Roccaverano e Loazzolo, tra le pietre degli archi e i muretti a secco, testimonianze di storia e del lavoro contadino. Ci sono gli squarci della terra che si apre in calanchi e i ricordi

C

delle lotte contro il grande inquinamento del Bormida da parte dell’Acna di Cengio. È il territorio della Comunità montana Langa Astigiana Val Bormida. Ne fanno parte 16 Comuni: Bubbio, Cassinasco, Castel Boglione, Castel Rocchero, Cessole, Loazzolo, Mombaldone, Monastero Bormida, Montabone, Olmo

Gentile, Roccaverano, Rocchetta Palafea, San Giorgio Scarampi, Serole, Sessame e Vesime. Un territorio di 200 kmq malcontati, posto a cavallo tra le valli del fiume Bormida, quello di Millesimo e in minima parte quello di Spigno. Che disegna un paesaggio a cavallo tra Piemonte e Ligu-


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ria, tra pianura e Appennino. Scampoli di colline disegnate a prati, boschi e calanchi, di cui Roccaverano è idealmente centro e vertice. Abitano questa piccola Comunità montana 7048 persone (il 3,28% del totale provinciale). L’età media della popolazione è ben più alta rispetto a quella del capoluogo di provincia, Asti: 49,36 anni contro 45,36. Un dato che varia di paese in paese: si va da un minimo di 45,35 anni a Cassinasco ad un massimo di 54,99 ad Olmo Gentile. I Comuni con età media della popolazione residente superiore a 50 anni sono 6 (Olmo Gentile, Roccaverano, Rocchetta Palafea, Sessame, Cessole e San Giorgio Scarampi). Un’altra storia rispetto ai primi del ’900: decenni di pieno sviluppo e di ben altra densità abitativa. Negli Anni ’60, quando il boom economico attirava in città e in fabbrica le braccia e le menti migliori, queste campagne più di altre sperimentavano abbandono, spopolamento, degrado. Vi si insinuò la vera povertà, che è la perdita di cultura e di memoria. Da qualche anno, e tra mille

difficoltà, qualcosa va cambiando. «Si stanno delineando nuovi scenari demografici – spiega il presidente della Comunità montana Sergio Primosig – tra i quali l’immigrazione di ritorno, con molti ex-residenti che fanno ritorno ai territori di origine al raggiungimento dell’età pensionabile e la crescente presenza di residenti che fanno i pendolari per raggiungere i luoghi di lavoro». Poi vengono gli stranieri – svizzeri, olandesi, persino danesi – che sono venuti a villeggiare e anche a vivere qui, recuperando le cascine di pietra arenaria di Langa che erano state abbandonate dagli ex contadini, immigrati in città al tempo dell’assalto della modernità peggiore al revelliano «mondo dei vinti». Perché quest’angolo di Langa è un territorio tutto da conoscere. Le tanti torri e quel che resta dei castelli disseminati qua e là, emblemi delle posizioni strategiche dei luoghi, sono il segno più evidente delle vicende storiche che nei secoli vi si sono alternate: prima marca aleramica, poi francese, infine regno dei Savoia.

Sergio Primosig

Giancarlo Scaglione

Castello di Bubbio

Immerso nei calanchi e non a caso premiato come uno dei borghi più belli d’Italia, Mombaldone è ancora cinto delle mura originarie. L’antico borgo castellano, di carattere medievale, ancora ben conservato, è sorto in epoca romana in prossimità del percorso della via Aemilia Scauri, tratto della più famosa via Julia Augusta che immetteva ai varchi per la Padania. Poi viene Roccaverano: che sia un bel posto non lo sapevano soltanto la potente famiglia dei Bruno e i casati che qui dominarono, tra una guerra e l’altra, fino all’arrivo dei Savoia: gli Scarampi, i Del Carretto. Vittorio Emanuele II, per rammentarne uno famoso, amava salire quassù per cacciare lepri, pernici e belle fanciulle. E c’è una fotografia, poi, risalente al 1960, che ritrae Beppe Fenoglio, che delle Langhe è l’Omero, proprio davanti alla chiesa attribuita a Bramante. Facile capire come qui il turismo sia una delle carte vincenti su cui si giocherà nei prossimi anni la partita del rilancio del territorio. Tuttavia, già ad oggi, gli ultimi dati sull’occupazione lasciano ben sperare per il futuro: sia il tasso di occupa-

zione (44,79%), sia quello di disoccupazione (4,01%), sono infatti inferiori rispetto alla media provinciale. Segnali confortanti vengono dall’imprenditoria che, costituita tendenzialmente da imprese basate sul lavoro autonomo e di piccole e medie dimensioni, risulta diffusa e coinvolge tutti i settori produttivi. E se ad Asti si registrano 14,7 imprese ogni 100 abitanti, qui se ne contano 448. Ovvero 15,73 imprese ogni 100 abitanti. Le più diffuse sono quelle che operano nel campo del commercio (150, il 33,48% del totale), nel campo delle costruzioni (132, il 29,46%) e nell’attività manifatturiera (82, 18,30%). Tuttavia, né il settore edile né quello manifatturiero, privi entrambi di vere e proprie filiere del comparto, fanno da traino all’economia. Piuttosto, per la Langa astigiana contano due comparti di assoluta eccellenza: agricoltura e allevamento. Sergio Primosig: «In questo senso tradizione-innovazione è il binomio che più si identifica con l’economia del nostro territorio: la promozione e la valorizzazione dei prodotti tipici che la Comunità montana persegue ormai


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da diversi anni, ha riportato all’attenzione di un pubblico qualificato, ma non solo, prodotti che fondano le proprie radici nelle antiche tradizioni langarole e oggi contraddistinti con l’appellativo di prodotti di nicchia. Primo fra tutti il formaggio che ha ottenuto il riconoscimento europeo DOP, la robiola di Roccaverano, presente nelle principali fiere enogastronomiche, ottimamente accompagnato dai vini della zona, quali il Moscato d’Asti D.O.C.G., il cui vitigno vanta tradizioni secolari sul territorio, la nuova piccola D.O.C. Loazzolo vendemmia tardiva e il Brachetto d’Acqui D.O.C.G.».

Altri dati: in base all’ultimo censimento ISTAT sull’agricoltura, nella Comunità montana di Primosig risultano lavorare 1821 aziende agricole, in gran parte di piccole dimensioni e a conduzione diretta del coltivatore (il 98,90% del totale). Di queste il 36,46% (664) destina parte delle proprie attività alla coltivazione di cereali, l’1,76% (32) alle coltivazioni orticole, mentre il 32,51% (592) è dedita al foraggio. Sono invece 1381 (75,84% del totale) le aziende impegnate in coltivazioni legnose; di queste 1233 (67,71%) lavorano la vite e 580 (31,85%) frutta. Le superfici coltivate da tali aziende sono pari a 6368,66

ha (63,68 km2) corrispondenti al 33,66% della superficie totale dell’area in esame (189,18 km2). Complessivamente il 41,49% delle terre coltivate è coltivato a vite (2642,41 ha) mentre il 28,24% (1798,56 ha) a cereali. Altra attività in forze al territorio è l’allevamento. Nella Comunità montana Langa astigiana si allevano circa 57430 avicoli (di cui ben 48228 nel solo Comune di Loazzolo), 3919 bovini, 1877 caprini, 678 suini, 354 ovini e 156 equini. Il 28,34% delle aziende allevano avicoli, l’11,97% bovini, il 7,30% suini, il 6,59% caprini, il 2,31% ovini e solo il 2,09%

equini. E dal latte delle pecore, capre e vacca, su queste colline si produce da ben due secoli un formaggio unico, la robiola di Roccaverano. Non è leggenda, ma storia, perché Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia cita fra le prelibatezze la «rubeola» del Piemonte. Insomma sono più di mille anni che questo prodotto di latte di capra (con aggiunta di quello di vacca o pecora) è re fra le Langhe, l’Astigiano e la Val Bormida. E se c’è un luogo in cui un prodotto locale – la robiola – incarna l’identità profonda del territorio, accompagnando i destini di chi vi abita, è proprio questo angolo di colline disegnate a

La Natura è casa nostra

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prati, boschi e calanchi. Negli Anni ’80 nacque l’idea di richiedere la DOP robiola di Roccaverano. Che oggi è uno dei formaggi più blasonati d’Italia, con un mercato in costante crescita. «Contiamo 18 produttori e uno stagionatore – spiega il vice presidente del Consorzio, Fabrizio Garbarino –. E tutti noi lavoriamo con orgoglio quella che è considerata l’unica DOP a latte crudo caprino d’Italia». Non solo: la robiola di Roccaverano è l’unica DOP italiana che vieta espressamente nel suo disciplinare l’utilizzo di qualsiasi Ogm. «Inoltre l’80% del nostro mangime deve provenire dal territorio: un modo per mantenere il plusvalore qui, facendo girare davvero la nostra economia». Un altro pianeta se si pensa che qui, nella valle del Bormida, solo 30 anni fa il biologico e la coltivazione naturale sembravano un sogno a speranza zero. Garbarino: «Perché questa era la valle della morte, per davvero. Quasi cento anni di Acna, l’azienda che qui produceva prima dinamite poi fertilizzante e altri inquinanti, aveva distrutto tutto. Ma alla fine ha vinto la voglia della gente di tornare padrona della propria storia». Oggi che l’Acna non c’è più, lo spauracchio della Langa astigiana è un altro: la mancanza dei servizi. «È bellissimo, ma pure così difficile vivere in questi posti. Ultimamente ci hanno azzerato servizi essenziali, come il pediatra di base. Così per curare i nostri figli dobbia-

mo rivolgerci al medico di base, che qui è quasi uno specialista in geriatria, visto l’età media della popolazione. E dire che il lavoro non ci mancherebbe: abbiamo un prodotto, la robiola intendo, che ci invidia tutto il mondo». Ma robiola a parte, la Comunità montana della Langa astigiana ha saputo farsi strada anche per un altro prodotto d’eccellenza. E per parlarne bisogna partire da Loazzolo, paese che ha dato vita ad una delle DOC più piccole d’Italia. Un comune di 350 abitanti, il cui nome deriva dal basso latino Lupatiolum, luogo dove scorrazzano i lupi. Appartenne sin dal XII secolo ai marchesi del Monferrato, che lo cedettero al comune di Asti nel 1200. Dal 1935 fa parte della provincia di Asti. Qui le condizioni pedoclimatiche sono ideali alla coltivazione della vite. Loazzolo conta su quattro cittadini insigniti della cittadinanza onoraria proprio grazie a questo prodotto della terra. Sono i quattro «Padri del Loazzolo», nomi di spicco del panorama enogastronomico italiano: o: Luigi Veronelli, Carlo Petrini, ettrini, Vittorio Gancia e G Giacoiacomo Bologna. Loazzolo, ollo, la DOC più piccola d’Italia, è a alia, stata riconosciuta nel 1992. 1 E produce un vino dolce lcce rarissimo, vinificato e imbottimbbottigliato esclusivamente ddaa uve Moscato (tradizionalmente m mente uzzione impiegate per la produzione tee, atdell’Asti), uve appassite, bile, taccate dalla muffa nobile, ennte coltivate esclusivamente alee. nel territorio comunale. e er Conta 8 produttori per

appena 5 ettari. Attualmente la produzione totale è di circa 50.000 bottiglie l’anno divisa tra gli otto produttori. A loro tutela esiste il «Consorzio per la tutela e valorizzazione dei vini a denominazione di origine controllata Barbera d’Asti, Barbera del Monferrato, Dolcetto d’Asti, Freisa d’Asti, Cortese Alto Monferrato e Monferrato» con sede ad Asti. Ma chi ha dato vita alla produzione di questo passito tanto unico va cercato a Loazzolo, alla «Forteto della Luja». È qui che lavora Giancarlo Scaglione, enologo di fama, l’inventore del Loazzolo Piasa Rischei, considerato uno dei migliori vini dolci italiani. I figli Giovanni e Silvia sono i continuatori di una tradizione che risale addirittura all’inizio dell’800. La novità portata dai due “giovani” è la svolta ambientalista: l’intera area in cui si trovano le loro vigne, sospese tra la Langa Astigiana e le colline del Moscato, è diventata infatti un’oasi del Wwf. La coltivazione è attentissima alla «naturalezTorre di Cassinasco

za» del prodotto. Del resto la cantina dal 2003 produce ed utilizza, prima in Piemonte, energia elettrica solare finalizzata alla produzione vitivinicola. Un esempio, questo, che ha fatto da traino. Tanto che la tutela ambientale è proprio, insieme al turismo ecocompatibile, la sfida del domani per questa piccola Comunità montana. «Perché anche questa è Langa – commenta Primosig –. Affascinante almeno quanto l’altra, l’albese, perché rimasta intatta, autenticamente contadina. Per questo abbiamo approntato una serie di progetti per la valorizzazione di un ecosistema unico, un paradiso di biodiversità. Di recente finanziamento è il progetto per la rete sentieristica che attraverserà tutta la Comunità montana. Ma noi puntiamo molto più in alto. L’obiettivo è riassunto nel Pti, Piano territoriale integrato. Si tratta di 4 milioni e mezzo di euro destinati alla riqualificazione del territorio su più direttrici: servizi alla popolazione per favorirne il miglioramento della qualidel vita, valorizzazione tà della ara dei ca caratteri tipici dei luoghi, progeett progettazione transfrontalieperr il richiamo turistico. E ra per zio sperimentali e virpoi az azioni tuose di risparmio energetico pubbllic supporto alle attipubblico, aart vità artigianali, progetti di suppoortt alla filiera agroalisupporto mentaare reti di collaboraziomentare, ne traa istituti di ricerca applica ata ed aziende locali. Ci plicata cred di crediamo, vogliamo concre tiz cretizzarli. Piccolo dettagli io i soldi. Quelli che glio: an nc attendiamo». ancora


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I ragazzi che volarono l’aquilone IIndagine su una formazione partigiana n’emozionante avventura vissuta nel periodo 1943-’45 da un gruppo di uomini e donne che, con le loro scelte difficili e sofferte, sempre pagate di persona, hanno contribuito a cambiare la storia dell’Italia del ’900. Il libro, li frutto di una ricerca scrupolosa, svolta in un contesto pressoché inesplorato dalla stor storiografi a resistenziale ufficiale, documenta i tentativi di esportare l’esperienza partigiana della banda “Italia Libera” di Duccio Galimberti, Livio Bianco e Leo Scamuzzi dalle val cuneesi al Torinese. Le vite di questi “ragazzi” ci restituiscono la dimensione morale valli de dell’epoca e concorrono a costruire una non comune pagina di storia vera, che a tratti sembr un romanzo: una sorta di romanzo epistolare reso fresco e vivace dalla scelta dell’aubra to di narrarlo come resoconto “a caldo” di un viaggio nel passato. Accanto ai problemi tore or organizzativi delle prime bande “ribelli”, ai contrasti tra garibaldini e azionisti, a person naggi del calibro di Pedro Ferreira, Antonio Giolitti, Battista Gardoncini, Walter Alessi, N Nicola Grosa, Giulio Bolaffi, ai processi partigiani e alle trattative di scambio di prigionieri ai rapporti con i “maquis” francesi e gli Alleati, alla drammatica vicenda dell’unico nieri, reparto di Giustizia e Libertà creatosi in Val di Lanzo, spicca la figura antiretorica di Bruno Tuscano. Meglio di altre, la tormentata scelta partigiana del ragazzo calabrese protagonista di questa storia assume un valore esemplare per tramandare i valori della Resistenza.

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Recensioni a cura di Ambra Lazzari

(Franco Brunetta, I ragazzi che volarono l’aquilone. Indagine su una formazione partigiana, 2010, ed. Araba Fenice, pagine 574)

Ovunque sulle montagne Autore di “Chelys Mons” – romanzo storico sull’Appennino parmense – e di “Lepre pazza” – romanzo d’amore ambientato negli anni della contestazione – Giuliano Serioli è presidente e gestore del circolo Arci Bacco Verde l nuovo romanzo di Serioli ci immerge nell’avventura di un geologo quarantenne che, rotti i legami con la vita precedente e abbandonate le idee che l’avevano guidata, avverte imprescindibile la voglia di costruire in montagna la sua nuova di dimensione di vita. Tutto ciò che gli capita rappresenta una progressiva metafora della vita quotidiana di tutti noi e di ciò che lui apparentemente dovrebbe essersi lasciato all alle spalle. Incontra e si scontra con i vecchi del paese, col loro retaggio ancestrale lon longobardo e con la loro paura di ciò che rimane dell’antica e preesistente etnia ligure. È aattorno a questa antica etnia che abitava Alpi e Appennini che è incentrato un mister stero, e la montagna stessa sembra volerlo svelare al protagonista attraverso sogni che lo pportano a immaginare cose e a desiderarne altre ancora. Sogni tanto vividi e intensi da ssembrare premonitori. La furia di conoscenza del protagonista e della sua compagna d’av d’avventura si ferma di fronte all’impossibilità di spiegare con la ragione l’improvvisa intru intrusione della concretezza del mistero nella realtà di ogni giorno. L’inconcepibile sparizion rizione della compagna disarmerà la sua volontà di andare oltre, svelandogli una linea di confine n insuperabile del mondo a lui conosciuto, che potrà solo contemplare stupito ma non su superare.

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(Giuliano Serioli, Ovunque sulle montagne, 2010, ed. Nineart, pagine 358) (Giulian


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Il percorso dell’eccellenza L’artigianato artistico e tipico in Piemonte A cura di Tiziana Bernengo e Marco Cavaletto. Pubblicazione autoprodotta nell’ambito ino del progetto “Dalla Terra alla Luna” con il contributo della CCIAA di Torino l volume ripercorre in modo analitico gli ultimi dieci anni di una politica di ricerca e di valorizzazione dell’artigianato piemontese che dal tradizionale modo di produrre ha compiuto un’evoluzione in grado di proiettare nel mondo le peculiarità e le tipicità dei nostri territori. In questi anni intorno al modo di produrre artigiano si sono mobilitati soggetti diversi che fino a poco prima erano molto distanti da questa realtà: operatori culturali, professori e ricercatori universitari, giornalisti, editori, direttori di musei, formatori e psicologi, persino attori e registi, uniti nell’intento di far conoscere e dare identità a questo piccolo ma significativo segmento del produrre. È questa la storia raccolta nel volume, a dimostrazione di come l’eccellenza artigiana non sia stata il frutto di un lavoro burocratico di selezione di imprese, ma il risultato di un significativo processo socio-culturale. È una storia che viene ripresa oggi proprio perché le condizioni che diedero vita a un tale percorso si sono ormai affievolite, divenendo meno incisive e determinanti; si cerca così di trarre i bilanci di un’esperienza che prosegue ma che è necessariamente mutata.

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(T.Bernengo, M.Cavaletto, Il percorso dell’eccellenza. L’Artigianato artistico e tipico in Piemonte, 2010, ed. Neos, pagine 178)

Dalla parte del popolo Il Piemonte di Roberto Cota “Dalla Dall parte del popolo. La settimana del Governatore 2010” antiene il titolo della fortunata prima edizione la raccolta di scritti che il Presidente della Regione Piemonte Roberto Cota continua a scrivere settimanalmente, da due anni a questa parte, per il giornale locale ‘Tribuna novarese’. Una racco raccolta agile, interessante, con date, fatti salienti e momenti ‘storici’ della polit dell’anno appena trascorso. Un volume scritto in maniera semplice e chiara, politica che parla alla gente. Tra i vari articoli si possono trovare quelli relativi alla vittoria C alle regionali della scorsa primavera in Piemonte ed il suo conseguente pasdi Cota sagg da capogruppo alla Camera del Carroccio a Governatore di una delle regioni saggio più importanti del Paese. Un dimostrazione di quanto sia importante “stare in mezzo alla gente e far vedere Una que che si fa, con concretezza. È stato importante lavorare a Roma nell’interesse quello del Piemonte. Un lavoro – spiega il governatore del Piemonte – raccordato con i pro problemi del territorio, a cui dare risposta. A Roma ho costruito un percorso politico affinché si potesse cambiare il Piemonte, rilanciarlo e prendere la strada giusta ch non lo faccia rimanere indietro per sempre”. Il volume Dalla parte del popolo che v verrà presentato dall’autore in ogni provincia del Piemonte.

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(Roberto Cota, Dalla parte del popolo – la settimana del Governatore 2010, Editrice Novarese) (R


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Po e Monviso (anzi Viso) a

cavallo fra Liguri e Galli

di Livio Berardo

Cl Cultura

Liguri nel VI secolo avanti Cristo occupavano un’area vastissima compresa fra le valli del Rodano e quella del Po. A est confinavano direttamente con gli evoluti Etruschi, signori dell’Emilia e della Lombardia centrale. Qualche decennio dopo tribù di Celti, barbari dal grande coraggio fisico, ma totalmente privi di organizzazione e visione politica, dalle sedi danubiane cominciarono a varcare i passi delle Alpi centrali. Secondo il racconto di Livio (V,33) l’etrusco Arrunte di Chiusi, offeso nel suo onore coniugale da Lucumone, signore della città (lucumone era in realtà un nome comune corrispondente al greco tiranno) per convincere i Galli Senoni a calare in Italia, portò loro delle anfore di vino. Fino allora i Galli come tutti i popoli del centro e nord Europa conoscevano solo una bevanda ricavata dalla fermentazione dei cereali, che per il suo colore chiamavano “simile alla pelle del cervo” (da cui il celtiberico cerveza). In realtà non ci voleva molto a capire come le condizioni di vita nella pianura padana fossero più facili che non nelle vallate dell’Austria e della Svizzera e,

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ora che gli Etruschi apparivano in decadenza, ci fossero intere città da saccheggiare. Così fu per Chiusi e persino per Roma (390 a. C.). Dopodiché i Galli si stabilizzarono fra Bologna (da bona, villaggio fortificato, come in Bonn) e Milano (Medio-lanum, cioè planum, pianura, nelle lingue celtiche, come abbiamo già ricordato, la p iniziale si trasforma in aspirata, quindi sparisce). In Veneto i Celti non si spinsero mai. Di qui l’assenza nel sostrato del neolatino parlato in Veneto delle ü e delle ö (che cosa c’entri Venezia con il rito dell’ampolla di Asterix è tutto un mistero). In Piemonte i Galli spartirono lo spazio con i preesistenti Liguri, a volte si fusero con essi. La linea di distinzione corrisponde grosso modo a quella del Po e del monte Viso. L’etimologia del termine latino Vesulus non lascia ai moderni glottologi molti dubbi. Vi si riscontra una radice preindoeuropea wes che significa monte, la quale si ritrova a sud nel nome del Vesuvio, nel nome di alcune antiche tribù liguri sparse fra la val Maira e la Roia, i Vesubiani e i Venini. Al di là

delle Alpi l’antica capitale dei Sequani, Vesontio/Vesontionis, posta su un’altura che domina il fiume Doubs e punto strategico nella campagna di Cesare contro gli Svevi (58 a.C.), l’odierna Besançon, denuncia la stessa origine. Dunque dire Mons Vesulus o Monviso è come dire il monte Monte. È una ripetizione in cui non sono mai incorsi montanari che l’hanno sempre chiamato ‘l Viso o lou Visou, a seconda della parlata piemontese o occitana. Fra gli antichi cade nel tranello Plinio il Vecchio quando parla, citando come al solito fonti greche, delle sorgenti del Po (Naturalis Historia, IV, 117: Padus, e gremio Vesuli montis profluens...) e sembra considerare il Viso come la vetta più alta delle Alpi (Vesuli montis celsissimum in cacumen Alpium elati). Mentre evita agilmente il pleonastico mons Virgilio (pinifer Vesulus e basta). Non sono da escludere una conoscenza diretta dei luoghi da parte del poeta mantovano e colloqui con gli abitanti. Continuare a chiamare il Viso Viso e non Monviso è dunque anche un omaggio a questa storia millenaria.


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ALPWATERSCARCE

Stati generali dell’acqua in montagna l progetto europeo AlpWaterScarce, del quale l’Uncem Piemonte è uno dei diciassette partner, è giunto nel mese di settembre al giro di boa, con l’organizzazione della conferenza di medio-termine. Nel volgere di pochi giorni due appuntamenti legati al progetto hanno avuto luogo nella splendida cornice dei monti della Savoia. Il primo, svoltosi il 22 settembre a Chambery, è stato un meeting “per addetti ai lavori”. Tutti i partner si sono confrontati sullo stato di avanzamento delle azioni condotte nelle aree pilota (per l’Uncem il bacino del Sesia, vedi specchietto) e soprattutto hanno concordato la strategia per affrontare gli ultimi passi del progetto, i più decisivi: sviluppare un sistema integrato delle acque rispettoso dell’ambiente e delle esigenze dei vari settori che la utilizzano, ridurre

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i conflitti potenziali tra produttori di energia idro-elettrica, impianti sciistici che utilizzano neve artificiale e altri attori in gioco, creare un modello flessibile di gestione delle acque che possa essere esportato in tutto l’arco alpino. Il secondo appuntamento, la Mid-Term Conference del progetto, è stata ospitata dal 22 al 24 settembre nella celebre località turistica di Megève nell’ambito del prestigioso “Terzo Congresso sugli Stati Generali dell’Acqua in Montagna”. Dal 2002 ogni quattro anni la cittadina francese diventa la sede di un Congresso che ha visto quest’anno la presenza di più di 500 partecipanti provenienti da tutto il mondo. Il tema è, naturalmente, la funzione centrale che l’acqua ricopre nella vita quotidiana e nell’economia: tutti i bacini idrici hanno origine in montagna,

luogo che quindi, sotto questo punto di vista, occupaa un ano. ruolo di primissimo piano. ntaMolte le questioni affrontaonte: come garantire alla monile, tagna un futuro sostenibile, ssitenendo conto delle necessità idriche dei luoghi di pianura? Come conciliaree lo roesviluppo dell’energia idroeegli lettrica e la protezione degli ome ecosistemi acquatici? Come può la montagna giocaree un ruolo da protagonista e da drimodello nella gestione idrica per tutta l’Europa? La discussione è sta-

Pe Progetti europei


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ta suddivisa nei tre giorni di meeting in diverse fasi: dalla presentazione del progetto AlpWaterScarce ai workshop sulla gestione dei rischi e sulla conciliazione degli utilizzi idrici, fino alle tavole rotonde sul ruolo alpino e sull’energia idroelettrica, la seconda delle quali ha visto anche l’intervento del Presidente dell’Uncem nazionale Enrico Borghi. Tra i numerosi partecipanti figurava inoltre un’ospite d’eccezione, Danielle Mitterand, vedova dell’ex Presidente francese impegnata in primo piano con la sua Fondazione France Libertés nelle tematiche dell’acqua, dell’educazione, dell’economia responsabile e della democrazia. La signora Mitterand ha omaggiato tutti i presenti di un oggetto simbolico molto curioso: si tratta di una bottiglia in plastica, realizzata per la Fondazione dal celebre designer Philippe Starck, destinata a essere riempita soltanto con acqua di rubinetto, “senza moderazione”. La caratteristica più singolare della bottiglia è che, avendo la base inclinata, non rimane in piedi: la ragione è semplice, l’acqua non si può fermare, deve sempre scorrere. Non soltanto. Una scritta all’interno della bottiglia riporta il messaggio di fondo della campagna, uno slogan che potrebbe essere usato come condensato dei principi del progetto AlpWaterScarce: “Bene comune dell’umanità. L’acqua non ha prezzo”.

Piano strategico per la Valsesia

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l progetto AlpWaterScarce entra in una fase cruciale per quel che riguarda l’area pilota della Valsesia. Infatti, terminata la prima fase di presa di contatto con gli enti pubblici e con i diversi soggetti coinvolti, sono iniziati i lavori per la creazione del piano strategico per la gestione idrica del fiume Sesia. Quando, in avvio di progetto, i soggetti interessati risposero alle domande contenute in un questionario sulla percezione della situazione idrica della Val Sesia, ci si rese conto che la gestione delle acque è veramente un punto cruciale nel rapporto tra uomo e ambiente nell’arco alpino. Infatti quasi l’80% degli interpellati confermò di aver avuto in passato problemi legati all’acqua, principalmente riguardo a carenze idriche, problemi di gestione, inquinamento e conflitti di utenza. Proprio con l’intento di migliorare la gestione della risorsa idrica è pertanto iniziata l’elaborazione del piano strategico, un valido strumento

I cinque sotto-bacini del Sesia

di supporto alla pianificazione degli utilizzi della risorsa idrica nel bacino dell’Alto Sesia. Dopo aver suddiviso il bacino in cinque sotto-bacini, hanno preso piede le attività conoscitive e valutative del sistema idrologico naturale, del sistema antropico delle utilizzazioni, dei vincoli normativi, delle caratteristiche naturalistiche e della vocazione alla funzione sportiva e turistica del bacino.

Analisi degli utilizzi idrici attuali

Sovrapponendo i diversi utilizzi e tenendo conto di vincoli di vario genere, emergono punti critici, interferenze, aree disponibili. Appare indispensabile stilare un bilancio delle disponibilità idriche naturali e dei prelievi che permetta un’analisi degli impatti degli utilizzi antropici e della compatibilità di questi con la fruizione sportiva, turistica e ambientale. In questo modo sarà possibile realizzare delle linee guida p per la fruizione della risorsa idrica del bacino del Sesia che p possano indicare possibili scenari di utilizzo dell’acqua (ad eesempio valutando la possibilità di incrementare il numero d di centraline idro-elettriche) e d dei relativi effetti sui comparti p produttivo, ambientale e soccio-economico. Il tutto tenend do sempre in considerazione il trend abitativo e gli afflussi tturistici, le esigenze e le prob blematiche delle varie utenze, in modo da elaborare soluzioni di sviluppo sostenibile e di ccorretto utilizzo di una risorsa p preziosa come l’acqua.


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PROGETTO CLIMALPTOUR

Tutto cambia. E il turismo? l 3 e il 4 dicembre si è svolto a Ceva (Cn), presso la sede della Comunità montana Alto Tanaro Cebano Monregalese, il workshop “Il turismo montano a 360 gradi: quali strategie e interventi in un contesto che cambia?”, organizzato dall’Uncem Piemonte in collaborazione con il WWF Italia nell’ambito del progetto europeo ClimAlpTour. Nel corso della prima mattinata numerosi interventi hanno introdotto il tema, il rapporto tra turismo e cambiamento climatico, condividendo esperienze differenti nell’amministrazione e nella ricerca sul territorio. Da Lido Riba, presidente dell’Uncem Piemonte, a Pietro Blengini, assessore al Turismo e alle Politiche comunitarie della Provincia di Cuneo, da Gianni Barberis, vicepresidente della Comunità montana Alto Tanaro Cebano Monregalese, a Giuseppe Tardivo, coordinatore della sede di Cuneo della Facoltà di Economia dell’Università di Torino, non sono mancati gli spunti di riflessione sul turismo, che spesso viene

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vissuto secondo punti di vista molto distanti. Le presentazioni di Nuria Mignone, responsabile del progetto per Uncem Piemonte, e dei ricercatori Silvia Conte (Ciset) Luca Cetara (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare), Carlo Alberto Dondona e Alberto Crescimanno (Ires Piemonte) hanno permesso di inquadrare il tema, soffermandosi ad esempio sulle differenze tra turismo invernale ed estivo nelle zone a bassa quota e sugli effetti dei

cambiamenti climatici sul turismo invernale. A partire dal pomeriggio del 3 dicembre si è entrati nel vivo del workshop, impostato dagli enti promotori sulla base di una metodologia particolarmente innovativa, denominata EASW (European Awareness Scenario Workshop). Si tratta di un’esperienza nata originariamente in Danimarca e che prevede il dibattito tra quattro categorie sociali dello stesso territorio, con scopi molto precisi: incoraggiare il dialogo

di Nuria Mignone e Emanuela Dutto

Pe Progetti europei


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e la partecipazione delle diverse componenti della società, creare una relazione equilibrata tra ambiente, tecnologia e sviluppo, assicurare modelli di sviluppo sostenibile coerenti con i bisogni e le volontà espresse dalle comunità locali. I quattro gruppi di lavoro di settore selezionati per questa occasione erano politici e amministratori locali, operatori turistici, associazioni e Onlus, rappresentanti del mondo scientifico e della ricerca. Il dibattito partecipato è iniziato con l’individuazione delle opportunità e le criticità relative agli scenari futuri, alla luce della situazione attuale, riguardanti diversi ambiti tematici (accoglienza, servizi turistici, marketing e promozione della destinazione, tutela del territo-

rio). I partecipanti, coadiuvati dai facilitatori, hanno svolto dapprima un lavoro a coppie (doppia intervista), seguito dalle presentazioni delle singole valutazioni, e successivamente da una discussione di gruppo per l’elaborazione finale degli scenari di settore. Nella seconda sessione di

lavoro, a differenza della sessione precedente, i partecipanti sono stati ridistribuiti in quattro gruppi tematici specifici (suddivisi, questa volta, secondo i vari temi affrontati), con lo scopo di sovrapporre apporti e contributi da diverse prospettive. Ai partecipanti è stato chiesto di formulare

Nuovi appuntamenti

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roseguono le attività del progetto europeo DemoChange nella Comunità montana Langa Astigiana Val Bormida e nei Comuni limitrofi di Canelli e Cortemilia, zona che l’Uncem Piemonte ha selezionato come area pilota. Lo scorso 21 dicembre è stato organizzato a Monastero Bormida il primo incontro di quello che viene definito come “steering group” (comitato di pilotaggio) costituito principalmente da Am-

ministratori e Produttori locali. Il gruppo è stato coinvolto in un’analisi preliminare della situazione locale, individuando punti di forza, punti di debolezza, rischi e opportunità. Gli aspetti che vengono visti come maggiormente favorevoli sono legati all’ambiente, alla gastronomia, alla qualità della vita. Tra le debolezze e i rischi, sono stati messi in evidenza, tra gli altri, la scarsa cultura d’impresa, la difficoltà nel ricambio generazionale, la mancanza di coordinamento. Il prossimo ap-

puntamento, nel quale si partirà dai dati raccolti in questa occasione per continuare il lavoro, avrà luogo il prossimo 21 febbraio. Al termine dell’incontro, inoltre, è stata presentata la prima bozza di programma della Conferenza di medio termine del progetto che si terrà nel castello di Monastero Bormida i prossimi 15 e 16 settembre 2011, alla quale parteciperanno, oltre a tutti i partner, i maggiori esperti di demografia a livello europeo.

tre proposte operative sulle azioni necessarie da intraprendere (cosa) per realizzare gli scenari definiti nella prima sessione di lavoro, suggerendo delle modalità di realizzazione (come) e i soggetti dell’azione (chi) necessari per realizzare le diverse azioni. In seguito, ogni gruppo ha discusso fino a elaborare un Piano di Azione comune con 5 propposte condivise. Al termine dei lavori le ideepprogetto individuate sono state, come da previsione, moltissime. I partecipanti hhanno stilato un catalogo di ppossibilità di valorizzazione e sviluppo che comprende ttemi molto diversi: dall’architettura al paesaggio, dallo sport all’ambiente, dal marketing alla formazione degli operatori locali. L L’auspicio è che, con la promozione e il sostegno attivo dell’Uncem Piemonte, almeno alcune delle idee e delle speranze emerse durrante i due giorni di workshop possano con il tempo diventare realtà.


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VAL SESSERA, VALLE DI MOSSO E PREALPI BIELLESI

Per avvicinarsi alla montagna a Comunità montana Val Sessera, Valle di Mosso e Prealpi Biellesi, guidata dalla presidente Paola Vercellotti, con lo Sci Club Bielmonte, promuovono il primo “Corso di Avvicinamento alla Montagna”, riservato ai bambini di terza, quarta e quinta elementare e prima media residenti nella Comunità montana o che frequentino le scuole nei Comuni compresi nel territorio dell’ente. Il corso, articolato in tre sabati – 29 genna-

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io, 5 e 12 febbraio 2011 – propone diverse attività: sci alpino, trekking con le racchette da neve, pattinaggio su ghiaccio e arrampicata sportiva. Tutto sotto l’occhio esperto e vigile di maestri di sci, guide alpine, maestri di sport e animatori. Per il primo anno sono disponibili cento posti, i prezzi sono differenziati a seconda dell’attività praticata e della necessità o meno di affittare l’attrezzatura necessaria.

ALPI DEL MARE

n

Cooperazione in Mali

Ugo Boccacci

a Comunità montana delle Valli Gesso e Vermenagna, su stimolo di una ipotesi progettuale pervenuta dal consigliere Ambrogio di Chiusa di Pesio, si era fatta promotrice negli anni scorsi di un progetto di cooperazione decentrata finalizzata all’attuazione del programma regionale di sicurezza alimentare e lotta alla povertà in Africa subsahariana, poi positivamente realizzato nel Comune di Kassarò in Mali. Constatato il risultato positivo del progetto, ormai concluso, dal

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titolo “Mangoro Ani Chiefan San Ben – Manghi e uova tutto l’anno” – che aveva visto la Comunità montana impegnata insieme al Comune di Robilante, l’Istituto comprensivo di Robilante, il Formont di Peveragno, l’associazionismo locale (come la Pro Loco di Robilante) ed altri soggetti pubblici e privati – e constatata la capacità progettuale dell’Ente che ha ottenuto un secondo finanziamento per l’attuazione di un progetto (che ha come obiettivo la promozione della coltivazione del mais nel Comune di Kassarò), la Giunta della Comunità montana delle Alpi del Mare ha nuovamente ritenuto opportuno partecipare al Bando regionale delle iniziative di cooperazione decentrata per l’anno 2010 con un progetto dal titolo “Amici della Polenta 2 – Rafforzamento della filiera del mais e della trasformazione dei prodotti locali nel Comune di Kassarò”.

Paola Vercellotti

Notizie dalle Comunità a cura di Marialaura Mandrilli

VALLI GRANA E MAIRA

Arriva l’Adsl

“E

ntro marzo, tutta l’alta Valle Maira avrà il segnale Adsl”. La promessa è del presidente della Comunità montana Valli Grana e Maira, Roberto Colombero che ha avviato il progetto per garantire l’accesso a internet veloce nel territorio montano. “Attendevamo da anni il servizio – precisa Colombero – ma finora né Provincia, né Regione, né le società di telefonia ci hanno aiutato a realizzarlo. Così, ci siamo appoggiati alla società Maira Spa, che gestisce la centralina Frere 2 ad Acceglio, la quale ha messo a disposizione le sue infrastrutture e la tecnologia wireless, applicandola a tutti i paesi e le frazioni”. L’investimento? 80mila euro in totale, di cui 25mila finanziati dalla Maira Spa, società di cui la Comunità montana detiene il 51 per cento delle quote.


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VALLI ORCO E SOANA

Arriva la “Stella Polaris” per gli studenti abato 18 dicembre 2010, all’Istituto Istruzione superiore XXV Aprile di Cuorgné, è stato presentato agli studenti il progetto “Stella Polaris”, che avrà come oggetto di studio la montagna piemontese. Promotore, Silvio Varetto, sindaco di Alpette e assessore al Turismo, Cultura e Sport della Comunità montana Valli Orco e Soana; è stato lui a mettere in piedi con l’Istituto cuorgnetese per geometri e operatori turistici, il progetto-concorso, al quale prendono parte oltre ad un nutrito pool di professionisti anche partner d’eccezione come l’Uncem Piemonte, il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il Corpo Volontari Aib Piemonte, l’Atl Turismo Torino e Provincia, Orso TV. “Attraverso i cinque appuntamenti in programma

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La conferenza stampa di presentazione del progetto

– spiega Varetto – gli studenti dell’Istituto avranno la possibilità di toccare argomenti concreti ed importanti per la loro formazione professionale quali il delicato equilibrio tra territorio ed ambiente, la pianificazione urbanistica di centro alpino, il patrimonio storico tra recupero ed innovazione attraverso le energie alternative, il turismo come

sviluppo socio economico, i progetti contenitori che trattano scienze-arti-letterature”. Dopo questi appuntamenti formativi, gli studenti dell’Istituto avranno anche la possibilità d’espressione attraverso approfondimenti di studio e relativa progettazione, assieme ai propri insegnanti. Il Comune di Alpette infatti bandisce, per l’occasione, il Concorso

RACCOLTA FUNGHI

Bilancio per le Valli dell’Ossola

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empo di bilanci per la stagione micologica nel territorio della Comunità montana Valli dell’Ossola. Successo per l’introduzione del nuovo tesserino che ha portato un aumento dei registrati e un aumento delle entrate, superiori a 242mila euro, suddivise fra i tre enti montani sovraccomunali del Vco. Ampiamente superate le iniziali perplessità sul nuovo sistema di tesseramento, evidenziate da alcuni residenti; la Comunità montana Valli dell’Ossola è stato il capofila degli enti montani per la distribuzione dei tesserini di differente costo (tre i 15 e i 30 euro), a seconda della residenza e del luogo di ricerca dei funghi. “Abbiamo ottenuto ottimi risultati – commenta il presidente Francini – grazie anche a una buona diffusione dei depliant sulle modalità di raccolta. Abbiamo deciso di non far pagare chi raccoglie i funghi sul proprio Comune su terreni gravati da uso civico, per avvantaggiare chi abita in montagna e ancora vive dei prodotti del sottobosco. Dobbiamo riappropriarci dei nostri territori e come amministratori fornire gli adeguati strumenti a chi affronta la vita nelle Terre Alte”.

Stella Polaris “Progettiamo il futuro delle Terre Alte” dove una articolata giuria di docenti e professionisti del settore valuterà gli elaborati presentati dagli studenti. A maggio la premiazione. “Il progetto Stella Polaris – spiega il dirigente scolastico Federico Morgando – intende favorire e sviluppare la conoscenza del territorio attraverso l’analisi e lo studio delle molteplici espressioni del pensiero e della creatività umana che nel corso dei secoli hanno modellato e modificato materiali, strutture e paesaggio. Il territorio presenta ricordi e espressioni artistiche e storiche che si possono trovare lungo le antiche vie, sulle colline, lungo i torrenti, nei sentieri montani, tutti segni forti della evoluzione e delle stratificazioni dell’esperienza umana. Si propone di costruire tramite un lavoro congiunto e articolato una mappa del sapere, costituita da appunti letterari, artistici, storici, architettonici, economici per descrivere lo spazio del presente e offrire la conoscenza del territorio a chi oggi se ne vuole interessare realizzando un grande viaggio intellettuale che ha come oggetto di riflessione e come protagonista la nostra terra. La scuola superiore – prosegue Morgando – si fa parte promotrice, insieme agli enti locali, di un progetto che prevede


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giornate di studio di grande rilievo e di un concorso di prossima presentazione con lo scopo di ampliare le conoscenze della nostra terra da sempre ricca di storia, di arte ma anche luogo di sviluppo tecnologico e industriale, e promuovere una tale iniziativa in un momento di crisi economica globale e locale è un atto di fiducia perché la ripresa trovi forza nelle nostre tradizioni e radici culturali e sociali ma anche nelle capacità e nelle idee innovative dei giovani”. D’accordo con il dirigente scolastico, il presidente della Comunità montana Danilo Crosasso. “Con questo progetto-concorso, la Comunità montana Valli Orco e Soana e l’Amministrazione comunale di Alpette intendono valorizzare i giovani studenti attraverso una esperienza formativa nuova e coinvolgente – afferma –. Progettare il futuro delle Terre Alte è l’importante sfida di domani che passa anche attraverso gli studenti ormai orientati al mondo del lavoro e all’attività professionale. Questi incontri hanno lo scopo di creare una nuova coscienza nelle classi dirigenti del futuro, che dovranno essere in grado di affrontare le molteplici problematiche territoriali con un approccio sempre più interdisciplinare. Siamo fermamente convinti, speriamo non a torto, che questa sia la strada giusta per veder ripopolata la montagna piemontese con forme nuove di stanzialità alpina”.

Marchio “Ospitalità italiana” per i rifugi alpini I

l Piemonte sarà la prima Regione italiana a dotare anche i rifugi escursionistici e alpini di un proprio marchio di qualità “Ospitalità italiana”, che ne certificherà l’attenzione dal punto di vista ambientale, ma anche di valorizzazione del territorio e di diffusione della cultura di montagna. Il rilascio delle prime certificazioni ufficiali è previsto entro l’estate 2011 e una volta testato in Piemonte il marchio potrà essere esteso al resto dell’Italia. Presentato il 26 gennaio presso il Museo di Scienze Naturali di Torino nel corso di un convegno sul progetto transfrontaliero Italia-Svizzera Vetta (“Valorizzazione delle Esperienze e dei prodotti Turistici Transfrontalieri delle medie e Alte quote”), di cui la Regione Piemonte è capofila per l’Italia, il progetto è nato nell’ambito di questa sinergia transfrontaliera ed è frutto di un accordo siglato dalla Regione in collaborazione con l’Università di Torino-Dipartimento di Scienze merceologiche e l’Isnart, ovvero l’Istituto nazionale ricerche yuristiche delle Camere di Commercio, già titolare del marchio “Ospitalità italiana” rivolto fino ad oggi ad alberghi, ristoranti, agriturismo, bed&breakfast, campeggi e stabilimenti balneari (324 strutture certificate in Piemonte: 14 ad Alessandria, 21 ad Asti, 11 a Biella, 82 a Cuneo, 33 a Novara, 85 a Torino, 17 a Vercelli, 61 nel Vco). Una prima versione del mar-

chio per i rifugi escursionistici ed alpini, al momento non ancora disponibile a livello nazionale, è stata testata in via sperimentale, nell’ambito del progetto Vetta e con la collaborazione del Cai Piemonte, durante la stagione estiva 2010, in 6 rifugi del Verbano Cusio Ossola (Castiglioni, Città di Arona, San Bernardo, Alpe il Laghetto Bognanco, Città di Novara e Andolla) tutti collocati su alcuni sentieri storici del territorio (Simplon Fletschhorn Trekking, Via dei Torchi e dei Mulini, Tour dei Minerali). “I rifugi di montagna rappresentano non solo un patrimonio storico straordinario – spiega Alberto Cirio, assessore regionale al Turismo – ma anche una ricettività alternativa di grande valore turistico e culturale. Dal 2000 ad oggi i pernottamenti in queste strutture sono più che raddoppiati, passando da 18.300 ad oltre 45.000. Quindi è importante garantire i rifugi alpini con un marchio che dia ai turisti una garanzia riconosciuta di qualità, grazie all’impiego di prodotti locali ma anche per un alto livello

di sicurezza e igiene, igiene accessibilità e attenzione all’ambiente”. “Il turismo è una risorsa vitale per il presente e il futuro delle nostre montagne – osserva l’assessore regionale alla Montagna, Roberto Ravello –. C’è un trend crescente di persone che scelgono di vivere una vacanza incontaminata e a contatto strettissimo con la natura. Tendenza che si ripercuote fortemente anche sulle modalità di pernottamento scelte. I rifugi alpini sono, senza dubbio, tra le locations più indicate per questo tipo di pubblico e il Piemonte sarà la prima Regione in Italia a garantire strutture d’eccellenza. Ricordo infatti che, sempre nell’ambito del progetto Vetta abbiamo recentemente avviato un’indagine sulle strutture ricettive d’alta quota volta ad analizzarne dotazioni strutturali, impiantistica, servizi offerti ai turisti e fornire a proprietari e gestori delle strutture utili indirizzi per migliorarne la gestione anche sotto il profilo della compatibilità ambientale”.


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