Raffaele Nobile

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RAFFAELE NOBILE

RAFFAELE NOBILE - Musicista

Musicista

a cura di Iole Mura

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RAFFAELE NOBILE Musicista

a cura di Iole Mura

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Raffaele Nobile Nato a Voghera il 3 marzo 1954. Raffinato musicista si è occupato di divulgazione della cultura popolare padana ed europea. L’ampiezza e profondità di conoscenza fanno inserire Raffaele Nobile tra i più noti ricercatori ed etnomusicologi italiani (nella migliore tradizione di Roberto Leydi). «Ho cominciato da ragazzino quando, dopo aver concluso gli studi musicali, ho capito che in Italia, a differenza di ciò che avveniva negli altri Paesi, la tradizione musicale non era difesa né apprezzata. Qualcosa era stato fatto durante il Risorgimento, nel periodo futurista e nel dopo guerra, ma non era sufficiente. Allora mi sono documentato e ho integrato il patrimonio che già era stato raccolto con diverse registrazioni dal vivo e testi scritti da me. Iniziai col fare il cantastorie proprio per diffondere le musiche ed i testi che venivano tramandati oralmente: m’è subito sembrato naturale e doveroso condividere questo patrimonio con quante più persone possibili». «Racconto storie della nostra zona e storie che provengono anche da altre culture come quella irlandese e provenzale. Possono essere divise in tre categorie: la più antica è composta da ballate narrative di vario genere, la più recente riguarda la quotidianità e la vita della comunità contadina e una terza (a tratti ironica e a tratti lirica) tratta di tematiche amorose». «La magia in questi racconti ha un ruolo centrale e fortemente simbolico: per lo più, infatti, le creature magiche che compaiono nelle ballate e nei racconti non sono viste come figure malefiche ma incarnano semplicemente gli aspetti negativi della realtà, con un senso pratico che è tipico della mentalità contadina. Certo, la magia è anche utilizzata per rendere i racconti più avvincenti e per circondare i protagonisti (o gli antagonisti) di un alone fantastico».

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Musica forma significante di strutture simili a quelle della vita emotiva, il cui significato è colto solo emotivamente/intuitivamente. Linguaggio metaforico con un potere comunicativo superiore al parlato. Simbolismo dei sentimenti. Collegamento tra il mondo esterno e quello interno. Ritmo biologico -> musica

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IL VIOLINO

Un disco che parla di violino, di danza, di musica tradizionale È l’amore per uno strumento meraviglioso ed a volte ingrato, l’interesse per la danza popolare, come forma di comunicazione, e per la musica tradizionale che non è solamente un fatto emozionale, ma un linguaggio interessante e strutturalmente stimolante. Grazie comunque a tutti gli informatori della tradizione che ho contattato e una suite di scottiches dedicate ad i miei amici d’oltralpe. LATO A LATO B MONFERRINA PERIGURDINO CURENTA 5’16” BIONDINA GIGA GIGA 4, 23” RONCASTALDA LOMBARDINA FURLANA GIGA 6’ SCOTTICHES 8’15” LACHERA CALISUN GIGA 5’4” WALTZER 4’30 LA VECCHIA LUNA 2’34” CONTROCANTO 1’14”

R. Nobile I brani sono tradizionali rielaborati da Raffaele Nobile eccetto “Controcanto”. 15


«L’Albero di canto è il nome che si attribuisce a quei contadini che secondo l’opinione generale di un villaggio sanno a memoria un’infinità di melodie». (Bela Bartòk, scritti sulla musica popolare) Il violino ha vissuto fin dalla sua comparsa, due vite parallele: una nella musica colta che l’ha portato ai vertici del tecnicismo e l’altra nel mondo popolare molto espressiva e interessante. I suoi mille suoni sotto il cielo non hanno risparmiato neanche un ambiente, neanche un orecchio.

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MUSICA DAL MIO VIOLINO Piccola e grande testimonianza sui suonatori di Romagnese e sulla musica scelta da Raffaele Un passo più in la verso l’Appennino e sembra di stare in un altro mondo e per questo è più interessante, dà sensazioni preziose che forse neppure esistono. Di prezioso non vi sono solo sensazioni ma la testimonianza di un mondo culturale in estinzione e qui per “cultura” intendiamo un fatto di espressione collegato strettamente alla vita ed all’azione, creativo nel momento in cui determina un modo di essere. Elio (Buscaglia) mi conduce in due case di contadini su per una strada ripida che porta a una delle 20 frazioni di Romagnese. Prelevare il violino dall’armadio o la fisarmonica a bottoni da un vecchio astuccio malconcio è un gesto consueto, fa parte della nostra esistenza quotidiana non è il “muoversi” mitizzato dello show/business dove il gesto e lo strumento ad esso collegate diventano un feticcio così come un feticcio è la tecnica ostentata e feticistico l’approccio ad essa in cui ogni cosa al suo nascere è già una misura di consumismo e di ignoranza. È falsa creatività tutto ciò che non ci coinvolge nella totale nostra esistenza proprio come un attimo che viene lanciato via nel momento in cui si manifesta.

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Il Cittadino Abbiatense, giovedì 8 marzo 2001 Monelli in festa a Cassolnovo “Il cielo dei cantastorie” Sesta edizione della rassegna annuale di giochi e cultura per bambini – Fiabe, musiche, danze e racconti in un viaggio per la vecchia Europa tra storie di elfi e fate cantato da Raffaele Nobile. Prosegue a Cassolnovo la rassegna di giochi e cultura per bambini Monelli in festa. Dopo le prime giornate molto partecipate e dedicate ai laboratori, ecco il primo spettacolo proposto al pubblico dei piccoli e non solo. In via Rimembranze, nel salone della scuola materna, con inizio alle 15.30 ad entrata libera sarà di scena Raffaele Nobile, accompagnato da Gaetano Troccoli. Il vogherese è uno dei pochi rimasto a riproporre il repertorio delle storie cantate, siano esse legate a fatti reali o a situazioni fantastiche, pescando dalla nostra tradizione pavese o lombarda, sia del repertorio delle ballate e dei song della vecchia Europa. Queste antiche forme di narrazione popolare, che risalgono al medioevo, sopravvivano tuttora, pur se in ambiti sempre più ristretti, grazie ai pochi cantastorie ancora in circolazione. Questa figura mitica, in epoche diverse, fu dapprima una vera e propria professione, quella del poeta trovatore che girava le corti; in seguito fu il soldato di ventura, il pellegrino; e più recentemente un commerciante o un contadino. I protagonisti delle storie, una volta tanto, non sono nè i re nè le principesse, ma, tra elfi e folletti le loro peripezie ci trasportano in un mondo dove spesso l’astuzia e la buffoneria prefigurano un rovesciamento di ruoli e di valori. Sullo sfondo affiorano poi i luoghi e i gesti del mondo contadino: la casa, la stalla, il paese, la campagna, i campi, i boschi… Lo spettacolo che si chiama Il cielo del cantastorie sarà anche un lungo viaggio attraverso musiche e danze molto coinvolgenti, suonate da chitarra e violino, che ci portano all’Appennino alla Provenza, dalle Alpi all’Irlanda, con gighe, reels, curente, monferrine che rievocheranno antichi carnevali e feste popolari dove quei suonatori ambulanti, allegri e disperati, erano i veri re. Ne è l’autore, lo stesso Nobile, ricercatore e musicista, da diversi anni impegnato a girare piazze, teatri e scuole, con all’attivo un bel disco, L’albero del canto, del 1981, che rivela la passione con cui ripropone l’arte dei cantastorie, interpretandola alla sua maniera, con la giusta ironia, vestendosi in scena con un frack campagnolo e accompagnandosi, come si conviene, con cartelloni ricchi di disegni in riquadri che illustrano le storie. Musica e donne, 19 gennaio 1986 Il tempo corre veloce. Una visita gradita Anna con il suo organetto l’ultimo dei tanti che hanno suonato nella mia stanza, un giorno forse raccoglierò in una scatola magica tutti i suoni appiccicati alle pareti. 11 febbraio 1986 Verso le 18 ascolto J. Surman alla radio definito Un poeta della solitudine. Non so quanto calzi tale definizione ma il suo sax soprano staglia delle frasi corte e piene di tensione su una base di tastiere elettroniche vagamente arpeggiante. È una musica molto interessante. 18


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• Solo con violino che si muove tra il pubblico • la stessa cosa con costumi veri • lo stesso accompagnato da una chitarra • a postazione fissa assieme ad un pianista (“Caffè concerto”) • abbinamento a persone sui trampoli anche all’aperto e in mobilità • abbinamento a momenti di clownerie mangiafuoco e magia • costruzione di percorsi e figure con mimi ed attori (pantomime intonate agli argomenti delle manifestazioni) • abbinamento a danzatrici: numero di danza spagnola, intervento di danza classica, intervento di danza moderna/pantomima • personaggio in costume che suona il flauto (tipo fauno) o il flauto magico personaggio che suona il mandolino • accostamento di elementi diversi in modo ambulante.

Musica e danze Questo progetto di lavoro nasce dall’esigenza di fare e divulgare un certo tipo di musica il cui incontro è stato per chi scrive un’occasione di stimolo creativo e di riflessione generale sulla complessità del materiale sonoro popolare che può mettere in discussione tutto un modo di accostarsi alla musica e di concepirne la tecnica. In un certo senso anche la fotografia di un’incontro di un musicista di formazione classica con una concezione musicale ed un materiale nei quali sente di riconoscersi. Credo che il movimento folk/revival sviluppatosi dopo le ricerche degli anni ’40 ’50 e ’60 si sia espresso con aspetti molte volte contradditori e culturalistici soprattutto per quel che riguarda il settore italiano. Penso sia importante un lavoro discografico di diffusione della musica folk italiana ed euroccidentale che ne colga e metta in risalto gli aspetti linguistico/ strutturali ed euroccidentali che ne fanno un prodotto artistico con valore autonomo. Proprio il rifiuto del culturalismo ci deve spingere ad una divulgazione che non tratta questa musica come pezzo da museo ma, come prima dicevamo, ne valorizza gli aspetti specifici di linguaggio musicale come problema attuale. I pezzi presi in considerazione appartengono in gran parte alla tradizione folkloristica dell’Italia settentrionale (Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte) e per la maggior parte venivano usati come musica da danza prima della scomparsa della civiltà contadina. 20


Sono in specifico il Bal di Mantova, la Roncastalda, la Lombardina, il Bal dei gobbi che nell’Appennino Emiliano facevano del violino lo strumento “principe” e che aldilà delle loro caratteristiche rituali presentano degli aspetti strettamente musicali molto interessanti e di grosso valore comunicazionale. Un altro aspetto importante che sarà messo in risalto in questo lavoro è il collegamento che queste ed altre musiche italiane prese in considerazione (gighe, salterello, bal francese lombardo, alessandrine e correnti piemontesi) hanno con forme di musica colta anteriori al XVI sec. e all’epoca barocca. Ed è proprio quest’ultimo periodo che accomuna forme musicali provenienti da luoghi differenti dell’Europa occidentale, quando la cultura italiana non era semplice prodotto di esportazione ma elemento integrante di tutta la dinamica culturale europea e il rapporto tra musica colta e popolare era molto diverso da oggi, improntato quindi ad uno scambio molto intenso. In questo senso va vista la presenza in questo lavoro di alcuni pezzi francesi ed irlandesi del tipo set dance e hornpipe che mostrano collegamenti con musiche italiane e l’accostamento alla maggioranza dei brani di musica popolare di due pezzi che fanno parte della tradizione colta, opera di due musicisti che sono stati a volte protagonisti di quel processo di osmosi che prima dicevamo, Antonio Vivaldi e Francesco Geminiani, il primo che scrisse il pezzo in questione per la ghironda, strumento caduto in disuso nella musica colta che fu in seguito stilizzatissimo in quella popolare, il secondo violinista veneziano del ‘700 arrivò ad influenzare anche lo stile musicale irlandese essendo stato per un certo periodo insegnante all’Accademia di Dublino. Il filo logico che lega questo progetto non vuol essere quindi un pateracchio di musiche più o meno gradevoli che dovrebbero socializzare chissà cosa ma un tentativo di portare all’ascolto di queste forme nella loro dignità e valore musicale.

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Gesèta de Lusèrt, antichissima chiesetta posta sullo spartitraffico della via Lorenteggio la più piccola di Milano, è stata negli ultimi anni palcoscenico delle sua rappresentazioni per la musica e per le conferenze. Si tratta dell’Oratorio di San Protaso, e ha una storia millenaria. L’Oratorio fu infatti edificato dai Monaci Benedettini intorno all’anno 1000, forse sul luogo ove sorgeva un tempietto pagano, lungo la tortuosa strada che, costeggiando un fosso derivato dalla Vepra, conduceva dalla Pusterla di Sant’Ambrogio fino a Vigevano, attraversando il sobborgo di Lorenteggio. 22


La costruzione sacra aveva funzione di luogo di culto per i contadini della zona, che vi si recavano per la Messa domenicale, officiata dai sacerdoti della Basilica di San Vittore al Corpo, titolare dell’edificio, che fu dedicato a San Protaso Vescovo di Milano. 23


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AMICI E ARTISTI DICONO DI LUI... FRANCO MANZONI – Traduttore dal greco e dal latino, epigrafista, poeta, scrittore, critico letterario, giornalista del Corriere della Sera da oltre 35 anni, drammaturgo, regista, docente di grammatica e letteratura dialettale milanese, paroliere di famosi cantanti, storico e critico teatrale. «Anticonformista, geniale, curioso, inquieto, simpatico, fu cantastorie di strada, eccelso violinista folk, etnologo, operatore culturale che fin da ragazzo per mezzo secolo si occupò di ricerca, diffusione e valorizzazione della cultura popolare lombarda. Nato a Voghera il 3 marzo 1954, laureato alla Statale in Agraria, Raffaele Nobile studiò al Conservatorio di Milano e si perfezionò da autodidatta nel suonare il violino. Quello che portava in scena nelle piazze era il suo mondo fantastico, abitato da divinità pagane, elfi, personaggi storici trasformati in eroi. Pubblicò numerosi interventi critici e libri, tra cui Scarabocc, silloge di poesie dialettali, Le feste del popolo milanese, Il testamento dell’avvelenato, Toponomastica lombarda per Mursia, La scapigliatura Milanese. Lascia la compagna Iole Mura». Dal Corriere della Sera - Addii L’affetto per un’esuberante e produttivo musicista, amico incontrato nel periodo della giovinezza e successivamente, spingono Franco Manzoni a lasciare questo estremo saluto per Raffaele e innanzitutto a farlo vivere ancora tra i suoi lettori. La poesia e la letteratura di Franco Manzoni non passavano inosservati nel temperamento di Raffaele che andava sempre e continuamente scoprendo negli altri artisti la ricchezza e la potenzialità creativa, col suo generoso violino accompagnava i versi poetici. Parliamo dei primi anni ‘80 periodo per Raffaele di progressiva insaziabile capacità produttiva. Raffaele ha conservato ogni oggetto nella sua vita specie se riferibili a musica e ricordi, così è stato ritrovato un testo del paroliere Franco Manzoni e la registrazione del brano “Andrò già via”, di un’attualità sorprendente e molto coinvolgente anche se detta musica non faceva parte del suo prodotto musicale. Circa un mese dopo la perdita di Raffaele, ho ringraziato questo suo amico stemperando l’immensa mia tristezza nel ricordo che lui aveva di Raffaele, “Lele” come lui lo chiamava. Franco Manzoni è stato il primo a consigliarmi per organizzare un comitato che proponesse a suo nome, nella sua città natale, una dedica, ad incoraggiarmi nella raccolta di testimonianze presso gli altri artisti e amici sulla figura di Raffaele. È stato ancora una volta il primo a indicarmi la creazione di un sito web a nome di Raffaele. In queste due attività ho intravisto ed esplorato le due possibilità per me di continuare a vivere. Franco Manzoni è la continuità di Raffaele, carico su di lui la mia immensa stima. (I. Mura) 25


ANGELO GACCIONE - Scrittore e drammaturgo, poeta, giornalista direttore di Odissea «Ritengo che Il suo violino e le sue ballate hanno attraversato la città di Milano e non solo, lui è stato sempre disponibile e generoso verso tutti. Ho parlato di lui in un libro su Milano che uscirà nei prossimi mesi; non gli avevo detto nulla perché volevo fargli una sorpresa e ora mi pento di non averlo fatto, perché so che gli avrebbe fatto piacere. Odissea ha sempre dato notizia delle sue numerose iniziative che purtroppo il destino ha interrotto: avevamo preso accordi per una bella giornata poetica nel suo giardino di Voghera la prossima primavera, quando il tempo sarebbe stato più mite. Non abbiamo fatto in tempo: il suo violino, da cui non si separava mai, è stato costretto a tacere. Come il violino di Dalibor, lo sfortunato musicista boemo della mia fiaba, che lui aveva messo in musica. Nel formulare le condoglianze più affettuose alla sua compagna e nostra amica Iole Mura, Odissea lancia un invito, sin da ora, a tutti i poeti e alle associazioni letterarie milanesi che lo hanno visto sempre presente e disponibile, per preparare un degno ricordo del menestrello e dell’uomo». «UNA NUOVA BUONA CAUSA - Odisssea 5/12/2020 Per un amico caro, una persona mite, disponibile con tutti, un menestrello che ha riempito con il suo violino, le sue ballate celtiche, le sue storie in musica recitate e cantate, ogni luogo e spazio di Milano e non solo. Che ha accompagnato i versi dei poeti, le presentazioni di libri, le performance dei teatranti, i giochi dei bambini e tanto altro ancora. Ma io non dimentico la sua lombardità e quella del suo dialetto vogherese. Spesso ne abbiamo ragionato e ci scambiavamo opinioni su queste “lingue madri” che ambedue amavamo. Lui mi rendeva edotto su certe varianti della sua, su certi suoni, ed io facevo altrettanto. Del suo dialetto di Voghera era un vero cultore, alcuni lo consideravano milanese a tutti gli effetti, perché aveva eletto Milano a suo fare di artista. Con l’amica Iole Mura, che con Raffaele ha condiviso un tratto bellissimo della sua esistenza di compagna e di sodale, ci siamo mossi appena è stato possibile e abbiamo messo in piedi un Comitato. Lo scopo è quello di fargli dedicare nella sua Voghera un’aula della Civica Scuola di Musica. “Odissea” e tutti gli amici di questo giornale che si sono resi disponibili appena li abbiamo avvisati, non vedono l’ora di di predisporre assieme agli amici di Voghera, alle autorità comunali e a quanti altri hanno conservato affetto e stima per Raffaele, i preparativi per i festeggiamenti all’insegna della musica, della poesia, della convivialità. Il giorno in cui verrà messa la targa col suo nome accanto ad un’aula della Civica Scuola di Musica, sarà un giorno bellissimo: per tutti noi e per Voghera». ANGELO GACCIONE estremamente generoso e collaborativo vecchio amico di Raffaele e mio, ha coordinato lo scambio epistolare con gli enti preposti all’accoglimento della richiesta del “Comitato per Raffaele Nobile” di una targa in suo ricordo nella Civica Scuola di Musica di Voghera. Non avrò il tempo necessario per dedicargli la mia totale gratitudine. Giornalista e scrittore infaticabile mi ha sostenuta in ogni momento. Grazie Angelo! 26


ISA TRAVERSI - Danzatrice coreografa e regista «Raffaele Nobile è stato un musicista appassionato e attento ed è stato un cittadino virtuoso: egli credeva forte in un arte che fosse disponibile anzi vivibile per tutti. Voleva che la musica fosse patrimonio fin dalla culla per tutta la società compresi gli ultimi e i dimenticati e non solo il pubblico privilegiato di teatri e Conservatori. Ad ognuno era dedicato l’inesausto suono del suo violino che è stato strumento musicale, ma anche di approfondimento storico, testimonianza di memorie e solidarietà popolare...fino alle lotte civili e democratiche su cui fonda le radici la nostra società civile. Nella sua musica c’è gioia e speranza, dolore e dignità, comunione di affetti che avvicina alla vita..Nel suo canto sono sempre presenti l’impegno civile e artistico. Io che sono coreografa ho lavorato con Raffaele Nobile a più progetti voluti da assessorati alla Cultura in Lombardia, terra amata da un attento e talentuoso abitatore del mondo, e ora dell’infinito. Mi associo con stima e gratitudine alla giusta richiesta di questo Comitato e ringrazio per l’attenzione al ricordo di un musicista che non può e non deve essere dimenticato». PAOLA PANNECCHI - Poeta e fondatrice del Movimento internazionale Poetry and Discovery «Raffaele Nobile: poeta, performer, intellettuale, instancabile divulgatore della cultura popolare e musicista eclettico. Una figura che ha attraversato un lungo periodo a cavallo di due millenni senza perdere mai la coerenza del suo operato. Esempio mirabile di etica e generosità’umana e professionale. Merita senz’altro l’intitolazione di uno spazio pubblico a Voghera, quale imperituro omaggio alla sua memoria». GUIDO OLDANI - Poeta, giornalista in diverse pagine culturali - Fondatore della Poesia Terminale. «Ha saputo ricercare nei meandri della nostra cultura popolare per far sortire parole e musiche che lui ha saputo governare in maniera originale e magistrale. Diciamo che, se queste terre stanno ancora in piedi avendo un minimo di consapevolezza di sé, questo lo dobbiamo sicuramente alle figure rarissime come quelle di Raffaele. La mia frequentazione della sua sapienza artistico-creativa-tradizionale mi induce al dovere di chiedere per lui un ricordo stabile alla città di Voghera che ha avuto il merito o la fortuna di avergli dato i natali. Sarebbe tanto bello che questa dedicazione a lui possa rendere consapevoli che i ricercatori liberi, senza sponsorizzatori o piloti, come lui stesso, sono una pagina costante di un nostro futuro responsabile e dignitoso. Cara Iole, sono sempre disponibile in qualunque circostanza ad intervenire per ricordare il talento meritorio di Raffaele». 27


FRANCO CAPELLI - Vecchio amico «Aderisco volentieri alla raccolta di testimonianze che si stanno raccogliendo per avviare un percorso che possa concretizzare a livello cittadino, un ricordo pubblico di Raffaele Nobile. Raffaele ha fatto una vita contro. Ha scelto di fare la vita che ha voluto fare senza compromessi, senza rimpianti, contro gli schemi e fuori dagli schemi. Nella precarietà e nell’incertezza, ma sempre con lo sguardo rivolto al futuro. Goloso di vita, di scoperte e di esperienze di vario tipo. Una vita piena di amore e una mente inquieta. Una vita contro i pregiudizi di cui è stato anche vittima, contro i canoni borghesi, contro l’establishment politico e culturale anche di sinistra dal quale era escluso e dal quale si escludeva perché voleva imporre la sua ricerca etnografica - musicale difficile, non compresa e senza valore per la macchina del business dell’intrattenimento. Senza rimpianti, a volte rigido, ma determinato a coltivare le sue passioni. Prima di tutto quella musicale, con le ricerche nei luoghi dove la musica nasceva, registrando i canti della musica popolare senza partiture, in Francia nel Berry, nelle valli della cultura ladina, nelle valli dell’Alessandrino, nel nostro Oltrepò che lui amava, nel profondo delle radici popolari, dalla musica “folk” alle opere d’arte delle chiese sperdute e dimenticate che lui rintracciava ed esplorava e ne faceva oggetto di studio e ricerca, organizzando, giornate culturali e “reading” di poesia. Questa fu per me solo in parte una scoperta, ricordandomi i legami che aveva avuto fin da ragazzino con la Chiesa dei frati di Voghera. “Dobbiamo prenderci cura della Cultura, dei beni materiali e immateriali, del tangibile e dell’intangibile». E lui andava per le Chiese dei territorio che conosceva, conosceva le opere d’arte che vi erano contenute. Cultura che legava al territorio, alle tradizioni popolari, all’arte nascosta al grande pubblico dei dipinti delle Chiese e chiesette di Voghera e dell’Oltrepò. Senza nessun tornaconto, solo per passione e per la soddisfazione di diffondere conoscenza ed emozione. Era inascoltato dai vari assessori alla cultura della zona e non era capito dai più, me compreso, non era facile seguire e cogliere il significato profondo di quello che per lui era Cultura dal basso, ricerca delle radici, attraverso vari linguaggi, non solo musicali. Di Voghera conosceva bene il dialetto che utilizzava per qualche “scarabocc”, sonetti, poesie, versi sparsi. Voghera che ricordava con i piatti della tradizione che cucinava con passione, tramandati dalla mamma e dalla nonna. Lui amava questa città, di un amore non corrisposto e venne apprezzato significativamente a Nord del Po, in ambito ambrosiano da cultori della tradizione popolare lombarda, dove era stimato e riconosciuto da circoli culturali, poeti meneghini, musicisti. Un musicista, un artista poliedrico come testimoniano i suoi scritti le sue ricerche non so se chiamarle, etnografie o solo musicali, di fatto stava “sul campo” per lunghi periodi, come fanno gli antropologi, immergendosi nella cultura del luogo, girava con il suo registratore, ascoltando le persone, vivendo in mezzo a loro. Un’intelligenza non comune, vivace e inquieta, basti pensare a quando lasciò al quinto anno l’istituto Gallini per non stare a scuola, “dove si annoiava”. Un’intelligenza contro, quando si laurea in Agraria laurea che lascerà nel cassetto per laurearsi come artista, di strada e non solo, in mille concerti. Non parlavamo tanto di Dio e della religione, ma an28


che qui era contro la fede fatta di di convenzioni, ma certamente la sua ricerca di spiritualità era intensa e convinta. Sono orgoglioso della sua amicizia che mi riservava fin dall’adolescenza, intermittente per un po’ di tempo, rinverdita negli ultimi anni. Amicizia partita dai campi di lavoro di Emmaus e poi dall’attività comune nel movimento studentesco di Voghera e Pavia. Il a joué le violon!, ripetevano meravigliati i ragazzi del campo di lavoro di Angers e questa è stata la frase che scherzando ci dicevamo quando insieme si ricordava qualcosa del passato. Quando qualche anno fa presentò all’Auser di Voghera la sua ricerca sulla scapigliatura milanese, pubblicata anche sul Corriere della Sera, disse che erano artisti che facevano del loro stesso corpo, di loro stessi un’opera d’arte. E qualcuno dal pubblico che lo conosceva commentò “proprio come lui”. L’amore per Voghera e per le sue radici, l’amore per la cultura popolare nelle sue varie forme, la sua opera musicale e artistica meritano un riconoscimento, che aiuti tutti, anche chi non lo ha conosciuto a tenerlo vivo nel ricordo e poterne conoscere la sua produzione artistica. La cultura si esprime nel tangibile e nell’intangibile diceva Raffaele, e allora per fare memoria e offrirgli un meritato riconoscimento sia tangibile che intangibile, è auspicabile che la città arrivi anche se in ritardo a corrispondere l’amore che Raffaele ha avuto per la città. ROBERTO BARBOLINI - Giornalista scrittore «Sono fiero di aderire a questa meritoria iniziativa del Comitato per ricordare in modo degno l’indimenticabile Raffaele, musicista, folclorista e persona di grande umanità».

TOMASO KEMENY - Vicepresidente della casa della Poesia di Milano e fondatore del Mitomodernismo, poeta, scrittore, critico letterario «Ritengo che Raffaele Nobile sia indimenticabile sia come esecutore di brani musicali per violino che come memoria dei canti popolari lombardi che faceva tornare in vita con le sue performances. Credo che nessuno più di lui meriti di essere ricordato anche con l’intitolazione di una via cittadina». RICCARDO TAMMARO - Presidente e fondatore di Milano Policroma Responsabile Cultura della Consulta Periferie di Milano «Parlare di Raffaele Nobile significa parlare di una personalità poliedrica, dotata di grande cultura, che ha saputo cogliere il meglio delle sue competenze per formare e informare in maniera ludica su un grande tema come la storia del nostro territorio. Ha infatti saputo unire la sua capacità musicale, messa al servizio dei suoi studi sulle musiche antiche, con l’interesse per la storia dei secoli passati, giungendo a una sintesi tra parole e musica che meglio di ogni altra ha reso presente l’atmosfera di un tempo remoto, facendolo rivivere nel tempo attuale. Un ricercatore raffinato, un ottimo musicista: ma, prima di tutto, un uomo di grande simpatia, competenza e umiltà». 29


GINO BANTERLA - Giornalista professionista, scrittore, saggista in campo storico-archeologico e artistico, portavoce Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, Capo Ufficio Stampa al Piccolo Teatro «Fu nel 1984, in occasione della realizzazione di quattro dischi dedicate alla musica tradizionali e i canti dell’Oltrepò, della Lomellina e del Pavese, che incontrai per la prima volta Raffaele. Lo andai a trovare per un primo incontro e per concordare eventualmente la sua collaborazione per la realizzazione dei dischi. Ci mostrò una grande quantità di nastri magnetici registrati, poi, inseritone uno nel vecchio magnetofono, ci fece ascoltare alcuni brani. Improvvisamente, al suono travolgente del piffero di Cegni e della fisarmonica, Raffaele si mise a danzare ritmando con le mani. Danzava ispirato alla dolcezza di quelle struggenti melodie, quasi fossimo ad una festa di paese. Mi stupì quella spontanea gioiosa reazione. Più tardi compresi che essa scaturiva da un’innata predisposizione all’armonia e ai ritmi musicali. Aveva, come si suole dire, la musica nel sangue. L’accordo con lui fu preso in un secondo incontro. Ci fornì le registrazioni e la piccola collezione di dischi, distribuiti con il giornale in quattro diverse settimane, andò a ruba. È stato un personaggio unico, fuori dagli schemi e dai circuiti ufficiali della cultura che gli hanno spesso chiuso le porte in faccia. Voghera – ne sono convinto – saprà rendere a Raffaele un concreto omaggio, inteso non come retorico ricordo di una amico che non è più in mezzo a noi, ma come contributo di “umanità” in un periodo di grande disorientamento nel quale sono sempre più assenti le relazioni umane». ADRIANO BASSI - Concertista di pianoforte, compositore, direttore d’orchestra e scrittore «Ho avuto modo di collaborare con Raffaele parecchie volte invitandolo come professionista musicale alle mie iniziative. Ha sempre dimostrato una profonda ed articolata passione e conoscenza per il proprio lavoro, ricercando con tenacia musiche della tradizione popolare ormai cadute nell’oblio. Ricordo il suo sorriso, la sua mitezza e quella bontà ormai dote rara. A tutto ciò affiancava una sensibilità ed una nobiltà d’animo davvero rara in una società egoista e tesa verso il potere ed il soldo. Sarebbe auspicabile testimoniare il suo ruolo nel mondo della cultura dedicandogli una via/piazzetta. Esorto gli amministratori locali a rendere omaggio ad un proprio cittadino che ha saputo valorizzare la storia antica della propria città attraverso i documenti musicali di un passato altrimenti caduto nell’oblio. Sarebbe un atto di giustizia in un mondo troppo attento alla superficialità ed all’effimero». PATRIZIA GIOIA - Poeta SpazioStudio 13, artista e designer «Lo scorso anno, nel giorno di Santa Lucia, una piccola festa a SpazioStudio 13 avevo riunito alcuni amici per il ritiro del panettone a favore della Nave Ospedale Elpis. Per l’occasione avevo invitato Gattoteofilo, un amico cantastorie e il suo violino. Una persona semplice, appassionata delle tradizioni che accompagnava con i suoi ricordi e la sua musica. Una musica nostrana, una voce con qualche stonatura, una natura umana come quelle che non ci sono quasi più: occhi lumi30


nosi, sorriso con qualche dente in meno, capelli al vento. E ieri nel giorno di Santa Lucia, si sono svolti i funerali di Gattoteofilo, morto improvvisamente per un problema di cuore. Un’illusione forse? Un’utopia? Un sogno? Sono le persone per bene che soffrono di cuore: questo muscoletto così elastico nell’amore patisce più di ogni altro le bruttezze del fuori. La bellezza che accompagna l’innocenza è delicata e necessita di “piccole mani” come il Poeta E. E. Cummins descrive bene, e dedico questi versi del Poeta all’amico Gattoteofilo, al suo violino, alla sua musica che sonerà per sempre: nessuno / nemmeno la pioggia / ha così piccole mani». GAETANO TROCCOLI - Chitarrista, insegnante di chitarra e compositore «Ho incontrato un uomo che rincorreva un sogno. Se dovessi sintetizzare, in poche parole, la mia ultratrentennale amicizia e collaborazione artistica con Raffaele, penso che questa frase racchiuda tutto. Ho incontrato in primo luogo un uomo vero, ricco di sfaccettature, a onor del vero alcune piuttosto atipiche e, probabilmente, non eccessivamente politcally correct. Degli aspetti della sua personalità taluni erano più evidenti, mentre altri risultavano più nascosti e intimi, poco esibiti. Vorrei qui sottolineare uno fra tutti, ovvero la sua generosità quasi pudica ma estremamente sincera. Generosità che aveva la sua espressione più, oserei dire, sfacciata e plateale quando suonava, recitava, cantava con quel trasporto quasi sconcio, tanto era passionale. Questo suo esplosivo trasporto a me, decisamente alieno da simili “espansività”, almeno i primi tempi della nostra collaborazione, faceva quasi vergognare. Poi col tempo, cogliendone l’essenza, ho apprezzato e valutato la grandezza, sia dal versante umano sia da quello più propriamente artistico, di un tale gesto teatrale, poetico nella sua interiorità. L’altra faccia di Raffaele, quella artistica, è talmente ricca che, realmente, la sua scomparsa è stata una grande perdita per tutti anche in questo campo. Partendo dalla sua competenza invidiabile nell’ambito della musica popolare, per ora, detto fra parentesi, non ho ancora conosciuto un’altra persona che possa stargli alla pari in questo campo. Si deve certamente affiancarlo come ampiezza e profondità di conoscenze ai più noti ricercatori ed etnomusicologi italiani. Con questo suo lavoro non ha avuto una ricaduta accademica, se non saltuariamente, ma si inserisce a pieno titolo nel sogno di cui parlavo. Il sogno, perseguito con ostinazione nel corso di tutta la vita, era quello di portare ovunque, vivificandola, rendendola attuale, la tradizione e l’arte popolare. Quindi un’attività non meramente da studioso o da archeologo riesumatore di salme imbalsamate, bensì attore e sinceramente partecipe di quello che proponeva. Oltre che propositore di una tradizione era egli stesso artefice della continuità e della ricreazione di questa. Aveva in ciò quasi il fuoco sacro del missionario. Attraverso la musica avvicinava tutti, indistintamente, era quasi un passepartout del rapporto fra le persone. Questi sono solo alcuni degli aspetti di Raffaele come uomo e musicista. Ce ne sono decisamente tanti ancora da esplorare e far venire alla luce. Posso solo concludere dicendo che il rapporto personale con lui non lasciava indifferenti e molte volte rendeva decisamente più ricchi». 31


NANDO UGGERI - Musicista, cantautore, compositore

Raffaele di Nando Uggeri, arrangiamento Fabio Roveroni, video e riprese Claudio Bernieri Col tuo violino giravi per le strade del mondo come un bardo di un’altra età la tua immagine particolare la vedevo lontana da questa realtà. Sempre a piedi coi sandali anche d’inverno arrivavi col treno in città e poi via verso ogni villaggio sperduto predicando la tua identità. Quanti chilometri hai fatto quanta gente hai incontrato nel tuo eterno peregrinar ed io col tempo ho capito che la tua più che un’arte era una responsabilità. E quanto studio per portare le radici alla luce e far conoscere la nostra identità. Dalla pianura alle valli quei concerti profondi che non erano in voga nè charme. Caro amico lontano il tuo ricordo è vicino ti rivedo con il tuo violino la tua barba incolta i tuoi capelli nel vento che suonavi rapito dal tuo sentimento. Dalla bassa portavi quell’accento diverso che ti dava un aspetto un po’ assurdo raccontavi le storie di quel tempo passato

sempre con quello stesso entusiasmo. Ora lontano suonerai ancora il tuo violino fra le stelle che ti avranno vicino noi lontani nel tempo ricordiamo il talento e tutto ciò che ci hai lasciato nel tempo. Caro amico lontano il mio ricordo è vicino ti rivedo con il tuo violino la tua barba è incolta i tuoi capelli nel vento che suonavi rapito da tuo sentimento. Dalla bassa portavi quell’accento diverso che ti dava un aspetto un po’ assurdo raccontavi le storie di quel tempo passato sempre con quello stesso entusiasmo. Se sentiremo lontano una lombardina una giga, una Donna lombarda una storia d’Irlanda, penseremo che quando tu chiedevi uno spazio di sicuro meritavi il tuo posto, un posto da bardo…un posto da bardo…

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CLAUDIO BERNIERI - Giornalista- inviato di guerra per il settimanale “L’Europeo” sui fronti dell’Iraq, della Somalia, del Monzambico e della ex Jugoslavia. Lavora per Affaritaliani.it – Scrittore – Videomaker (Il Report indignato, a lui si deve tutta la reportistica dei clochard senza tetto, alle fila di richiedenti carità al Pane Quotidiano e altrove, alle libere Librerie di Milano agli eventi sociali e politici di gruppi provenienti dall’estero, vedasi gli Armeni, a personaggi del popolo che a Milano spendono parte della loro vita per recuperare il paesaggio architettonico imbrattato dai bulli) - Paroliere di testi musicali. «Compariva all’improvviso, inaspettato, in luoghi insoliti, in luoghi di passo, sembrava che fosse stato lì da sempre, ci si era abituati alla sua presenza, come certi saggi di villaggio che da sempre si incontrano o si vedono nella piazza, sotto un portico, o dentro a un bar, e nessuno si chiede mai da dove vengano o dove andranno e che storia abbia avuto la loro esistenza. Esistono e basta. Raffaele era comparso al Bar Magenta negli anni ’80, come un volatile, un folletto, uno gnomo, sempre uguale, allora era facile esistere ed essere famosi o essere sconosciuti ma tutti si sentivano importanti, attivi, accettati… giravano tanti amici. Lui era uno di questi saggi, che “faceva cose”. Parlava di folletti, di celti, di druidi in anni impensabili, veniva da Voghera e spesso chiedeva ospitalità per la notte. Una volta mi mostrò un palazzo occupato, dove aveva trovato alloggio: una grande stanza con un camino, in un antico castello sorto sui ruderi del palazzo imperiale di Milano. A un centinaio di metri, era di moda suonare in un palazzo settecentesco anch’esso occupato. Nessuno si chiedeva chi fossero gli occupanti, ora celebri musicisti, o viandanti, o fantasmi. Ci si vedeva al bar Magenta, e tutto scorreva, nessuno immaginava che il tempo tradisse la giovinezza, tutto era fermo, eterno. E in questa eternità che era immobile solo se vista dalla giovinezza, Raffaele compariva, scompariva, viaggiava, pochi sapevano che suonava il violino. Era un migrante di sogni. A volte si incontrava vicino alle stazioni e ai treni: brandelli di discorsi… iniziative che portava nelle biblioteche, ricerche su antiche ballate. Si pensa che un saggio viva in eterno, od emigri come la Fenice, per cui pare incredibile che sia morto, perché la morte non apparteneva a quell’epoca e a quegli anni dove egli era comparso improvvisamente, era inconcepibile per tutti in quegli anni pensare che si morisse alla fine della strada.. In quel girotondo eterno delle stagioni, dei luoghi di passo per uccelli migratori, dal 1980 al 2000, era facile incontrarlo e parlare con lui di tutto. Ora non più».

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CLUB TENCO SANREMO Raffaele Nobile, amico di Michele Straniero, ebbe la fortuna di essergli accanto in tutte le sue manifestazioni. L’inclusione nel Club Tenco ne rafforzò l’amicizia fino alla scomparsa di Michele. Michele Straniero, all’anagrafe Michele Luciano Straniero - Milano, 27 settembre 1936 -Torino, 7 dicembre 2000, è stato un cantautore, musicologo e giornalista italiano. Fondatore, a Torino, del gruppo di Cantacronache, viene considerato tra i precursori dell’esperienza diretta dei cantautori italiani; così si è espresso su di lui Umberto Eco: «Se non ci fossero stati i Cantacronache e quindi se non ci fosse stata anche l’azione poi prolungata, oltre che dai Cantacronache, da Michele L. Straniero, la storia della canzone italiana sarebbe stata diversa. Poi, Michele non è stato famoso come De André o Guccini, ma dietro questa rivoluzione c’è stata l’opera di Michele: questo vorrei ricordare». Conoscere altri giovani come Umberto Eco, Gianni Vattimo e Furio Colombo. Si interessa di storia e di folklore e, in particolare, di musica popolare con l’obiettivo di portare all’interno della musica italiana nuove istanze legate all’impegno sociale e alle lotte delle classi subalterne, fondando con il compositore Sergio Liberovici, il gruppo di Cantacronache, volto alla creazione di un nuovo tipo di canzone, libera dai cliché sanremesi e di evasione in genere, al quale prenderanno subito parte altri intellettuali e musicisti come Fausto Amodei, Emilio Jona, Italo Calvino, Franco Fortini. Contestualmente a Cantacronache, inizia anche la ricerca di canti sociali, raccogliendo materiali in Piemonte, Puglia e Sicilia ma anche nella Spagna franchista insieme a Liberovici, Jona e altri; ma nello stesso tempo si avvia la produzione di materiale originale scrivendo canzoni come Ballata del soldato Adeodato, Storia di Capodanno, Viva la pace, La zolfara, Partigiani fratelli maggiori, La canzone del popolo algerino. Sue le interpretazioni di Ssst!, Tutti gli amori, Tredici milioni, Partigiano sconosciuto, Il crack delle banche, Canta di Matteotti, Inno della rivolta. Nel 1962, con l’incontro con altri musicisti come Ivan Della Mea e Giovanna Marini e con intellettuali come Gianni Bosio, Roberto Leydi ed Ernesto de Martino l’esperienza si evolve e nasce il Nuovo Canzoniere Italiano. Proprio Straniero è il protagonista dell’episodio più clamoroso legato al Nuovo Canzoniere Italiano: il 20 giugno 1964, al festival dei Due Mondi di Spoleto, Michele Straniero canta i versi di O Gorizia, tu sei maledetta, canzone di trincea della prima guerra mondiale, e l’esecuzione suscita grande scandalo, costando due giorni dopo una denuncia per vilipendio alle forze armate italiane a Straniero e ai responsabili della manifestazione. In particolare i versi “Traditori signori ufficiali / che la guerra l’avete voluta / scannatori di carne venduta / e rovina della gioventù” suscitano in sala la reazione di un ufficiale; nelle serate successive lo spettacolo viene costantemente disturbato da gruppi di fascisti. Nel 1966 è tra i fondatori, a Milano, dell’Istituto Ernesto de Martino, intitolato al grande etnologo scomparso l’anno prima, e centro motore di tutta l’attività del Nuovo Canzoniere Italiano per gli anni a seguire. 59


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CINEMA MUTO

Settembre 29 e 30 - 1986 Pordenone per le giornate del Cinema Muto. Spazi grandi fuori e dentro di me. 63


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OPERETTE L’operetta, genere di teatro musicale leggero nasce nella Francia del secondo Impero nell’ambito dell’Opera comique teatro borghese di successo. È il 1855 quando J. Offenbach un musicista ebreo-tedesco trasferito a Parigi dona la musica ad una piece teatrale che rilegge in chiave parodistica e dissacratoria il mito di Orfeo, narrato in questo caso all’incontrario con i protagonisti in Orfeo ed Euridice come coppia annoiata del tran-tran quotidiano che volentieri vivono il rapimento all’inferno della sposa che a malincuore dovrà tornare abbandonando le creature infernali che ballano il celebre Can-can un Galop che caratterizza il genere musicale di Orfeo all’inferno la capostipite del mondo dell’operetta. Verso la fine del sec. XIX però si affaccia nel repertorio operettistico un altro elemento musicale che ha in Vienna il suo baricentro creativo: i walzer. Ed è la grande famiglia degli Strauss ad entrare e portare nuova linfa in questo mondo con Johann Strauss figlio. Prima riluttante ed in seguito convinto a partecipare all’impresa, Johann ci regala prima due operette di notevole suggestione musicale “Il pipistrello” e “Sangue viennese”. E siamo all’inizio del Novecento quello che potremo definire il momento d’oro dell’Operetta. Protagonista consapevole di questo è un musicista dell’impero austro – ungarico già compositore e direttore di bande militari, Franz Lehar che dà la musica ad una piece comico-satirica dal sapore del Vaudeville “ La vedova allegra” riscuotendo un successo planetario. In questa evoluzione di stili musicali e vicende non poteva mancare l’Italia che sulla scena musicale europea ha giocato quasi sempre un ruolo di primo piano. La versione italiana dell’operetta si sviluppa in quella che abbiamo già definito “l’epoca d’oro” cioè i primi due decenni del Novecento ad opera principalmente di un personaggio che riassume in sé l’idea stessa di operetta così come viene intesa qui da noi: Carlo Lombardo. Questo musicista polivalente confeziona un tipo di spettacolo che nel suo genere si discosta dagli esempi operettistici stranieri finora incontrati, sia nella trama sia nell’uso delle musiche. I protagonisti delle storie non sono più nobili principi e aspiranti principesse ma personaggi comuni seppur caricaturali e buffi. Si rimane comunque in un quadro d’intrattenimento leggero sia nelle trame sia nelle musiche che si aprono a moduli di successo popolare dell’epoca con l’irrompere di mazurke polke, fox-trot e romanze melodiche. Abbiamo quindi “Il paese dei campanelli” “La danza delle libellule” “La duchessa del bar Tabarin “Scugnizza” del napoletano P. M. Costa, “Acqua cheta” di Pietri che si rifà ad un gesto, il conte di Luxssemburgo “sempre di Lehar” che entra addirittura nella produzione di Lehar adattando e rimaneggiando alcuni suoi lavori... 65


Non sarà quindi stabilito alcun confine arbitrario fra l’attività di esplorazione del suono e l’attività musicale: quest’ultima rappresenterà un momento di comunicazione formalizzata di esperienze (secondo codici il più possibile stabiliti dai bambini). In questo modo i bambini potranno acquisire consapevolezza del fatto che la musica è un linguaggio (incomprensibile solo per chi non conosce le regole) ed avviarsi ad un atteggiamento attivo in cui la musica è comunicazione (da inventare, comprendere, modificare), ben lontano da concezione ricreative-distensive e di estatica e sognatoria contemplazione del “bello” musicale.

Progetto di lavoro per un laboratorio di animazione musicale e teatrale Si propone l’attuazione di un laboratorio di animazione rivolto ai ragazzi delle scuole materne ed elementari il quale prenderà in esame alcuni importanti aspetti del linguaggio e della pratica musicale/teatrale ed avrà come filo conduttore la realizzazione finale di uno spettacolo gestito dai ragazzi stessi da presentare ad un pubblico allargato. In particolare si lavorerà su questi elementi: conoscenza della realtà sonora intorno a noi, indagine e riproduzione, le fonti di produzione del suono, i materiali (legno metalli membrane spazi amplificatori ecc.). I materiali del teatro e della scenografia, carta, cartone, legno, gomma piuma, usi e caratteristiche. Corpo e movimento gioco mimato, parlare coi gesti, raccontare coi gesti, archivio delle espressioni del viso. Ascoltare la musica con il corpo, movimento suggerito dal suono, visualizzazione del suono e corrispondenze. Il ritmo nella musica e nel movimento. Si propone un programma di studio-ricerca attuato in prima persona dagli studenti e coordinato da insegnanti e operatori su alcuni aspetti espressivi della cultura della tradizione popolare ed in particolare circa gli aspetti musicali. Questo programma sarà articolato in tre momenti diversi: a) Incontri tra operatori esterni e le scuole per inquadrare gli argomenti e verificare le reali disponibilità ed interessi particolari b) Distribuzione del lavoro di ricerca che dovrà essere attuato dai ragazzi presso le proprie istanze familiari o più in generale sociali vicine con particolare attenzione ai canti popolari arcaici agli usi a questi sottesi ai momenti di socialità con presenza della musica (es. ballo) ai racconti delle persone anziane ai racconti familiari legati alla zona di provenienza (la ricerca non vuole essere solo un riferimento alla cultura locale ma abbracciare altri bacini di provenienza). Questa fase sarà seguita anche dagli operatori con incontri di verifica per graduare e coordinare il lavoro di ricerca che dovrà essere in ogni caso fissato sia per iscritto sia come registrazione fonografica c) Consuntivo del materiale raccolto commenti e discussioni su quanto rappresentato e conseguente schedatura degli elementi più interessanti di tale materiale in vista di un eventuale prodotto redazionale a testimonianza utile del lavoro svolto. 72


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MUSICA PER ADULTI

Il Giornale di Voghera Giovedì 17 aprile 2014 Il seminario sulla musica popolare Lavori conclusi, o forse no Foto Raffaele Nobile e allievi durante il seminario Un extraterrestre programmato solo per seguire i corsi scolastici, e che fosse venuto a studiare in Italia, paese della musica, fino a pochi anni fa – grazie alla riforma Gentile – avrebbe potuto percorrere tutto l’iter di studi, elementari medie liceo e università, senza nemmeno sospettare l’esistenza di un’arte dei suoni e il suo enorme ruolo culturale e sociale nella nostra storia d’Europa. Qualcosa si è fatto con la scuola dell’obbligo, ma ben poco: anche oggi, al di fuori di conservatori e scuole di musica la gente “normale” sa chi era Dante o Napoleone ma provate a citare Sammartini o Ingegneri, o anche solo Haydn…E la TV, che potrebbe far tanto, diseduca e disinforma disastrosamente. Questo per la musica “colta”. Peggio ancora per quella popolare, spontanea. Dovevano arrivare gli stranieri per mettersi a studiare la nostra, che è ricchissima. Un mondo sommerso. Gli iscritti al seminario di Raffaele Nobile sulla musica popolare presso la nostra Scuola di Musica (sede “mirata” non a caso) ha scoperto un’Europa unita che esiste da millenni, il formidabile fil rouge che attraversa tutta la storia europea sulle note degli strumenti musicali e della voce dei cantastorie, dei giullari, dei trovatori, grandissimi diffusori di cultura e di notizie; ha scoperto le strette parentele tra la cornamusa scozzese, la gaita galiziana e il baghèt delle valli bergamasche, tra la giga irlandese e quella padana, tra i canti d’amore e di lavoro di casa nostra e quelli dei paesi più remoti. Ha ascoltato la storia della Donna Lombarda o dell’Avvelenato, vicenda identica in Lombardia come in Scozia, perfino nei particolari (l’anguilla arrosto, il ritornello del “cuore che sta male”). Ha ascoltato le personalissime osservazioni di Nobile su quello che, lo ripetiamo, è ancora un mondo sommerso, a torto ritenuto un fenomeno musicale “minore”. Ma poi si è “fatta” musica. Chi sapeva suonare qualche strumento, e anche chi non sapeva, si è divertito a far pratica insieme, a improvvisare, a cantare. Così nasceva la musica popolare, così può nascere ancora. Il rouge non è del tutto rotto. Pifferi e fisarmoniche hanno continuato, o ricominciato, a comparire nelle feste…ma questo è un altro capitolo. Il seminario, tre venerdì, si è concluso l’11 aprile (2014). Visto l’interesse del pubblico, ci sarà forse un incontro extra, anche per “fare” ancora musica insieme. Ne daremo ragguaglio. e.c.b. 75


Il Giornale di Voghera Venerdi 24 marzo alla Civica Scuola di Musica L’Europa unita delle tradizioni popolari È lodevole l’attenzione della Civica Scuola di Musica verso un patrimonio un tempo definito “popolare”, con una sfumatura alquanto negativa, ma che oggi viene rivisitato in una più seria chiave antropologica, nonché nel nostro caso, musicale. Scomparsi ormai i vecchi depositari delle tradizioni orali, assente una generazione di mezzo che raccogliesse il testimone, oggi l’interesse si riaccende, ma tocca ormai agli studiosi salvare il salvabile di una ricchezza che era e rimane costituiva di quel che oggi è un territorio con la sua storia, la sua fisionomia, il suo contenuto umano, prima che la moderna società multimediale e multietnica lo porti a scomparire del tutto. Questa ricchezza musicale e poetica “popolare” (ma quanto popolare? Quanto, invece, d’autore e poi divenuta di dominio pubblico? ) è stata oggetto di due serate della rassegna “Di Venerdì” alla Civica. Venerdi scorso, 24 marzo, Raffaele Nobile col suo violino ha punteggiato la presentazione del suo Testamento dell’avvelenato. Musica, poesia e canti nella tradizione popolare lombarda e delle aree limitrofe, pubblicato da EDG. Anche questa volta, una presentazione-concerto. Nobile, oltre che uno studioso originale, è un abilissimo violinista, nel genere che lui definisce, un po’ riduttivamente, di “cantastorie”. Non solo di Testimonianza di un “Europa unita” che va molto al di là dei muri di Berlino e delle polemiche sulla Brexit. Essere se stessi, conservare la propria identità culturale e le proprie tradizioni, paradossalmente affratella più che dividere. e.c.b. La provincia pavese Giovedì 24 gennaio 1985 Concerto “Voghera il violino nel folk europeo” Voghera – Nell’ambito delle iniziative culturali promosse dal Centro Sociale di Voghera si terrà domani sera, venerdì, alle 21 in Viale della Repubblica un concerto del violinista Raffaele Nobile dal titolo “il violino nel folk europeo” Con la partecipazione e l’accompagnamento di altri due musicisti, Fabio di Stefano chitarra organetto, e Patrik Defrance oboe flauto, sarà presentato un programma di musiche provenienti dalla tradizione popolare europea, in particolare quella del Nord Italia, della Francia e dell’Irlanda, materiale musicale a carattere strumentale che nella tradizione serviva come supporto espressivo alla danza e alla ritualità. Queste musiche saranno viste soprattutto sotto l’aspetto espressivo di linguaggio con le sue caratteristiche strutturali, mettendo in luce anche i rapporti con la musica colta dei secoli passati e tentando di costruire, in relazione a tale linguaggio, momenti di nuova elaborazione creativa. Raffaele Nobile ha iniziato la sua attività negli Anni Settanta nell’ambito milanese dei musicisti di base e non, allora molto stimolante e ricco di scambi creativi. Tra le varie attività a cui si è dedicato, sperimentazione e didattica, composizione, esecuzione, ha avuto molta importanza la ricerca e la divulgazione della cultura musicale popolare. 76


Corso di conoscenza e pratica della musica di tradizione popolare (vocale e strumentale) Parallelamente all’evoluzione della civiltà musicale colta, si è sviluppata in Europa una cultura musicale delle classi subalterne con aspetti strutturali autonomi, linguisticamente interessanti e, soprattutto nel passato, improntati ad un intenso processo di scambio con la “grande” musica. Affrontare lo studio di questa tradizione è un modo per giungere alla conoscenza di un mondo musicale suggestivo al quale fan capo molte nostre radici culturali, nonchè ad una conoscenza generalizzata e più approfondita dei mezzi di produzione della musica. Il seminario sarà costituito da una parte teorica nella quale saranno esaminate le specificità morfologiche delle varie tradizioni (pratica vocale, repertorii strumentali, forme e strutture di linguaggio ecc.) con l’aiuto di materiale preregistrato ed esemplificazioni pratiche e da una parte di pratica strumentale d’insieme, elemento insostituibile di conoscenza, lavoro questo che potrà avere anche uno sbocco pratico e spettacolare. In particolare saranno trattati questi argomenti: - Lineamenti strutturali dei vari linguaggi (scale, micro strutture specificità espressive) in un’ottica di accorpamento geografico e di sviluppo storico con particolari riferimenti alle relazioni con la musica colta occidentale. - Specificità espressive di vari tipi di vocalità canto polifonico, canto solistico, canto narrativo e loro distribuzione. - La musica strumentale. Vari tipi di strumenti utilizzati e loro repertorii. Violino ghironda, strumenti a corda, cornamuse e zampogne, aerofoni meccanici percussioni. Analisi dei vari repertorii dal punto di vista morfologici (forme compositive e di danza) e storico-geografico. - Morfologia e costruzione degli strumenti. - Decifrazione ed esercitazione pratica sui brani campione delle tradizioni italiana, provenzale francese, bretone irlandese ecc. - Esercitazioni di musica d’assieme con i materiali prima esaminati. 77


Canti El mestèe de la filanda Mamma mia mi son stufa O de fa la filerina ol cat el poc a la matina Mamma mia mi son stufa tutt ol d ddì a fa andà l’aspa voglio andare in Bergamasca in Bergamasca a lavorar El mestè della filanda l’è el mestee degli assassini poverette quelle figlie che son dentro a lavorar ol provim do voeult al di Siam trattati come cani come cani alla catena non è questa la maniera o di farci lavorar

Fiore di tomba, poi diventata Bella ciao Oh cara mama serè la porta che non entri qui nessun voglio far finta di esser morta per far piangere (2) qualchedùn E scaveremo ‘na fossa fonda ghe staremo dentro in tre Il babbo mio la mamma mia e il mio bene (2) in braccio a me E su la cima di questa fossa pianteremo un verde fior E questo è il fiore di Teresina che l’è morta (2) per amor

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CANTI E BALLATE Canti e manifestazioni musicali Le classi subalterne erano chiamate ad eseguire canti in manifestazioni musicali disparate e soprattutto in chiesa, da qui partono commistioni di stilemi ed intensi processi di scambio che portano anche alla formazione di una polifonia “urbana” come il trallarero genovese che molto ha influenzato lo stile ed il repertorio delle squadre di canto del pavese montano. Altri canti polifonici sono ispirati da situazioni contingenti alla vita quotidiana come ad esempio i canti “alla Bogliasca” repertorio e pratica dei mulattieri dove il testo letterario ha spesso la sola funzione di esprimere solo il linguaggio musicale. Le carrozze son già preparate El mestè de la filanda Sol castel de Montebèl Né calen di maggio, né la foglia di faggio Per Dio, Rambaldo Oh Dio come si sono accorciati i raggi Moro Saraceno Donna Lombarda Mamma mia mi son stufa La vita di San Léssi El pover Luisìn La galèna grisa El me morùs el stà L’eroina Tema di valzer Il feroce monarchico Bava L’avvelenato (dovè sé starier sera) En veure d’èspuntar Fiore di tomba (Bella ciao) O mondina dal cuore dolente

Con la tenacia e costanza che gli era tipica, Raffaele fin dagli anni giovanili per proseguire molto più a lungo, iniziò la ricerca che mise in campo (Lombardia, Piemonte, Emilia e Liguria) i suoni e le parole di tutto ciò che costituiva il passato popolare degli abitanti che visitava e dei gruppi che cantavano e suonavano. Da tutte le interviste e registrazioni accumulate è nato un archivio sonoro e i canti, a mo’ di esempio riportati, sono nati in questa maniera, successivamente arricchiti con studi e approfondimenti. La foto delle Mondine è l’ultima rappresentazione alla quale ha partecipato come spettatore, queste Mondine hanno portato la testimonianza della loro esistenza fino alla fine del 2018. La canzone della mondine di Sannazzaro e Son la mondina son la sfruttata vennero presentate nel 1984 insieme a diversi altri canti, vedi anche a sinistra Fiore di tomba che poi diventerà Bella ciao. I canti sociali, d’amore e di rivolta, hanno permeato fino alla fine la sua opera. 79


Musiche religiose e liturgiche Un’ipotesi di programma di Musiche religiose e liturgiche provenienti dalla Tradizione popolare padano-alpina a carattere vocale e strumentale. - Piva della Val Imagna (BG) - Brano strumentale del repertorio delle cornamuse, di origine rinascimentale, facente riferimento mediante un’azione di mimo/danza all’Annunciazione di Maria e conseguenti dolore del parto e gioia della Nascita. - Pastor Gelindo. Canto di Questua. - Venez vite. Ballo cantato natalizio dell’area provenzale sullo schema del Rigodon che trova una certa corrispondenza con un canto Su correte raccolto nella parrocchia di Calignano (PV) - San Giuseppe e la Madonna - Canto narrativo dell’Appennino Modenese - La Grande Rogazione - Canti rituali dei Cimbri dell’Altopiano di Asiago - Litanie Lauretane - Canti celebrativi popolari nei pellegrinaggi alla Certosa di Pavia - Noi cantiamo il verso bello pratiche religiose e canti popolari a Cosola (Pavese montano) - Piva di Casnigo - BG - Siam qua da voi signori – Questua dell’Epifania ecc.

“Pastor Gelindo” Il recital prende in considerazione gli aspetti religiosi e devozionali della cultura popolare padano-alpina con brani musicali narrazioni. Il Cristianesimo in questa vicenda si colloca vicino a preesistenti culti di natura pagana e ne rimodella i simboli, le ritualità e gli elementi iconografici.

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DANZA L’albero del Canto o Controcanto L’interpretazione dei brani è attuale e cioè mediata da un’esperienza che non è inserita direttamente nella tradizione ma la reinterpreta veicolandone il linguaggio. Il disco è composto di otto brani che rappresentano per la quasi totalità dei casi suites di danze che si riferiscono al Nord Italia ed in particolare alla zona appenninica pavese alessandrina ed Emiliana. Monferrina Perigurdino Curenta - Tre danze dell’appennino pavese raccolte in situazioni diversificate mutuate dalle “arie del piffero” e adattate al violino secondo un processo sperimentato anche in altri luoghi della tradizione europea (Irlanda Yugoslavia ecc.) Roncastalda Lombardina Furlana Giga - Una suite di pezzi dell’Appennino emiliano ascoltati da suonatori diversi. Lachera Calisùn Giga - Musiche che accompagnano un’azione mimata e danzata nel carnevale di Roccagrimalda (Appennino alessandrino) celebrazione che la tradizione vuole legata ad un rivolta popolare di molti secoli fa La vecchia luna - Elaborazione strumentale di una canzone-polka nella versione fornita da un anziano violinista dell’Appenino pavese, brano tra l’altro conosciuto in quasi tutta l’Italia settentrionale per essere stato nel repertorio delle mondine Biondina giga giga - Tre danze in forma di giga, la prima lombarda, le alte raccolte sull’appennino pavese-piacentino da suonatori di violino e fisarmonica Scottiches – Una suite di scottiches del centro della Francia considerate qui più per la loro struttura musicale molto interessante ed avvicinabile ad un modello europeo più ampio Waltzer - Due Waltzer tradizionali il primo raccolto sull’appennino pavese e facente parte in passato del repertorio dei pifferai, il secondo di origine savoiarda L’albero del canto - Brano di composizione attuale che prende in considerazione alcune caratteristiche peculiari del fraseggio melodico degli strumenti tradizionale.

Danza nelle tradizioni popolari I pezzi presi in considerazione appartengono in gran parte alla tradizione folklorica dell’Italia settentrionale (Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte) e per la maggior parte venivano usati come musica da danza prima della scomparsa della civiltà contadina. Sono in specifico il Bal di Mantova, la Roncastalda, la Lombardina, il Bal dei gobbi che nell’Appennino Emiliano facevano del violino lo strumento “principe” e che aldilà delle loro caratteristiche rituali presentano degli aspetti strettamente musicali molto interessanti e di grosso valore comunicazionale. Un altro aspetto importante che sarà messo in risalto in questo lavoro è il collegamento che queste ed altre musiche italiane prese in considerazione (gighe, salterello, bal francese lombardo, alessandrine e correnti piemontesi) hanno con forme di musica colta anteriori al XVI° sec. e all’epoca barocca. Ed è proprio quest’ultimo periodo che accomuna forme 85


musicali provenienti da luoghi differenti dell’Europa occidentale, quando la cultura italiana non era semplice prodotto di esportazione ma elemento integrante di tutta la dinamica culturale europea e il rapporto tra musica colta e popolare era molto diverso da oggi, improntato quindi ad uno scambio molto intenso.

Musica strumentale Anche nella nostra zona in Lombardia - come del resto in tutta la cultura popolare europea - la musica strumentale è in diretto riferimento alla danza, facendone elemento di supporto fino all’identificazione stessa con tale funzione. Questo tipo di produzione musicale segue gli schemi metrici imposti dalle esigenze coreutiche e rituali, che si sono spesso intersecate con l’evoluzione e le trasformazioni strutturali-musicali alla base dell’essenza stessa dei singoli brani. Abbiamo così forme musicali diverse che hanno come titolo i nomi stessi delle danze («monferrina», «giga», «curenta», «perigurdino» ecc.), contenenti però linguaggi strutturali molto spesso differenti per ritmo, frammenti melodici, economia intervallare, successione di microstrutture e regioni armoniche. Alcune presentano una struttura musicale di tipo arcaico, che si richiama direttamente al mondo della modalità esistente e funzionante nella civiltà colta fin dai tempi più antichi, dove i punti di riferimento e di attenzione del successivo discorso tonale non esistevano o erano diversamente distribuiti. In certi, come le curente e alcune monferrine, è chiara la derivazione da balli cantati soprattutto del genere del curentun piemontese, aspetto questo molto diffuso nella tradizione di tutta l’Italia, ove i balli popolari venivano rivestiti di un testo letterario che via via poteva essere modificato a seconda delle funzioni che gli venivano assegnate di volta in volta.

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Progetto di seminario sulla musica della tradizione popolare europea in un’ottica di contaminazione ed elaborazione Parallelamente all’evoluzione della civiltà musicale colta si è sviluppata in Europa una cultura musicale delle classi subalterne con aspetti strutturali autonomi, linguisticamente interessanti e, soprattutto nel passato, improntati ad un intenso processo di scambio con la “grande musica”. Affrontare lo studio di questa tradizione è un modo per giungere alla conoscenza di un mondo musicale suggestivo e per misurarsi creativamente a quanto può essere ricavato in senso rielaborativo. Il seminario tratterà lo studio delle specificità morfologiche dei vari filoni storicogeografici (pratica vocale, repertori strumentali, forme e strutture) con l’aiuto di materiale preregistrato ed esemplificazioni pratiche che confluiranno gradualmente in una pratica strumentale d’insieme, strutturata su brani campione appartenenti alle varie tradizioni. Verranno analizzati gli strumenti musicali di questo genere nelle loro specificità organologiche e soprattutto nelle potenzialità espressive. Sarà quindi data particolare rilevanza all’analisi degli elementi costitutivi del linguaggio in un’ottica di rielaborazione ed improvvisazione utilizzando le peculiarità degli elementi stessi. In particolare si agirà sul fraseggio, sulle microstrutture, sulle scale (con i vari tipi d modalità) sulle cellule ritmiche con un lavoro di scomposizione e di ricreazione sui singoli frammenti. Saranno prese in esame le varie forme di musica/danza sia dal punto di vista del movimento/musica sia da quello della struttura del fraseggio (giga, reel, hornpipe per la musica irlandese an-dro, enter-dro per quella bretone, curenta, monferrina roncastel per quella padana ecc.).

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ARTE Mede, il rapporto tra città e campagna Articolo di Raffaele Nobile, Con l’esposizione dei quadri di Tata Ferrero e l’imminente presentazione delle opere dello scultore Luigi Turatin da parte di Dimitri Plescan, continua a Mede Lomellina presso la biblioteca civica la grande mostra d’arte “Rapporto città e campagna” iniziata la scorsa stagione. Voluta da un gruppo di artisti e sostenuta dall’Assessorato alla cultura della del comune essa ha a mò di sottotitolo tre nomi: Lomellina Oltrepò Milano ch vogliono fare riferimento a due culture che si incontrano e si fondono quella agricola e quella industriale, nel tentativo di trovare un mezzo comune di di comunicazione in un simbolico abbraccio che mettendo a confronto artisti provenienti da zone diverse viene indirizzato a tutti coloro che amano l’arte. Oltre ai già citati si possono vedere opere dei pittori Nanda Bialetti, Giuseppe Cardana, Gianfranco Perego di Mede: Guido Bruno da Milano, Pietro Bisio e Angelo Nicora di Voghera. MIG di Pieve del Cairo. Giancarlo Colli, Natale Fazio, Ruggero Gamberini, Matteo Limongelli, Giulio Scapaticci, Ernesto Treccani e Gigi Valsecchi questi ultimi tutti di ambito milanese. È da ricordare un altro aspetto importante della mostra e cioè il fatto che agli artisti finora menzionati ed alle loro opere si affiancano quasi in una ideale cornice, una quindicina di poeti della Cooperativa editrice “I Dispari” di Milano. La tematica città-campagna molto presente in tutta l’espressione culturale dell’ultimo secolo nell’arte come nella letteratura(ricordiamo Pavese), viene qui vissuto non come un’atavica opposizione di una certa tradizione culturale che si è manifestata proprio nel novecento: da una parte il Futurismo, la “Città che sale” di Boccioni, dall’altra lo “Strapaese” la nostalgia di una civiltà contadina che si è fatta sempre più mito di fronte alla seconda rivoluzione industriale, alle immigrazioni di massa, allo spopolamento delle campagne e alla radicale trasformazione della vita dagli schemi ottocenteschi al modello attuale di “civiltà di massa”. Non a caso gli anni del boom economico furono momenti di malessere culturale e di ripensamenti sul ruolo di artista. Ora che la società ha assorbito se pur in parte alcuni grossi traumi dell’assestamento industriale troviamo degli artisti che ci parlano di campagna senza il mito del paradiso perduto e di città con lo sforzo di capire l’umanità che vi è nascosta consci degli attuali ed inquietanti problemi. Al termine del catalogo pubblicato per la mostra vi si trova una dichiarazione congiunta degli Artisti e degli Organizzatori: “L’immaginazione è fonte di progresso e di cultura: non esiste possibilità di produrre nuove idee se non a partire da un’attività immaginativa… Se una società basata sulla produttività e sul profitto ha bisogno di uomini dimezzati, vuol dire che è fatta male e bisogna cambiarla. Per cambiarla occorrono uomini creativi che sappiano usare la loro immagine… Se questa iniziativa contribuirà a stabilire un collegamento non effimero fra il mondo dell’arte e della poesia contemporanee e il mondo della scuola, e se qualcuna di queste “proposte” riuscirà ad aprire ed espandere spazi di creatività all’interno della consueta attività didattica allora potremo dire di aver realizzato qualcosa di buono”. 89


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In alto a sinistra: Pietro Bisio, pittore. A destra: olio su tela, La solitudine esistenziale dell’artista rifiutato alla “Rotonda della Besana” l’8 febbraio 1984. 93


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FESTE POPOLARI

Sopra: Milano Festa del Tredèsin de mars. A destra: Casal Cermeli (AL) Questua delle uova.

Fiere e feste Nato nel Bastione Genova n. 7, nel ‘26 trasferito sul Naviglio N. 6. I baraccanti sui bastioni partivano da P.ta Vercellina i saliscendi costeggiati da vecchie osterie. Baracconi, circo equestre viale Papiniano, ottovolante di Manfredini (fasciston) davanti porta Genova, giro della morte, donna cannone. Sale da ballo, 10 sgheo! Gli operai andavano a ballare nella pausa pranzo. Cantastorie di strada. La Fiera durava 15-20 giorni finiva col carnevale - Firunatt Fiera Bej o bej molto sentita nel quartiere! i bambini l’aspettavano, c’erano delle cose caratteristiche, il castagnaccio i firunatt con i fili di castagne in spalla venivano da Lodi e i monelli del quartiere tentavano di bruciare i fili per rubacchiare alcune castagne. Tredesin via Burlamacchi col carretto coi fiori dalla Marisa, Trattoria Corso Lodi. Mercato dei fiori da via Piacenza a via Crema. Cesarino il tassista 97


Evento natalizio Quartiere Isola, Milano.

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CARNEVALI Il mondo alla rovescia Il mondo alla rovescia. Era questa una delle varie definizioni “accessorie” diremmo, che tentavano di spiegare i reconditi significati del Carnevale o perlomeno di parlarne. Indubbiamente il tentativo di costruire e vivere una situazione antitetica a quella reale è stato un filo conduttore che ha accompagnato lo sviluppo ed il definirsi dell’epopea carnascialesca a partire addirittura dagli antichi saturnali, intendimento connesso anche a contingenti e perpetui motivi di scontro sociale tra classi dominanti e subalterne del quale il carnevale rappresenta forse un’allegoria.

Rocca Grimalda Domenica 24 febbraio 2019 Viaggio verso ovest Lachèra con il mio ammmm… Il dolcetto di Ovada che ritorna con noi…..

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Bagolino Testimonianza Raffaele su violinisti di Bagolino (carnevale) musica popolare contro gli accademici del suo conservatorio. Il modo di suonare dei violinisti di Bagolino ricorda da vicino quello dei francesi stranamente e falsamente secco/delicato. Sono le musiche italiane (questi ball) che forse più di altre offrono una stretta soluzione di continuità stilistica con la tradizione francese. Forse vi è stato in passato un travaso più diretto di quel che pensiamo. La ritmica che questi suonatori esprimono ti coinvolge internamente non solo come fatto materiale di danza ma come una sensazione di una precisione naturale che non si pone come teorizzazione “a priori” di misure che possono spaventarti o come forzatura accademica. L’incontro con la musica popolare è per me la scoperta graduale di un artigianato che si serve di elementi preziosi senza complicarli senza crearti un’angoscia che sembra il prezzo da pagare solamente per accostarsi ai “parametri” della musica colta. Non è un discorso di faciloneria. Quella stessa faciloneria di cui sono stato accusato da coloro che mi hanno esaminato al conservatorio la rigetto contro di loro, contro il modo statico e asettico col quale si pongono in tutta la loro esperienza musicale di fronte al materiale che non interiorizzano e non modificano, che non fanno vivere.

Bormio Non ci siamo scoraggiati e la nostra intraprendenza ci ha dato ragione, visto che la piazza della chiesa era gremita di gente in attesa delle pazzie dei Matti di Bormio. La funzione quest’anno si è arricchita della presenza di tre musicisti professionisti che con il loro violino, chitarra e tamburo hanno allietato tutti gli astanti. I musicanti hanno suonato composizioni antiche ricalcando le melodie che rallegravano il carnevale bormino dei secoli passati. Sono state infatti riproposte “la tedesca”, il “saltarello” e altre musiche barocche.

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Da “Il cielo dei cantastorie” Passano tanti anni, la terra si popola in ogni luogo di aceri e di abeti e un giorno di mille e mille anni dopo sul nostro grande fiume Po un uomo spinto da un moto spontaneo e lungimirante porta a riva due tronchi d’albero persi nella corrente: i discendenti dell’acero e dell’abete che la luna ci aveva donato. E quest’uomo creativo con quei due legni costruisce un giocattolo magico uno strumento che porta nelle sue vene i suoni magici del cielo e della terra, le energie del cosmo, la voce velata della linfa degli alberi. E da quel giorno per la gioia di tutti il mondo ha un nuovo... colore! Il suo violino, il suo “bimbo” . 115


“Il cielo dei cantastorie” nei parchi cittadini uno spettacolo di racconti popolari “fantastici” Ha iniziato suonando il violino da giovane e poi si è occupato di teatro prima di raggiungere la “sintesi”, come dice lui. Raffaele Nobile oggi è cantastorie, un mix, di musica e recitazione. Ha scelto il genere “fantastico” per narrare alla gente storie immaginarie, ma forse non così lontane dalla realtà. Si definisce “etnologo” perché appassionato di culture diverse e questo spiega anche la sua scelta per la tradizione popolare, dalla quale attinge abbondantemente e rielabora per le sue rappresentazioni. Si ispira anche alle musiche irlandesi, celtiche e della Provenza. In questi anni ha svolto un lavoro di ricerca musicale, iconografica e storica. Si è lasciato condurre dalla passione e dalla curiosità, creando un genere del tutto personale, che solo idealmente si rifà alla tradizione di cantastorie della sua provincia (Pavia). Nel 1981 ha inciso un disco “L’albero di canto”, è anche stato in tv, ospite di Solletico, una trasmissione in onda il pomeriggio su Rai1, con una storia sul Natale. Sarà a Milano nei prossimi giorni con Il cielo dei cantastorie, che ha già portato in diverse scuole, teatri e nelle piazze. «Si tratta di narrazioni fantastiche, con personaggi della tradizione: diavoli, folletti e figure metaforiche», spiega Nobile, «ma che possono essere 116


IL TROVATORE Il Nobile trovatore Nel medioevo li chiamavano trovatori. Il loro compito era quello di raccontare le storie di tutti i giorni attraverso canzoni e ballate. Di piazza in piazza, di corte in corte, questi cantastorie narravano con un tocco d’ironia la vita di principi, nobili, ma anche le avventure di semplici contadini, di monaci e donzelle. Ora queste persone sembrano scomparse nella notte dei tempi, in un passato a noi lontano. Certo, non si spostano più per villaggi e corti con carrozze e cavalli, ma il loro canto percorre ancore le strade della nostre città. Uno dei più famosi cantastorie d’Italia vive a Voghera. Si chiama Raffaele Nobile, ha 46 anni e con il suo violino attraversa le strade italiane ed europee raccontando e narrando antiche gesta e storie passate. «La tradizione dei trovatori in Oltrepò - parla Raffaele Nobile - risale al tempo dei Malaspina. Una tradizione che ho voluto riproporre con una chiave interpretativa diversa. Le storie che narro derivano da una fusione di elementi teatrali e musicali. Sono 25 anni che pratico questo mestiere». Raffaele Nobile è molto conosciuto sia a livello nazionale sia europeo. Il simpatico personaggio vogherese ha avuto numerose esperienze televisive. Un suo disco intitolato L’albero di canto è stato presentato e commentato nella trasmissione televisiva Folk Italia che è andata in onda su Raitre, negli ottanta. Sempre in Tv è stato ospite a Uno Mattina e l’anno scorso si è esibito a Solletico. «Inoltre - continua l’artista iriense - mi sono occupato anche di teatro. Ho lavorato con la compagnia della Tosse di Genova e con molti altri gruppi teatrali». Nobile ha partecipato anche al festival del club Tenco che si tiene tutti gli anni al teatro Ariston di Sanremo. (M.T.)

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Giornata introduttiva della Poesia in Oltrepo’ Pavese, Retorbido, (PV) 21 marzo 2018

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POESIA

Nella comunicazione poetica popolare soprattutto nel nord esiste uno sfondo arcaico che si esprime in varie manifestazioni di scrittura e di suono (forme narrative, rime, metrica, filastrocche canti rituali ecc.) che ci riportano ad un mondo pre moderno con un linguaggio il cui aspetto dominante è il simbolismo. Il simbolo è qualcosa che porta in se un riferimento di valori di storia, d’identificazione e tanto altro. Simboli sono alcuni elementi naturali come l’acqua o il fuoco, animali veri o immaginari come serpenti, draghi o uccelli, alberi e piante erbacee in misura notevole. Le forme espressivo-poetiche della cultura popolare si possono classificare in tre grandi filoni che a seconda della loro distribuzione territoriale, cioè Italia continentale o mediterranea, possono riassumere tutto il corpus del materiale espressivo. Il primo gruppo può essere rappresentato dalla ballata narrativa, forma comunicativa radicata nella cultura arcaica europea, presente soprattutto nell’Italia continentale, che presenti motivi narrativi facenti riferimento al mito, al favolismo a elementi storico-leggendari, con un linguaggio molto antico e modellato di uno spinto simbolismo. I versi sono spesso liberi, da alcuni studiosi definiti “forma telescopica” ma anche più regolari come settenari, ottonari, o novenari. Con il passare del tempo si assiste ad un processo di progressiva regolarità nella strutturazione dei versi. Altre forme di ballata relativamente più “recenti” (di origine rinascimentale) fanno riferimento ad un ambiente di tipo medievale-feudale con un andamento romanzesco che fa interagore il paesaggio geografico e sociale con i personaggi (contadini, re, principi, monaci, cavalieri dame ecc.), (Es. Gli anelli). In questo ambito si possono collocare anche ballate di tipo scherzoso che hanno come argomento principe l’inganno amoroso e la seduzione (attuati quasi sempre dalle donne). Cfr La bevanda sonnifera, La monacella salvata, Ballate moderne. 129


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Lüs La lüs la vena dentår in silensi l’è un ragg ch’ål tàia l’ombra sensa fà fracass... la nosa cà sulitaria e scüra l’è un quaderån ch’ål porta scrita tüta la storia dål sù ch’al pàsa... Luce La luce entra silenziosa è un raggio che apre l’ombra senza far rumore... la nostra casa solitaria e buia è un quaderno che porta scritta tutta la storia del sole che passa.... Puesia pår Luciano Erba Puesia int un dì luntån un grån spasii, cubadüra infinida periferia åd Milån chå m ricord no sensasion chå m ricord no scritüra pena, una materia fundüda egregiament... e ier ho legiü’chå tè mort... Poesia a Luciano Erba Poesia di un giorno lontano grandi spazi, cubatura infinita, periferia di Milano che non ricordo sensazioni che non ricordo scrittura piena, materia egregiamente fusa... e ieri ho letto che sei morto....

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TEATRO

Questo artista si dedica da molto tempo alla musica della tradizione popolare ed al rapporto tra musica ed altre forme espressive, come il linguaggio verbale ed il teatro, attraverso ricerche, spettacoli, concerti e produzioni discografiche e radiotelevisive. Ha partecipato, in gruppo con altri, al Festival Mediterraneo di Marsiglia con lo spettacolo per i ragazzi Sinbad il marinaio, tratto dai racconti delle Mille e una notte, realizzato con le scuole. Il cielo dei cantastorie è uno spettacolo di sintesi tra linguaggio musicale e teatro di narrazione e si ricollega idealmente alle figure tradizionali dei cantastorie pavesi. Raffaele Nobile si inscrive, col suo talento e la sua originalità, nel grande movimento di rinnovamento del folk in Italia. «Discorsi sul teatro e sul mestiere dell’attore. Passaggio dal teatro di movimento a quello di parola. Ma anche la parola è movimento, è danza e viceversa. Anche il “mimo” parla. Il teatro è un’istanza per la quale esiste un rapporto diretto e totale tra idea e successiva realizzazione. Testo costruito progressivamente e successive elaborazioni in scena degli attori, fino ad una stesura autonoma e definitiva. Training sul corpo eredità dell’Odin Teater». (Dal diario di Raffaele, 1986) 139


BIBLIOGRAFIA

Oltrepò voci della memoria Santi guerrieri e saltimbanchi Lo spettacolo della festa

RAI 3 Lombardia RAI Radio 2 RAI 1 163


Sembra assurdo che per una vita fatta di musica non ci sia molto da rappresentare eppure quello che c’è è tutto. 164


DISCOGRAFIA

Produzioni musicali 1980, Controcanto. 1981, Ballo Pazzo, Waltzer Azzurro, La nuova Luna (R. Nobile L. Torti) 1982, Frase. 1983 Rondò di Bacco, Incontro, Sequenza prima, La volpe tamburo. 1984, Waltzer antico, Dolly, Saltellando, Novalesa, La scozzese, Orizzonte est. 1991, Ora di vetro, Due colori, Terra dipinta, Cielo diviso 1992, Louisiana, Pietra verde, Nirvana, Primavera silenziosa 1994, Andrò già via, Casa sul mare 165


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All’abitatore del mondo, una persona contro, contro ogni tipo di potere, da sembrar a volte ribelle, con la sua musica, poeta di tutti e profeta della realtà quotidiana, capace di prevedere ciò che fa un vero profeta, per questo riempiva piazze, cortili, mercati, chiese e suoi sagrati, sale d’arte e poesia, teatri, biblioteche e scuole. La cultura, la sua, mirabilmente incuneata fra la gente che amava e dalla quale, fin da giovane, ha attinto il suo raffinato sapere, ridistribuendolo. 2


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