SPECIALE BRAND SAFETY Introduzione di Massimo Bolchi e Monica Gianotti Interviste di Laura Franconi
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SPECIALE
SAFETY MATTERS Come ogni mercato in fase di consolidamento, anche quello digitale sta facendo emergere un interesse crescente verso alcuni argomenti chiave per la sua “sana” evoluzione. Accanto alla continua attenzione su temi centrali, come quelli legati ai dati e alla profilazione oppure alla misurazione e all’evoluzione dei modelli di attribuzione, stanno aumentando le opportunità e le sfide che orientano verso un mercato pubblicitario digitale sempre più sostenibile e “pulito”.
U
n mercato, quello dell’internet advertising italiano, che continua a crescere: chiude il 2017 a +13% e si appresta a superare, nel 2018, i 3 miliardi di euro a valore. Un mercato sempre più concentrato, dove a farla da padrone sono gli Over The Top che coprono, a fine 2017, il 71% degli investimenti e sono responsabili dell’87% della crescita del mercato. Cresce, inoltre, la percentuale di spesa delle aziende dedicata al Mobile (41% Smartphone e 5% Tablet), che nel 2018 potrebbe raggiungere e addirittura sorpassare la quota relativa al Desktop. Interessanti i dati relativi al mercato del
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programmatic advertising in Italia che, a fine 2017, vale 409 milioni di euro, con una crescita del 30% rispetto al 2016. L’incidenza sul totale del display advertising passa dal 23% al 25%, mentre quella sul totale internet advertising dal 13% al 15%. Una forte spinta proviene soprattutto dagli spazi video, che sono stati venduti in maniera importante anche su queste piattaforme, e che valgono circa il 35% del mercato. Per il 2018, il programmatic incrementerà sicuramente la propria raccolta, ma con un tasso più contenuto difficilmente superiore al +20%, e il valore complessivo di questo mercato sfiorerà i 500 milioni di euro. Questi, in estrema sintesi, i dati dell’Osser-
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vatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano, presentati lo scorso maggio. Oltre alla stima puntuale delle dinamiche di mercato, la Ricerca si è posta l’obiettivo di comprendere l’evoluzione dell’approccio delle aziende italiane alla strategia di misurazione delle iniziative di online advertising e di identificare i principali trend in atto in tema di Media Trasparency. Il confronto con i principali investitori pubblicitari ha evidenziato come questa tematica rivesta notevole importanza e sia oggetto di continue riflessioni. Le piattaforme digitali automatizzate sviluppatesi negli ultimi anni hanno semplificato l’approccio al mercato pubblicitario online, ma hanno reso più difficile comprenderne esattamente i meccanismi di funzionamento, per esempio a livello tecnologico. In questa area grigia di asimmetria informativa si sono inseriti più facilmente meccanismi di frode e di poca trasparenza, che hanno portato al posizionamento di brand in siti non autorizzati, a un aumento incontrollato delle fee di filiera, a comportamenti opportunistici che mirano a offuscare i risultati di una campagna. Queste dinamiche hanno aumentato la diffidenza delle aziende a investire su determinate piattaforme, spesso in favore invece dei grandi player internazionali che hanno così incrementato la loro quota sul mercato. Una possibile soluzione alla richiesta di trasparenza nel settore potrebbe essere - secondo i ricercatori dell’Osservatorio - l’utilizzo dei sistemi di blockchain per la validazione di impression, interazioni e transazioni. L’introduzione di questa tecnologia porterebbe sicuramente vantaggio agli investitori, che avrebbero la certezza di conoscere dove e come i diversi intermediari stiano investendo i loro budget. La diffusione di sistemi di ad blocking e l’avvio della Coalition for Better Ads (CBA) al momento non ha ancora impattato in maniera decisa sul mercato italiano, cosa che invece potrebbe accadere nell’anno in corso con l’introduzione delle nuove normative relative alla gestione dei dati e alla loro protezione (GDPR 25 maggio 2018). Una normativa che, seppur necessaria per garantire privacy e sicurezza, rischia di rallentare gli investimenti basati sui dati facendo da ulteriore freno a un mercato che sta sempre più migrando verso logiche di personalizzazione e prospecting, con il rischio di favorire, ancora una volta, i grandy player OTT. Parlando di dati, secondo l’Osservatorio la sfida porta il nome di “qualità”. I dati infatti permettono sia di adattare il messaggio e le creatività in maniera puntuale, rispondendo veramente agli interessi e alle necessità degli utenti, sia di anticipare i gusti dei consumatori stessi,
presentando loro un messaggio commerciale ancora prima di una loro azione diretta. Questo secondo aspetto ribalta le attuali logiche del retargeting, che portano a investire in seguito a una chiara azione dell’utente nei confronti di un prodotto o servizio. L’ottimizzazione dell’uso dei dati, tuttavia, è ancora lontana: se da una parte gli investimenti “data driven” portano il cliente a essere molto esigente sui target da raggiungere, dall’altra sono evidenti le difficoltà dell’offerta nell’accontentare le richieste (su target troppo piccoli non si riesce a erogare, in assenza di DMP è difficile integrare i diversi data provider, i dati sul mercato non sono di alta qualità…). Un mercato troppo concentrato Ma il tema centrale nella sostenibilità dell’intero settore è la concentrazione del mercato. E proprio di concentrazione ha parlato Umberto Bertelè, Chairman degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. “È in corso una competizione enorme tra i big del digitale (Apple, Amazon, Facebook, Google) e dai numeri si comprende che la concentrazione aiuta la crescita del mercato. Sarebbe interessante vedere anche le realtà italiane crescere, in un contesto in cui le regolamentazioni che - sperabilmente - verranno, porranno fine a questa egemonia attualmente “poco controllata”. Gli ha fatto eco Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano che è convinto che - per arginare questi fenomeni - la competizione si giocherà sempre di più sugli ecosistemi. “Su questi ecosistemi si giocherà anche la partita dell’advertising online con la “forzante” della legge sulla privacy di cui il GDPR è solo il primo passo”. Secondo il professore “il cambiamento dell’architettura del digital advertising del futuro parte anche dal cambiamento di percezione della marca: negli ecosistemi che si vanno costruendo diventerà sempre più importante la prospettiva di marca come relazione. La marca si sublima attraverso la sua capacità di rispondere appieno alle esigenze del consumatore, le cui caratteristiche sono ormai note a tutti”. Tutto ciò nella cosapevolezza che “a oggi sono mancate due condizioni fondamentali nel mercato del digital adv: la trasparenza e la reciprocità”, ha concluso Noci. “La propensione ad accettare messaggi contestualizzati dipende dalla trasparenza e reciprocità significa dare un’informazione che è utile (al consumatore) nella contingenza”. E a proposito di Data Transparency, la ricerca dell’Osservatorio evidenzia una forte eterogeneità nella consapevolezza del problema e nelle azioni messe in campo da parte delle aziende investitrici in pubbli-
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SPECIALE GROUPM
LAVORIAMO PER MIGLIORARE LA USER EXPERIENCE GroupM è tra i principali sostenitori della Coalition for Better Ads, che punta a un miglioramento dell’offerta pubblicitaria per lo sviluppo di un ecosistema ancora più sostenibile. “Se da una parte i dati su Ad-Fraud e Brand Safety in Italia ci preoccupano relativamente (secondo nostri benchmark 2017 misurati con tool di adverification IAS e Moat - l’Ad Fraud è pari allo 0,7% e la Brand Safety - ovvero annunci inseriti in contesti particolarmente
Brand Safety non sembra aver raggiunto livelli
misura di rischio. Per dare un esempio ogni
sensibili come contenuti per adulti, violenti,
preoccupanti rispetto ad altri Paesi. Risultati
minuto vengono caricati su YouTube oltre 500
sulle droghe, su download illegali - raggiunge
che GroupM ha raggiunto soprattutto grazie
ore di video”, sottolinea John Montgomery,
il 3,6%), dall’altra è corretto continuare
all’adozione di pratiche e tecnologie volte
Executive Vice President per la Brand Safety,
a occuparsene per non perdere di vista
a garantire una inventory di qualità, frutto
GroupM Global (nella foto). “Il problema di
sfumature essenziali. Lavorare per migliorare
di un’azione sinergica su differenti fronti -
fondo è legato alla qualità dell’inventory
la user experience con formati pubblicitari meno invasivi, incrementare il coinvolgimento
dall’utilizzo prevalente dei private
digitale: è essenziale per GroupM portare
deal in programmatic, alla
avanti un lavoro di filiera per rendere tutte
forte enfasi su misurazione e
le piattaforme digitali sicure, affiancando
del consumatore catturando
certificazione della qualità
i clienti e supportandoli sulla opportuna
la sua attenzione e
dell’inventory, al ricorso di
valutazione del rischio del sistema. Ora
comunicare in contesti
formati pubblicitari non
disponiamo di un team global specializzato
sicuri: sono queste le nuove issue che ci aspettano e che ci impongono una attenzione crescente per gli anni a venire”,
invasivi e dal contenuto nativo. “La preoccupazione più urgente dei clienti a livello globale riguarda la garanzia
in Brand Safety in Asia, in Europa e in America, con una rete di “ambassador” locali presenti in ogni agenzia e in tutti i Paesi in cui operiamo”. “Il dato del costo
dichiara Federica Setti, Chief Research Officer
di inserimento del marchio in contesti
per CPM, che si abbassa continuamente,
di GroupM Italia. Molti studi affermando che
appropriati e non sconvenienti. Per quanto
è una “vanity metric” - è la conclusione
la sicurezza e l’integrità del marchio risultano
ci si applichi per garantire continuamente
di Montgomery - adesso è il momento di
essere tra le principali preoccupazioni e
che l’intero ecosistema digitale rimanga
introdurre nella rilevazione metriche di qualità,
priorità per i Chief Marketing Officer nel 2018.
il più sicuro possibile, l’enorme scala e la
perché così sia possibile stabilire il trade off
Non si può prescindere dal garantire ai clienti
velocità con cui gli annunci vengono serviti
tra Brand Protection, viewability, audience
uno standard GroupM Brand Safety che li
e consumati rendono inevitabile una certa
umana, contesto e costo”.
protegga da una serie di rischi associati alle comunicazioni del marketing digitale. “Riteniamo essenziale non solo monitorare questi nuovi aspetti del mercato digitale, ma anche fare continua educazione all’industry su temi sensibili come quelli legati alla Brand Safety, per definire al meglio i reali impatti sul mondo della comunicazione e l’evoluzione che gli strumenti e le procedure stanno avendo a riguardo”, commenta Fides Tosoni, Chief Digital Transformation Officer di GroupM Italia. È comunque importante inquadrare il tema non solo dal punto di vista globale, ma anche nelle implicazioni dirette sul mercato italiano, dove il fenomeno della
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BRAND SAFETY
cità. Eterogeneità primariamente correlata al grado di maturità ed esperienza acquisita da parte delle aziende nell’utilizzo di iniziative di tipo “data driven”. In particolare, le aziende che da minor tempo hanno iniziato a usare strumenti data driven per le proprie iniziative di comunicazione riportano come problematiche principali la mancanza di trasparenza circa la composizione dei costi legati a tali iniziative, la composizione del parco siti/domini su cui avviene l’erogazione dei messaggi pubblicitari, la gestione e i meccanismi con cui avviene l’acquisto degli spazi. Al contrario, le imprese che hanno accumulato maggior esperienza nell’implementazione di data driven advertising, e ne conoscono più in dettaglio le logiche e le tecnologie connesse, lamentano la presenza di potenziali asimmetrie informative relativamente alle modalità con cui i dati di prima parte sono gestiti dai propri partner di filiera. Tuttavia sono proprio queste aziende più evolute a dimostrare come l’opacità percepita possa essere efficacemente ridotta tramite un percorso di esperienza sviluppata nella gestione di iniziative data driven, di conoscenze e competenze specifiche al riguardo e di costruzione di rapporti di filiera improntati alla reciproca collaborazione. Il Libro Bianco sulla Comunicazione Digitale La comunicazione deve essere all’altezza di ciò che promette. Parte da questo fondamentale assunto l’impegno di Assocom, FCP-Assointernet, Fedoweb, Fieg, Iab Italia, Netcomm, Unicom e Upa nell’affrontare i temi della trasparenza e dell’effettiva viewability sempre più importanti per la industry del digitale. Il “Libro Bianco sulla comunicazione digitale” - frutto di questo impegno - ha voluto rappresentare fin da subito una mappa di regole generali, destinata a tutta la industry e soggetta a un aggiornamento costante per rispondere alle evoluzioni tecnologiche e di mercato. A circa undici mesi dalla presentazione ufficiale le Associazioni che hanno lavorato al progetto hanno rilasciato la Seconda edizione coi primi importanti aggiornamenti relativi in particolare al capitolo “Brand Safety e Brand Policy”. Aggiornati inoltre i dati sugli investimenti pubblicitari nel capitolo “Trasparenza su investimenti pubblicitari” e ampliata la lista delle società di ad verification nel capitolo “Viewability”. Il capitolo “Brand Safety e Brand Policy” è stato ulteriormente articolato e approfondito, a fronte dell’importanza sempre crescente che il tema sta assumendo per l’intera industry del digitale.
L’obiettivo è proporre norme condivise di comportamento fra domanda e offerta in merito all’applicazione di Brand Safety e Brand Policy, affinché la loro attuazione non generi riduzione di valore per l’intera filiera e non sia limitante per l’efficacia delle campagne. Il capitolo approfondisce inoltre la parte sulle meccaniche di utilizzo degli strumenti di ad verification per il monitoraggio del rispetto della Brand Policy dei singoli contenuti e l’eventuale attività di blocco dell’erogazione degli annunci, distinguendo tra due diversi e possibili macro-ambiti di acquisto che il mercato offre: in blind e in transparent. Nell’acquisto “In Blind” si rende sicuramente necessario il processo di ad verification & blocking, oltre che utile e auspicabile, ogni qualvolta si adottino modelli di acquisto dei quali non sia possibile conoscere in anticipo i contesti nei quali l’annuncio può comparire (da cui la necessità di monitorare attentamente i contesti nei quali verranno esposti i messaggi pubblicitari). Completamente differente è il caso in cui l’acquisto (in diretta o programmatico) è svolto “In Transparent”, ovvero con un modello definito in fase di strutturazione della strategia di comunicazione e planning di scelta precisa di contesti su cui essere presenti. In questo caso l’attuazione di pratiche di ad verification con approccio troppo restrittivo può causare danni sia
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SPECIALE
GLOSSARIO
DEFINIZIONI Ad fraud: si presenta in molte forme diverse, ma in ogni caso implica la creazione illegittima di traffico per cercare deliberatamente di distrarre parte dei budget di advertising. Analisi sematica: strumenti di analisi semantica in alternativa al keyword matching sono auspicabili, tuttavia la loro modalità di funzionamento non è controllabile. Brand safety: la messa a disposizione per i brand di contesti di comunicazione in linea con la legge. Brand policy: la messa a disposizione per i brand di contesti in linea con le policy specifiche del brand scelte e indicate per ogni campagna di comunicazione. Coalition for Better Ads (CBA): è una coalizione formata a livello internazionale da OTT, Media Company, investitori e associazioni di settore che si propone di implementare formati pubblicitari standard che possano migliorare la user experience del consumatore. Keyword: la brand policy basata solo su keyword senza una base semantica aumenta il rischio di bloccare l’erogazione della campagna anche in contesti di comunicazione qualificati. Viewability: è la metrica utilizzata per misurare il numero di impression potenzialmente visualizzabili per una determinata campagna, secondo uno standard predefinito che si basa su due dimensioni principali: la % di area visibile di un annuncio pubblicitario e il numero di secondi consecutivi in view.
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per i brand (che rischiano di non vedere erogata buona parte della campagna per una eccessiva quantità di falsi positivi) sia per i publisher che di fatto perdono la valorizzazione delle impression riservate. Al corretto utilizzo delle keyword nel processo della Brand Policy è dedicata particolare attenzione. Evidenziati i rischi connessi a una semplicistica applicazione di quanto attualmente vigente nell’acquisto della search advertising e/o negli acquisti in modalità blind, ovvero utilizzo di liste lunghissime di keyword non semanticamente correlate con i contenuti ma in stringente logica di matching. La Brand Policy basata solo su keyword senza una base semantica aumenta il rischio di bloccare l’erogazione della campagna anche in contesti di comunicazione qualificati. In tal senso vengono proposti alcuni semplici accorgimenti operativi da seguire per migliorare l’attuale rendimento delle campagne basate su keyword. Né si può ignorare il consapevole utilizzo del passback, la tecnologia che consente di monetizzare le chiamate che l’adserver della concessionaria passa a una piattaforma di terze parti e che la stessa non trasforma in impression in quanto non ha o blocca, nel caso di utilizzo di sistemi di ad verification, gli annunci da pubblicare. Passback il cui utilizzo va distinto tra ambito programmatico e acquisto in modalità diretta o programmatic guaranteed. Nel capitolo dedicato alla Viewability, infine, si affrontano le tematiche relative alla misurazione che deve sempre essere in grado di fornire, come minimo, le Impression servite (served impression); le Impression misurabili (measurable impression); e le Impression visibili (viewable impression); ognuna delle quali deve essere considerata un sottoinsieme della metrica precedente. Qualora gli annunci vengano serviti su siti illegali o su siti/contenuti contrari alla brand policy concordata, tali impression, se misurate in termini di viewability, vanno escluse dalle impression misurabili e viewable. Il tema infine ad blocking: sei delle otto associazioni aderenti al Libro Bianco hanno prodotto la ricerca di sistema per la quantificazione e qualificazione del fenomeno, da cui emerge un trend italiano sostanzialmente stabile nel tempo di adozione dei software di ad blocking, pari al 13% degli utenti e al 15% delle pagine su PC e all’8% degli utenti su mobile. L’ad blocking è un problema per l’intera filiera della pianificazione pubblicitaria: per gli editori e gli advertiser perché produce un calo del bacino potenziale raggiungibile dai piani media, per gli advertiser perché segnala una percezione negativa dell’advertising da parte dei consumatori che installano tali software.
BRAND SAFETY
4WMARKETPLACE
QUALITÀ: UN CONCETTO CHE VA RIPENSATO
“non gradite”. L’intelligenza umana, quindi
contatto con una determinata audience,
la competenza, sono fondamentali nelle
cercando la situazione più propizia alla
scelte dei percorsi di diffusione come
fruizione del messaggio o apparire su
anche nell’interpretazione dell’effettiva
determinati siti “tout court” magari
efficacia di una campagna.
affidandosi aprioristicamente alle risposte date dalla tecnologia.
Con l’aumento di user generated contents cresce anche il rischio di fake news, errori
Rientra in un concetto di trasparenza
e contenuti inappropriati?
anche il miglioramento della user
Certo, questo rischio cresce e per questo
experience, che passa, tra l’altro,
motivo tutti dobbiamo mantenere alto
attraverso l’uso di formati pubblicitari
Roberto Bassani
il livello di attenzione sul tema. Ma va
meno invasivi?
Chief Product & Technology Officer
anche detto che per determinate azioni di
L’affollamento pubblicitario e i formati
marketing il contesto degli UGC è proprio
impattanti hanno, nel tempo, creato
Trasparenza e qualità sono requisiti
quello più appropriato. Piuttosto, mi
parecchio disturbo agli utenti diventando
fondamentali per proteggere l’immagine
sembra arrivato il momento per i brand di
evidentemente controproducenti per i
della marca. Qual è oggi il grado di
ripensare al significato di qualità e di brand
brand. Si sta, in effetti, andando verso
trasparenza e qualità nella comunicazione
safety.
proposte più trasparenti e rispettose
digitale?
e prova ne sono le diverse iniziative
Per quanto riguarda la trasparenza, ci sono
organizzate: da quella della Coalition for
ormai tutti gli strumenti per conoscere
Better Ads a quella della WFA, pur con tutti
e scegliere i siti sui quali diffondere le
i limiti del caso. Un tipo di comunicazione
proprie campagne. La tecnologia fornisce
pubblicitaria rispettosa dell’utente e
certamente un supporto importante al
che non ne alteri in maniera negativa la
fine della classificazione dell’inventory, ma
fruizione del sito è esattamente ciò che in
bisogna fare molta attenzione a utilizzare i
4w promuoviamo da sempre, la formula
mezzi in maniera appropriata. Si commette
secondo noi più efficace del digital adv che
un grave errore, infatti, se si pensa di poter
proponiamo attraverso le numerose soluzioni
demandare completamente alla tecnologia
native, sia in ambito annunci sia video.
questo tipo di attività. Per contro, l’uso di griglie di controllo Come si “certifica” la qualificazione
troppo rigide a tutela del brand può
dell’inventory?
Roberto Barberis
provocare il blocco dell’erogazione
Allo stato attuale, i criteri di classificazione
Chief Executive Officer
degli annunci anche rispetto a contesti qualificati, con una conseguente perdita di
utilizzati dai vari enti misuratori sono diversi tra loro, perciò va detto che
Esiste il rischio che un posizionamento
opportunità?
non esiste una sola, inequivocabile
errato o l’inserimento in un contesto
Questo è un problema che in effetti
certificazione di qualità. Per determinare
inidoneo o sconveniente risulti
riscontriamo qualche volta con brand
la qualità di un sito non è certo sufficiente
controproducente per la campagna?
che fanno fatica a comprendere come
basarsi sull’analisi di parole chiave fornita
Gli strumenti per prevenire una diffusione
l’obiettivo andrebbe calibrato tenendo
dai vari tool, è evidente che i criteri di
impropria del messaggio ci sono, ma
conto delle limitazioni che vengono fissate
valutazione debbano essere molto più
rimane un margine di rischio talvolta
per la distribuzione delle campagne. Più
complessi. Altrimenti si rischia il paradosso
procurato proprio dalle scelte che vengono
filtri vengono inseriti, più si restringe
di trovare siti di news anche molto
fatte a monte, perché occorre chiarire
il campo d’azione e di conseguenza
autorevoli in posizioni di ranking piuttosto
bene cosa si intende per posizionamento
diminuisce la possibilità di erogare la
penalizzanti semplicemente perché i
corretto e qual è l’obiettivo reale del brand,
campagna, fino anche al vero e proprio
tool di analisi riscontrano negli articoli
secondo il modello che sceglie di adottare.
autogoal, pregiudicando del tutto il
di cronaca parole ricorrenti considerate
Forse semplicisticamente direi: entrare in
raggiungimento dei kpi stabiliti.
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SPECIALE
Nascent Design
TARGETING CONTESTUALE: LA SVOLTA La vera svolta per tutelare il proprio brand è il targeting contestuale, basato sulla semantica. L’azione combinata di intelligenza artificiale e machine learning consente di interpretare e schedare il contenuto delle singole pagine web in modo preciso e affidabile.
Max Bosio CEO - Nascent Design
“Oggi Brand Safety e Brand Policy sono argomenti di cui si sente spesso parlare”, esordisce Max Bosio. “Credo che questo sia necessario, in un mondo dettato dalla tecnologia e dai canali digitali e in un momento in cui si vede costantemente crescere la presenza di contenuti estremisti, notizie false e pubblicità legata a contenuti inappropriati. Inoltre, mentre una volta una campagna andata male rimaneva all’interno dell’industria della pubblicità, ora l’immediatezza dei social media facilita la condivisione di campagne erronee, creando un fenomeno in cui le masse si pren-
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dono gioco dei brand e causando un passaparola negativo. Così, ogni marchio sente il bisogno di tutelare la propria immagine di fronte ai consumatori, per far sì che il messaggio trasmesso sia quello voluto e, soprattutto, sia un messaggio etico. Oggi i rischi sono, per me, fondamentalmente due. Il primo riguarda l’erronea contestualizzazione. Inserzionisti e agenzie acquistano spazi mediatici e trovano clienti target a cui dedicare una pubblicità programmatica acquistata, in modo automatico. Proprio questo può creare una deficienza nel controllo delle inserzioni
destinate alla pubblicità, causando danni. Basti pensare all’effetto negativo che, per esempio, il messaggio promozionale di una linea aerea avrebbe se inserito accanto a un articolo che tratta di un incidente aereo. Causerebbe sgomento e danneggerebbe l’immagine della compagnia. Un altro rischio è quello di salvaguardare il proprio brand escludendo l’utilizzo di alcuni domini; questo, sebbene porti a tutelare il marchio dalla presenza su canali digitali di natura inappropriata, implicherebbe una conseguente rinuncia delle pagine di alta qualità appartenenti allo stesso dominio”. Come occorre comportarsi per avere garanzia di correttezza e qualità nei contenuti e nei posizionamenti? Personalmente individuo due approcci principali che aiutano nella verifica della Brand Safety in modo più o meno effettivo: uno basato sui tag e uno sui crawler (software che analizza i contenuti di un sito in modo automatizzato). Nell’approccio relativo ai tag, il più diffuso, si prevede di associare un tag di un istituto di verifica al codice pubblicitario. Questo tag è l’elemento che valuta se il contesto è appropriato per il brand. Di solito quest’analisi prende in considerazione elementi semplici come l’ULR, i link in ingresso e uscita, i metadati associati alla pagina, la verifica di keywords e il risultato di un’analisi semantica che categorizza quei contenuti inappropriati a cui un brand non vuole essere associato (violenza, pornografia, alcol, etc.). L’unico problema di questo approccio è che il placement potrebbe essere stato inserito di proposito all’interno di spazi che stimolano un ambiente Safe, che impediscono al tag di verifica di riconoscere il contesto reale. Per quanto riguarda invece l’approccio relativo ai crawler, esso lavora in modo opposto e monitora i siti di contenuti inappropriati alla ricerca di tag pubblicitari che possono essere stati inseriti in maniera e in contesti sbagliati. Per quanto valido, questo approccio tramite analisi semantica potrebbe fornire risultati dubbi e l’analisi per keyword potrebbe generare risultati errati oltre che necessitare di un continuo aggiornamento dei siti da monitorare. Approcci
BRAND SAFETY
efficace e conveniente per raggiungere la propria audience, per comprendere non solo il contenuto di una pagina ma anche le emozioni che provoca. In questo modo, possiamo comprendere meglio l’umore dei consumatori e pubblicare le pubblicità accanto ai contenuti migliori.
come questi, potenzialmente problematici, si potrebbero risolvere con un’altra soluzione tag based, l’Ad Blocking, che permette di impedire l’interazione della creatività in ambienti non appropriati, facendo arrivare prima il tag di verifica sulla pagina e poi, se l’ambiente passa il test, il tag della campagna pubblicitaria. Purtroppo nessuno di questi approcci è Safe al 100%, possiamo dunque pensare anche ad alcune soluzioni che sicuramente in qualche modo aiutano, pur essendo semplici, come ad esempio, fidarci di planner e partner, chiedere più trasparenza agli istituti di verifica e pianificare responsabilmente l’acquisto di spazi pubblicitari. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’assunzione di liste di keywords molto rigide? Come abbiamo visto, è molto difficile garantire un ambiente di sicurezza al proprio marchio: in generale, purtroppo, non esistono schemi precisi o regole scritte, ma credo che, in fase preliminare, ci si possa
affidare a professionisti che padroneggiano gli strumenti per mettere in atto una targetizzazione degli utenti precisa e dettagliata e uno screening dei contenuti efficace. Basare le proprie campagne solamente su lunghissime liste di keywords, infatti, può migliorarne l’attuale rendimento, ma anche aumentare il rischio di bloccare l’erogazione della campagna anche in ambienti di comunicazione qualificati. Le keywords sono spesso inefficaci quando le parole hanno diversi significati e vengono estrapolate dal contesto; bisogna quindi spostare l’approccio all’analisi del sentiment legato al contenuto delle pagine web che rivela la relazione tra parole e frasi, garantendo la comprensione del reale significato. Penso che la vera svolta per tutelare il proprio brand sia quindi il targeting contestuale, basato sulla semantica: l’azione combinata di intelligenza artificiale e machine learning consente di interpretare e schedare il contenuto delle singole pagine web in modo preciso e affidabile. Il targeting contestuale offre quindi un approccio
Avverte la necessità che l’intero comparto faccia sistema attorno a temi legati alla sicurezza e alla trasparenza, condividendo regole e strumenti in materia di Brand Safety? Assolutamente sì, in un momento in cui la Brand Safety è un elemento chiave del programmatic advertising, è importante potersi affidare a una tecnologia in grado non solo di identificare il contesto migliore in cui posizionare una pubblicità, ma anche di evitare possibili danni di immagine. L’intero comparto dovrebbe attivarsi per fornire gli strumenti tecnologici e strategici utili a noi proprietari di brand per poter pianificare la comunicazione ancora più responsabilmente. Tante aziende nel mondo della pubblicità digitale stanno già realizzando una serie di investimenti a lungo termine per mettere la Brand Safety e la trasparenza al centro dell’ecosistema della pubblicità digitale. E ciò come avviene? Attraverso lo sviluppo di software che possano aiutare le aziende a effettuare monitoraggi dinamici, assicurandoci che inserzionisti ed editori possano essere sicuri di accedere a inventory e traffico legittimi e di avere una completa visibilità e trasparenza sulle commissioni applicate nelle auctions e report periodici sul budget destinato all’editore finale. Anche se la strada verso il pieno raggiungimento della Brand Safety sembra ancora lunga, mi sento ottimista nel constatare un generale impiego di forze e risorse da parte dell’intero comparto per trovare delle soluzioni pratiche ed efficaci. Dal momento in cui tali meccanismi diventeranno standard di settore vedremo crescere la fiducia nell’intero sistema e assisteremo a un conseguente aumento degli investimenti in pubblicità digitale da parte dei brand.
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SPECIALE
S4M
NULLA È FUORI CONTROLLO Fieri di essere l’unico player mobile a offrire ai propri partner standard alti, che si convertono in spazi pubblicitari al 100% viewable, click al netto di traffico fraudolento e bot, e di poter garantire una visita reale alla landing page che sia 100% loading + 1”.
Benvenuto Alfieri
Andrea Pongan
Head of Sales S4M
Country Manager S4M
L’evoluzione del mercato digitale apre sempre nuovi temi di confronto, tra i quali le problematiche legate ai rischi di una scarsa trasparenza. Quali garanzie è possibile offrire a inserzionisti e utenti? In effetti, il valore crescente del mercato digitale ha portato una conseguente crescita delle frodi, un aggravamento della scarsità di trasparenza e un aumento dei risultati sotto le aspettative, soprattutto dal punto di vista di chi spende i soldi, vale a dire di aziende e brand”, esordisce Benvenuto Alfieri. “Quello che abbiamo fatto in S4M, sin dalla no-
stra nascita, è stato creare un adserver che consentisse a noi e ai nostri partner/clienti di ottenere dati e risultati ripuliti da tutto ciò che non viene considerato qualitativo dal MRC (Media Rating Council). Siamo molto felici e andiamo fieri di essere l’unico player mobile a poter offrire ai propri partner degli standard così alti, che si convertono in spazi pubblicitari al 100% viewable, click al netto di traffico fraudolento e bot, e di poter garantire una visita reale alla landing page che sia 100% loading + 1”: questa è la nostra miglior risposta a chi trae guadagno nello “sporcare” il mercato digitale.
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Advertiser Communication Strategies
Come si perseguono la Brand Safety e la Brand Policy? La Brand Safety e la Brand Policy sono due importanti aspetti che il mercato ci richiede in maniera sempre più insistente di presidiare, e di ciò noi siamo contenti. Quando eroghiamo delle campagne digitali, con qualsiasi tipo di obiettivo, drive2store o brand awareness, utilizziamo la nostra DSP proprietaria (Fusio DSP by S4M) che ci permette di lavorare in pre-bid. Questo vuole dire che la nostra tecnologia effettua un “controllo” prima di esporre il messaggio pubblicitario del brand e verifica che ci siano i requisiti di Brand Safety e Brand Policy. I nostri partner possono poi decidere di utilizzare anche aziende terze, come IAS o Moat e verificare attraverso loro il rispetto di questi KPI. Quali sono i dubbi espressi dagli investitori? Gli investitori (e quindi i nostri partner) vogliono e pretendono di ottenere risultati per i soldi che spendono. Sono stanchi di aziende (black box) dove non ci sono evidenze e non viene data loro la possibilità di controllare e verificare i dati. In merito a questo aspetto, ci siamo mossi su due direzioni; la prima è dare ai nostri partner l’accesso al nostro adserver (che mostra i dati della campagna certificati dal Media Rating Council), così da essere completamente trasparenti. La seconda direzione intrapresa è quella di utilizzare aziende terze per specifiche attività, e a tale riguardo vorrei citare l’esempio di Adsquare. La collaborazione che abbiamo ci permette di essere l’unico player a poter ricevere da Adsquare il dato di in-store visit in real time; questo ci consente di non essere noi a giudicare i risultati della campagna bensì un player sopra le parti. Di quali strumenti di verifica sulla qualità si dispone, oggi? I primi strumenti sono stati sviluppati internamente, come il nostro adserver, la prebid filtration e un algoritmo per eliminare tutte le coordinate geografiche che non rispecchiano i nostri standard di qualità e
BRAND SAFETY
Obiettivi DOPO UN ANNO IN ITALIA, SI PUNTA AL RADDOPPIO DEL FATTURATO “Il 2018 si è aperto sotto i mi-
clienti diretti soprattutto nel set-
gliori auspici sia a livello locale,
tore Retail. A conferma del lavoro
sia nelle country all’estero”, sot-
svolto, S4M ha raccolto 10 milioni
tolinea Andrea Pongan, Country
di euro nel round di investimento
Manager della società. “S4M è
B da Sofiouest con partecipazio-
diventata una multinazionale con
ne da parte degli investitori Bpi-
otto uffici nel mondo e oltre 160
france e Entrepreneur Venture.
dipendenti. L’azienda, che lavora
Questo ci permetterà di investire
con brand internazionali tra cui
ulteriori risorse nella nostra tec-
Renault, L’Oréal, Pernod Ricard,
nologia di proprietà, FUSIO by
Subway, Levi’s e con tutte le prin-
S4M e ci consentirà di rinforzare
cipali agenzie media internazio-
le nostre sedi in US, Apac ed Eu-
nali, ha gestito più di 5.000 cam-
ropa. Abbiamo da poco festeg-
pagne pubblicitarie. La nostra
giato il primo anno di presenza
offerta, unica e distintiva, conti-
in Italia e puntiamo al raddoppio
nua a incontrare il favore del mer-
del fatturato e del team nel 2018,
cato, permettendoci di registrare
consolidando la nostra quota di
un aumento considerevole di
mercato nella industry”.
precisione (Geo Accurancy by S4M). Poi, ovviamente, abbiamo deciso di integrare nella nostra piattaforma i dati di IAS, per avere un’ulteriore azienda certificatrice qualora i nostri partner ne facciano richiesta, e Adsquare per i dati di in-store visit e footfall analysis. Siamo comunque una tecnologia trasparente e aperta ad integrare altre aziende di post valutazione certificate presso il MRC. A livello di mobile, quali sono i maggiori rischi o comunque le difficoltà che si rilevano in materia di trasparenza e affidabilità? Il mobile è un ecosistema diverso da quello desktop, per tre fattori principali. Il primo è la dimensione dello schermo: un sovraffollamento dello schermo con troppo adv rende difficile se non impossibile la fruizione da parte dell’utente, e su questo aspetto abbiamo sposato al 100% le linee guida della Coalition For Better Ads. Il secondo punto è legato al fatto che la maggior parte del traffico mobile arriva dalle app, e per avere un controllo all’interno delle stesse bisogna che i partner certificatori implementino le loro SDK, per avere un dato di
terze parti. Sul lato S4M, il nostro adserver (FUSIO by S4M) ha modo di tracciare la qualità del traffico sia in-app sia m-site. Il terzo e ultimo punto è legato alle conversioni: il mobile si porta dietro dei risultati leggermente più bassi di quelli desktop, anche se a livello di traffico il mobile oggi pesa più del 70% per le aziende e publisher. Negli ultimi tempi, le associazioni del settore stanno valutando l’opportunità di un dialogo più ampio e partecipato tra tutti gli operatori del comparto, per discutere di trasparenza e sicurezza. Avvertite la mancanza di una generale condivisione di regole in materia di Brand Safety? Siamo molto felici e disponibili a partecipare a un tavolo di lavoro per approfondire e portare avanti alcune delle regole che fungono da binario per le attività della nostra vita quotidiana in S4M. A livello europeo, siamo orgogliosi di far parte del GDPR Transparency and Consent Framework, realizzato da IAB Europe e IAB Tech Lab. I nostri partner potranno trovare il nostro nome all’interno della lista “Vendor & CPMs” stilata da IAB, come testimonian-
za del nostro impegno effettivo e costante all’aumento degli standard qualitativi. Quali sono le vostre aspettative in merito al prossimo futuro della comunicazione digitale? Già a partire dal nostro arrivo in Italia, abbiamo deciso di portare dei nuovi standard, sia in termini di qualità sia di buy model. Siamo stati i primi a proporre ed erogare campagne mobile garantendo il 100% dei pixel caricati (soluzione che oggi alcuni altri player hanno introdotto senza nessuna certificazione) e poi il CPLP® (Costo per Landing Page) dove garantiamo una visita reale con una pagina di atterraggio che sia 100% loading + 1”. E anche in questo caso siamo gli unici sul mercato a garantire attraverso il MRC che la visita avvenga realmente. Nel futuro della comunicazione digitale ci sarà anche una nuova piattaforma DSP (Fusio DSP by S4M) che permetterà ai trading deck delle agenzie media di avere una tecnologia full mobile che consenta loro di ottimizzare le campagne mobile con standard e KPI come l’in-store visit in real time e uplift in real time.
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SPECIALE
Teads
PIÙ AFFIDABILITÀ PER BRAND E UTENTI Dall’unione di informazioni originali e ambienti premium di erogazione nasce una garanzia di qualità e affidabilità. In un contesto editoriale in grado di salvaguardare gli investimenti di qualsiasi advertiser.
Corinna Marrone Lisignoli Publisher Director Teads Italy
Teads ha recentemente realizzato una ricerca in merito alla relazione che il consumatore instaura con i contenuti delle news, esplicativamente intitolata “In News We Trust”. Corinna Marrone Lisignoli ce ne spiega le ragioni e le evidenze. “Si tratta di uno studio condotto da Teads a livello globale, che ha visto 16.000 consumatori intervistati in 8 Paesi. L’obiettivo della ricerca è quello di analizzare gli attuali atteggiamenti e le tendenze in termini di consumo di notizie e di pubblicità, dopo la nascita del fenomeno delle fake news. I risul-
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Advertiser Communication Strategies
tati emersi sono interessanti e mettono in luce una differenza sostanziale tra la percezione da parte degli utenti dei social media e dei contesti editoriali premium in rapporto alla fruizione delle notizie: a questi ultimi, infatti, vengono associate con una maggiore frequenza i concetti di qualità e affidabilità”. Che reazione hanno gli individui rispetto al concetto di “fake”? Proprio a causa delle fake news, oltre il 75% degli intervistati è propenso a cercare le notizie su fonti più affidabili, tra
le quali non figurano i social media. La ricerca di notizie online, infatti, si focalizza in particolare sui siti web le App di news dei principali premium publisher locali e internazionali e in televisione, perché le considerano fonti autorevoli di informazione. E questo vale per tutto il campione, anche se è da notare che, a causa del fenomeno “fake news”, sono proprio i Millennials a ricercare siti più affidabili e a sentire l’esigenza di accedere a contenuti la cui validità sia certa. Qual è l’aspettativa di qualità dei fruitori di informazione e di pubblicità online? Se da un lato la maggior parte degli intervistati considera i social come la fonte maggiormente esposta alle fake news, rendendoli pertanto proprio il mezzo meno affidabile tra quelli presi in esame, dall’altro lato sono proprio gli ambienti premium, ossia i siti d’informazione appartenenti ai principali editori italiani e internazionali, a riuscire a garantire qualità. Infatti, molti dei principali editori partner di Teads - tra i quali Slate, Flipboard, ESI, Trinity Mirror, Libération, L’Express, SpeeD, Piemme, Clarin, Der Tagesspiegel, Ströer, Excelsior (Grupo Imagen), El País, El Mundo, ABC e El Periódico - credono fermamente nell’importanza di offrire notizie di qualità e affidabili ai lettori e di creare ambienti premium per gli advertiser. Come si valuta la qualità di un contenuto? Un contenuto di qualità è un contenuto di valore, sintesi di diverse fasi di documentazione e approfondimento, nel nostro caso, di giornalisti esperti. La qualità è rappresentata dall’unione di informazioni originali e ambienti premium di erogazione ed è proprio grazie a questo binomio che riusciamo a raggiungere un’ampia audience, pari a 1.2 miliardi di utenti unici, e a garantire livelli di coinvolgimento e interesse davvero significativi. Oltre alla scelta di focalizzare la nostra offerta sulla distribuzione outstream, un aspetto che per
BRAND SAFETY
In News We Trust Lo studio, condotto a livello globale, prende in esame la relazione dei consumatori con i contenuti news e le differenze di percezione tra contesti editoriali di qualità e social media. noi è sempre più importante è quello che riguarda l’ottimizzazione della campagna pubblicitaria in termini di creatività e interattività, al fine di rendere sempre più immersiva l’esperienza dell’utente senza forzarne l’attenzione. Con la ricerca “In News We Trust”, è stato infatti dimostrato come un contenuto pubblicitario creativo e interattivo contribuisca in maniera rilevante alla percezione della pubblicità e oltre il 45% dei rispondenti attribuisce a questi fattori il notevole impatto sul ricordo e la fiducia nei confronti del brand. Qual è oggi il grado di affidabilità dei social media? I social media, come detto in precedenza, sono considerati la tipologia di media meno affidabile per consumare notizie e pubblicità o contenuti dei brand; solo l’11% dei consumatori, infatti, si fida dell’advertisement fruito sui social. In tutto il mondo, poi, i consumatori legano ai social media le parole “sensazionalistico” (28%) e “fake” (26%); agli editori online vengono associate le parole “conoscenza” (35%) e “accuratezza” (22%).
Quali media sono considerati più credibili e capaci di canalizzare una maggiore attenzione verso il contenuto editoriale e pubblicitario da parte dell’utente? Quando è stato chiesto fino a che punto i consumatori prestano attenzione alle notizie attraverso diversi mezzi, i publisher online e la TV sono emersi come i più forti, con il 59% degli intervistati che presta attenzione alle notizie online e il 51% alle notizie in TV. I consumatori si focalizzano su qualcosa di più delle semplici notizie, il 40% degli intervistati nota gli annunci pubblicitari visti in TV, rispetto al 24% per la stampa e al 29% per gli online. A livello globale, i consumatori ricordano e si fidano della pubblicità in televisione più di qualsiasi altro mezzo. Tuttavia, guardando al pubblico giovanile (dai 16 ai 24 anni), il canale online è emerso come il mezzo di cui più si fida e dove ricorda maggiormente la pubblicità. In che modo occorre salvaguardare il brand da contesti indesiderati o potenzialmente nocivi?
Teads è un marketplace che si compone esclusivamente di siti premium. Lavorano con noi solo publisher selezionati, editori del calibro di RCS, Manzoni, Hearst, alfemminile, ilsole24ore, Editoriale Domus che investono nella produzione delle news e hanno il pieno controllo dei loro contenuti. Di per sé, tutto ciò, è in grado di creare un ambiente editoriale in grado di salvaguardare gli investimenti di qualsiasi advertiser evitando che il suo brand venga associato a contenuti inappropriati o di scarsa qualità. Voi che misure avete assunto in termini di Brand Safety? Oltre a erogare i nostri contenuti in ambienti sicuri e di qualità, abbiamo chiuso degli accordi di esclusiva con i principali premium publisher italiani e abbiamo istituito collaborazioni con una serie di provider tecnologici in grado di analizzare a livello semantico la pagina editoriale e filtrare il traffico in maniera tale da poter assicurare altissimi standard di qualità. Così, riusciamo sempre a garantire Brand Safety al 100% a tutti i nostri clienti.
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SPECIALE
Univisual
TUTELIAMO LA PERCEZIONE DEL BRAND Il brand deve avere una presenza coerente in tutti i contesti in cui dialoga e si inserisce. Soprattutto in rete, ambito molto dinamico ma conservativo. L’unica possibilità di preservare la propria credibilità attraverso la marca, è quella di rendersi sempre riconoscibile e di instaurare una relazione in sintonia con il consumatore.
Gaetano Grizzanti Ceo e Founder Univisual
“In questi anni abbiamo assistito a una sorta di paradosso per cui il mondo virtuale oggi è divenuto quello reale”, esordisce Gaetano Grizzanti. “Constatiamo, quindi, la necessità di nuovi paradigmi per le aziende, costrette a convivere all’interno di un sistema “verità/invenzione” in cui chi emette un messaggio non ha la certezza né di come questo giungerà a destinazione, né del modo in cui potrà ritornare indietro: bisogna fare i conti con l’impossibilità di controllo sulla propria comunicazione. Inoltre, se a ciò si aggiunge la capacità
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Advertiser Communication Strategies
distributiva della rete, è evidente come il tema della protezione del brand diventi di impellente attualità”. In tale contesto, come si garantisce la tutela dell’immagine di marca, in rete come nell’offline? Distinguerei il tema della safety in due macro dimensioni: quella relativa ai problemi di tipo legale, e quella della preservazione di uniformità. Il primo aspetto comprende tutte quelle situazioni che le aziende in origine non avevano considerato, frutto delle evoluzioni
verificatesi nel tempo, come i rischi che emergono durante un processo di internazionalizzazione, che può portare un marchio ad affrontare conflitti inaspettati, per esempio con un concorrente di un Paese straniero mai presidiato. Per quanto riguarda la necessità di preservare l’unicità del brand, le aziende sono chiamate a concettualizzare la “personality” della marca in modo più selettivo, riducendo i compromessi. Evitando cioè di circoscrivere il brand a un contesto troppo legato al prodotto o al proprio settore merceologico, contenendo le conseguenze che un’evoluzione futura possa dar luogo a messaggi distonici. In altre parole, bisogna saper prevedere, fin dall’inizio, i possibili sviluppi che il brand potrebbe avere e profilare un’identità pensata senza condizionamenti. La brand personality, infatti, deve essere sempre la stessa a prescindere dal canale o dal mezzo. Ciò rende più complicato, rispetto al passato, il concepimento di una personalità uniforme a prescindere dalla piattaforma mediatica. Si parla sempre più spesso di Brand Safety e Brand Policy; possiamo fare il punto su questi concetti e sulla loro applicazione? Il brand deve avere una narrazione coerente e credibile in tutti i contesti, quelli abituali e quelli nuovi in cui si inserisce. Tale coerenza diventa un prerequisito di lungimiranza e ne condiziona la sopravvivenza. Purtroppo la rete, per quanto sia caratterizzata da una forte dinamicità, nel tempo è - nel bene e nel male conservativa. E questa peculiarità può generare problemi, rendendo reperibili nel web dichiarazioni dell’azienda non più attuali o discordanti tra loro. L’unica possibilità di mantenere la propria credibilità, per i brand, è quella di essere sempre fedele a se stesso. Solo così non si incorrerà nel pericolo di essere contraddittori rispetto a precedenti proposizioni. Dalla scarsa trasparenza alle fake news, fino al rischio di veri e propri
BRAND SAFETY
cloni... Quali garanzie di sicurezza è possibile offrire a inserzionisti, da un lato, e utenti, dall’altro? Ormai l’esigenza di comunicare in tempo reale spesso prevarica anche la notizia ed è proprio questa esasperazione che consente alle “bufale” di inserirsi con maggiore facilità. Per farvi fronte, diventa utile definire un “credo di marca” e obbligare poi il brand ad attuare scelte di campo, mantenendovi fede con fermezza e costanza. Oggi i brand devono purtroppo esporsi più di ieri, soprattutto devono stringere legami più autentici e ragionevoli con l’utente, sposando temi più consistenti e vicini all’esperienza di vita degli individui. Questo tipo di approccio, più partecipato, dà credito al brand che, a sua volta, potrebbe avvalersene nel caso fosse costretto ad assumere una posizione ferma rispetto a una fake news che lo vedesse coinvolto. Se si riuscisse realmente a umanizzare il brand, instaurando con il consumatore un dialogo sincero e non ipocrita, si potrebbe comunicare con un approccio semplice e umile senza il timore di passare inosservati. Quanto è reale il rischio che un posizionamento errato o l’accostamento della marca a contenuti non appropriati si ritorca contro il brand? Occorre classificare ciò che si intende per “contenuto inappropriato”. Nei limiti del politically-correct, rispetto al contesto sociale di riferimento, oggi diventa inappropriata qualsiasi cosa non risulti coerente con se stessa; al contrario, risulta appropriata e quindi accettabile ogni posizione in sintonia con la propria identità e visione. Una volta avvenuto il passaggio “da marchio a marca” - cioè da una dimensione fredda e circoscritta al prodotto/azienda, a una dimensione empatica ed emotiva - ogni brand ottiene una propria individualità e un ruolo chiave nella vita delle persone. Di conseguenza, la relazione che i consumatori hanno con il brand risulta più profonda e concreta.
Contemporaneamente, aspetti come eticità, sostenibilità, trasparenza, legalità non risultano più discriminati per l’accettazione di una marca da parte del pubblico, ma sono considerati prerequisiti. I social media hanno amplificato la risonanza delle attività delle marche e con l’aumento degli user generated content è più difficile gestire la comunicazione del brand e i suoi ritorni... Proprio in questo scenario cresce la difficoltà, per le aziende, di controllare la propria comunicazione. I canali social veicolano contenuti che sono in grado di prevalere su quelli espressi dalle aziende. È qui che il brand fa la differenza. I brand sono “avatar” che, di fatto, attuano una trasposizione tra gli aspetti più tangibili - come impresa, prodotto, marketing - con quelli intangibili, dove le componenti emotive e individuali sostengono la strategia di business. Le è capitato di dover intervenire in casi di brand che hanno subito danni dal contesto in cui si sono trovati a comunicare? Capita spesso di dover analizzare e affrontare problemi che certi tipi di comunicazione provocano sul brand. Solitamente il danno è causato da attività creative che tengono poco in considerazione l’identità della marca, oppure dall’assenza o errata profilazione di un’identità ben definita a monte. In mancanza di questa, c’è il caos. La difficoltà è che oggi non siamo più nell’era della realtà, ma in quella della percezione: non è vero ciò che è vero, ma è vero ciò che il tuo pubblico crede di te. Questo rivoluziona tutto, perché il territorio del brand è sempre più un territorio mentale, in cui la verità psicologica prevale su quella fisica. Parliamo di qualcosa che da intangibile diventa estremamente tangibile, capace di generare delle convinzioni potenzialmente irreversibili. Cercare di far cambiare idea a una persona è un’ardua impresa, soprattutto
Brand Identikit, il volume firmato da Gaetano Grizzanti giunto alla quarta edizione, è un vademecum culturale, tecnico e al tempo stesso pedagogico sull’identità di marca e d’impresa, che mette a disposizione del lettore tutto l’occorrente per capire cos’è il branding, cosa si intende per marca e marchio e come funziona la brand identity.
quando tale idea è avvalorata da tante voci, come accade con la viralità del web. Non basta affermare la verità per essere creduti. Il brand non comunica solo rilasciando delle dichiarazioni, o esponendo tecnicismi e contenuti legati al prodotto, ma esiste e si palesa attraverso un modo di essere e di pensare, coinvolgendo emotivamente le persone, presidiando affinità di vedute. Tutto ciò è espresso nella mia teoria del “Brand 3.0” - definendo per le marche un passaggio da una dimensione di “status” fino a quella della “sintonia” - ed è applicata nel modus operandi di Univisual, per evitare che i nostri clienti finiscano con il parlare solo dell’azienda o del prodotto/servizio invece che attraverso il brand.
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Fascicolo speciale di ADVERTISER Communication Strategies
estratto da
Advertiser Communication Strategies N°4 - Giugno/Luglio 2018 www.advertiser.it Registrazione roc:17898 Registrazione Tribunale di Milano n°886 del 14/12/1989
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Direttore Responsabile Massimo Bolchi