Parole d'Autore

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La fiaba e la favola 1 La fiaba Se gli elementi magici e fantastici costituiscono il nucleo fondamentale di un racconto, la narrazione che li contiene può essere definita una fiaba.

FIABA

È un racconto fantastico, in cui il meraviglioso e il magico hanno una parte essenziale Ciò che distingue la fiaba dal mito e dalla leggenda è proprio la consapevolezza (del narratore e del lettore o ascoltatore) che il racconto di cui essa si fa portavoce appartiene a un mondo diverso da quello reale, in cui tutto può accadere. Secondo lo studioso russo Vladimir J. Propp (1895-1970), le fiabe (termine che deriva dal verbo latino fari, che significa “parlare”) devono essere ricondotte ai rituali primitivi per l’iniziazione (cioè l’ingresso) dei giovani all’età adulta. Questi riti prevedevano il superamento di alcune prove di resistenza fisica e psicologica, in cui i maschi dovevano dimostrare abilità, coraggio e forza e le femmine grazia, saggezza e prudenza: il ricordo di questi riti sarebbe confluito in racconti, le fiabe appunto, il cui schema narrativo prevede proprio il superamento di prove pericolosissime per arrivare al matrimonio (la tappa che segna, non a caso, il raggiungimento dell’età adulta). È questo il motivo per cui Italo Calvino, uno dei maggiori scrittori italiani del Novecento, nell’Introduzione a Fiabe italiane (1956) ha detto che “le fiabe […] sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio1 delle coscienze contadine fino a noi; sono il cata1. Ruminio: rielaborazione.

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logo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi d’un destino: la giovinezza.” Le fiabe possono essere distinte, per comodità didattica e sulla base della loro origine, in due categorie: • fiabe popolari ? sono le fiabe, anonime, diffuse in un certo contesto sociale o geografico • fiabe classiche o d’autore ? sono le fiabe scritte da un autore che si è ispirato alle fiabe popolari; esse nascono per divertire, per dare insegnamenti di diverso genere o per fini estetici.

2 Breve storia del genere e dei suoi principali esponenti In questa breve sintesi storica dello sviluppo del genere della fiaba, le indicazioni sui principali esponenti riguardano due diverse categorie: coloro che si sono limitati a raccogliere e a ordinare le fiabe popolari (è il caso dei fratelli Grimm e di Calvino) e coloro che, invece, ispirandosi a fiabe ascoltate o lette, ne hanno scritte di originali (come Basile e Rodari). I MILLENNIO d.C. Risalgono a quest’epoca alcune fiabe indiane che possono essere considerate i modelli originari che hanno ispirato tutta la produzione seguente

ROMANTICISMO Dimostra un notevole interesse per la fiaba, perché la ritiene una delle più spontanee e genuine manifestazioni della fantasia e della saggezza popolare. Proprio in questo periodo nascono, infatti, alcune grandi raccolte di fiabe, come quella dei fratelli Grimm, che adattarono e trascrissero le fiabe che si erano fatti raccontare nelle campagne da contadini e popolani

1500-1600 Nel ‘500 comincia a diffondersi in Italia la passione per la fiaba: il suo principale divulgatore fu Gianfranco Straparola, che tradusse dallo spagnolo numerose fiabe indiane. Nel ‘600 tennero vivo l’interesse per la fiaba, in Italia Giambattista Basile e in Francia Charles Perrault, entrambi autori di fiabe

NOVECENTO La fiaba gode ancora di buona considerazione: c’è chi, come Italo Calvino, cura una raccolta (le Fiabe italiane) che riunisce duecento fiabe provenienti da tutte le regioni italiane, che l’autore ha trascritto dai dialetti locali, e chi, invece, come Gianni Rodari, ne scrive di nuove

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3 Le caratteristiche della fiaba Le principali caratteristiche della fiaba sono: • nasce come un racconto popolare orale prima di essere fissate nella forma scritta, le fiabe furono raccontate a voce per molto tempo tra la gente comune; in entrambi i casi erano destinate all’intrattenimento, soprattutto dei bambini • presenta elementi fantastici e meravigliosi nelle fiabe sono sempre presenti elementi fantastici e meravigliosi, che possono riguardare qualsiasi aspetto della narrazione: i luoghi (bellissimi o paurosi, ma sempre incantati e misteriosi), il tempo (un passato indefinito e indefinibile), i personaggi (streghe, maghi, orchi, fate, gnomi, elfi, folletti, cavalli alati…), gli oggetti (bacchette magiche, specchi incantati, tappeti volanti, anelli che rendono invisibili…), il tipo di vicende (trasformazioni, apparizioni e sparizioni, incantesimi…), gli elementi caratteristici (certi numeri, come il tre e il sette, o formule e ritornelli, come abracadabra…)… • può avere un implicito intento educativo o moraleggiante; ha sempre un chiaro intento rassicurante nelle fiabe può essere presente un intento educativo o moraleggiante, perché nelle vicende narrate si possono nascondere insegnamenti e spiegazioni sulle esperienze più significative della vita dell’uomo (la paura della morte, il superamento degli ostacoli, il rapporto con gli altri…)2. Le fiabe insegnano che l’individuo può trovare pace, benessere e realizzazione personale amando i suoi simili, agendo secondo le regole stabilite e rispettando le gerarchie, perché in questo modo egli sarà a sua volta amato e rispettato dagli altri. La fiaba ha, dunque, un chiaro intento rassicurante, perché, con il suo classico “lieto fine”, dà, a chi la legge o la ascolta, una concreta speranza nel futuro: se agirai bene, vivrai bene

2. A questo proposito è importante notare che, a differenza del mito, la fiaba non ha la pretesa né di spiegare la realtà né di rispondere in modo definitivo alle grandi domande sulla vita e sulla morte; essa, inoltre, non ha alcun tipo di rapporto con la religione.

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• è collocata in un tempo lontano gli avvenimenti narrati dalle fiabe si situano, di solito, in un tempo lontano, sottoposto a regole in parte diverse da quelle della realtà effettiva e caratterizzato dalla presenza di strane creature dotate di poteri straordinari. Questo tempo non è mai definito da una data o da rimandi di carattere storico: esso è identificato, in genere, semplicemente con le formule c’era una volta oppure tanto tempo fa • è collocata in uno spazio indefinito e lontano anche le coordinate spaziali sono generiche e imprecise, perché le vicende sono ambientate in luoghi immaginari e fantastici (il bosco, il palazzo del re, il villaggio…) che non sono descritti, ma solo nominati. Questi luoghi (che sono, di solito, molto lontani, perché situati nel paese della fantasia) possono avere diverse funzioni: ci sono, infatti, luoghi-ostacolo da superare (monti e mari, foreste e boschi, torri e mura…), luoghi di rifugio (casette nel bosco, alberi, stanze segrete…), luoghi di partenza e di arrivo (la casa e la patria – o il regno –)… • presenta personaggi e azioni ricorrenti Vladimir J. Propp, in un suo lavoro intitolato Morfologia della fiaba, del 1928, ha analizzato una grande quantità di fiabe russe: egli si è accorto che esse presentano, al di là delle ovvie differenze, alcuni elementi comuni, sia per quanto riguarda i personaggi sia per quanto concerne le azioni che essi compiono.

Il castello di Neuschwanstein, in Baviera (Germania), sembra proprio un “castello delle fiabe”.

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Per quanto riguarda i personaggi, Propp ha identificato, indipendentemente dalle caratteristiche individuali dei singoli (uomo o donna, giovane o vecchio, nobile o popolano…), alcuni ruoli fissi. Nella fiaba possiamo trovare, infatti: • l’eroe-protagonista: è sempre dotato di qualità positive, in ragione del suo sesso, del suo carattere e della sua classe sociale (il guerriero è nobile, forte e coraggioso, la principessa aristocratica, bella e sensibile, il bambino furbo e senza paura…). Egli può essere di due tipi: eroe cercatore, quando ha il compito di aiutare un personaggio danneggiato (per esempio una fanciulla rapita); eroe vittima, quando è danneggiato o perseguitato da qualcuno • l’aiutante dell’eroe, spesso dotato di poteri straordinari • il donatore, che offre all’eroe i mezzi (il dono) per superare le prove • l’antagonista dell’eroe, che lo ostacola nello svolgimento del suo compito • il mandante (o destinatore), che assegna il compito all’eroe. Naturalmente l’eroe e i suoi aiutanti rappresentano il Bene, mentre l’antagonista e i suoi eventuali aiutanti (detti oppositori dell’eroe) rappresentano il Male. Questi personaggi possono essere classificati come dei tipi, perché, dovendo incarnare dei valori, dei comportamenti o degli ideali, difficilmente hanno uno spessore psicologico: il buono è sempre buono, anzi, buonissimo, e il cattivo sempre cattivo, senza rimorsi o turbamenti interiori. Anche le azioni compiute dai personaggi per consentire alla storia di procedere sono ricorrenti: Propp le ha riassunte in trentuno unità fondamentali che ha chiamato funzioni. Sono esempi di funzioni: • l’allontanamento (uno dei membri della famiglia si allontana oppure muore) • il divieto (al protagonista viene chiesto o imposto di non fare una certa cosa) • il tranello (con cui l’antagonista cerca di ingannare la vittima per impadronirsi di lei o dei suoi averi) • la connivenza (la vittima cade nel tranello) • il conseguimento del mezzo magico (per cui l’eroe ottiene uno strumento magico, che può essere un animale o un oggetto dotato di poteri magici; il mezzo magico può essere regalato oppure l’eroe può ricevere le indicazioni necessarie per procurarselo da solo) • la vittoria (l’eroe vince l’antagonista) • la punizione dell’antagonista sconfitto (può essere ucciso o scacciato; solo raramente è perdonato) • le nozze (l’eroe si sposa o sale al trono o ottiene una ricompensa)… 286


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Ovviamente non tutte le funzioni sono presenti nella stessa fiaba; poiché, però, esse sono disposte, in quasi tutte le fiabe, secondo un’identica successione, è possibile delineare il modello narrativo della vicenda fiabesca: un eroe si allontana da casa e vive una serie di avventure per colpa di un antagonista; il superamento delle prove, che avviene grazie all’aiuto di altre persone e di oggetti magici, permette all’eroe il ritorno a casa, dove, dopo la punizione dell’antagonista, lo aspetta il premio finale (il classico e vissero felici e contenti). Insomma, nelle fiabe variano i luoghi, i nomi dei personaggi, le circostanze e le motivazioni dell’agire, ma alcuni elementi (le funzioni, appunto) restano sempre costanti: per analizzare bene una fiaba, dice Propp, “è importante che cosa fanno i personaggi e non chi e come fa”, aspetti, questi ultimi, di carattere accessorio3. • è caratterizzata da uno stile particolare lessico: è ricco di espressioni ricorrenti (cammina cammina, zitti zitti, adagio adagio…) e di nomi propri pieni di significato (Cenerentola sta nella cenere, Malefica è una strega cattivissima, Pollicino è un bambino piccolissimo…) formule fisse: si trovano all’inizio della fiaba (c’era una volta, seguita dalle indicazioni del luogo e dei personaggi), per evidenziare l’ingresso in un mondo diverso da quello reale, e alla fine (e vissero felici e contenti oppure larga la foglia stretta la via, dite la vostra che ho detto la mia…), per sottolineare che è arrivato il momento di uscire dal mondo della fantasia per tornare in quello della realtà tempi verbali: di solito sono usati i tempi verbali narrativi, per collocare la narrazione in un tempo lontano sintassi: si privilegiano la paratassi e il discorso diretto figure retoriche: sono usate soprattutto la metafora e la similitudine.

3. Il contributo dato da Propp all’analisi del genere della fiaba è innegabile: bisogna però evitare di

applicare le sue teorie in modo troppo rigido, per non ridurre la materia che compone la fiaba a un freddo schema predefinito. Dunque, ben venga il riferimento alle funzioni di Propp, purché esso non costituisca l’unico approccio a questo genere di testo. Proprio per questo motivo non riteniamo necessario presentare in linea teorica tutte le funzioni da lui identificate: le più comuni emergeranno direttamente dalla lettura e dall’analisi dei testi.

Verifica sulla teoria 1

Dividi un foglio del tuo quaderno in tre colonne e inserisci, in ognuna, le caratteristiche del mito, della leggenda e della fiaba (ti basterà ricopiare i titoletti interni dei paragrafi dedicati alle caratteristiche di ciascuna di queste tre forme). Ora osservale con attenzione: quali accomunano questi tre generi narrativi? E quali, invece, li differenziano? Componi un breve testo per illustrare i risultati di questo confronto.

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ANONIMO

SCHELETRO

SENZA MORTE

Curatore Aleksandr Nikolaevicˇ Afanas’ev nacque nel 1826 nella Russia sud-occidentale; fin da giovane s’interessò di letteratura, in particolare della tradizione popolare russa. Dal 1855 decise di raccoglierne le fiabe in un’opera in otto volumi, Antiche fiabe russe (1864), che le ha rese immortali. È morto nel 1871. Opera

Afanas’ev girò per la Russia facendosi raccontare fiabe da contadini, artigiani, balie… insomma da tutti coloro che possono essere ritenuti i depositari della saggezza e della cultura popolare. Afanas’ev trascrisse le fiabe così come gli erano state raccontate: ecco perché il loro stile è molto vicino all’oralità, caratterizzato com’è da ripetizioni, formule, lessico elementare.

Anonimo Sindibàd il marinaio Anonimo Cappuccetto rosso Anonimo Bellinda e il mostro

Brano

Questa fiaba presenta tutti gli elementi tipici del genere: l’ambientazione in uno spazio vago e indefinito, il rapimento della regina ad opera dell’antagonista, la presenza di una bella principessa, le nozze, gli animali parlanti...

? STRUTTURA del TESTO NARRATIVO ? PERSONAGGI ? TEMPO ? SPAZIO ? LINGUA e STILE

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n un certo reame, in un certo stato, c’era una volta uno zar; questo zar aveva tre figli, tutti e tre grandi. E d’un tratto la madre loro venne rapita da Scheletro Senza Morte. Il figlio maggiore chiese al padre la sua benedizione per andare a cercar la madre. Il padre lo benedisse; egli partì e di lui non si seppe più niente. Il figlio mediano attese a lungo, poi chiese anche lui la benedizione del padre, partì, e anch’egli sparì senza che se ne sapesse notizia. Dice al padre il figlio minore, Ivan-principe: – Babbino! Dammi la tua benedizione per cercare la mamma. – Il padre non voleva lasciarlo andare: – I tuoi fratelli non ci son più – dice – ora anche tu vuoi andartene: io morirò di pena! – No, babbino; d’altronde, che tu mi conceda la tua benedizione o no, io vado lo stesso. – Il padre lo benedisse. Ivan-principe andò a scegliersi un cavallo: su qualunque appoggiasse la mano, stramazzava; non avendo potuto scegliersi un destriero, egli vagava per la città, a testa china. Ed ecco spuntare una vecchia, che chiede: – Principe Ivan, perché vai a testa china? – Vattene, vecchia! Ti metto su una mano, ci premo sopra l’altra, non resterà che dell’umidiccio! – La vecchia lo sopravanzò1 correndo per alcuni vicoletti, e di nuovo gli si fa incontro, dice: – Salute Ivan-principe! Perché vai a testa china? – Lui pensa: «Perché mai questa vecchia me lo domanda? Chi sa che non possa aiutarmi?» e le dice: – Vedi nonnina! Non posso trovare un cavallo buono per me. – Scioccone, stai lì a tormentarti, e non dici niente alla vecchia! – risponde la vecchina – vieni con me –.

1. Lo sopravanzò: lo superò.

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Lo portò a una montagna, gli indicò un punto: – Scava qui in terra –. Ivan-principe scavò, e vede una lastra di ferro con dodici lucchetti; lui li ruppe subito e aperta la porta entrò sotto terra; lì, legato con dodici catene, c’era un cavallo potente; il destriero aveva certo capito che quello era un cavaliere degno di lui, e nitrendo e tirando aveva strappato tutte e dodici le catene. Ivan-principe indossò un’armatura da prode guerriero, mise al cavallo la briglia e la sella circassa2, diede del denaro alla vecchia e disse: – Dammi la tua benedizione e addio, nonnina! – Salì in sella e partì. Vai e vai, raggiunse finalmente la montagna; era una grandissima, erta3 montagna! Non si poteva assolutamente sormontarla. In quel momento i suoi fratelli passarono da quelle parti; si abbracciarono e proseguirono insieme; arrivano a un masso di ghisa4 che pesava centocinquanta chili, e sul masso c’era una scritta: «Chi butterà questa pietra sul monte, troverà la strada». I fratelli più grandi non riuscirono ad alzarla, ma Ivan-principe con un lancio la gettò sulla montagna, e subito comparve una scala. Egli lasciò il cavallo, si trasse dal mignolo un bicchiere di sangue, lo diede ai fratelli, e dice: – Se nel bicchiere il sangue diverrà nero, non aspettatemi: significa che sarò morto! – Disse addio e partì. Arrivò al monte; cosa non vide! C’erano boschi, e bacche, e uccelli d’ogni sorta. A lungo camminò Ivan-principe, finché non giunse a una casa: una enorme casa! Viveva lì la figlia d’uno zar, rapita da Scheletro Senza Morte. Ivanprincipe gira attorno al recinto, ma porte non ne vede. La figlia dello zar, che aveva scorto un uomo, uscì sul balcone e gli gridò: – Guarda lì, nel recinto, c’è una fessura, toccala col mignolo e diventerà una porta –. Così avvenne. Ivan-principe entrò nella casa. La ragazza lo ricevette, gli diede da bere e da mangiare, poi lo interrogò. Lui le raccontò ch’era venuto a portar via la madre a Scheletro Senza Morte. Quando seppe questo, la ragazza gli disse:– Ti sarà difficile arrivare sino a tua madre, Ivan-principe! Sai bene ch’egli è immortale, e ti ucciderà. Viene spesso da me... Vedi, lui ha una spada di cinquanta chili; sei capace d’alzarla? Allora va’! – Ivan-principe non solo sollevò la spada, ma la lanciò in aria; e andò oltre. Arriva a un’altra casa: ormai sa come trovare la porta; entra, e lì c’era sua madre. S’abbracciarono, piansero. Anche qui diede prova della sua forza lanciando una pallottolina di millecinquecento chili! Giunse il tempo che doveva arrivare Scheletro Senza Morte; la madre lo fece nascondere. D’improvviso Scheletro entra in casa e dice: – Fu, fu5! Ossa russe non si sentono e non si vedono, ma qui in casa è arrivato un osso russo! Chi è venuto da te? Forse tuo figlio? – Cosa dici, che Dio sia con te! Te ne sei volato

2. Sella circassa: la sella dei Circassi, popolazione del Caucaso Orientale.

3. Erta: ripida. 4. Ghisa: una lega di ferro.

5. Fu, fu!: una sorta di verso minaccioso che caratterizza il personaggio negativo.

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sulla Russia, hai sentito l’odore e adesso ti sembra d’averlo sotto il naso – rispose la madre di Ivan-principe, e intanto avvicinatasi a Scheletro Senza Morte, con parole amabili gli domanda qualche altra cosa: – Dove hai la morte, Scheletro Senza Morte? – dice. – La mia morte, – fa lui – sta in un certo posto: c’è là una quercia, sotto la quercia c’è una cassetta, nella cassetta una lepre, nella lepre un’oca, nell’oca un uovo, nell’uovo c’è la mia morte –. Detto questo, Scheletro Senza Morte si trattenne ancora un poco e volò via. Venne il tempo che Ivan-principe chiese la benedizione della madre e si mise in cammino alla ricerca della morte di Scheletro Senza Morte. Percorse una lunga strada, senza nutrirsi né dissetarsi; aveva una terribile voglia di mangiare, e pensa: «Che bestia incontrerò?». D’improvviso ecco un lupacchiotto, lui vorrebbe ucciderlo, ma salta fuori dalla tana una lupa, e dice: – Non toccare mio figlio; io ti sarò utile. – Così sia! – Ivan-principe lasciò che il lupacchiotto se ne andasse; va avanti e vede una cornacchia: «Aspetta! – pensa – questa volta mangerò». Prende la mira, sta per sparare, ma la cornacchia dice: – Non toccarmi, ti sarò utile!– Ivan-principe ci pensò, e la lasciò andare. Va avanti, arriva al mare e si ferma sulla sponda. In quello stesso momento un piccolo luccio guizzò e ricadde sulla riva; lui l’afferra, ne ha una voglia pazza, e pensa: «Ecco, adesso mangerò!» Ma d’improvviso saltò fuori madre-luccio, che dice: – Ivan-principe, non toccare il mio bambino; io ti sarò utile –. Lui lasciò libero anche il luccetto. Come attraversare il mare? Tutto pensoso si sedette sulla sponda; quasi leggesse nell’animo suo, madre-luccio venne e si stese attraverso il mare. Ivanprincipe le passò sopra, come su un ponte; raggiunge la quercia dov’era la morte di Scheletro Senza Morte, arrivò alla cassetta, l’aprì: la lepre schizzò e corse via. Impossibile trattenerla! Ivan-principe si spaventò all’idea d’averla lasciata scappare, divenne pensieroso, ma il lupo ch’egli aveva risparmiato si mise a correre dietro la lepre; la prende e la porta a Ivan-principe. Tutto contento lui la prese, la scucì6 e sbigottì: scuotendo le ali l’oca se ne era volata via. Sparò un colpo, un altro, ma non la colse, e di nuovo si impensierì. Ma ecco sbucar fuori la cornacchia con i suoi cornacchini e mettersi all’inseguimento dell’oca; l’acchiappano e la portano a Ivan-principe. Raggiante di felicità Ivan s’impossessò dell’uovo, andò sulla sponda del mare per lavarlo, e lo perse in acqua! Come tirarlo fuori dal mare? Profondità smisurata! Di nuovo il principe s’afflisse. D’un tratto le acque ribollirono e il luccio gli portò l’uovo; poi si stese attraverso il mare. Ivan-principe passò su di lui e s’avviò dalla madre. Arriva, s’abbracciano, e di nuovo essa lo nasconde. In quel momento arriva Scheletro

6. La scucì: la aprì.

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Senza Morte, e dice: – Fu, fu! Ossa russe non si sentono e non si vedono, ma qui odora di Russia! – Che dici, Scheletro? da me non c’è nessuno – rispose la madre. Di nuovo Scheletro parlò: – Non mi sento troppo bene! – allora Ivan-principe premette l’uovo e Scheletro Senza Morte si contrasse tutto. Viene fuori Ivan, mostra l’uovo e dice: – Scheletro Senza Morte, ecco la tua morte! – Quello si butta in ginocchio dinanzi a lui e dice: – Non uccidermi, Ivan-principe! Vivremo in amicizia e tutto il mondo sarà sottoposto a noi! –. Ivan non si lasciò ingannare dalle sue parole, schiacciò l’ ovicino e Scheletro Senza Morte morì. Ivan-principe e la mamma presero tutto quello di cui avevan bisogno e si misero in viaggio verso la terra natia; lungo la strada andarono dalla figlia dello zar, che Ivan aveva incontrato prima, e la portarono con loro; vanno avanti finché arrivano alla montagna dove i fratelli lo stavano ancora aspettando. Dice la ragazza: – Ivan-principe! Torna a casa mia, ho dimenticato l’abito da sposa, l’anello di brillanti e le scarpe-non-cucite. – Allora lui calò giù la madre e la figlia dello zar, alla quale aveva dato la parola che si sarebbero sposati; i fratelli le raccolsero, poi presero la corda e la tagliarono perché Ivan-principe non potesse calarsi, e con le minacce persuasero la madre e la ragazza – una volta giunte a casa – a non parlare di Ivan. Arrivarono al loro reame; il padre fu pieno di gioia per i figli e la moglie, solo si rattristava per Ivan-principe. Intanto Ivan-principe, tornato alla casa della sua fidanzata, aveva preso l’anellino di fidanzamento, l’abito da sposa e le scarpe-non-cucite; arrivato alla montagna agitò l’anellino fra le mani. Comparvero subito dodici giovanottoni, che gli chiedono: – Cosa comandate?– Trasportatemi giù da questa montagna –. Subito i giovanottoni lo calarono giù. Ivan-principe infilò l’anello, e quelli divennero invisibili. Andò nel suo regno; arriva alla città dove vivevano suo padre e i fratelli, si fermò da una vecchina, e domanda: – Che c’è di nuovo, nonna, nel vostro reame? – Tante cose, figliolo! Ecco, la nostra regina è stata prigioniera di Scheletro Senza Morte; tre figli sono andati a cercarla, due l’han trovata e sono tornati, ma il terzo, Ivan-principe, no; e non si sa dove sia; lo zar è molto in pena per lui. E i principi con la madre hanno riportato una certa figlia di zar; il maggiore vorrebbe sposarla, ma lei ora lo spedisce in qualche posto per l’anello di fidanzamento, ora vuole che se ne faccia uno come serve a lei; han già fatto un bando, ma nessuno riesce a procurarlo. – Va’, nonna, dì allo zar che tu lo farai; e io ti aiuterò – dice Ivan-principe. Allora la vecchina si vestì, corre dallo zar e dice: – Maestà! L’anello nuziale lo farò io. – Fallo fallo, nonnina! Ci rallegriamo d’aver gente come te – dice lo zar – ma se non lo farai, ne va della testa –. La vecchina si spaventò, torna a casa e vuol costringere Ivan-principe a fare l’anello; ma Ivan dorme, e non si dà pena: l’anello è pronto. Canzona la vecchia, ma lei trema tutta, piange, lo sgrida: – Ecco, – dice, – tu te ne stai da parte e mandi a morte me, povera vecchia! – Pianse e pianse la vecchina, poi s’addormentò. Al mattino presto Ivan-principe si alzò, sveglia la vecchia: – Alzati nonnina, e va’ a portare l’anello; ma bada di non farti pagare più d’uno scudo. Se ti chiedono chi ha fatto l’anello dì: io stessa; di me non parlare! – Tutta contenta la 291


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vecchina portò l’anello; esso piacque alla fidanzata: – Così ci voleva! – dice. Le portò un piatto colmo di monete d’oro; lei prese soltanto uno scudo. Dice lo zar: – Perché prendi così poco, nonna? – Perché per me è abbastanza, maestà! Se più tardi avrò bisogno, me ne darai –. Detto questo la vecchia uscì. Passò qualche tempo, e corse voce che la fidanzata aveva chiesto al promesso di cercarle l’abito da sposa, oppure che ordinasse di cucirne uno come occorre a lei. Anche stavolta la vecchina ebbe successo (con l’aiuto d’Ivan), nel portare il vestito da sposa. Infine portò le scarpe-non-cucite, e per ogni cosa prese soltanto uno scudo, dicendo che aveva fatto tutto lei stessa. La gente aveva inteso dire che le nozze si sarebbero celebrate un certo giorno, e aspettavano che arrivasse. Allora Ivan-principe ordinò alla vecchina: – Nonna, bada bene d’avvisarmi quando porteranno la fidanzata all’altare –. La vecchia non lasciò passare inosservato quel momento. Subito Ivan-principe rivestì l’abito di zar e uscì: – Ecco chi sono, nonnina! – La vecchia cadde ai suoi piedi: – Piccolo padre7, perdonami se qualche volta t’ho sgridato! – È Dio che perdona –. Arriva alla chiesa. Suo fratello ancora non c’era; al fianco della fidanzata ci si mise lui; li sposarono e li portarono alla reggia. Lungo il ritorno capita loro incontro il fidanzato, il fratello maggiore; vede che in carrozza, accanto alla sposa, stava seduto Ivan-principe, e se ne tornò indietro pieno di vergogna. Il padre si rallegrò tutto per Ivan; venuto a conoscenza della malignità dei fratelli, non appena finito il banchetto nuziale spedì in esilio i figli maggiori, e nominò successore Ivan-principe. Da A. Afanas’ev, Antiche fiabe russe, Einaudi, Torino

7. Piccolo padre: è l’appellativo con cui ci si rivolge allo zar.

nalisi del testo Gli elementi fondamentali del genere della fiaba Questa fiaba costituisce un ottimo esempio per illustrare le caratteristiche del genere: Propp, infatti, ha studiato e lavorato su racconti come questo per riuscire a teorizzare gli elementi fondamentali della fiaba. Vediamoli, dunque, in dettaglio. ■

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Il testo è ricco di elementi fantastici, che riguardano molti aspetti della vicenda: personaggi (come la strana e tremenda creatura che rapisce la regina), animali (che

sono in grado di comunicare con gli esseri umani), oggetti (come l’anellino di fidanzamento) e persino numeri (il tre – i fratelli sono tre, l’eroe compie determinati gesti per tre volte, tre sono gli oggetti richiesti dalla figlia dello zar… – e il dodici – lucchetti, catene e giovanottoni –, che hanno, nella fiaba, un valore magico)… ha un intento rassicurante: Ivan-principe deve superare prove terribili, anche quando crede che ormai il peggio sia passato, ma alla fine tutto ciò gli procurerà

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una giusta ricompensa, le nozze con la ragazza che egli ama il tempo è quello tipico della fiaba: la formula c’era una volta colloca gli avvenimenti in un passato remoto e indefinito, che allontana l’accaduto dal mondo del reale anche lo spazio è tipico della fiaba: la vicenda si svolge, infatti, in un certo reame, in un certo stato; le informazioni sugli spostamenti sono altrettanto generiche (vai e vai) i personaggi incarnano perfettamente i ruoli definiti da Propp: l’ eroe, Ivan-principe, è un giovane nobile, forte e buono, che non teme il pericolo e ama profondamente la sua famiglia; si comprende che sarà anche un buon sovrano, perché, quando la vecchina gli chiede scusa per averlo sgridato, le risponde “È Dio che perdona”, dimostrando, allo stesso tempo, umiltà e grandezza d’animo. L’antagonista, al contrario, è una creatura spregevole; Scheletro Senza Morte è caratterizzato da un aspetto e da modi spaventosi (come lo strano verso – Fu, fu ! – che emette prima di parlare), ma è anche molto sciocco, perché rivela il segreto della sua morte proprio a una persona che gli è nemica. Gli aiutanti, infine, sono numerosissimi (due vecchine, diversi animali, dodici giovanottoni), per un gusto dell’accumulazione che sorprende e meraviglia il lettore le azioni che determinano lo sviluppo della narrazione sono riconducibili a molte delle funzioni teorizzate da Propp: nella fiaba troviamo, infatti, il danneggiamento (il rapimento della madre del principe), che altera la situazione iniziale, l’allontanamento (prima dei fratel-

li e poi di Ivan-principe), la mancanza (di un cavallo che possa portare Ivan-principe a cercare la madre), l’incontro con il donatore (la vecchina) e la prima funzione del donatore (con cui l’eroe è messo alla prova dal donatore), la reazione dell’eroe (con cui l’eroe supera la prova, rispondendo alle domande e facendo quello che gli viene richiesto), il conseguimento del mezzo magico (il potente cavallo), il trasferimento dell’eroe (nei luoghi in cui si trovano gli oggetti della sua ricerca: prima la madre, poi la lepre, poi gli oggetti della fidanzata…), il compito difficile (gettare la pietra, sollevare la spada, lanciare la pallottolina), la marchiatura dell’eroe (il sangue di cui egli si priva), l’investigazione dell’antagonista (che interroga la madre di Ivan-principe per scoprire se il figlio è con lei), la lotta e la vittoria (grazie agli aiutanti) dell’eroe sull’antagonista, la rimozione del danno (la madre e la ragazza sono liberate), la persecuzione dell’eroe (ad opera degli ingrati fratelli), l’arrivo in incognito in patria dell’eroe, l’identificazione dell’eroe (che si riveste dei suoi abiti) e lo smascheramento del falso eroe (il fratello maggiore), la punizione del falso eroe e le nozze dell’eroe anche lo stile è quello tipico della fiaba: il lessico è semplice e la sintassi prevalentemente paratattica. Molto significativa è, per quanto riguarda i verbi, la continua alternanza di passato e presente (per esempio, la vecchia lo sopravanzò correndo per alcuni vicoletti, e di nuovo gli si fa incontro…), per ricreare l’immediatezza espressiva caratteristica della narrazione orale.

sercizi sul testo

Comprensione 1 Chi è Scheletro Senza Morte? 2 Che cosa hanno in comune la figlia dello zar e la madre di Ivan?

3 Chi e perché tradisce Ivan?

4 Ivan è aiutato da:  uomini, donne e animali  donne, animali e creature soprannaturali  donne, uomini e creature soprannaturali.

5 In che modo Ivan è ricompensato per le sofferenze che ha patito?

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odulo 3

Le forme della narrazione

Analisi

9 Nella fiaba è presente un oggetto magico: .................... ................................................................

1 Questa fiaba è  classica  popolare.

di

2 Chi racconta questa fiaba? 3 Tutto pensoso si sedette sulla sponda; quasi leggesse nell’animo suo, madre-luccio venne e si stese attraverso il mare: questo passo dimostra che il narratore usa la focalizzazione perché

....................................................

,

.....................................................................................................

........................................................................................................................

4 In questa fiaba:  il ruolo dell’eroe è svolto da ................................................. .................................................................................................................

 il ruolo dell’antagonista è svolto da ............................... .................................................................................................................

 il ruolo di aiutante è svolto da .......................................... .................................................................................................................

 il ruolo del donatore è svolto da ..................................... .................................................................................................................

 il ruolo del mandante è svolto da ................................... .................................................................................................................

 il ruolo del falso eroe è svolto da .................................... .................................................................................................................

Spiega perché, in alcuni casi, è possibile fornire più di una risposta.

5 Traccia un sintetico ritratto dell’eroe sulla base delle informazioni contenute nel testo.

6 Traccia un sintetico ritratto dell’antagonista sulla base delle informazioni contenute nel testo.

7 Confronta ora le due figure: in che cosa si rivelano opposte?

8 Trascrivi di fianco al testo della fiaba, nella giusta posizione, le funzioni elencate nell’Analisi del testo.

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Esso, infatti, ha il potere

..................................................................................................................

e serve a Ivan per .............................................................................

10 Qual è la dimensione temporale del racconto? 11 E quella spaziale? Sottolinea le principali espressioni che la rendono tale.

12 Quale tecnica è usata in prevalenza per esprimere le parole e i pensieri dei personaggi? Perché?

13 Giunse il tempo che… Venne il tempo che… sono formule tipiche della fiaba, che segnalano, in questo caso, il passare del tempo. Esse, come tutte le formule, hanno lo scopo di (segna con una crocetta le risposte esatte):  aiutare il narratore a memorizzare il testo della fiaba  aiutare l’ascoltatore a non perdere il filo del racconto  dare indefinitezza al linguaggio della fiaba  rendere il linguaggio comprensibile a tutti  segnalare il passaggio a una fase successiva del racconto.

14 In questa fiaba sono utilizzate alcune iperboli: spiega in che cosa consiste questa figura retorica e indica in quali punti essa è stata usata e perché.

15 Sono però presenti anche molti diminutivi: rintracciali e spiega perché essi sono tipici del linguaggio della fiaba.

Riflessione e produzione 1 Perché il testo che hai letto può dimostrare la validità dell’ipotesi di Propp sull’origine di questo genere?

2 Perché Afanas’ev ha raccolto (come hanno fatto, più o meno negli stessi anni, i fratelli Grimm) molte fiabe popolari?

3 Quali sono i principali intenti di una fiaba? E quali di questi sono presenti nel testo che hai letto?

4 Conosci altre fiabe in cui sono presenti tre fratelli o tre sorelle, di cui due cattivi e il terzo (o la terza) buono/a? Quali? Perché, a parer tuo, la fiaba privilegia questo tipo di nucleo familiare?


Unità 2 La fiaba e la favola

i

STEFANO BENNI

LA

CHITARRA MAGICA

Autore Stefano Benni, nato a Bologna nel 1947, esercita da tempo l’attività di giornalista; nel 1976 il suo primo lavoro letterario, Bar sport, una raccolta di racconti, l’ha subito fatto amare dal grande pubblico per la sua scrittura ironica e accattivante. Da questo momento in poi continuano i successi: altre raccolte di racconti, come Il bar sotto il mare, del 1987, L’ultima lacrima, del 1994, Bar sport duemila, del 1997, La grammatica di Dio, del 2007 e i romanzi Terra!, del 1983, Comici spaventati guerrieri, del 1986, La compagnia dei Celestini, del 1992, Achille piè veloce, del 2003, Margherita Dolcevita, del 2005, La traccia dell’angelo, del 2011. Sia nei romanzi che nei racconti Benni affronta problematiche e aspetti della società contemporanea con uno stile comico, che gli consente di trasfigurare il reale grazie a una fantasia inesauribile e a un lessico decisamente originale. Benni si è occupato anche di teatro (con le raccolte di brani Teatro, del 1999, e Teatro 2, del 2003), di poesia (particolarmente interessante la raccolta Ballate, del 1991, che recupera le forme metriche della tradizione per affrontare temi assolutamente inediti), di narrativa per l’infanzia (I meravigliosi animali di Stranalandia, del 1984), di cinema e di musica. Opera

Il bar sotto il mare (1987) è una raccolta di ventiquattro racconti narrati da bizzarri personaggi (una sirena, un uomo invisibile…) che vivono sotto il mare e che si ritrovano in uno strano locale sottomarino: essi ingannano il tempo raccontandosi storie che spaziano dal poliziesco al rosa, dall’avventura all’horror, per arrivare anche alla fiaba.

Brano

Questa fiaba è “moderna”, perché ambientata ai giorni nostri: essa racconta la realizzazione del sogno di un giovane buono, ma senza il classico “lieto fine”.

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era un giovane musicista di nome Peter che suonava la chitarra agli angoli delle strade. Racimolava così i soldi per proseguire gli studi al Conservatorio: voleva diventare una grande rock star. Ma i soldi non bastavano, perché faceva molto freddo e in strada c’erano pochi passanti. Un giorno, mentre Peter stava suonando «Crossroads»1, gli si avvicinò un vecchio con un mandolino. – Potresti cedermi il tuo posto? È sopra un tombino e ci fa più caldo. – Certo – disse Peter che era di animo buono. – Potresti per favore prestarmi la tua sciarpa? Ho tanto freddo.– – Certo – disse Peter che era di animo buono. – Potresti darmi un po’ di soldi? Oggi non c’è gente, ho raggranellato pochi spiccioli e ho fame.– – Certo – disse Peter che eccetera. Aveva solo dieci monete nel cappello e le diede tutte al vecchio. Allora avvenne un miracolo: il vecchio si trasformò in un omone truccato con rimmel e rossetto, una lunga criniera arancione, una palandrana2 di lamé e zeppe alte dieci centimetri.

1. «Crossroads»: una canzone del celebre chitarrista Robert Johnson.

? STRUTTURA del TESTO NARRATIVO

? PERSONAGGI

2. Palandrana: veste ampia e lunga fino ai piedi.

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odulo 3

Le forme della narrazione

L’omone disse : – Io sono Lucifumàndro, il mago degli effetti speciali. Dato che sei stato buono con me ti regalerò una chitarra fatata. Suona da sola qualsiasi pezzo, basta che tu glielo ordini. Ma ricordati: essa può essere usata solo dai puri di cuore. Guai al malvagio che suonerà! Succederebbero cose orribili!– Ciò detto si udì nell’aria un tremendo accordo di mi settima e il mago sparì. A terra restò una chitarra elettrica a forma di freccia, con la cassa di madreperla e le corde d’oro zecchino. Peter la imbracciò e disse: – Suonami «Ehi Joe» . – La chitarra si mise a eseguire il pezzo come neanche Jimy Hendrix3, e Peter non dovette far altro che fingere di suonarla. Si fermò moltissima gente e cominciarono a piovere soldini nel cappello di Peter. Quando Peter smise di suonare, gli si avvicinò un uomo con un cappotto di caimano. Disse che era un manager discografico e avrebbe fatto di Peter una rockstar. Infatti tre mesi dopo Peter era primo in tutte le classifiche americane italiane francesi e malgasce4. La sua chitarra a freccia era diventata un simbolo per milioni di giovani e la sua tecnica era invidiata da tutti i chitarristi. Una notte, dopo uno spettacolo trionfale, Peter, credendo di essere solo sul palco, disse alla chitarra di suonargli qualcosa per rilassarsi. La chitarra gli suonò una ninnananna. Ma nascosto tra le quinte del teatro c’era il malvagio Black Martin, un chitarrista invidioso del suo successo. Egli scoprì così che la chitarra era magica. Scivolò alle spalle di Peter e gli infilò giù per il collo uno spinotto a tremila volt, uccidendolo. Poi rubò la chitarra e la dipinse di rosso. La sera dopo, gli artisti erano riuniti in concerto per ricordare Peter prematuramente scomparso. Suonarono Prince, Ponce e Parmentier, Sting, Stingsteen e Stronhaim5. Poi salì sul palco il malvagio Black Martin. Sottovoce ordinò alla chitarra: – Suonami «Satisfaction». – Sapete cosa accadde? La chitarra suonò meglio di tutti i Rolling Stones insieme. Così il malvagio Black Martin diventò una rock star e in breve nessuno ricordò più il buon Peter. Era una chitarra magica con un difetto di fabbricazione. Da S. Benni, Il bar sotto il mare,, Feltrinelli, Milano

3. Jimy Hendrix: famosissimo chitarrista e cantante rock americano, morto nel 1970; è l’ autore di Hey Joe.

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4. Malgasce: del Madagascar. 5. Prince… Stronhaim: Prince e Sting sono veri divi musicali; gli

altri nomi, frutto di storpiature di quelli dei due veri artisti, sono stati inseriti per creare un effetto comico.

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nalisi del testo Una fiaba moderna Benni, con il gusto del divertimento che lo caratterizza, ha voluto “modernizzare” il genere della fiaba, con risultati decisamente originali e apprezzabili.

Gli elementi della tradizione La fiaba mantiene alcuni elementi tradizionali del genere: ■ la situazione iniziale: come accade in molte fiabe, c’è un ragazzo buono e generoso, Peter, che si trova in difficoltà e che desidera migliorare la sua condizione ■ accorre in aiuto del giovane buono un aiutante, il vecchio con il mandolino (la palandrana rivela che egli è, in realtà, un mago) ■ il giovane è sottoposto a tre prove, che hanno lo scopo di verificare la sua bontà

il ragazzo, dopo aver superato le prove, ottiene un dono magico, che gli permette di realizzare il suo sogno di diventare una rockstar il protagonista si è dunque rivelato l’eroe buono delle fiabe (il narratore ribadisce la sua bontà, non a caso, per tre volte), perché di animo gentile, altruista, generoso, desideroso di studiare e di darsi da fare per costruire il suo futuro.

Le novità Nel testo ci sono, però, anche due interessanti novità: il dono magico è difettoso: la chitarra, infatti, al contrario di quanto dice il mago (Guai al malvagio che suonerà!), funziona perfettamente anche tra le mani di un omicida ■ il malvagio risulta vincitore: egli non solo s’impossessa dello strumento magico, ma elimina fisicamente il rivale e lo sostituisce nel cuore della gente. ■

Insomma, nel mondo moderno, sembra dire Benni, c’è ancora spazio per le fiabe, ma occorre avere la consapevolezza che esse non sono più in grado di garantire il “lieto fine”, perché la cattiveria umana ha acquistato sempre più forza e il Male riesce spesso ad avere la meglio sul Bene.

sercizi sul testo

Comprensione 1 In quale stagione avvengono i fatti narrati? Da che cosa lo deduci?

2 Chi è Peter? 3 Come si guadagna da vivere? 4 Chi consente a Peter di realizzare il suo sogno?

5 Per mezzo di che cosa? 6 Chi distrugge il sogno di Peter?

Analisi 1 Il narratore di questa fiaba è  esterno  interno,  nascosto  palese, e usa la focalizzazione  zero  interna  esterna, come si deduce dal

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odulo 3

Le forme della narrazione

fatto che

..................................................................................................

........................................................................................................................

2 Quale momento della fiaba può avere la funzione di Spannung e perché?

3 Collega con una freccia nomi dei personaggi e ruoli svolti nella fiaba: Protagonista

Lucifumàndro

Aiutante del protagonista

Peter

Aiutante del protagonista

Chitarra

Antagonista

Discografico

Oggetto del desiderio

Black Martin

9 Quali indicatori temporali legano questa fiaba alla contemporaneità?

10 Perché la formula iniziale (C’era) fa subito comprendere al lettore che il testo che sta per cominciare non è una fiaba, ma una fiaba “moderna”?

11 Lo stile di Benni è inconfondibile: uno degli elementi che lo caratterizzano sono i giochi di parole, che vengono o inventate o completamente deformate. Pensa al nome Lucifumàndro: esso è ottenuto unendo al termine greco andro, che significa “uomo”, le ..................................... e il ............................................. , come si addice a un mago degli effetti speciali!

4 La caratterizzazione dell’eroe è ottenuta sia per

12 La chitarra suonò meglio di tutti i Rolling Stones

mezzo d’informazioni fornite dal narratore che per mezzo d’indizi ricavabili dal testo: sottolinea le prime in rosso e gli altri in blu.

insieme. Così il malvagio Black Martin diventò una rock star e in breve nessuno ricordò più il buon Peter. Era una chitarra magica con un difetto di fabbricazione.

5 Le prove a cui è sottoposto Peter sono molto più semplici di quelle tipiche della fiaba. Questo è dovuto al fatto che:  il mago è già certo della bontà di Peter  ai giorni nostri questi gesti sono rari (e dunque propri di un animo buono)

È un esempio di sintassi ........................................................ Riscrivi il passo con lo stile opposto e poi spiega le differenze che si creano preferendo l’uno o l’altro stile di narrazione.

 il narratore preferisce soffermarsi su altri aspetti della narrazione.

6 La caratterizzazione dell’antagonista è ottenuta per mezzo di un aggettivo e del nome dato al personaggio: quali sono? E perché ottengono questo effetto?

7 La presentazione di Lucifumàndro riguarda solo il suo aspetto esteriore: egli, infatti, è descritto

...............

.......................................................................................................................

(se ti piace disegnare puoi sostituire la risposta con un disegno, realizzato sulla base delle indicazioni fornite dal testo). Per quale motivo l’autore ha scelto proprio questo tipo di caratterizzazione? Quali figure tipiche della fiaba vuole prendere in giro?

8 La stessa cosa può essere detta anche per il discografico, di cui si mette in evidenza ......................................... ,

in particolare il

.....................................

........................................

Perché, anche in questo caso, l’attenzione si appunta sull’aspetto esteriore? ..............................

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Riflessione e produzione 1 Trascrivi sul tuo quaderno tutti i momenti del testo in cui l’autore ha ricercato degli effetti comici e illustra le modalità con cui essi sono stati realizzati (per esempio giochi di parole, accostamenti bizzarri, ammiccamenti al lettore…).

2 Prova a inventare un nuovo finale della fiaba, che ripristini il vecchio “lieto fine”. Inseriscilo nel testo dopo la domanda Sapete cosa accadde?; ricordati di fare in modo che esso sia perfettamente in sintonia con quanto precede, sia per quanto riguarda i personaggi che gli avvenimenti accaduti.

3 Il protagonista di questa fiaba si propone come obiettivo il successo nel mondo della musica (e dello spettacolo in generale), un obiettivo comune a molti giovani d’oggi. Hai anche tu questo sogno? Oppure, qual è il tuo sogno? Illustralo in un breve testo, spiegando perché nutri questo desiderio.


Unità 2 La fiaba e la favola

Verifica su

“La fiaba”

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LO

STIVALE INGIOIELLATO

ANONIMO

Curatore

Italo Calvino nacque nel 1923 a Cuba, dove il padre lavorava come agronomo, ma trascorse l’infanzia e l’adolescenza a Sanremo. Partecipò alla Resistenza in Liguria, militando nelle Brigate Garibaldi, esperienza che ispirò la sua prima opera narrativa, il romanzo Il sentiero dei nidi di ragno (1947). Dopo la fine della guerra si laureò in Lettere e si trasferì a Torino, dove cominciò a collaborare con la Casa editrice Einaudi; continuò, intanto, anche la sua attività di scrittore, con la trilogia I nostri antenati (composta dai romanzi Il visconte dimezzato, 1952, Il barone rampante, 1957 e Il cavaliere inesistente, 1959), che colloca i problemi dell’uomo moderno su uno sfondo fiabesco e in un tempo remoto. Seguirono le raccolte Fiabe italiane (1956) e Marcovaldo (1963), una serie di racconti che hanno per protagonista un umile operaio e che descrivono la vita alienante delle città moderne; dopo il trasferimento a Parigi (1964) uscirono Le cosmicomiche (1965) e Ti con zero (1967), in cui l’autore mescola fiaba e scienza, Il castello dei destini incrociati (1973), in cui sperimenta nuovi meccanismi narrativi, Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), che propone dieci inizi di altrettanti romanzi che non vengono però portati a termine. Nel 1980, rientrato in Italia, si stabilì a Roma; nel 1983 pubblicò la sua ultima opera, il romanzo Palomar, un esperimento narrativo in cui il racconto è quasi del tutto assente. Dopo la morte, avvenuta improvvisamente a Siena, nel 1985, a causa di un’emorragia cerebrale, sono state pubblicate le Lezioni americane, sei conferenze che Calvino avrebbe dovuto tenere, di lì a pochi mesi, nell’università americana di Harvard.

Fratelli Grimm La serpe bianca Anonimo La vecchia nel bosco G. Basile La pietra del gallo Anonimo Le tre raccoglitrici di cicoria

Opera

La raccolta Fiabe italiane fu pubblicata nel 1956, dopo un anno d’intenso lavoro: Calvino, infatti, recuperò circa duecento fiabe della tradizione popolare italiana degli ultimi cento anni da antichi manoscritti conservati nelle biblioteche, vecchi libri o riviste; poi le ordinò, mise a confronto le diverse versioni delle stesse fiabe, colmò le lacune o integrò le trame più deboli (sempre nel rispetto della struttura e dei contenuti originari) e infine trascrisse le fiabe dai diversi dialetti in cui erano state stese, cercando di non alterarne la genuinità e le coloriture dialettali e orali.

Brano

Questa fiaba, di origine siciliana, presenta un tema (la donna calunniata che deve dimostrare la propria innocenza) molto diffuso nelle fiabe di ogni luogo e di ogni tempo.

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l figlio d’un mercante restò orfano in giovane età con la sorella cui voleva bene come alla pupilla dei suoi occhi. Aveva fatto gli studi e si mise1 alla Corte del Re di Portogallo; aveva una così bella scrittura che il Re lo pigliò per Segretario. Successe che certe lettere scritte da lui capitarono sott’occhio al Re di Spagna, che disse: «Oh, che bella scrittura! Questo qui andrebbe bene per mio Segretario» e scrisse al Re di Portogallo in questi termini:

1. Si mise: trovò un impiego.

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Le forme della narrazione

Ho letto la vostra lettera e sono tutto ammirato della bella scrittura del vostro Segretario; vi prego, per l’amicizia che ci lega, di cedermelo come Segretario perché in Spagna non c’è nessuno che scriva così bene. Questi Re tra loro badavano a non farsi scortesie. Così il Re di Portogallo, per quanto gli spiacesse di privarsene, disse al Segretario di partire. «Maestà» chiese il giovane «come posso fare per mia sorella che non so a chi lasciare?» E il Re: «Don Giuseppe, non so che fare, voi dovete partire. Vostra sorella è una buona giovane e sta ritirata2; basterà che la raccomandiate alla cameriera, e potrete dormire con la guancia sulla mano3.» Al giovane non restò che parlare alla sorella: «Sorellina mia, le cose stanno così e così. Devo partire, il Re di Spagna mi vuole per Segretario. Tu resterai con la cameriera. Quando sarò sistemato ti manderò a prendere e verrai anche tu in Spagna». La sorella scoppiò in pianto. E lui: «Per non sentirci così lontani facciamoci fare il ritratto. Io mi prendo il tuo, e tu il mio» e così fecero. Il Re di Spagna fece grandi feste a Don Giuseppe e lo mise subito a scrivere e stava a guardare ammirato la sua bella scrittura. E tanto s’era affezionato a questo nuovo Segretario che su ogni questione del Regno gli diceva: «Don Giuseppe, fate voi... Non ci siete voi? Io mi fido: quel che fate voi è ben fatto!» Ne venne una gran gelosia tra tutti i primari4 della Corte, il Bracciere5, il Segretario di prima, il Cavaliere; e cercarono qualche motivo per calunniarlo. Così il Bracciere venne a dire al Re: «E bravo Maestà! L’avete trovato il buono! Questo è il Don Giuseppe di cui vostra Maestà canta e ricanta le virtù! Chissà con chi se la intende, mentre voi non vedete che per i suoi occhi!» «Perché? Che c’è?» «Che c’è? Tutti i giorni nella sua stanza tira fuori un ritratto, lo guarda, lo bacia e piange. E poi lo nasconde!» Il Re entrò di sorpresa mentre Don Giuseppe baciava il ritratto. «Allora si può sapere chi baciate, Don Giuseppe?» «Mia sorella, Maestà.» Il Re guardò il ritratto e vide una giovane così bella che non poté restare indifferente. E il fratello cominciò a raccontarne tutte le virtù. Ma c’era lì anche il Bracciere che a Don Giuseppe gli andava sempre come un dito in un occhio. Buttò uno sguardo sul ritratto dietro le spalle del Re e disse: «Chi, questa? Ma io questa la conosco e ci ho avuto a che fare». «Con mia sorella?» esclamò il giovane. «Ma se non è mai uscita di casa? Se la sua faccia non l’ha mai vista neanche un grillo?» «Sì, con vostra sorella!»

2. Sta ritirata: vive chiusa in casa. 3. Dormire… mano: tranquillo.

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4. Primari: dignitari (le persone che avevano le cariche più alte).

5. Bracciere: colui che porgeva il braccio alle dame.

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«Siete un mentitore.» Così, dopo molti: «Sì, è vero!» e «No, siete un mentitore!» e «Sì, è vero!» parlò il Re: «La questione sia risolta: se è vero che tu» disse al Bracciere, «hai avuto a che fare con la sorella di Don Giuseppe, hai tempo un mese per portarne una prova. Se la porti, Don Giuseppe sarà decapitato; se non la porti, sarai decapitato tu.» Ordine di Re, non c’era da discuterlo. Il Bracciere partì. Giunto a Palermo, cominciò a sentire cosa si diceva in giro di questa giovane, e tutti dicevano che era una bellezza rara, ma nessuno l’aveva mai vista perché stava sempre chiusa in casa. Passavano i giorni e ogni giorno il Bracciere si sentiva la testa sempre meno attaccata al collo. Così girava una sera strappandosi i capelli e dicendo: «Come posso fare?», quando gli venne vicino una vecchia: «Mi faccia la carità, signor Cavaliere, sono morta di fame!» «Vattene, vecchia del diavolo!» «Mi faccia la carità e vedrà che l’aiuto.» «E chi mi può aiutare?» «Sissignore, mi dica quel che le manca e io l’aiuto.» E il Bracciere le raccontò tutto. «Uh, è tutto qui? Lasci fare a me e faccia conto d’averla già in tasca, quella prova.» La notte piovve a diluvio; lampi, tuoni, saette. La vecchia, ba-ba-ba!, si mise contro il portone a tremare di freddo, e piangeva da sfaldare il cuore. A sentire questo lamento la padrona, che era la sorella di Don Giuseppe, disse: «Meschina! Fatela entrare!» Aprirono il portone e la vecchia si rannicchiò dentro. «Ba-ba-ba! Muoio di freddo!» E la signora la fece subito mettere vicino al camino, le fece preparare tavola. La vecchia svelta com’era, di stanza in stanza, vide dov’era quella dove la padrona dormiva. Quando la padrona andò a letto e stanca di quella nottata di maltempo s’addormentò, la vecchia entrò pian piano nella stanza, sollevò le coperte, guardò la giovane dalla testa ai piedi. Sopra la spalla destra essa aveva tre peluzzi come tre fili d’oro; la vecchia con una forbicina li tagliò; li legò in una cocca6 di fazzoletto, ricoprì la giovane e adagio adagio tornò al posto che le avevano assegnato. Si rannicchiò di nuovo e ricominciò a lamentarsi, a battere i denti: «Ba-ba-ba! Ahi, mi manca il respiro, qui non ci posso stare, apritemi» La padrona si risvegliò e diede ordine alla cameriera: «Fa’ uscire questa vecchia, se no non dorme lei e non lascia dormire noi». Fuori del Palazzo c’era il Bracciere che camminava in lungo e in largo. La vecchia gli diede i tre peluzzi e si prese una gran mancia. Il Bracciere l’indomani s’imbarcò per la Spagna. «Maestà» disse, presentandosi al Re, «questo è il segno della sorella di Don Giuseppe! Tre peluzzi d’oro della spalla destra!» 6. Cocca: angolo.

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Le forme della narrazione

«Me sventurato!» disse Don Giuseppe e si coperse il viso con le mani. «Ora ti darò tempo un mese: o ti difendi o sarà eseguita la sentenza. Guardie!» Vennero le guardie, presero in mezzo il Segretario e lo portarono in carcere; e gli danno una fetta di pane e un bicchiere d’acqua al giorno. Il carceriere però, vista la bontà d’animo del prigioniero, cominciò di nascosto a passargli il vitto dei carcerieri. Ma a Don Giuseppe la cosa che faceva più soffrire era che non aveva potuto scrivere neanche una riga a sua sorella. E finì per buttare le braccia al collo del carceriere e dirgli: «Ma le fareste una carità? Me le fareste scrivere due parole a mia sorella e le buttereste7 voi alla posta?» Il carceriere, uomo di cuore, disse: «Faccia» e Don Giuseppe scrisse a sua sorella raccontandole tutto quel che era successo, e come qualmente8 per causa sua stava per essere decapitato. Il carceriere prese la lettera e la impostò. La sorella, che non ricevendo più nulla dal fratello non sapeva più cosa pensare, lesse la lettera con ansia. «Ah fratellino mio!» gridò. «E come cadde questo gran fuoco9 nella mia casa?» e si mise a pensare come poteva aiutarlo. Fece vendere tutti i loro fondi10 e i loro beni e coi danari ricavati comprò quanti più bei gioielli poteva. Andò da un bravo orefice e gli disse: «Fatemi un bello stivale incastonato con tutti i miei gioielli». Poi si fece fare un vestito da lutto, tutto nero; s’imbarcò e andò in Spagna. Giunta in Spagna, sentì le trombe e cosa vide? i soldati che portavano un uomo bendato al patibolo. Vestita di quel grande abito nero, con un piede con la sola calza, e l’altro con infilato quello stivale che era una meraviglia, si mise a correre, si gettò in mezzo alla folla e gridava: «Grazia, Maestà! Grazia, Maestà!» Vedendo questa bella signora nerovestita, con un piede così ben calzato e l’altro scalzo, tutti le facevano largo. La udì il Re. «Fermatevi!» disse ai soldati. «Che c’è?» «Grazia, Maestà, e Giustizia! Grazia, Maestà, e Giustizia!» Il Re a vedere questa bella apparizione disse: «Grazia ti sia concessa. Parla!» «Maestà, il vostro Bracciere, dopo aver goduto della mia persona, mi ha rubato lo stivale compare di questo» e mostrò lo stivale incastonato di diamanti e pietre preziose. Il Re fu sbalordito. Si rivolse al Bracciere: «E tu hai potuto far questo! Dopo esserti preso piacere di questa bella giovane, le hai rubato lo stivale! E hai il coraggio di presentarmiti davanti!» Il Bracciere cascò nella trappola; disse: «Ma, Maestà, io questa signora non l’ho mai vista!» «Come non m’avete mai vista!» disse la giovane. «Badate bene a quel che dite!» «Vi giuro che non vi ho mai vista!» «E allora perché avete detto che avete avuto da fare con me?» «E quando l’ho mai detto?» «Quando avete detto d’aver conosciuto la sorella di Don Giuseppe, per man7. Buttereste: portereste.

302

8. Come qualmente: come e in che modo.

9. Gran fuoco: disgrazia. 10. Fondi: terreni.

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Unità 2 La fiaba e la favola

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darlo a morte!» e così si presentò al Re. Il Bracciere fu costretto a confessare il suo inganno. Il Re vedendo l’innocenza della sorella, fece sciogliere Don Giuseppe e lo volle al suo fianco, e al patibolo fece salire il Bracciere bendato. Fratello e sorella s’abbracciarono piangendo. «Decapitatelo!» disse il Re e il Bracciere fu decapitato seduta stante. Il Re tornò a Palazzo con fratello e sorella e, vedendola così bella e virtuosa, la volle in moglie. Loro restarono felici e contenti E noi siam qua che ci nettiamo i denti. Da I. Calvino, Fiabe italiane, Mondadori, Milano

sercizi sul testo

Comprensione 1 Perché Don Giuseppe è costretto a trasferirsi in Spagna? 2 Per quale motivo egli si fa molti nemici? 3 Chi aiuta il Bracciere a portare avanti la sua menzogna? 4 Chi aiuta Don Giuseppe a comunicare con la sorella? In che modo Don Giuseppe ne ottiene l’aiuto? 5 Che fine fa la sorella di Don Giuseppe?

Analisi 1 Questa fiaba è  popolare  classica. 2 Chi la racconta? E con quale focalizzazione (conferma le due risposte con un passo tratto dal testo)? 3 Che cosa causa la rottura dell’equilibrio iniziale? 4 Indica, di fianco a ciascuna funzione, la sequenza narrativa che la rappresenta1:  allontanamento:

.......................................................................................................................................................................................................................

 divieto:

.............................................................................................................................................................................................................................................

 tranello:

...........................................................................................................................................................................................................................................

 connivenza (la vittima cade nel tranello):  danneggiamento:

...............................................................................................................................................................

....................................................................................................................................................................................................................

1 Le funzioni, che possono essere doppie, sono elencate nell’ordine in cui compaiono nella fiaba: ti basterà seguire attentamente la fabula per identificarle senza fatica.

303


odulo 3

Le forme della narrazione

 tranello:

...........................................................................................................................................................................................................................................

 connivenza:

..................................................................................................................................................................................................................................

 danneggiamento:

....................................................................................................................................................................................................................

 trasferimento nello spazio (l’eroe arriva dove si trova l’oggetto della ricerca):  lotta:

...........................................................................

...................................................................................................................................................................................................................................................

 vittoria:

.............................................................................................................................................................................................................................................

 rimozione (del danno): ........................................................................................................................................................................................................  punizione: ......................................................................................................................................................................................................................................  nozze:

................................................................................................................................................................................................................................................

5 La fiaba, divisibile in due parti, ha due diversi eroi: definisci l’estensione delle due parti e indica l’eroe di ciascuna. 6 Quali caratteristiche positive accomunano i due eroi? Qual è la qualità più significativa di entrambi? 7 Chi è l’antagonista? Quali caratteristiche ha? 8 Nel testo è presente un mandante? In caso di risposta affermativa, di chi si tratta? 9 Quali personaggi hanno, invece, la funzione di aiutanti? 10 Elenca tutti gli elementi fantastici presenti nel testo. 11 Qual è la dimensione temporale del racconto? Essa risulta tipicamente fiabesca? Perché? 12 I riferimenti spaziali (espressi con l’uso di nomi reali) sono precisi o generici? Essi sono in linea con le caratteristiche della fiaba?

13 Nella fiaba abbondano i discorsi  indiretti  diretti liberi  indiretti liberi  diretti. Indica un esempio per ogni tipologia identificata.

14 Che cos’è e che scopo ha la chiusa della fiaba? 15 Scrivi il nome delle figure retoriche usate in queste espressioni: ■

cui voleva bene come alla pupilla dei suoi occhi:

dormire con la guancia sulla mano:

gli andava sempre come un dito in un occhio:

come cadde questo gran fuoco nella mia casa?:

...............................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................

Riflessione e produzione 1 Questa fiaba ha un intento rassicurante? Per quale motivo? 2 La fiaba lascia intendere la condizione della donna nella Sicilia dei tempi passati: perché la sorella di Don Giuseppe è considerata una brava ragazza? Ti pare che questo tipo di valutazione sia ancora attuale per la realtà meridionale o per altre realtà femminili di cui sei a conoscenza? Esprimi le tue opinioni in un breve testo.

304


Unità 2 La fiaba e la favola

LO

STIVALE INGIOIELLATO

aboratorio INVALSI

1 Il protagonista, Don Giuseppe, ha una sorella a cui vuole bene come alla pupilla dei suoi occhi. Questo paragone fa anche capire che egli considera la sorella  A. molto bella  B. molto preziosa  C. molto elegante  D. molto speciale

2 Perché le righe 7-10 sono state scritte in corsivo? .................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... .....................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

3 Il Re del Portogallo cede il suo segretario al Re di Spagna per    

A. amicizia B. insoddisfazione del suo operato C. ragioni di opportunità politica D. scambio di favori

4 Nella riga 30 l’aggettivo buono potrebbe essere sostituito con    

A. furbo B. onesto C. leale D. coraggioso

5 Don Giuseppe prova, nei confronti del Bracciere, un sentimento di    

A. odio B. rabbia C. fastidio D. antipatia

6 Don Giuseppe afferma che la faccia di sua sorella non l’ha vista neanche un grillo (riga 45). Con questa espressione egli intende sottolineare  A. che la ragazza non gira da sola in campagna  B. che la ragazza è molto timida  C. che la ragazza non dà confidenza a nessuno  D. che la ragazza conduce una vita ritirata

7 Lo strano verso della vecchina, ba-ba-ba!, è un’onomatopea che riproduce    

A. un singhiozzo B. un tremore C. un balbettio D. un battito di denti

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odulo 3

Le forme della narrazione

8 Nella riga 69 il verbo sfaldare potrebbe essere sostituito con    

A. rompere B. straziare C. spappolare D. torcere

9 Alcune azioni della sorella di Don Giuseppe rivelano il suo carattere: nelle righe 104-110, per esempio, ella dà prova di essere (per ogni affermazione segna se è vera o falsa) FALSO 

A.

molto legata al fratello

B.

incapace di dominare la sua emotività

C.

lucida e razionale

D.

impulsiva

10 La ragazza accusa il Bracciere di averle rubato lo stivale approfittando    

A. della sua ingenuità B. della sua buona fede C. di un momento d’intimità D. della sua assenza

11 Il Re rimane sbalordito dell’accusa rivolta al Bracciere perché egli, così facendo,    

A. ha tradito la sua fiducia B. si è approfittato di una donna C. ha incolpato un innocente D. ha dato prova di essere disonesto

12 La filastrocca finale    

A. fa sorridere i destinatari della fiaba (i bambini) B. dimostra l’origine popolare del testo C. contiene la morale D. sottolinea l’uscita dal mondo della fantasia

13 La fiaba si chiude con il classico “lieto fine”, che ha il compito di    

A. dare una concreta speranza nel futuro B. ristabilire l’equilibrio iniziale C. commuovere il lettore D. far divertire i bambini

14 Se dovessi definire il lessico di questa fiaba, useresti gli aggettivi    

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VERO 

A. semplice e poco curato B. semplice e dialettale C. semplice e immediato D. semplice e falsamente popolareggiante


Unità 2 La fiaba e la favola

Per saperne di più In questa pagina presentiamo altre tipologie di fiabe, che hanno caratteristiche specifiche, che le differenziano dai modelli studiati.

Fiaba africana Le fiabe africane sono state raccolte e tradotte (all’inizio soprattutto in inglese) dai missionari, che, durante la loro opera di evangelizzazione, si dedicarono anche allo studio di questo importante patrimonio culturale. La prima caratteristica originale della fiaba africana è la consistente presenza di animali, in particolare di quelli che abitano nelle foreste (scorpioni, coccodrilli, scimmie, elefanti…). Tra tutti un ruolo importante è affidato al serpente, un animale molto temuto ma anche affascinante, a cui sono spesso attribuiti poteri straordinari. La seconda caratteristica tipica delle fiabe africane è l’importanza della quotidianità: di solito le vicende cominciano per bisogni primari (mangiare, bere, trovare oggetti necessari per la sopravvivenza) e non per il desiderio di viaggiare o di arricchirsi. Per questo motivo esse terminano spesso con un finale meno appariscente di quello delle fiabe occidentali (al posto delle classiche nozze regali troviamo, per esempio, il raggiungimento della serenità familiare o la possibilità di avere del cibo senza difficoltà).

Fiaba cinese Le fiabe cinesi presentano personaggi molto particolari: esse sono infatti piene di mostri, divinità, animali parlanti e, soprattutto, draghi, considerati simbolo del potere. Essi sono strane creature che nascono dall’unione di ben nove animali diversi: la testa è del cammello, le corna del cervo, gli occhi del coniglio, le orecchie della mucca, il corpo della lucertola, il ventre della rana, le scaglie che ricoprono il corpo sono della

carpa, le zampe della tigre e gli artigli dell’aquila. Alcuni hanno delle ali di pipistrello; possono essere di vari colori. A differenza di quanto si potrebbe pensare, i draghi sono, di solito, creature pacifiche: essi, infatti, portano la pioggia ai contadini, custodiscono tesori, aiutano giovani fanciulle in difficoltà…

Fiaba nordica (norvegese, danese, svedese) Le fiabe nordiche sono ambientate in luoghi molto affascinanti: esse si svolgono, infatti, nei freddi paesaggi del Nord, caratterizzati da distese di neve immacolata, laghi dalle acque cristalline, boschi ricchi di vegetazione… In questi scenari si muovono i troll e gli gnomi. I troll sono piccoli esseri che hanno uno strano aspetto: essi sono caratterizzati da un grosso naso, da una coda dal folto pelo, da quattro dita delle mani e dei piedi. Sono di due tipi: grandi (a volte giganteschi) e cattivi oppure piccolissimi e buoni (anche se a volte un po’ birichini). Escono dai loro rifugi solo di notte, perché temono la luce del sole, che li trasforma in pietre. Gli gnomi, invece, sono uomini in miniatura (sono alti circa 15 centimetri!): le donne hanno lunghe trecce bionde, vesti ricamate e un cappello a punta verde, gli uomini, invece, una lunga barba bianca e un cappello a punta rosso. Essi vivono nei boschi, di solito in miniere, grotte, tronchi degli alberi; sono creature benevole, sagge (vivono centinaia di anni), allegre, simpatiche, un po’ diffidenti nei confronti dell’uomo. Il loro compito è proteggere le fate, perché nessuno faccia loro del male.

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Le forme della narrazione

4 La favola Il termine “favola” ha la stessa radice del vocabolo “fiaba”, e cioè il verbo latino fari, che significa “parlare”: anch’esso indica, dunque, una narrazione fatta ad alta voce, ma con un intento completamente diverso da quello della fiaba.

FAVOLA

È un racconto fantastico che ha un intento moraleggiante o educativo La principale caratteristica che differenzia la favola dalla fiaba è proprio la presenza di una morale che riassume e condensa in una battuta l’insegnamento della narrazione appena letta o ascoltata.

5 Breve storia del genere e dei suoi principali esponenti Ecco la consueta sintesi storica dello sviluppo del genere; le indicazioni sui principali esponenti riguardano colui che può essere considerato il vero iniziatore del genere della favola, il greco Esopo, e i suoi più noti e originali imitatori. ESOPO (VI sec. a.C.) Visse in Grecia, dove raccolse e sistemò del materiale narrativo popolaresco (probabilmente di origine orientale) che aveva come protagonisti gli animali: ne nacquero circa cinquecento brevi racconti con intento morale destinati all’uso scolastico

MEDIOEVO Per tutto il Medioevo ci fu un’ampia rielaborazione della favolistica classica, ravvivata e arricchita da apporti orientali

308

FEDRO (fine I sec. a.C.-inizi I secolo d.C.) Visse a Roma, dove, ispirandosi al lavoro di Esopo e traducendone buona parte, compose cinque libri di favole in versi dal chiaro intento moralistico

1600 Nasce in Francia un’importante raccolta di favole in versi scritta da La Fontaine, che costituirà un modello irrinunciabile per tutta la produzione successiva: la favola si arricchisce di situazioni e di personaggi nuovi


Unità 2 La fiaba e la favola

In seguito il genere è quasi abbandonato (si continuano a leggere favole, ma se ne scrivono sempre di meno: tra gli autori più recenti possiamo ricordare l’americana Beatrix Potter, il romano Trilussa, il tedesco Franz Kafka); sono accostabili alla favola alcuni testi del Novecento (Il gabbiano Jonathan Livingstone di Richard Bach, Il piccolo principe di Antoine Saint-Exupéry, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Louis Sepùlveda) che hanno per protagonisti gli animali e cercano di infondere insegnamenti morali.

6 Le caratteristiche della favola Le principali caratteristiche della favola sono: • nasce come un racconto popolare orale, ma ha una diffusione soprattutto scritta le favole nacquero, probabilmente, da antichi racconti orali che avevano come protagonisti gli animali; esse hanno avuto una diffusione soprattutto scritta, perché fissate in questa forma già da Esopo (VI secolo a.C.) • è spesso in versi e ha dimensioni ridotte la favola è spesso in versi4; essa, inoltre, è solitamente breve, a volte addirittura brevissima, perché il messaggio educativo di cui si fa portavoce deve risultare chiaro e immediato • presenta elementi fantastici ma in un contesto quotidiano anche la favola deve essere considerata un racconto fantastico, perché propone una vicenda non aderente alla realtà, dato che gli animali, che ne sono i principali protagonisti, parlano e si comportano come gli uomini; essi, però, si muovono in un contesto quotidiano • ha sempre un esplicito intento moraleggiante o educativo, ma non è destinata ai bambini la favola mira a divertire il lettore (o l’ascoltatore), ma il suo intento principale è indubbiamente moraleggiante o educativo. Tale intento è messo in risalto con l’esplicita enunciazione della morale della favola, cioè di una massima, di un proverbio, di un consiglio oppure di una riflessione introdotta da formule fisse (la favola dimostra che… questo racconto vale per chi…) che ha lo scopo di chiarire il vero significato e l’insegnamento del racconto. A volte l’importanza di questa parte della narrazione è evidenziata anche grafica-

4. Poiché questo volume è dedicato al testo in prosa, proporremo le versioni in prosa delle favole originariamente in versi.

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odulo 3

Le forme della narrazione

mente, perché la morale viene staccata dal resto del racconto con un a capo o con uno spazio bianco. Va sottolineato che la morale non ha un intento rassicurante: spesso, anzi, le conclusioni a cui giunge la favola sono dichiaratamente pessimistiche, perché mettono in evidenza i difetti del genere umano (prepotenza, cattiveria, ingordigia, egoismo…) o perché assegnano la vittoria al cattivo. Questo fatto dimostra che le favole, malgrado il loro contenuto e l’aspetto semplice, non nascono per un pubblico di bambini, destinatari ideali della fiaba, ma di adulti, capaci di cogliere il vero e amaro significato di questi racconti • è ambientata in un tempo lontano e in uno spazio indefinito la favola, come la fiaba, è ambientata in un tempo non definito (e definibile) e in spazi generici (di solito nominati e non descritti), perché questi due elementi costituiscono solo un contorno, privo di spessore e di significato: le conclusioni a cui arriva la favola sono valide, infatti, per ogni tempo e per ogni luogo • presenta una struttura ricorrente solitamente la struttura di una favola è fissa e tripartita in: – situazione iniziale (in cui vengono presentati i protagonisti, il luogo e il tempo della vicenda) – svolgimento della vicenda (molto semplice, spesso del tutto privo di intreccio) – enunciazione della morale. A volte la morale può essere enunciata all’inizio della narrazione, come una sorta di guida per una corretta lettura della favola • presenta personaggi ricorrenti i protagonisti per eccellenza della favola sono gli animali, che simboleggiano i vizi e le virtù, i pregi e i difetti degli uomini; a volte si incontrano anche piante, uomini (spesso indicati con il loro lavoro – il contadino, il pescatore, il cuoco… –), dèi o oggetti, con la stessa funzione simbolica. Gli animali (e gli altri eventuali personaggi) vengono tratteggiati in modo superficiale, perché sono solo dei tipi che devono dare un valore simbolico alla situazione rappresentata: ogni tipo animale ha finito, così, con l’assumere un valore proverbiale (la volpe è l’astuzia, il leone l’aggressività, la cornacchia la stupidità, l’agnello la docilità e la mansuetudine, il coniglio la vigliaccheria…) • ha uno stile particolare lessico: è semplice e quotidiano, sia in prosa che in versi tempi verbali: di solito sono usati i tempi verbali narrativi, per collocare la narrazione in un tempo lontano e indefinito sintassi: privilegia la paratassi figure retoriche: sono usate soprattutto la metafora e la similitudine. 310


Unità 2 La fiaba e la favola

Verifica sulla teoria 1

2

Abbina definizione e forma narrativa a cui essa si riferisce. MITO

Racconta vicende fantastiche per rassicurare

FAVOLA

Racconta la realtà trasfigurata dalla fantasia

LEGGENDA

Spiega la realtà e risponde a domande sulla vita e sulla morte

FIABA

Racconta vicende fantastiche per educare

Indica se queste affermazioni sulla favola sono vere o false; correggi poi quelle sbagliate sul tuo quaderno. V

F

Il mondo della favola non è eroico La favola non ha a che fare con la scrittura L’inventore del genere della favola è Fedro Il termine favola deriva dal latino fari La favola ha per protagonisti solo gli animali

3

Abbina ogni animale al vizio o alla qualità di cui è simbolo. Cane

astuzia

Volpe

vanità e/o stupidità

Cicala

spensieratezza

Lupo

ottusità

Leone

laboriosità

Corvo

forza e/o prepotenza

Agnello

voracità

Formica

fedeltà

Bue

innocenza e mansuetudine

Colomba

peccato

Ape

operosità

Serpente

pace

311


odulo 3

Le forme della narrazione

ESOPO - JEAN

LA

DE

LA FONTAINE

i

VOLPE E IL CAPRO

Autori Esopo, vissuto nel VI secolo a.C., è considerato l’inventore del genere della favola (sotto il suo nome ci sono arrivate ben 400 favole!). Di lui sappiamo pochissimo: alcune fonti lo dicono originario della Tracia o della Frigia (due regioni storiche affacciate sul Mar Nero), nato schiavo e poi reso libero; altre aggiungono che sarebbe stato assassinato dagli abitanti di Delfi, che lo ritenevano colpevole di sacrilegio.

G. Gozzi La favola del luccio G. Rodari Il giovane gambero

Jean de La Fontaine nacque in Francia nel 1621 da una famiglia borghese, che gli assicurò la possibilità di ricevere una buona formazione culturale; riuscì a entrare alla corte di re Luigi XIV (il “Re Sole”) grazie all’interessamento di alcune nobildonne. Autore di opere di diverso genere (poemi, poesie, commedie) deve la sua fama alle Favole in versi, raccolte in 12 libri e pubblicate tra il 1668 e il 1694. È morto nel 1695 a Parigi.

Opere L’opera di Esopo da cui è tratto questo testo si intitola Favole. Essa raccoglie circa 500 favole ed è stata sistemata in forma definitiva da alcuni letterati del III secolo a.C. a uso prettamente scolastico. Anche l’opera di La Fontaine s’intitola Favole: il titolo è un omaggio a Esopo, a cui l’autore francese dichiara di sentirsi debitore. La raccolta rivela un grande amore per il mondo contadino e per la natura, protagonista, per mezzo degli animali, di tutte le favole di La Fontaine, che hanno lo scopo di dipingere la corruzione della società francese dell’epoca.

Brani

Questi testi propongono due versioni della stessa favola: l’originale racconto di Esopo e la rielaborazione del francese La Fontaine.

? STRUTTURA del TESTO NARRATIVO

? PERSONAGGI ? LINGUA e STILE

U

na volpe cascò giù in un pozzo e dovette rimanerci per forza. Più tardi, spinto dalla sete, giunse a quello stesso pozzo un becco1, che, vedendola, le chiese se l’acqua era buona. E quella approfittando con piacere dell’occasione, si sbracciava a lodare l’acqua, assicurava che era eccellente, e lo invitava a venir giù. L’altro, con la voglia che n’aveva, non ci pensò due volte e discese. Mentre saziava la sete, voleva esaminare con la volpe il modo di uscir di là; ma la volpe lo interruppe, dichiarando: «Il modo lo so io, se davvero tu vuoi che ci salviamo tutti e due. Fa il piacere di appoggiarti alla parete coi piedi anteriori e di drizzare le corna: io salterò fuori e poi ti tirerò su». Il becco, pronto, diede retta al suo consiglio; e la volpe, salendo su per le gambe, le spalle e la corna del compagno, si trovò sulla bocca del pozzo; ne uscì e si avviò per andarsene. E poiché il becco le rinfacciava d’aver violato il patto, volgendosi indietro, gli disse: «Caro mio, se tu avessi tanto sale in zucca

1. Becco: capro.

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Unità 2 La fiaba e la favola

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quanti peli hai nella barba, non saresti disceso senza pensar prima al modo per tornar su». Così anche gli uomini, prima di por mano a un’impresa dovrebbero prudentemente meditare sul suo futuro esito. Da Esopo, Favole, Mondadori, Milano

C

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apitan Volpone marciava in compagnia del suo amico Capro, provvisto di un superbo paio di corna; costui non vedeva più in là del proprio naso: l’altro invece in fatto di imbrogli era maestro patentato1. La sete li costrinse a calarsi in un pozzo e qui si dissetarono entrambi. Dopo ch’ebber bevuto copiosamente2, la Volpe disse al Becco: – Che si fa, compare? Non basta bere, bisogna uscire di qui. Alza i piedi e le corna; appoggiali al muro; prima m’arrampicherò sul tuo dorso, poi issandomi sulle tue corna, mi caverò di qui con questo mezzo3. E dopo trarrò fuori anche te. – Per la mia barba – disse l’altro – bella idea; approvo le persone di buon senso come te. In quanto a me, ti confesso, non avrei mai trovato questo espediente. La Volpe esce dal pozzo, pianta lì il compagno e gli sciorina un bel sermone4 per indurlo alla pazienza. – Se il Cielo t’avesse concesso in grado eminente5 tanto giudizio quanta barba hai sul mento, non saresti sceso in questo pozzo così alla leggera. Ora addio; io ne son fuori: cerca di cavartela e mettici tutto il tuo impegno. Quanto a me, ho un certo affare, che mi vieta di fermarmi per istrada. In ogni cosa bisogna guardare come l’andrà a finire. Da J. La Fontaine, Favole, Einaudi, Torino

1. Patentato: con grande esperienza. 2. Copiosamente: abbondantemente.

3. Mi caverò… mezzo: uscirò di qui in questo modo.

4. Sciorina… sermone: fa un bel discorsetto. 5. In… eminente: in abbondanza.

nalisi del testo Due favole a confronto Le due favole arrivano alla stessa triste conclusione: quando un furbo finisce nei guai sa subito trarsi d’impaccio, mettendo in difficoltà un altro.

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odulo 3

Le forme della narrazione

La versione di Esopo Per dimostrare quest’amara verità, Esopo, a cui La Fontaine si è ispirato, ha scelto una volpe e un capro. Ecco le caratteristiche del testo che li vede protagonisti: ■

la favola è breve, essenziale e diretta: Esopo riferisce solo le informazioni davvero necessarie per la comprensione del testo, per fare in modo che l’attenzione del lettore non venga distolta dall’elemento più importante, l’insegnamento morale di cui esso si fa portavoce la vicenda raccontata è fantastica: i due animali, infatti, parlano e ragionano come se fossero degli uomini la favola ha un chiaro intento pedagogico affidato alla morale, proposta (al termine della narrazione e dopo un a capo che la mette in risalto) sotto forma di un consiglio. Essa è chiaramente pessimistica, perché

lascia intendere che il rischio di essere ingannati o di non essere aiutati nelle difficoltà è molto forte tempo e spazio sono generici e indefiniti; anche le precisazioni (più tardi) risultano approssimative la struttura è regolarmente tripartita in: presentazione della situazione iniziale (dall’inizio alla discesa del capro nel pozzo), svolgimento della vicenda (che coincide con la fabula) ed enunciazione della morale gli animali protagonisti sono una volpe, simbolo dell’astuzia e della prontezza d’animo, e un capro, simbolo dell’ottusità lo stile è fresco e spontaneo, grazie alla scelta di un lessico colloquiale (basti pensare all’uso di becco, un termine di origine popolare) e alla presenza di numerosi discorsi diretti.

La versione di La Fontaine La Fontaine, nella sua versione della favola, ha sostanzialmente rispettato la natura e la struttura del modello esopiano: le (minime) differenze riguardano ■

il modo di tratteggiare i personaggi, perché La Fontaine esplicita le caratteristiche dei due animali, mettendo in evidenza che il capro non vedeva più in

là del proprio naso e che la volpe era in fatto di imbrogli un maestro patentato la struttura dei dialoghi, perché anche il capro si esprime con discorsi diretti, che mettono in risalto la sua stupidità la morale, più stringata (ma non per questo meno incisiva) di quella di Esopo.

sercizi sul testo

Comprensione 1 Dove finiscono la volpe e il capro? 2 Per quale motivo? 3 Con quale espediente esce la volpe? 4 Che cosa dice la volpe al capro nella versione di Esopo? E in quella di La Fontaine?

5 Che cosa vuole insegnare questa favola?

Analisi 1 Che tipo di narratore racconta la prima favola? E la seconda?

2 Che tipo di focalizzazione usa il narratore scelto da Esopo? E quello scelto da La Fontaine? Conferma la correttezza di entrambe le risposte con due passi tratti dai testi.

3 Individua sui testi le tre parti che compongono le due favole che hai letto.

314


Unità 2 La fiaba e la favola

4 Completa questo schema sui protagonisti delle due favole inserendo le indicazioni che puoi ricavare dai testi. ESOPO Volpe

LA FONTAINE

Capro

Volpe

Capro

5 Confronta ora i protagonisti, riflettendo sui ritratti tracciati. 6 Esopo sceglie di affidare al discorso diretto le parole di uno solo dei due personaggi: di chi? E per quale motivo? 7 La Fontaine sceglie di affidare al discorso diretto le parole di entrambi i personaggi, ma lo spazio non è uguale. Chi “parla” di più? E per quale motivo?

8 Analizza lo stile delle due favole, completando, per ciascuna, questa tabella, in cui inserirai anche qualche esempio a conferma delle affermazioni fatte: ESOPO Lessico

Sintassi

LA FONTAINE Figure retoriche Lessico

Sintassi

Figure retoriche

Riflessione e produzione 1 Confronta le due morali: quale ti sembra la più efficace e perché? 2 Conosci altre favole che hanno come protagonista la volpe? Quali? Il suo carattere è simile a quello tratteggiato in questi testi?

3 Prova a trasformare la favola di Esopo in una fiaba; dopo la stesura della nuova versione spiega quali elementi hai dovuto aggiungere e quali, invece, hai tolto, per operare questa trasformazione.

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odulo 3

Le forme della narrazione

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“La favola”

i

LA

QUAGLIA E I SUOI PULCINI

LEV TOLSTOJ

Autore Lev Nikolàevicˇ Tolstòj nacque nel 1828 nella Russia meridionale da una famiglia aristocratica; durante la giovinezza studiò Legge a San Pietroburgo e si arruolò nell’esercito, partecipando a numerose campagne militari; dopo il congedo viaggiò a lungo per l’Europa. Tornato in Russia si occupò dell’azienda paterna e dell’istruzione dei figli dei suoi contadini, per cui scrisse i Quattro libri di lettura (1862). Nel 1869 terminò il suo primo capolavoro (che aveva iniziato nel 1863), il romanzo Guerra e pace, un grandioso affresco della società russa all’epoca della guerra contro Napoleone; nel 1873 cominciò il suo secondo capolavoro, Anna Karénina (1877), una tragica storia d’amore che riscosse un enorme successo. Negli ultimi anni, in preda a una forte crisi spirituale, scrisse numerose opere di carattere morale e religioso (per esempio Padrone e servitore, del 1895 e Resurrezione, del 1899) e iniziò a vivere in completa povertà, predicando il rifiuto di ogni forma di violenza e la solidarietà verso i più poveri. Morì nel novembre 1910 ad Astapovo, mentre si allontanava da casa in seguito a dissidi con i suoi famigliari, che non condividevano le sue scelte di vita; i funerali furono seguiti da una folla immensa.

La Fontaine Il topo di città e il topo di campagna Esopo Il cervo alla fonte

Opera Tolstòj scrisse I quattro libri di lettura (1862) per i figli dei contadini che lavoravano i suoi campi: essi frequentavano la scuola che egli stesso aveva fatto edificare per loro, per realizzare concretamente i suoi ideali di fraternità, giustizia sociale e solidarietà. Brano

Questa breve favola impartisce una dura lezione di vita attraverso lo sconsiderato comportamento di una nidiata di quaglie.

I

contadini falciavano i prati. In un prato, al riparo d’una zolla di terra, c’era un nido di quaglie. La quaglia madre, tornando a volo con l’imbeccata, arrivò al suo nido, e vide che, giro giro1, tutto era già stato falciato. Subito disse ai suoi pulcini: – Ah, bambini miei, che guaio c’è capitato tra capo e collo! Ora state zitti zitti, e non fate nessun movimento, sennò sarebbe una rovina! Appena fa sera, vi porterò in un altro posto. Ma i pulcini erano tutti contenti che lì nel prato fosse venuta più luce, e dicevano: – La mamma è vecchia: apposta non vuole che noi facciamo festa! – E si misero a pigolare e a fischiare. Certi ragazzi che portavano il pranzo ai falciatori, sentirono il verso dei pulcini di quaglia: accorsero, e strapparono a tutti le testoline. Da L. Tolstòj, I quattro libri di lettura, Einaudi, Torino

1. Giro giro: tutt’intorno.

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10


Unità 2 La fiaba e la favola

sercizi sul testo

Comprensione 1 Perché la nidiata di quaglie si trova improvvisamente in pericolo?

2 Quale soluzione elabora mamma quaglia per cercare di risolvere il problema?

3 Perché il suo piano fallisce?

Analisi 1 Chi racconta la favola? 2 Ma i pulcini erano tutti contenti che lì nel prato fosse venuta più luce. Questa considerazione dimostra che il narratore usa la focalizzazione ............................... , perché

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.......................................................................................................................

4 La parte centrale della favola ha un intreccio complesso o segue la fabula? Per quale motivo?

5 Che caratteristiche ha la quaglia? E i suoi pulcini? Perché i protagonisti sono stati tratteggiati proprio in questo modo?

6 Dove e quando è ambientata la narrazione? Trovi che l’ambientazione rispecchi quella tradizionale della favola?

7 Trasforma i due discorsi diretti in discorsi indiretti: che cosa cambia? Perché l’autore ha scelto la prima forma?

8 Nel testo sono presenti due espressioni ottenute mediante l’artificio retorico della ripetizione: quali sono? E perché esse sono tipiche del linguaggio della favola?

Riflessione e produzione 1 Come appaiono gli uomini in questo testo? Che

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3 La narrazione è essenziale perché:  il testo è destinato a bambini, che si stancano in fretta di ascoltare  lo spunto narrativo non consente grandi sviluppi  il messaggio educativo deve risultare chiaro e immediato.

cosa possono rappresentare?

2 Perché questa favola è particolarmente ricca di significato per i lettori impliciti a cui è destinata?

3 Perché, secondo te, Tolstòj non ha esplicitato la morale della favola?

4 Scrivi una morale per questa favola.

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