Trame News - 24 Giugno 2017

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Quotidiano del Festival Trame n°4 - 24 Giugno 2017


Trame news | 24 Giugno 2017

La bolla di componenda. Il passato come fonte di conoscenza Umberto Santino con Carmelo Sardo L’origine del termine mafia? Le soluzioni a questo annoso interrogativo le prospetta Umberto Santino nel libro “La mafia dimenticata”. Un testo corposo che muove dalla volontà di ricostruire l’evoluzione della criminalità organizzata abbracciandone vari aspetti. Un’opera di ricostruzione storica che riporta relazioni investigative, sentenze e verbali che consentono di fotografare la mafia dei primi anni rappresentandola come un sorprendente riflesso della modernità. L’autore nella stesura del testo ha adoperato alcuni documenti inediti della storia italiana redatti tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento dal questore di Palermo Ermanno San-

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giorgio, insieme a questi figura anche un documento considerato introvabile: la bolla di componenda. Quest’ultimo è una testimonianza dello sconto dei reati da parte della Chiesa in cambio di denaro. Proprio la “monetizzazione della pena” effettuata dalla Chiesa di allora rappresenta il fulcro del lavoro dell’autore, sempre intento a ricercare nuove informazioni. «Perché – precisa Santino– lo studio deve servire a capire in che mondo stiamo e chi siamo. È la conoscenza, l’indagine serrata, minuziosa, l’unico strumento per decifrare e scardinare il fenomeno criminale». È il passato la fonte di questa conoscenza. Ovviamente questo non basta e l’autore ne è consapevole. Alla domanda del giornalista Carmelo Sardo sul per-

ché non si sia ancora riusciti a sconfiggere la mafia, Santino risponde con fermezza proponendo un importante investimento pubblico che seppur non eliminerà le mafie in ogni caso ne potrà ridurre il potere. Un compito arduo data la forma camaleontica che appartiene alla mafia, una organizzazione criminosa che riesce a modellare la propria struttura a seconda delle repressioni dello Stato e del sentire comune. Nondimeno a coronamento dell’analisi storica si delinea una soluzione al fenomeno: un progetto che interessi il piano repressivo-giudiziario, economico e sociale teso ad una società alternativa. Quindi non solo repressione, ma costruzione. Valeria Mastroianni e Germana Termine


Trame news | 24 Giugno 2017

Ecomafia e bandiere blu

Omicidio Caccia.

«Le ‘Bandiere blu’ vengono acquistate ogni anno dai Comuni al costo di 3.500 euro». Andrea Dominijanni- vice presidente di Legambiente Calabria - interviene così alla settima edizione di Trame Festival all’incontro sulle ecomafie. Dominijanni insieme ad Antonio Pergolizzi - coordinatore dell’osservatorio sulla Legalità di Legambiente presenta i risultati della nuova legge di contrasto alla criminalità ambientale, a due anni dalla sua entrata in vigore.

Bruno Caccia era procuratore a Torino. Indagava sulla ‘ndrangheta, quando nessuno ancora sospettava che la mafia calabrese fosse arrivata al nord, fino in Piemonte. E nessuno poteva pensare che la cosca calabrese di Bardonecchia potesse mirare così in alto. Un difetto di comprensione che per anni ha impedito di scoprire la verità sulla morte di Caccia, ucciso il 26 giugno 1983 in una strada tranquilla di Torino. Tante, troppe cose strane nelle prime indagini. Impronte che non si trovano. L’ufficio del procuratore lasciato aperto e che nessuno mette sotto sequestro. La scomparsa di una cartella dove il magistrato custodiva la lettera di un latitante ed altri documenti utili alle sue indagini. Distrazione? Sciatteria? O, peggio, complicità occulte dentro gli apparati investigativi?

Dominijanni e Pergolizzi al Trame Festival con i report di Legambiente

Il dibattito si avvia sulla ormai sempre più discussa inadeguatezza degli impianti di depurazione dei litorali calabresi. Dominijanni sottolinea come costante sia la denuncia compiuta da parte di Legambiente Calabria, un’azione che non ottiene risposte: «Dovrebbe essere diversa la posizione da parte della politica. Abbiamo sollecitato più volte un impegno, ma senza risultati. Dinanzi ad una flagellata situazione delle coste, si profilano», - sostiene ancora il vicepresidente di Legambiente Calabria «società che giocano al ribasso, e comuni più attenti al ribasso che alla qualità».

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Antonio Pergolizzi riporta alcuni dati sul report di Legambiente di contrasto alle ecomafie e commenta così: «Ogni anno nello scrivere il censimento c’è grande frustrazione, grande sconforto. Ma siamo convinti che laddove c’è verità c’è speranza – Pergolizzi riferendosi alla nuova normativa in materia di ecoreati che ha spinto molti imprenditori a mettersi in regola – La legge sugli eco-reati si rivolge al mondo imprenditoriale. Rispetto al contrasto alle mafie c’era già una legislazione, ma non c’era efficacia sull’eco-criminalità. Fino a ieri questo sistema consentiva a molti imprenditori di compiere azioni spregiudicate, potendo contare su repressione flebile». Al termine dell’incontro, Antonio Pergolizzi, in anteprima, rende noti alcuni dati del rapporto recentissimo sul tema del ciclo dei rifiuti: «per l’anno appena trascorso la Regione Calabria conta 429 reati accertati (7.5% su livello regionale), 425 denunce, 8 arresti e 186 beni sequestrati». Francesca Gatti

Volutamente dimenticato?

Ci sono voluti oltre vent’anni e una nuova indagine per arrivare a individuare la trama oscura, fitta di poteri mafiosi che ha portato all’omicidio di Caccia, che in un primo tempo fu considerato vittima del terrorismo. In realtà era un omicidio deciso dalla ‘ndrangheta. Paola Bellone, avvocata e studiosa, intervistata dalla giornalista Manuela Iatì a Trame, ha ricostruito nel suo libro “Tutti i nemici del procuratore. L’omicidio di Bruno Caccia” i pezzi mancanti dell’’inchiesta, le disattenzioni colpevoli e gli errori che hanno ritardato la scoperta completa della verità. Ha svelato i nomi dei colleghi magistrati di Caccia che avevano collegamenti con i boss. Una storia vera con il passo di un giallo, di un noir del recente passato di un’Italia che non voleva vedere quanto era potente la mafia e fino a dove si estendesse il suo controllo. Vanessa Coricello, Gabriele Ripandelli, Anna Zizzo


Trame news | 24 Giugno 2017

Save The Children e la sfida dell’infanzia in Calabria «Illuminiamo il futuro» senza paura «Il Punto Luce di San Luca nasce da un confronto molto serrato con la regione Calabria, dove si è deciso di progettare in termini di area ad alta intensità educativa». Annapaola Specchio - responsabile dell’Unità povertà educativa di Save The Children Italia, sul palco di Trame Festival con Silvana Casertano - dirigente scolastica di Chiaiano, Antonella Agnoli - membro del Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici e Fabrizia Arcuri – giornalista di Calabria News 24, parla della sfida dell’infanzia lanciata quest’anno in Calabria con l’istituzione del Punto Luce di San Luca dopo quelli nati a Scalea e a Marina di Gioiosa Ionica nel 2014. I Punti Luce, sviluppati ormai in diverse regioni del Paese, sono centri di formazione educativa, costruiti lì dove vi è un’assenza forte di servizi dedicati all’infanzia. Silvana Casertano sottolinea l’importanza della scuola, la quale costituisce insieme ai luoghi e alle persone che i bambini frequentano quotidianamente, la comunità educativa: «sogno una scuola che diventi una comunità educante». L’istituzione scolastica ha dunque la necessità di rappresentare

per i bambini un luogo sicuro e ideale, all’interno del quale crescere e formarsi sotto il profilo culturale. Le famiglie, al giorno d’oggi, passano il loro tempo libero nei centri commerciali: «Io voglio costruire delle biblioteche che siano l’alternativa al centro commerciale», è il commento di Antonella Agnoli, che propone una visione delle biblioteche come luoghi aperti, di accesso alle conoscenze, anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie. «Le biblioteche devono essere luoghi di mediazione, di riappropriazione della memoria e delle identità dei territori, luoghi che accolgono, all’interno dei quali tutti sono cittadini». La scelta di Fabrizia Arcuri di citare l’attivista pakistana Malala Yousafzai che non ha avuto paura di lottare per l’affermazione dei diritti civili e all’istruzione, riesce a riassumere bene la riposta che Save The Children vuole dare alla sfida dell’infanzia: «Un bambino, un insegnante, un libro e una penna, possono cambiare il mondo». Giorgia Rausa

Un tuffo nella spensieratezza Workshop: L’emozione di partecipare con Cristina Gasperin, Save the children Inaspettato e coinvolgente, l’intrattenimento di Cristina Gasperin di Save the Children a Palazzo Nicotera. Un tuffo nel passato per rivivere la spensieratezza e la spontaneità dei bambini. D’altronde, l’etimologia del termine divertimento deriva dal verbo latino vertere, che significa volgere altrove, allontanarsi, quindi un momento di isolamento dalle abitudini quotidiane. Allegria, condivisione, conoscenza, sono state le parole chiave dell’incontro. Grande entusiasmo da parte di tutti i partecipanti, anche in momenti di forte carica emotiva, quali l’esprimere le proprie paure ad una persona sconosciuta. Tanti i giochi a scopo educativo e riflessivo, tutto contornato dal sorriso. Ad eccezione di un momento, che ha coinvolto nel silenzio tutti i partecipanti: la lettura di una poesia di Franco Arminio: «Siate dolci con i deboli, feroci con i potenti. Uscite e ammirate i vostri paesaggi, prendetevi le albe, non solo il far tardi. Vivere è un mestiere difficile a tutte le età, ma voi siete in un punto del mondo in cui il dolore più facilmente si fa arte, e allora suonate, cantate, scrivete, fotografate. Pensate che la vita è colossale. Siate i ragazzi e le ragazze del prodigio». Valeria Mastroianni

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Trame news | 24 Giugno 2017

Rovinati da Garibaldi?

Le origini della mafia in Calabria Confronto tra Enzo Ciconte, Gigi Di Fiore e Fabio Truzzolillo. Il dibattito si apre circoscrivendo l’epoca storica in cui la mafia si è sviluppata in Italia facendo breccia sulla popolazione. Leitmotiv della discussione è il tema della violenza, riconosciuto dallo stesso Ciconte come un argomento sempre presente all’interno dello scenario storico e politico ottocentesco. Tre sono i tipi di violenza affrontati: la violenza aristocratica – impersonata dai baroni che la esercitarono sul territorio napoletano attraverso l’utilizzo delle guardie armate; la violenza degli homines novi, ovvero i borghesi, che la sfruttarono per alimentare il potere della propria classe; e infine la violenza di classe, sviluppatasi nei contesti di cambiamenti ed evoluzioni attorno al sistema politico. Proprio quest’ultima nel diciannovesimo secolo stravolse il Meridione la cui classe contadina – furiosa per l’e-

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storsione delle terre e illusa persino da Garibaldi – diede vita al “brigantaggio”. Nel corso della discussione Gigi Di Fiore rivela come il fenomeno non sia stato altro che una grande rivolta sociale, bollata dal nuovo Stato italiano come criminalità, per giustificare una grossa repressione anche difronte all’Europa. La conquista del Mezzogiorno venne segnata da una massiccia e capillare repressione condotta dalle truppe piemontesi. La visione del Sud Italia era, infatti, stereotipata, dettata da pregiudizi sui suoi abitanti e dalla convinzione di una superiorità economica e sociale del Settentrione. «Da questa visione è nato il termine ‘briganti’» - dichiara Gigi Di Fiore. Termine di immediata connotazione negativa, scelto dallo stesso Stato italiano per

censurare la rivolta sociale in atto. Una ribellione criminale che andava debellata e sconfitta. Il numero delle vittime che tra i briganti ne sono conseguite non risulta quantificabile. Nonostante il tentativo di limitare il numero delle fucilazioni ai soli capi e ai briganti in fuga, i soldati piemontesi agirono con il pugno duro, falsificando i verbali per giustificare la repressione violenta. Lo stato continuò a servirsi della violenza di quel momento storico causando la nascita di un’organizzazione di famiglie mafiose che oggi più che mai ha esteso il suo controllo, riuscendo a propagare il suo potere anche fuori dai confini italiani. Mario Bucaneve, Margherita Esposito e Sonia Forlimbergi

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Trame news | 24 Giugno 2017

La Stidda che sfida Cosa Nostra Fermata con la morte del giudice ragazzino Carmelo Sardo con Filippo Veltri Da giovane cronista, Carmelo Sardo, ha seguito le storie delle faide mafiose sul campo e in seguito a questa esperienza ha deciso di sistematizzarle tra verità storiche e processuali. Ne è nato un libro “Cani senza padrone. La Stidda, storia vera di una guerra di mafia” ambientato tra la seconda metà degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta. Il giornalista nel testo descrive, talvolta in maniera romanzata, l’organizzazione criminale degli stiddari in Sicilia che sfidò Cosa Nostra con una serie di atti malavitosi, dalle estorsioni agli omicidi. Spiega, inoltre, la radice etimologica di stiddari: «è la terza persona del verbo “stiggiare”, che significa spezzare, tagliare via», termine che si riallaccia all’icastica metafora dell’albero: il tronco che rappresenta il capo, i rami gli accoliti, e il ramo staggito, allontanato dalla famiglia; dal quale deriva,

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ancora, l’espressione “ posato” usata nel simbolismo mafioso. Gli stiddari, racconta l’autore, erano stati assoldati come una manovalanza che oltre a fungere da braccio armato per le zone delittuose però avrebbe controllato il territorio, sostituendo i vecchi capi. L’attività criminale dei “cani senza padrone” trova la fine con l’omicidio del giudice Rosario Livatino, che gli era stato ordinato di uccidere. Si innescato a quel punto un meccanismo per il quale, da efferati nemici vecchi boss erano diventati pedine inconsapevoli di questi. Il Giudice Livatino, come spiega Carmelo Sardo, aveva capito come attaccare veramente la mafia, ovvero con l’aggressione dei loro beni sottraendogli la ricchezza che tendevano ad accumulare per i loro figli. Il Giudice

ragazzino aveva avuto questa intuizione che gli avrebbe permesso di smantellare il sistema criminale e per questo ha conosciuto la morte. A conclusione dell’incontro Carmelo Sardo racconta al pubblico che proprio di recente è iniziato il processo di beatificazione del giudice Livatino proprio uno dei suoi killer, Gaetano Puzzangaro, pentito e collaboratore di giustizia che ha scelto, inaspettatamente, di scrivere delle lettere per perorare la causa, insieme a un corredo di scuse per il gesto compiuto. L’autore lascia gli spettatori con la constatazione che in Sicilia, oggi, si minaccia ma non si uccide più, è in atto la cosiddetta pax mafiosa, aggiungendo laconicamente che «i mafiosi avranno raggiunto degli equilibri inspiegabili a chi è fuori dal contesto criminale». Maria Rosaria Cardenuto


Trame news | 24 Giugno 2017

Perchè in Italia è così difficile tutelare la salute? Il magistrato Guariniello e le leggi di facciata Il lavoro sulla tutela della salute è il tema portante dell’incontro con Raffaele Guariniello a Trame Festival. Impeccabile e serio, Guariniello ha trascorso i suoi anni da magistrato a rincorrere e cercare di combattere un sistema molto incline a quello mafioso. Quello dei poteri forti, che - come un cancro - sono divampati e prolificati per attaccare le parti più sensibili. Perché, quindi, in Italia è così difficile tutelare la salute? «Il problema non è la mancanza delle leggi», sostiene il Dottor Guariniello, «semmai, la loro effettiva e concreta applicazione». Esistono leggi che vengono definite dallo stesso magistrato “di facciata”, che impediscono l’approfondimento di leggi più serie. L’amianto è la «storia della stupidità italiana». Nel 1912, venne introdotta una legge che impediva ai bambini di lavorare con l’amianto. Se ne conosceva la sua pericolosità quindi, già da molto tempo. Questo tuttavia non ha impedito di coinvolgere lavoratori, cittadini e ambiente all’interno di questa “verità molto nascosta”. Occorrono misu-

re tecniche efficaci per contrastare questa materia: «la mascherina è un palliativo, un pretesto, che incarica il lavoratore stesso di occuparsi della propria salute», quando ancora in Paesi come la Russia, la Cina, l’India ed il Brasile, l’amianto è lavorato addirittura senza mascherina. «Ma un pezzo di società non ha scelta», interviene il coordinatore dell’incontro Gaetano Savatteri: «deve lavorare per morire, e non può smettere perché ne morirebbe economicamente e socialmente». La giustizia per le terre del Sud è un sogno. Guariniello ammette che il titolo del suo libro La giustizia non è un sogno possa sembrare forse un po’ troppo ottimista, ma non bisogna «rinunciare all’unica occasione che le parti più deboli hanno per far valere i propri diritti. Le difficoltà ci sono, ma sarebbe profondamente sbagliato demordere, disilludersi e disperarsi» e chiude con un appello molto preciso: «Non disperatevi mai». Francesca Gatti

«Un cittadino su quattro in Calabria, ha subìto sulla sua pelle lo scioglimento del comune»

Claudio Cavaliere racconta come la mafia ha condizionato l’Italia dei comuni «Un ossimoro, genesi dei comuni sciolti», così il magistrato Vincenzo Luberto ha definito la “democrazia mafiosa”, nell’introduzione al libro di Claudio Cavaliere, La democrazia mafiosa. Mafia e democrazia nell’Italia dei comuni, presentato a Trame Festival. «Un libro», definito dal giornalista Romano Pitaro, «non confezionato da sentenze giudiziarie, non un prodotto di copia e incolla», ma una ricostruzione storica dei comuni dal 1945 al 1991, anno in cui entrò in vigore la legge sullo scioglimento degli enti amministrativi per mafia. «Inoltre», continua Pitaro, «la lotta alla mafia nei comuni deve essere tempestiva, se vi è un sospetto». «Un cittadino su quattro in Calabria, ha subìto sulla sua pelle lo scioglimento del comune», afferma Cavaliere, che cerca di chiarire nel suo libro in che modo, fin dalla nascita dei comuni italiani, la mafia abbia condizionato lo sviluppo delle istituzioni. Di Alessia Sauro

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Trame news | 24 Giugno 2017

Servizio civile con Trame

Trame News. Il giornale del Trame Festival edito a scopo promozionale. Hanno collaborato: Mario Bucaneve Maria Rosaria Cardenuto Maria Colistra Vanessa Coricello Alessandra Corrado Tommaso De Pace Angela De Sensi Francesca Gatti Marcello Giannotti Sensi Margherita Esposito Sonia Forlimbergi Ilaria Mastroianni Valeria Mastroianni Francesco Molinaro Vincenzo Morello Alessia Nicolazzo Giovanni Nicolazzo Giorgia Rausa Gabriele Ripandelli Gaetano Savatteri Mario Spada Alessia Sauro Germana Termine Anna Zizzo Sito internet: www.tramefestival.it Pagina FaceBook: @tramefestival Profilo Twitter: @tramefestival

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