FIDAart N.8 2015 Giuliano Orsingher

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PERIODICO della FIDAart N.8 - Agosto ANNO 2015

FIDAart


In copertina: Giuliano Orsingher, Abside rovesciata, 2006, ciottoli calcarei su tondini inox H 200 cm, largh. 400 cm, prof. 200 cm - Cipresseta di Fontegreca (Caserta)


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FIDAart sommario

Agosto 2015, Anno 4 - N.8

Editoriale

Il Quiz estivo

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Politiche culturali

Vera o Falsa?

pag. 5

Intervista ad un artista

Giuliano Orsingher

Mercato dell’arte?

Pablo Picasso

pag. 20-21

Civiltà delle macchine

Maschinen Technische Ästhetik

pag. 22-23

Storia dell’arte

Thonet, la madre di tutte le sedie - 2

pag. 24-25

pag. 6-19

News dal mondo PABLO PICASSO

LES FEMMES D’ALGER, 1955

PABLO PICASSO

LE RÊVE (IL SOGNO), 1932

pag. 30

PABLO PICASSO

NUDO, FOGLIE VERDI E BUSTO, 1932

pag. 31

CUBISME PARISIEN, 2015

pag. 32

Omaggio a PABLO PICASSO

pag. 28-29

Copyright FIDAart Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare


EDITORIALE IL QUIZ ESTIVO: VERA O FALSA? D’estate sotto l’ombrellone, solitamente le riviste, anche le più serie, propinano dei giochi o dei test d’intelligenza e di cultura varia che poi ci lasciano ignoranti come prima. Eppure, è importante padroneggiare alcuni temi per ben apparire in società e godere, con poco impegno, della stima altrui. Ad esempio, l’arte moderna ogni tanto appare tra le conversazioni dopo cena quando, non potendo parlare di politica, per non scontrarsi con gli amici, o di sesso, per non litigare con il coniuge, si finisce su discorsi più vaghi in cui, anche chi è disinformato, ha modo di ottenere il consenso da parte degli astanti. L’arte è uno di quegli argomenti su cui la maggior parte delle persone premette di capire poco e, anche i più acculturati, arrivano fino a un certo punto per poi, fantozzianamente sbracare dichiarando che oggi l’arte moderna è una cagata pazzesca. Bisogna prendere atto di quanto la distanza tra pubblico e arti visive sia andata progressivamente ampliandosi producendo una reciproca indifferenza tra le parti che spesso sfocia nella disistima. Per questa ragione, sarebbe importante sviluppare quella capacità di intuire quando si è di fronte a una vera opera d’arte. Cosa meglio di un quiz estivo per mettersi alla prova e dimostrare agli amici la propria competenza? Osservate attentamente le immagini di questi 12 oggetti, assegnate ad ognuno un giudizio: “opera d’opera VERA” oppure “opera d’opera FALSA”, infine confrontate le vostre risposte con le soluzioni corrette riportate qui sotto.

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Sono tutte opere “vere” di artisti famosi”: 1. Carl Andre, 2. Dan Colen, 3. Jeff Koons, 4. Damien Hirst, 5. Robert Gober, 6. Jean Michael Basquiat, 7. Robert Rauschemberg, 8. Maurizio Cattelan, 9. Marcel Duchamp, 10. Arman, 11. Christopher Williams, 12. On Kawara 4

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POLITICHE CULTURALI

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Intervista a GIULIANO ORSINGHER Giuliano Orsingher si definisce un “recuperante”, ovviamente non uno di quelli alla ricerca di residuati bellici nelle zone di guerra, ma un “recuperante artistico”. E’ un termine nuovo, non so se coniato dallo stesso Orsingher, ma che ribalta l’approccio tradizionale alla creazione artistica, storicamente concentrata sull’ideazione “ex novo” dell’opera, spostandolo ad una fase propedeutica secondo cui l’opera esiste già “in nuce” ed è compito dell’artista scoprirla. Chi, come Giuliano, opera nel filone dell’Arte ambientale, vede la Natura come la fonte primaria del proprio fare arte: la bellezza è lì davanti ai nostri occhi, bisogna saperla trovare, liberandosi da condizionamenti culturali, estetici e formali, per “recuperarla”, reinterpretarla e ricollocarla modificata dall’intervento umano, in un contesto diverso che le attribuisca un nuovo senso culturale. Le sue sculture e le installazioni site-specific nascono dunque dall’esigenza di comunicare un pensiero non fuori o contro, ma “grazie alla natura”, in uno scambio biunivoco in cui l’uomo (che è lui stesso natura), può intervenire su di essa con quell’atteggiamento di rispetto, di umiltà e di consonanza che solo gli permette di creare opere le quali, seppur rigorosamente progettate e costruite con i materiali e gli strumenti della modernità, appaiono molto simili a delle offerte votive primitive. Cercare un rapporto privilegiato tra Artificio e Natura, è una prassi estremamente stimolante poiché apre nuovi orizzonti di significati e di bellezza tutti da scoprire, che richiede però un’intima adesione etica, prima che estetica, unita a una costante comunione spirituale e fisica, con il mondo naturale. Chi, come Orsingher, conosce e vive le montagne i cui tempi si misurano in centinaia di milioni di anni, sa che l’uomo può solo tentare di penetrare il mistero del “Grande Disegno” in cui viviamo ed è cosciente che l’artista lascia un “segno” destinato a scomparire, del proprio passaggio. Paolo Tomio A sinistra: Antiorigine, 1989, alberi di frassino rovesciati con le radici bruciate, H 590 cm

In basso: Forme del vuoto, 2009, lastre calcaree a spacco naturale in linea, L 15 mt, parco fluviale di Centa San Nicolò (Trento)


Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte?

Quali sono state le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato?

Mettere assieme delle cose e disegnare è stata fin da piccolo la possibilità di vincere la timidezza nello scrivere o parlare. A cinque anni il mio gioco preferito era piantare chiodi su un ceppo, ancora oggi mia mamma me lo ricorda, “un chilo di chiodi alla cooperativa e stavo buono tutto il pomeriggio”. Poi, alle scuole elementari, il maestro Romano sui problemi di aritmetica mi doveva dare due voti, uno dei quali era di incoraggiamento per il disegno che descriveva il quesito. Credo di poter sostenere che per me l’arte prima di essere un interesse è stata una necessità.

Nel momento in cui ho iniziato ad avere consapevolezza dell’esistenza di un mondo chiamato Arte, ho subito il fascino di tutto quello che un corso di studi ad indirizzo artistico può versare su un giovane investito da curiosità e interesse altrui per come usa la matita e i colori. Le prime esperienze con il disegno e la pittura mi facevano guardare pittori come Guttuso ma che ben presto lasciavano il posto alla visione simbolista di Gauguin fino a raggiungere una sensibilità mistica e crepuscolare. Questi periodi hanno resistito fino ai primi anni di Accademia. Devo aggiungere che mentre avveniva tutto questo, in parallelo, una vera attrazione si autoalimentava nell’esplorazione di luoghi

Nidi d’acqua, 2000 e 2008, arbusti di nocciolo con sassi calcarei incavati, diam. 6 mt, Arte Sella


Nidi d’acqua, 2000 e 2008, dettaglio sassi calcarei incavati, Arte Sella

naturali, dove, come un primitivo scopre nelle forme naturali anomale sassi o legni capaci di distinguersi per un valore intrinseco. In seguito questa sorta di ossessione ha generato la capacità di vedere le cose con un “senso altro” una sorta di operazione mentale che intacca le ”forme del mondo”.

rapporto si trasformò in un dialogo per me privilegiato e forse d’apprezzamento per lui. In quel periodo tornato da Asti dove avevo terminato gli studi all’Istituto d’Arte, in procinto all’iscrizione all’Accademia di Venezia, Riccardo stesso mi indicò Emilio Vedova come maestro per il nuovo corso di studi.

Hai conosciuto o frequentato molti artisti locali o nazionali? Hai praticato anche la pittura o ti sei orientato subito verso la scultura?

Posso sicuramente nominare Riccardo Schweizer, conosciuto quando non ancora ventenne mi trovo a casa sua invitato dalle figlie rendendomi subito conto di trovarmi in un luogo speciale. Dopo un primo impatto, con lui che forse un istinto paterno lo rendeva ostile, vedendo brillare i miei occhi affamati d’arte, ben presto il

Credo che la pittura mi dovesse portare altrove, dovevo smaltire quelle esperienze per inoltrarmi in territori dove pittura o scultura potessero “divenire” un mezzo espressivo senza distinzione delimitata ma una occasione di conoscenza

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Abete Rosso, 2006, tronco scortecciato e trattato con pigmento rosso, lungh. 10 mt Microsoft di Povo(Tn)

per concretizzare delle idee. Oggi pratico il disegno, la pittura e le forme scultoree per assolvere dei concetti.

Quando e perchè ti sei indirizzato verso l’Arte ambientale? Abete Rosso. 2006, pittura acrilica su pannelli lignei 145x220 cm

La risposta a questa domanda la troviamo all’inizio del nostro discorso. Anche se in alcuni periodi mi sono immerso nelle tecniche esecutive più tradizionali e scolastiche, l’interesse per le cose di cui è fatto il mondo riconosce la mia origine che da sempre ha trovato linfa vitale nella natura. Tutte le sperimentazioni nei procedimenti di “ maniera artistica” si dimostrano ancora oggi fondamentali per garantire delle


Spleen, 2012, granito (tonalite), H 120 cm, estensione orizzontale 12 mt circa, cava Ditta Pedretti

scelte operative, dove la creatività imbocca una strada per scelta consapevole e non come rimedio di espressività alternativa. L’arte ambientale non ha limiti ma deve essere conquistata dopo una buona pittura, una buona scultura e da chi contempla la natura con il disegno, allora la realtà trova conferma.

bientale sfugge ancora alla “storicità“, e questo ne fa un evento ancora in fase mutante.

Cosa significano per te l’ambiente e la natura? Ambiente e Natura non hanno un vero significato ma sono una condizione necessaria per rendere possibile il recupero dello Spirito degli individui.

Come si situa l’Arte ambientale rispetto ad altre correnti come la Land Art o l’Arte Povera? L’Arte ambientale ha una maniera speciale di significare, ossia riconosce un contesto come luogo che è già parte dell’opera e non necessariamente di indole naturale. Ma forse la cosa più interessante è che la cosiddetta Arte am-

Cosa intendi per “recupero dello Spirito” Recupero del pensiero puro che fa respirare l’aria fina e asciutta dell’indipendenza nel nome 11


di quel lungo e segreto lavorio, in una forma primordiale della vita. Recupero di una specie di vita istintiva in cui sinteticamente si unisce l’assimilazione, l’eliminazione e il ricambio. Dobbiamo fare il tentativo, anche se l’intenzione non basta, di non sottrarsi alla conquista del “nostro spirito libero”.

Che differenza c’è tra una installazione nella natura e una scultura per un sito urbano? Un sito urbano si mostra per quello che è, una sorta di compromesso con l’umanità, e una scultura collocata in esso diviene arredo, sottraendo essenza di sostanza. L’installazione si pone come operazione interlocutoria attivando un valore aggiunto.

Sassi mobili, 1998, pietre con ruote matalliche Visioni in Transito, 2009, struttura in acciaio inox e ciottoli (diam. 25-30 cm), autostrada del Brennero, Rovereto nord.

Oggi quali artisti trovi interessanti nella scultura contemporanea? Se vogliamo prenderci la responsabilità dell’uso del termine “contemporanea“ abbiamo fatto già una scelta coraggiosa. Se devo fare dei nomi dovremmo mettere in discussione il termine “scultura“ tornando un po’ sui nostri passi. Sorvoliamo e cito Tony Cragg, Giuseppe Penone e Fabrizio Plessi.

A questo punto è utile che tu approfondisca il discorso sul termine “ scultura “. Già Michelangelo aveva dato una definizione che possiamo acquisire come nostra per parlare di scultura. La forma è dentro il blocco di marmo basta tirarla fuori, e in fondo le cose non sono cambiate, la forma è dentro il mondo vissuto basta tirarla fuori, con la differenza che la materia di partenza è altro, molto altro. Per quello che mi riguarda il discorso sul termine

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“scultura”, ma sul quale continuiamo a caricare significati, dilagando in forzature che generano perpetue ridefinizioni, che evidentemente non appagano ancora, mi contraddico accettando e speculando ancora su questo termine. A questa domanda risponderei ogni giorno aggiungendo delle variabili, un po’ per seguire nel tempo il carattere del mutamento in un lavoro che sia trasformazione della natura, dei disegni umani. La “scultura” è procedimento e azione nel quale si costituisce l’unità dell’uomo e della natura sulla base della loro reciproca trasformazione. Credo una sorta di umanizzazione della natura.

L’uomo è natura o è un’altra cosa dalla natura? Ci si deve confessare, in tutta severità. Per il momento la distinzione la farei cadere sulla responsabilità individuale, ognuno sta dove meglio crede, dentro o fuori la natura, ma dal

Connubio, 2005, grafite e acrilico su carta 29,5x42 cm

momento in cui mi pongo questa domanda la risposta tende ad allontanare dall’essere parte della natura. Dovremmo noi stessi decretare la nostra volontà, imparare, ammesso che possa esserci consapevolezza, ad essere parte della natura. Connubio, 2005 , Val di Genova, Parco Adamello Brenta, 5 massi in granito adiacenti ad abeti rossi


Fenditura, 2005, granito, H 230 cm Val di Genova

Taglio con filo diamantato a controllo numerico, taglio a laser e taglio a getto d’acqua anche se resta sempre una buona parte di lavoro fatto con le mani.

Quali sono le tecniche che utilizzi maggiormente per le tue opere ambientali? Mi considero un “recuperante“ e una buona parte del lavoro è gia fatto dagli agenti naturali o quello che possiamo considerato dismesso dalle varie dinamiche del mondo. Buona parte di lavoro consiste nel camminare e raccogliere, abbinando la tecnica dello scalpellino piuttosto che quella dell’intagliatore ma spesso quello che mi offre la nuova tecnologia aiuta molto.

Ritieni di avere uno stile che ti rende riconoscibile? La questione dello stile è relativa ma non mi preoccupa dando priorità all’idea e al senso del lavoro. A volte i risultati visivamente differiscono molto ma io trovo continuità di stile nel pensiero.

Come ti sembra il panorama degli artisti trentini d’oggi? Chi apprezzi a livello provinciale?

Utilizzi anche tecnologie avanzate per la realizzazione delle tue sculture in pietra o in acciaio? 14


Mi sembra o mi appare che gli artisti trentini facciano la loro parte anche se vi è di tutto come ovunque. A volte non condivido atteggiamenti di polemica su mostre che si fanno o si dovrebbero fare. Ben vengano le iniziative del territorio ma un artista trentino deve uscire dalla provincia con il proprio lavoro. Apprezzo Simone Turra, quasi mio compaesano, che lavo-

Sassi quadrupedi, 1999-2008, 100 elementi, pietre in granito grigio con tondini inox, H 90 cm circa

ra ed è riconosciuto fuori dalla provincia.

Segui la “ politica culturale “ trentina: cosa pensi si possa fare di più o meglio per il settore arLitodomo, 2008, deposito Ditta Pedretti, Spiazzo (Tn)


Passaggio Celeste, 2006, disegno acquerellato 56x76 cm

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

tistico? La bellezza è ciò che distoglie dalla bruttezza del mondo. Per ora questa è la mia risposta subordinata alla mancanza di valori.

Continuità di eventi che rafforzano credibilità e consolida fiducia ma proiettati oltre i confini regionali.

Cosa è per te L’Arte? Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno?

L’Arte è l’uomo che recupera la natura.

Alcuni mesi in Spagna trascorsi nel 1998, esattamente a Madrid, mi hanno fatto capire come lì gli artisti erano pieni di attenzioni da parte delle istituzioni locali. Questo creava condizioni di forte interesse e curiosità che si tramutava in prodotto culturale da esportare, forse alimentata da una cultura di base che noi non abbiamo? Mi sembra un po’ un problema tipico dell’Italia.

E, per finire, chi è l’artista? L’artista è colui che sopravvive alle proprie azioni. Passaggio Celeste, 2006, prigioni del castello di Feltre, rami in rovere trattati con ossido in rame, estensione lineare 40 mt.

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sassi. Complice assolto traduco il flusso naturale in una marginale manipolazione dove la consueta fisionomia del sasso si capovolge, ripiega su se stessa nella forma e nell’idea…” Con le sue sculture-installazioni a contatto con lo spazio esterno naturale o antropico Orsingher realizza un’azione (spesso leggera, minimale) di sottrazione materiale, delocalizzazione o decontestualizzazione dell’oggetto giungendo ad un effetto “straniamento“ del prodotto naturale modificato, al fine di indurre il “visitatore” allo stupore disponendo l’opera naturale-artificiale in una rete di senso aperto e metamorfico. Il risultato è una trasmutazione lirica dello spazio accogliente, nel quale l’uomo collabora, dialogando artisticamente, alla creatività spontanea dell’ambiente naturale o perfeziona lo spazio urbano con l‘elemento naturale trasfigurato. Di lui hanno scritto critici come Luigi Serravalli, Fiorenzo Degasperi, Danilo Eccher, Ernesto L.Francalanci, Riccarda Turrita, Giovanna Nicoletti, Remo Forchini, Mario Cossali, Renzo Francescotti, Federico Mazzonelli e Micaela Sposito. PERSONALI 1985, Frammenti, Sala Comunale, Fiera di Primiero 1987, Orsingher, Il Posto, Verona 1988, Le forme della memoria, Castello di Stenico (Trento); 1988, Lato B, Castello di Feltre (Belluno) 1989, Futuribile, Biennale Provinciale Giovani, Trento 1990, Arte Sella 1990, Borgo Valsugana in Trento (installazione) 1991, Arte Natura, Galleria Civica di Arte Contemporanea, Trento (installazione); 1991, Last Wave, Fabbrica Michelin, Trento (installazione) 1992, Trovare nel silenzio, Castel Drena (installazione) 1993, Arte scienza Arte natura, Galerie Maertz, Linz 1994, Arte processualità e ricerca, Porretta Terme (installazione); 1994, Virtus della virtualità, Cava La Piana (installazione); 1994, Premio Giovani, Miart, Milano 1995, Passaggi a Nord Ovest, Parco Comunale di Biella (installazione); 1995, Giuliano Orsingher, MART, Rovereto 1996, Naturalmente, Palazzo delle Miniere, Fiera di Primiero (installazione); 1996, Disvelamenti, Bistrot de Venice, Venezia; 1996, Art Jardins, Musée de l’Art et de l’Histoire, Cholet, (installazione); 1996, L’eau e l’art, ClES, Parigi (installazione)

GIULIANO ORSINGHER Nativo della valle del Vanoi, si diploma all’istituto d’Arte di Asti e poi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, allievo di Emilio Vedova. Già dalla metà degli anni Ottanta, la sua ricerca si indirizza verso una riflessione sul rapporto uomo-natura a partire da un vero e proprio recupero materiale di quegli che egli stesso definisce gli “avanzi di Natura“, attraverso il progetto di una azione creativa che operi sulla forma (o sulle forme possibili) dell’ “avanzo” per rivendicare il ruolo dell’Uomo nel processo di trasformazione e di allocazione che lo interessa. Per questa ragione la dimensione artistica che meglio lo rappresenta è quella dell’ installazione ambientale. Nel ’94 vince il premio giovani artisti a Milano (“ Arte in Europa oggi”).Varie le personali dall’88 e le collettive (anche all’estero: Mosca, Parigi, Vienna, Salisburgo). Suoi interventi, tra gli altri, alla cava La Piana di Carrara (1994), al Musèe d’Art e d’Histoire di Cholet (1996), allo StadtMuseum di Bad Vòsòau (2002), a Griffen (2003), in Austria, e a Fontegreca di Caserta (2006); oltre alle presenze con esposizioni personali e collettive in spazi pubblici e privati tra cui si menzionano la rassegna del MART-Archivio del 900 (Rovereto, 1995) e la Biennale itinerante di Arte Contemporanea Manifesta 7 ( Trentino Alto Adige 2008). E’ tra gli artisti presenti nel percorso Arte Natura ad Arte Sella (Nicchie ecologiche, Nidi d’acqua). Proprio nel merito delle opere esposte in permanenza ad Arte Sella, scrive Giuliano Orsingher: “ Costruiamo muri case, strade, dighe, ma la natura resiste, detta ancora i suoi ritmi perenni. La natura sostiene la mia volontà d’agire che è semplicemente cambiar posto alle cose. Nel fondovalle, con spensierata indifferenza sassi si aggiungono ad altri

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1997, Monodia delle Naiadi, Circoli&Cortili, Modena (installazione); 1997, Il limite, Baluardo di San Paolino, Lucca (installazione); 1997, 97 Flaschenpost, Schrattenberg st. Lorenz bei Scheifling, Scheifling (installazione) 1999, Le acque ritrovate, Ufficio Boitopi, Provincia Autonoma di Trento (progetto); 1999, La Rocchetta, Stazione di Crescina, Trento (progetto); 1999, Orsingher, Galleria Vega Spazio, Trento; 1999, Alte Fabrik zu Vischawang Gegenrhytmus, Thalgau (installazione) 2000, Arte Sella 2000, Val Sella, Borgo Valsugana (installazione) 2001, Arte Sella 2000, Val Sella, Borgo Valsugana (installazione) 2002, Osmosi, StadtMuseum, Bad Vòsòau (installazione) 2003, Tra un tempo che si sfalda ed uno che nasce, Biblioteca Civica, Trento (installazione); 2003, Dov’è il cuore dell’albero?, Intemational GriffnerHaus Kunstjersymposium, Griffen (installazione); 2003, Premio Segantini, Palazzo dei Panni, Arco di Trento; 2003, Site-specific Sassi Quadrupedi, Galleria Civica di Arte Contemporanea, Trento (installazione) 2004, Albero Atomico, Piazza Orsi, Rovereto; 2005, Natura Naturans, Rione Lodron Bertelli, Caderzone; 2005, Connubio, Parco Naturale Adamello Brenta, Val di Genova, (installazione); 2005, Naturante, Cassa Rurale di Primiero, Transacqua 2006, Messa in opera, città di Feltre, Feltre (Personale e installazione); 2006, Abside rovesciata, Viaggio dell’Arte, Fontegreca (installazione); 2006, Abete rosso, sede della Microsoft, Povo di Trento (installazione) 2007, Punto, Spazio Guicciardini, Milano (installazione) 2008, I labirinti delIa beIlezza, Museo Michetti, Francavilla al Mare (installazione); 2008, Arte Sella 2000, Val di Sella, Borgo Valsugana (installazione); 2008, Litodromo, Deposito ditta Pedretti, Spiazzo (installazione) 2009, Sovrappensiero. Adamello-Brenta, Pala congressi, Madonna di Campiglio(installazione); 2009, Visioni in transito, A22 Uscita Rovereto Nord, Villa Lagarina (installazione); 2009, Le forme del vuoto, Parco fluviale, Centa San Nicolò (installazione) 2010, Lapis exillis. Sculture, Galleria Transarte, Rovereto

Tutti i numeri 2012-2013-2014-2015 della rivista FIDAart sono scaricabili da: www.fida-trento.com/books.html Tutti i numeri 2012-2013-2014-2015 della rivista FIDAart sono sfogliabili su: http://issuu.com/tomio2013

FIDAart copertina del N.8 2015 Periodico di arte e cultura della FIDAart Curatore e responsabile Paolo Tomio

PERIODICO della FIDAart N. 8 - Agosto ANNO 2015

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MERCATO DELL’ARTE ? Si tratta, difatti, di un dipinto ad olio su tela del 1955, un omaggio a Delacroix e Matisse, facente parte di una serie con lo stesso soggetto che conta centinaia di disegni e 15 quadri, di cui sette notevoli. Il venditore l’aveva acquistato nel 1997 per quasi 32 milioni di dollari, il che significa che in 18 anni ha visto aumentare il suo valore di 147 milioni: decisamente troppi, anche per un Picasso. Si deve dedurre che l’anonimo compratore (una signora cinese) sia rimasto convinto dalla casa d’aste Christie’s la quale si era impegnata a fondo, prima assumendosi con il venditore una forte garanzia bancaria sul prezzo finale, e poi nella presentazione della brochure del quadro, equiparato addirittura a opere come “Guernica” o le “Demoiselles d’Avignon”. Scrivere di Picasso in poche pagine è praticamente impossibile sia perché si tratta di uno dei personaggi più famosi e conosciuti della storia dell’arte moderna, sia perché ha avuto una vita artistica talmente lunga, intensa e prolifica, da rimanere protagonista del mondo artistico fino alla sua morte giunta nel 1973, a 92 anni. Il lavoro di Picasso, infatti, è suddiviso in numerosi “periodi” autonomi: accademico, realista, blu, rosa, africano, cubista (analitico e sintetico), neoclassico, neoespressionista ma, sempre e soprattutto, “Picassiano”. Personaggio vitale, sanguigno e vulcanico, l’andaluso Pablo Ruiz y Picasso, nato a Malaga nel 1881, con le sue figure spezzate e sghembe, è entrato nel mito e nell’immaginario collettivo come lo stereotipo dell’artista moderno: bohemien, immaginifico, anticonformista e anche in-

PABLO PICASSO (1881-1973), LES FEMMES D’ALGER (Versione ‘O’), 1955, olio su tela, 114x146,4 cm, Christie‘s, New York 2015 stimato 140 milioni $, venduto a 179.365.000 dollari (159.833.000 Euro). (vedi immagine a pag. 30) La notizia di questo quadro battuto a quasi 180 milioni di dollari. la più costosa opera d’arte mai venduta all’asta, ha creato grandi entusiasmi e non poche perplessità.

TÊTE (Maquette in ferro, H 105 cm della scultura di 15 mt. Centro Civico di Chicago, 1962-64, Sotheby’s 2015 Venduta a 13.464.00 $ (€ 11.746.000)

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PABLO PICASSO comprensibile ai più. Non immune da egocentrismo e gigioneria (l’arlecchino e il minotauro erano i simboli personali), Picasso ha sempre incoraggiato questa sua immagine pubblica che ha contribuito a renderlo (e a farlo rimanere) l’artista più famoso e il più pagato, del mondo. Dpo gli iniziali periodi in blu e in rosa piuttosto depressi e malinconici, prodotti all’età dai 20 ai 27 anni, in seguito ha progressivamente eseguito opere sempre cariche di potente vitalità. Anche quando ha voluto rappresentare con un linguaggio non figurativo il dramma della guerra nel suo “Guernica”, una monumentale tela in bianco e nero (349×776 cm) realizzata in meno di due mesi nel 1937, subito dopo il terribile bombardamento dell’omonima cittadina basca da parte della Luftwaffe e dell’aviazione fascista italiana. Ancora oggi, i suoi dipinti, immediatamente riconoscibili perché entrati nel patrimonio comune della cultura visiva, rimangono ostici e non sempre di facile lettura. Artista a tutto tondo,

si è cimentato in tutti campi, pittura, scultura, grafica, disegno, ceramica, con una versatilità, facilità creativa e immaginazione unite ad una solida formazione accademica e a un talento eccezionale da pittore fin da bambino. Per definire Picasso uomo e il suo amore per la vita (sposato due volte, quattro figli da tre donne diverse, tante amanti) si potrebbero usare le parole di Neruda “Confesso che ho vissuto”, ma bisognerebbe anche aggiungere: “Ho moltissimo lavorato”, visto che sono 16mila le sue opere presenti nel catalogo Zervos (di cui 5mila al Museo Picasso di Parigi). Se qualcuno poteva pensare che la sua fama potesse affievolirsi con il tempo, l’asta di Christie’s ha ridato nuova linfa economica e artistica a questo Maestro del XX° secolo che sicuramente continuerà ad essere rivisitato e riscoperto ancora negli anni a venire e, magari, riporterà in auge la “pittura-pittura”. NU COUCHÉ ET FEMME SE LAVANT LES PIEDS, 1944, olio su tela, 97x130 cm Sotheby’s New York, 2015, venduto a $ 10.330.000


CIVILTA’ DELLE MACCHINE ginale, la sua valutazione estetica è immediata e automatica poiché fa parte del processo di conoscenza e giudizio. Differente, invece, è la capacità di vedere la bellezza anche in oggetti funzionali quotidiani i quali, una volta astratti dal loro contesto, assumono valenze simboliche e comunicative nuove e imprevedibili che ampliano l’universo delle interpretazioni esistenti. E’ quella capacità che possiedono i bambini i quali provano interesse per tutto ciò che per loro è nuovo e deve essere scoperto. In sintesi, “ogni manufatto artificiale, in quanto prodotto della cultura, della mente e della mano dell’uomo, non può che essere un oggetto estetico”. La M.T.A., una fondazione multidisciplinare berlinese che studia quanto incidano sul concetto di estetica categorie di manufatti che sono stati prodotti con finalità puramente funzionali, tecniche o scientifiche (in teoria non condizionate da considerazioni legate al gusto), ha inaugurato una mostra particolarmente intrigante: “Maschinen Technische Ästhetik”. Le centinaia di pezzi artistici presentati provenienti dalle collezioni di musei della scienza tedeschi riguardano macchine o meccanismi utilizzati in passato negli osservatori astronomici e nei relativi

M.T.A. - Maschinen Technische Ästhetik “Ogni opera di scienza è scienza e arte, come ogni opera d’arte è arte e scienza. Solo come spontanea è l’arte nella scienza, così spontanea è la scienza nell’arte” Paul K.Feyerabend Anche se effettivamente poi non poteva avvenire, Duchamp spiegava come, nella scelta dei suoi “ready made”, oggetti e manufatti ordinari diventati opere d’arte in quanto scelti e firmati dall’artista, non dovesse entrare una valutazione fatta in base al proprio gusto ma dovessero solo essere selezionati sulla base di una “indifferenza visiva”, come se non si avesse alcuna emozione estetica. Proprio perchè per lui, il gusto, buono o cattivo, era il “nemico dell’arte”. La teorizzazione del geniale dadaista è palesemente priva di fondamento poiché di fronte a qualsiasi “cosa” artificiale ma anche naturale, dalla più comune e familiare alla più rara e ori-

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MASCHINEN TECHNISCHE ÄSTHETIK laboratori di analisi e ricerca. Macchine ormai desuete e superate dalle tecnologie digitali moderne ma non ancora definitivamente antiche, dotate del fascino retrò di un passato in gran parte manuale. E’ stata grande la sorpresa degli organizzatori nel constatare da parte dei visitatori un diffuso e profondo interesse che esulava da ragioni connesse alle funzioni svolte dalle attrezzare scientifiche ma atteneva in particolare al fascino trasmesso dalle forme stesse. In poche parole, piacevano gli oggetti in sé, a prescindere dal loro scopo pratico. Questo inaspettato favore del pubblico è stato spiegato sia come reazione ad un esasperato “informalismo” che privilegia la creazione basata sul gesto più o meno casuale o automatico proveniente dall’inconscio dell’autore, sia come ritorno al pensiero razionale e alle sue applicazioni. Può essere che in momenti di crisi epocali, di fronte alle fughe nell’irrazionale e nell’informale di molti artisti ripiegati su sè stessi, la gente senta il bisogno di punti fermi fondati su un insieme di conoscenze universali, strutturate e fondate. La perfezione delle forme denota, infatti, un pensiero sottostante più rigoroso e

costruttivo che aspira a fare chiarezza secondo i metodi consolidati della scienza e della logica più utili, o forse solo più rassicuranti, di altre ideologie soggettiviste e autoreferenziali. Sia come sia, i molti oggetti presenti alla mostra insediata nelle sale della M.T.A. hanno dimostrato quanto accennato in premessa e cioè che è sempre e solo l’uomo, con la sua storia e la sua cultura, ad attribuire consciamente o inconsciamente, giudizi estetici a ciò che lo circonda rinunciando a suddividere la bellezza tra categorie artistiche e categorie funzionali. Le qualità formali di molti pezzi dell’esposizione sono state sicuramente apprezzate sia in sè, per la perfezione rigorosa della fattura, sia probabilmente, perché in sintonia con le caratteristiche espressive tipiche di molta arte minimalista e concettuale ormai presente in tutti musei e le gallerie d’arte tedesche. 23


THONET, LA MADRE DI TUTTE LE SEDIE - parte 2 1849 realizzata per il giardino di Palazzo Schwarzenberg considerata la sedia Thonet “tipo” da cui derivarono poi innumerevoli modelli: dalla famosa “N.4” in mogano del 1850, disegnata per il primo locale pubblico, l’elegante e moderno Cafè Daum a Vienna, fino alla sedia “N.14” del 1859, il più colossale successo commerciale della storia del mobile. Nella sua continua ricerca della semplificazione in una logica di produzione in serie, con la “N.14” la Gebrüder riesce a creare una sedia composta da soli 6 elementi tenuti insieme con 10 viti: per la prima volta la spalliera viene realizzata in un’unica elegante curva che forma un pezzo unico con le gambe posteriori. La sedia “N.4“ sarà premiata all’Esposizione di Londra del 1851 nell’avveniristico Crystal Palace; le sedie in faggio curvato a vapore all‘Esposizione Universale di Parigi del 1855. I modelli presentati si rivolgono a un nuovo potenziale mercato a basso costo, quello della media e piccola borghesia, fino ad allora poco considerata dagli altri produttori, e anche al settore degli arredi di locali pubblici, ristoranti e caffè, per garantire una produzione di grande serie. Il successo nelle vendite favorisce la rapida crescita dell’impresa i cui mobili entreranno così nella vita di milioni di persone. Grazie al suo innovativo sistema di montaggio mediante incastri e viti, la Thonet riesce a spedire 36 sedie smontate in una cassa di un metro cubo ottimizzando i costi di distribuzione e inventando una prassi oggi universale. Nel 1856 Michael Thonet e i figli ottengono la cittadinanza austriaca e anche il rilascio del brevetto “Sulla produzione di sedie e gambe del tavolo in legno curvato, ... con l’azione del vapore acqueo o ebollizione di liquidi” che rimarrà in vigore fino al 1869 quando l’azienda rinuncerà

Nel 1845 il prussiano Michael Thonet fonda a Vienna insieme ai cinque figli la ditta e il marchio “Gebrüder Thonet” che diventerà celeberrimo in tutto il mondo negli anni a venire per le sue invenzioni rivoluzionarie. Lavorano tutti nell’azienda studiando come migliorare i prodotti, cercando di ridurre il numero dei componenti per semplificare il lavoro, velocizzare la produzione e poter abbassare il prezzo di vendita dei mobili (Consummöbel). In quegli anni nascono sedie come la “N.1” del

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STORIA DELL’ARTE a rinnovarlo. Per far fronte alle richieste crescenti, nel 1856 apre a Koritschan, in Moravia, un primo stabilimento per sfruttare la facile fornitura di faggio e l’ampia disponibilità di manodopera a basso costo; quattro anni dopo, lavora tutta la popolazione adulta del territorio, circa 300 operai che costruiscono 200 mobili al giorno. Seguiranno altre cinque fabbriche, in Hostein, in Ungheria, in Polonia, in Assia e in Cecoslovacchia, dove il lavoro viene organizzato in catene di montaggio in cui ogni operaio realizza sempre lo stesso pezzo. Nel frattempo, la Gebrüder apre filiali in tutte le principali città europee, a New York e a Chicago, diventando un caso unico ancor oggi nel settore della produzione di mobili. Nel 1860 è messa in commercio la prima sedia a dondolo in legno piegato a vapore caratterizzata da curve, controcurve, riccioli sinuosi che riscuote un grande successo (vedi in basso: a sinistra) anticipando di trent’anni quello che diventerà il segno distintivo dell’Art Nouveau. Alla scadenza del brevetto, in tutti i paesi europei, Italia compresa, sorgono decine di aziende di mobili in legno curvato a vapore che entrano in concorrenza con Thonet dando inizio a quella che rappresenterà la prima guerra commerciale dell’industria moderna. Alla morte di Michael Thonet nel 1871, l’azienda produce 400mila esemplari l’anno; i cinque figli proseguono sviluppando nuove macchine

e processi industriali, perfezionando i mobili esistenti e progettando modelli sempre nuovi. A fine secolo, dalle fabbriche Thonet che impiegano 6000 operai, esce l’incredibile numero di oltre un milione di mobili l’anno. La Gebrüder Thonet è tra le prime industrie ad adottare un approccio moderno nella comunicazione ricorrendo a un imponente uso della pubblicità sulla stampa e pubblicando dettagliati cataloghi da consultare. Nel catalogo del 1911 sono presenti ben 980 esempi comprendenti un ampio assortimento di sedie, tavoli, poltrone, sedie a dondolo, divani, culle, seggioloni, attaccapanni di tutti i tipi. Per ogni modello il cliente può scegliere tra diversi tipi di finiture naturali o colorate, sedute e schienali di forme e materiali vari, paglia di Vienna classica, legno impiallacciato, imbottiture ecc.. Nel 1904, progettata da August Thonet, esce la poltroncina “N.9” la cui stilizzazione estrema e la forma organica richiamano quelle di una scultura e considerata un classico del design. (vedi pagina a lato). Anche questa poltroncina è composta da soli 6 pezzi perché i braccioli sono realizzati con un unico pezzo di faggio curvo che si collega allo schienale. Chiamata anche “Corbusier” poiché il grande architetto l’aveva utilizzata nel ‘Pavillon de l’Esprit Nouveau’ del 1925 e poi nel Weissenhorf a Stoccarda, è tuttora assolutamente moderna, intelligente ed elegantissima. In poche parole, un capolavoro.

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Agosto 2015, Anno 4 - N.08

PABLO PICASSO

LES FEMMES D’ALGER, 1955

PABLO PICASSO

LE RÊVE (IL SOGNO), 1932

pag. 30

PABLO PICASSO

NUDO, FOGLIE VERDI E BUSTO, 1932

pag. 31

CUBISME PARISIEN, 2015

pag. 32

Omaggio a PABLO PICASSO

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pag. 28-29


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PABLO PICASSO, LES FEMMES D’ALGER (Versione ‘O’), 1955, olio su tela, 114x146,4 cm, Christie‘s New York 2015, venduto a 179.365.000 dollari (159.833.000 €)


PABLO PICASSO, LE RÊVE (IL SOGNO), 1932, olio su tela 130×97 cm, vendita privata New York 2013, venduto a 155.000.000 $ (142 milioni €)

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PABLO PICASSO, NUDO, FOGLIE VERDI E BUSTO, 1932 olio su tela, x cm, Christie’s New York 2010 venduto a $ 106.482.500 (82milioni €)



PAOLO TOMIO, Omaggio a PICASSO “CUBISME PARISIEN”, 2015 fine art su carta da giornale, 145x105 cm



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