Calcio 2000 n.205

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PAOLO MONELLI

di Stefano BORGI

CUORE VIOLA

Monelli ha incantato soprattutto con la maglia della Fiorentina

DOVE SONO FINITI/ PAOLO MONELLI

foto Agenzia Liverani

DOVE SONO FINITI

G

randi squadre, Fiorentina e Lazio in primis. Grandi compagni di squadra: Antognoni, Passarella, Socrates. Buono anche il palmares: due promozioni dalla B alla A (Lazio e Bari), un secondo ed un terzo posto con la Fiorentina, una Mitropa Cup ancora col Bari di Salvemini. E poi 167 presenze e 30 gol nel “Campionato più bello del mondo”. Eh già perché, quando in Serie A ci giocavano Maradona, Platini e Zico, ci giocava anche Paolo Monelli. Eppure, a guardar bene manca qualcosa... “Iniziamo col dire che son contento di ciò che ho fatto - esordisce il bomber emiliano -. Certo, lo ammetto, la mia carriera poteva essere ancora migliore. E il rimpianto aumenta se ripenso agli infortuni che mi hanno condizionato nei momenti importanti. Però, ripeto, non mi lamento”. Neppure se ricordiamo che lei, al Monza, era l’enfant-prodige del calcio italiano? “È vero, infatti nel 1981 mi comprò la Fiorentina. Andai a giocarmela con Daniel Bertoni e Graziani, mica scherzi... Ma anche lì, nel precampionato, mi feci subito male e persi il primo treno. Evidentemente era destino”.

“EPPURE SON CONTENTO...” Enfant-prodige nel Monza, una carriera tra infortuni e gol impossibili. Ma lui non ha rimpianti. 84

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Andiamo con ordine. Dai monti dell’Emilia a Monza, il passo è lungo... “Ho cominciato nello Scandiano che stava a 70 km da Castelnuovo de’ Monti (il suo paese natale, Paolo è del gennaio ‘63, ndr) Poi arrivai in Brianza grazie al mio allenatore che era parente di Sacchero, allora direttore sportivo del Monza. Da lì cominciai con gli Allievi, la Primavera, e a 16 anni ero già in prima squadra. Quello era un gran bel Monza, sfiorammo la Serie A per tre volte”. Poi la Fiorentina dei Pontello, insieme ad un certo Massaro. Tra i due, però, quello più bravo era lei... “Diciamo che ero quello più quotato. Giocavo già in ‘Under 21’, in giro si parlava parecchio di me. Però, come dicevo, mi infortunai durante la preparazione e passai la stagione in panchina”. E invece Massaro andò ai mondiali. “Daniele fece una grande stagione, se

lo meritò. Ancora oggi, comunque, me la sento ripetere questa storia... io che dovevo spaccare il mondo e Massaro che mi passa avanti. Ma io non me la prendo, ormai ci ho fatto l’abitudine”. Tre fotografie dei suoi 5 anni in viola. “La prima è lo scudetto perso con la Juve nell’81-’82, un’ingiustizia colossale. La seconda, invece, la stagione ‘83’84 quando arrivammo terzi nonostante l’infortunio di Antognoni. Con “Antonio” in campo non so come sarebbe finita. La terza, il famoso gol da centrocampo contro il Napoli di Maradona. Era il 4 gennaio 1987, segnai il 3-1 da oltre metà campo. Posso assicurare che, da quella distanza, la porta sembra piccola piccola. Poi ce ne sarebbe un’altra...”

“”

Vorrei restare nel calcio, vorrei allenare. Magari una prima squadra, anche in serie D Prego... “La mia unica tripletta in Serie A, sempre al Napoli. Era la prima giornata di campionato (stagione ‘83-’84, ndr) segnai di testa, di destro e di sinistro. Quest’ultimo, addirittura, dopo aver fatto un tunnel al grande Ruud Krol... Il ricordo di quella giornata ce l’ho scolpito dentro di me”. Dopo Firenze c’è Roma... sponda Lazio. “L’altro mio grande rimpianto. L’ultimo anno con la Fiorentina feci bene, ma non benissimo. Con i biancocelesti, invece, feci subito una grande stagione, segnai 13 reti ed ottenemmo la promozione al primo colpo. Roma, sponda laziale, era una piazza importantissima, se fossi rimasto sono convinto che avremmo costruito un bel ciclo”. E perché se ne andò? “Perché fui venduto. Calleri con me voleva far cassa, Fascetti invece mi assicurò che sarei rimasto per far coppia con Ruben Sosa. Purtroppo al tempo, per noi giocatori, era difficile rifiutare un trasferimento. Non è come oggi. Fascetti,

infatti, per questo si dimise...” Ancora la Serie B, stavolta a Bari “Fu una serie B per modo di dire. Vincemmo il campionato in carrozza: capirai, avevo compagni come Di Gennaro, Maiellaro, Scarafoni, allenatore Salvemini... un trionfo. Un anno di A, e tanto per gradire mi infortunai al polpaccio. Poi un altro trasferimento in B, a Pescara. Lì mi faccio male sul serio, sto un anno fermo e praticamente finisce la mia carriera a grandi livelli”. Monelli e la Nazionale. “Feci un ottimo biennio con l’Under 21 di Vicini dall’82 all’84. In attacco c’eravamo io e Vialli titolari, più Mancini e Galderisi... ero davvero in rampa di lancio. Poi il biennio dopo calai di rendimento, e quando Vicini sostituì Bearzot dopo Messico ‘86, restai fuori per un pelo. Diciamo che la Nazionale maggiore l’ho solo sfiorata...” Com’è il Monelli allenatore? “Ho allenato il Monza dagli allievi alla Primavera, ed ho sempre cercato di dare un’impronta alla mie squadre. Soprattutto mi piace curare l’approccio alla professione, i ragazzi devono venire al campo felici di allenarsi”. Qual è il mister che le ha dato di più? “Dal punto di vista umano e di gestione del gruppo certamente Fascetti, ed anche il “primo” De Sisti. A livello tattico dico Mazzone. Già nel 1982, quando l’ho avuto ad Ascoli, lui era avanti nei metodi di allenamento”. Un pregio ed un difetto del Monelli calciatore. “Tecnicamente me la cavavo egregiamente, oltre ai gol facevo parecchi assist. Un difetto? A volte sono stato troppo buono”. Paolo Monelli, progetti per il futuro? “Vorrei restare nel calcio, vorrei allenare. Magari una prima squadra, anche in serie D. Del resto ho fatto il master a Coverciano, ho il patentino di Prima Categoria, spero proprio arrivi l’occasione giusta”. A proposito, ha più risentito Massaro? “No... (sorride ironico), non ho più avuto il piacere”.

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