TMW Magazine n.113

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TMWmagazine Mensile di critica e approfondimento calcistico

#113 MAGGIO 2021


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SOMMARIO #113 MAGGIO 2021

TMW RADIO

LA PENNA DEL DIRETTORE

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PAROLA A MICHELE CRISCITIELLO SIAMO SOLO ALL’INIZIO

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INTER CAMPIONE

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A CURA DELLA REDAZIONE DI TMW MOMENTI CHIAVE DELLA CAVALCATA NERAZZURRA

CHE FINE HA FATTO

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ANGOLO CALCIO 2000

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FABIO GALANTE VI RACCONTO COSA MI DISSE MOU A LIVORNO

DANIELE MANNINI? DAL CALCIO ALLE GELATINE

RECENSIONE

A CURA DI FABRIZIO PONCIROLI FLIP, IL TREQUARTISTA

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FORZA GENTILE DI SHEVCHENKO E ALCIATO

EDITORIALI 3

LA PENNA DEL DIRETTORE SIAMO SOLO ALL’INIZIO

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ANGOLO CALCIO 2000 FLIP, IL TREQUARTISTA

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INTER CAMPIONE I 10 MOMENTI CHIAVE

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MOU ALLA ROMA LA GIOIA DEI ROMANISTI

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LE PAGELLE I VOTI DI TMW

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TMW RADIO FABIO GALANTE

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LE DICHIARAZIONI ZHANG, MAROTTA, ANTONELLO

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AMARCORD INSIDE MAN, THIAGO MOTTA

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COM’ERA IL MONDO NEL 2010 IPAD, INSTAGRAM, CONTE AL SIENA

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L’ALBO D’ORO INTER SUPER IL MILAN

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Michele CRISCITIELLO

@MCriscitiello

SIAMO SOLO ALL’INIZIO

Nemmeno il tempo di festeggiare per uno scudetto vinto con largo anticipo e con grande merito e conseguente vantaggio sulla concorrenza diretta, che in casa Inter si è già alle prese con la programmazione per il futuro, con l’obiettivo di tramutare lo scudetto conquistato la prima domenica di maggio nell’apertura di un ciclo duraturo. Il passaggio fondamentale per riuscire nell’impresa deve essere garantito dalla permanenza di Antonio Conte sulla panchina dei milanesi, e non soltanto per il semplice background di un tecnico che ha dimostrato con i fatti di essere vincente. Proseguire con il salentino fungerebbe infatti da assoluta garanzia di un’affidabilità che al momento la presidenza Zhang e la proprietà Suning devono ancora evidenziare. Se da un lato sono larghi i meriti per gli investimenti già sostenuti nella costruzione della squadra e nella scelta di uno dei tecnici più costosi del panorama internazionale, dall’altro questo è il momento in cui supportare il lavoro di semina degli anni passati con un rilancio economico che possa permettere ai nerazzurri di puntare ancora più in alto, ovvero all’affermazione totale anche a livello europeo.

Il lavoro di cucitura di rapporti e di diplomazia istituito dalle ultime dichiarazioni del grande architetto del progetto, ovvero Beppe Marotta, è volto principalmente a questo aspetto. Solo in seguito sarà poi tempo di esprimere valutazioni ed intavolare possibili trattative in chiave mercato, laddove gli obiettivi sono piuttosto chiari: a partire da un alter ego di Hakimi sulla corsia di sinistra, fino ad arrivare ad un portiere che possa raccogliere nel tempo l’eredità di Samir Handanovic. Anche perché la concorrenza non sembra avere la minima intenzione di restare a guardare in maniera inerme: il rilancio del nostro movimento calcistico passa attraverso scelte come quella della Roma, che ha rilanciato la propria candidatura ad aspirante attore protagonista del prossimo torneo affidando le proprie fortune alla sagacia tattica ed alla voglia di rivalsa di Josè Mourinho. Uno spettacolo costruito su rivalità da rinvigorire e personaggi ineguagliabili di cui la serie A ha maledettamente bisogno. Poco a poco li stiamo cercando di ritrovare.

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Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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INTER CAMPIONE I 10 momenti chiave della straordinaria cavalcata nerazzurra

d i Simone B e r nab e i

@Simo _B e r na

Uno Scudetto che, a detta di chiunque, l’Inter di Antonio Conte ha vinto con merito. Un percorso che negli ultimi mesi è stato lineare e convincente, mentre a inizio stagione non sono stati pochi i problemi a cui il tecnico nerazzurro ha dovuto far fronte. Di seguito ripercorriamo le 10 tappe fondamentali, i 10 momenti chiave, che hanno portato l’Inter sul tetto d’Italia dopo il regno (cit. Conte) della Juventus.

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26 settembre 2020. La prima di campionato (seconda giornata), contro la Fiorentina. La squadra di Iachini è avanti a San Siro e l’Inter non sembra in grado di trovare le contromosse. Poi Conte attinge dalla panchina: i 5 cambi sono Sensi, Vidal, Hakimi, Nainggolan e Alexis Sanchez. E’ lì che si capisce come la profondità della rosa nerazzurra possa fare la differenza. E infatti arriva una vittoria per 4-3 in extremis.

Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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Gol Lautaro Martinez - 47’

Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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Esultanza gol Romelu Lukaku - 42’ (2t)

Esultanza gol Danilo D’Ambrosio - 44’ (2t)

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17 ottobre 2020. È uno dei 2 ko stagionali dell’Inter, quello nel derby d’andata contro il Milan. La doppietta di Ibrahimovic tramortisce i nerazzurri, che da quel momento capiscono su chi dovranno fare la corsa se vogliono sognare davvero lo Scudetto.

Hakan Calhanoglu-Marcelo Brozovic-Stefan De Vrij

Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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Lautaro Martinez-Simon Thorup Kjaer

Esultanza gol Romelu Lukaku - 29’

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28 novembre 2020. Sassuolo-In-

ter, 9^ giornata. Dopo gli esperimenti delle prime settimane, Conte passa (anzi, torna) definitivamente al 3-5-2 classico lasciando da parte la declinazione del 3-4-1-2. Contestualmente, viene abbassato un po’ il baricentro e pure la linea del pressing, con notevoli benefici per la fase difensiva.

Foto © Insidefoto/Image Sport

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Esultanza gol Alexis Sanchez - 4’

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Gol Roberto Gagliardini - 15’ (2t)

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SE R I E A Stefan De Vrij-Romelu Lukaku-Samir Handanovic

Foto © Daniele Buffa/Image Sport

9 dicembre 2020. L’Inter viene eli-

minata dalla Champions e più in generale dell’Europa. A quel punto, gli uomini di Conte avevano una sola strada: vincere il campionato per far sì che la stagione non fosse considerata fallimentare. Il gruppo si è compattato e in Italia ha cambiato marcia.

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13 dicembre 2020. Inter impegnata a Cagliari. E’ uno dei momenti di svolta indicati dallo stesso Conte. L’Inter poteva vincere largamente quella partita, ma all’84’ è ancora inchiodata sull’1-1. Poi la rete di D’Ambrosio che sblocca la gara e più in generale tutta l’Inter a livello mentale, dando continuità di risultati.

Esultanza gol Danilo D’Ambrosio - 39’ (2t)

Foto © Image Sport

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17 gennaio 2021. Vittoria nell’an-

data contro la Juventus. E’ quello il primo, ideale, passaggio di consegne. Lì l’Inter capisce di potercela fare davvero, capisce di poter battere tutti dopo aver dominato e battuto i campioni in carica da 9 anni consecutivi.

Esultanza gol Arturo Vidal - 13’

Foto © Image Sport

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Esultanza gol Nicolò Barella - 7’ (2t)

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SE R I E A Fallo di Wesley Hoedt su Lautaro Martinez - 19’

14 febbraio 2021. Il mercato di gennaio è alle spalle. E Christian Eriksen è rimasto. A Conte, quindi, non resta che fare di necessità virtù: il danese viene prima provato come play puro al posto di Brozovic. Poi, dalla sfida contro la Lazio che vale la vetta, l’ex Tottenham entra stabilmente nella formazione titolare come interno sinistro al fianco di Brozovic. E’ la svolta tattica della stagione. Esultanza gol Romelu Lukaku - 23’ (R)

Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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SE R I E A Esultanza gol Romelu Lukaku - 45’

Esultanza gol Lautaro Martinez - 20’ (2t)

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21 febbraio 2021. Vittoria 3-0 nel derby di ritorno col Milan. Una prova di forza sotto tutti i punti di vista. Per molti, è questa la partita simbolo della cavalcata nerazzurra.

Foto © Image Sport

Gol Lautaro Martinez - 5’

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Gol Lautaro Martinez - 12’ (2t)

Foto © Daniele Mascolo/PhotoViews

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Esultanza gol Romelu Lukaku - 21’ (2t)

Foto © Daniele Mascolo/PhotoViews

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8 marzo 2021. La vittoria sull’Ata-

lanta. Una partita complessa, vinta 1-0 grazie a Skriniar. E’ il 7° successo consecutivo e probabilmente l’ultimo vero grande scoglio della seconda parte di campionato. Da lì sembra davvero tutto in discesa, per gli uomini di Conte.

Gol Milan Skriniar - 9’ (2t)

Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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1 maggio 2021. Il successo di Cro-

tone. I gol Scudetto sono di due giocatori a suo modo simbolo, ovvero Eriksen e Hakimi. Certo, per la matematica è servito il pareggio del giorno seguente dell’Atalanta col Sassuolo. Ma negli almanacchi resterà la gara dello Scida quella che ha dato all’Inter gli ultimi 3 punti necessari al successo finale.

Esultanza gol Christian Eriksen - 24’ (2t) Eriksen

Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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Esultanza gol Achraf Hakimi - 47’ (2t) Hakimi

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I campionati si vincono con la difesa. L’Inter ha quella migliore della Serie A, numeri alla mano. E i voti più alti vanno inevitabilmente ai tre grandi protagonisti della retroguardia di Antonio Conte, un marchio di fabbrica per il tecnico salentino, che sul 3-5-2 ha fondato i propri successi da allenatore. La sigla sarà meno accattivante rispetto alla storica BBC bianconera, ma la SDB nerazzurra, il terzetto formato da Skriniar-De Vrij-Bastoni ha giocato un ruolo fondamentale nel diciannovesimo Scudetto. Sono loro i grandi protagonisti della retroguardia, con pochissimo spazio concesso agli altri. Che però si sono fatti trovare pronti, soprattutto nel caso di due senatori come Ranocchia e D’Ambrosio. Capitolo Handanovic: le ultime settimane hanno rimesso in discussione il portiere sloveno dei nerazzurri. Decisivo però a inizio stagione e uscito dal campo in ben 14 occasioni (su 34) con un clean sheet: nessuno come lui in questo campionato. La nota stonata? Kolarov: voluto da Conte per migliorare la gestione della palla lì dietro, è progressivamente finito ai margini delle scelte. Anche perché sul centro-sinistra si è fatta notare la crescita esponenziale del giovanissimo Bastoni, uno dei simboli di questo scudetto.

I numeri - Dei clean sheet di Handa si è già detto. Il portiere è il calciatore più impiegato in questo campionato da Conte: sempre in campo, nei 3.060 minuti finora giocati in Serie A, con 29 gol al passivo in 34 giornate. Tanta difesa, ma anche parecchi gol: Skriniar ne ha segnati tre in trenta presenze. Come lui anche D’Ambrosio, mentre colpisce il dato degli assist di Bastoni: tre, gli stessi di giocatori più offensivi come Young o Darmian. Grande la sproporzione nel minutaggio tra i protagonisti e gli altri: se nel trio difensivo titolare il meno presente è Skriniar (2.599’ finora in A), Ranocchia arriva ad appena 434 minuti in campo, D’Ambrosio a 419 e Kolarov addirittura a 387.

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Il reparto numericamente più folto è stato anche quello che nel corso della stagione è cambiato maggiormente. Per compiti e idee, più che dal punto di vista degli uomini. I punti fermi più o meno dall’inizio alla fine sono stati 3: Marcelo Brozovic, regista, metronomo ed equilibratore della squadra. Uno a cui Conte non ha mai rinunciato. Nicolò Barella, il cui rendimento costante e sempre al top può tranquillamente essere considerato come una delle (belle) sorprese stagionali. Anche l’ex Cagliari mai e poi mai è finito nel gioco dei ballottaggi. E poi Achraf Hakimi. Soprattutto inizialmente qualche partita l’ha saltata, ma una volta capite idee e richieste di Conte ha reso per quelle che erano le aspettative (anche economiche). Nella zona del centrosinistra, invece, si sono viste gerarchie un po’ meno granitiche. Sulla fascia inizialmente si è vissuta l’alternanza Young-Perisic, con Darmian outsider pronto a ritagliarsi spazio. Piano piano

l’inglese è scalato indietro nelle preferenze ed il croato si è guadagnato i gradi del titolare, con l’ex Parma comunque sempre pronto a dare il suo contributo. Quindi la mezzala sinistra: per la prima metà di campionato Arturo Vidal è stato il titolare, lo imponeva il mercato così come la “battaglia” portata avanti da Conte per averlo a disposizione. Ma col passare delle settimane gli errori si sono moltiplicati, le critiche sono aumentate e complice anche un infortunio il cileno è di fatto piano piano uscito dalle rotazioni. Inizialmente in favore di Roberto Gagliardini, poi da febbraio in poi la maglia da titolare se l’è conquistata Christian Eriksen, per quella che di fatto è stata una svolta nello stile nerazzurro e più in generale della stagione. I numeri - Come detto, chi ha maggiormente colpito per l’impatto sono stati Hakimi, Barella e Brozovic. Insieme, i tre titolari del centrodestra hanno portato in dote 11 gol (addirit-

tura 7 per il marocchino) e addirittura 20 assist (equamente distribuiti). Statistiche che danno il senso dell’importanza dei tre nella rosa, ma che forse raccontano pure poco di quello che è stato il loro contributo. In termini di qualità, di personalità, di velocità, di capacità nel cambiare le sorti di una singola partita. E infatti tutti sfiorano o superano i 3000’ di impiego. Praticamente il doppio di Eriksen, ma come detto il danese è emerso solo da febbraio in poi, portando in dote 2 gol. Un po’ meglio ha fatto Perisic, con 3 reti e 5 assist. Vidal e Gagliardini hanno più o meno gli stessi dati (con aspettative iniziali ben diverse), mentre Sensi nelle sue 14 apparizioni non ha portato né gol né assist. Chi ha sopreso positivamente è invece Darmian, 3 gol (pesanti) e 3 assist. In totale, il centrocampo così come ve lo abbiamo raccontato ha regalato all’Inter campione d’Italia un contributo incredibile: 22 gol e 33 assist.

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Inutile girarci tanto intorno. D’accordo, la difesa impermeabile e il centrocampo qualitativo hanno fatto la differenza. Ma il reparto che ha segnato in tutto e per tutto lo straordinario cammino dell’Inter in campionato è certamente l’attacco. Una linea offensiva che in un certo senso sembrava avere gli uomini contati, ma che ha saputo (anche grazie ad un po’ di buona sorte dal punto di vista degli infortuni) non far mai mancare il proprio contributo. In totale, fino ad oggi, sono 74 le reti segnate dall’Inter, ovvero il secondo miglior risultato del campionato (al pari col Napoli) sotto solo alla macchina da gol Atalanta. Per capirci, un dato forse più di altri spiega al meglio il contributo dell’attacco: sulle 34 partite fin qui giocate, solo una volta l’Inter non ha trovato la via del gol (0-0 contro l’Udinese). Nelle altre 33 si è sempre vista l’esultanza di almeno un giocatore dell’Inter. Con la oramai celebre LuLa che l’ha fatta da padrona, imponendosi come

una delle coppie gol più prolifiche d’Europa oltreché d’Italia e con Sanchez che è stato grimaldello preziosissimo per forzare parecchie partite chiuse e difficili da sbloccare. I numeri - Sommando i numeri della LuLa, si intende bene l’apporto dato: in totale, Romelu Lukaku e Lautaro Martinez hanno segnato 36 gol e messo insieme 18 assist. Insomma, su 74 gol segnati hanno messo lo zampino in 54. Logico capire come Antonio Conte si sia affidato ad occhi chiusi alla sua coppia, che oltre ai numeri ha messo in mostra un’intesa, un’alchimia, difficilmente riscontrabile altrove. Il belga è l’uomo simbolo, l’uomo copertina dello Scudetto e infatti fra tutti i giocatori della rosa è suo il voto più alto. Facile giustificare questa scelta, visti i 21 gol e i 10 assist. Il Toro ha statistiche leggermente inferiori, anche se il peso specifico delle sue giocate è lì: in totale, per il classe ‘97 sono 15 gol e 8 assist. Alle

loro spalle come detto Alexis Sanchez. In più di un’occasione Conte si è detto in difficoltà nel non schierare titolare il Nino Maravilla. Ma anche col ruolo di terzo attaccante, l’ex United ha contribuito con 5 gol e 6 assist. Da rivedere Andrea Pinamonti, difficilmente giudicabile visti i soli 50’ di gioco spalmati su 5 presenze.

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Lo scudetto numero diciannove dell’Inter ha l’impronta di Antonio Conte. Il tecnico salentino rompe il ciclo d’oro della Juventus che lui stesso aveva lanciato dieci anni fa e riporta il tricolore nella Milano nerazzurra. In un successo che di firme ne ha tante, la sua è quella più evidente: dimenticati i malumori e le frecciate della scorsa stagione, ha abbracciato le conferenze da zero a zero e tenuto insieme la squadra in un campionato per niente facile. Ha pulito il sistema dalle scorie legate all’eliminazione in Champions League (lì c’è spazio, tanto, per migliorare, ma qui si valuta il campionato) e ha isolato lo spogliatoio dalle vicende societarie. Ha saputo correggere il tiro: dopo aver inseguito geometrie e bel gioco a inizio Serie A, si è rimesso in carreggiata nel senso del 3-5-2 e della solidità. I suoi marchi di fabbrica. Ha voluto fortemente Vidal e alla fine rimesso Eriksen al centro della chiesa. E c’è la sua

firma anche dietro l’acquisto di Romelu Lukaku, il calciatore che più di tutti ha cambiato la storia recente dell’Inter. I numeri - 82 and counting. Se manterrà questo ritmo, l’Inter chiuderà tra 91 e 92 punti in classifica. Sarebbe un dato che non si registra dal campionato 2017-2018 e testimonierebbe il passo che i nerazzurri hanno saputo imprimere a questa Serie A. Impossibile da tenere per tutta la concorrenza. A oggi, la squadra di Conte vanta la miglior difesa (29 gol subiti) e il secondo migliore attacco del campionato (74 gol fatti, come il Napoli, meglio solo l’Atalanta). Correndo più di tutti, in tutti i sensi: con 112,952 km percorsi, l’Inter è la squadra che ha faticato di più sotto questo profilo (anche se verosimilmente sarà superata dalla Lazio, a quota 112,281 km con una gara in meno). 14 gol su soluzione aerea, nessuno come l’Inter di Conte: è anche questione di testa.

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Alessandro Antonello: “È un’emozione unica, da interista e da AD dell’Inter vivere dall’interno questa emozione è qualcosa di speciale. Ci tengo a ringraziare mister Conte, i ragazzi che hanno lavorato in maniera incredibile in questa annata per raggiungere questo obiettivo, tutti quelli che lavorano per il Club che hanno dato un supporto altrettanto importante dietro le quinte e i nostri partner e sponsor che ci hanno sostenuto in questi anni e soprattutto in quest’ultimo molto particolare. Un grazie va anche ai nostri tifosi che purtroppo non abbiamo potuto avere a San Siro a supportarci ma che hanno sempre dimostrato il loro attaccamento alla squadra e alla società. Grazie di cuore”.

Steven Zhang, presidente nerazzurro da poco rientrato a Milano: “È un momento emozionante, speciale per tutte le persone coinvolte in questo progetto e che sono state con noi in questo percorso. Grazie prima di tutto ai tifosi, a tutti gli stakeholder, a chi lavora con noi e ovviamente al nostro coach Antonio Conte e ai giocatori che hanno lavorato duramente per raggiungere questo risultato. Voglio inoltre ringraziare tutti i dipendenti dell’Inter e il management, i due amministratori delegati che mi hanno sostenuto non solo in quest’anno ma anche nei precedenti cinque. Tutti coloro che fanno parte di questo progetto, che hanno lavorato con noi non solo quest’anno ma anche in passato. Penso che tutti loro facciano parte di questo scudetto e che questo scudetto appartenga a tutti loro e voglio dirgli grazie”.

Giuseppe Marotta: “Sono arrivato all’Inter nel 2019, la proprietà ha illustrato un programma ambizioso e ha assecondato le richieste dell’allenatore, che è un vincente e voleva avere un programma molto chiaro. Questo è un ciclo che è iniziato, che tutti vorremmo potesse continuare. L’anno prossimo potrebbe essere quello della stella, potrebbe essere un sogno inedito, come lo era vincere lo Scudetto quest’anno. Sarebbe bello continuare insieme, io sono felice all’Inter e sono contento a Milano”, ha detto alla Rai.

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i Pad e I ns tag ram , Conte a S ie na .

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d i Si mone B e r nab e i

27 gennaio: Apple presenta il tablet iPad @Simo _B e r na

Sono passati 11 anni dall’ultima volta in cui l’Inter aveva vinto il campionato italiano. 11 lunghi anni caratterizzati dal successo del Milan, quindi dal regno di 9 anni della Juventus. Nel mezzo anche tanti fatti e accadimenti che hanno segnato il vivere comune e disegnato, almeno in parte, il mondo che conosciamo oggi. A livello calcistico il fatto rilevante di quel 2010 fu (oltre all’Inter) il mondiale del Sudafrica vinto dalla Spagna. In Italia l’Atalanta retrocedeva in Serie B e la Sampdoria andava in Champions. Antonio Conte riparte dal Siena e Massimiliano Allegri viene esonerato dal Cagliari. Guardando all’estero e agli altri sport, il Lipsia che oggi si gioca i campionati col Bayern è in quinta divisione, LeBron James inscena la storica The Decision lasciando i Cleveland Cavaliers per trasferirsi ai Miami Heat. Ma come detto il mondo vide tanti altri eventi da ricordare:

15 aprile: l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajokull blocca il traffico aereo in tutta Europa 22 luglio: viene accolta la richiesta d’indipendenza del Kosovo dalla Serbia 10 agosto: tema d’attualità, visto che l’OMS dichiara terminata la pandemia da influenza suina, l’H1N1 20 agosto: termina la guerra in Iraq col ritiro delle truppe USA 6 ottobre: viene rila sciata la prima versione di Instagram 28 novembre: WikiLeaks entra con forza nello scenario geopolitico mondiale con la pubblicazione di centinaia di migliaia di file segreti riguardanti soprattutto gli Stati Uniti

Foto © Federico De Luca

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L’Inter ha vinto il 19esimo Scudetto della sua storia, grazie al mancato successo dell’Atalanta sul Sassuolo. Con questo trionfo, la società nerazzurra stacca così il Milan (fermo a 18) nell’albo d’oro della competizione, con la Juventus che resta prima a distanza con 36 vittorie.

Questo l’albo d’oro della Serie A: Juventus 36 Inter 19 Milan 18 Genoa 9 Bologna 7 Pro Vercelli 7 Torino 7 Roma 3 Fiorentina 2 Lazio 2 Napoli 2 Cagliari 1 Casale 1 Hellas Verona 1 Novese 1 Sampdoria 1 Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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FILIP il trequartista

L’ang ol o d i

Calcio2OOO

d i Fabr iz io Ponciroli

@f ponc iroli Chiacchierata con Djuricic, cittadino d’Europa che ha trovato casa a Sassuolo

Foto © Matteo Gribaudi/Image Sport

Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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Filip Djuricic è una delle certezze del Sassuolo delle meraviglie di Roberto De Zerbi. Trequartista di grande qualità, ha girato mezza Europa prima di sbarcare in Italia e trovare la sua dimensione ideale al Sassuolo. La sua è una storia che merita di essere raccontata… Come è nata la tua passione per il calcio? “Ho iniziato a giocare quando avevo cinque anni. Mio padre è stato un calciatore professionista di calcio a 5. Ha giocato anche nella nazionale dell’ex Jugoslavia. Io andavo sempre a vederlo giocare. Inoltre, sono nato in una famiglia di super tifosi della Stella Rossa, quindi era normale che il calcio diventasse, sin da piccolo, parte della mia vita”. Chi erano i tuoi idoli quando eri un bambino? “Mi piacevano giocatori come Zidane e Kakà. A livello nazionale, ero un super fan di Stankovic che, quando ho cominciato, era il nostro miglior giocatore. Ho anche una sua maglia di quando giocava con la Lazio. Lui e mio padre si conoscono bene, giocavano spesso a calcio a 5”. Hai sempre giocato da trequartista o hai giocato in altri ruoli? “No, ho sempre ricoperto il ruolo di trequartista. Porta la 10 da sempre. E’ il mio numero preferito, così come il ruolo da trequartista è quello in cui mi sento a mio agio”. La tua carriera ha dell’incredibile. Hai giocato in tutta Europa… Grecia, Olanda, Germania, Inghilterra, Portogallo e Belgio… “Sì, ho girato parecchio (ride, ndr). Sono nato a Obrenovac, cittadina serba a circa 25 km da Belgrado. Sono entrato a far parte

della Stella Rossa giovanissimo. Purtroppo, in quel periodo, la Stella Rossa aveva dei guai e quindi sono andato all’Olympiacos, in Grecia, che mi voleva con insistenza. Sono andato a fare un provino con il Manchester United, ma ero troppo giovane ed era un problema per un eventuale tesseramento. Così sono tornato a giocare nella squadra della mia città. Ci sono rimasto per un anno poi, nel 2009, mi sono trasferito all’Heerenveen, club olandese molto simile al sassuolo in cui sono cresciuti talenti come Van Nistelrooy e Huntelaar. Ho trascorso anni stupendi in Olanda. Una società ben organizzata. Poi, nel 2013, sono andato a giocare in un club prestigioso come il Benfica. Un’esperienza agrodolce per me. Ho Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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vinto dei trofei, segnato in Champions League, ma non avevo lo spazio che desideravo. Ed ecco che finisco in Inghilterra, al Southampton. Un’avventura pazzesca. Ho avuto la fortuna di giocare con gente come Tadic, Pellé, Van Dijk, insomma grandissimi giocatori. Sono poi tornato al Benfica e girato in prestito all’Anderlecht in Belgio, prima di arrivare in Italia nel 2016 alla Sampdoria”. Avrai imparato tantissimo… “Vero, se uno vuole sapere qualcosa su tutti questi campionati, io posso parlarne (ride, ndr). Sicuramente sono state esperienze importanti. Ad esempio, oltre all’italiano, parlo l’olandese, lingua difficile, l’inglese e ovviamente il serbo. Parlavo anche portoghese ma, da quando sono arrivato in Italia, non mi riesce più tanto bene. Mi viene più naturale parlare italiano”.7 Parliamo del Sassuolo e di De Zerbi… Non hai conosciuto il Mister al Sassuolo, vero? “Giocavo alla Sampdoria e il Mister allenava a Benevento. Mi ha voluto. Non è stata una scelta facile all’epoca ma sono felice di averla fatta”. Perché De Zerbi è così diverso dagli altri allenatori? “Lui guarda il calcio da una prospettiva diversa. E’ stato un trequartista di grande talento. Conosce bene di cosa stiamo parlando. Quando ci deve spiegare qualcosa, gli viene facile farlo proprio perché ha giocato a calcio a livello professionistico. Lui sente il calcio, lo per Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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LA CARRIERA DI DJURICIC Nato a Obrenovac, cittadina serba, il 30 gennaio 1992, è un trequartista abile con entrambi i piedi. Cresce nelle giovanili della Stella Rossa, gioca in Grecia nell’Olympiacos ma è con la squadra della sua città che si mette in luce, giocando a grandi livelli con calciatori molto più maturi di lui. Nel 2009 si trasferisce in Olanda. Firma con l’Heerenven. Le sue prestazioni crescono di anno in anno. Il Benfica decide di puntare su di lui. Segna in Champions League (contro l’Anderlecht) e vince tre trofei ma gioca poco. Passa al Mainz e poi al Southampton, sempre con la formula del prestito. Torna, nel 2015, al Benfica ma ci resta poco. Altro trasferimento, questa volta in Belgio all’Anderlecht. Nel luglio del 2016 arriva la chiamata della Sampdoria. Alti e bassi con i blucerchiati. De Zerbi lo chiama a Benevento e Djuricic accetta. Non evita la retrocessione al club ma si dimostra giocatore di enorme qualità. De Zerbi, accasatosi al Sassuolo, lo chiama immediatamente a sé: Inizia la storia d’amore con il club neroverde. Il suo primo gol con la casacca del Sassuolo è contro il Milan. Diventa un punto fermo del gioco di De Zerbi che ne esalta le doti. Grazie alle ottime prestazioni con il Sassuolo, ritrova anche la maglia della nazionale.

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cepisce. Non è un caso che quest’anno, a parte qualche partita, abbiamo sempre dominato a livello di possesso palla. De Zerbi sa quello che vuole da noi e sa spiegarlo naturalmente”. La sensazione è che siate davvero un bel gruppo… “Siamo davvero un bel gruppo ma è merito della società. Qui è tutto molto organizzato, sei messo nelle condizioni migliori per pensare solo al tuo lavoro. Ho giocato in tante squadre ma non ho mai trovato un gruppo così unito, con nessuno in mala fede. Tutti grandissimi professionisti e ottimi calciatori”. Al Sassuolo hai iniziato a fare anche diversi gol… Quello che ricordi con più piacere? “Il più importante è stato quello, dello scorso campionato, all’Hellas Verona. Stavamo vivendo un momento complicato, grazie a quel gol abbiamo vinto la gara e ci siamo rilanciati. Tra i più belli ci metto quelli con Spezia e Torino di quest’anno”. Il tuo futuro sarà ancora con la maglia del Sassuolo? “Quando, tre anni fa, ho deciso di venire qui avevo tante altre offerte. Ero svincolato ma ho scelto il Sassuolo perché ci credevo tanto. Ho fatto la scelta giusta. E’ un piacere far parte di questa società. Ho ancora un anno di contratto con il Sassuolo e sono felice di essere qui”.

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Il difensore più tosto e l’attaccante migliore con cui hai giocato ad oggi? “Domanda non semplice. Ho giocato con moltissimi giocatori di altissimo livello. Per quanto riguarda i difensori, Demiral è uno tosto, di quelli che ti marcano per davvero. Ma ho avuto la fortuna di avere come compagno di squadra anche Van Dijk e ci siamo affrontati anche da avversari quando io ero all’Heerenven e lui al Groningen. Attaccanti? C’è l’imbarazzo della scelta. Da Cardoso a Jonas, passando per Pellè che ora gioca a Parma. Pure Tadic fortissimo…”. Ora giochi alle spalle del nazionale azzurro Caputo… “Un grande, ragazzo da 10 e lode. Spero possa andare agli Europei, se lo merita. Faccio il tifo per lui. Ciccio è un grande”. Cosa fai quando non giochi a calcio? “Beh, non è che abbia tanto tempo per pensare ad altro, considerato che ho tre bimbi. Mi è sempre piaciuto il basket. Per noi serbi, la pallacanestro conta tanto. Seguo sia l’NBA che l’Eurolega. Mi piace Denver perché ci gioca Jokic mentre Teodosic della Virtus Bologna è il top in Europa e per fortuna gioca in Italia. Poi, quando mi capita, mi piace anche leggere o guardare qualche film ma, ripeto, con tre bimbi, è difficile trovare del tempo e mi va benissimo così”. Hai vissuto in tantissime città europee, una che ti è piaciuta particolarmente? “Non è facile scegliere. Se proprio ne devo scegliere una, ti dico Lisbona, davvero una bellissima città. Ci si vive bene”. Obiettivi a medio/lungo termine?

“Difficile farne nel calcio, non sai mai cosa può accadere. Voglio continuare a giocare a calcio e divertirmi il più a lungo possibile. E poi sogno di partecipare ad un torneo internazionale con la maglia della Serbia”.

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LA GIOIA DEI ROMANISTI PER MOURINHO LA CAPISCE SOLO CHI NON VINCE (QUASI) MAI di Marco C onter i o

@marcoconte r i o

Tutte le strade portano a Roma, ma poi Roma sceglie le sue. Sceglie dove andare e non puoi saperlo, e non puoi capirlo. Roma è eterna ma eternamente imperscrutabile. Apre il cuore e l’anima a chi l’abbraccia, a chi la sposa, a chi la vive. Ma tra esser cittadino romano e romano, c’è più di un Tevere di distanza. Impossibile capire cosa stia provando ora il romanista, dopo l’annuncio di José Mourinho. Roma è unica

anche nelle emozioni che prova dentro. Gioia. Felicità. Sì, ma quella è sostanza comune dei sogni di tutti. José da Setubal nella Capitale è una sensazione, è letteralmente qualcosa di speciale. La sensazione viva e vivida che prova il tifoso romanista è una commistione di identità, orgoglio, incredulità, vertigine e rivalsa. C’è tutto un mondo, nel respiro che viene dopo aver letto quell’annuncio improvviso.

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SE R I E A

Roma può capirla, se parliamo di chi ha cavalcato le onde alte ed è caduto nei precipizi del calcio che conta e di quello che spesso è stato la cruda realtà, il tifoso napoletano. In dimensione diversa, con una cinta muraria differente ma con la stessa ambizione, quello fiorentino. I genovesi. Cioè chi nei tempi recenti è stato abituato a vivere in trincea e spesso a prenderle. A rialzarsi, a dare un colpo, e poi a prenderne altri cento. Quello resta nella storia e non può capirlo chi è abituato alle glorie dei trofei, dell’Europa che conta, delle sfide al Real Madrid, al Manchester United, al Bayern Monaco, al Liverpool. L’eco delle grida dell’Artemio Franchi che ribolle per la rimonta sulla Juventus arriva ancora oggi, a colpi di mitraglia, portato dal vento delle colline di Fiesole. A Napoli basta un nome, Diego Maradona, per raccontare quel che per gli altri è incomprensibile. Identità, orgoglio, incredulità, vertigine, rivalsa.

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E lo è nonostante una buonuscita da dodici milioni di euro netti dal Tottenham. E lo è nonostante quello che è costato alla Roma prendere Mourinho. Non c’entrano i bilanci in tutte queste righe, perché vanno nella direzione opposta e contraria del sangue del romanista. Sono i soldi a regalare certi sogni, si dirà, ed è pur vero. Ma quella sensazione, quell’attimo di incredulità, quell’onda che da ieri porta il romanista a cavalcare la dolce leggerezza della propria passione, non la fa solo il denaro o almeno non solo quello. C’è qualcosa di profondamente popolare e genuino, che sa di provincia, di stadi polverosi, di trasferte sudate, di sconfitte amare e di piccole grandi soddisfazioni, nella reazione di Roma all’annuncio dello Special One. E solo in pochi possono capirlo. Solo chi non vince (quasi) mai.

La gioia di Roma per José Mourinho è l’antitesi esatta della Superlega. E lo è nonostante l’ingaggio da sette milioni e mezzo di euro netti a stagione per tre anni più bonus del portoghese.

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FABIO GALANTE “VI RACCONTO COSA MI DISSE MOU A LIVORNO. ROMA GIÀ DA CHAMPIONS” d i TMWR ADIO

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L’ex difensore Fabio Galante ha parlato in diretta a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini. A partire dal ritorno in Italia di Mourinho: “Mi fa piacere che torni un allenatore del suo calibro, anche per l’importanza che assume il campionato. Una volta venivano i giocatori più forti, adesso ci accontentiamo degli allenatori bravi (ride, ndr)”. L’obiettivo della Champions può essere plausibile? “Gli allenatori ti danno un valore aggiunto ma senza la squadra giusta faticano. Penso che la Roma sia una squadra fatta da ottimi calciatori, con buone individualità. Si sono persi ma per lunghi tratti ho visto una bella Roma, che poteva lottare per i posti in Champions. Quando poi subentrano certe situazioni che da fuori non si capiscono, vai a perdere terreno e sbagli le partite. Non sono inferiori a Napoli o Lazio”. Mai incrociato Mourinho? “In un Livorno-Inter successe una cosa simpatica. Eravamo nel tunnel per vedere il campo, un paio d’ore prima della partita. Lui era con il suo addetto stampa, che gli disse: ‘Ti presento un ex giocatore dell’Inter’. Lui disse: ‘Non me lo devi presentare, Galante è molto famoso a Milano, dicono che è il più

bello mai visto all’Inter’. Sarà che mi ha addolcito... Poi l’Inter ha vinto. Fu veramente simpatico, comunque”. Anche lui piaceva, però... “Non lo so, sono sincero, ma al di là di quell’episodio ho avuto la fortuna di vederlo in una partita delle Inter Legends, vincemmo in uno stadio pieno. Ha viaggiato con noi in pullman e mangiato dopo la partita: capisco perché sia così amato, è talmente intelligente che l’avrei ascoltato per tutta la notte. Pochi ne ho trovati così, con questo modo di fare e parlare mi ha conquistato. Ecco perché sa tirare fuori il meglio”. Quale l’arma in più dell’Inter campione? “L’unione, la compattezza tra allenatore e calciatori. Conte trasmette il suo carisma a tutti. L’Inter è una squadra costruita in maniera saggia grazie a Marotta e Ausilio, passo dopo passo. Ho fatto l’osservatore due stagioni fa con Spalletti e so come lavora Ausilio: Lautaro l’ha scoperto in Argentina, Bastoni dalla Primavera dell’Atalanta e poi De Vrij a zero, Hakimi prima della fine della stagione... Conte ha dato il valore aggiunto. Dico di più: l’Inter degli ultimi periodi avrebbe fatto bene anche in Champions League, a mio modesto parere”.

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La base l’ha data Spalletti? “Luciano, al di là che ci ho lavorato per un anno, ha un grande merito nell’aver riportato l’Inter in Champions e aver dato il senso d’appartenenza, il significato di essere all’Inter. Non dimentichiamoci delle annate difficili che ci sono state prima. Lui ha avuto sfortuna, glielo dico sempre: probabilmente anche lui sarebbe arrivato allo Scudetto con le campagne acquisti di questi ultimi due anni”. Dove lo vedrebbe meglio? “Dovunque. Non ha problemi ad allenare Real Madrid, Tottenham, Fiorentina o Napoli. Ha tutte le qualità per gestire i campioni ma anche per far crescere i giovani. A fine allenamento parla con i ragazzi, li fa tirare in porta... Lui in campo ci starebbero 7 ore, è che a un certo punto lo mandano via. Un allenatore vecchio stile, di grande qualità”. Due parole sul Livorno retrocesso in Serie D. “Mi dispiace tantissimo per i tifosi, la piazza è veramente bella. Pensare che sono retrocessi in Serie D mi fa piangere il cuore e mi dispiace pure per Amelia che ci ha messo tutto, ma i disastri societari sono stati veramente grossi. Sarebbe troppo facile attaccare chi è venuto dopo Spinelli, spero solo di non rivedere da altre parti queste persone qua. Questa è gente che ha rovinato una piazza come Livorno, come possono fare ancora calcio? Mi spiace pure per Spinelli, che ha lasciato a chi non ha le possibilità...”. Invece l’Empoli gioisce. “Sì, una gioia incredibile: ormai l’Empoli non è più una sorpresa: grazie alla famiglia Corsi sanno come fare calcio. Sono veramente contento”.

Foto © Daniele Buffa/Image Sport

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AMARCORD

Calcio2OOO

Pe r l’u s c ita N.161 di C al c i o2000, am pi a inte r v i sta con T hi ago Motta, all ora pe r no d el ce ntrocampo d ell’Inte r. Una pe rs ona di spi ccata pe rs onalità con un rappor to pr iv il eg i ato con L eo Me ssi … C A LCIO2 00 0 N.161 – ANNO 2011

INSIDE MAN ADO RA DE N Z E L WA S H I N GTON, G LI P I ACE G I O C A R E A L F IANCO DI CAM BI A S S O E S A C O ME SI FA A V I NC E R E . FA C C I A A FACCI A CO N T H I A G O M O T TA , L’E LE G AN T E C E N T R O C A MPISTA DE LL’ I NTE R D I L E O N A R D O…

di Fabr i zio Ponciroli

@fp onc i roli

Foto © Giuseppe Celeste/Image Sport

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A p p en a c i ra g g i u n g e, n el l a s a l a s t a m p a d el l a P i n et i n a , c o m p ren d i a m o i m m ed i a t a m en t e d i a ver d i f ro n t e u n ra g a zzo , c o m e s i s u o l d i re “ c o n l a t es t a s u l l e s p a l l e” . Po s a t o , ri s erva t o , s i m et t e s u b i t o i n g i o c o , s c h erza n d o s u l l a rec en t e i m p res a d i M o n a c o d i Ba vi era : “ E ra u n a p a rt i t a s eg n a t a , h a n n o s b a g l i a t o t ro p p i g o a l , s i ved eva

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Foto © Matteo Gribaudi/Image Sport

c h e era u n a g a ra s eg n a t a d a l d es t i n o … ” . Do p o q u a l c h e b a t t u t a a l vet ri o l o s u J u l i o C es a r e Pa n d ev, è t em p o d i c o m i n c i a re u f f i c i a l m en t e l a n o s t ra c h i a c c h i era t a … I n n a n zi t u t t o , g ra zi e p er a verc i c o n c es s o q u es t ’ i n t ervi s t a i n es c l u s i va … “ ( S f o g l i a n d o C a l c i o 2 0 0 0 ) G ra zi e a vo i , n o n c ’ è p ro b l em a ” . Pa rti a mo d a l pri n ci pi o . Q u a n d o i l ba mbi n o T h i a go M o tta s i è i n n a mo ra to d e l pa l l o n e ? “ G ra zi e a m i o p a d re. L u i g i o c a va a calcio a 5 e io lo accompagnavo s em p re d a b a m b i n o . P ri m a e d o p o l a p a rt i t a g i o c a vo c o n l u i . U n g i o rn o a l l a p a rt i t a c ’ era u n a l l en a t o re d el l a J u ven t u d e. Di s s e a m i o p a d re c h e vo l eva f a rm i a l l en a re n el l e g i o va n i l i d el c l u b e c o s ì è s t a t o . Avevo 4 a n n i e m ezzo … ” . G i o va n i l i co n l a J u ve n tu d e e po i , a s o l i 1 6 a n n i , ti s e i tra s f e ri to a l B a rce l l o n a . Un ca mbi o d i vi ta pe r n i e n te s e mpl i ce , co n s i d e ra ta l ’ e tà gi o va n i s s i ma … “ On es t a m en t e, s o p ra t t u t t o n ei p ri m i m es i , è s t a t o d i f f i c i l e m a s a p evo c h e ero a p p ro d a t o a d u n c l u b i m p o rt a n t i s s i m o . E ro s o l o , n o n è s t a t o f a c i l e a l l o n t a n a rm i d a l l a m i a f a m i g l i a . Po i , p erò , m i s o n o a d a t t a t o b en i s s i m o a l l a n u o va vi t a . G i o c a re a Ba rc el l o n a era u n a c o s a f a n t a s t i c a . Ora s o n o c o n t en t i s s i m o d el l a s c el t a c h e h o fatto…!,

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S E MP R E A L T O P …

Foto © Alberto Fornasari

Nato a Sao Bernardo do Campo, il 2 8 / 8 / 1 9 8 2 , Thiago M otta, figlio d’art e (il padre era un disc ret o gioc atore) viene not at o giovanissimo dai dirigent i della Juventude. In poc o tempo fa int ravedere grandi pot enzialità. Normale c he arrivi l’int eresse dei c lub europei. A spunt arla è il Barc ellona c he lo preleva dal c lub brasiliano a soli 1 6 anni. Inizia la sua avvent ura blaugrana nella selezione B ma, spesso, si allena c on la Prima Squadra. La c onsac razione definit iva arriva nella stagione 2 0 0 1 / 0 2 . Il 3 / 1 0 / 2 0 0 1 viene fat to esordire al Camp Nou da Van Gaal (c ontro il M aiorc a). Nel giro di un paio di stagioni diventa un punt o di riferiment o del c ent roc ampo del Barc a. P urt roppo, l’1 1 / 9 / 2 0 0 4 , c ontro il Siviglia, si rompe i legamenti. Per Thiago M otta inizia un lungo c alvario (ot to mesi per rec uperare). Al suo rientro non è più c onsiderat o un t itolare e, a malinc uore, dec ide di c ambiare aria, ac c et tando la c orte dell’At letic o M adrid. Il t ec nic o dei Colc honeros Rij kaard stravede per lui. Tuttavia, c ausa altro serio infort unio, Thiago M ot ta non dec olla e, a fine anno, dec ide di fare le valigie, direzione Genoa. Il 1 9 / 1 0 / 2 0 0 8 fa il suo esordio in maglia Grifone. In breve t empo si guadagna la fiduc ia dell’ambient e rossoblù, divent ando un idolo dei tifosi. Dopo una sola st agione al Genoa (6 gol in 2 7 presenze), passa all’Int er (insieme a Diego M ilito) per c irc a 1 4 milioni di euro. Anc he c on la c asac c a nerazzurra fa faville. Arrivano trofei importanti: Coppa It alia, Sc udet to, Champions League, Superc oppa It aliana e M ondiale per Club. Thiago M otta è ormai un uomo simbolo del c lub nerazzurro. Olt re ai suc c essi c on l’Int er, Thiago M otta, lo sc orso 9 / 2 ha indossat o, per la prima volta, la maglia della Nazionale it aliana (il brasiliano ha passaport o it aliano, avendo parenti a Polesella, paesino in provinc ia di Rovigo). L’ennesimo sogno divent at o realtà per un gioc atore sempre dec isivo…

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Prop rio a Barc ello na sei d i vent at o u n g ran di ssi m o gi o ca t o re , arriv an do pr est o a lla P r i ma s qu adra, a 1 9 anni … “ L a p rima p art ita co n l a Pr im a sq u a d ra è arriv ata in C oppa C at a l u n ya ma già mi al l en avo co n l a P r i m a squad ra da qual che tem po. Q u a n do si è f a t to m al e C o cu, h o c o mi ncia t o a f a r par te del l a r os a d e l l a P rima sq uadr a in m anier a c o n t i n ua t iv a…”. A l B a rce llon a sei st a t o a llena t o an c h e da u n ce r t o Va n Ga a l… “ E r a un alle na t o r e dur o , ques to è u n f at t o ce rt o , m a an che m ol t o s i nce ro e d i retto . Non faceva d i st i nz i one t ra g r andi cam pio ni o g i o v a ni come m e o Inies ta. L ui h a c r ed ut o ne i giovani, no n aveva p a u r a di me t t e rli in cam po e n on gu a r dav a in f a ccia a n es s u no e q u est o mi è se m pr e piaciuto…”. L ’ 1 1 se tte mb re d el 2004 t i sei rot t o i le g ame nt i d el gi no cch i o d es t r o. Cosa ha i pensa t o i n q u e l mome nto? Ha i a vut o pa ura d i av e r compr o m esso la t ua c arri e ra? “ Ce r t a me nt e , ho avu to tan ta pau r a d i non t orna re qu el l o di pr im a. E r a i l p rimo v e r o infor tu nio del l a m i a ca rrie ra , ho tr as co r s o dei me s i b rut t i ssi mi. Non s apevo da c h i farmi ope rar e, avevo m il l e d u b bi . Poi sono an dato neg l i Stat i U n it i, d ov e son o s tato oper ato d a l Dot t or S t e adm an ch e m i ha

r assic ur ato e tr anq uil l iz z ato c ir c a un m io c om p l e to r e c up e r o. S ono stato f e r m o otto m e si m a al l a f ine sono tor nato a gioc ar e e ne sono m ol to f e l ic e … ”. Par l and o d i B ar c e l l o na no n si p uò no n p ar l ar e d i M e ssi. Il v o s t r o P r e sid e nt e c o nt inua a inv iar g l i m e s s ag g i d ’am o r e , t u c he ne p e ns i? Ve r r à m ai al l ’Inter? “S ono sic ur o c he v e r r à al l ’I nte r. S e m ai d ov e sse c am b iar e sq uad r a, sono c e r to c he v e r r à al l ’I nte r. Ce r to, oggi sta b e nissim o al B ar c e l l ona, è il sim b ol o d e l c l ub e sta and and o al l a gr and e . M a, ne l c al c io m od e r no, l e c ose c am b iano in f r e tta e , se m ai av r à un m om e nto d i d if f ic ol tà e d ov r à l asc iar e B ar c e l l ona, l ’I nte r sar à il suo nuov o c l ub . S p e r o d i e sse r e anc or a al l ’I nte r q uand o l ui v e r r à q ui”. Do p o l ’e s p e r ie nz a al Bar c e l l o na, t i s e i t r as fe r it o al l ’A t l e t ic o M ad r id . U n so l o anno e ne p p ur e m o l t o fo r t unat o . Co m e m ai? “L a stagione p iù b r utta d e l l a m ia c ar r ie r a. Q uand o sono ar r iv ato e r o f e l ic issim o d e l l a sc e l ta m a p oi l e c ose non sono and ate b e nissim o. Av e v o p r ob l e m i c on Pr e sid e nte e D ir e ttor e S p or tiv o. L ’al l e nator e d i al l or a, c he e r a R ij kaar d v ol e v a c he r e stassi m a non stav o b e ne , non av e v o l e gato c on l a soc ie tà”.

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Q uind i l a c hiam a ta d e l G e n o a è ar r iv at a al m o m e n to gi u s to ? Co m e l ’hai v is s u ta ? I n f i n d e i c o nt i t u e r i ab itu a to a gra n d i c l ub c o m e B ar c el l o n a e Atl e ti c o M ad r id … “O ne stam e nte , q u a n d o m i h a n no p r op osto d i an d a re a l G en o a , e r o un p o’ p r e oc cu p a t o . No n c o nosc e v o l a c ittà, n o n s a p evo l a stor ia d e l G e noa m a , o ra , p o s s o d ir e c he è stata l a s c el t a p i ù b el l a d e l l a m ia v ita”. A nc o r a o g g i so no ta n ti i ti f o s i r o sso b l ù c he t i a ma n o a l l a f o l l ia… “G uar d a, il G e noa è ri m a s t o n el m io c uor e . H o gio c a t o i n g ra n d i c l ub , gioc o ne l l ’In t er m a i l G enoa c ontinua ad e s s ere l a s q u a d r a c he ho ne l c uo re, è c o s ì , è l a v e r ità”. A p p unt o , l ’Int e r. Ti s ta i re n d e n d o c o nt o d i q ue l l o ch e s ta te c o m b inand o v o i n e l l ’ I n te r. C o n t ut t i q ue st i t r o fei s ta te e n tra n d o ne l l a l e g g e n d a d e l cl u b. Q uand o av r ai 80 a n n i ti i n vi te r anno a p ar l ar e di qu e l l a vo l ta in c ui l ’Int e r v ins e i l Tri pl e te … “(R id e ) Q uand o s t a i g i o c a n d o e hai m il l e ap p un t a m en t i e m i l l e p ar tite c he ti as p et t a n o n o n t i r e nd i c onto d i q uel l o c h e h a i f a tto o d i q ue l l o c he h a i g i à vi n t o . S e i c onc e ntr ato s u l p res en t e e sul f utur o. M agar i , t ra 2 0 /3 0 /4 0 anni m i r e nd e r à c o n t o d i q u el l o

c h e s i a m o ri u s c i t i a f a re c o n l a m a g l i a d el l ’ I n t er m a , i n q u es t o m o m en t o , n o n c i p en s o a f f a t t o , h o t ro p p e c o s e a n c o ra d a f a re e t a n t i t ro f ei c h e vo g l i o a n c o ra vi n c ere” . A pro po s i to d i tro f e i d a vi n ce re , l ’ I n te r, co n L e o n a rd o i n pa n ch i n a , è to rn a ta qu e l l a d i u n te mpo . Q u a l e è i l s e gre to d i qu e s ta ri n a s ci ta ? “ Pen s o c h e c o n Ben i t ez, c h e rep u t o u n g ra n d e a l l en a t o re, n o n s i a s c a t t a t o i l g i u s t o f eel i n g . No n s i a m o ri u s c i t i a f a re q u el l o c h e vo l eva m o c o n l u i . C o n L eo n a rd o è s t a t o d i vers o . S o n o a rri va t e l e vi t t o ri e c h e a i u t a n o s em p re. I n o l t re, L eo è u n u o m o s p et t a c o l a re, f a n t a s t i c o , i n t el l i g en t e. C a p i s c e l a t es t a d ei g i o c a t o ri , h a s m es s o d i g i o c a re d a p o c o , c a p i s c e p erf et t a m en t e q u el l o c h e p a s s a n el l a t es t a d ei g i o c a t o ri ” . L e o n a rd o ch e s e mbra vi ve re i n te n s a me n te qu e s ta n u o va a vve n tu ra . L o s i è n o ta to d a co me e ra f e l i ce e , a l l o s te s s o te mpo , e s a u s to d o po l ’ i mpre s a d i M o n a co d i B a vi e ra … “ S ì , era c o n t en t o q u a n t o n o i . I n f i n d ei c o n t i f a l ’ a l l en a t o re d a u n a n n o e m ezzo o p o c o p i ù , a n c h e p er l u i s o n o s en s a zi o n i n u o ve, d a vi vere t u t t o d ’ u n f i a t o ” . Pa rl i a mo a n ch e d e l tu o n u o vo ru o l o i n ca mpo . O ra gi o ch i d a va n ti a l l a d i f e s a , s e i qu e l l o

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L’ UOMO DEI DER B Y H a g i o ca t o a B a r c e l l o n a , M a d rid, G e no v a e o r a a Mi l a n o . Qu a t t ro ci t t à i n c u i i l D e r b y è d i cas a . B arce l l on a - Es p a n y o l , Rea l M a d ri d - A t l e t i c o M a d r i d , Geno a- S a m p d o r i a , I n t e r- Mi l a n , q ua t t ro p art i t e c h e r a p p r e s e n tano i l g o t ha d el c a l c i o s t r a c i t tad i no . Th i ag o M ot t a h a r e s p i rato l ’at mo s f e ra d i t u t t i q u e s t i Derb y i n p ri ma p e r s on a , d a p ro t a g o ni s t a as s o l u t o. U n p r i v ile g i o ch e no n c a p i t a a t u t t i . Eb b e ne , g l i a b b i a m o c h i e s t o q ua l e si a l a pa r t i t i s s i m a p i ù ad re na l i ni ca d i t u t t e e l a r i spo st a è d i q uel l e c h e c i f a n n o capi re anco r d i p i ù q u a n t o , a v olt e , i l De rb y n on s i a n e c e s sar i a m e nt e l i m i t a t o d a i c o n f i n i d ell a ci t t à : “ B eh , s i n c e r a m e n te – co mm e nt a T h i a go Mo t t a - i l Derb y p i ù i nt e ns o è q u e l l o s p a gno l o , o v v e ro l a p a r t i t i s s i m a Bar ce l l o na- Re al Ma d r i d . C e r t o, non è un v e ro e p r o p r i o D e r b y, non ri g ua rd a un a s o l a c i t t à m a è, a mi o a v v i s o , i l p i ù s e n t i t o. E’ una ri v a l i t à s t or i c a , i l c o n f ron t o t ra i d ue c l u b p i ù p r e stigi o si d e l l ’i nt e r a Sp a gn a e non ri g ua rd a s ol o i l c a l c i o m a anch e l a p o l i t i c a e i l m o d o d i v iv e re l a v i t a. Ogn i vol t a è u n a v era e p ro p ri a gu e r r a , è d a vve ro i l ma ssi mo ” .

Foto © Alberto Lingria/PhotoViews

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c h e dà i ritmi a lla squa d r a . Ti p iac e q ue st o nuo vo r uo lo c h e ti ha cuci t o a d d o sso Leon ardo? “ O n e st a me nt e avevo g ià g io c a t o in que st o r u ol o al Bar cel l o n a. S icura m en te m i piace, o gni ruolo a cen tr o cam po m i p i a c e . Io p re fer is co di g r an l u n ga q ua ndo g iochiam o con d u e me d i ani , com e abbiam o f a t t o a M ona co di Bavier a cont r o il B a ye rn Monaco. L ì c’er av a mo io e Cam bias s o davanti a l l a dif e sa. Co s ì m i piace tan t i ssi mo, pe rch é m i s ento più l i b e ro, ho p i ù s pazio per g ioc a r e . Con d ue m ediani bas s i mi se nt o p i ù t r an qu il l o , più a mi o agi o”. L eonardo mi fa pensa r e a nc h e al Brasile e a quella m ag lia de lla na zi o na le br a s i l i a n a che n on h a i m a i i nd o s sato. Te ne sei fa t t o una rag ion e ? “ S i nce rame nt e no n ho m ai p e n sat o al per ché no n abbia ma i giocat o con l a nazional e brasi lia na. No n è un a cos a a l l a q ua le ho m ai pen s ato . Ce r t o, so che s i dice s em pr e c h e p e r un b ras il iano in do s sa r e la ma glia del l a Sel ecao è i l massimo ma no n è cos ì per me . I o mi cons ider o u n cittad i n o d e l mondo , n on il cl as si c o b ra si lia no. Sono andato

via d al B r asil e a 1 6 anni, ho vis s uto in S p agna, or a in I tal ia, i nsom m a non m i c onsid e r o il cl assic o b r asil iano e , f or se an che p e r q ue sto, non ho m ai vis s uto c on tr iste z z a q ue sta no n c onv oc az ione c on l a nazional e b r asil iana”. Per no i it al iani è st at a una m a n na d al c ie l o , v ist o c he o r a g io c hi c o n g l i A z z ur r i. A pr o po s it o d i It al ia, se i m ai st a to a Po l e s e l l a, in p r o v inci a d i R o v ig o , il p ae se d a d o ve p r o v ie ne l a t ua fam igli a ? “No m ai m a m io p ad r e sì. Q uando h o q ual c he gior no l ib e r o, pu nt iam o p iù sul l a sp iaggia, vis to c he ho una b am b ina p ic col a a c ui p iac e m ol to il m ar e m a c onto d i and ar c i, p r im a o po i” . Co n l ’It al ia p unt i ad E ur o 2012. Co s a t i asp e t t i d al l ’E ur o peo ? L a S p ag na s ar à l a squad r a d a b at t e r e ? “Sarà un c am p ionato e ur op e o diffic il e , sic ur am e nte è anc or a m ol to l ontano ne l te m p o. Spagna f av or ita? N on so, sicur a m e nte sono f or tissim i m a io c r e d o c he l a sq uad r a p iù in ter e ssante sia l a G e r m ania. So no giov ani e stanno c r e s cend o d i anno in anno. S ono davve r o una sq uad r a m ol to te m ibil e ”.

Foto © Nicolò Zangirolami/Image Sport

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M are e che altr o ? “ P r i ma che nas ces s e m ia fig l ia a n d av o sp e sso al cinem a. Mi p i a c ci ono molt i i fil m d’azio ne e va d o p az z o pe r D en zel Was h in g t o n. Ora , con l a bam bina, s o no s empre colle gato s u D is ney C h a nne l e sulla C as a di To po l in o … ”. E c ome v a il r a ppo r t o co n la c u c i na italian a? “ Be h, a nche quando er o in Br as i l e l a conosce vo bene. Ho avut o l a f ort una d i viver e in g r andi c i t t à , come B ar cel l ona, Madr id, Ge n oa e ora Mil ano . Tutti pos ti i n c ui si ma ngia ben is s im o. Po i i o s o no uno che m an g ia di tutto , q u i nd i prov o a nch e di tutto ”. U l t i ma domand a : h a i vi nt o t a nt i s s i mo in carr i er a , co sa vo r r es t i an c ora vin cer e? “ I o sono un t i po tr anquil l o, vivo a l l a giornat a . Non r ig u ar do m ai i t r o f ei che ho in bach eca o qu el l i c h e v orre i v i ncer e, vivo al pr es en t e e prov o a dar e il m eg l io o g n i v olt a che s cendo in cam po”. C o m e d argli t or to ? C hiam atel a s i c u re z z a de i f or ti o tr anquil l ità d i c hi sa come s i fa a vincer e, s i c u ra me nt e Th iag o Mo tta è un o c h e sa il f a t t o suo … Foto © Giuseppe Celeste/Image Sport

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C HE F I N E HA FAT TO ?

Dal calcio alle gelatine nello Yorkshire d i G ae t ano Mo c ci aro

@gae mocc

Dal calcio alle gelatine, dall’Italia all’Inghilterra: Daniele Mannini ha radicalmente cambiato vita. A 37 anni e dopo essersi dedicato solo al pallone si è reinventato in una nuova professione, in un nuovo paese. Oggi con la sua famiglia vive a Beverley, cittadina di 29mila abitanti nello Yorkshire. Ai microfoni di Tuttomercatoweb ci racconta la sua storia:

che ha studiato tanto, voleva lavorare ma finché ho giocato si è occupata della famiglia”.

Cosa fa adesso Daniele Mannini? “Lavoro come sales executive presso Healan Ingredients Ltd (www.healan. com). L’azienda si occupa di fornitura di gelatine di origine animale e addensanti, stabilizzanti e emulsificanti di origine vegetale per l’industria alimentare a livello europeo. Ho il compito di sviluppare una nuova linea di prodotti chiamata “Mr.P ingredients”, puoi trovarci su LinkedIn, Instagram e Facebook. Attualmente sono stati spediti al magazzino Amazon e in pochi giorni saranno disponibili per l’acquisto”.

Dal calcio alle gelatine, due mondi paralleli “Provavo un forte desiderio di imparare cose differenti, conoscere un mondo che non conoscevo che è quello del lavoro. Ho vissuto di solo calcio e quindi mi ci sono buttato a capofitto. Quindi dalle 9 del mattino in ufficio fino a sera, imparando e facendo esperienza. Ho fatto diversi giorni in laboratorio, seguendo i test che vengono fatti i prodotti, vedendo cucinare quando ci sono prove specifiche, aumento il bagaglio di conoscenza praticando”.

Cosa ti ha portato in Inghilterra? “L’azienda è di mio suocero. La voglia invece è tutta mia ed è la considerazione più ampia. È un’esperienza a livello familiare. Volevamo che la bambina più grande cominciasse la prima elementare in Inghilterra”.

Sei arrivato in Inghilterra in un periodo delicato, in piena pandemia “Una situazione che ha terribilmente complicato le cose. Ammetto che a un certo punto ho tentennato un po’ a restare in Inghilterra. Abbiamo però riflettutto e deciso di andare avanti”.

Da qui alla rescissione contrattuale col Pontedera “La stagione passata avevo chiesto il rinnovo di contratto ma non mi è stato offerto, l’impegno era venuto meno e a quel punto ho preferito fare questa scelta. Anche per la soddisfazione di mia moglie

In pratica hai potuto godere poco dell’Inghilterra “L’area di Hull è sempre stata in zona rossa. Non abbiamo goduto praticamente niente di ciò che potremmo godere dell’Inghilterra. La cosa più difficile è stata mantenere le distanze con le persone e

Insomma, l’idea di abbandonare il calcio era già maturata da tempo “Sì, avevamo già deciso che una volta appesi gli scarpini al chiodo avrei assecondato più lei”.

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C HE F I N E HA FAT TO ?

non poterle frequentare integrandoci al 100%. Ma sicuramente non mi farò mancare momenti di confusione a tavola appena si potrà nuovamente. Adoro cucinare e poi a tavola non si invecchia mai!”. Cambiare totalmente lavoro, per di più passando dall’italiano all’inglese. Come procede? “Comprendere l’inglese degli inglesi è ancor più complicato, ma è una difficoltà che piano piano sto superando. L’applicazione che mettevo sul campo da calcio la metto anche qui nel quotidiano”. In che stato hai trovato il calcio? “Negli ultimi anni di carriera ho assistito a fallimenti, casini societari, annate che non sono andate come ci si aspettava. E questo credo che abbia inciso anche sulla mia scelta di voler cambiare”. Ne sei uscito deluso, quindi “Se devo essere sincero il mio fine carriera l’avevo immaginato a Pisa fino alla data della rottamazione, ma non è andata così e questo mi ha condotto fino a dove sono felicemente oggi quindi va benissimo comunque. Dopo Pisa ho voluto continuare ancora per un anno e mezzo a Pontedera per dimostrare a me stesso che ero ancora in forma, in condizione più che buona. Avventura finita nella miglior maniera possibile per tutti e due visto che io ero libero di cominciare una vita differente e la società ha potuto risparmiare il mio ingaggio

avendo già raggiunto a gennaio l’obbiettivo stagionale della salvezza”. 19 anni tra i professionisti per te: qual è stato il momento più bello della tua carriera? “Sicuramente quando ci siamo qualificati con la Samp ai preliminari di Champions”. Preliminari maledetti, che hanno portato a una stagione seguente da incubo “Contro il Werder Brema abbiamo perso all’ultimo minuto, siamo andati ai supplementari ormai stanchissimi e non siamo passati. Il resto della stagione è poi figlia di scelte sbagliate: Marotta e Delneri avevano creato qualcosa di fantastico, col loro addio il giocattolo si ruppe. Cambiando la guida è cambiato tutto. Del resto le squadre e le società hanno meccanismi sensibili e devi stare attento a spostare qualcosa. L’addio di Pazzini e Cassano ha dato infine il colpo di grazia. A livello personale il fatto che Delneri fosse andato via per me fu pesantissimo, perché è stato un allenatore che ha esaltato gli esterni, quindi il mio ruolo. Col suo addio sono iniziati i cambi di modulo e io stesso ho dovuto adattarmi in ruoli non miei”. Nostalgia per il calcio? “La carriera è finita, l’ultimo anno e mezzo in maniera dolce e mi ha permesso di uscire dal calcio senza la voglia di continuare a giocare”.

Foto © Filippo Gabutti

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R E C E N SION E

AUTORE: Andrij Shevchenko con Alessandro Alciato EDIZIONE: Baldini&Castoldi s.r.l. - Milano USCITA: 29 aprile 2021

Re c en si on e di C hi ar a Bi on din i

@Chi araBi ondini

I pensieri e i racconti del campione Andrij Shevchenko si mischiano in un connubio perfetto con la capacità del giornalista Alessandro Alciato di trasmetterli nero su bianco, coinvolgendo il lettore con uno stile narrativo unico. Scritto a quattro mani, questo libro contiene sì il racconto del giocatore che ha vinto il Pallone d’Oro nel 2004, ma soprattutto anche il ritratto di un uomo che ha cambiato la sua vita scegliendo la strada del calcio. Boban, Maldini, Galliani,

Ancelotti e Mourinho aprono le prime pagine, dipingendo un loro personale ritratto del giocatore rimasto nel cuore soprattutto dei tifosi rossoneri. Significativa la scelta dell’ex ad del Milan, Adriano Galliani di ricordare il giorno che andò con Braida per visionarlo, il 25 novembre del 1988 a Kyiv e di citare quel rigore decisivo contro la Juventus nella finale di Champions 2003 a Manchester, con il particolare personale indelebile incastonato tra i ricordi: “…la prima cosa che mi viene in mente sono i suoi occhi appena prima di calciare il rigore decisivo…Quello sguardo mi ha provocato gravi danni mentali”. È da un evento storico che inizia la narrazione, quando uno Shevchenko di 9 anni deve fare i conti con l’esplosione del reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl. 150 km di distanza non erano certo sufficienti per salvarsi, così se a marzo del 1986, aveva fatto appena in tempo a compiere qualche allenamento nei piccoli della Dynamo, ad aprile piangeva il pallone bruciato dal padre in una bacinella perché radioattivo. Nella sua vita saltò tutto in aria e con altri ragazzi dai 6 ai 15 anni fu caricato su quei pullman e treni per finire a 1500 chilometri da casa senza genitori in

quella che per lui, nell’ingenuità di allora, sembrava un’avventura vissuta da protagonista. Cresciuto in un ambiente non certo facile, in adolescenza il calcio gli farà prendere strade diverse rispetto a quelle degli amici di sempre. Ne sono rimasti vivi pochi. Droga, alcol, armi: ecco i loro killer. Lo sport e la sua famiglia, sempre presente, gli hanno indicato la via. La svolta vera, il 5 novembre 1997, a 21 anni: una tripletta entrata nella storia, contro il Barcellona al Camp Nou. Risultato delle cure del Colonnello, Valerij Lobanovskij, che ne ha sgrezzato il talento puro prima dell’arrivo al Milan. Quando si è trasferito al Chelsea, Berlusconi gli ha detto: “Ti lascio andare per la tua felicità. Però sai anche che, tutti noi, vogliamo che tu resti. Il Milan è casa tua”. Ha avuto quattro enormi amori calcistici: la Dynamo Kyiv, il Milan, il Chelsea e la Nazionale ucraina. La sua è sempre stata una forza gentile, come suggerisce Giorgio Armani nella postfazione.

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