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Mormorar d’amor mancato

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Traditrice

Traditrice

Mormorar d’amor mancato

Come una vergogna puerile o una caldana della menopausa il tuo ricordo impavido m’avvampa e d’improvviso m’infiora di sorrisi perversi e di partenze partite nei temporali, di venti diventati tempesta che devasta vasta parte del cuore che nel timore del furore si rifugia nelle ore, nei disegni di sogni prenatali, tali furono i furenti progetti gettati, gli iati i tanti latrati, i tratti alterati di ciò che fu il nostro legàme gametico ed ermetico sintagma d’ancestrali agili linguaggi, d’inguaiati ormeggi, d’innocui lignaggi d’incunaboli e ingranaggi d’ingaggi armati, d’armeggiamenti mentitori, di menti intinte nell’intento. Tento di ritrovar ciò che fu innesco d’un losco scopo che ci parve fresco scoprir tra l’usco e il brusco

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il tenue imbroglio, l’abbaglio che c’imbrigliò e ciò che ci accigliò, l’accidente che ci scagliò come accidiose scaglie al ciglio che si scioglie sulle soglie lacrime rapprese, prese d’acredine carezze di salsedine, ebbrezze d’acre inquietudine, iniqua incudine che incute solitudine d’antica ignota scaturigine all’ineffabile scompagine in cui l’immagine si fece cartilagine agile carta per le rovine di Cartagine rovinosa caligine dell’origine del fulminoso colpo inflitto da Cupido la cupidigia indugiò afflitta colpevole e fuminea minò mari, minareti pareti minime e metonimie parentali ridenti terreni ed eterni eterei rii e iridescenti reni, e denti terribili e reticoli liberi di ridenti tiranneggiamenti inneggianti al deridente tesoro all’oroscopico tridente che ci vide perdenti all’ombra delle ore al timore di perderci che ancora ci divide che vide e vede ciò che non recede e incede, e decide di recidere e ride, e rode, e recede con dolore alle forre dolorose di colore, ai calorosi e orrendi arrendevoli voli del cuore agli orgogliosi orgasmi e al sismico vigore di regole golose, osate a testare, a tener testa, a stare restii in isterici resti: ardesti, ordisti e ti destasti, rivisitasti i visi, i vasti sistemi d’estasi con cui estasiasti le estati ed esausta ti stirasti a tessere

redenzioni d’azioni sterili, liste stereoscopiche di pregevoli difetti, di fatti privi d’agili prove e di girovaghe vaghe rovine, rose dall’ardore, lordate nel doloroso cuore, dove osarono sparse aurore, aure sparute sparate nelle ore del clamore che per errore ci parve amore

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