
23 minute read
Quattro chiacchiere in libertà sul Decreto… Sotto l’ombrellone
Di GIANLUCA DONATI Consigliere CPo roma
Con il decreto Agosto, in realtà Ferragosto, il Governo ha apportato una serie di novità di natura giuslavoristica. Vediamole insieme: Il provvedimento principe riguarda sicuramente gli ammortizzatori sociali. Lo slittamento dei termini decadenziali, così come suggerito dai Consulenti del Lavoro, è stato accolto come un riconoscimento per l’attività svolta dalla categoria che non è stata messa nelle condizioni ideali per poter lavorare proficuamente e serenamente: circolari scritte per esser lette dai nottambuli, decreti di difficile interpretazione, l’inseri
Advertisement
mento delle FAQ nell’ordinamento giuridico... e qui mi fermo in quanto chi legge è un collega e sa benissimo che potrei riempire un’intera pagina con i problemi che abbiamo dovuto affrontare! Non v’è traccia della sbandierata semplificazione relativa agli aspetti burocratici purtroppo ancora confermati. Chiaro il riferimento alla farraginosa modalità di invio delle varie domande ma anche la conferma dell'attività di informazione e consultazione con le rappresentanze sindacali. Un Esecutivo dovrebbe essere parte terza, ascoltare tutte le parti sociali e decidere in
autonomia. Questo non sembra esser avvenuto nemmeno in questa circostanza. Chissà se un giorno ci spiegheranno a cosa serve informare per la quarta o quinta volta i sindacati della volontà di prorogare un ammortizzatore sociale durante una pandemia! Quindi ancora una volta, sono state confermate procedure che nulla hanno a che vedere con la semplificazione. Se in un primo tempo questo poteva forse essere comprensibile, complice la serie di eventi che hanno scatenato in maniera improvvisa la pandemia, a distanza di mesi non si può non sottolineare questo aspetto. Ed ancora. Erroneamente si parla di 18 settimane di proroga ma, in realtà, sono 9 settimane +9 settimane: le prime 9 settimane, ancorchè gratuite, potrebbero essere anche parzialmente assorbite da una precedente domanda, se questa fosse terminata successivamente al 13 Luglio: le seconde 9 settimane, invece, potrebbero essere a pagamento in relazione al calo del fatturato relativo al primo semestre 2020 rispetto al primo semestre del 2019, secondo il prospetto che segue:
Riduzione fatturato
> 20 % Contributo addizionale
Non dovuto
< 20%
No riduzione di fatturato 9 % della retribuzione che il lavoratore in cassa avrebbe percepito se avesse lavorato
18 % della retribuzione che il lavoratore in cassa avrebbe percepito se avesse lavorato Ma siamo sicuri che le seconde 9 settimane siano economicamente più convenienti rispetto all'ammortizzatore sociale ordinario? Ipotizzando un’azienda: che abbia la possibilità di accedere all’ordinario ammortizzatore, che non abbia avuto sensibili riduzioni di fatturato, che sia nella necessità di dover licenziare del personale, ma come vedremo più avanti sia inibita a farlo, quale sarebbe l’ammortizzatore economicamente più conveniente? E’ chiaro che l’ammortizzatore sociale ordinario sia più complicato da realizzare, con relazioni tecniche da presentare e accordi da trovare con il sindacato, ma di certo non si vede un grosso ausilio per le aziende, benchè abbiano il fatturato non in perdita, ma comunque in difficoltà. Anche il contratto a tempo determinato lascia un po’ di amaro in bocca. Una misura più incisiva e più duratura come i tre anni di acausalità, come prima del Decreto Dignità, sarebbe stato il minimo che ci saremmo aspettati. Ed ancora gli sgravi contributivi al 100% per sei mesi, per i nuovi assunti dopo Ferragosto, non risultano così appetibili in questo momento di difficoltà. Anche per quanto riguarda l’esonero contributivo da godere in alternativa alla richiesta delle 18 settimane di ammortizzatore, pari al doppio delle ore godute di cassa nei mesi di Maggio e Giugno 2020, non essendo stata emanata alcuna circolare esplicativa, diventa difficile valutare la sua convenienza rispetto alla richiesta di ammortizzatore sociale.
Volutamente non mi soffermo sul rebus del blocco dei licenziamenti, sia collettivi che per GMO, questa volta non uguale per tutti, ma con scadenza “mobile” legata al termine del godimento delle 18 settimane dell’ammortizzatore o al termine (!) del periodo di godimento dell’esonero contributivo, anche perché siamo in attesa di circolari ministeriali che spieghino l’arcano e ci tolgano dall’imbarazzo di interpretare una norma dal vago sapore di incostituzionalità.
Da apprezzare è il raddoppio del welfare aziendale portato da €. 256 a €. 512. In realtà, sempre i Consulenti del Lavoro, avevano caldeggiato di portare tale limite a €. 1500, questo avrebbe permesso da una parte di avere più spendibilità dall'altro di far girare l'economia in questo momento bloccata.
C’è bisogno di togliere lacci e lacciuoli al mercato del lavoro ingolfato e un poderoso intervento sul cuneo fiscale, tra i piu’ pesanti rispetto ai competitor europei. In sostanza, ci si aspettava più coraggio e capacità da parte dell'Esecutivo. Questo perché è provato che prima occorre avere coraggio e capacità e poi pensare ai fondi a disposizione; invertire i fattori e mettere al primo posto i fondi a disposizione a discapito del coraggio e della capacità comporta irrimediabilmente ciò a cui stiamo assistendo: una politica solo, o soprattutto, assistenzialista che invece di aiutare il Lavoro lo appesantisce.
La rigidità normativa, l’eccessivo coinvolgimento delle organizzazioni sindacali ed il mancato intervento, finora, sul cuneo fiscale non ci fanno star sereni sul prossimo futuro. La pandemia ha colpito tutti e solo chi avrà capacità e coraggio, avrà la forza e la possibilità di ripartire per primo e meglio. Ci auspichiamo, per il futuro, più autorevolezza ma anche più coraggio e capacità da parte dell’Esecutivo:
LA FORMAZIONE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA FOCUS SUI CORSI A DISTANZA
DI MANUEL MARINI FoRmAtoRE pER LA sICUREzzA sUI LUoghI DI LAvoRo – ConsULEntE DEL LAvoRo
I vari protocolli anticontagio pubblicati nei mesi scorsi, hanno ridotto fortemente le occasioni di incontro/assembramento tra lavoratori. Anche la formazione del personale (compresa quella obbligatoria in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro), è stata bloccata per azzerare momenti di assembramento. Per evitare di fare incappare le imprese in sanzioni, il legislatore ha prorogato i termini di scadenza dei corsi, allungando la validità degli attestati in possesso dei lavoratori, fino al termine dell’emergenza. Durante questo periodo, molte imprese hanno comunque deciso di continuare ad effettuare corsi di formazione e aggiornamento in materia di salute e sicurezza, ricorrendo alla formazione a distanza. Si tratta di quella formazione erogata mediante strumenti tecnologici che permettono di fruire del corso senza avere un docente fisicamente presente in aula. Esistono due tipologie di formazione a distanza: • Formazione in modalità e-lear - ning/formazione a distanza asincrona. • Formazione in videoconferenza/formazione a distanza sincrona. La prima tipologia, è regolamentata dall’Accordo Stato Regioni del 7 luglio 2016 che, all’interno dell’allegato II, stabilisce i requisiti e le specifiche per lo svolgimento dei corsi. Tale formazione viene erogata tramite apposite piattaforme di formazione, con sistema di gestione (LMS – Learning Management System), che monitora e certifica: • lo svolgimento ed il completamento delle attività didattiche di ciascun utente; • la partecipazione attiva del discente; • la tracciabilità di ogni attività svolta durante il collegamento al sistema e la durata; • la tracciabilità dell’utilizzo anche delle singole unità didattiche strutturate in Learning Objects (LO); • la regolarità e la progressività di utilizzo del sistema da parte dell’utente; • le modalità e il superamento delle valutazioni di apprendimento intermedie e finale realizzabili anche in modalità elearning.
Non è possibile erogare tutti i corsi in questa modalità: nell’allegato V dell’Accordo

Stato Regioni 07.07.2016, troviamo quali sono le tipologie di corso per le quali è ammesso il ricorso alla modalità e-learning/formazione a distanza asincrona. Di seguito l’elenco dei corsi per i quali è possibile il ricorso alla modalità e-learning: • Corso di formazione per RSPP – datore di lavoro: solo per i moduli 1 e 2; • Corso di formazione per RSPP e ASPP: solo per il modulo A; • Corso di formazione dirigenti; • Corso di formazione preposti: solo dal punto 1 al 5; • Corso di formazione lavoratori: solo la generale e la specifica rischio basso; • Coordinatore per la sicurezza: solo il modulo normativo giuridico; • Corso di aggiornamento per
RSPP – datore di lavoro; • Corso di aggiornamento per
RSPP e ASPP; • Coro di aggiornamento dirigenti; • Corso di aggiornamento preposti; • Corso di aggiornamento lavoratori; • Corso di aggiornamento coordinatori per la sicurezza; • Corso di aggiornamento RLS (se previsto dal CCNL di riferimento).
Per quanto concerne la seconda tipologia di corsi a distanza, ossia la formazione in videoconferenza/formazione a distanza sincrona, si tratta di quei corsi erogati mediante piattaforme di videoconferenza che permettono di collegare, in tempo reale, il docente ad una platea di allievi. Per tale tipologia di formazione ad oggi non è presente un provvedimento normativo di rilievo nazionale che ne confermi la validità: si segnala che, durante l’emergenza, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato la seguente risposta una FAQ sul proprio sito: “al fine di contemperare l'esigenza del contenimento delle attività con il necessario aggiornamento delle competenze in materia di salute e

sicurezza nei luoghi di lavoro, si ritiene ammissibile, in via temporanea, lo svolgimento delle attività formative in videoconferenza esclusivamente con modalità sincrona, ad esclusione della parte pratica dei corsi, in modo da garantire la verifica delle presenze dei soggetti da formare e la piena interazione tra questi ultimi e i docenti”. Si sottolinea pertanto che, alla data odierna, ricorrere alla videoconferenza per la formazione attinente i moduli teorici dei corsi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, non è ancora regolamentato a livello nazionale in maniera organica. Il ricorso a tale modalità è ammissibile soltanto in via temporanea, come specificato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Si consiglia di monitorare, comunque, quanto espresso dalle singole Regioni: in materia di formazione in videoconferenza, infatti, alcune Regioni hanno pubblicato dei provvedimenti specifici, essendo la formazione una materia di competenza delle singole Regioni.
BONUS PARTI COMUNI

SPETTA ALL’AMMINISTRATORE LA COMUNICAZIONE PER LO SCONTO IN FATTURA O LA CESSIONE DEL CREDITO
DI ANTONIO GIGLIOTTI DottoRE CommERCIALIstA E REvIsoRE LEgALE
INVIO COMUNICAZIONI DAL 15 OTTOBRE 2020
Ormai è noto a tutti che in base a quanto disposto dall’articolo 121 del DL Rilancio n.34/2020, convertito con modificazioni in legge n.77/2020, i soggetti che sostengono negli anni 2020 e 2021 spese per determinate tipologie di interventi in materia edilizia ed energetica, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione, alternativamente: • per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo dovuto, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest'ul

timo recuperato sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;
• per la trasformazione del corrispondente importo in credito
d'imposta, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari.
MODALITÀ DI ESERCIZIO DELL’OPZIONE
L’esercizio dell’opzione, sia per gli interventi eseguiti sulle unità immobiliari, sia per gli interventi eseguiti sulle parti comuni degli edifici, è comunicato all’Agenzia delle Entrate utilizzando il modello allegato al Provvedimento 283847/2020. La Comunicazione relativa agli interventi eseguiti sulle unità immobiliari è inviata dal beneficiario della detrazione, direttamente oppure avvalendosi di un intermediario. Invece, la Comunicazione relativa agli interventi eseguiti sulle parti comuni degli edifici è inviata dall’amministratore di condominio, direttamente oppure avvalendosi di un intermediario. La Comunicazione è inviata esclusivamente in via telematica a decorrere dal 15 ottobre 2020.
LA SCELTA TRA I BONUS
SPETTA AL SINGOLO CONDOMINO
La circolare n. 2/2020 ha precisato che, in considerazione della possibile sovrapposizione dell’ambito oggettivo di applicazione del bonus facciate con quello delle detrazioni spettanti per interventi di riqualificazione energetica degli edifici, nonché di recupero del patrimonio edilizio, il contribuente potrà avvalersi, per le medesime spese, di una sola delle predette agevolazioni, rispettando gli adempimenti specificamente previsti in relazione alla stessa. Pertanto, in caso di attuazione di interventi caratterizzati da requisiti tecnici che consentano di ricondurli astrattamente a due diverse fattispecie agevolabili il contribuente potrà applicare una sola agevolazione rispettando gli adempimenti previsti. L’Agenzia nella Risoluzione n.49/2020 chiarisce che, qualora gli interventi ricadano in ambiti applicativi di due differenti detrazioni, ogni condomino per la parte di spesa a lui imputabile, può stabilire di quale detrazione fruire, indipendentemente dalla scelta operata dagli altri condomini (si veda “Le agevolazioni in materia edilizia non sono cumulabili - La scelta tra i bonus spetta al condomino”).
LA CESSIONE DEL CREDITO
Per gli interventi eseguiti sulle parti comuni degli edifici il condomino beneficiario della detrazione che cede il credito, se i dati della cessione non sono già indicati nella delibera condominiale, deve comunicare tempestivamente all’amministratore del condominio l’avvenuta cessione del credito e la relativa accettazione da parte del cessionario, indicando, oltre al proprio codice fiscale, l’ammontare del credito ceduto e il codice fiscale del cessionario. Nel caso in cui, ai sensi dell’articolo 1129 del codice civile, non vi è obbligo di nominare l’amministratore del condominio e i condòmini non vi abbiano provveduto, la Comunicazione è inviata da uno dei condòmini a tal fine incaricato.
RATE RESIDUE NON FRUITE
L’opzione può essere esercitata anche per le rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute negli anni 2020 e 2021. L’opzione si riferisce a tutte le rate residue ed è irrevocabile. In tal caso la comunicazione deve essere inviata entro il 16 marzo dell’anno di scadenza del termine ordinario di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui avrebbe dovuto essere indicata la prima rata ceduta non utilizzata in detrazione.
EDIFICIO CON UNICO PROPRIETARIO
Come confermato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n.24/2020, il Superbonus non si applica agli interventi realizzati sulle parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate di un edificio interamente posseduto da un unico proprietario o in comproprietà fra più soggetti. Gli edifici con un unico proprietario possono però usufruire delle ordinarie percentuali di detrazioni edilizie ed energetiche.
SULLA NON AUTOMATICITÀ DEL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE NEL LAVORO PUBBLICO
DI IOLANDA PICCININI pRoF. oRD. DIRItto DEL LAvoRo (LUmsA – RomA) • AvvoCAto CAssAzIonIstA
CORTE COST., SENT. 23 GIUGNO 2020, N. 123, PRES. CARTABIA, REL. PETITTI Lavoro pubblico – Licenziamento disciplinare dei “furbetti del cartellino” –Automaticità – Esclusione –Proporzionalità sanzionatoria –Sussistenza -Circostanze di fatto valutabili dal Giudice - Rilevanza
Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 55- quater, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - nella parte in cui detta norma stabilisce che, in caso di falsa attestazione della presenza in servizio del pubblico dipendente, mediante alterazione dei sistemi di rilevamento o con altre modalità fraudolente, la sanzione disciplinare del licenziamento si applichi «comunque» - sollevate in riferimento agli artt. 3, primo comma, 4, primo comma, 24 primo comma, 35, primo comma e 117 primo comma della Costituzione, atteso che è possibile e doverosa un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 55-quater, che, ferma la spettanza alle amministrazioni datoriali del potere di recesso nelle fattispecie disciplinari tipizzate dal legislatore, e fermo che questo potere spetta all'amministrazione «comunque», anche laddove non sia previsto o sia limitato dalla contrattazione collettiva, lascia tuttavia al giudice dell’impugnazione il potere di sindacare la concreta proporzionalità del licenziamento, verificandone la qualità di ‘giusta sanzione’ alla luce dell’art. 2106 cod. civ.[massima a cura della redazione].
Nel numero 96 della nostra Rivista ho ricordato un insegnamento di Francesco Santoro-Passarelli, il quale, nel suo notissimo manuale, scriveva che “la conoscenza della giurisprudenza è di importanza essenziale per lo studio approfondito del diritto del lavoro”. Si sa che il ruolo della Giurisprudenza è stato decisivo per l’evoluzione della nostra materia, svolgendo la stessa, spesso, un ruolo di supplenza normativa nei casi in cui si verificano emergenze interpretative di fronte all’inerzia o al ritardo del Legislatore. Tuttavia, già in passato ho sottolineato che, da diversi anni, il Legislatore, sia nel lavoro privato sia in quello pubblico, ha più volte tentato – senza riuscirvi (si pensi, ad esempio, all’art. 30 della L. n. 183 del 2010, su cui v. Cass. n. 3283 del 2020) – di restringere i poteri interpretativi e di controllo del Giudice sul recesso datoriale; tale tendenza è il frutto – nel nome della certezza del diritto e contro il rischio del soggettivismo decisionale - di un’evidente diffidenza, se non addirittura di una palese insofferenza, nei confronti della giurisprudenza. Però, in tutti i casi in cui il Legislatore ha cercato di limitare/frenare il potere valutativo del Giudice, questi ha reagito riappropriandosene. Anche guardando solo all’esperienza degli ultimi anni, basti pensare a quanto affermato dalla Cassazione sul concetto di giusta causa, sulla nozione di fatto materiale (cfr. Cass. n. 12174 del 2019, sulla distinzione fra fatto materiale e fatto giuridico, che conferma Cass. nn. 20540 del 2015, 30430 del 2018, 3055 del 2019. Il caso riguardava una lavoratrice privata, assunta dopo il Jobs Act, che si era allontanata dal posto di lavoro. Sulla nozione, da ultimo, cfr. Cass. n. 11702 del 2020) o sull’ammontare dell’indennità risarcitoria in caso di licenziamento illegittimo dopo il Jobs Act (per effetto delle sentenze della Corte cost. n. 194 del 2018 e n. 150 del 2020). La sentenza in commento costituisce una ulteriore conferma di questa tendenza. La vicenda decisa dalla Corte costituzionale traeva origine da una ordinanza di rimessione del Tribunale di Vibo Valentia, che dubitava della legittimità dell’art. 55-quater, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 165 del 2001 nella parte in cui stabilisce che, in caso di falsa attesta

zione della presenza in servizio del pubblico dipendente, mediante alterazione dei sistemi di rilevamento o con altre modalità fraudolente, la sanzione disciplinare del licenziamento si applichi “comunque”. La controversia nasceva dall’impugnazione del licenziamento disciplinare comminato ad un dipendente ministeriale che, in un mese, si era allontanato quattro volte dalla sede di servizio omettendo di timbrare il cartellini marcatempo, per poi rientrare in ufficio e registrarsi definitivamente in uscita alcune ore dopo. Poiché il comportamento del lavoratore integrava la fattispecie tipica prevista dalla norma, il Giudice del lavoro si interroga sulla questione del carattere automatico della sanzione, stante il tenore letterale della norma che utilizza l’avverbio “comunque”, oltre al modo verbale indicativo e al tempo presente (“si applica”). In altri termini, il Giudice rimettente dubita della legittimità di una norma che prevede un automatismo sanzionatorio, vietando la possibilità di interpretazioni adeguatrici che consentano al giudice dell’impugnazione un sindacato di proporzionalità in concreto della sanzione espulsiva, tenendo conto, ad esempio, dell’elemento psicologico e della gravità oggettiva della condotta, oltre che di eventuali precedenti disciplinari del lavoratore. In proposito, giova segnalare che, secondo l’art. 63, comma 2-bis, del medesimo decreto legislativo (comma aggiunto dalla Riforma Madia, di cui al D.Lgs. n. 75 del 2017), nel caso di annullamento della sanzione per difetto di proporzionalità, il Giudice – invece della reintegrazione del dipendente – può rideterminare la sanzione, stabilendone una conservativa, alla luce della gravità del comportamento o dello specifico interesse pubblico violato. Tale disposizione, in sostanza, ribadisce il potere giudiziale di valutare la proporzionalità.

Dunque, il Tribunale rimettente ha chiesto di rimuovere l’automatismo denunziato, in quanto contrario ai principi di ragionevolezza ed effettività della tutela del lavoro, nonché di diritto di difesa, “ripristinando la possibilità di individualizzazione della risposta sanzionatoria insieme all’integrale espandibilità del sindacato giudiziale”. La Corte costituzionale ha giudicato inammissibili le questioni sollevate, fornendo, della norma censurata, una lettura conforme all’assetto auspicato dal giudice rimettente. Innanzitutto, la Corte ha richiamato il proprio orientamento generale (già espresso in passato circa l’illegittimità della destituzione di diritto del pubblico dipendente o di alcune categorie di libri professionisti o del personale militare) secondo il quale, in base al principio di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.), soprattutto la massima sanzione espulsiva deve essere sempre suscettibile di un giudizio di proporzionalità in concreto, senza automaticità. Ciò non esclude tuttavia – e nella sentenza si citano alcuni esempi - che “il legislatore possa configurare eccezioni relative a casi soggettivamente e funzionalmente peculiari, nei quali il diritto del singolo alla gradualità sanzionatoria receda di fronte alla necessità di tutelare interessi pubblici essenziali”. Passando all’esame della norma denunziata, la Corte riassume l’evoluzione degli artt. 55 e seguenti del decreto n. 165 del 2001, sottolineando, da un lato, la ratio dell’art. 55- quater, dall’altro, la circostanza che l’art. 55, al comma 2, richiama l’applicazione dell’art. 2106 cod. civ. “e quindi il canone generale di proporzionalità delle sanzioni disciplinari rispetto alla <<gravità dell’infrazione>>”. La Corte nota, inoltre, che in dottrina è largamente condivisa l’opinione per cui l’avverbio “comunque” non può di per sé condurre ad un automatismo espulsivo,

che sarebbe “contrario alla giurisprudenza costituzionale sulla proporzionalità sanzionatoria”: l’avverbio contiene, cioè, un riferimento all’imperatività del rapporto tra legge e contratto collettivo. Si è, dunque, proposta una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 55-quater, nel senso che - ribadito il potere di recesso in capo alle Pubbliche amministrazioni nelle fattispecie disciplinari tipizzate dal Legislatore, potere non limitabile dalla contrattazione collettiva –rimane al Giudice dell’impugnazione “il potere di sindacare la concreta proporzionalità del licenziamento, verificandone la qualità di <<giusta sanzione>> alla luce dell’art. 2106 cod. civ.”. In effetti, come ricordato dalla Corte costituzionale, questa interpretazione si è consolidata in “diritto vivente” presso la sezione lavoro della Corte di cassazione (cfr., ex multis, Cass. n. 22075 del 2018) che fa discendere, da tale lettura, una sorta di inversione dell’onere della prova, ponendo a carico del dipendente l’onere di provare la sussistenza di elementi di fatto idonei a superare la presunzione legale di gravità dell’illecito (cfr. Cass. n. 18699 del 2019). In tema, può citarsi anche la decisione n. 14063 del 2019, nella quale la Cassazione conferma che il Giudice deve valutare la proporzionalità tra la sanzione espulsiva e l’inadempimento anche nel caso in cui la condotta contestata rientri tra le fattispecie tipizzate dal CCNL come ipotesi di licenziamento. Per due recenti casi, in cui i giudici di merito hanno ritenuto fondati gli addebiti e proporzionata la sanzione espulsiva del licenziamento per giusta causa di dipendenti pubblici, in applicazione della disciplina in commento interpretata in modo conforme al “diritto vivente”, possono citarsi Trib. Frosinone 20.12.2019 (Giudice: Lisi) e Trib. Roma 21.5.2020 (Giudice: Pangia). Per tali ragioni, la Corte costituzionale esclude che il dato letterale della disposizione possa consentire un’applicazione indiscriminata e insindacabile del licenziamento disciplinare, contraria al complessivo quadro normativo, come ricostruito dalla dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità. Non può non notarsi, nella sentenza in commento, il dialogo “virtuoso” tra il Giudice delle leggi, quello di legittimità e la dottrina nell’interpretazione della ratio del quadro normativo. Ed invero, se va ribadita la necessità di un giusto rigore punitivo in tema di licenziamento disciplinare del dipendente pubblico (ed anche di quello privato), vanno evitate interpretazioni letterali formalistiche, così come la tentazione di ridurre i confini del sindacato giudiziale. Evidentemente ciò comporta che, sia nel settore privato, sia in quello pubblico, per il datore di lavoro non è possibile prevedere – al momento del licenziamento – in modo certo e quasi matematico il rischio di causa, vuoi con riferimento alla reintegrazione o meno nel posto di lavoro del dipendente (per il lavoro privato: artt. 18 Stat. Lav. e D.Lgs. n. 23 del 2015; per il lavoro pubblico: art. 63 D.Lgs. n. 165 del 2001), vuoi con riguardo al calcolo del quantum dell’indennità risarcitoria che non può essere rigido ed uniforme. In conclusione, un consiglio per i Consulenti del lavoro: mai limitarsi al testo letterale della norma ma aggiornarsi sugli orientamenti giurisprudenziali e sui contributi dottrinali.
Per leggere il testo integrale della decisione vai al link: https://www.consulentidellavororoma.it/sites/default/files/Corte%20c ost.%20n.%20123%20del%202020. pdf

Il sistema completo per i consulenti del lavoro

Il sistema digitale integrato e modulare che ti dà massimo aggiornamento, approfondimenti e strumenti pratici con un’esperienza di consultazione unica.
Risposte chiare e soluzioni concrete a tutti i problemi relativi si rapporti di lavoro tra privati e alla disciplina previdenziale. Disponibile in formato cartaceo e digitale. Scopri i vantaggi della formula doppia edizione in abbonamento per il massimo aggiornamento. La nuova linea di corsi improntati “al saper fare” secondo l’esclusivo metodo pratico Memento, fatto di casi reali, simulazioni e risposte mirate ai quesiti. I percorsi formativi sono organizzati nella formula in aula, e-learning e mista.
QUESITI DEL MESE
A CURA DEL CENTRO STUDI DEL ConsIgLIo pRovInCIALE DI RomA
un azienda che ha usufruito di tutte le settimane di cigd fino al 04/07/2020 può chiedere , in base al DL 104/2020 ulteriori settimane dal 03/082020 al 15/09/2020 data in cui cesserà l'attività? La cessazione è dovuta alla mancanza di appalti con le scuole private per il trasporto degli studenti. Il dipendente può essere licenziato il 15/09/2020?
La CIGD potrebbe essere utilizzata, nel rispetto delle procedure di legge (cfr., da ultimo, mess. Inps 3131/2020) avvalendosi parzialmente delle prime 9 settimane previste dal Decreto Agosto. Quanto al successivo licenziamento, non essendo esauriti tutti gli ammortizzatori sociali con causale Covid-19 previsti dal Decreto Legge n. 104 del 14 agosto 2020, lo stesso potrà essere effettuato solo nelle ipotesi di cui all’art. 14 del d.l. 104/2020 e, in particolare, in caso di cessazione dell’attività di impresa con liquidazione della società senza continuazione.
ho un dubbio per il congedo matrimoniale per un part-time di 28 ore settimanali svolte così: lunedì assente, martedì 4 ore, mercoledì giovedì e venerdì 8 ore al giorno Quanti giorni spettano? E come si calcolano?
La disciplina del congedo matrimoniale è contenuta nel ccnl applicato, da esaminare con riferimento al caso concreto. Normalmente, tuttavia, si tratta di 15 giorni continuativi di calendario, indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro.

in data 20/07/2020 ho inviato domanda di CIGD periodo dal 11/05/2020 al 14/06/2020. Il DL 52/2020 aveva disposto il termine decadenziale 17/07/2020. Con messaggio INPS n.3131 al punto 4.2 ...In considerazione di quanto precede, devono intendersi superate le scadenze comunicate con precedenti circolari e/o messaggi. Ritengo che debba essere considerata corretta la domanda. corretto?
L'art. 1, comma 9 del DL 104/2020 ha previsto il differimento dei termini in scadenza entro il 31 luglio al 31 agosto 2020. In tal senso anche il messaggio Inps 3131 del 21 agosto 2020 In tale differimento rientra senza dubbio anche l'invio delle domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale in deroga.
domanda di cig in deroga per il periodo 16/03/2020 al 17/05/20 per 4 dipendenti più domanda di cig in deroga per una dipendente 11/04/20 12/06/20 perchè fino al 10/04/20 era in maternità, sono state tutte e due autorizzate dalla Regione, ma purtroppo l'INPS mi ha autorizzato solamente la seconda mi dicono che ho superato le settimane concedibili. Le 9 set. sono ad azienda o a dipendente?
Le nove settimane si computano sull'unità produttiva e non sui singoli lavoratori

Direzione Centrale Entrate
Roma, 14-09-2020
Messaggio n. 3331
OGGETTO:
Emergenza epidemiologica da COVID-19. Presentazione istanza di sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali
Si fa seguito ai messaggi n. 2871 del 20 luglio 2020 e n. 3274 del 9 settembre 2020, per comunicare che listanza di sospensione del versamento dei contributi in oggetto, utile anche ai fini dellavvio della rateizzazione secondo le modalit di cui allarticolo 97 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, pu essere trasmessa fino al 30 settembre 2020. Resta fermo il termine del 16 settembre 2020 per il versamento in unica soluzione ovvero della prima rata della rateizzazione.
Il Direttore Generale Gabriella Di Michele
