N 7 - TheRealFishing.it

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“ Tra vent’anni non sarete delusi dalle cose che avete fa"o

ma da quelle che non avete fa"o.

Allora levate l ’ancora, abbandonate i po#i sicu$, ca"urate il vento nelle vo%re vel&

E'lorat& Sognat& Scop$t& “

Mark Twain


I pescatori che hanno reso possibile questa uscita... Leonardo Bresolin

Rete antigambero

Michele Finocchi

Quando tutto gira...storto

Matteo Petrassi

Esche: pareri ed esperienze a confronto

Federico Gennaro

“Bag” beng theory Strategie esplosive

Fabio Bianchi

Perchè rischiare ?

Williams Baccolini

Cold Water


Perche

Rischiare ?

di

Fabio Bianchi



Una sera mentre si chattava su facebook assieme agli altri ragazzi che scrivono su questo magazine, saltò fuori che uno di loro durante l’ultima pescata aveva rotto il terminale in seguito ad una partenza. Sfotti qua e sfotti la, quando si venne a sapere che il terminale rotto era un 25 lbs, nacquero due scuole di pensiero, la prima a favore dei terminali “leggeri” la seconda sosteneva l’uso dei materiali pesanti ad alto carico di rottura, nella quale si rispecchiavano pienamente le mie idee. Non aprirei neanche le canne sapendo che poteri perdere una bella carpa a causa di una rottura. Pensiamo al tempo, alle fatiche ma soprattutto al denaro speso durante la scelta dello spot, la pasturazione, il preparare le esche ecc. Perché vanificare tutti gli sforzi fatti usando materiali deboli che ci possono fare perdere la cattura dei sogni? Faccio un rapido esempio: dopo alcune perlustrazioni abbiamo trovato un’acqua da poche ma grosse carpe, piuttosto distante da casa, abbiamo pasturato più volte, in pesca arriva una partenza, e sembra di buona taglia, lenta e potente, sta puntando un ostacolo sul fondo proviamo a fermarla ma nulla, sentiamo sfregare la lenza da qualche parte e d’istinto forziamo ancora di più e d’un tratto si allenta la tensione del filo, recuperiamo, e il terminale da 25 lbs si è rotto poco sotto alla girella. Bene! Abbiamo perso tempo!!! A chi non è mai capitato? Spesso le grosse carpe una volta allamate possono sprigionare una potenza inarrestabile , ancora di più quando peschiamo nei pressi di qualche ostacolo, e faranno di tutto per raggiungerlo e tentare di togliersi quel “fastidio” dalla bocca, oppure può bastare un piccolo imprevisto di qualsiasi tipo (anche il più banale ) per farci perdere la nostra cattura. Ci tengo a precisare che grosse carpe si possono portare a guadino anche con terminali da 20 lbs se peschiamo nel nulla. Come ho già detto il tutto dipende da molte cose, la taglia delle carpe, la quantità ed il tipo di ostacoli, eventuali sfregamenti su di essi, quanto dobbiamo forzare la preda e altri mille imprevisti che ci possono capitare. Ma diciamoci la verità, acque libere prive di ostacoli con grosse carpe poco combattive sono ben difficili da trovare!! Personalmente sui mulinelli ho trecciati da 35 lbs o nylon del 50 ( che uso solo in fiume), a cui faccio seguire lunghi shock/snag leader che a seconda delle situazioni possono andare dal nylon del 70 al trecciato da 100 lbs. Per i terminali uso trecciati da 45 a 80 lbs ,per i materiali rigidi quali nylon o fluorocarbon diametri che vanno dal 60 al 70 o poco più. Qualcuno potrà pensare che siano esagerati o sovradimensionati, ma dobbiamo considerare che sono la parte maggiormente esposta ad usura e sfregamenti sul fondale, o su qualche ostacolo durante un combattimento. E nonostante tutto a volte(rare per fortuna) l’accoppiata rocce e cozze ci lascerà



l’amaro in bocca anche usando diametri elevati. La cattura dei sogni può arrivare quando meno ce lo aspettiamo e noi dobbiamo sempre farci trovare preparati, perderla per rottura mi darebbe parecchio fastidio perché lo posso evitare! Fate una prova, prendete uno spezzone di trecciato da terminali da 25/35 lbs e uno da 80 lbs e sfregateli su una superficie ruvida, un muro, una pietra ecc. E contate gli sfregamenti che riuscite a fare prima che si rompa, resterete stupiti dalla differenza! Il numero di sfregamenti in più che si riescono a fare con il trecciato da 80 lbs ,in pesca le possiamo tradurre con maggiori probabilità di riuscire a guadinare una carpa. Qualcuno può pensare che materiali cosi grossi possono compromettere la meccanica dei nostri rig, personalmente non ho avuto mai problemi. Anzi la rigidità di certi materiali può essere d’aiuto. E mi faccio ancor meno problemi a causa della poca discrezione di questi materiali, una volta che la lenza è sdraiata sul fondale sarà ben poco visibile. Stiamo parlando di carpe che nuotano in acque libere dove la loro diffidenza causata dalla pressione di pesca è ancora relativamente bassa. Anche gli ami che sono la parte più importante non ci devono mai tradire sul più bello. Non so quante bustine di ogni forma e misura abbia acquistato negli anni, ma a causa di tante


slamate e aperture di ami alla fine ne uso 2 tipi: c4 e c3 della Prologic. Il primo è la classica forma a “schiena di maiale” solido e affidabile un’arma cattura carpe! Mentre il c3 è a gambo medio corto occhiello in asse con il gambo dell’amo e punta ricurva, anche questo amo è eccezionale e lo si può montare in svariate maniere, io resto per la semplicità assoluta, senza nodo o d rig sono i montaggi che uso abitualmente sui terminali, che se calibrati perfettamente offrono ben poco scampo alle carpe. Le misure che uso maggiormente sono l’1 e il 2 raramente uso l’1/0. Anche in questo caso molti di voi rabbrividiranno alla vista di queste misure, ora vi elenco alcuni motivi: raramente uso piccoli inneschi per avere un minimo di selezione in acque dove piccole carpe e pesci disturbo abbondano, quelle volte che ho necessità di usare piccoli inneschi es. singola 20 mm od omino 16/10 non mi faccio problemi ad usare le misure citate prima. Nelle acque che frequento di solito, fiumi e canali in primis ma a volte anche nei grandi laghi, le carpe indipendentemente dalla taglia hanno bocche enormi con labbra spesse un dito, dove solo ami di generose dimensioni trovano appiglio e di conseguenza allamate sicure. inoltre tali ami hanno il filo del gambo di grosso diametro che tende a lacerare meno al bocca delle nostre prede durante combattimenti molto violenti dove siamo costretti a forzare il pesce


lontano da ostacoli. In passato ho usato spesso ami di misure più piccole ma avevo a che fare con qualche slamata di troppo da li decisi di passare a misure superiori con i quali ho quasi azzerato il numero delle slamate. Spesso si portano a guadino carpe per il rotto della cuffia anche con diametri elevati. In più di un’ occasione a seguito di sfregamenti o incagli ho portato a guadino alcune carpe con il leader in nylon completamente sfilacciato o il terminale completamente abraso. Anni fa ero in pesca su uno spot abbastanza pianeggiante fatto di terra e piccoli sassi, nel pieno della notte ebbi una partenza, la carpa si fece portare a riva senza opporre molta resistenza. Giunta nel sottoriva iniziò a difendersi con lunghe e potenti fughe, fino che con un’ ultima e imprevista puntata si andò a piantare in un’ ammasso di radici a una decina di metri di distanza in un metro e mezzo d’acqua. Sentivo forti testate ma tutto era bloccato, ero senza barca, pescavo a lancio. Mollai la canna a terra mi infilai i waders al volo, ripresi la canna ed entrai in acqua e mi diressi verso l’incaglio. Arrivato nei pressi dell’incaglio potevo vedere le radici muoversi dalle potenti testate della carpa nel tentativo di


liberarsi dall’amo. Non riuscivo a liberare il filo e dopo vari tentativi immersi il braccio in acqua, afferrai la lenza poco sopra alla clip portapiombo, lasciai cadere la canna in acqua e tagliai il filo con i denti. Avevo poco più di un metro e mezzo di lenza in mano e le testate del pesce erano fortissime. A causa della fretta e dalla foga avevo dimenticato il guadino a fianco del bivvy ,non avevo scelta, portai la carpa in superficie e con un delicato abbraccio la portai prima al petto, poi una volta avuta una presa più sicura la portai nel materassino. Se avessi montato un terminale da 25 o 35 lbs(che molti avrebbero usato visto lo spot pulito ) sarebbe saltato alle prime violente testate della carpa, un imprevisto che avrei pagato caro. Anche l altra grossa regina che si vede in foto che rimane il pesce più potente che abbia mai catturato fino ad ora, sono riuscito a guadinarla a 250 metri da dove avevo calato l’innesco! Subito dopo la ferrata il pesce


esplose in una fuga spaventosa e inarrestabile. Dopo un lungo inseguimento e un duro duello dalla barca riuscii ad insaccare quel demone con le pinne. Fu l’amo ad avere la peggio infatti, lo trovai aperto dopo quel violento combattimento. Ho pescato più volte in quel posto e catturato carpe di taglia maggiore di quella, ma quel combattimento con quella potentissima carpa fu un’ altro imprevisto che riuscii a superare(con un pò di fortuna) anche quella volta. Storia simile per la lunga e scura regina di lago, che nonostante pescassi con la frizione chiusa prese diversi metri di filo in partenza, e si andò a piantare in una struttura sommersa, saltai in barca dove mi aspettava Luca, arrivati sull’ incaglio tutto era bloccato presi lo shock in mano e iniziai a tirare ma nulla, provai di dare strattoni a due mani e qualcosa iniziò a cedere, ripresi la canna in mano e iniziai a pompare più forte che potevo. Luca guardava sbalordito la canna che stava per esplodere e all’improvviso l’ostacolo cedette e il filo si liberò, e alla fine insaccai la carpa. Se non avessi avuto un leader da


100 lbs cosa sarebbe successo quando strattonavo a due mani nel tentativo di far cedere l’ostacolo? Sicuramente la fortuna anche in questo caso ha inciso, e non poco, ma la fortuna va aiutata! Avrei altre decine di esempi da proporvi per farvi capire che gli imprevisti di qualsiasi tipo sono sempre dietro l’angolo e ci possono far perdere una cattura, casomai quella della vita. Sono convinto che anche a voi saranno capitate storie simili e spero che abbiano avuto un finale positivo, nel caso non lo fosse stato vi invito ad aumentare i diametri dei materiali che usate abitualmente. Qualcuno potrà obiettare che usando fili più fini e ami più piccoli si può avere un numero maggiore di partenze. E ha pienamente ragione, ma riuscirà a portarle tutte a guadino?? Personalmente preferisco fare qualche partenza in meno che lasciare il terminale o peggio metri di filo in bocca alla carpa questo è anche un”mio concetto” di sportività. …………Volete ancora rischiare????


ESCHE: Pareri ed opinioni a confronto


Di

Matteo

Petrassi


In questo articolo farò un’intervista ad un mio caro amico, Ivan Catellani, da molti conosciuto come Riceman, un carpista della vecchia scuola che è stato il mio guru per quel che riguarda il panorama delle esche. Inizialmente pescavamo in contesti simili e le nostre esperienze in fatto di boiles erano molto simili, non mi stancavo mai di parlare con Ivan di mix, farine e aromi e solitamente riscontravo sempre delle verità in quello che mi diceva, poi col tempo io ho cambiato completamente tipologia di acque, rimettendo in ballo tutto ciò che avevo fino ad allora appreso e rivedendo completamente il mio approccio con il mondo del self made, da allora i momenti per parlare di esche sono stati pochi, vediamo un po’ come sono cambiati le nostre convinzioni ed esperienze !! 1-Ciao Ivan, presentiamoci ai nostri lettori -MATTEO: la mia esperienza con il carpfishing ha inizio circa 13-14 anni fa, quando mi spostavo in motorino per arrivare nelle piccole acque private della mia zona, ho iniziato a frequentare le grandi dighe del reatino poco dopo e da lì è nato il mio interesse per il self made e tutto quello che lo circonda, in questo Ivan è stato il mio guru spirituale !! -IVAN: Un saluto a tutti, mi chiamo Ivan Catellani e vivo nella provincia di Modena. Pescatore da sempre e carpista della prima era innesco palline dal lontano 1994, anno in cui io stesso ho iniziato a sporcarmi le mani con farine e aromi per creare esche sempre più performanti sotto ogni profilo. Faccio parte del team Rod Hutchinson dal 2009,un'azienda che non ha bisogno di presentazioni e un gruppo di grandi pescatori ma in primis amici con cui ho un rapporto speciale dentro e fuori il mondo della pesca. Questa collaborazione mi riempie di orgoglio e mi fa sentire una persona privilegiata visto i prodotti che


posso utilizzare con costanza e durante il loro sviluppo. Amo le grandi acque ferme e le cave di ghiaia, quest'ultime sono l'ambiente tipo con cui mi confronto per la maggior parte del tempo, sia in quanto a sessioni di pesca che in campagne di pasturazione preventive costanti. 2-Che genere di acque e che tipologia di approccio utilizziamo ? -MATTEO: negli ultimi 5-6 anni mi sono dedicato esclusivamente ai grandi laghi vulcanici, posti dove, la pressione di pesca esiste, ma non è assolutamente paragonabile ai piccoli bacini. In questi ambienti solitamente non abbiamo a che fare con pesci stanziali ma con grandi branchi che si muovono per lunghi tragitti, quindi la nostra pesca sarà incentrata sulla ricerca delle aree di alimentazione nelle quali le carpe si fermano lungo i loro spostamenti. Questa cosa è vera sia se si fanno pescate “secche” che se ci pasturiamo un posto per medilunghi periodi, con la differenza che, nel primo caso cercheremo di pungere quante più carpe possibile nel loro passaggio, nel secondo caso cercheremo di fermarle il più a lungo possibile nei nostri spot cercando di far diventare quei settori dei punti di alimentazioni costanti. -IVAN: Generalmente il mio approccio in pesca può sembrare strano ma è praticamente identico sia nelle cave di ghiaia che nei grandi laghi: pasturazione leggera su una superficie molto ampia e qualche esca in più vicino all'innesco. Quando la mia azione avviene da riva tendenzialmente spargo esca su una fascia di almeno ottanta metri per trenta con il cobra o la canna da spod e affianco al mio innesco uno stringer o uno stick di sbriciolato di boiles mentre nei grandi laghi soprattutto dove non trovo zone di interesse precise la mia pasturazione è più ampia e le dimensioni delle esche più generose. Chiaramente ogni acqua fa


storia a se quindi la strategia può cambiare e anche di molto (un esempio sono le dighe molto profonde e con fondali ripidi o le cave limacciose piene di alghe) ma generalmente pescando e pasturando in questo modo ho notato che si ha la massima resa sia in termini di quantità che di taglia delle catture. Il pesce viene spinto a nutrirsi costantemente e in modo più aggressivo rispetto a pasturazioni ristrette perchè quest'ultimo è costretto a cercare un esca alla volta e quindi a muoversi. 3-Ready vs Self, che genere di esche preferiamo quando sceglierne una piuttosto che un’altra ? -MATTEO: fino a qualche anno fà ero “selfdipendente”, non gettavo in acqua nulla di cui non sapevo precisamente la composizione, mi piaceva farmi i miei mix e provare varie combinazioni aromatiche, negli ultimi anni, da quando sono entrato a far parte del team Rod Hutchinson, ho rivalutato moltissimo le esche pronte e ho notato che ci sono situazioni in cui hanno una marcia in più rispetto alle self. Ad oggi utilizzo le palline commerciali nelle pescate brevi e senza pasturazione preventiva, in quanto ho notato che la velocità di entrata in pesca e l’attrattività è nettamente superiore. Uso invece esche self made principalmente nelle lunghe campagne di pasturazione in quanto prediligo esche di grosso diametro e molto dure, in modo tale da scongiurare il rischio di sfamare la minutaglia,

inoltre le preferisco in pescate dove ho bisogno di fermare i grandi branchi senza rischiare di sfamarli, in questo caso spesso le affianco a esche commerciali in quanto mi interessa molto di più l’attrattività che la nutritività. -IVAN: Io sono sempre stato un estimatore delle esche self made, che siano confezionate partendo da mixes già pronti o dalle singole farine di base, quando posso preferisco pasturare e innescare palline rollate da me. Questo non è dettato solo dal mio amore verso la preparazione delle esche ma anche da riscontri precisi che ho avuto nel corso di tanti anni di pesca in acque libere dove ho potuto utilizzare quintali di esche di entrambe le tipologie sia in sessioni veloci che durante lunghe campagne di pasturazione. Ho decine e decine di aneddoti che fanno pendere l'ago della bilancia in tal senso, vi faccio solo due esempi: dopo mesi di pasturazione e pesca con una delle ready che io apprezzo di più io e il mio socio stiamo catturando con costanza carpe ed amur di qualsiasi taglia. A questo punto decidiamo di affiancare le nostre self alle esche commerciali. Bene nel giro di poche sessioni catturiamo diverse tra le carpe più grandi del lago che prima non erano mai cadute sulle esche commerciali. Stessa cosa accadde pescando a lancio da riva su di un


una mano, inoltre ci sono prodotti che il normale appassionato non può trovare sul mercato e questo rende pressochè impossibile arrivare al livello qualitativo dei mix commerciali migliori. Nello specifico, utilizzo moltissimo i mix a base di fegato, Liver mix, Liver e Super Fish e Force Liver mix dato che ho sempre amato i mix al fegato ma non ho mai avuto modo di svilupparne uno valido, sia per una questione di reperibilità dei prodotti ma soprattutto per un fattore economico. In passato ho utilizzato anche altri mix commerciali quali il Trigga e il Trigga Ice della Nutrabaits, mix basati sempre su fegato e derivati. Devo dire che ad oggi se mi trovo ad organizzare una sessione importante e difficile, preferisco affidarmi a mix commerciali stracollaudati, primo per un fattore qualitativo, secondo perché per realizzare poche decine di chili di ottimo mix la spesa sarebbe troppo alta.

grande lago naturale dove 5 canne su 6 continuavano a regalare carpe di taglia medio piccola mentre l'unica canna innescata con le mie self portò a guadino ben 5 carpe di taglia in 24 ore, una differenza direi abissale. Con questo non voglio dire che una ottima ready non ci permetta di fare sessioni da sogno anzi, soprattutto dove la pressione di pesca non è elevata queste ultime rendono al massimo, ma che dovendo scegliere tra queste due tipologie di esche (sottolineo di alta qualità) quelle rollate da noi danno risultati più importanti e costanti nel tempo. 4-Collaborando con la stessa ditta, abbiamo la fortuna di poter utilizzare costantemente l’intera gamma di mix, ci sono situazioni in cui li preferisci ai tuoi e perché ? in passato hai utilizzato altri mix commerciali ? -MATTEO: io uso moltissimo i nostri mix in quanto sono convinto che i self maker in grado di arrivare a un tale livello nel nostro paese si possano contare su

-IVAN: I mixes della gamma Rod Hutchinson come sappiamo entrambi sono tutti di altissima qualità in relazione anche alle materie prime utilizzate. Chiaramente a livello pratico in quanto ad attrazione e a qualità nutrizionali non possiamo mettere a confronto un MC MIX con lo YELLOW SEED MIX per ovvi motivi, però mi sento di dire che ognuno dei ben 11 mix presenti se utilizzato nel giusto contesto diventa un'esca vincente che non ha nulla da invidiare alla migliore miscela che un self maker esperto può produrre in casa. Io personalmente trovo grandissima soddisfazione nel creare un mix da capo a piedi però quando non posso per questioni di tempo mi affido ai mixes pronti Rod con totale fiducia. L'ultimo arrivato cioè il mix basato su fegato e spezie ci ha spiazzato tutti per quanto è in grado di produrre in pesca, velocità unita ad una


digeribilità ottima non smette di farci suonare gli avvisatori durante tutto l'arco dell'anno: questo è già diventato il mio mix commerciale preferito!! Ritornando al passato mi nasce un sorriso quando ripenso ai vecchi mix Carp Max,Nutrabait e Nash cioè i primi commerciali che ho usato: il Red Birdfood, il Total Hemp e il Big Fish Mix, lo Strawberry Mix nel suo sacchetto verde fluo e nero. Tutti questi prodotti mi hanno regalato grandi emozioni in pesca e dato una base di paragone per i miei mix che devo dire nell'arco di quasi 20 anni hanno raggiunto una qualità insperabile solo nel secolo scorso. Grazie Matteo per avermi fatto ripensare a quei momenti! 5-Esche semplici VS esche complesse…dove pende l’ago della bilancia ? -MATTEO: come ho già scritto, negli ultimi anni mi sono dedicato prevalentemente ai grandi bacini vulcanici, in questi spot si utilizzano spesso grandi quantitativi di esche (negli ultimi due weekend tra me e il socio Maurizio, abbiamo utilizzato circa 50 chili di boiles), per questo motivo decidiamo di affidarci a mix semplici e molto digeribili che siano anche economici per le nostre tasche, il tipico birdfood o un birdfish molto semplice è quello che fa al caso nostro !!


Inoltre, pasturando abbondantemente nella speranza di fermare i grandi branchi di carpe, non possiamo permetterci di rischiare di intasare qualche carpa solitaria di passaggio che snobberebbe così i nostri inneschi. Per quanto riguarda invece le pasturazioni preventive il discorso cambia un po’, mantengo comunque inalterata la semplicità dei miei mix per un discorso prettamente economico, ma punto un po’ di più sulla nutritività a sfavore della rapidità di entrata in pesca. Le classiche 5-6 farine sono il cuore di ogni mio mix, sul quale poi faccio piccole aggiunte di prodotti più nobili in funzione dell’acqua e della situazione che mi trovo ad affrontare. -IVAN: Penso che un'esca debba essere concepita in

base al proprio utilizzo: ci sono fattori come la stagionalità, la possibilità di poterci pasturare preventivamente, la tipologia d'acqua e la lunghezza delle nostre sessioni di pesca, che influiscono direttamente su quello che vogliamo buttare in acqua. Io come puoi immaginare mi schiero dalla parte delle esche complesse, laddove per complessa si intenda un'esca attrattiva,digeribile,nutrizionalmente bilanciata e dal buon gusto a differenza di un'esca prodotta con una lunga lista di ingredienti più o meno costosi buttati insieme nel calderone solo perchè piacciono al pesce! Questa scelta come sempre è strettamente legata al mio bisogno di avere un'esca per lunghe pasturazioni che possa competere con il cibo naturale e con le esche degli altri pescatori. Un'esca creata con questi principi diventa adatta a qualsiasi tipologia di acqua e temperatura e potrebbe essere l'unica esca presente nella nostra borsa, però dovendo riflettere su uno dei fattori principali di oggi che ahimè è diventato il prezzo a me nasce il dubbio sul fatto che sia realmente necessaria ovunque. In un grande lago o fiume dove servono importanti quantità di esca, dove il pesce passa in grandi banchi per cibarsi senza semmai stazionare, dove la competizione alimentare è alta che senso ha utilizzare esche cibo della massima qualità? La risposta mi sembra scontata visto che in questo caso credo che una buona esca formata da poche farine essenziali e un connubio aroma dolcificante siano più che sufficienti, al massimo possiamo aggiungere la dose minima di robin red e di estratto di pesce per rendere le nostre esche più attrattive ed appetibili. 6-Parliamo delle granaglie. -MATTEO: personalmente uso moltissimo le granaglie in tutte quelle pescate dove non ho modo di pasturarmi lo spot, mais canapa e tiger nut sono in assoluto le mie preferite. Ne faccio grande uso per il discorso che facevo prima, cercare di fermare i grandi branchi senza rischiare di sfamarli, e in questo le particles non hanno eguali !! E poi…ci sono periodi in cui si rivelano devastanti anche come innesco… -IVAN: Qui potremmo dire che casca l'asino perchè non sono un grande amante delle granaglie anzi tante volte credo siano un fattore di disturbo soprattutto se puntiamo alla ricerca della


qualità delle nostre catture. Le granaglie in generale sono molto attrattive per le carpe (e non solo), questo dovuto al messaggio che diffondono in acqua tramite zuccheri e oli, alla loro dimensione che assomiglia al piccolo cibo naturale e che quindi intrinsecamente crea frenesia alimentare distogliendo però il pesce di taglia dai nostri inneschi. Per dipiù se vengono introdotte in grandi quantità granaglie come mais, ceci o arachidi il pesce cibandosene per primo tende a sfamarsi e quindi vedremo rallentata la nostra azione di pesca se affianchiamo queste particles alle nostre boiles. Mi sento di poter spezzare la lancia a favore di sole due particelle: le tigernut e la canapa. Le tigernut sono una vera e propria esca selettiva perchè non deteriora sul fondale e viene presa in considerazione solo dalle carpe laddove non si esageri con zuccheri o additivi durante la preparazione, una manna in presenza di pesce di disturbo come gatti e piccolo pesce bianco in generale. Ha un bassissimo valore biologico essendo costituita per la maggior parte di fibre quindi transita velocemente nell'intestino delle carpe senza sfamarle. Una volta cotte durano anche mesi se lasciate coperte dal proprio liquido o si possono congelare in bottiglie di plastica per avere esca sempre pronta. La seconda granaglia ed anche la mia preferita è la canapa, la più attrattiva in assoluto grazie ai propri oli, velocissima da preparare anche in pesca, utile su fondali molli e su erbai perchè non affonda e ha la capacità di mantenere il pesce in pastura per molto tempo date le piccole dimensioni. Unico neo è la sua deperibilità velocissima una volta cotta difatti non dura più di 3-4 giorni. In versione tostata e micronizzata l'ho usata in passato all'interno di mix per la stagione estiva con risultati eclatanti in relazione alla quantità di catture.


Fin’ora abbiamo parlato in generale del mondo delle esche, entriamo ora un po’ più nello specifico. 7-Quali sono le basi imprescindibili dei nostri mix self ? -MATTEO: in assoluto un componente che non manca mai nei miei mix è il pastoncino secco, è attrattivo, è digeribile, migliora il modo di lavorare in acqua delle nostre esche e soprattutto… piace alle carpe !! In condizioni limite potrei fare esche senza le farine di base (semolino, mais e soya) ma mai e poi mai le farei senza un buon pastoncino !! Lo utilizzo in dosi che vanno dai 100 grammi per chilo, nel caso di pasturazioni preventive dove cerco una pallina abbastanza nutritiva, fino ai 400 grammi per chilo nel caso in cui voglio una pallina che punti tutto sull’attrattività. Altra farina che reputo necessaria è la farina di pesce, a parte poche situazioni in cui mi piace pescare con esche super rapide, di solito inserisco sempre una quantità di questa farina che và dal 10 al 40%. -IVAN: Beh Matteo se per basi intendiamo le farine essenziali per creare un impasto credo che ognuno abbia le proprie


preferite se invece alludi alle caratteristiche fondamentali di un buon mix è presto detto: nutriente, digeribile, gustoso, facile da rollare e che dia vita ad esche che durano in acqua. Io se dovessi scegliere solo le farine più importanti che non mancano mai nei miei mix sicuramente ti direi la soia tostata micronizzata, la farina di pesce, il latte in polvere o meglio un suo derivato (caseina in primis),il semolino di grano duro e un buon birdfood secco. Con questi pochi elementi per me imprescindibili siamo in grado di ottenere un'esca valida in ogni situazione e durante tutto l'arco dell'anno, facile da rollare e con una spesa relativamente contenuta. Come sai sono da sempre un estimatore delle farine di pesce perchè sono quelle con valore biologico più alto, se dosate nella giusta maniera ci permettono di catturare con costanza con ogni temperatura e soprattutto portano ad una selezione intrinseca della taglia delle catture, non per niente sono alla base di ogni mangime per carpe in acquacultura. 8-Parliamo della granulometri -MATTEO: Diciamo che non guardo moltissimo la granulometria delle mie esche in quanto non lo reputo un fattore importante, guardo di più come l’esca lavora in acqua e questo dipende dalle capacità assorbenti delle varie farine più che dalla granulometria.


Il pastoncino ad esempio lo uso molto spesso tritato, in quanto ho notato che non influisce assolutamente sulla capacità di assorbire acqua dell’esca ma evita che queste tendano a spaccarsi in caso se ne usino grandi quantità. Se invece ho intenzione di pasturare uno spot per un intera stagione, cerco di fare delle esche che siano molto lente a rilasciare i loro attrattori, per fare ciò utilizzo farine che tendano a chiudere la boiles come ad esempio l’albumina che inoltre le rende molto dure. -IVAN: La granulometria è un aspetto fondamentale delle nostre esche, da essa dipende la velocità con cui le nostre boiles assorbono acqua e rilasciano attrattori, da quanto tempo sono in grado di resistere all'attacco dei piccoli pesci o semplicemente di mantenersi integre sul fondale. Questa particolarità della struttura è strettamente legata alle dimensioni degli ingredienti utilizzati e solitamente viene implementata con l'utilizzo di birdfood, semi per uccelli, derivati della lavorazione del pesce e crostacei. Io solitamente amo creare esche con granulometria non troppo accentuata, che lavorano in acqua dopo diversi minuti fino ad essere completamente inzuppate dopo circa dodici ore,

che quindi siano in grado di resistere ai piccoli pesci un tempo sufficiente perchè le carpe possano arrivare in pastura sia durante la fase di pesca che dopo le pasturazioni preventive. Per fare ciò lavoro calibrando le quantità di caseinati e di birdfood nei mix fino a trovare il giusto compromesso tra un'esca attrattiva e un'esca cibo di qualità che quindi non scarichi in acqua tutti i nutrienti solubili in un breve periodo. Non dimentichiamo che ingredienti solubili come estratti di pesce e fegato, derivati del latte e lieviti oltre ad essere molto attrattivi hanno un valore biologico importante e sono facili da metabolizzare dal pesce. In passato ho provato esche “esplosive” che davano tutto in poco tempo, birdfood velocissimi che si inzuppavano e gonfiavano in poche ore o che tendevano a disgregarsi ma a conti fatti non posso dire di aver trovato un grande beneficio soprattutto in relazione alla taglia delle prede che è quello a cui punto di più in ogni ambiente che affronto. Piuttosto laddove il pesce di disturbo me lo permette preferisco ricoprire le mie esche con una pasta già pronta per aumentare l'attrattività del singolo innesco ,espediente che ha dato i suoi frutti ancor di più pescando fuori pastura o in zone di acqua bassa dove uccelli e tartarughe non resistono a tappeti di pastura sul fondale. 9-Diametro e durezza sono fattori che consideriamo nelle varie situazioni ? -MATTEO: Personalmente non reputo la durezza un fattore molto importante, se non nelle campagne di pasturazione. In quei casi tendo ad utilizzare esche abbastanza grosse e molto dure per evitare che diventino preda di pescetti disturbatori, magari piano piano le mangiano ugualmente, ma mi piace sperare che nel tempo che ci mettono per mangiare le mie esche potrebbe arrivare qualche carpa un po’ più grossa a cibarsi. Lo stesso vale per il diametro, solitamente uso esche da 24 mm e non disdegno assolutamente le 30, uso diametri più piccoli solo nei mesi più freddi negli ambienti dove ho la certezza di non trovare pesce di disturbo. In linea di massima trascuro un po’ il fattore durezza e il fattore granulometria perché nel 90% dei casi innesco esche pop-up commerciali e self o esche da innesco


che produco con l’intendo di farle resistere in acqua anche 72 ore (ivan tu ne dovresti sapere qualcosa !!!) quindi se anche le mie boiles da pasturazione hanno lavorato al 100% sono sicuro che quelle innescate stiano al loro posto senza il rischio di ritrovarmi fuori pesca. -IVAN: Calibro e durezza sono altri due fattori fondamentali nella scelta della nostra esca soprattutto in relazione all'azione di pesca e di pasturazione. Riguardo alla durezza io sono convinto che un'esca dura sia sempre la scelta migliore per vari motivi che provo ad elencarvi: più resistenza ai piccoli pesci nelle prime ore di immersione, maggiore assorbimento d'acqua dovuto alla disidratazione e quindi maggiore attrazione, effetto croccantezza che spinge il pesce ad alimentarsi più voracemente e relativo rumore durante la “masticazione” con l'osso faringeo che attrae gli altri pesci in zona. Non mi sembra poco per indirizzarci verso esche dure! Differenti riflessioni nascono sul diametro delle nostre palline, quelle piccole personalmente amo usarle solo nel periodo primaverile quando il pesce di disturbo non è in piena attività e le nostre amiche cercano il primo cibo naturale che solitamente ha piccole dimensioni e si trova adiacente alle sponde o ad ostacoli in acqua bassa dove calore e luce del sole sono maggiori. Esche piccole e dai colori accesi aiutano il pesce a cibarsi dopo mesi di freddo e di luce fioca che ha intontito la vista e rallentato i movimenti. Quando invece l'acqua supera i 15 gradi passo direttamente ad esche da 20 o 24 millimetri perchè sono più resistenti, selettive e abituano il pesce a cibarsi aspirando con più aggressività. Ho utilizzato in passato e continuo a rollare esche da 30 millimetri per i miei viaggi nei grandi laghi, tante volte malgrado il diametro non fanno un'immediata selezione della taglia ma quantomeno mi permettono di restare in attesa della partenza senza grandi paranoie anche in


situazioni limite come vento forte e pesca a lunga distanza. Carpe sopra i 10 chilogrammi se ne cibano tranquillamente e alleggerendo l'innesco con sughero o spugna abbiamo ottimi inneschi anche per acque relativamente pressate. 10-Aromi, quali scegliere e perché ? -MATTEO: Personalmente quando devo scegliere un aroma valuto 2 fattori, primo le catture che ho fatto o che hanno fatto i miei colleghi di team con tale aroma e secondo il connubio che si genera con il mix che intendo utilizzare. Mi affido poco al mio naso perché so che in acqua tutto cambia, quindi un aroma che piace tanto a noi potrebbe non funzionare troppo bene in acqua ma è anche vero il contrario però…un aroma che al nostro naso non piace potrebbe essere stracatturante !! è un esempio lampante quello del moster crab, quelli più seri hanno un odore pestilenziale, che tanti definiscono “puzza” in realtà è uno degli aromi che ha catturato più carpe nel mondo !! Il fatto di valutare il connubio che scaturisce un dato aroma con il mio mix, nasce dall’esigenza di voler far risaltare il mix e l’aroma senza che uno vada a sovrastare l’altro. Mi piacciono molto gli aromi che marcano il mix e ho la fortuna di poter utilizzare una linea in cui tutti hanno queste caratteristiche, ma non voglio che la mia boiles abbia solo il gusto dell’aroma che ho utilizzato e che magari dopo 5 ore di immersione abbia perso tutto il gusto dell’aroma. Per ottenere buoni risultati gustativi, spesso vanno dosati gli aromi in quantitativi molto bassi, anni fa su un birdfish mix utilizzavo 20 ml per 10 chili di mulberry florentine, e il connubio che ne usciva mi piaceva moltissimo, ma soprattutto, anche dopo 24 ore di

immersione, assaggiando la boiles si percepiva molto bene il gusto del mulberry…questa secondo me è la differenza tra un aroma al top e uno di media/bassa categoria !! -IVAN: Gli aromi sono l'etichetta che diamo alle nostre esche finite, importanti prima a livello gustativo poi in secondo luogo a livello attrattivo servono poco su di una miscela di farine errata o di bassa qualità mentre diventano un'arma in più se partiamo già da una base valida. Durante tutto questo tempo ho miscelato alle uova diversi litri di aroma di diverse aziende e basati su solventi differenti ma devo dire che solo pochi hanno fatto fare un salto di qualità alle mie esche, qualcosa di tangibile. Negli ultimi anni ho deciso di affiancare ai miei mix basati su farine di pesce solo aromi alla frutta o al pesce perchè sono quelli che mi hanno dato risposte immediate e costanti nel tempo sia in sessioni veloci che in lunghe campagne di pasturazione. Non sono un amante della ricerca dell'aroma in relazione al proprio solvente perchè nelle mie esche il fattore gustativo deve prevalere su quello attrattivo partendo già da mix di alta qualità anche se devo dire che aromi in olio nel periodo estivo in passato mi hanno regalato sorprese inaspettate. Il mercato propone ora come ora migliaia di aromi e non penso sia facile districarsi soprattutto se non si ha esperienza o magari persone fidate ed esperte con cui confrontarsi. Potrà sembrare stupido ma tante volte puntare su gli aromi definiti di punta di ogni azienda può diventare di aiuto, d'altronde se sono aromi acclamati e conosciuti ci deve essere un perchè no?? La collaborazione con Rod Hutchinson mi ha permesso di usufruire costantemente di alcuni tra i migliori aromi che io abbia mai usato sia ora che in passato, il mitico Monster Crab, il Tangerine e il Mulberry sono prodotti che non mancano mai negli scaffali del mio laboratorio di produzione esche ,prodotti di cui mi fido ciecamente. Beh Ivan che dire, quando ho pensato a questa intervista credevo di andare a raccontare due modi completamente diversi di vedere il mondo delle esche, dovuti alle diverse esperienze e soprattutto ai diversi spot che frequentiamo, invece alla fine le nostre idee a riguardo sono rimaste molto simili, segno che probabilmente non serve dedicare una vita allo sviluppo di 200 mix differenti, ma bisognerebbe avere delle buone basi e dedicarsi di più ad altri fattori per catturare con costanza in tutte le acque.


Quando tutto gira...

storto di

Michele Finocchi



In quest’articolo racconterò una pescata di una settimana, durante la quale, una serie di coincidenze, non mi hanno permesso di arrivare al successo sperato. E’ da molto tempo che pesco in ambienti difficili, li preferisco anche se in fondo all’anno questo significa spesso arrivare con una serie piuttosto lunga di cappotti. In questi ambienti ogni cattura non viene per caso, e che il pesce sia piccolo o grande è comunque un gran successo, anche se cerco di pescare dove la taglia media è alta!! Così ho deciso di partire per un lago fuori porta dove sapevo che la taglia media era buona, e dove sapevo esserci anche qualche mostro… ho una settimana a disposizione, ma, dalle notizie che ho, credo proprio che sarà difficile avere una partenza, ci sono stati pescatori che hanno fatto anche 20 giorni di cappotto proprio qualche settimana fa, e il tempo sembra non cambiare, ma questo non mi scoraggia, parto per fare solo una partenza, ma che sia quella giusta! Mi preparo pochi chili di esche ma di diversi tipi, ho intenzione di pescare con una manciata di esche per ogni giorno, questo mi consentirà in pesca di


poter cambiare spesso hot spot ed esche senza appesantire il mio settore. Escludo pasturazioni pesanti, non credo sia l’ambiente giusto. Arrivo sul lago e mi rendo conto che ci sono altri carpisti, ma la postazione che m’interessa è libera, così per paura di perderla mi affretto a portare tutto il necessario. Appena montato esco in barca, e mi rendo conto che non ci sono spot, è letteralmente una vasca da bagno, con fondale tutto morbido uguale, sono spiazzato, comunque calo per la prima notte su tre profondità diverse sperando in una botta di culo… ma mi ero dimenticato che il culo non è mai stato il mio forte!!! Il secondo giorno con calma e sicuramente più riposato del giorno prima faccio un giro in barca, con occhiali polarizzati e cerco ancora qualsiasi segnale di carpe o di ostacoli, ma frustrato dopo due ore torno alla base con un nulla di fatto. L’unico fatto positivo è che il pesce bianco, se pasturo poco, non s’interessa agli inneschi, quindi posso passare per la seconda notte a


inneschi leggermente più piccoli(18 mm). Anche la seconda notte però passa senza nessun segnale, ma del resto sapevo fosse così difficile. Mentre faccio colazione vengono dei ragazzi che anche loro sono in pesca da tre giorni e anche loro non hanno visto nessuna mossa, mi avvertono che il lago si è riempito ma che nessuno ha ancora catturato. Finito di fare pubbliche relazioni torno di nuovo fuori in barca, ancora più accanito dei giorni precedenti, e con uno spezzone di treccia e un piombo a pera inizio a sondare il fondale convinto che ci sia il fondale morbido con alcuni spiazzi più compatti che però non avevo trovato con l’ecoscandaglio. Dopo tre ore di duro lavoro credo di aver sondato centimetro per centimetro un km quadrato di lago, ma stavolta sono più soddisfatto, ho individuato due zone piccolissime più compatte, così calo due canne in queste aree e l’altra nell’immediato sottosponda, riducendo ancora esche e terminali, mettendo palline di 12 e 10 mm. Ma anche la terza nottata non cambia il risultato.


A questo punto posso dire che fare tre notti senza vedere un salto, senza sentire un bip e sapendo che tutti i carpisti sono in cappotto è abbastanza scoraggiante, però mentre prima ero convinto che il problema fosse lo spot, adesso sono sicuro di pescare nei posti giusti e che il problema sia l’approccio e i terminali, così inizio a studiare come porre rimedio. Decido di calare di nuovo e pasturare con cinque tiger per canna innescando su una canna una pop up all’ananas da 10 mm, su un’altra una singola di 14 mm e sulla terza un buon snow man 18-16 mm. Dopo aver calato inizio a prepararmi altri terminali, per fare le ultime prove, mi restano soltanto due notti…. Mentre sto preparando un terminale, e sono concentratissimo, il mio amico mi dice: io vado a farmi due lanci a spinning, posso prenderti

la barca che voglio provarla? Io dandogli poco ascolto faccio cenno con la testa e acconsento. Tra un passaggio e l’altro del terminale vedo con la coda dell’occhio una canna flettersi leggermente, e il filo che si muove poco poco, mettendosi in trazione e allentandosi continuamente, un cavedano sarà caduto sulla pop-up all’ananas, penso. Prendo la barca del mio amico, che è troppo grossa e poco maneggevole per me e a fatica vado verso l’innesco, visto che le alghe mi rendono impossibile il recupero dalla riva… la barca si muove a malapena, anche perché al mio amico il giorno precedente si era rotto uno scalmo e lo aveva aggiustato con mezzi di fortuna. Ogni due remate recupero il filo in bando fino a quando arrivo a circa 3 o 4 metri dall’innesco, sollevo la canna e mi rendo conto di avere un pesce molto pesante all’altro capo della lenza, la sollevo a fatica, e lei con potenti e lentissime codate riprende il fondo per due o tre volte, poi riesco a farle prendere aria, è una specchio mostruosa, ma non riesco ad avvicinarla alla barca, perché è spiaggiata su delle foglie di ninfea dell’immediato sottoriva, e io non riesco ad avvicinarmi a lei perché lo scalmo si è rotto definitivamente e le foglie di ninfea non mi


permettano di avvicinarmi, così provo a guadinarla, ma il guadino del mio amico è chiuso!!! Poso la canna e apro il guadino, lei riesce a fare un’altra fuga ma riesco a placarla e a ritirarla sopra le alghe, ma quando provo a guadinarla mi accorgo che è impossibile, in quanto il guadino non penetra sotto le alghe per accoglierla, così dopo un paio di volte che provo, vedo l’amo staccarsi dal labbro, e lei, la carpa che ho sempre sognato, il motivo e lo stimolo per cui passo tutte le notti chiuso in una tenda, andarsene lentamente e riprendere la sua libertà… io mi inginocchio in barca, non riesco nemmeno a parlare, e il mio amico che vedendo da lontano cos’era successo, decide di non farmi domande e lasciarmi in silenzio per un oretta. Non ricalo nemmeno la canna, preferisco andarmene a camminare fin quando non mi sento un po’ meglio.


Ripensando alla meraviglia di quella carpa sono consapevole che era la regina del lago, la più grossa, ho visto varie foto sue e sono sicuro che era lei!! Sono amareggiato, molto amareggiato, ma piano piano riesco anche a consolarmi sapendo che ho fatto tutto bene, altrimenti non sarei mai riuscito ad allamarla, e se avevo la mia barca molto più rapida, maneggevole e soprattutto con il guadino rigido aperto, sarei riuscito a catturarla, ma a volte la pesca è anche questo!! Il mio amico non riesce a perdonarsi di avermi preso la barca, è più dispiaciuto di me, e anche se cerco di non fargli pesare l’accaduto, lui rimane sempre scuro in volto. Nella notte successiva non accade nulla, così resta solo una notte, il clima nella mia piazzola è surreale non riusciamo a scherzare e ridere come i

giorni precedenti, e dopo aver calato di nuovo le lenze per la notte successiva, avverto una partenza bruciante sotto il nubifragio dell‘ultima notte, così esco in barca e dopo un bel combattimento arriva una bella specchiotta che mi toglie il cappotto, sarà circa 12-13 kg ma sotto il diluvio preferisco non pesarla e rilasciarla. Alle tre di notte parte la canna dell’amico, usciamo in barca insieme con l’ultimo cambio asciutto, sta diluviando, è freddo, ma dopo molte remate siamo vicini all’innesco, e sento lui che mi dice, oh c’è un uomo sulla sponda con una pila, secondo me mi ha preso lui!!! No, non è possibile rispondoInvece un uomo dell’est europa, pescando da un pontile senza ombrello sotto il diluvio, aveva preso la lenza del mio amico alle 3 di notte incredibile!! Dopo aver sciolto le lenze siamo tornati alla tenda e bagnati fradici siamo tornati a letto… al mattino dovevamo tornare a casa, e lascio a voi immaginare lo stato mentale con cui siamo rientrati…


“BAG” bang theory...


di

Federico

Strategie esplosive

Gennaro


Credo che almeno una volta, ognuno di noi, si sia affidato alle proprietà del polyvinylalcohol(alcol polivinilico) , ben più conosciuto con l’acronimo di PVA. E’ sottointeso che stiamo parlando del noto materiale idrosolubile, che da sempre viene impiegato nel carpfishing per la produzione di sacchettini, retine e stringer. In queste poche righe parlerò delle mie esperienze, “racimolate” nel tempo, alle prese con questo geniale materiale sino ad arrivare, ad una personale rivoluzione nel modo di impiegarlo in pesca. La sua caratteristica principale è che dopo poco tempo inizia a deteriorarsi piano piano al contatto con l’acqua sino a sciogliersi completamente. Utilizzando sacchettini ricchi di pastura (boilies, method, pellets, ecc..) , avremmo sicuramente una pasturazione più accurata nelle immediate vicinanze dell’innesco: questo già è un vantaggio notevole, per esempio quando peschiamo in inverno e dobbiamo pasturare poco e in punti ben precisi . Nonostante


questo, il principale motivo per cui utilizzo questi prodotti,è la possibilità che mi danno di pescare evitando qualsiasi mia paranoia, di essermi imbattuto in qualche oggetto estraneo in sospensione durante il lancio ,o calando dalla barca, vedi foglie, alghe o sporcizie varie, che una volta attaccate all’amo, inevitabilmente implicherebbero la sua corretta funzione , ed il più delle volte ci metterebbero fuori gioco. Infatti nei periodi dell’anno dove gli spot da me frequentati proliferano di alghe , i pva bag e gli stik mix, diventano indispensabili per ovviare a queste problematiche.Se ne vogliamo trovare un “difetto” (se proprio vogliamo definirlo così) , possiamo parlare dell’attrito che creano sacchettini e retine durante l’azione di lancio; infatti per piccoli che siano, non ci aiutano quando dobbiamo raggiungere a lancio certe distanze. La soluzione più banale che solitamente uso, quando mi trovo in queste situazioni e sicuramente la collanina di boilies legata da filo idrosolubile : il famosissimo stringer. Oppure quando anche lo stringer mi fa perdere aerodinamicità in questi frangenti, preferisco utilizzare i pva foam, facilmente reperibili in commercio: applicheremo questa spugnetta di alcool polivinilico sulla punta dell’amo; questa lo proteggerà mentre si immergerà in acqua sino a quando non arriverà sul fondo. Aspettando qualche istante questa spugnetta inizierà a sciogliersi lasciando libera la punta dell’amo, la spugnetta inizierà la risalita verso la superficie prima di deteriorarsi completamente: ecco, una volta che la vedremo riemergere a galla avremo indicato il punto preciso di dove si trova l’innesco, e di conseguenza potremmo pasturare con cobra, fionde e simili nella zona precisa dove si trova il nostro innesco. Dopo aver evidenziato le potenzialità generi che del PVA, ora voglio entrare nello specifico, parlando della mia personale evoluzione nel fabbricare e costruire sacchettini ,retine e stick mix. Tutto ebbe inizio durante una conversazione telefonica con il mio compagno di team, nonché mio caro amico Filippo Maur: la conversazione come sempre sfociava in vari argomenti inerenti alla pesca, ci tenevamo aggiornati su catture, pareri sui prodotti e si parlava del più e del meno. Filippo pur essendo molto giovane pratica la nostra disciplina da diverso tempo, e mi raccontava che quando era adolescente aveva avuto la possibilità di fare uno scambio interculturale in Inghilterra, ed il caso vuole che nella casa dove era ospite, il capofamiglia era un pescatore di carpe. Quindi durante la sua permanenza


nel Regno Unito ebbe la fortuna di fare sessioni in compagnia di un carpista locale esperto, proprio nella nazione genitrice della nostra tecnica; un vantaggio non da tutti. Mi raccontava che questo signore era solito adottare un particolare tipo retina di pva, una retina che poco dopo essere entrata in contattato con l’acqua” esplodeva”: ovviamente metaforicamente parlando. Praticamente tutto ciò che riempiva questa retina non si depositava esclusivamente sul fondale intorno al nostro bell’innesco, ma bensì riusciva a propagarsi per 360 gradi riuscendo ad interessare più strati d’acqua, creando maggior attrazione sull’innesco.Per fare questi particolari sacchettini basta tener conto di poche ma inderogabili regole. Per fabbricarli sarà necessaria l’ Idrolitina ovvero quella particolare polvere che rende effervescente l’acqua naturale, facilmente reperibile in numerosi supermercati sotto il nome di Cristallina o Frizzina. Purché il tutto funzioni in maniera corretta dovremmo utilizzare componenti micronizzati(boilies e pellets sbriciolate), sfarinati per method o stik mix, semi leggeri e poco voluminosi, (canapa o niger per esempio) per far si che mentre il sacchettino si scioglie e l’idrolitina al suo interno inizia a “frizzare” tutte questi ingredienti composti da particelle leggere tenderanno a salire verso la superficie, e si disperderanno negli starati d’acqua soprastanti. Un ingrediente che è particolarmente indicato a questo fine è la farina di cocco. Oltre a tendere a galleggiare poiché molto leggera, ha l’importante capacità di assorbire qualsiasi liquido attrattivo in cui la imbeviamo, e una volta aggiunta agli altri ingredienti diventa uno dei componenti di maggior attrattività, e che per quanto mi riguarda non può mancare all’interno di questi sacchettini “gassati”. Quindi detto questo, spiego in breve le mie personali scelte per creare questi “Bag Bang”: in primis sbriciolo le boilies(qualche bel risultato, l’ho avuto triturando insieme alle boilies affondanti anche qualche sgargiante pop up), rendendone i pezzi al massimo delle dimensioni di un coriandolo, poi sbriciolo il pellets a meno che non riesca a reperire diametri che non superino i 4 mm di diametro (diametro inferiore ancora meglio) ; di solito


aggiungo un cucchiaio da cucina di sfarinati da method o stik mix, o alla mal parata ho avuto discreti successi anche con pasture economiche adibite alla pesca al colpo; aggiungiamo un altro cucchiaio di farina di cocco, qualche seme di canapa, niger o lino (cotti preventivamente), ultimiamo con una bustina di idrolitina ,molte aziende vendono scatole contenenti questo prodotto suddiviso in bustine, io generalmente per un sacchettino 50 X 100 ne utilizzo di solito una contenente almeno 10 g; se vogliamo possiamo bagnare il tutto con un bait soak che non



sciolga il pva ovviamente. Questo sistema a mio avviso funziona bene utilizzando sia retine che sacchettini a mio, mentre per esempio Filippo preferisce utilizzare solole retine. Ho notato che questi sacchettini danno il meglio di sé quando il pesce è in un momento di apatia, quando stenta ad alimentarsi, oppure lo fa con pigrizia; posso dire di aver ottenuto risultati costruttivi anche in certe sessioni, soprattutto in fiume, quando le carpe (viste con la barca) stazionavano a mezz’acqua o comunque nelle fasce d’acqua più superficiali, evitando il contatto con il fondale (dove si trovavano gli inneschi). Se bagnamo il mix con l’All Amino Nutric per esempio, otterremo ancor più risultati positivi in queste circostanze: poiché se questo liquido viene assorbito dalle farine, dai semini, dalle boilies sbriciolate, e soprattutto dalla farina di cocco, quando le nostre prede verranno a contatto con gli ingredienti del mix, quest’ultimo, oltre alle naturali proprietà attiranti dei suoi ingredienti, avrà una marcia in più data da questo particolare liquido che oltre ad essere un complesso amminoacidico, è anche uno stimolatore di appetito che viene riconosciuto immediatamente come cibo naturale dai nostri ricercati ciprinidi; oltre ad avere l’importante caratteristica di non scogliere il pva. Voglio concludere dicendo che consiglio a tutti di provare nelle giuste occasioni questo escamotage, poiché secondo me può “raddrizzare” molte pescate che stanno prendendo una brutta piega, e non sappiamo come venirne a capo; parlo per esperienza personale come sempre, ma quando non sappiamo dove sbattere la testa tentare non ci costa nulla.


Rete antigambero Di

Leonardo Bresolin



Uno degli articoli per la pesca ,molte volte sottovaluto o neppur preso in considerazione, è secondo me la retina antigambero; da anni si vede nei cataloghi delle ditte produttrici ma gli utilizzatori sono, per quello che ne so, molto pochi. Da un paio d’anni però ne ho riscoperto i pregi e le qualità, arrivando a considerarla uno degli articoli più utili nel mio borsone di pesca. ovviamente non ho scoperto l’acqua calda e per alcuni di voi le immagini e le mie parole saranno cosa già vista e letta, cercherò però di dare qualche spunto interessante a chi non ha mai preso in considerazione questo oggetto. Inizio dicendo che non credo ci sia molta differenza tra quella di una ditta piuttosto che di un’altra, ne ho provate diverse negli anni e si sono rivelate praticamente simili, do la mia preferenza però a quelle provviste di tubo del tipo


“ Utilizzo la retina da quando ho iniziato a frequentare con costanza una cava ricca di pesce di disturbo, gamberi e tartarughe ”

utilizzato per gli stick, facilita notevolmente alcuni utilizzi che poi andrò ad illustrare. Utilizzo la retina da quando ho iniziato a frequentare con costanza una cava ricca di pesce di disturbo, gamberi e tartarughe: puntualmente se non avevo partenze di carpe mi ritrovavo dopo alcune ore o la mattina seguente con i terminali ripuliti dalle mie boilies, inutile dire quanto questo mi faceva incazzare per aver buttato via ore di pesca, da allora il proteggere le esche con il “mash” mi ha aiutato decisamente a catturare di più, nonostante i dubbi iniziali. Il fatto di non presentare l’esca in maniera naturale mi faceva pensare che il pesce potesse accorgersene, che la pallina non rilasciasse le sue sostanze attrattive in maniera ottimale ma le varie catture mi misero tranquillo. Quando però questi disturbatori sono particolarmente agitati però la semplice retina può poco, una soluzione è quella di raddoppiarla, ovvero fare una doppia protezione con la retina, questo si può far stare tranquilli. Oltre che per il fattore pesce di disturbo, utilizzo questa strategia per rallentare il consumarsi delle mie boilies che tendono a “lavorare” un po’ troppo velocemente, specie quando pesco in fiume. Può starci che durante il giorno, in pescate brevi, recupero




le canne ogni ora per ripulirle da detriti e per cambiare le esche, ma durante la notte diventa decisamente più pesante, ecco che con la retina questa azione posso farla una volta sola durante le ore notturne. Parlavo una volta con un ragazzino, mi raccontava con rammarico che le boilies con cui pescava erano sì catturanti durante il giorno, la notte però doveva usarne un altro tipo sennò era costretto a svegliarsi spesso per cambiarle, col risultato di veder meno partenze. Un po’ dubbioso sull’attendibilità delle sue parole, mi diede motivo in più per utilizzare la retina di protezione, non amo pescare con boilies molto dure quindi meglio morbide ma protette. Questo importante alleato però non ci può tornare utile solo per proteggere le boilies, ma anche per presentare altri tipi di esca che sarebbe altrimenti impossibile usare o per presentarle in maniera alternativa! Parlo dell’utilizzo di


“ Gli unici dubbi che avevo erano legati alla presentazione poco “pulita” ed al fatto che potesse impigliarsi nella punta dell’amo “

esche come pellet, canapa, mais, paste o altre garnaglie che grazie alla retina possiamo presentare e innescare in maniera differente e selettiva. In una pescata a Endine ad esempio, fino all’ultima notte non presi nulla, ecco che decisi di giocarmi l’ultima carta proprio così, presentando la canapa all’interno della retina assieme ad una piccola pop up, ottenendo un bell’innesco da circa 24 mm bilanciato.la scelta fù azzecata e due regine di buone dimensioni finirono a guadino! Gli unici dubbi che avevo erano legati alla presentazione poco “pulita” ed al fatto che potesse impigliarsi nella punta dell’amo. Alla prima ho risolto facendo rigirare la pallina 2 volte e ottenendo il nodo in un punto solo, il secondo problema si è verificato invece molto raramente e solo con alcuni terminali tipo il blow-out con anellino, problema quindi risolto non usando quel tipo di terminale!! Con queste poche righe spero di poter dare uno stimolo in più a chi è agli inizi e un aiuto a chi ha avuto gli stessi problemi….alla prossima!


COLD WATER

Di

Baccolini

Williams



Mentre mi tolgo tutto lo scafandro di vestiti che ho addosso, con i crampi che mi prendono le gambe a causa dellʼacqua gelida, nonostante avessi indossato sotto i waders pantaloni in pile, salopette imbottita e doppie calze di lana, penso che non potrò mai ringraziare abbastanza il buon Fabio per avermi fatto scoprire questʼangolo di paradiso. Seduto sul sedile della macchina mi preparo a gustarmi il mio pranzo, un bel trancio di pizza preso al forno questa mattina, sento ancora nelle mani e nelle braccia le potenti testate di quei magnifici pesci che fino a poco fa hanno messo a dura prova canna e filo prima di essere domati, così senza accorgermene ripenso alla magnifica mattinata.. Eʼ febbraio, e quando decido di andare a pesca in questo periodo difficilmente mi alzo prima che la luce abbia preso possesso della giornata, ed anche questa volta non faccio eccezione. Alle 7 in punto la sveglia suona, la macchina gia carica, devo solo tirar fuori i bigattini e metterli nel secchiello davanti al sedile di modo che il riscaldamento li riattivi un po. Passo dal fornaio a procurarmi il pranzo, entro e una bella teglia di pizza appena uscita dal forno mi guarda con fare ammiccante, alla commessa faccio segno di quanto grande voglio la fetta e lei con faccia sorpresa taglia un bel quadrato, me la incarta per bene e me a consegna; ora non mi resta che filare dritto verso il fiume. In unʼoretta e un po sono sul posto. Parcheggio in una stradina secondaria che finisce proprio di fronte al fiume, la giornata è grigia, fredda, ma non dovrebbe ne piovere ne nevicare, in poche parole è perfetta. La prima cosa che faccio appena sceso è andare a guardare il fiume, la corrente scorre veloce sul basso fondale, lʼacqua, cristallina più che mai, lascia intravedere benissimo il fluttuare delle alghe sotto la superficie, non è raro scorgere qualche bel luccio tra le fronde, ma questa mattina non ne vedo nessuno. Apro il bagagliaio ed inizio a vestirmi, lʼacqua gelida di questo periodo non permette di stare al suo interno per più di 3/4 ore, dopodichè i muscoli iniziano ad intorpidirsi ed una volta fuori oltre alle difficoltà di movimento spesso mi prendono crampi ai polpacci dolorosissimi, e questo nonostante sia ben vestito sotto gli stivali. Una volta infilato i Waders decido di preparare le esche e la pastura.


Da quando Fabio un anno fa mi ha portato per la prima volta qui, non vedevo lʼora che tornasse freddo per tornarci, durante lʼestate mi domandavo come sarebbe stato insidiare i grossi barbi e cavedani di questo fiume utilizzando lʼattrezzatura da feeder al posto della bolognese con cui avevamo pescato lʼanno precedente, ed ora è giunto il momento di fare questa prova. Per cercare di tenere il pesce sul fondo ed in una zona ristretta decido di usare bigattini incollati e per tenere attiva la zona impasto un mix di pastura da stick mix formata da farina di pellet di halibut e canapa, esche queste che piacciono veramente tanto ai barbi. Inoltre per rendere il tutto ancora più attrattivo impasto lo stck mix con un vecchio liquid food che prologic produceva al gusto crisalide.


Nel silenzio della mattina, mentre preparo le esche penso che potrebbe essere una buona strategia quella di pasturare un poco lo spot e poi lasciarlo riposare un po, dando così il tempo al pesce di portarsi in buon numero sulla pastura. Questa però è teoria, in pratica non so nemmeno se e cosa riuscirò a prendere. Armato di fionda e dei due recipienti contenenti bigattini e pastura mi dirigo camminando sulla sponda fin dove mi andrò a piazzare poi in pesca e mi preparo a pasturare. Fiondo alcune palline di bigattini a monte della piana, calcolando mentalmente il punto esatto dove far cadere le esche di modo che tocchino il fondo proprio dove poi io andrò a lanciare il mio amo. dopo i bigattini è la volta dellla pastura, anche questa giusto un paio di piccole palline grandi come una noce, raccolgo tutto e ritorno alla macchina a preparare la canna. Monto la mia specialist da 1,75 lb, faccio passare la treccia per tutti gli anelli e creo unʼasola alla quale vado ad agganciare un piccolo e leggero feeder aperto, quelli da pellet, ma nel quale io andrò ad inserire i bigattini incollati per cercare di far uscire poche esche e gia sul fondo, invogliando i grossi barbi a cibarsene. Una particolarità del piccolo feeder è lʼelastico ammortizzatore a cui è legata la girella, che appunto funge da parastrappi nel momento della ferrata e da ammortizzatore per le forti testate dei pesci, ovviamente la morbidezza dellʼelastico è prprorzionata al filo con cui andò a legare lʼamo, in questo caso uno 0,14, e penso che se dovesse essere troppo sottile crescerò col diametro di conseguenza. Lego un amo con occhiello del 14 e sono pronto. metto tutto lʼoccorrente dentro al mio walkabout, che fa da materassino e borsa e mi dirigo verso lo spot, giusto il tempo di infilarmi lʼauricolare nelle orecchie e scegliere della buona musica da ascoltare nel silenzio e nella tranquillità del



fiume, la scelta cade su un random di musica rock anni 80 e 90, non poteva essere diversamente. Entro in acqua e costeggio la sponda fino al canneto dove un po di terra, più che altro fango, emerge dallʼacqua e dove andrò ad appoggiare la mia roba. Monto il mio ring lock sul quale avvito una forcellina, questo è lʼunico modo per poter utilizzare un picchetto, uno singolo non si pianterebbe mai tra questi sassi e ciottoli, e ancora una volta questo fantastico attrezzo mi risolve una situazione scomoda. Lo posiziono in modo che le 4 gambe contrastino la decisa corrente che qui spinge abbastanza. Inoltre decido di utilizzare una sacca di mantenimento galleggiante da carpa come “nassa” portapesci. La morbida rete


lascerà spazio e ossigeno a sufficienza al pesce, ammesso che ne prenda. Decido di trattenere il pesce anche perchè spesso, il rilascio immediato di un barbo porta a sbrancare i restanti pesci sulla pastura, è gia successo. Aggancio in secchiello con la pastura e allʼinterno quello con i bigattini e mi porto in posizione, siamo io, la musica nelle orecchie e lo scorrere della corrente in una fredda mattina di pieno inverno, il posto esatto in cui vorrei essere! Prendo un pizzico di bigattini e li incastro nel feeder innesco altre 3 larve sullʼamo e mi preparo a lanciare. Nonostante sia un lancio ridicolo si e no una 15ina di metri, ha la sua buona dose di difficoltà; di fronte ho i rami di un grosso albero che arrivano filo a pelo dʼacqua e la stessa cosa si ripete a valle. Per essere in pesca

correttamente e nel punto giusto devo lanciare nel poco spazio tra i rami sporgenti dei 2 alberi, cosa che si riesce fare discretamente nelle prime ore, ma che poi via via che passa il tempo e la stanchezza prende il sopravvento diventa sempre più difficile. Col tempo ho capito che quando non riesco più ad infilare il pasturatore in quel buco è ora di andare a casa. Apro lʼarchetto del mulinello e lancio, il piccolo feeder da 20 grammi cade esattamente dove volevo, passando rasente ai rami infimi degli alberi. Appoggio lo stelo della canna sulla forcellina mantenendola impugnata, pronto a ferrare, metto leggermente in tensione il filo di modo che la vetta segnali il più piccolo dei movimenti della cima e rimango in attesa. Mentre fisso la linea arancione sulla vetta della canna non posso fare a meno di pensare se la strategia è stata giusta, se il pesce ha risposto alla pastura, e se catturerò qualcosa oppure no. Mentre tutti questi pensieri frullano per la mia testa vuota, la cima si flette appena appena , una sola


volta, dʼistinto ferro, non perchè volessi, infatti mi aspetto che dallʼaltra parte non ci sia nulla tranne il piombo, invece la canna è tutta curva, dʼistinto penso al fondo, di essermi agganciato, invece una forte testata mi riporta al motivo per cui sono con gli stivali in mezzo ad un fiume in febbraio! Ancora istintivamente sposto la canna verso la mia sponda in modo da far uscire il pesce dalla sua tana, cosa che in cui riesco, ma poi punta deciso verso valle


costringendomi ad aprire molto velocemente la frizione che inizia a cantare di gusto! che spettacolo! La traccia trasmette ogni minimo respiro del pesce, che, testata dopo testata inizia a salire verso di me, senza che io possa forzare più di tanto, visto il finale leggero che ho montato. Dopo una decina di minuti abbondanti un grosso barbo sgalla davanti a me, verde e oro brilla in modo incredibile nel grigio della giornata. Lo afferro per la “coppa” come si dice da noi, il collo, e lo sollevo dallʼacqua per slamarlo; un pesce stupendo dai colori brillanti! lo infilo delicatamente nella rete, per un attimo non si accorge che non lo stringo più, poi lo capisce e con un


colpetto di coda scende sul fondo della rete. Innesco tre bigattini e ricarico il pasturatore, poi prendo la mira e scaglio la mia insidia tra i rami dove il fondo è maggiore e dove sicuramente i grossi pesci hanno le loro tane. Ancora una volta mi metto in attesa, che viene spezzata ancora da un leggero sussulto del cimino. Alzo ancora una volta la canna, senza forzare più di tanto e ancora questa rimane curva e tesa tra le mie mani, il pesce parte verso valle con violenza costringendomi ad un allungo del braccio mentre cerco di aprire in fretta la frizione! Ancora uno strepitoso combattimento, ed ancora un grosso barbo da oltre un kg arriva alle mie mani. Prendo altri due pesci e decido di rinfrescare con un po di pastura lo spot. tolgo i bigattini dallʼamo e metto la pastura allʼinterno del cilindretto di plastica del pasturatore. Lancio e con alcuni

colpetti della cima faccio fuoriuscire lo sfarinato. Ripeto questa operazione alcune volte, poi innesco nuovamente e lancio, ma stavolta un ramo prende al volo il mio pasturatore, che nel tentativo di staccare purtroppo perdo. Lʼalbero ha ottenuto il suo tributo. torno a riva e rifaccio la montatura. Poco dopo rientro in pesca, lancio e stavolta tutto fila liscio, ma ammetto che ogni lancio che effettuo lo faccio in apnea perchè fin che il piombo non tocca lʼacqua non so mai se ci son riuscito.


Il lancio non era proprio perfetto, nel senso che sono stato un po piĂš corto rispetto al solito, ma decido comunque di lasciarlo lĂŹ, e mi metto in attesa. passa il tempo e non accade nulla, decido di aspettare ancora un po, ma dopo altri 10 minuti decido di recuperare e ricaricare il feeder. Alzo la canna e comincio a recuperare ma dopo alcuni giri di manovella una botta decisa mi coglie di sorpresa, bloccando il recupero! poi tutto diventa floscio e senza peso. Non posso crederci, un luccio ha scambiato il mio feeder per un artificiale, tranciandomi tutto...e facendomi fuori un altro pasturatore! Uffa! Ne monto unĘźaltro e torno a lanciare, stavolta anche nel punto di massima


corrente,e infatti dopo pochi minuti unʼaltro grosso barbo frusta la mia specialist, e poi unʼaltro ancora. Le ore passano veloci, e anche la pesca fila liscia e piacevole, con una buona serie di pesci tutti di ottima taglia; mentre combatto un pesce mi volto verso la sponda e vedo che sulla panchina alle mie spalle si son sedute alcune persone intente ad osservarmi confabulando e sorridendo, sorriso che contraccambio mentre mi godo quello che è lʼultimo pesce della giornata, le gambe intorpidite e alcuni lanci tra gli alberi mi fanno capire che è ora di andare a casa. Faccio alcune foto e rilascio i pesci nel loro magnifico fiume, poi ripongo tutto nella borsa e mi dirigo alla macchina, ho fame, i grossi barbi del fiume mi hanno dato parecchio filo da torcere, con combattimenti potentissimi. Arrivo alla macchina, un debole sole ha bucato la cappa di grigio, nemmeno me ne ero accorto, appoggio la canna e la borsa e inizio a togliermi gli stivali.



Ci

Vediamo a

novembre!!!


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