Numero 54 - febbraio 2009

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Inchiesta tacco 54 (2)

27-01-2009

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nologico, al Prefetto di Bari, al Presidente della Regione, ai Prefetti delle Province pugliesi, poi ancora al Prefetto di Bari, per incardinarsi definitivamente di nuovo in capo al Presidente della Regione nel 2000. Di pari passo con le proroghe, si susseguono una serie infinita di ordinanze dei commissari, prescrizioni ministeriali e condanne da parte della Comunità europea circa il ritardo nell’attuazione del Piano. Sono anni in cui in Salento, in deroga al decreto Ronchi e alle norme ambientali della Comunità Europea, si continua a sopraelevare discariche tal quale, dove si buttano i rifiuti non trattati. Nell’agosto del 2000 Raffaele Fitto, in qualità di presidente delle Regione Puglia di fresca elezione, viene nominato Commissario straordinario con il compito di redigere il Piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate, con tutti i poteri decisionali anche per la destinazione dei fondi. Il nuovo Commissario può avvalersi di una struttura tecnica fino ad un massimo di 55 professionisti. Dal 1997 al 2005 in Puglia sono stati gestiti 292.239.361.000 di vecchie lire piovute dallo Stato e dalla Comunità Europea per far fronte all’emergenza. Di tutti questi denari nessun effetto visibile o invisibile ha migliorato le condizioni in Salento. 2001: con un anno di ritardo dall’ordinanza del 2000, Fitto ha pronta la prima stesura del Piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate. 2004: definitiva stesura del Piano, dopo una serie di modifiche allo stesso. In sintesi Il Piano prevede la suddivisione della Puglia in Ambiti Territoriali Ottimali (Ato) che hanno il compito di gestire la filiera di impianti per lo smaltimento completo dei rifiuti. Per la provincia di Lecce le Ato sono 3: Nord Salento, centro e Basso Salento, confermando come siti per il dislocamento degli impianti quelli già esistenti dove ci sono le discariche tal quale. Nel Nord Salento l’Ato Le/1 (27 comuni) la discarica di riferimento è a Cavallino dove dovranno sorgere l’impianto di biostabilizzazione, la discarica di servizio/soccorso e l’impianto per la produzione di Cdr, a servizio per tutti e tre i bacini. Per il centro Salento (Ato Le\2 a servizio di 46 comuni) le localizzazioni previste dal Piano di Fitto sono 2 e sostituiranno la discarica esaurita di Castellino di Nardò. A Poggiardo sorgerà l’impianto di biostabilizzazione, ma la discarica di servizio sarà collocata a Corigliano d’Otranto (è una delle incongruità del Piano Fitto rilevate dalla Corte dei Conti: perché fare la discarica di soccorso a 40 chilometri dall’impianto di biostabilizzazione?). Per il Basso Salento l’Ato Le\3 (23 comuni) gestirà

la discarica di Ugento con l’impianto di biostabilizzazione e la discarica di servizio/soccorso. In sostanza il Piano di Fitto, per chiudere definitivamente le discariche tal quale, prevede che il rifiuto venga trattato nella sua parte umida (biostabilizzazione) che poi finisce nelle discariche di soccorso, mentre la parte secca verrà trattata e convertita in Cdr, combustibile da rifiuto da bruciare. Quindi Fitto decide la chiusura del ciclo dei rifiuti attraverso la costruzione di termovalorizzatori, demandata alla decisione dei privati. Nei bandi di gara il Governatore in sostanza prevede che la società che si aggiudica la costruzione dell’impianto possa decidere la portata dell’impianto e la sua localizzazione. Uno degli effetti di questo “vizio di forma” nel caso della provincia di Lecce è che la Cogeam, la ditta di Marcegaglia che vince tutti i bandi di gara, decide di non installare il termovalorizzatore in Salento, ma di far conferire in quello di Massafra, sempre di sua proprietà, il cdr prodotto nell’impianto di Cavallino a servizio di tutte e tre le Ato salentine. Decisione che non permette di chiudere il ciclo in loco, ma provoca un ulteriore passaggio di rifiuti fuori territorio, con relativo andirivieni di camion, che prevede costi sempre più elevati. Inoltre, i guadagni provenienti dall’energia prodotta dai termovalorizzatori, con rifiuti pubblici, e immessa nel circuito nazionale con prezzi di vendita maggiorati trattandosi di energia da fonti alternative, sono tutte a beneficio del privato. Se può essere di consolazione, lo stesso “vizio di forma” ha prodotto l’emergenza e lo scandalo sui rifiuti nella regione Lazio, dove vige lo stesso tipo di monopolio. La Corte dei Conti, nella relazione del 2006, stigmatizza la scelta di Fitto: “Assai discutibile appare anche la determinazione di attribuire agli operatori privati la facoltà di scegliere i siti dove ubicare i vari impianti, ma, soprattutto, quella di delegare agli stessi la scelta se costruire o meno i termovalorizzatori, stante

L’EMERGENZA È GESTITA PER DIECI ANNI NELLA TOTALE ANARCHIA. I RIFIUTI SONO SEMPLICEMENTE GETTATI NELLE DISCARICHE, CONTRO OGNI DIRETTIVA COMUNITARIA. NEL 2004 IL PIANO DI FITTO il tacco d’Italia

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Febbraio 2009

Raffaele Fitto

Nichi Vendola

la delicatezza di tali determinazioni, per le loro implicazioni ambientali, sociali ed economiche e che quindi dovrebbero essere assunte dalla pubblica autorità. In tale contesto, ciò può indubbiamente aver indotto a percepire tali scelte come quelle più vantaggiose per le imprese piuttosto che quelle più idonee sotto il profilo ambientale e di utilità generale. Inoltre, tale modo di procedere avrebbe potuto comportare il rischio di un sovradimensionamento o, al contrario, di un sottodimensionamento del numero dei termovalorizzatori, in presenza di una pianificazione lasciata allo spontaneismo dei partecipanti alle gare. L’assenza nei bandi dei criteri di dimensionamento degli impianti, così come delle modalità di utilizzo del cdr prodotto e dello smaltimento dei sovvalli, dimostra, pertanto, una sostanziale abdicazione della gestione commissariale dalle sue prerogative di programmazione e coordinamento.” Settembre 2004, durante il vertice in Prefettura a Lecce è siglata l’ordinanza di Fitto in cui viene determinato il calendario della chiusura delle discariche salentine, che ha il sapore di una tragedia annunciata. Questa ordinanza, in quanto ordinanza di un Commissario delegato dal Consiglio dei Ministri, è imprescindibile, può essere contraddetta solo da un’altra ordinanza. Dunque, si tratta di un passaggio cruciale per capire la prima emergenza del maggio 2006 e quelle a venire. Quando Fitto firma l’ordinanza ha da poco licenziato il Piano, ma non ha ancora indetto i bandi per la costruzione degli impianti, ha però promesso e ordinato che le discariche tal quali di Poggiardo, Nardò, Cavallino e Ugento possano chiudere entro due anni dalla data dell’ordinanza, senza la certezza che gli impianti siano stati completati tanto da poter sostituire le discariche tal quali. Il cronoprogramma è preciso. Fitto promette a Nardò di chiudere la discarica Castellino “entro e non oltre luglio 2006”, come premio al sacrificio nel ricevere per due anni i rifiuti del bacino Le/2 che conferivano


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