L'avviso di accertamento pdf

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Presentazione - introduzione Uno dei compiti istituzionali più importanti dell'Agenzia delle Entrate è l'accertamento fiscale, che spesso si conclude con un avviso di accertamento notificato al contribuente. L'opera che segue illustra tutti gli elementi essenziali dell'atto impositivo, i termini dell'accertamento, le cause di nullità e i vizi dell'atto impositivo, avendo cura di evidenziare gli orientamenti della recente giurisprudenza, attraverso una attenta lettura del D.P.R. 600/73 in linea con i principi dello Statuto del Contribuente. Di particolare rilevanza è l'aspetto pratico dell'opera, che non si limita ad una breve sintesi di diritto tributario, ma permette al lettore di inquadrare le norme tributarie prese in esame con i principi dello Statuto del Contribuente. Nella prima parte ci si sofferma sugli elementi costitutivi dell'atto impositivo preso in esame e, inoltre, sull'applicazione dei principi dello Statuto del Contribuente nell'ambito dell'attività di accertamento dell'amministrazione finanziaria. Nella seconda parte ci si sposta su un aspetto pratico: la notifica dell'atto impositivo, che assume rilevanza ai fini di una opposizione ovvero per comprendere le nuove linee guida del legislatore italiano nella materia che ci occupa. L'ultima parte elenca i vizi, di merito e di legittimità, dell'atto impositivo, con una attenta interpretazione della normativa presa in esame.


L'AVVISO DI ACCERTAMENTO Indice: Introduzione 1. L'Avviso di Accertamento 1.1 L'Avviso di accertamento 1.2 Elementi essenziali dell'avviso di accertamento 1.3 Termini per l'accertamento 1.4 L'esecutività dell'avviso di accertamento 2. La notifica dell'atto impositivo 2.1 Il domicilio fiscale 2.2 La notifica 2.3 I soggetti abilitati alla notifica 2.4 La notifica dell'atto impositivo ai contribuenti non residenti nel territorio dello stato italiano 3. I vizi e le cause di nullità 3.1 I vizi e la nullità dell'avviso di accertamento 3.2 Inesistenza dell'avviso di accertamento 3.3 Vizi di legittimità 3.4 Vizi di merito Conclusione Riferimenti Normativi D.P.R. 600/1973 Legge 212/2000 “Statuto del Contribuente”


L'AVVISO DI ACCERTAMENTO Sommario: 1.1 L'avviso di accertamento 1.2 Elementi essenziali dell'avviso di accertamento 1.3 Termini per l'accertamento 1.4 L'esecutività dell'avviso di accertamento

L'avviso di Accertamento Uno dei compiti dell'Agenzia delle Entrate è l'attività di controllo del corretto adempimento degli obblighi fiscali del contribuente. L'attività di controllo si concretizza in una attività di verifica fiscale, finalizzata all'acquisizione di tutti gli elementi utili all'accertamento della capacità contributiva del soggetto passivo sottoposto a controllo; in seguito l'amministrazione finanziaria è tenuta alla verifica del corretto adempimento del pagamento delle imposte da parte del contribuente. L'amministrazione finanziaria adotta vari metodi e strumenti di controllo, finalizzati al contrasto di comportamenti elusivi da parte del contribuente. L'atto finale dell'attività di accertamento è l'avviso di accertamento. L'attività esercitata dall'amministrazione finanziaria può consistere in un mero controllo sostanziale oppure in un controllo di merito, senza l'esercizio di alcun potere discrezionale, essendo l'attività di questa vincolata dai principi di cui all'art. 23 Cost. “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”1. Le fasi dell'accertamento sono le seguenti: 1. fase c.d. di iniziativa, volta alla selezione dei soggetti da sottoporre a controllo; 2. fase istruttoria, che consiste nella selezione dei dati e degli elementi su cui l'accertamento deve fondarsi; 3. fase decisoria, che consiste nell'individuazione del contenuto dell'atto; 4. fase finale integrativa dell'efficacia, che consiste nella notifica dell'atto. L'atto impositivo esposto nelle pagine che seguono si distingue nettamente dall'avviso di liquidazione, disciplinato dall'art. 36 bis D.P.R. 600/73, che consiste in una semplice comunicazione di irregolarità emessa a seguito di un controllo sulle dichiarazioni fiscali e su dati che possono essere dichiarati dal contribuente e che sono in possesso dell'ufficio procedente.2 Infatti, al co. secondo dell'articolo 36 bis del D.P.R. 600/73, il legislatore precisa “Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell'anagrafe tributaria, l'Amministrazione finanziaria provvede a: a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione 1 Si definisce “controllo sostanziale” l'attività da parte dell'Agenzia delle Entrate che consiste in un controllo formale della dichiarazione dei contribuenti, mentre si definisce “controllo di merito” l'attività da parte dell'Agenzia delle Entrate consistente in un'attività di indagine più specifica. Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2013, n. 5852 "La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è "ex lege" determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli "standards" in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest'ultimo ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli "standards" o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”.

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Cassazione civile, sez. VI, 31/05/2016, n. 11292 “In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l'iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche, sicché il disconoscimento, da parte dell'Amministrazione finanziaria, di un credito d'imposta non può avvenire tramite l'emissione di cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito d'imposta o quanto meno bonario”.


degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi; b) correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni; c) ridurre le detrazioni d'imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni; d) ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quella prevista dalla legge; e) ridurre i crediti d'imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione; f) controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d'imposta”. L'avviso di liquidazione, infatti, ha la finalità di evitare la reiterazione di irregolarità da parte del contribuente e consentire, a quest'ultimo, di regolarizzare gli aspetti formali (co. quarto art. 36 – bis D.P.R. 600/73)3. L'avviso di accertamento, invece, non si presenta come una comunicazione di irregolarità, ma è un atto impositivo, vincolato, che deve contenere a pena nullità tutti i requisiti richiesti dalla legge, ed è il risultato di un controllo sostanziale da parte dell'amministrazione finanziaria.

1.2 Elementi essenziali dell'avviso di accertamento L'avviso di accertamento è un atto di imposizione fiscale recettizio, conseguente all'attività di controllo da parte dell'amministrazione finanziaria. Nella prassi viene anche denominato “atto di imposizione”, in quanto l'ufficio fiscale costituisce unilateralmente l'obbligazione tributaria e, di conseguenza, le imposte al contribuente; è un atto amministrativo vincolato, autoritativo, dichiarativo e costitutivo dell'obbligazione tributaria e, a seguito di notifica e del decorso dei termini di legge, diviene titolo esecutivo. Elementi essenziali sono il dispositivo e la motivazione. Dispositivo È necessario, affinché non sia dichiarato nullo, che l'atto contenga l'indicazione dell'imponibile accertato, delle aliquote applicate, o imposte liquidate al lordo ed al netto 3

Cassazione civile, sez. trib., 06/07/2016, n. 13759 “In materia di riscossione, ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l'invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un'imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi dell'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997”.


delle detrazioni, delle ritenute d'acconto e dei crediti d'imposta, i presupposti e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, con riferimento agli avvisi emessi dal 1° Ottobre 2011, l'intimazione ad adempiere all'obbligo di versamento delle somme entro il termine per la presentazione del ricorso4. Il dispositivo può contenere anche l'irrogazione delle sanzioni, così come previsto all'art. 17 D.Lgs. 472/97, co. primo, “In deroga alle previsioni dell'art. 16, le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irrogate, senza previa contestazione e con l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità”. L'art. 7 dello Statuto del contribuente, al co. secondo, precisa che “Gli atti dell'amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare: a ) l'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b ) l'organo o l'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela; c ) le modalità, il termine, l'organo giurisdizionale o l'autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili5”. A conferma dei principi dell'articolo sopra citato, l'art. 19 del D.Lgs. 546/92 dispone che “Gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere l'indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto e della commissione tributaria competente, nonché delle relative forme da osservare ai sensi dell'art. 206”. Motivazione La motivazione, così come previsto dall'art. 42 D.P.R. 600/73, consiste nell'indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche per le quali l'avviso è stato emanato, principio questo in linea con l'art. 3 della L. 241/90 e dell'art. 7 L. 212/20007. Così la Cassazione Civile, sez. VI, con sentenza n. 15348 del 25 Luglio 2016, si è pronunciata nel rispetto della normativa sopra citata annullando l'atto impositivo per difetto di motivazione precisando che“E' illegittimo l'avviso di accertamento contenente notizie di indagini di mercato, annunci pubblicitari od altro senza che tali indizi siano motivati e senza ne sia fornita la prova”. Anche se, in questa sede, è opportuno citare una recente sentenza della Cassazione Civile, sez. Tributaria, del 17 Giugno 2016 n. 12549, che ha precisato che “In tema di 4 Art. 42 co. secondo D.P.R. 600/73 [...]L'avviso di accertamento deve recare l'indicazione dell'imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti d'imposta, e deve essere motivato in relazione ai presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e in relazione a quanto stabilito dalle disposizioni di cui ai precedenti articoli che sono state applicate con distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e con la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale [...].

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Cassazione civile, sez. trib., 28/06/2016, n. 13322 “L'art. 7, comma 2, lett. b), della l. n. 212 del 2000, nella parte in cui prescrive che gli atti dell'Amministrazione finanziaria devono indicare l'organo o l'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere il loro riesame nel merito, non impone anche l'avviso al contribuente della facoltà di avvalersi, a norma dell'art. 6 del d.lgs. n. 218 del 1997, dell'accertamento con adesione, la cui mancanza, quindi, non comporta la nullità dell'atto impositivo, le cui cause sono tassative”.

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Cassazione Civile Cassazione civile, sez. trib., 30/10/2009, n. 23010 “Come è noto, in tema di contenzioso tributario, alla mancata o erronea indicazione nell'atto impugnabile della commissione tributaria competente, delle forme, o del termine per proporre ricorso, non segue la nullità di esso, ma soltanto la mancata decorrenza del termine stesso per l'impugnazione (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 20634 del 30/07/2008, n. 14482 del 2003). Infatti la nullità, per tale omessa o incompleta indicazione, non è una conseguenza prevista dal legislatore, nè è assistita da alcuna altra sanzione, trattandosi piuttosto di semplice irregolarità, avendo la norma come scopo soltanto quello di agevolare il compito del contribuente che voglia impugnare l'atto; soggetto su cui grava l'onere di individuare l'organo giurisdizionale, onere che è autonomo e prescinde da eventuali obblighi di specificazione posti a carico di altri (V. pure Cass. Sentenze n. 12070 del 01/07/2004, n. 3865 del 2002)”.

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Art. 7 L. 212/2000 Statuto del Contribuente “Gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama”.


accertamenti tributari, l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria alla trasmissione all'Amministrazione finanziaria degli atti d'indagine penale, ai sensi degli artt. 33, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 63, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, non va allegata, a pena di nullità, all'avviso di accertamento, trattandosi di atto che mira a salvaguardare gli interessi protetti dal segreto istruttorio, ma non anche a rendere conoscibili le ragioni della pretesa tributaria, sicché la sua mancata conoscenza, da parte del contribuente, non viola l'art. 7 della l. n. 212 del 2000”. Motivazione per relationem L'obbligo incombente sull'amministrazione finanziaria di motivazione può consistere anche nel riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, purché questi siano allegati all'atto notificato o che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale. Il legislatore prevede la motivazione per relationem a garanzia del contribuente, al quale va riconosciuto sempre il diritto di difesa, e dispone la nullità dell'atto impositivo nel caso in cui la motivazione di un avviso di accertamento faccia riferimento ad altro atto, non conosciuto né ricevuto dal contribuente, e tale atto non sia stato allegato all’avviso di accertamento. L'obbligo di motivazione, gravante sull'Amministrazione finanziaria, nell'esercizio dell'attività accertativa, deve ritenersi assolto ogni qualvolta il contribuente sia stato messo in grado di conoscere l'an e il quantum della maggiore pretesa fiscale8. Una interessante sentenza della Cassazione Civile - sezione trib. - del 03/12/2001, n. 1523, precisa che “In tema di accertamento di maggiori redditi, è consentita la motivazione "per relationem" con ricorso ad elementi offerti da altri documenti, non conosciuti dal contribuente né a lui comunicati, sempre che tali documenti siano allegati all'atto che li richiama o in esso riportati. Pertanto è illegittimo l'avviso di accertamento che, in violazione all'art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 - che fissa gli elementi che devono essere presenti nell'atto, tra i quali l'indicazione non solo degli estremi e del titolo della pretesa impositiva, ma anche dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che la giustificano - fa rinvio, quanto alla motivazione che giustifica la pretesa arbitraria, ad atti e documenti non portati a conoscenza del contribuente né da lui conoscibili anche se resi disponibili per l'interessato, dal momento che il documento diverso cui fa riferimento l'avviso di accertamento deve essere portato tempestivamente a conoscenza del contribuente”.

1.3 Termini per l'accertamento Gli atti impositivi, in quanto atti recettizi, sono vincolati a termini perentori per la notifica degli stessi al contribuente, il cui mancato rispetto comporta la nullità dell'atto impositivo. Ai sensi dell'art. 43 D.P.R. 600/1973 “1. Gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui e' stata presentata la dichiarazione. 2. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l'avviso di accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. 3. Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti l'accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell'Agenzia delle entrate. Nell'avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio delle 8

Cassazione civile, sez. VI, 06/06/2016, n. 11560 “In tema di imposta di registro ed INVIM, anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 7 della l. n. 212 del 2000, che ha esteso alla materia tributaria i principi di cui all'art. 3 della l. n. 241 del 1990, l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento di maggior valore deve ritenersi adempiuto mediante l'enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato, con le specificazioni in concreto necessarie per consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa e per delimitare l'ambito delle ragioni deducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa, nella quale l'Amministrazione ha l'onere di provare l'effettiva sussistenza dei presupposti per l'applicazione del criterio prescelto, ed il contribuente la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri”.


imposte. devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio delle imposte”. L'articolo sopra citato è stato oggetto di recenti modifiche, in particolare con la Legge di Stabilità 2016, a pochi mesi dall'entrata in vigore del D.Lgs. 128/15, sono aumentati i termini di accertamento in favore dell'amministrazione finanziaria, e, in favore del contribuente, è stato abrogato comma 2 bis dell'art. 43 D.P.R. 600/73, che prevedeva il raddoppio dei termini di accertamento in caso di reati tributari. Scopo delle ultime modifiche è garantire al contribuente una maggiore certezza sui termini di decadenza, che rappresentano una delle principali garanzie per lo stesso; in contrapposizione a tale garanzia, l'aumento dei termini di accertamento da quattro a cinque anni, per la notifica dell'avviso di accertamento in caso di presentazione della dichiarazione, e da cinque a sette anni in caso di omessa presentazione della dichiarazione. I nuovi termini di accertamento sono applicabili al periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016, mentre per le violazioni relative a periodi di imposta precedenti troverà applicazione la disciplina del raddoppio dei termini. I nuovi termini temporali di cui dispone l'Amministrazione Finanziaria per poter procedere con la notifica degli atti impositivi, prescindono dalla commissione o meno di reati tributari negli anni di imposta oggetto dell'accertamento. A titolo esemplificativo si può dire che le dichiarazioni presentate a settembre 2016, relative al periodo di imposta 2015, in applicazione della previgente disciplina, potranno essere rettificate dall'ufficio entro il 31 dicembre 2020, ovvero in presenza di reati tributari entro il 31 Dicembre 2024. La previgente normativa faceva riferimento anche ad un onere di denuncia da parte dell'Amministrazione Finanziaria entro i termini di legge di cui all'art. 43 D.P.R. 600/73, ma una recente sentenza della Suprema Corte, in merito al raddoppio dei termini di accertamento per una violazione commessa prima dell'entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016, si è pronunciata in tal senso: Cassazione Civile, del 12 Maggio 2016 n. 9725 “Ai fini dell’operatività dell’istituto del raddoppio dei termini (articoli 43 del Dpr 600/1973 e 57 del Dpr 633/1972), è ininfluente l’esercizio dell’azione penale da parte del Pm o l’eventuale sentenza di condanna. Il giudice di merito, per accertare che l’ufficio non abbia fatto un uso distorto dell’istituto de quo, deve verificare se il reato fiscale è astrattamente configurabile, essendo irrilevante, a tal fine, la mancata produzione della documentazione attestante la trasmissione della notizia di reato o la pendenza del processo penale”. 9.

1.4 L'Esecutività dell'avviso di accertamento Con riferimento agli avvisi emessi a partire dal 1° Ottobre 2011 e relativi ai periodi di imposta al 31 Dicembre 2007 e successivi, concernenti le imposte dirette e l'IVA, nonché i connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni, è obbligatorio riportare anche l'intimazione ad adempiere all'obbligo di versamento delle somme entro il termine di presentazione del ricorso; questo è quanto introdotto dall'art. 29 D.L. 78/2010, convertito in L. del 30 Luglio 2010 n. 122. Nello specifico, la normativa si applica agli avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle Entrate relativi a imposte dirette, IVA, IRAP, ritenute sia a titolo di acconto che di imposta, imposte sostitutive e ai connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni. Infatti, in sede di conversione, è stato previsto anche che le sanzioni, che nella normativa vigente potevano essere notificate con un atto 9

in linea con sentenza 247/2011 della Corte costituzionale che, investita della questione di legittimità del combinato disposto del Dpr 633/1972, articolo 57, comma 3, e del Dl 223/2006, articolo 37, comma 26, ha chiarito che “il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale”


distinto, adesso dovranno essere richieste con lo stesso atto con il quale si richiedono le maggiori imposte accertate. Essendo l'atto impositivo preso in esame un atto recettizio, affinché questo diventi titolo esecutivo, è necessaria la notifica al contribuente ed il decorso del termine di 60 giorni dalla stessa. L'obiettivo del legislatore è chiaro: semplificare e rendere più veloce la riscossione, permettendo all'agente di riscossione di procedere all'esecuzione forzata sulla base del titolo esecutivo costituitosi come sopra e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento. Ai fini dell'esecutività, fondamentale è il buon fine della notifica al contribuente, in difetto della quale non si avrà la costituzione del titolo esecutivo. Dalla data di notifica dell'atto impositivo, prima che lo stesso diventi titolo esecutivo, devono decorrere 60 giorni, termine entro il quale il contribuente potrà pagare la maggiore somma accertata, oppure potrà presentare ricorso innanzi l'autorità giudiziaria. Al suddetto termine di 60 giorni, nel caso di istanza di accertamento con adesione da parte del contribuente, si sommerà l'ulteriore termine di 90 giorni e, nel caso di decorso dei termini durante il periodo di sospensione feriale, l'ulteriore termine di 31 giorni (dal 1° al 31 Agosto). Una volta decorsi i termini per la costituzione del titolo esecutivo, il contribuente avrà termine 30 giorni per il pagamento della somma dovuta e, in caso contrario, la riscossione è affidata all'agente di riscossione che, grazie alle riforme sopra citate, potrà procedere alla esecuzione forzata senza la preventiva notifica della cartella di pagamento. Prima della fase esecutiva, al contribuente è riconosciuto un altro termine di 180 giorni, durante il quale l'esecuzione forzata è sospesa. Infatti, secondo la normativa vigente, l'agente di riscossione dovrà comunicare con raccomandata a/r la presa in carico del titolo esecutivo e, nel termine sopra indicato, il contribuente ha la facoltà di presentare istanza di pagamento dilazionato all'agente di riscossione.

CAPITOLO II LA NOTIFICA DELL'ATTO IMPOSITIVO Sommario: 2.1 Domicilio fiscale 2.2 La notifica 2.3 Soggetti abilitati alla notifica 2.4 La notifica dell'atto impositivo ai contribuenti non residenti nel territorio dello stato italiano 2.5 La notifica a cura degli agenti della riscossione

Domicilio fiscale Ai sensi dell'art. 43 c.c. il domicilio è il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi; diversamente la residenza è il luogo della dimora abituale. Nel processo civile, ai fini della validità di una notifica o per l'individuazione del foro


competente per l'azione civile, è importante individuare la residenza o il domicilio eletto della persona fisica o giuridica. Nel diritto e processo tributario il concetto di domicilio viene inquadrato in un contesto completamente differente, trattandosi nella specie di “domicilio fiscale”. Svolge un ruolo completamente differente la “residenza fiscale”, che determina la tassazione della persona nel territorio italiano per redditi ovunque prodotti10. Il domicilio fiscale del contribuente è il presupposto necessario per individuare l'ufficio dell'amministrazione finanziaria competente a ricevere le dichiarazioni, svolgere attività di controllo e di accertamento sul reddito11. L'art. 58 del D.P.R. 600/73 individua il concetto di domicilio fiscale, facendo una netta distinzione tra persone fisiche e persone giuridiche, residenti o con sede legale in Italia o in altro Stato, in particolare dall'articolo sopra citato si evince che il domicilio fiscale si presume: 1. per le persone fisiche residenti in Italia nel comune in cui risiedono; 2. per le persone fisiche non residenti in Italia: a) nel comune in cui si è prodotto il reddito, se il reddito è prodotto solo in un comune; b) nel comune in cui si è prodotto il reddito più elevato, se il reddito è prodotto in più comuni; 3. per i cittadini italiani che risiedono all’estero nel comune italiano di ultima residenza; 4. per i soggetti diversi dalle persone fisiche: a) nel comune in cui si trova la loro sede legale b) nel comune in cui si trova la sede amministrativa, la sede secondaria o una stabile organizzazione c) nel comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività. Il contribuente ha facoltà di cambiare il proprio domicilio fiscale ovvero eleggere domicilio negli atti, contratti, denunzie e dichiarazioni che vengono presentati agli uffici finanziari. Così come precisato al co. secondo dell'art. 59 D.P.R. 600/73 “Quando concorrono particolari circostanze la amministrazione finanziaria può consentire al contribuente, che ne faccia motivata istanza, che il suo domicilio fiscale sia stabilito in un comune diverso da quello previsto dall'articolo precedente”. Il cambio di domicilio fiscale da parte del contribuente deve essere specificamente indirizzato all'amministrazione finanziaria competente. In tal senso Cassazione civile sez. VI del 08/10/2014 n. 21290 “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la variazione del domicilio fiscale del contribuente deve essere effettuata con un atto specificamente indirizzato all'Amministrazione finanziaria, permanendo, in caso contrario, la competenza territoriale dell'ufficio individuato in riferimento al precedente domicilio”. Nei casi previsti dalla legge l'amministrazione finanziaria ha il potere stabilire il domicilio fiscale del soggetto, in deroga alle disposizioni dell'articolo precedente, nel comune dove il soggetto stesso svolge in modo continuativo la principale attività ovvero, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, nel comune in cui è stabilita la sede amministrativa, così come previsto dal co. primo dell'art. 59 D.P.R. 600/73. 10

Nel caso della residenza fiscale occorre distinguere tra i soggetti residenti in Italia che producono reddito in altri Paesi e i non residenti in Italia che producono reddito nel territorio nazionale Italiano. Ai fini fiscali, sia per la tassazione del reddito in Italia è considerato residente in Italia la persona che per oltre 183 giorni sia iscritto all'anagrafe della popolazione dello Stato, ovvero abbia nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi dell'art. 43 c.c

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Cassazione civile sez. trib. del 29/11/2013 n. 26715 “Ai sensi dell'art. 58 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, al dovere del contribuente di dichiarare un determinato domicilio o sede fiscale ed un determinato rappresentante legale, non corrisponde l'obbligo dell' amministrazione finanziaria di verificare e controllare l'attualità e l'esattezza del domicilio eletto. Ne consegue che ogni richiesta di esibizione di documentazione contabile può legittimamente essere indirizzata - con ogni conseguenza in tema di accertamento induttivo in caso di mancata risposta - al rappresentante legale presso il domicilio indicato dal contribuente, non sussistendo a carico dell'ufficio, l'onere di contattare eventuali sostituti o incaricati dell'amministratore presso i quali risulti depositata la documentazione contabile”.


In questa sede si ritiene utile anche citare una sentenza della Cassazione Penale, del 24/10/2014 n. 43809, che si è pronunciata nel seguente modo: “La sede amministrativa dei soggetti diversi dalle persone fisiche rilevante ai fini della individuazione del "domicilio fiscale" ai sensi dell'art. 59, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, si identifica nel centro effettivo di direzione e di svolgimento della sua attività, ove cioè risiedono gli amministratori, sia convocata e riunita l'assemblea sociale, si trovino coloro che hanno il potere di rappresentare la società, il luogo deputato o stabilmente utilizzato per l'accentramento dei rapporti interni e con i terzi in vista del compimento degli affari e della propulsione dell'attività dell'ente e nel quale, dunque hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente ed ove operano i suoi organi amministrativi o i suoi dipendenti” (dello stesso orientamento anche due recentissime pronunce Cass. Penale 18936/16 e Cass. Penale 13901/16).

La notifica dell'atto impositivo Essendo l'avviso di accertamento un atto recettizio, il buon esito della notifica assume un aspetto essenziale, sia per la validità dell'atto impositivo e sia per il decorrere dei termini di legge per l'impugnazione. La corretta individuazione del domicilio fiscale è importante non solo per l'individuazione dell'ufficio procedente, ma anche e soprattutto, per la notifica dell'atto impositivo al contribuente12. La natura sostanziale e non processuale dell'avviso di accertamento tributario non osta all'applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, in particolare quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria (In tal senso Cass. Civile sez. tributaria dell'8/06/2016 n. 11720); l'art. 60 del D.P.R. 600/73, per la notifica degli atti impositivi fa espresso riferimento alla disciplina del codice di procedura civile, precisando che “La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli artt. 137 c.p.c. e ss. [...]”13; in seguito, nel medesimo articolo, il legislatore aggiunge alcune precisazioni in merito ai soggetti abilitati alla notifica degli atti tributari ed alle modalità di notifica in determinati casi. Anche in questo caso, a garanzia del contribuente, l'art. 60, co. primo, lett d), D.P.R. 600/73 riconosce al contribuente la possibilità di variare domicilio per la notifica di atti o avvisi che lo riguardano e, alla lett. e-bis), qualora il contribuente non risiede nello stato italiano, si permette allo stesso di comunicare l'indirizzo estero per la notifica degli avvisi o atti che lo riguardano. 12

Cassazione civile sez. trib. Del 11/11/2015 n. 23024 “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la notificazione dell'avviso effettuata presso la residenza anagrafica invece che presso il diverso indirizzo indicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, situato sempre nel medesimo comune di domicilio fiscale, non è valida, atteso che tale indicazione equivale ad elezione”. Cassazione civile sez. VI del 21/07/2015 n. 15258 “In tema di accertamento delle imposte dei redditi, in caso di originaria difformità tra la residenza anagrafica e quella indicata nella dichiarazione dei redditi, è valida la notificazione dell'avviso perfezionatasi presso quest'ultimo indirizzo, atteso che l'indicazione del comune di domicilio fiscale e dell'indirizzo, da parte del contribuente, ai sensi dell'art. 58, comma 4, D.P.R. n. 600 del 1973, va effettuata in buona fede e nel rispetto del principio di affidamento.” Comm. trib. prov.le Lecco sez. I del 30/05/2013 n. 71 “Qualora l'avviso di accertamento sia stato notificato presso il domicilio fiscale del rappresentante legale cessato, l'avviso stesso è illegittimo se l'ente impositore sa dell'avvenuta cessazione dalla carica e conosce il domicilio fiscale della società accertata”.

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Cassazione civile, sez. trib., 13/01/2016, n. 384 “La nullità della notifica della cartella esattoriale, atto avente duplice natura di comunicazione dell'estratto di ruolo e di intimazione ad adempiere, corrispondente al titolo esecutivo e all'atto di precetto nel rito ordinario, è suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo ai sensi degli artt. 156 e 160 c.p.c., atteso l'espresso richiamo, operato dall'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, alle norme sulle notificazioni del codice di rito”. Comm. trib. prov.le Taranto, sez. II, 09/03/2016, n. 594 “Nell'ordinamento giuridico italiano la nullità della cartella di pagamento, poiché si presenta essa come un atto avente sia natura di comunicazione dell'estratto di ruolo sia quella di intimazione ad adempiere in materia tributaria, corrisponde al titolo esecutivo e all'atto di precetto presenti nel rito ordinario; infatti essa è suscettibile di sanatoria per raggiungimento dell'obiettivo, ex artt. 156 e 160 cpc, atteso il richiamo alla normativa sulle notificazioni del codice, operato dall'articolo 60 del DPR n. 600 del 1973”.


L'elezione di domicilio fatta dal contribuente e ha effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento della comunicazione da parte dell'amministrazione finanziaria. La normativa sopra citata fa riferimento all'applicazione e all'esclusione, in modo chiaro, degli articoli del codice di procedura civile nell'ambito della notifica degli atti tributari. Infatti alla lett. f) del co. primo dell'articolo sopra citato il legislatore precisa “le disposizioni contenute negli articoli 142, 143, 146, 150 e 151 del codice di procedura civile non si applicano”. In merito alla notifica di atti nel territorio italiano, come già sopra accennato, troverà applicazione l'art. 137 c.p.c. e ss., con esplicita esclusione degli artt. 142, 143, 146, 150, 151 del c.p.c. Soggetti abilitati alla notifica L'art. 60 del D.P.R. 600/73 dispone che “La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli artt. 137 e ss del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche: a ) la notificazione è eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall'ufficio; [...]” a cui si aggiunge la previsione dell'art. 137 che dispone che le notificazioni, quando non è disposto altrimenti, sono eseguite dall'ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del p.m. o del cancelliere14. Le notifiche in materia tributaria sono disciplinate da molteplici disposizioni di legge e, da un'attenta lettura dei testi di legge, si può notare come la disciplina della notifica e la legittimazione/abilitazione alla notifica, variano a seconda dell'atto impositivo e dell'imposta oggetto di accertamento da parte dell'amministrazione finanziaria, anche se le disposizioni di legge sono molto simili e la differenza è minima. A titolo di esempio, per l'imposta sul valore aggiunto, l'art. 56, co. primo, D.P.R. 633/72 dispone che “Le rettifiche e gli accertamenti sono notificati ai contribuenti, mediante avvisi motivati, nei modi stabiliti per le notificazioni in materia di imposte sui redditi, da messi speciali autorizzati dagli uffici dell'imposta sul valore aggiunto o dai messi comunali”; per l'imposta di registro, invece, troverà applicazione un'altra disposizione legislativa, l'art. 52, co. secondo, D.P.R. 131/86 “L'avviso è notificato nei modi stabiliti per le notificazioni in materia di imposte sui redditi dagli ufficiali giudiziari, da messi speciali autorizzati dagli uffici del registro o da messi comunali o di conciliazione”. Per quanto riguarda l'imposta in materia di successioni e donazioni, l'art. 49 co. primo, D.Lgs. 346/90 dispone che“Gli avvisi previsti nel presente testo unico sono notificati, nei modi stabiliti in materia di imposte sui redditi, dagli ufficiali giudiziari, da messi speciali autorizzati a norma di legge dagli uffici del registro o da messi comunali o di conciliazione”, anche se è opportuno far presente che l'art. 40 del R.D.L. 1639/36 prevede che la notificazione possa essere eseguita da dipendenti diretti dell'amministrazione finanziaria delegati.

La notifica dell'atto impositivo ai contribuenti non residenti nel territorio dello stato italiano Per la notifica ai contribuenti residenti all'estero troverà applicazione l'art. 60, co. quarto e quinto, e l'art. 60 bis) del D.P.R. 600/73. 14

Comm. trib. reg. Palermo, (Sicilia), sez. XXIV, 23/03/2016, n. 1129 “È legittima la notifica della cartella esattoriale, eseguita mediante invio da parte dell'esattore di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, difatti anche l'art. 148 c.p.c., applicabile in materia tributaria, prescrive tale modalità di notifica, in tal caso la relata viene scritta solo sull'originale e l'avviso di ricevimento viene allegato a quest'ultimo”.


In particolare, i co. quarto e quinto dell'art. 60 prevedono che “4. Salvo quanto previsto dai commi precedenti ed in alternativa a quanto stabilito dall' articolo 142 del codice di procedura civile , la notificazione ai contribuenti non residenti e' validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all'indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero o a quello della sede legale estera risultante dal registro delle imprese di cui all' articolo 2188 del codice civile. In mancanza dei predetti indirizzi, la spedizione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento e' effettuata all'indirizzo estero indicato dal contribuente nelle domande di attribuzione del numero di codice fiscale o variazione dati e nei modelli di cui al terzo comma, primo periodo. In caso di esito negativo della notificazione si applicano le disposizioni di cui al primo comma, lettera e) (12). 5. La notificazione ai contribuenti non residenti e' validamente effettuata ai sensi del quarto comma qualora i medesimi non abbiano comunicato all'Agenzia delle entrate l'indirizzo della loro residenza o sede estera o del domicilio eletto per la notificazione degli atti, e le successive variazioni, con le modalità previste con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. La comunicazione e le successive variazioni hanno effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione”. L'art. 60 bis), sempre in merito alle notifiche eseguite a contribuenti residenti all'estero, dispone che “L'Amministrazione finanziaria può chiedere all'autorità competente di un altro Stato membro di notificare al destinatario, secondo le norme sulla notificazione dei corrispondenti atti vigenti nello Stato membro interpellato, tutti gli atti e le decisioni degli organi amministrativi dello Stato relativi all'applicazione della legislazione interna sulle imposte indicate nell'articolo 2 della direttiva 2011/16/UE del 15 febbraio 2011 del Consiglio, che ha abrogato la direttiva 77/799/CEE del 19 dicembre 1977”. In questa sede meritano di essere citate alcune interessanti pronunce della Suprema Corte e di merito, che affrontano il tema alle notifiche eseguite nei confronti di cittadini residenti all'estero: Cassazione civile sez. trib. del 20/05/2009 n. 11759 “In tema di accertamento delle imposte sul reddito, in seguito alla sentenza della Corte cost. n. 366 del 2007, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 60, comma 1, lett. c, e ed f, e dell'art. 58, comma 2, secondo periodo, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, laddove prevedono che le disposizioni contenute nell'art. 142 c.p.c. non si applichino in caso di notificazione di atto impositivo a cittadino italiano avente all'estero una residenza conoscibile dall'Amministrazione finanziaria in base all'iscrizione all'A.I.R.E., deve ritenersi nulla la notificazione di un avviso di accertamento effettuata, ai sensi dell'art. 60, lett. e, cit., mediante deposito dell'atto nella casa comunale del domicilio fiscale, qualora, attraverso le risultanze dell'Albo, sia stata accertata nei confronti del contribuente la variazione anagrafica per trasferimento della residenza all'estero. Comm. trib. reg. Milano sez. XXVIII del 15/04/2011 n. 93 Per i cittadini italiani residenti all'estero, la notifica eseguita ai sensi dell'art. 60, comma 1 lett. e) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è nulla. Infatti la Corte costituzionale con sentenza n. 366 del 7 novembre 2007, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 58 primo e comma 2 e 60, comma 1 lettere c), e) ed f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell'art. 26 ultimo comma d.P.R. 602/73, nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all'estero la residenza conoscibile dall'Amministrazione finanziaria in base all'iscrizione all'Aire, che le disposizioni contenute nell'art. 142 c.p.c. non si applicano”.

La notifica a cura degli agenti della riscossione La notifica dell'atto impositivo può avvenire anche per il tramite dell'agente della


riscossione15, così come previsto dall'art. 26 D.P.R. 602/73, che al co. primo dispone “La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell'avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l'abitazione, l'ufficio o l'azienda”. A interpretazione del comma sopra citato è intervenuta anche una recente sentenza della Cassazione civile, sez. VI, 22/10/2015, n. 21558 che precisa che"La seconda parte del co. 1 dell'art. 26 del D.P.R. n. 602 del 1973, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all'ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall'avviso di ricevimento, senza necessità di un'apposita relata, visto che è l'ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l'esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l'effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art. 26, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o con l'avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell'amministrazione”. Il ricorso da parte del Concessionario alla notificazione a mezzo posta16 della cartella di pagamento non arreca nessun sostanziale danno alle garanzie di sicurezza in ordine ai suoi esiti (art. 26 comma 1 del d.p.r. n. 602 del 1973). L'avviso di ricevimento è parte integrante della relata di notifica e costituisce documento idoneo a provare l'intervenuta consegna del plico con la relativa data, e l'identità della persona alla quale la consegna è stata effettuata. Ai sensi dell'art. 156 c. 3 c.p.c. la nullità della cartella di pagamento non può essere eccepita nel caso in cui l'atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato. La notificazione è inesistente nel caso in cui la consegna dell'atto viene effettuata a persona ed in luogo in nessun modo riferibili al destinatario (In tal senso Comm. trib. reg. Lecce, sez. XXII, 14/09/2015, n. 1909). 15

Cassazione civile, sez. VI, 17/02/2016, n. 3036 “In caso di notifica della cartella di pagamento da parte del concessionario della riscossione mediante raccomandata postale, l'agente è tenuto ad esibire solo l'avviso di ricevimento”. Comm. trib. reg. Roma, (Lazio), sez. IV, 05/02/2016, n. 630 "Si considera valida la notifica dell'atto impositivo effettuata dal concessionario a mezzo di lettera raccomandata con avviso di accertamento ma senza relata, poiché vige la regola secondo cui è l'ufficiale postale a garantirne l'esecuzione, nell'avviso, effettuata su istanza del soggetto legittimato e la coincidenza tra il soggetto destinatario e il soggetto cui è stata consegnata la cartella esattoriale, come previsto dalla norma dell'articolo 26 del DPR n. 602 del 1973”. Comm. trib. reg. Roma, (Lazio), sez. XXI, 14/01/2016, n. 74 “La cartella di pagamento è valida ed efficace se notificata direttamente dal concessionario per la riscossione mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ex art. 26 del DPR n. 602 del 1973. E tale notifica si considera perfezionata attraverso la semplice spedizione postale avvenuta con consegna del plico presso il domicilio del soggetto destinatario, senza alcun altro adempimento da parte dell'ufficiale postale, se non quello di far apporre la firma della persona interessata alla ricezione sul registro di consegna della lettera e sull'avviso di ricevimento da restituire poi al mittente”. 16 Cassazione civile, sez. trib., 27/03/2015, n. 6198 “In materia d'imposte dirette, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell'art. 26, primo comma, seconda parte, del d.P.R. 29 settembre 1972, n. 602, mediante invio diretto di raccomandata con avviso di ricevimento, il soggetto legittimato alla notifica è il concessionario, agente della riscossione, mentre il soggetto che in concreto consegna la cartella all'ufficio postale opera come mero "nuncius", sicché la sua identità (o la sua giuridica inesistenza) non incidono sulla validità del procedimento di notificazione”. Cassazione civile, sez. II, 24/03/2015, n. 5898 “La notifica della cartella esattoriale, emessa per la riscossione di imposte o sanzioni amministrative, può avvenire a mezzo del servizio postale con l'invio, da parte dell'esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, senza necessità di redigere un'apposita relata di notifica, come prevede l'art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973”.


Il secondo comma del suddetto articolo prevede anche la notifica a mezzo P.E.C., si prevede infatti che la notifica della cartella puo' essere eseguita a mezzo posta elettronica certificata, ai sensi del D.P.R. 68/05, all'indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Se l'indirizzo di posta elettronica del destinatario non risulta valido e attivo, la notificazione deve eseguirsi, mediante deposito dell'atto presso gli uffici della Camera di Commercio competente per territorio e pubblicazione del relativo avviso sul sito informatico della medesima, dandone notizia allo stesso destinatario per raccomandata con avviso di ricevimento, senza ulteriori adempimenti a carico dell'agente della riscossione. Analogamente si procede, quando la casella di posta elettronica risulta satura anche dopo un secondo tentativo di notifica, da effettuarsi decorsi almeno quindici giorni dal primo invio. Per le persone fisiche intestatarie di una casella di posta elettronica certificata, che ne facciano comunque richiesta, la notifica e' eseguita esclusivamente con tali modalita' all'indirizzo dichiarato all'atto della richiesta stessa, ovvero a quello successivamente comunicato all'Agente della riscossione. Appare opportuno individuare il momento in cui si perfeziona la notifica a mezzo P.E.C. dell'atto impositivo ai fini del decorso dei termini per l'impugnazione o per l'esecutivitĂ dell'atto stesso. Per l'agente della riscossione che procede con la notifica a mezzo P.E.C., questa si perfeziona nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione; per il contribuente che riceve la notifica, questa si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, a prescindere dall'effettiva presa visione da parte del contribuente della posta elettronica.


CAPITOLO III I VIZI E LE CAUSE DI NULLITA' 3.1. I vizi e la nullità dell'avviso di accertamento; 3.2. Inesistenza dell'avviso di accertamento; 3.3 Vizi di legittimità; 3.4 Vizi di merito

I vizi e la nullità dell'avviso di accertamento Ai sensi dell'art. 61 co. secondo, D.P.R. 600/73 “La nullità dell'accertamento ai sensi del comma terzo dell'art. 42 e ai sensi del comma terzo dell'art. 43, e in genere per difetto di motivazione deve essere eccepita a pena di decadenza in primo grado”. In questa sede è importante soffermarsi sul significato di nullità nel diritto tributario, ben diverso rispetto ai principi ricavabili dal Codice Civile. Inoltre è possibile, da una attenta lettura dell'articolo, elencare tutte le cause che portano all'emissione di un atto impositivo viziato e, pertanto, nullo. In primo luogo occorre chiarire che, nel diritto e nel processo tributario, l'atto impositivo nullo è un atto che, seppur viziato, produce i suoi effetti come un provvedimento valido, fino alla pronuncia del giudice che ne dichiara la nullità. Nel diritto civile un atto che produce effetti sino alla pronuncia del giudice è un atto illegittimo o annullabile; nel diritto tributario, invece, vi è la sola ipotesi di un atto viziato, di conseguenza nullo, che produce gli effetti sino alla pronuncia del giudice tributario e che, in difetto di impugnazione nei termini perentori di legge, diviene definitivo. In tal senso la Sentenza della Corte di Cassazione Civile sez. Tributaria, n. 18448/2015 precisa che la nullità degli atti tributari non può essere rilevata dal giudice d'ufficio, in quanto occorre una specifica eccezione sollevata sin dal ricorso introduttivo, tempestivamente proposto. L'oggetto del giudizio tributario è circoscritto ai motivi di ricorso fatti valere dal contribuente e può essere modificato esclusivamente con la presentazione di motivi aggiunti, nel solo caso di deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti del giudizio o per ordine della commissione tributaria (in tal senso anche sentenza Cassazione Civ. Sez. Tributaria n. 19337/2011). L'avviso di accertamento definitivo può essere annullato solo dalla stessa Amministrazione Finanziaria che lo ha emesso, in sede di autotutela; inoltre, l'ufficio competente, dopo aver provveduto all'annullamento dell'atto impositivo viziato e già notificato al contribuente, potrà emettere un altro atto impositivo, privo del vizio che ha comportato la nullità al precedente atto, contenente la medesima pretesa tributaria e rinnovare la notifica al contribuente, sempre nei modi e tempi previsti dalla legge. I vizi dell'atto si possono suddividere in tre categorie: a) Inesistenza dell'atto 1) Mancata notifica dell'atto impositivo 2) Atto impositivo nei confronti di un soggetto inesistente b) Vizi di legittimità 1) Incompetenza dell'ufficio che ha emesso l'atto 2) Mancata sottoscrizione dell'atto 3) Difetto di notifica 4) Decadenza dell'azione e del potere di accertamento 5) Mancata indicazione delle aliquote 6) Difetto di motivazione 7) Violazione delle norme procedimentali


8) Omessa indicazione dei nuovi elementi nell'accertamento integrativo 9) Illecita rinnovazione dell'atto impositivo c) Vizi di merito 1) Erronea interpretazione della Legge Fiscale 2) Violazione dell'onere della prova

Inesistenza dell'atto Mancata notifica dell'atto impositivo L'avviso di accertamento è un atto recettizio e, pertanto, affinché produca effetti, è necessaria la notifica al contribuente nei modi e tempi di legge. Nel caso in cui l'amministrazione finanziaria proceda ad un accertamento ed emetta un avviso di accertamento, omettendone la successiva notifica, l'avviso di accertamento si avrà per inesistente, in quanto non è stato portato a termine l'iter di formazione dell'atto impositivo. Atto impositivo nei confronti di un soggetto inesistente Nel momento in cui, per un semplice errore materiale da parte dell'amministrazione finanziaria, si procede ad emettere un accertamento nei confronti di un soggetto inesistente, l'atto impositivo non avrà “un destinatario”.

Vizi di legittimità Incompetenza dell'ufficio che ha emesso l'atto L'art. 31 co. 2 del D.P.R. 600/73 precisa che “La competenza spetta all'ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa avrebbe dovuto essere presentata”. Ai fini della valutazione sulla competenza dell'ufficio occorre, quindi, che questa venga individuata, tenuto conto sia dell'ufficio distrettuale competente e sia degli appositi decreti direttoriali con i quali l'Agenzia delle Entrate può provvedere a suddividere la competenza tra i vari uffici. La Cassazione Civile ha precisato, con sentenza del 27 Giugno 2003 n. 10224, che “La competenza va individuata al momento della presentazione della dichiarazione, e permane sino all'esaurimento del rapporto di imposta, non rilevando il diverso domicilio del contribuente al momento della rettifica, se non ai fini della notifica dell'avviso”. In questa sede merita di essere citata anche una interessante sentenza della Cassazione Civile sez. Tributaria del 10 Maggio 2013 n. 11170 “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la competenza territoriale dell'ufficio è determinata dall'art. 31 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, con riferimento al domicilio fiscale indicato dal contribuente, la cui variazione, comunicata nella dichiarazione annuale dei redditi, costituisce pertanto atto idoneo a rendere noto all'Amministrazione il nuovo domicilio non solo ai fini delle notificazioni, ma anche ai fini della legittimazione a procedere, che spetta all'ufficio nella cui circoscrizione il contribuente ha indicato il nuovo domicilio. Tale "ius variandi" dev'essere peraltro esercitato in buona fede, nel rispetto del principio dell'affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario: pertanto, il contribuente che abbia indicato nella propria denuncia dei redditi il domicilio fiscale in un luogo diverso da quello precedente, non può invocare detta difformità, sfruttando a suo vantaggio anche un eventuale errore, al fine di eccepire, sotto il profilo dell'incompetenza per territorio, l'invalidità dell'atto di accertamento compiuto dall'ufficio finanziario del domicilio da lui stesso dichiarato. Né appare rilevante, data


l'unicità del domicilio fiscale, che questo, diverso dalla residenza anagrafica, sia stato dichiarato ai fini di un'imposta diversa (I.V.A.) da quella oggetto di accertamento (I.R.P.E.F.)”. Conforme all'orientamento di cui sopra anche la sentenza della Cassazione Civile sez. IV dell'08 Ottobre 2014 n. 21290 che così recita “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la variazione del domicilio fiscale del contribuente deve essere effettuata con un atto specificamente indirizzato all'Amministrazione finanziaria, permanendo, in caso contrario, la competenza territoriale dell'ufficio individuato in riferimento al "precedente" domicilio. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che integrasse una variazione di domicilio l'indicazione della nuova residenza contenuta in un contratto di compravendita di un immobile, solo occasionalmente conosciuto dall'ufficio in sede di verifica)”.

Mancata sottoscrizione dell'atto L'art. 42, co. terzo, D.P.R. n. 600/73 impone, sotto pena di nullità, che l'atto sia sottoscritto dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegata, senza richiedere che il capo dell'ufficio o il funzionario delegato abbia a rivestire anche una qualifica dirigenziale. In tal senso la sentenza della Corte di Cassazione Civile sez. Tributaria del 21 Giugno 2016 n. 12781 “L'avviso di accertamento è nullo, ai sensi dell'art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, se non reca la sottoscrizione del capo dell'ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. In caso di contestazione, l'Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare la sussistenza della delega, sebbene non necessariamente dal primo grado, visto che si tratta di un atto che non attiene alla legittimazione processuale, avendo l'avviso di accertamento natura sostanziale e non processuale”. Interessanti anche i principi enunciati nella recente sentenza della Cassazione Civile sez. Tributaria del 09 Novembre 2015 n. 22810 “Essendo inoltre la materia tributaria governata dal principio di tassatività delle cause di nullità degli atti fiscali e non occorrendo, ai meri fini della validità di tali atti, che i funzionari (delegati o deleganti) possiedano qualifiche dirigenziali”. L'incaricato di funzioni dirigenziali sottoscrive in virtù di semplice delega di firma e, in virtù del principio di conservazione dell'attività dell'amministrazione finanziaria, la provenienza dell'atto dell'ufficio, e la sua idoneità ad esprimere la volontà, si presume valida, finché non venga provata la non appartenenza del sottoscrittore all'ufficio o, comunque, l'usurpazione dei relativi poteri (Cassazione Civile sez. Tributaria 15 Gennaio 2009 n. 874).

Difetto di notifica Come già ribadito nei precedenti paragrafi, l'atto impositivo è un atto recettizio e, affinché produca i suoi effetti e diventi titolo esecutivo, è necessario il decorso del termine dalla data della notifica dell'atto, nel rispetto e nelle forme di cui all'art. 60, co. primo, del D.P.R. 600/73 che dispone l'applicazione delle norme del codice di procedura civile, con la conseguente applicazione del regime di nullità elencate nel processo civile. In ambito tributario vale il principio della scissione temporale degli effetti della notifica per il notificante ed il notificato, in applicazione di quanto disposto dalla Sentenza della Corte Costituzionale del 23 Gennaio 2004 n. 28 “Non è fondata, in riferimento agli art. 3 e 24 cost., la q.l.c. del combinato disposto degli art. 139 e 148 c.p.c., nella parte in cui prevede che le notificazioni si perfezionino, per il notificante, alla data di perfezionamento delle


formalità di notifica poste in essere dall'ufficiale giudiziario e da questi attestate nella relazione di notificazione, anziché alla data, antecedente, di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario. Per effetto della sentenza n. 477 del 2002, risulta ormai presente nell'ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario, pur restando fermo che la produzione degli effetti che alla notificazione stessa sono ricollegati è condizionata al perfezionamento del procedimento notificatorio anche per il destinatario e che, ove a favore o a carico di costui la legge preveda termini o adempimenti o comunque conseguenze decorrenti dalla notificazione, gli stessi debbano comunque calcolarsi o correlarsi al momento in cui la notifica si perfeziona nei suoi confronti, sicché, le norme censurate vanno interpretate nel senso che la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario”. Sono varie le pronunce della Corte di Cassazione che intervengono per chiarire i principi della notifica degli atti impositivi tributari in applicazione delle norme del processo civile. In particolare una recente sentenza della Corte di Cassazione Civile sez. Tributaria dell'08 Giugno 2016 n. 11720 così dispone “La natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell'avviso di accertamento tributario - che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l'amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria - non osta all'applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l'applicazione, per l'avviso di accertamento, in virtù dell'art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l'applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l'effetto di sanare la nullità della notificazione dell'avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell'atto, ex art. 156 c.p.c.. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza previsto dalle singole leggi d'imposta - per l'esercizio del potere di accertamento”. Un'altra interessante recente sentenza della Cassazione Civile sez. IV del 02 Febbraio 2016 n. 2047, in tema di applicabilità dell'art. 182 c.p.c. al processo tributario, chiarisce “In tema di notificazione dell'atto impositivo effettuata a mezzo posta direttamente dall'Ufficio finanziario, al fine di garantire il bilanciamento tra l'interesse del notificante e quello del notificatario, deve farsi applicazione in via analogica della regola dettata dall'art. 8, comma 4, della l. n. 890 del 1982, secondo cui la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di rilascio dell'avviso di giacenza, ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore, decorrendo da tale momento il termine per l'impugnazione dell'atto notificato”. Da citare, per ultima, le sentenza della Cassazione Civile sez. Tributaria del 24 Settembre 2015 n. 18934 “In tema di accertamenti tributari, la disciplina delle notificazioni, che ne consente l'esecuzione nel domicilio fiscale del contribuente per ultimo noto, eventualmente nella forma semplificata di cui alla lett. e) dell'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, in caso di mancata comunicazione da parte di quest'ultimo di eventuali variazioni, è posta a garanzia dell'Amministrazione finanziaria, cui non può essere addossato l'onere di ricercare il contribuente, che non abbia assolto l'onere informativo a suo carico, fuori dal suo domicilio fiscale, sicché la sua inosservanza non può comportare l'illegittimità della notifica effettuata con una procedura più garantista, come quella di cui all'art. 139 c.p.c. presso la residenza del destinatario mediante consegna al coniuge convivente”.

Decadenza dell'azione e del potere di accertamento


Come accennato al capitolo I al punto 1.3 “Termini per l'accertamento”, ai sensi dell'art 43 D.P.R. 600/73 gli atti impositivi sono vincolati a termini perentori per la notifica al contribuente, il cui mancato rispetto comporta la nullità dell'atto impositivo. Corte di Cassazione dell'8 Giugno 2016 n. 11720 “Ritenuta la nullità della notifica, non può dirsi sanato il vizio per via della costituzione in giudizio, in quanto, al momento in cui la costituzione è avvenuta, la decadenza dell'azione tributaria si era già verificata. Se la sanatoria di una notificazione interviene dopo che il termine per la notifica dell'accertamento è scaduto, la decadenza si verifica comunque. La proposizione del ricorso del contribuente produce l'effetto di sanare la nullità della notificazione dell'avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c.; tuttavia, tale sanatoria può operare solo se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza, previsto dalle singole leggi di imposta per l'esercizio del potere di accertamento”. Mancata indicazione delle aliquote Ai sensi dell'art. 42 D.P.R. 600/73 l'avviso di accertamento che non indica le aliquote applicate è nullo. Anche un mero richiamo alla tabella delle aliquote comporta un vizio dell'atto con la conseguente nullità. In tal senso anche la recente sentenza della Cassazione Civile sez. IV del 07 Giugno 2016 n. 11682, che così recita “In tema di imposte sui redditi, l'avviso di accertamento che contenga solo l'indicazione dell'aliquota minima e massima applicata viola il principio di precisione e chiarezza delle "indicazioni" che è alla base del precetto dell'art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, incorrendo, pertanto, nella sanzione di nullità, fermo l'onere del contribuente, peraltro, di indicare le ragioni per le quali, sulla base dei dati riportati nell'atto, non gli è stato possibile pervenire all'immediata ed agevole individuazione dell'aliquota”.

Difetto di motivazione L'art. 7, co. primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212, dispone che “gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama”, introducendo nella materia dell'accertamento tributario una particolare disciplina del dovere di motivazione. E' nullo l'avviso di accertamento che non contiene le ragioni di fatto e di diritto poste alla base dell'atto impositivo, a garanzia del contribuente il quale deve essere messo nelle condizioni di conoscere le ragioni della pretesa tributaria e, sulla base della propria posizione fiscale, valutare l'opportunità di impugnare l'atto impositivo. L'avviso di accertamento risponde all'obbligo della motivazione, ai sensi dell'articolo 42 del DPR n. 600 del 1973, in tutte le ipotesi in cui il suo contenuto sia tale da consentire al contribuente di giungere a conoscenza della pretesa tributaria ad esso rivolta dall'Amministrazione Finanziaria in tutti i suoi elementi essenziali per eventualmente contestarne in un secondo momento l'an e il quantum (Comm. trib. reg. Roma, (Lazio), sez. XXI, 05/02/2016, n. 635). L'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche mediante riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri documenti, purché questi siano allegati all'atto impositivo notificato al contribuente, oppure lo stesso riproduca il contenuto essenziale dei suddetti elementi di prova. In tema di motivazione degli atti impositivi, ai fini della valutazione della validità di un accertamento induttivo operato dall'amministrazione finanziaria, la Corte di Cassazione Civile sez. Tributaria con sentenza del 30 Marzo 2016 n. 6093, ha ritenuto non sussistere il vizio del difetto di nullità e ha ritenuto “ […] ammissibile la ricostruzione induttiva del


reddito di un lavoratore autonomo basata sui versamenti non giustificati da costui effettuati sul proprio conto corrente bancario: infatti la dichiarazione di illegittimità costituzionale (limitatamente alle parole "o compensi") dell'art. 32 comma 1 n. 2) d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (vedi Corte cost. n. 228 del 2014) esclude l'operatività della presunzione legale basata sugli accertamenti bancari nei confronti dei lavoratori autonomi solo con riferimento ai "prelievi ingiustificati da conti correnti bancari", restando pienamente legittima l'imputazione a compensi delle somme risultanti da operazioni bancarie attive di versamenti”. Violazione delle norme procedimentali L'atto impositivo è altresì nullo qualora non vengano rispettate le prescrizioni procedimentali da parte dell'amministrazione finanziaria, come l'inosservanza, ai sensi dell'art. 12, co. settimo, L. 212/2000, del termine dilatorio di 60 giorni per l'emissione dell'avviso di accertamento. In tal senso la Cassazione Civile sez. Tributaria, con sentenza del 26 Marzo 2015 n. 6057 “L'inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni per l'emissione dell'avviso di accertamento, decorrente dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, come previsto dall'art. 12, comma 7, L del 27 Luglio 2000, n. 212, determina di per sé l'illegittimità dell'atto impositivo emesso “ante tempus”, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza riferite al rapporto tributario controverso, che non possono identificarsi nell'imminente spirare del termine di decadenza di cui all'art. 57 D.P.R. 26 Ottobre 1972,n. 633, che comporterebbe anche la convalida, in via generalizzata, di tutti gli atti in scadenza. Per conto, è dovere dell'amministrazione attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale”.

Omessa indicazione dei nuovi elementi nell'accertamento integrativo Il requisito di chiarezza e precisione, di cui all'art. 42 D.P.R. 600/73, trova spazio nell'ipotesi di un accertamento integrativo, dove l'amministrazione finanziaria ha l'obbligo di integrare con nuovi elementi un precedente avviso di accertamento illegittimo. Come precisato dalla Cassazione Civile nella sentenza del 03 Febbraio 2010, n. 2424 “Costituisce atto di autotutela quello posto in essere dall'Amministrazione finanziaria che emette un nuovo avviso di accertamento in sostituzione di quello precedente, carente delle aliquote da applicare. L'atto di autotutela, infatti, assume ad oggetto un precedente atto di accertamento che è illegittimo, ed al quale si sostituisce con innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell'atto, costituiti dai destinatari, dall'oggetto e dal contenuto e può condurre alla mera eliminazione dal mondo giuridico del precedente o alla sua eliminazione ed alla sua contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato [...] Se nell'avviso di accertamento non vengono indicate le aliquote applicate si verifica una violazione del principio di chiarezza e precisione posto alla base della norma contenuta nell'art. 42 D.P.R. n. 600 del 1973, tale da determinare la nullità dell'atto impugnato” .

Illecita rinnovazione dell'atto impositivo Anche in questa ipotesi si parte da un atto impositivo illegittimo, che non potrà essere rinnovato se non dopo l'annullamento in autotutela dell'atto viziato. Con l'accertamento integrativo e con la procedura di autotutela, l'amministrazione finanziaria potrà rinnovare l'atto impositivo originariamente viziato, ma sempre nel rispetto dei diritti del contribuente, al quale deve essere in primo luogo comunicato l'annullamento del primo atto impositivo viziato e, solo a seguito dell'annullamento del primo atto, potrà procedere con la rinnovazione dell'accertamento integrativo.


Vizi di merito Erronea interpretazione della Legge Fiscale L'atto impositivo è di natura vincolata ed è emesso nel rispetto dei principi di legge vigenti, pertanto l'amministrazione finanziaria deve attenersi sempre al principio di legalità ed orientare il potere di accertamento sempre nel rispetto della normativa, senza alcun potere discrezionale e senza pregiudicare i diritti del contribuente.

Violazione dell'onere della prova L'atto impositivo può considerarsi legittimo se in linea con i presupposti di legge che conferiscono all'amministrazione finanziaria il potere di procedere all'accertamento nei confronti del contribuente ed alla successiva emissione dell'atto impositivo. Pertanto, l'avviso di accertamento non può essere emesso senza che l'ufficio competente abbia provveduto, nel corso dell'istruttoria, all'acquisizione di tutti gli elementi probatori, necessari al riconoscimento della pretesa impositiva. L'amministrazione finanziaria, quindi, dopo aver valutato tutte le prove in proprio possesso e dopo aver verificato la corrispondenza con i presupposti di legge per il riconoscimento dell'imposizione tributaria, potrà emettere l'avviso di accertamento.

Conclusione A chiusura di questa opera in materia tributaria occorre ribadire alcuni concetti rilevanti e utili, necessari per comprendere lo scopo dell'e-book. L'opera non può essere considerata come un manuale o un insieme di massime della recente giurisprudenza, ma al contrario, rappresenta solo una breve sintesi di alcuni istituti del diritto tributario, che ad oggi rappresenta una delle materie in continua evoluzione, che non permette al giurista di avere alcuna certezza. Infatti le quotidiane riforme a cura del legislatore, mettono in difficoltà contribuenti e professionisti, che ogni giorno dovranno interpretare la ratio delle continue riforme che, pur presentandosi come piccole modifiche, incidono notevolmente sulla sfera patrimoniale del contribuente. I termini tassativi indicati nei paragrafi dell'e-book potranno subire modifiche, potranno variare a seconda delle leggi fiscali, così come gli articoli commentati potranno essere abrogati o, al contrario, affiancati da altri articoli che contribuiranno a rendere sempre più dettagliato l'oggetto della normativa; pertanto si consiglia al lettore di leggere l'opera tenendo in considerazione il continuo evolversi della materia presa in esame.


Riferimenti normativi D.P.R. 600/1973 D.P.R. 602/1973 Legge 212/2000 “Statuto del Contribuente” Bibliografia Il tributario – rivista on line giustizia tributaria Andrea Marchegiani, L'avviso di accertamento, 10.10.2015 Andrea Marchegiani, Accertamento analitico, 28.07.2015 Andrea Marchegiani, Accertamento induttivo, 15.12.2015 Craveto, Imposta e Domicilio fiscale, 01.02.2016 Francesco Eugeni, Illegittimità dell'atto impositivo, 05.10.2015 Federico Gavoli, La nullità dell'accertamento, 13.07.2015 Pierpaolo Ceroli, Accertamento d'ufficio, 04.02.2015 Pierpaolo Ceroli, L'avviso di Accertamento, 21.12.2015 Sonia Pucci, Domicilio fiscale, 05.08.2015 La redazione, Decorrenza dei nuovi termini di accertamento, 05.02.2016 La redazione, Delega necessaria in mancanza di potere dirigenziale, 08.06.2016


Diritto & Giustizia – rivista on line Giuffrè editore Davide Di Giacomo, Accertamento e prova, fasc. 34, 2016 Isabella Buscema, Invalidità della notifica, fasc. 28, 2016 Isabella Buscema, Il processo tributario, fasc. 14, 2016 Giustizia Civile MASSIMARIO Prof. Avv. Andrea Caringi, L'accertamento Tributario, IPSOA 2014

L'utilizzo di tutto il materiale informativo è stato utilizzato solo per fini didattici e scientifici, nel rispetto dell'art. 70 della L. 633/41 e nel rispetto dell'art. 5 della direttiva 96/09/CE



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