Percorsi 2014

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2014 Diaconia Valdese Coordinamento Opere Valli

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Diaconia Valdese Coordinamento Opere Valli

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Diaconia Valdese Coordinamento Opere Valli

Sede operativa: Coordinamento Opere Valli, Via Angrogna 20, 10066 Torre Pellice (TO) Tel. 0121 91457 - Fax 0121 91359 covsegreteria@diaconiavaldese.org www.diaconiavaldese.org

Redazione: Giorgio Baret, Loretta Costantino. Paola Paschetto, Samuele Pigoni, Chiara Poli Hanno collaborato: Marcello Salvaggio, Marco Armand Hugon, Giorgio Benigno, Clara Bounous, Monica Sappè, Rosella Tagliero, Remo Siza, Stefano Ivis, M.A. Parizia Longo, Alessandra Mattiola, Marcello Galetti, Molly Tyler-Childs, Mara Cirigliano, Marco Gibello, Paolo Mosele, Paola Gazzano, Miklos Zoltan Hunor, Enrica Avondetto, Loredana Gaydou, Monica Balmas, Gaia Riscossa, Irene Ottone, Tania Lazzari, Francesca Cambula, Alessandro Daut, Tanja Hrihorasah, Manuela Masini, Alberto Piergiovanni, Valentina Boaglio, Stefano Bosio, Nicola Salusso, Debora Boaglio, Elisabetta Mantelli.

Grafica: Studio Pascal | Grafica & Comunicazione di Serenella Pascal, Via P. Laurenti 21, Villar Perosa (TO). La riproduzione e la ristampa, anche parziali, di articoli e immagini della rivista sono formalmente vietate senza la debita autorizzazione del Coordinamento Opere Valli. Questa rivista è stata stampata su carta sbiancata senza cloro, tale processo avviene con preparati a base di ossigeno, riducendo così l’inquinamento delle acque di scarico.

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SOMMARIO

1. CHI SIAMO

Riflessione biblica.......................................................4 Saluto della Giunta......................................................6 Organigramma .......................................................... 8 Albero delle risorse.................................................. 10 Progetti...................................................................... 12

2. SGUARDI

Introduzione............................................................. 17 Inclusione Sociale ................................................... 18 Il ricercatore d’oro: il counsellor nel periodo della crisi........................ 23 Ambasciatori per l’Alzheimer ............................... 26 Brainer.... un mosaico d’esperienze....................... 29 Ambiente................................................................... 32

3. MI RACCONTO

Asilo dei Vecchi........................................................ 35 Casa delle Diaconesse.............................................. 41 Rifugio Re Carlo Alberto........................................ 47 Uliveto........................................................................ 53 Vengo io da te........................................................... 61 Giovani e Territorio ................................................ 65 Servizio richiedenti asilo e rifugiati....................... 71 Altro Cinema 2015................................................... 76

4. NOTIZIE DAL MONDO DIACONALE

Diaconia Valdese Fiorentina ................................. 78

4. RETE

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Come sostenerci....................................................... 80

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CHI SIAMO

Speranza RIFLESSIONE BIBLICA AMBASCIATORI E AMBASCIATRICI DEL VANGELO PER CONTO DI CRISTO Marcello Salvaggio: Pastore valdese

Il verbo essere ambasciatore (in greco presbeùo) o ambasciatrice è usato raramente per descrivere la vocazione dei credenti in Gesù Cristo. Preferiamo altre parole come testimoni, predicatori, diaconi, missionari, mentre ‘ambasciatori’ non sempre rientra nel nostro vocabolario. La ragione può essere rintracciata nel semplice fatto che il nuovo testamento lo usa di rado, appena 3 volte. Tuttavia, quelle poche volte che è usato, esso riveste un significato pregnante che vorremmo riprendere in questa sede. In particolare, è l’apostolo Paolo a farne uso nella Seconda lettera ai Corinzi, ripresa poi dalla Lettera agli Efesini in continuità con la sua predicazione. In II Corinzi 5,20 si dice «ambasciatore per Cristo», mentre in Efesini 6,20 «ambasciatore in catene del vangelo». Cosa intenda per ambasciatore è presto detto, trattandosi del significato proprio della parola, cioè di persona incaricata

di riferire un messaggio. Paolo è colui che reca il messaggio dell’evangelo per conto di Cristo. I sinonimi potrebbero essere nunzio, apostolo, messaggero o evangelista. Che differenza c’è allora tra essere ambasciatore e i suoi sinonimi più usati nel nuovo testamento? Perché Paolo usa proprio questa espressione? Cosa dice della nostra vocazione cristiana? Paolo chiama la propria predicazione una ‘ambasciata’ sulla scorta di una idea già ben definita nell’uso linguistico del suo tempo. L’ambasciatore era strettamente legato al governo o all’autorità che lo aveva inviato, ma non godeva di poteri particolari che gli permettessero di concludere autonomamente dei trattati. In questo senso, Paolo può dire: «Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio» (2 Cor. 5,20). L’uso dell’espressione “facciamo da ambasciatori” viene qui spiegato dall’Apostolo a partire da una argomentazione ben precisa: mediante la morte e la risurrezione di Gesù Cristo, Dio non accusa gli esseri umani per le loro colpe, ma ricrea la piena comunione con lui; allo stesso tempo affida ai suoi ambasciatori il compito di testimoniare

con parole e opere questa riconciliazione. Vale a dire che l’opera della grazia di Dio non può solo essere un esempio che si realizza in Cristo, ma deve attuarsi e trasformare l’intero creato. Finché l’ambasciata non è stata portata a compimento e il messaggio non è arrivato a destinazione, con la sua portata di novità e di cambiamento, il proposito del committente non è pienamente realizzato. Per questo motivo, nella prospettiva di Paolo, la riconciliazione che Dio rende possibile in Cristo è unita indissolubilmente alla sua testimonianza espressa nella dimensione di predicazione e di servizio. Non c’è solo il contenuto della salvezza, ma serve anche il suo annuncio. La predicazione non costituisce così semplicemente un’appendice, una comunicazione successi-

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Speranza CHI SIAMO

va a qualcosa che è già avvenuto e cioè la riconciliazione tra Dio e l’umanità, bensì forma con questa un tutt’uno essenzialmente omogeneo, ne è parte costitutiva. In questo senso Paolo può indicare la propria attività di apostolo usando l’espressione di “collaboratore di Dio” (2 Cor. 6,1). Se pensiamo alla nostra predicazione e alla nostra diaconia, dobbiamo avere sempre presente che queste hanno un carattere autorevole, ufficiale, che non deriva da noi, ma dal fatto che Cristo stesso parla per bocca del suo ambasciatore o della sua ambasciatrice e serve mediante i gesti del suo ambasciatore o della sua ambasciatrice. Nella predicazione e nella diaconia, l’opera stessa della riconciliazione già compiuta in Cristo diventa una realtà presente, si attualizza come proposta e invito rivolto ad ogni essere umano, il quale può a sua volta accogliere nella fede questo evento. Il senso della diaconia che operano le chiese si deve intendere iscritto in questo orizzonte. I tanti progetti portati avanti attraverso le opere che lavorano sul territorio, dai servizi di sostegno alla domiciliarità a quelli rivolti a persone con disabilità, dall’accoglienza dei migranti e dei bisognosi alle proposte di formazione per i giovani, sono espressione concreta di questo

mandato ad essere ambasciatori promosso direttamente da Dio e reso possibile dall’opera già compiuta da Gesù Cristo. Ciò che è autorevole e quindi credibile nel nostro operare è appunto l’annuncio della riconciliazione tra gli esseri umani, non più stranieri gli uni verso gli altri, ma sorelle e fratelli che si incontrano e sperimentano il dono dell’agape, l’amore che supera ogni distanza e rompe ogni barriera. Si tratta di una avvenimento che trasforma il mondo, le relazioni umane, le prospettive future, rinnovandoci e rinnovando la società intorno a noi. Le chiese, infatti, sono uno spazio possibile dove vivere questo ministero, ma non dimentichiamo che dovrebbe essere il pro-

getto di una intera società quello di operare per la riconciliazione tra le sue diverse parti. Questo ci deve portare sempre a ripensare ciò che stiamo facendo, con capacità critica e riconoscimento dei nostri limiti, sapendo che non ci sostituiamo alle istituzioni civili, ma collaboriamo, promuoviamo e, quando non è necessario, ci facciamo da parte. In fondo, noi non siamo i vice o vicari di Cristo, né tantomeno i continuatori della sua opera; ma appunto degli ambasciatori del vangelo. L’unico vantaggio che ne possiamo avere, ci dice infatti la lettera agli Efesini, è la buona notizia che viene annunciata e proposta ai miseri e agli ultimi, ma anche agli uomini e alle donne di buona volontà. Amen! 5

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CHI SIAMO

Impegno SALUTO della giunta Care amici e cari amici, siamo giunti alla quarta edizione della nostra rivista “Percorsi”. La scelta iniziale fu quella di pubblicare un numero unico, in sostituzione del singolo bollettino di ciascuna opera, in modo da condividere con voi quotidianità, progetti e problemi che ogni giorno i nostri ospiti , il nostro personale e la nostra organizzazione si trovavano ad affrontare. Consapevoli della pesante crisi sociale del nostro paese e dei crescenti bisogni della società intorno a noi, avevamo già iniziato a diversificare ed ampliare i settori del nostro impegno. L’idea era quella di condividere con voi il “percorso”, in parte nuovo, spesso tortuoso, che la nostra Diaconia si apprestava ad imboccare con la collaborazione e l’aiuto di molti altri soggetti (enti pubblici, chiese, fondazioni e associazioni).

la capacità di affrontare insieme positivamente le difficoltà incontrate durante il cammino, sa ora guardare finalmente oltre i confini del proprio giardino. Ci pare sia stato raggiunto un obiettivo estremamente importante: non si ragiona più per opere singole, ma per gruppo. Il Coordinamento Opere Valli (COV) è oggi una realtà di fatto: non solo ufficio centrale di coordinamento, non solo giunta, non singole strutture, ma gruppo omogeneo con una buona capacità organizzativa che gli permette di progettare ed includere servizi diversi dal proprio ambito tradizionale; la progettazione e la messa in pratica di quei servizi innovativi rivolti a diverse fasce di età e di problematiche sociali che da diversi anni sono il nostro modo di fronteggiare la crisi.

Novità del 2014 è stata l’inclusione nell’organizzazione COV del complesso di Villa Olanda che la Tavola Valdese ha trasferito alla Diaconia Valdese CSD. Oltre all’ospitalità di un gruppo di migranti - già avviata da diversi mesi - si sta lavorando a livello progettuale su altre iniziative, inIl superamento delle sfide da- centrate soprattutto sui giovani. vanti alle quali ci siamo trovati Gli anni difficili che ci lasciamo ci ha dato l’opportunità di creare alle spalle ci hanno dato la conun gruppo omogeneo che ne è sapevolezza che solo lavorando uscito fortificato: questa com- insieme, aperti al nuovo e agli pagine, oltre ad aver acquisito stimoli che vengono dalla socie-

tà, potremo superare le difficoltà mantenendo uno sguardo al futuro ricco di speranza. Fare diaconia è servire le persone che ne hanno bisogno, a testimonianza dell’amore gratuito di Dio verso tutti noi. Questo è il nostro impegno di ogni giorno. Speriamo di esserci riusciti: la rivista ne illustra il percorso, i tentativi e la ricerca, i progetti, le speranze. Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro che a vario titolo collaborano con il COV. Un ringraziamento particolare ai volontari che condividono con i nostri ospiti e con i nostri collaboratori molte ore del loro tempo offrendo un esempio di impegno e amore per il prossimo. Care amiche e cari amici, anche a nome dei Comitati delle nostre opere, rivolgiamo a tutti voi un caloroso invito a venire a trovarci e a partecipare alle numerose iniziative in cantiere per il 2015. A tutti voi un saluto fraterno. Marco Armand Hugon Giorgio Benigno Clara Bounous Monica Sappè Rosella Tagliero

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Servizio CHI SIAMO 7 Rivista 14 vers2.indd 7

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CHI SIAMO

COMMISSIONE SINODALE PER LA DIACONIA

ORGANIGRAMMA

COORDINAMENTO OPERE VALLI

GIUNTA COV

Presidenti: dei Comitati di gestione

Asilo dei Vecchi : Clara BOUNOUS Casa Diaconesse: Giorgio BENIGNO Rifugio Re Carlo Alberto: Monica SAPPE’ Uliveto: Rosella TAGLIERO

Delegati Progetti innovativi: Marco ARMAND HUGON Delegati CSD: Giovanni COMBA Victoria MUNSEY

AMMINISTRAZIONE Segreteria: Erika HERTEL Ufficio Contabilità Gina COMBA Karen GRILL

Direttore Sanitario: Luciano GRISO

Direttore

Giorgio BARET

Antonella Zorzan: RSPP Marco Bellora: ASPP

Ufficio Personale Giuseppina PRON Alessandra BARAL Ufficio Progetti Paola PASCHETTO Ufficio Comunicazione Chiara POLI Paola PASCHETTO Ufficio Qualità Marco CONTE Ufficio Acquisti Annalisa MARIANO Ufficio Tecnico Marco BELLORA

Responsabile Servizio

Stefano BOSIO

Responsabile Servizio Samuele PIGONI

Coordinatrice Servizio

Debora BOAGLIO

Servizio manutenzione Riccardo BERTALMIO, Sergio BERTOT, Ivo RICHARD, Piero RIVOIRO, Mario ZANIN

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Organigramma CHI SIAMO

Comitato Gestione Casa delle Diaconesse Comitato Gestione Asilo dei Vecchi

Comitato Gestione Casa delle Diaconesse

Comitato Gestione Rifugio Re Carlo Alberto

Comitato Gestione Uliveto

Asilo dei Vecchi

Casa delle Diaconesse

Rifugio Re Carlo Alberto

Uliveto

Responsabile Struttura

Responsabile Struttura

Responsabile Struttura

Responsabile Struttura

Paola GAZZANO

Loredana GAYDOU

Marcello GALETTI

Loretta COSTANTINO

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Albero MARRONE 2-02-2015 16:43 Pagina 1

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ALBERO DELLE RISORSE

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Albero delle risorse CHI SIAMO 11

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Info PROGETTI 2014 prova 5-02-2015 11:27 Pagina 1 Progetti

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Colori compositi

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Progetti CHI SIAMO 13

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Progetti

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Progetti CHI SIAMO 15

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SGUARDI 16 Rivista 14 vers2.indd 16

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Ambasciatori

Viviamo un’epoca in cui sfiducia e rassegnazione sono stati d’animo dominanti. Alla gravità di condizioni oggettive di diseguaglianza e solitudine si aggiunge il rischio della depressione e dell’immobilità sociali, della sfiducia nei confronti della capacità dei soggetti di trovare strategie nuove ed efficaci per affrontare i problemi della vita e della società. Tuttavia è proprio dei contesti di crisi la generazione di percorsi di innovazione sociale. Contesti nei quali le strutture esistenti e le politiche in vigore sono riconosciute incapaci di far fronte ai problemi più scottanti e urgenti, e nuove alleanze tra soggetti appartenenti a settori diversi (pubblico, privato, profit, no-profit, associazionismo etc.) generano nuove idee e nuove forme di relazione sociale, facendosi ambasciatori di cambiamento. Abbiamo utilizzato la parola ambasciatori nel titolo del nostro progetto sull’Alzheimer (di cui leggete in seguito) per la sua bella coincidenza di significato con diaconia. Tutte e due le parole afferiscono al servizio, al farsi portatori, veicolo e strumenti di comunicazione tra persone. Servire con le persone, quindi, significa oggi proporsi come ambasciatori di cambiamento, portatori di progetti, contesti e strumenti utili alle persone per valorizzare il proprio potenziale di cambiamento e trasformazione.

Sostegno adulti in difficoltà: la soluzione dell’emergenza casa, si affianca a percorsi di bilancio delle competenze e di valorizzazione delle abilità per la definizione di progetti di futuro (Beneficiari: 4); Fondo Regionale Disabili (Provincia di Torino): l’attivazione di percorsi individualizzati di adeguamento delle competenze, di tirocinio, di accompagnamento al lavoro e di tutoraggio sono finalizzate a favorire l’acquisizione di capacità, competenze e potenzialità professionali che possano essere spendibili presso aziende del territorio (Beneficiari: 1); Progetto Insieme Si Può: il progetto, realizzato in collaborazione con Comunità Montana del Pinerolese con contributo Fondazione San Paolo, prevede la definizione di progetti individuali di sostegno per persone in difficoltà economica, con attenzione a donne vittime di violenza, sui territori delle Valli Pellice, Chisone e Germanasca. Ogni beneficiario partecipa a percorsi di bilancio delle competenze oltre che a gruppi specifici di educazione finanziaria finalizzati al cambiamento delle abitudini e stili di consumo quotidiani (Beneficiari: 23). Citando Siza: “La crisi ha creato un disorientamento profondo, ma nel lungo periodo potrebbero consentire il consolidamento di nuove relazioni collaborative e rappresentare nuove opportunità di crescita sociale e di un nuovo modo di vedere il mondo. Una convivenza civile diversamente connotata, che ha alla base la fiducia reciproca e la collaborazione, può essere capace di dare vitalità e sostegno all’individuo ora isolato.”

SGUARDI

INTRODUZIONE

I contributi che aprono la sezione Sguardi ci offrono strumenti di analisi delle politiche e della realtà sociale che stiamo vivendo (vedi art. del sociologo Siza) e approfondimenti su metodologie e approcci innovativi alle difficoltà di vita in contesti di crisi (vedi art. di Mattiola, Longo, Ivis). Relazioni sociali e individui sono al centro delle considerazioni che leggeremo. Da un lato infatti siamo di fronte alla necessità di ri-costruire relazioni sociali, nuove forme di cooperazione all’interno delle comunità locali, dall’altro è necessario promuovere contesti utili alle persone per sentirsi nuovamente autonome e capaci di agire positivamente sulla propria vita, in condizioni di difficoltà e crisi. Nel corso del 2014 una serie di progetti hanno cercato di inserirsi in questa prospettiva. I progetti attivi nell’area sostegno e accompagnamento vanno precisamente in questa direzione: Richiedenti asilo e rifugiati: l’accoglienza e l’accompagnamento nelle procedure di richiesta asilo e apprendimento della lingua italiana sono affiancate a percorsi di bilancio delle competenze utili a individuare abilità e capacità specifiche delle persone, finalizzate a percorsi di inserimento lavorativo (Beneficiari: Progetto ambito Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati in collaborazione con il Comune di Torre Pellice: 21; Progetto Val Chisone - in collaborazione con Prefettura di Torino: 25; Progetto ambito Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati in collaborazione in collaborazione con Comune di Torino: 14)

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SGUARDI

Inclusione sociale INCLUSIONE SOCIALE Remo Siza sociologo, è consulente di una importante società internazionale e di istituzioni pubbliche e associazioni. La crisi di una società individualizzata La crisi economica ha avuto un effetto devastante sulle condizioni economiche delle famiglie italiane e ha inciso profondamente nel tessuto delle relazioni sociali rendendo sempre più difficile affermare un principio che per tanti anni è stato alla base delle società moderne e che sembrava affermarsi in modo inarrestabile anche nella società italiana. Per alcuni aspetti, fino agli anni che precedevano la crisi economica, in parti significative della società italiana sembrava consolidarsi il processo che Parsons negli anni Settanta aveva definito “individualismo istituzionalizzato”: una società, cioè, che riconosce l’impegno individuale come principio fondante in quanto gli individui attivi, sganciati dai legami tradizionali, assicurano la crescita economica e il dinamismo sociale complessivo. Le persone devono perseguire le loro aspirazioni individualmente, ma in forme relativamente ordina-

te, rispettando sostanzialmente le esistenti regole del gioco e le istituzioni che con il loro dinamismo contribuiscono a creare. Negli anni che precedevano la crisi sembrava affermarsi un individualismo orientato da valori condivisi, proprio di chi realizza i propri progetti di vita nell’ambito, comunque, di regole poste, principalmente, dalle specifiche dinamiche di mercato che caratterizzano la società italiana. In questi anni si pensava che tutti potessero costruire autonomamente la propria crescita personale, ottenendo vantaggi e gradi di libertà superiori a quelli che sarebbe stato possibile ottenere in una società statica nella quale, invece, gli individui

sono costretti negli ambiti definiti dalla tradizione e dalla consuetudine, da vincoli e regole stringenti, in relazioni stabili non modificabili nel breve termine. Questo processo è espressione di un processo più generale che un altro sociologo, Beck, ha definito individualizzazione: l’esigenza di scegliere la propria vita, la necessità di autorealizzarsi attraverso un proprio progetto di vita, perseguendo interessi economici, ma anche progetti di benessere affettivo costruiti però autonomamente e con un proprio spazio e avvalendosi in minor misura, rispetto al passato, di appartenenze collettive e di legami tradizionali. Secondo questo autore,

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Inclusione sociale

basava l“individualismo istituzionalizzato” descritto da Parsons. In un contesto pieno di rischi individuali (la disoccupazione, la precarietà lavorativa, l’illegalità, il rischio diffuso di povertà, la fragilità dei legami familiari) e con poche opportunità di sviluppo e di mobilità sociale sono cresciute rapidamente forme di individualismo completamente differenti; è cresciuto un individualismo sempre meno inte-

SGUARDI

queste dinamiche di affrancamento dalle tradizioni e dai legami collettivi, insieme alla globalizzazione hanno trasformato radicalmente i fondamenti della vita comune, i modi di costruire la propria identità e il proprio futuro. Dopo la crisi economica e finanziaria, la situazione è cambiata profondamente. Entra “in crisi” quel modello di società che pensa di promuovere un individualismo funzionale allo sviluppo economico e ai comportamenti di consumo, disciplinato, orientato dai valori condivisi. L’individualismo che la società italiana ha favorito per tanti anni ora risulta in larga misura disfunzionale, si sono dissolte molte opportunità di realizzare il proprio progetto di vita e molti dei presupposti su cui si

grato, privo di fiducia nel mercato e nelle istituzioni, privo di stabili appartenenze e capace di proporre forme di conflittualità sociale incisive. Queste forme di individualismo sempre meno integrate orientano una parte considerevole di classi medie e dei cosiddetti ceti popolari, e dei componenti più giovani di queste famiglie, un individualismo sempre meno socializzato alle regole e agli obiettivi di una società che voglia essere competitiva e affidarsi all’impegno individuale. Non è soltanto l’esercito degli esclusi che occupa le periferie urbane e che ha comportamenti fortemente trasgressivi, che non sono affidabili né come lavoratori né come consumatori, ma un insieme molto esteso di persone di classe media e dei cosiddetti ceti popolari che hanno perso molte speranze di realizzare i propri progetti di vita e ora interagiscono con risentimento in ogni

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SGUARDI

Inclusione sociale

relazione con le istituzioni pubbliche, non credono in uno sviluppo economico favorevole, non hanno un quadro di valori e regole di vita che possono proporre ai componenti più giovani. La crisi di un individualismo per certi versi disciplinato ha favorito l’emergere di altre forme di individualismo sempre meno funzionali che sfuggono alla capacità di orientamento e di controllo delle organizzazioni e delle istituzioni, della famiglia e delle reti associative. Un individualismo di chi non ha più un progetto di vita per sé e per le persone a cui è legato, ma un insieme confuso di aspirazioni e rancori, di insofferenze per le regole e per le istituzioni e di chi si limita a costruire una strategia di sopravvivenza componendo valori e modi di vita molto differenti, oscillanti tra posizioni contrastanti.

In realtà, ciò che non è stato messo in conto da chi auspica una società fortemente individualizzata è il processo di crescita dei rischi personali che accompagna questi processi e le esigenze di promuovere altre forme di integrazione. Sono processi che Beck ha ben descritto: è inevitabile che il destino del singolo fortemente individualizzato diventi più vulnerabile rispetto ad ogni sorta di conflitto o crisi. Quando gli individui si affrancano del tutto dai vincoli familiari e di vicinato, e acquistano assoluta autonomia rispetto alle condizioni ed ai legami primari, diventano sempre più dipendenti dal mercato del lavoro e dalle congiunture economiche. L’individuo moderno e dinamico che intende sottrarsi ai vincoli tradizionali della famiglia e della rete parentale, si affida in questo modo ad una nuova dipendenza: quello del mercato del

lavoro, flessibile, precario, del lavoro sottopagato. Si vengono a creare così situazioni individuali fragili, totalmente dipendenti dal mercato del lavoro, con appigli nelle relazioni primarie sempre più incerti e precari. Tutti dobbiamo avere un progetto e questo è una necessità ineludibile, tutti dobbiamo avere la possibilità di realizzare i nostri progetti di vita. Il problema è che la necessità di sviluppare il progetto che abbiamo costruito si sviluppa in una società che garantisce sempre meno sicurezze di base e meno opportunità di costruirle autonomamente con il proprio impegno. Ogni scelta di vita sembra presentare crescenti rischi sociali con degli effetti sempre meno calcolabili da ogni singolo individuo. La crisi economica ha ulteriormente accentuato questi rischi: ora, l’esistenza individualizzata è troppo esposta a rischi sociali. L’instabilità delle relazioni sociali, l’incertezza sul proprio futuro hanno raggiunto gradi intollerabili: più che un rischio calcolato rappresentano un pericolo incombente che erode ogni sicurezza, che crea un destino incerto e contesti di vita precari. Questa condizione aperta e con legami sociali sempre meno solidi, non alimenta soltanto una fuoriuscita “trasgressiva” di una parte significativa della società e della vita sociale. Emergono nel tessuto sociale altre tendenze, più passivizzanti: impellenti difficoltà economi-

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Inclusione sociale e opportunità la strada obbligata sembra essere il ritorno ai luoghi e alle relazioni di origine, verso i più sicuri e passivizzanti equilibri del passato. Le aspirazioni individuali e i progetti di vita si riconfigurano, diventano più modesti, non si contrappongono alle regole della consuetudine, esprimono accettazione del presente e scarsi investimenti affettivi nel proprio futuro Le reciproche dipendenze tra le famiglie più giovani e le famiglie di origine diventano troppo forti, rallentano ogni processo di crescita. In parte sono relazioni veicolate da relazioni di necessità, ma che conducono

frequentemente a cambiamenti di modi di vita e valori, a ripensare il proprio futuro in termini meno innovativi. Ma questo ritorno all’indietro non sembra capace di ridurre l’incertezza, se non nel breve periodo, risolve un’emergenza ma non è sostenibile in termini relazionali per lungo tempo. La società è cambiata e nessuno può contrapporsi individualmente a processi sociali che richiedono autonomia, soggettività dinamiche, disponibilità alla mobilità e al cambiamento. L’unica strada per riacquistare la propria autonomia e accettare la contemporaneità,

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che veicolano modelli culturali più statici, che presuppongono estese dipendenze e minori cambiamenti individuali, ritorni alle presunte solidità delle tradizioni. Per affrontare una condizione di vita crescentemente rischiosa, molti individui pongono in essere modalità di azione regressive che allentano ogni autonomia e ogni distacco naturale. I cambiamenti riguardano, soprattutto, il rapporto fra le generazioni, la possibilità di autonomia e indipendenza dei più giovani e per certi versi si configurano come un ritorno all’indietro. In una società che non assicura sicurezze

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SGUARDI

Inclusione sociale

risiede nel costruire nuove forme di socialità e di sostegno reciproco, stare nella rete familiare e riconoscerne e valorizzarne il suo ruolo affettivo di sostegno reciproco, ma lasciando intatto il proprio progetto di vita, creare un processo di autonomia che presupponga comunque legami sociali forti, nuove forme di collaborazione e nuove modalità di stare insieme. La crisi ha creato un disorientamento profondo, ma nel lungo periodo potrebbe consentire il consolidamento di nuove relazioni collaborative e rappresentare nuove opportunità di crescita sociale e di un nuovo modo di vedere il mondo. Una convivenza civile diversamente connotata, che ha alla base la fiducia reciproca e la collaborazione, può essere capace di dare vitalità e sostegno all’individuo ora isolato. Le politiche sociali possono avere un ruolo rilevante nel mobilitare e motivare le persone, possono costituire un riferimento decisivo per

l’integrazione sociale di una società altamente individualizzata, creando le condizioni relazionali per una socialità aperta e fattiva, lasciata alla decisione collaborativa di ogni singolo individuo, in progetti collettivi in cui ciascuno entra con i suoi progetti, con le sue specifiche motivazioni e con il contributo che decide autonomamente di poter assicurare. In questo senso le politiche sociali sono attive e non passivizzanti. Le politiche sociali sono tradizionalmente finalizzate a ridurre i rischi sociali di una esistenza individualizzata e in questa direzione le assenze sono numerose: troppi rischi sociali accompagnano le scelte individuali di vita che riguardano il lavoro, la sua precarietà, l’assenza di un reddito minimo protettivo rispetto alla povertà, la scelta di avere figli in assenza di servizi sociali, la scelta di un’abitazione senza poter produrre sufficienti garanzie economiche. Ma

questo non può essere il loro unico compito. In una società individualizzata le buone politiche sociali si sviluppano in due versanti: proteggono le persone da eccessivi rischi, ma risultano allo stesso tempo finalizzate alla produzione di opportunità, sostengono la famiglia nel suo ruolo di cura e di crescita dei suoi componenti, promuovono forme associative – per la gestione di un bene pubblico, di un servizio per la prima infanzia, per la soluzione di un problema emergente, per la valorizzazione di un luogo – creano un’area territoriale accogliente, un ambiente di vita e una socialità che faciliti l’attività delle istituzioni e la capacità delle persone di lavorare insieme per scopi comuni; creano disponibilità a partecipare alle scelte collettive, aiutano le persone e le famiglie a costruire e a mantenere relazioni che sono essenziali per il benessere della comunità.

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Counsellor e crisi

Stefano Ivis: dott. in Medicina M.A. Patrizia Longo: dott.ssa in Medicina Alessandra Mattiola: counsellor Ci sono dei momenti storici nei quali il problema cruciale è quello della libertà, soprattutto nelle condizioni di oppressione, e ce ne sono altri nei quali il problema maggiore è quello della fraternità, ed è il caso del nostro tempo (Edgar Morin). “Ho perso il lavoro, qualche anno fa e con lui la mia famiglia. Per anni sono stato un professionista e poi ho avuto qualche difficoltà, un piccolo problema di salute, qualche no alle persona sbagliate, e non sono più rimasto nel giro… La mia situazione mi mette nella condizione di dover fare i conti tutti i giorni con i pochi soldi in tasca. Ho imparato a sopravvivere con piccoli trucchi: faccio bollire l’acqua, butto dentro la pasta, rimetto su il coperchio per non disperdere il calore e spengo il fuoco,così risparmio sul gas. Vado nei negozi a fine giornata e recupero qualche verdura che non è più tanto bella. Metto il riscaldamento al minimo così non spendo troppo… Quello che è più faticoso è non avere i soldi per il bus per andare a trovare mia figlia, o per comprarle un gelato.”

di se stessa rafforza il senso di appartenenza, antitesi dell’esclusione e dell’emarginazione che spesso precipitano nella violenza su di sé e sugli altri. Pensare le nostre vite intrecciate a quelle degli altri ci sembra il fondamento su cui organizzare la vita sociale soprattutto in questo periodo di crisi.

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IL RICERCATORE D’ORO: IL COUNSELLOR NEL PERIODO DELLA CRISI

Queste sono alcune tra le testimonianze raccolte nei colloqui di counselling che hanno come obiettivo il sostegno e l’aiuto per fronteggiare i momenti di difficoltà, e sono caratterizzati dalla necessità di fare una scommessa sulle persone, sulle loro capacità e sulla loro resilienza. Piccoli racconti preziosi per un professionista come il counselor, che deve fare un bilancio di competenze ed aiutare in questo modo le persone a vedersi, riconoscersi e recuperare dignità. Un educatore economico, Antonio Cajelli, in uno dei suoi interventi, ha detto una frase che riteniamo molto appropriata e suggestiva: “se non puoi acquistare, se non hai i soldi, non sei escluso, sei fermo”. Il tempo di crisi che stiamo vivendo, oltre alla crescita del Pil ha distrutto anche la speranza e la forza di progettare il futuro. E le persone appaiono immobilizzate, ferme. Stare fermi vuol dire non avere via d’uscita: no ai capelli tinti (il parrucchiere costa troppo); no ai caffè (si può non spendere e così contenere le spese); no alle cure (anche quelle hanno un costo). E’ uno stare fermi, che diventa: essere fermi. Il welfare può essere un motore capace di favorire processi virtuosi che ampliano e sostenengono le possibilità delle persone con ricadute positive per tutta la società. Una comunità che si prende cura

Declinazione Operativa del counselling nel Welfare Le persone che si rivolgono al counsellor sono spaesate, spaventate, scettiche, rivendicative, ma sempre con una necessità: quella di essere ascoltate da un interlocutore che sentono “neutrale” e capace di accogliere i loro racconti senza far loro la predica e senza giudicarli. In queste situazioni cosa può fare concretamente un Counselor? Ascoltare. Offrire un ascolto competente che non è accoglienza acritica di tutte le richieste, bensì attenzione alle diverse istanze e recupero di una dimensione umana dello stare insieme. Il Counselor può fare molto altro come cercare di sostenere la resilienza nell’accezione più ricca della parola valorizzando le risorse e i legami e reintroducendo un elemento fondante l’idea del welfare: l’inclusione. Come spiega Sergio Manghi: “I Servizi sociali pubblici non sono soltanto una rete di strutture incaricate di erogare prestazioni, ma qualcosa di assa più ambi-

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Counsellor e crisi zioso: un avamposto organizzato dell’immaginario democratico, situato in quel decisivo posto di frontiera dove si gioca quotidianamente e diffusamente la posta simbolica [……] della non – esclusione da quello stesso contesto che chiamiamo democrazia. La posta del nessuno escluso.” Con questo spirito, un counselor deve cercare di fare, in un contesto così speciale e impervio come il bilancio di competenze, una ricognizione di quello che c’è nel territorio che andrà ad esplorare. Non può muoversi come un minatore protetto, ma è piuttosto un minatore speleologo, passateci la metafora, che cerca di togliere i massi dopo che la miniera è franata ed ha ceduto, sapendo che lì sotto c’è l’oro. La professione del counselor è quella più adatta per svolgere un’attività di accompagnamento, di informazione, motivazione, valorizzazione delle risorse e facilitazione delle scelte Fornire Informazioni: Spesso le persone in difficoltà non hanno tutte le informazioni che servono loro o quelle che hanno sono incomplete e scorrette. Uno dei primi obiettivi di un intervento di counselling, soprattutto nel primo colloquio, è proprio quello di sondare le informazioni che le persone hanno accumulato, attraverso l’esperienza propria, dei loro familiari e dei loro conoscenti. Questo primo momento di raccolta permette di convalidare le informa-

zioni corrette e ampliarle solo là dove necessario. Spesso il lavoro è proprio quello di aggiungere o integrare le conoscenze che le persone hanno già. L’essere un counsellor in questa situazione rende l’intervento informativo più efficace: infatti per far sì che l’infor mazione diventi effettivamente una risorsa occorrono strategie comunicative e attenzione alla relazione, come il partire da quello che la persona sa già, cosa ha pensato e quali sono le difficoltà che intravede nei confronti di una scelta. Valorizzare le Risorse e le Esperienze: L’obiettivo del colloquio di counselling in situazioni di difficoltà, è diventato quello di un colloquio di tipo “formativo”, ovvero restituire alle persone la fiducia nelle proprie potenzialità, sottolineando le loro capacità e le loro risorse.In questi casi è molto utile esplorare con loro in quali altri momenti e contesti si sono trovati in difficoltà e come hanno fatto a superarli. Si riflette insieme sulle strategie adottate, per sottolineare l’impor-

tanza dell’aver fiducia nelle proprie potenzialità e poter costruire una sorta di valigetta degli attrezzi da cui attingere per rileggere alcune situazioni con nuovi strumenti e nuovi impulsi. Progettare Insieme Nel percorso di counselling si affiancano le persone nello stilare un curriculum e una lettera di presentazione alle aziende, successivamente si lavora su quali sono le modalità più efficaci per trovare un’occupazione. Ci si sofferma su quanto è importante dare un senso alle cose e quanto la possibilità di raccontare le proprie priorità, le proprie perplessità, i propri dubbi ad un interlocutore attento in grado di restituire la loro storia, sia fondamentale per specchiarsi e rivedersi in modo diverso. Il raccontare una

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Lavorare in Rete La rete evoca un’idea di società intesa non come una serie di fatti che si impongono ai soggetti, singoli e collettivi, ma di una società che è costruita dall’agire umano, dalle relazioni che si creano tra le persone, tra queste e gli elementi materiali e simbolici dell’ambiente e più ampiamente tra gruppi, organizzazioni e istituzioni. La presenza di un counsellor, facilitando le relazioni e le comunicazioni tra i sistemi, costruisce, rafforza e fa “manutenzione” della rete, ossia cerca di far convergere gli sforzi dei vari attori su un unico obiettivo. Tanti tasselli che, se messi insieme aiutano a conoscere meglio la situazione, e quindi rendono più efficaci i vari interventi. L’osservazione e la maggiore conoscenza del contesto, l’attenzione alle infinite relazioni che ruotano intorno, la cura nel passare e raccogliere informazioni dai vari operatori che si occupano dello stesso caso, hanno permesso una collaborazione maggiore tra gli operatori. Ciò si è tradotto nella concreta possibilità di costruire insieme alla persona e agli altri professionisti della rete, un progetto attuabile, puntando ad un obiettivo

minimo raggiungibile, che preserva utenti e operatori dalla frustrazione e dal senso di fallimento. Lavorare in rete produce interventi più efficaci per le persone e le loro famiglie, più soddisfacenti e motivanti per i professionisti, e concorre al consolidato e al mantenimento di buone prassi. Bibliografia P. Amerio, Psicologia di comunità, Il Mulino, 2000 N. De Piccoli, Salute e qualità della vita nella società del benessere. Prospettive interdisciplinari, Carocci, 2014 S. Manghi, Nessuno escluso. Cura del prossimo, servizi sociali e democrazia, in Pluriverso numero doppio 4 – 1999/1-2000 A. Maslow, Motivation and Personality, 1954 *Questa scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell’individuo) ai più complessi (di carattere sociale).

L’individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo. Questa scala è internazionalmente conosciuta come “La piramide di Maslow”. I livelli di bisogno concepiti sono: • Bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.) • Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione • Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione) • Bisogni di stima, di prestigio, di successo • Bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale). Successivamente sono giunte critiche a questa scala di identificazione, perché semplificherebbe in maniera drastica i reali bisogni dell’uomo e, soprattutto, il loro livello di “importanza”.

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storia diventa così una possibilità, una facilitazione del processo di cambiamento, reso possibile dal fatto che ad essere protagonisti attivi sia della storia sia del racconto siano proprio le persone.

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Ambasciatori per l’Alzheimer AMBASCATORI PER L’ALZHEIMER Marcello Galetti: responsabile di struttura Paola Paschetto: responsabile Ufficio Progetti M. Tyler-Childs: animatrice Rifugio Il 25 marzo 2014 una delegazione del Rifugio Re Carlo Alberto, Paola Paschetto e Molly Tyler-Childs, si è recata a Bruxelles per ritirare il premio “EFID AWARD 2014 European Foundations’ Initiative on Dementia”, rivolto a progetti sul tema “Vivere bene con la demenza nelle comunità”, relativo al progetto “Noi con voi” ambasciatori per l’Alzheimer realizzato in collaborazione con l’associazione “La Bottega del Possibile” di Torre Pellice, che da alcuni anni è partner della Diaconia nella realizzazione di progetti nel campo degli anziani e delle demenze. In totale i progetti presentati sono stati 52 per 12 Paesi e il nostro progetto è stato l’unico progetto italiano premiato. Gli altri nove premiati sono stati progetti belgi, tedeschi, inglesi, olandesi, irlandesi e ciprioti. La Giuria ha comunicato che il progetto è stato premiato per i seguenti motivi: trasferibilità del progetto, coinvolgimento delle persone con

demenza, approccio innovativo rispetto all’integrazione sociale, lavoro intergenerazionale, capacità di “Celebrare il Possibile” sia creando una narrativa nuova sulla demenza sia sensibilizzando la comunità locale affinché diventi una società attenta e accogliente nei confronti dei malati. La giuria era composta da due gruppi, uno di “esperti”, professionisti europei del campo, ed uno di persone affette dal morbo di Alzheimer. I due gruppi sono giunti a due liste di premiati non del tutto convergenti. La scelta finale della giuria è stata quella di privilegiare la lista dei progetti selezionati dalle persone con demenza. Confrontandoci su questo aspetto siamo giunti alla conclusione che la modalità scelta sia testimonianza di una filosofia che vede la comunità adattarsi alla persona, e non viceversa. Ed è una filosofia che il Rifu-

gio e la Diaconia Valdese stessa ha cercato di portare avanti negli anni e che cerca ogni giorno nella realtà di portare avanti. Il premio ricevuto quindi prima di tutto è un incentivo a proseguire nel cammino intrapreso, in seguito ci aiuta a capire che il cammino è quello giusto in quanto anche altre realtà sono sulla stessa strada. Questo ci aiuta a non demordere e a proseguire il lavoro anche nei momenti di difficoltà. Il progetto “Noi con voi – Ambasciatori per l’Alzheimer” racconta sia le buone prassi utilizzate nell’accoglienza e nella gestione dei malati con l’Alzheimer in questi 15 anni di lavoro presso il Rifugio Re Carlo Alberto sia le attività che sono programmate per il futuro con l’obiettivo di aumentare il numero e la tipologia degli “Ambasciatori per Alzheimer” ponendo particolare attenzione alle nuove generazioni.

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Ambasciatori per l’Alzheimer cambiare e ridurre le stereotipie e lo stigma associato alla malattia. L’ambizione a cui mira questo progetto di disseminazione di buone pratiche va nella direzione sia di ampliare il numero di “Ambasciatori per l’Alzheimer” sia di coinvolgere in modo attivo i cittadini nella vita delle loro comunità in termini di attività e processi di diffusione di una nuova cultura di inclusione sociale. Il concetto di inclusione conduce al riconoscimento di un diritto come forma di contrasto al suo opposto: l’esclusione. Porta ad affermare che le strategie e le azioni da promuovere devono tendere a rimuovere quelle forme di esclusione sociale di cui le persone con una qualche

forma di disabilità anche acquisita, a causa della patologia sopraggiunta, soffrono nella loro vita quotidiana. Agire sul territorio in questa direzione significa concretamente creare occasioni d’incontro, scambio, conoscenza, condivisione e dialogo in grado di coinvolgere le realtà del territorio attraverso proposte che sappiano creare le condizioni ideali per promuovere occasioni di inclusione sociale e di sensibilizzazione attraverso la costruzione di reti anche informali che coinvolgano in progetti concreti e di varia natura singoli cittadini, istituzioni, scuole, comunità religiose, centri giovanili e centri per anziani, associazioni, gruppi informali.

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La prima parte del progetto descrive il lavoro che presso il Rifugio Re Carlo Alberto viene fatto cercando di riconoscere, supportare, mantenere, estendere, mostrare e “celebrare il possibile” delle persone con l’Alzheimer e di supportare e migliorare la maniera in cui le persone con demenza e le loro famiglie vivono e fanno parte della loro comunità locale. Si vuol valorizzare il fatto che le persone con demenza sono persone con personalità, storia, esperienze, capacità, conoscenze, sentimenti e abilità, con il diritto di godere di questi aspetti di loro stessi, di condividerli con altri e di essere orgogliosi di chi sono, proprio come tutte. Si ritiene che la partecipazione attiva di persone con demenza in decisioni e azioni che li riguardano e l’attivazione di un processo di crescita, sia dell’individuo sia del gruppo, basato sull’incremento della stima di sé, dell’autoefficacia e dell’autodeterminazione per far emergere risorse latenti e portare l’individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale (empowerment), offre alle persone con demenza l’opportunità di ricoprire il ruolo di “Ambasciatori per Alzheimer” di sé stessi e di aiutare altre persone a diventare “Ambasciatore per l’Alzheimer” per altri. Essere “Ambasciatori per l’Alzheimer” significa lavorare per la disseminazione delle informazioni, per

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Ambasciatori per l’Alzheimer

Si è convinti che solo cambiando la cultura sociale si possano riscontrare effettivi cambiamenti e miglioramenti per chi vive questa pesante malattia, direttamente o indirettamente (malati e care givers), e per perseguire l’obiettivo di “vivere bene con la demenza nella Comunità”. Gli “Ambasciatori per Alzheimer” hanno quindi l’obiettivo di portare un messaggio per ridurre la paura, l’incomprensione, il pregiudizio e la discriminazione che purtroppo troppo spesso le persone affette da demenza e i loro care-givers incontrano nella vita quotidiana. La seconda parte del progetto descrive le attività programmate per il futuro: rendere sempre più consapevoli gli operatori del Rifugio Re Carlo Alberto che essi stessi sono “Ambasciatori per l’Alzheimer”; lavorare con le scuole superiori del territorio, in primis con l’Istituto

Artistico di Pinerolo, per la creazione di un opuscolo informativo e in secondo per la sua diffusione negli altri istituti superiori; organizzare sempre più momenti aperti al territorio di attività culturali e socializzanti come mostre di opere d’arte degli ospiti del Rifugio, canto del coro, bancarelle con i prodotti creati dagli ospiti stessi, cinema estivo e invernale presso la struttura; organizzare momenti formativi e informativi alla cittadinanza come convegni ed eventi a tema; incentivare momenti intergenerazionali tra gli ospiti della struttura e i bambini, per esempio organizzando la presenza di Estate Ragazzi presso il Rifugio Re Carlo Alberto.

unisce e avvicina, ma quel gruppo di persone sono riuscite a toccare il cuore e a lasciare un segno, a dare una speranza. La conoscenza di persone da tutta Europa che si sono scambiate le proprie storie di successo e difficoltà. Inoltre una grossa opportunità è stata la testimonianza di un signore che con estrema naturalezza chiedeva permesso per andarsi ad accomodare al suo posto e se incontrava borse o altri oggetti sistemati a terra diceva: “Mi scusi se pesto la sua roba ma ho l’Alzheimer” rendendo così la malattia un qualcosa di gestibile se viene comunicato e condiviso rendendo gli altri anche più attenti alle necessità altrui.

Durante la giornata di premiazione abbiamo avuto la possibilità di lavorare con gli altri progettisti e rappresentanti delle organizzazioni vincitrici sia attraverso un workshop sia attraverso momenti specifici di confronto. Questi momenti sono stati molto utili ed interessanti per poter conoscere meglio gli altri progetti e per poter intessere una rete di contatti, sia come crescita professionale in quanto abbiamo confrontato metodologie e idee. Altro momento significativi e indimenticabili della giornata di premiazione è stato il momento in cui un coro di persone con demenza e i loro famigliari hanno allietato il pubblico con il loro canto. Il canto è sempre uno strumento che

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BRAINER... UN MOSAICO D’ESPERIENZE Mara Cirigliano: psicologa Paola Paschetto: responsabile Ufficio Progetti L’invecchiamento della popolazione negli ultimi decenni ha determinato un aumento delle malattie croniche ed in particolare della patologia dementigena, nelle sue diverse eziologie. In questo la Diaconia Valdese è parte attiva nel prendere in carico il paziente a livello globale, in un’ottica multidisciplinare che affianchi al trattamento farmacologico anche terapie non farmacologiche. Nasce così il progetto pilota di neuro-riabilitazione delle funzioni cognitive, attivo da marzo 2014 nelle quattro strutture del Coordinamento Opere Valli, dedicate non solo alla demenza, nelle sue varie forme, ma anche a disabilità e normale invecchiamento cerebrale. Le strutture coinvolte ad oggi sono: Asilo dei Vecchi di San Germano Chisone, Casa delle Diaconesse di Torre Pellice, Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna San Giovanni e Uliveto di Luserna San Giovanni. Trasversalmente è coinvolto anche il servizio di sostegno alla domiciliarità Vengo io da te. I pa-

zienti inseriti nel progetto sono 29, rispettivamente 10 al Rifugio Re Carlo Alberto, 6 all’Asilo di San Germano Chisone, 8 alla Casa delle Diaconesse, 4 all’Uliveto e uno nel servizio domiciliare. Il progetto è supportato da una azienda professionale e dal software specifico per la somministrazione di esercizi di stimolazione cognitiva complessa, ritenuti potenzialmente validi ed efficaci dalla Neurologia. Brainerprofessional è un software che comprende una vasta gamma di esercizi atti al potenziamento, al mantenimento ed al recupero delle capacità cognitive, oltre che alla prevenzione dell’invecchiamento cerebrale. Nello specifico, essi sono volti a stimolare diverse aree e funzioni cognitive: percezione visiva e uditiva, attenzione, linguaggio,

letto-scrittura, calcolo, logica-deduzione, memoria. Inoltre, il software prevede livelli differenziati di difficoltà, oltre alla possibilità di creare e gestire cartelle cliniche, di visualizzare i report relativi ai risultati e all’efficacia della terapia. Gli obiettivi possono essere così riassunti: • Miglioramento delle performance intellettive • Rallentamento del decadimento cognitivo • Trattamento dei disturbi dell’apprendimento • Trattamento di specifiche disabilità cognitive Il progetto è stato costruito in step di realizzazioni. Una prima fase ha visto la creazione di un gruppo di lavoro composto

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da: un comitato scientifico, una responsabile di progetto, un referente per ogni struttura/servizio, una neuropsicologa. Il gruppo di lavoro è stato formato sul programma Brainer e sono stati acquistati gli strumenti di lavoro (tablet touch). Da ottobre 2014 nel gruppo di lavoro è entrata anche una tirocinante laureanda in Psicologia Clinica e di Comunità. La seconda fase ha visto la valutazione neuropsicologica grazie alla quale sono stati individuati, per ciascun paziente, i domini di riferimento in base al progetto brainer. Successivamente, in relazione a tali domini, sono stati scelti esercizi che andassero a stimolare le suddette aree cognitive, risultate deficitarie alla prima valutazione di screening. Da giugno ad ottobre sono state

svolte stimolazioni a cadenza settimanale, e da ottobre in avanti si sono effettuate due stimolazioni settimanali per ogni paziente. La scaletta di esercizi proposta al paziente può essere di volta in volta adattata alla condizione clinica del soggetto e al livello complessivo di performance registrato. Può, quindi, variare qualora gli esercizi vengano superati o rifiutati dal paziente stesso. Il tempo massimo stimato entro cui svolgere una stimolazione cognitiva efficace è di 30 minuti. All’interno delle strutture della Diaconia Valdese, il progetto si muove in direzione di obiettivi specifici per tipo di utenza: mantenere il più a lungo possibile le capacità residue, rallentandone gli effetti degenerativi causati dal deterioramento cognitivo in atto o dal normale invecchiamento cerebrale; migliorare le abilità comunicative e il livello attentivo nei casi di insufficienza mentale grave. Affinché la terapia risulti efficace, riteniamo fondamentale un buon grado di motivazione e di attenzione da parte del soggetto, la presenza di feedback positivi, la variabilità del compito e un incremento progressivo delle difficoltà. Grazie alla gestione delle cartelle cliniche attraverso il software relative a ciascun paziente e ai grafici di raccolta dati è possibile avere a disposizione un quadro dell’andamento e allo stesso tempo monitorare la qualità delle risposte e l’effi-

cacia del trattamento. Sono previsti, inoltre, dei follow up di monitoraggio neuropsicologici ogni tre mesi (come tempistica standard) da adeguare alla condizione clinica del paziente. I punteggi registrati nella fase di selezione corrispondono ai punteggi T0, precedenti al percorso neuro-riabilitativo. Nel corso delle valutazioni neuropsicologiche sarà possibile confrontare tra loro i punteggi e stabilire i criteri di uscita dal progetto in base ai cut-off di riferimento successivi al punteggio T0 registrato, calcolati nel range di riferimento del reattivo. Il progetto viene inoltre monitorato costantemente dal gruppo di lavoro con riunioni periodiche e si sta dotando di un protocollo di funzionamento. Ad oggi, i feedback ricevuti sono positivi, nel complesso i pazienti partecipano volentieri e rispondono bene agli stimoli proposti, mostrando interesse per il dispositivo.

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Il mosaico delle esperienze lo si costruisce insieme, cercando di mantenere integri i pezzi del puzzle e di non perdere frammenti di vita legati ad un filo. Nell’ottica di ancorarli a qualcosa di solido, ci impegniamo a mantenere quel filo con la forza tanto cercata. Soltanto grazie ad un lavoro di équipe e ad una motivazione costante del paziente sarà possibile guidarlo nel suo percorso neuro-riabilitativo.

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Anche l’osservazione clinica può servire da strumento di monitoraggio e valutazione dei possibili benefici del trattamento. Tutto è ancora in corso d’opera…

Ecco dei pezzi del nostro mosaico…ancora in costruzione, ma con l’augurio che possa diventare un’opera d’arte, grazie a cui sarà possibile riassumere e significare l’esperienziale. Il progetto è stato realizzato grazie al finanziamento dell’OPM della Chiesa Valdese e al cofinanziamento delle strutture coinvolte. I passi futuri saranno quelli di ampliare il servizio offrendo il Brainer, attraverso il servizio di sostegno domiciliare Vengo io da te, ad altre persone sul territorio. Inoltre si sono presi i primi contatti per un futuro ampliamento del progetto anche con la Casa dell’anziano di Pinerolo e con l’Asilo Valdese di Luserna San Giovanni.

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AMBIENTE Marcello Galetti: responsabile di struttura Il Sinodo della Chiesa Valdese del 2011 ha dato mandato alla CSD di “aumentare la sostenibilità ecologica” delle nostre strutture. Si è quindi costituita una commissione Ambiente con rappresentanti delle 4 strutture del Coordinamento Opere Valli. Abbiamo iniziato un lavoro che ha come fine la riduzione degli impatti ambientali delle nostre attività e la sensibilizzazione su questi tema. Da tempo esistono prassi adottate spontaneamente per la raccolta differenziata dei rifiuti o per i risparmi energetici, e per ridurre gli sprechi. La CSD ci sollecita però ad adottare una serie di “buone pratiche”. Alcune di queste sono già state atti-

vate di recente in via sperimentale e hanno dato esito positivo, quindi si possono considerare da consolidare per il futuro (vedi i bicchieri biocompostabili alle macchinette del caffè, i rifiuti organici alla cascina sociale Carlo Alberto, le luci a tempo o i riduttori di flusso ai rubinetti); altre saranno definite nei prossimi mesi a seguito delle analisi dei dati raccolti in questi ultimi dodici mesi: infatti siamo quasi alla fine di una raccolta dati, analisi e verifiche della situazione nelle strutture, per capire nel dettaglio ogni aspetto della nostra attività che ha conseguenze sull’ambiente. Grazie ad un apposito finanziamento 8 per 1000 della Chiesa Valdese sono stati installati dei contatori di settore, che serviranno a misurare con maggiore precisione i consumi elettrici di alcuni macchinari, attrezzature o aree di lavoro che, presumibilmente, utilizzano la maggior parte dell’energia che usiamo (lavanderia, cucina, ascensori). Sulla base dei dati, che non sempre sono in linea con ciò che il comune buon senso farebbe immaginare, potremo prendere decisioni mirate alla riduzione dei consumi elettrici. A ciò si affianca il fatto che alcune strutture hanno fatto importanti investimenti nel campo del risparmio energetico e delle energie rinnovabili, l’impianto del solare termico all’Asilo di San Germano e quello del fotovoltaico al Rifugio in particolare.

La ragione che sta alla base di questo impegno è l’interesse della collettività, in particolare quello delle generazioni future. Per raggiungere con successo gli obiettivi che ci siamo dati, è però indispensabile la partecipazione di tutte le persone coinvolte: dipendenti, famigliari ed ospiti delle nostre strutture, quando possibile. Anche perché un cambiamento su questi aspetti si consolida solo se c’è la collaborazione di tutti. Per questo motivo la commissione ambiente nel corso del 2014 ha lavorato anche sulla comunicazione, preparando una lettera che verrà inviata a dipendenti, famiglie ed ospiti che spiega il senso del lavoro che si sta facendo in tema ambientale, preparando una cartellonistica sulla raccolta differenziata, sulle buone pratiche già in atto e sulle eccellenze che ci contraddistinguono. Inoltre, sempre grazie all’8 per mille, acquisteremo per strutture e servizi cassonetti di diverse dimensioni per la raccolta differenziata di una serie di materiali che possono essere avviati ai riciclo anziché alle discariche. La commissione si avvale della preziosa collaborazione di una consulente volontaria, che lavora nel campo della certificazione di qualità in campo ambientale e che ha avuto una persona cara presso una delle nostre strutture. Da lei abbiamo imparato nel tempo che non basta da sola una generica sensibilità rispetto all’ambiente per potere mettere in campo ini-

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ziative davvero efficaci, ma che è necessario un approccio scientifico, ad esempio rispetto alla rilevazione dei consumi elettrici; chi scrive è molto sensibile rispetto al discorso delle luci lasciate accese, ma probabilmente scopriremo dai dati dei contatori di settore che un solo spunto necessario alla corsa di un ascensore (magari usato anche in maniera impropria…) consuma più di ore ed ore di luci lasciate accese. Questo non è un invito a lasciare le luci accese, quanto piuttosto a fare le scale se proprio non è indispensabile prendere l’ascensore. Ma è solo un esempio delle mille azioni quotidiane che possiamo agire per una forma di energia alternativa a costo zero: il risparmio energetico.

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Asilo dei vecchi

ORGANIGRAMMA: Chiesa Valdese didistruttura: S.Germano • Responsabile GazzanoAnche Paola. quest’anno l’Asilo ha Chisone, Daniela Santoro una Simona, Morici Francesca. • Responsabili di servizio:suBertasso intrattenuto e divertito il suo terrazza gremitaAssociazione di persone. Kinaesthetics E’ • Responsabile Scheidegger Beate. pubblicoItalia:presentando due stata molto bella la partecipazione • Servizio di segreteria: Baral Alessandra, Long Silvana, Pascal Sara. spettacoli: di giocoleria con • Servizio di animazione: Grossouno Stefania. attiva al culto di alcuni Coisson ospiti, Letizia, un duo eccezionale che siFederica. è esibito • Servizio di fisioterapia: Adaszak Agnieska, Demis Cairus, Roso dipendenti e membri della • Servizio infermieristico: Colombo Enrica, D’Alessio Roberta, D’Asa-da con numeri comici, supportati comunità, che si sono cimentati ro Salvatore, Damiano Serena, Faraudo Fabio, Mihaescu Daniela, Pitzalis palloni, palline e corde, da numeri nella lettura di alcuni passi Giulia, Ricci Monica. della Bibbia e nella conduzione di abilità fisica e da tante gags • Servizio Assistenziale: Allasino Gabriella, Arena Norwena, Artero della preghiera di intercessione divertenti. I numerosi bambini Cristina, Babache Fathia, Balmas Orietta, Baral Magalì, Brun Daniela, intervallato dall’inno Kumbaya. presenti assieme ai nostri Buffa Aldina, Buttigliero Massimiliano, Castagneri Roberta, Combeospiti NaIl tutto accompagnato suono Ivana, dia, Fraschia Nicoletta,dal Galliano Susanna, CarsonoGola rimasti a Guglielmet bocca aperta, della ha accompagnato la,pianola Maccariche Nadia, Martoglio Lorena,felici Mombelli Paola, Mugnaini Maria e sorridenti ad ogni numero la comunità nel Enrica, canto degli Luisa, Pascal Pascalinni. Ornella,effettuato. Pascal Tiziana, Pero Maria Silvia, L’altro spettacolo è Plavan Marina, Pulizzi Gerlanda, Ribet Silvia, Richard Marina, Rinarelli stata Rosani la dimostrazione di prodezza Dopo il culto, l’aperitivo Rosita, Rivoiro Oriana,analcolico Roccione Katia, Liliana, Rostan Anna, cane poliziotto dell’unità Rostan Laura,e Sappè Sappei del Claudia. “della casa” tanti Patrizia, stuzzichini • Servizio Lavanderia: Marchiaro Massel Manuela. cinofila della Polizia di Torino. hanno fatto da cornice allo Laura, • Professionisti e ditte esterne: Roberto – psicologo, Di Noia squisito pranzo a base di paella di Canu festa èBesson proseguita con la pesca Chiara – psicologa, Varese Daniele –Lafisiatra, Denise – parruccarne e pesce. per gli adulti, per i bambini chiera, Larghi Romina – pedicure, Badellino Alberto – pet terapy, Gi- e l’immancabile sottoscrizione con – animatore, Piùbello tardi Marco nel pomeriggio altriMosele arrivi, Paolo – laboratorio di musica, Studio premi da favola. Arborea – laboratorio orto, Eco Tre per godersi la bella giornata in – servizio lavanderia esterna, Linea Verde – servizio pulizia, Sodexo – servizio ristorazione. compagnia, tra le tante e colorate Quest’anno abbiamo Aggiornati al un 1.1.2015 dato titolo

ASILO DEI VECCHI DI SAN GERMANO La storia Sul finire dell’800, a causa dell’emigrazione e impoverimento delle Valli, il problema degli anziani divenne preoccupante. Nel 1893 il pastore valdese Carlo Alberto Tron edificò la prima casa “per raccogliere quei vecchi che sono senza casa e senza famiglia dando loro l’opportunità di vivere in pace”. Il suo progetto fu sostenuto da donatori italiani ed esteri. Mutata la situazione sociale, economica e culturale, verso il 1980 si iniziò a parlare di rinnovare il vecchio Asilo, per adeguarlo ai nuovi parametri previsti dalle leggi nazionali e regionali in materia di assistenza alle persone anziane. Il nuovo edificio viene inaugurato il 3 settembre 1989. L’Asilo dei Vecchi di San Germano Chisone è autorizzato al funzionamento come: • RSA Residenza Sanitaria Assistenziale: 57 posti, divisi per differenti livelli d’intensità • RA Residenza Assistenziale: 14 posti • RAA Residenza Assistenziale Alberghiera: 23 posti Inoltre offre servizi di: • ricovero di sollievo • ricovero protetto • servizio pasti a domicilio

MI RACCONTO

Festa della casa bancarelle a sorseggiare un té, COMITATO DI GESTIONE: assaggiare dolci, pizze, igoffri, (Presidente), Baret Carlo, LaBounous giornataClara è iniziata con ilAvondet culto Franco, acquistare una piantina, una Calvert Christine, Long Marilena, Munsey Victoria CSD). presieduto dalla Pastora della marmellata (delegata o una collanina.

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Asilo dei vecchi ANIMAZIONE: OSSERVAZIONE ED ASCOLTO “IN TUTTI I SENSI” Marco Gibello: animatore La prima parola che mi è venuta in mente, di fronte alla proposta di scrivere questo articolo sulla mia esperienza presso l’Asilo dei Vecchi è stata ascolto e osservazione, per l’importanza che questa attività riveste nell’ambito dell’animazione. Quando ci si pone di fronte all’organizzazione e progettazione di un intervento animativo diventa indispensabile osservare ed ascoltare al fine di poter dare come risposta un intervento adeguato. Cogliere i messaggi che la persona di fronte ci sta lanciando diretti o inconsci, verbali o gestuali, le sensazioni ed il significato di quei messaggi in quel determinato momento e contesto, prestare attenzione a ciò che emerge restando in contatto

con una persona o in un gruppo, a quali vibrazioni riecheggiano dentro, cosa e come si muove. Affinare con esperienza quotidiana l’ascolto e l’osservazione “in tutti i sensi” diventa la chiave di volta per intendere l’intervento animativo come animazione con la “A” maiuscola e non come semplice intrattenimento e svago. A mio avviso muoversi in questa direzione significa infondere un’anima nella delicata azione che si sta proponendo, con un’azione intenzionale del soggetto che anima verso soggetti che ricevono (Agata Troja). Significa altresì rispecchiare la definizione di animazione intesa come attività o proprietà di un soggetto relativamente al conferimento di anima, movimento o calore nei confronti di un altro soggetto, che può essere attivo ma anche passivo.

L’Asilo dei Vecchi di San Germano, progettando un’animazione basata su tali concetti, articola le varie azioni attraverso una personalizzazione degli interventi in cui il soggetto viene riconosciuto nella sua unicità ed autenticità. Le proposte possono essere differenti, andando da momenti trascorsi in compagnia della singola persona ad attività organizzate in piccoli gruppi attraverso laboratori artistico-ricreativi, ludico-creativi, di stimolazione cognitiva e sensoriale. Ma nonostante la diversificazione degli interventi, l’obiettivo finale verso cui l’organizzazione tende rimane sempre invariato: il mantenimento dell’autonomia e delle capacità presenti nella persona.

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Asilo dei vecchi

Grazie all’interessamento di Paola Gazzano, responsabile dell’Asilo dei Vecchi di San Germano Chisone, in stretta collaborazione con le animatrici Stefania e Letizia, abbiamo dato il via ad un programma di incontri quindicinali, che fin da subito si è rivelato emozionalmente interessante e con non poche sorprese. Per mezzo di un impianto audio, un computer e la possibilità di proiettare il testo sincronizzato alla musica, ci siamo resi ben presto conto, che quello che ormai tutti conosciamo come “karaoke”, ci stava traghettando ben più in la di una semplice attività ricreativa, poiché la stimolazione che ne derivava, stava toccando vari livelli percettivi.

All’Asilo abbiamo intrapreso insieme un vero e proprio viaggio nella storia comune e personale di ognuno, che attraverso una speciale porta d’accesso qual è la musica, con il susseguirsi degli incontri, oltre all’immediato beneficio degli ospiti che la musica stessa procura, ci legava confidenzialmente sempre più gli uni agli altri, facendoci ritrovare su un medesimo cammino, ricco di quell’emotività misteriosa e preziosissima, che sono il vissuto di ogni essere umano. Tutto questo cantando e ricordando insieme canzoni, il più delle volte proprio suggerite dagli stessi partecipanti. Un lavoro di memoria che stimolava la memoria e quindi l’attenzione. Sicuramente l’obiettivo primario che ci eravamo prefissati, era inizialmente quello di far cantare tutti i partecipanti, potendo così sfruttare

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KARAOKE Paolo Mosele: musicista

tutti quei benefici che il canto procura, in primis l’ossigenazione circolatoria e le vibrazioni della voce che risuonano nel nostro corpo, ma ho potuto osservare come anche coloro che seguivano solamente il testo proiettato, seppur con un flebile labiale, venivano dolcemente indotti alla presenza, distogliendoli dalla propria routine e al quel rifiuto della realtà e del “tempo presente” in cui spesso l’anziano si rifugia. Non vi è limite al numero dei partecipanti, al contrario vale il principio “più siamo meglio stiamo” e questo tipo di attività si fonda in particolar modo sul gruppo e da questo prende energia, interagendo a vari livelli e stimolando la conoscenza e la condivisione tra le persone, aumentando il desiderio di raccontare spontaneamente aneddoti e ricordi personali, di cui gli anziani sono ricchi.

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Asilo dei vecchi CURE PALLIATIVE Paola Gazzano: responsabile di struttura Nel corso dell’anno 2014 è iniziato il percorso, in via sperimentale, di inserimento da parte dell’ASL TO 3, di pazienti terminali nella nostra struttura in alternativa al mantenimento a domicilio. L’Unità cure palliative (UCP) si occupa della fase avanzata di diverse patologie oncologiche e degenerative. Le attività sono orientate al miglioramento della qualità di vita della persona e al supporto psicologico e sociale della famiglia, interagendo con le strutture ed i servizi presenti sul territorio, quali il medico di base, l’assistenza domiciliare, le attività ambulatoriale, le semiresidenzialità e le residenzialità. Il tutto cercando di garantire, nei

vari momenti della malattia, con risposte flessibili ed appropriate una continuità assistenziale adeguata. La presa in carico del malato terminale avviene attraverso un iter che prevede la segnalazione da parte del medico di medicina generale o del medico ospedaliero all’UCP. Viene così compilata la scheda per la definizione dello status del paziente e si dà indicazione ai famigliari o all’interessato stesso della presa in carico a domicilio o in struttura. Una volta deciso per la struttura, l’UCP contatta i servizi sociali che si occupano dell’inserimento. Viene trasmessa alla struttura tutta la documentazione concordando un piano assistenziale che prevede accessi programmati presso la struttura garantendo una reperibilità dell’infermiere UCP 24 ore su 24. Il tutto

come vera e propria alternativa al domicilio. Di solito il paziente viene preso in carico dal medico di medicina generale che opera in regime di convenzione all’interno della struttura. Alle volte, quando ritenuto utile il medico della struttura si raccorda con il curante che ha seguito il paziente sino all’inserimento. Le cure palliative garantiscono la fornitura diretta di tutti i farmaci specifici necessari per la terapia del paziente. Inoltre ci sono momenti di confronto tra le varie figure professionali che intervengono dopo l’inserimento in struttura coinvolgendo anche le famiglie. L’utilizzo della struttura per le terapie ai pazienti terminali garantisce una alternativa alla domiciliarità quando le condizioni cliniche lo richiedono e consentono le opportune interazioni tra le diverse figure professionali impegnate nell’assistenza. Le prime esperienze all’Asilo sono state positive e i risultati più che soddisfacenti tenendo conto che la nostra struttura può garantire al paziente un ambiente protetto, confortevole, accogliente e con un personale attento ed adeguato alle esigenze dell’ospite . Le diverse figure professionali presenti nell’Asilo hanno partecipato e in futuro continueranno a prendere parte ai momenti formativi organizzati nell’ambito della nostra ASL.

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Asilo dei vecchi

La giornata è iniziata con il culto presieduto dalla Pastora della Chiesa Valdese di S. Germano Chisone, Daniela Santoro su una terrazza gremita di persone. E’ stata molto bella la partecipazione attiva al culto di alcuni ospiti, dipendenti e membri della comunità, che si sono cimentati nella lettura di alcuni passi della Bibbia e nella conduzione della preghiera di intercessione intervallato dall’inno Kumbaya. Il tutto accompagnato dal suono della pianola che ha accompagnato la comunità nel canto degli inni. Dopo il culto, l’aperitivo analcolico “della casa” e tanti stuzzichini hanno fatto da cornice allo squisito pranzo a base di paella di carne e pesce. Più tardi nel pomeriggio altri arrivi, per godersi la bella giornata in compagnia, tra le tante e colorate bancarelle a sorseggiare un té, assaggiare dolci, pizze, i goffri, acquistare una

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FESTA DELLA CASA Paola Gazzano: responsabile di struttura

piantina, una marmellata o una collanina. Anche quest’anno l’Asilo ha intrattenuto e divertito il suo pubblico presentando due spettacoli: uno di giocoleria con un duo eccezionale che si è esibito con numeri comici, supportati da palloni, palline e corde, da numeri di abilità fisica e da tante gags divertenti. I numerosi bambini presenti assieme ai nostri ospiti sono rimasti a bocca aperta, felici e sorridenti ad ogni numero effettuato. L’altro spettacolo è stata la dimostrazione di prodezza del cane poliziotto dell’unità cinofila della Polizia di Torino. La festa è proseguita con la pesca per gli adulti, per i bambini e l’immancabile sottoscrizione con premi da favola. Quest’anno abbiamo dato un titolo alla nostra festa: “Attacchiamo bottone?” E di bottoni ne abbiamo “attaccati” veramente tanti e piaz-

zati dappertutto: nell’atrio, per le scale per segnalare il percorso, sui tavoli del pranzo per tenere insieme tovaglioli e posate, sulle girandole che ornano il terrazzo, e su cornici, segnalibri, magliette, presine, sacchetti di lavanda, che abbiamo preparato insieme agli ospiti. La nostra affezionata e grande amica sig.ra Franca Beux che ci ha dato l’idea dei bottoni, ha realizzato uno splendido libro di storie che parla di bottoni. Non solo, con la cartapesta e i tanti bottoni a disposizione la sig. ra Beux ha costruito degli splendidi quadri che per magia sono diventati magnifici fondali marini, polpi attaccati alla roccia, farfalle svolazzanti. Allora ”attacchiamo bottone”?

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Asilo dei vecchi

VOLONTARIATO Miklos Zoltan Hunor: volontario Con questo breve scritto racconto la mia esperienza all’Asilo dei Vecchi di S. Germano Chisone. Quest’anno è stato per me un viaggio che mi ha cambiato molto. Il mio scopo è stato il servizio. Era la cosa più importante per me. Certamente anche conoscere l’Italia, la sua cultura, le persone che l’abitano ma queste cose per me sono state secondarie. Durante la mia permanenza all’Asilo spesso gli anziani mi chiamavano Hunor il volontario. Ma io credo che ci sia differenza tra la parola volontario e ciò che mi sento io. La differenza è: il volontario fa un lavoro per far crescere la sua personalità, oppure per conoscere il mondo. Io invece mi sento più vicino al diacono che serve tra le persone per Dio. Dio che ogni giorno mi dava l’amore, la forza e la pazienza per il mio servizio. Qualche volta il mio lavoro era solo un sorriso o una buona parola, ma sempre fatto con tanto cuore e amore.

All’Asilo ho provato a servire così, ma era diverso da come avevo pensato prima di arrivare. Perché nella mia testa credevo dovessi dare e donare. Ma non sapevo che anche gli anziani mi potevano dare tanto. Qui ho avuto l’opportunità di conoscere un po’ più da vicino il mondo degli anziani. Quando loro parlavano, vedevo i loro occhi brillare. Loro sono la memoria, hanno vissuto tanto e hanno attraversato tante emozioni, tante sofferenze, tante felicità e di nuovo le attraversano ogni giorno. In questo anno ho capito che una vita può essere noiosa o movimentata, ma tutte le persone sono molto preziose. Noi dobbiamo far capire che gli anziani sono ancora preziosi. Per esempio ho avuto modo di conoscere una signora che era maestra nelle scuole elementari:

lei mi aiutava a imparare l’italiano, lo faceva molto volentieri e si sentiva utile. All’Asilo ho capito che le piccole opere cambiano il mondo. Le piccole opere come un piccolo pensiero. Le piccole opere hanno un’altra lingua e io volevo studiarla. Non solo ho lavorato tra gli anziani, ma mi sono reso utile anche aiutando il personale assistenziale. Ho studiato e imparato tanto da loro. Guardavo cosa facevano e come svolgevano il loro lavoro e loro hanno avuto molta pazienza nell’insegnarmi. L’Asilo dei Vecchi è una struttura in cui tutti fanno attenzione a tutti, un posto in cui puoi sentirti anche tu importante e utile. E così anch’io sono diventato parte di questa famiglia.

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Casa delle Diaconesse

ORGANIGRAMMA: • Responsabile di struttura: Gaydou Loredana. • Servizio di segreteria: Mondina Maura. • Servizio di animazione: Avondetto Enrica. • Servizio Assistenziale: Benech Morena, Bertin Maria Chiara, Besso Pianetto Roberta, Blanc Renata, Coggiola Maria Antonietta, Dulicchio Rosella, Fornerone Marina, Klein Aude, Pons Patrizia, Rivoira Loredana. • Servizi generali: Pons Wanda. • Professionisti e ditte esterne: Vizzano Giovanni – laboratorio di musica, Hounaifi Fatima – parrucchiera, Eco Tre – servizio lavanderia esterna, Sodexo – servizio ristorazione. Aggiornati al 1.1.2015

CASA DELLE DIACONESSE La storia L’attività delle Diaconesse in Italia, nasce da una vocazione di Servizio al prossimo ammalato e bisognoso, nelle diverse Opere della Chiesa Valdese e presso le singole persone su tutto il territorio nazionale. L’istituzione fu fondata a Torino nel 1901, nel 1920 diventò Opera dipendente dalla Tavola Valdese e trovò la sua sede definitiva proprio in questa casa nel 1945. Negli anni ’60, per iniziativa delle stesse Diaconesse, la Casa assunse anche la fisionomia di casa di riposo per persone anziane. Negli anni 1996/98 la Casa Valdese delle Diaconesse è stata completamente ristrutturata. La Casa Valdese è autorizzata al funzionamento come:

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COMITATO DI GESTIONE: Benigno Giorgio (Presidente), Avondetto Roberta, Negrin Renata, Poli Maria Enrica, Rostagno Dina, Tron Anita, Munsey Victoria (delegata CSD).

• RA Residenza Assistenziale: 29 posti • Ospitalità temporanea • Servizio accoglienza diurna • Servizio pasti in struttura per esterni • Servizio bagno assistito in struttura per esterni

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Casa delle Diaconesse GIOCHI SENZA BARRIERE Enrica Avondetto: animatrice Giovedì 7 agosto si è svolta nel bel giardino della Casa delle Diaconesse, l’undicesima edizione dei giochi “senza barriere”. La giornata si è rivelata soleggiata, cosa non da poco in quest’estate! L’evento ha coinvolto ospiti dell’Asilo di San Giovanni, di San Germano, del Rifugio Re Carlo Alberto e ovviamente, dell’ospitante Casa delle Diaconesse. Quattro sono state le competizioni organizzate: 1. Il gioco delle caraffe – occorre travasare e far passare da un capo all’altro del tavolo più acqua possibile

Come tutti gli anni, è stato un pomeriggio divertente per tutti. I partecipanti ai giochi hanno dato il meglio di loro con l’entusiasmo e quella competitività che non viene meno con l’età. La coppa è andata all’Asilo di San Giovanni dopo lo spareggio finale perché ben tre squadre avevano raggiunto lo stesso punteggio! Alla fine comunque tutte le squadre hanno avuto un premio offerto dalla propria struttura: chi un libro, chi un cd, chi una pianta. In quella stessa giornata, la Casa delle Diaconesse ha avuto il piacere di ospitare i bambini che hanno frequentato “Mamma, esco a giocare”. Così li abbiamo invitati a partecipare ai giochi e abbiamo potuto vedere piccoli e grandi divertirsi insieme. Il pomeriggio si è concluso con la

merenda sempre nel giardino. Il pomeriggio è particolarmente riuscito grazie alla felice coincidenza della presenza dei bambini che ha portato gioia, vitalità e allegria. Forse per il prossimo anno, si potrà prevedere la loro presenza per l’intera durata dell’iniziativa. Questi incontri interistituti (se ne fanno normalmente cinque: il festival canoro ad aprile, un picnic a settembre, una tombolata, e un’incontro intorno a Natale) sono delle occasioni importanti per le/ gli anziani che possono così ritrovarsi, chiacchierare e divertirsi in un pomeriggio un po’ diverso. Per gli operatori questi sono momenti privilegiati in cui poter organizzare attività rilassanti e socializzanti per gli ospiti. Certo il lavoro è tanto ma dà molta soddisfazione.

2. Passa l’oggetto – ci sono cinque palle di grandezza crescente e sei giocatori. Occorre passare di mano in mano nel minor tempo possibile le 5 palle, senza farle cadere. 3. I cerchietti – ogni giocatore/ giocatrice ha cinque cerchietti. Ci sono quattro picchetti piantati nel terreno e si deve cercare di centrare il maggior numero di picchetti possibile. 4. I palloncini d’acqua (o meglio tiro al bersaglio, ossia l’animatrice che si presta). Vince chi colpisce più volte il bersaglio avendo a disposizione dieci palloncini pieni d’acqua.

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Casa delle Diaconesse

Dopo varie peripezie anche quest’anno siamo riusciti ad organizzare il soggiorno marino alla Casa Valdese di Pietra Ligure. Da nove ospiti che avevano aderito, al momento della partenza erano solo sei. Quest’anno il tempo è stato clemente e ci ha regalato una bellissima settimana, molto rilassante per tutti; dobbiamo ritenerci molto fortunati dato che abbiamo potuto godere di una delle più belle settimane di tutta l’estate. Il bel tempo ha donato energia e benessere a tutti e le ospiti hanno davvero gradito la vita di spiaggia, potendo stare all’aria aperta e respirare a pieni polmoni l’aria di mare, dopo tutti quei mesi di brutto tempo e umidità.

FESTA DELLA CASA DELLE DIACONESSE Loredana Gaydou: responsabile di struttura Giorno: domenica Mese: giugno Anno: 2014 Beh? Cosa è successo?

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SOGGIORNO MARINO 2014 Enrica Avondetto: animatrice

Il gruppo era molto affiatato, quindi abbiamo potuto fare molte attività di gruppo, dai giochi di società alla ginnastica dolce in riva al mare. A parte le passeggiate sul lungo mare di Pietra e al mercato di Borgio, le signore hanno scelto di godersi appieno la spiaggia. Il nostro soggiorno ha coinciso con quello degli ospiti di San Germano. Purtroppo non abbiamo potuto fare molte attività insieme, poiché avevamo ritmi diversi, ma è stato bello incontrarsi e fare delle divertenti chiacchierate. Per le operatrici, poter passare più tempo con ciascun ospite in un contesto diverso, più informale e rilassato, è una gratificante e arricchente esperienza, anche se molto impegnativa.

della Casa C’è stata la Festa delle Diaconesse! Certo… Non è una novità! Ogni anno organizziamo questa festa! Ma quest’anno è stato speciale … ebbene sì! Il tempo è stato molto poco clemente! Pioggia a catinelle soprattutto al mattino! Cosa fare? Tutto da riorganizzare! Beh… dai ce la faremo! Al lavoro! Prepariamo il salone per il culto Subito dopo portiamo in frettissima plance e sedie e prepariamo i tavoli per il pranzo ... Tutti collaborano attivamente!

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Casa delle Diaconesse Poi … piano piano…

Intanto fuori …piove! Piove…piove!!! Ma il Menu… così buono ci fa dimenticare tutto...

Melanzane grigliate

manzo con

piano... piano… + macedonia con gelato e bricelet

Caffè

Prepariamo (sempre all’interno) le varie bancarelle + insalata russa

patè di tonno

alimentari

libri

oggetti vari

Tutti fuori a cantare

Cosa ne dite?...

scaglie di parmigiano e rucola

EVVIVA!

insalata di frittata manufatti

A sfidare la sorte con il Gioco dei palloncini ed infine procediamo con l’estrazione dei numeri della lotteria Ok… ce l’abbiamo fatta!

...“felicemente” distrutti andiamo tutti a casa! Grazie a tutti!

+ pasta al forno

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Casa delle Diaconesse

Il volontariato nasce dalla spontanea volontà delle persone, di fronte a problemi non risolti o non affrontati dallo Stato e dal mercato. Per questo motivo il volontariato si inserisce nel “terzo settore” insieme ad altre organizzazioni che non rispondono alle logiche del profitto o del “diritto pubblico”. Il volontario è la persona che, in modo spontaneo, si rende disponibile al servizio gratuito e disinteressato alle persone o ad una comunità dedicando tempo, professionalità e passione. Quindi, essere volontario implica una libera dedizione del proprio tempo e risorse al servizio di chi, lasciato da solo, non sarebbe in grado di riuscire nella vita. Caratteristica del volontariato è l’anteporre il benessere collettivo al profitto individuale. “È bene dare quando ci chiedono, ma meglio comprendere e dare quando niente ci viene chiesto” Il volontario dà molto e nel donare riceve moltissimo. Tutti dovremmo imparare da chi offre il suo tempo per gli altri; ci arricchirebbe molto! Da sempre alla Casa delle Diaconesse prestano la loro opera dei

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COSA S’INTENDE CON IL TERMINE VOLONTARIO Loredana Gaydou: responsabile di struttura

volontari che, cercando di garantire una qualità di vita migliore agli ospiti, risultano essere una preziosa risorsa per la nostra Struttura. Ci sono state persone straniere e italiane, giovani e meno giovani, femmine e maschi, di varie fedi religiose che si sono prodigati in vari campi: Assistenza Pulizia Cucina Giardinaggio Ufficio Animazione Ogni anno la Casa accomuna in un unico ringraziamento tutte le persone che hanno donato parte del loro tempo e delle loro capacità al servizio degli ospiti offrendo loro una cena a buffet. Questa inizia-

tiva è sempre molto apprezzata, l’affluenza molto alta. Le leccornie preparate dalle signore del Gruppo Festa e dai componenti del Comitato sono sempre andate a ruba. Normalmente la serata, dopo la parte mangereccia, prosegue in un clima tranquillo e sereno con musica, canti e balli, chiacchiere e scambi di opinioni. Terminando vorrei riportare alcune frasi che ci hanno lasciato i nostri volontari: “Per un diciottenne lavorare in una casa di riposo non è un’esperienza facile. Gli ospiti hanno un altro ritmo, rispetto a noi giovani, a cui mi devo adeguare.” (Sibrich) “Ci sono 29 ospiti con 29 storie diverse.” (Sibrich)

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Casa delle Diaconesse “Ho scoperto le specialità della cucina piemontese: la bagna cauda, il fritto misto e la polenta!” (Sibrich) “Ho conosciuto un’altra cultura, ho imparato una lingua nuova… Ho fatto nuove amicizie e ho visitato luoghi nuovi.” (Gerold) “Ho superato dei pregiudizi sugli Italiani, come ad esempio che gli Italiani mangiano solo pasta e pizza.” (Gerold) “L’inizio è difficile, non si conosce la lingua, si è lontani da casa, dalla famiglia e dagli amici, ma poi tutto va bene.” (Gerold)

“Parlare con gli ospiti mi piace molto.” (Philipp) “La cosa più importante è che mi sento parte della casa.” (Philipp) “Dopo la scuola non volevo solo viaggiare ma anche essere d’aiuto ad altre persone, imparare una nuova lingua e passare un anno facendo cose utili.” (Lena) “L’inizio è stato duro perché lontana dalla mia famiglia e dai miei amici… adesso è difficile andare via!” (Lena) “C’è una nave che si chiama Comunità. Questa nave sta attraversando

il mare del tempo ed è l’eternità di Dio che dà la destinazione.” (Inno tedesco, Martin Gothhard Schneider) Cosa si trova su una barca? Un mucchio di gente che corre, che lavora, che si occupa delle cose affinché la nave possa proseguire, ma ci sono anche persone che salgono sulla nave per ricevere tranquillità dopo una vita di fatiche. Sulla nave ci sono due tipi di persone: quelle che si riposano e quelle che lavorano affinché le prime possano riposarsi serenamente. Io di questa barca ne facevo parte!” (Daniel) Grazie a tutti i volontari!

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Rifugio Re Carlo Alberto

ORGANIGRAMMA: • Responsabile di struttura: Galetti Marcello, Bosio Stefano. • Responsabili di servizio: Dotta Federica, Monardo Rossella, Pregliato Sabrina. • Servizio di segreteria: Garis Alessandra. • Servizio di animazione: Deplano Susanna, Tyler Childs Molly. • Servizio di fisioterapia: Adaszak Agnieska, Pascal Nicoletta. • Servizio infermieristico: Angheluta Lucica, Alucai Ramona, Della Valle Flora Maria, Frairia Enrica, Iftincai Daniela, Paviolo Clara. • Servizio Assistenziale: Agus Luisella, Ainardi Marilena, Anaya Silvia, Armand Carlo, Boaglio Margherita, Boaglio Patrizia, Bonnet Alba, Bruno Cristina, Buffa Marta, Bunino Danila, Campagna Iride, Canu Adriana, Caria Graziella, Comi Paola, Dana Borga Laura, Donini Iris, Espinoza Josè,Fagiano Carla, Fazia Erika, Fedele Maria, Gandione Enrico, Giachero Roberta, Godino Paola, Imberti Micol, Jennad Malika, Kitchen Elena, Margani Rita, Morello Stefano, Murgioni Diego, Nonnis Antonella, Pansa Gabriella, Perez Midaly, Pisicoli Vito, Planchon Paola, Pons Antonella, Pons Daniela, Priotto Vanda, Reibaldi Giuseppina, Risino Giuseppe, Rivoira Maurizia, Sappè Franca, Saracco Elisabetta, Wagenaar Monique, Zoppi Stefano, Zuzzi Elda. • Caffè Alzheimer- Arc en ciel Café: Stefano Bosio, Valentina Onorato, Giusi Reibaldi, Giuseppe Risino, Antonella Nonnis, Eleonora Piccaluga. Volontari ANAPACA: Alessandra Arolfo, Arcangela Barbella, Claudio Bertero, Vincenzo Scagliotti. Collabora La Bottega del Possibile. • Professionisti e ditte esterne: Bianchi Valeria – psicologa, Rossi Graziella – geriatra, Varese Daniele – fisiatra, Hounaifi Fatima – parrucchiera, Studio estetico Manuela – pedicure, Lenti Amalia – geromotricista, Vizzano Giovanni – laboratorio di musica, Studio Arborea – laboratorio orto, Cooperativa La Fortuna – servizio pulizia e servizio trasporti, Eco Tre – servizio lavanderia esterna, Sodexo – servizio ristorazione e servizio lavanderia interna. Aggiornati al 1.1.2015

RIFUGIO RE CARLO ALBERTO La casa viene costruita nel 1898 con l’obiettivo di accogliere coloro i quali venivano rifiutati da altre strutture, da qui il nome di “Rifugio”. Fu intitolato al re Carlo Alberto perché nel 1898 ricorreva il 50° anniversario della concessione, da parte dello stesso, dei diritti civili ai valdesi. Negli ultimi anni il Rifugio si sta specializzando nell’accoglienza a persone affette da alzheimer e demenze nelle diverse forme; il Centro Diurno e due dei tre nuclei assistono le persone, in diversi stadi della malattia, in una sorta di “percorso” che consente alle famiglie di non cambiare struttura al modificarsi delle condizioni del proprio caro. Il Rifugio Re Carlo Alberto è autorizzato al funzionamento come: • RSA Residenza Sanitaria Assistenziale: 74 posti divisi per differenti livelli d’intensità, compresi 30 posti per residenza Alzheimer

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COMITATO DI GESTIONE: Sappè Monica (Presidente), Chinnici Giuseppe, Gamba Marina, Meynier Giuliana, Comba Giovanni (delegato CSD).

• RA Residenza Assistenziale: 10 posti • Centro diurno Alzheimer: 12 posti Inoltre offre servizi di: • ricovero di sollievo • dimissione protetta

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Rifugio Re Carlo Alberto ARTICOLO PET THERAPY Monica Balmas: psicologa Perché la pet therapy? Perché in un Istituto per anziani? O nello specifico in un Centro Diurno Alzheimer? Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, afferma: “I farmaci per la cura dell’Alzheimer, possono solo rallentare la progressione dei sintomi. Si sono quindi diffusi approcci di medicina alternativa, che hanno resistito alle prove di efficacia e vanno sempre più conquistandosi uno spazio tra le cure accettate a tutti i livelli. Tra questi c’è la pet therapy, che ha lo scopo di focalizzare su un compito l’attenzione della persona ammalata di demenza, ad esempio, quello di giocare con un cane, un gatto o un criceto, evitando in questo modo di concentrarsi sulle idee che riempiono in maniera scoordinata il

cervello e che producono ansia, agitazione e uno stato permanente di disagio”. Affetto, contatto, allegria, amore sono solo alcune delle parole che vengono in mente pensando al proprio animale. L’interazione con l’animale dà modo di sfruttare un tipo di comunicazione immediato, che favorisce anche coloro che presentano gravi difficoltà. L’Attività Assistita con l’Animale (A.A.A.) strutturata all’interno del Rifugio

Re Carlo Alberto interessa situazioni diverse: un gruppo con gli ospiti del Centro Diurno, un gruppo composto da persone con un deterioramento cognitivo medio-grave, e un passaggio con i cani nei vari Reparti per le persone allettate o che non fanno parte dei 2 gruppi precedenti. Il cane è per il malato uno stimolo vivo, capace di suscitare emozione e, di conseguenza, reminescenze. L’attivazione del dialogo, improntato su toni positivi, è il primo obiettivo da ricercare, il più utile e il più semplice da raggiungere. Nello specifico con le persone colpite da Alzheimer l’interazione con l’animale appare in grado di ridurre i disturbi comportamentali e di stimolare alcune funzioni psicologiche e mentali residue, in particolare la memoria a lungo termine, la comunicazione verbale e non verbale, la stimolazione sensoriale, la soddisfazione di alcuni bisogni primari.. La relazione tra l’utente e l’animale è mediata e controllata dall’operatore. Un operatore ha osservato che non vedeva sorridere un ospite del Centro Diurno da più di due mesi, finché non sono arrivati Carolina, Fido, Biscotto e Camilla, i nostri preziosissimi collaboratori a 4 zampe. Ecco una buona risposta alle nostre domande iniziali.

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Rifugio Re Carlo Alberto

“Quando eravamo giovani il Presidente Einaudi diceva dopo avere votato: che tutti votino. Questo fa pensare all’odierna antipatia per cose politiche che gira fra le persone. ma la partecipazione è un dovere, oggi che è nato pure il sistema delle primarie. E se pensiamo a tante “battaglie” che un tempo gente distante conduceva per avere il diritto di voto o ai commenti su elezioni burletta di cui si sapeva in nazioni non libere!” Alberto Trentin, ospite del Rifugio Un’ indagine nelle settimane prima delle elezioni del 25 maggio 2014 mi ha fatto capire che alcuni ospiti avrebbero voluto esercitare

il loro diritto al voto. Un ospite, il Sig. Alberto Trentin ha presentato le liste, i relativi programmi politici e le modalità di votazione. Da qui è nato un interessante e acceso dibattito tra i vari ospiti, ognuno con il proprio vissuto e la propria idea politica. È emersa forte disillusione, senso di impotenza rispetto alle grosse potenze economiche e anche un nazionalismo al limite della xenofobia. Piano piano i toni si sono modificati e si è iniziato a ragionare sulle possibilità, tanto che si è deciso di stilare una lista di tematiche da sottoporre ai futuri nuovi sindaci di Luserna San Giovanni e Torre Pellice. Nella lista troviamo: l’occupazione; la viabilità e la necessità di una mappa o guida per servizi e negozi; le buche nelle strade; i pochi parcheggi per disabili in paese; le carenze del sistema scolastico Italiano, i sussidi per terremotati e agricoltori; l’importanza della memoria storica. Queste tematiche e preoccupazioni sono state presentate il 1 ottobre 2014, in occasione della giornata mondiale degli anziani, ai

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PROTAGONISTI POLITICI: LE PERSONE ANZIANE E LE PERSONE CON DEMENZE AL RIFUGIO Molly Tyler-Child: animatrice

due Vice Sindaci delle nuove amministrazioni di Torre Pellice e Luserna San Giovanni, la Signora Rosella Tagliero e la Signora Maria Bertin. Gli ospiti hanno presentato il loro elenco di preoccupazioni, ascoltato e commentato le risposte delle Vice Sindaco, condiviso con loro le cose belle dell’anzianità (e qualche pasticcino!) e proposto suggerimenti. In linea con il tema “Risorse invece che pesi”, alcuni ospiti si sono offerti di collaborare con i due comuni per identificare le barriere architettoniche presenti. Ecco come un anziano può essere una preziosa risorsa e partecipare alla “promozione di una società per tutti”. Il dibattito politico e la cittadinanza attiva vivono al Rifugio Re Carlo Alberto!

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MI RACCONTO

Rifugio Re Carlo Alberto MI RIFUGIO AL CINEMA Marcello Galetti: responsabile di struttura Dopo l’esperimento del 2013, per il secondo anno il Rifugio ha organizzato la rassegna di cinema estivo che abbiamo chiamato “Mi Rifugio al Cinema!”. Visto il clima dell’estate 2014, possiamo dire che il titolo è risultato azzeccato: il nostro tendone, comprato con fondi dell’8 per mille ed usato anche per le proiezioni, è stato un “Rifugio” nel vero senso della parola! La rassegna, alla cui organizzazione ha collaborato l’associazione “B’Essai”, si è svolta da metà giugno ad inizio settembre con dodici serate che hanno visto oltre 1100 spettatori. Una media di oltre 90 spettatori a serata, contro i 55 dell’edizione 2013. Se consideriamo la posizione del Rifugio, sulla collina e lontano dai centri abitati della valle, è quasi un trionfo. Quattro serate prevedevano l’abbinamento cibo/film, nella maggior parte dei casi c’è stato il coinvolgimento di operatori del Rifugio e di altri servizi della Diaconia Valdese nella realizzazione della cena che ha creato una bellissima atmosfera nel giardino del centro diurno, con numerosi tavoli che ospitavano i commensali/spettatori. Qualcuno ha detto “non sembra una struttura per anziani”. E questo era proprio uno degli obiettivi: promuovere un’idea diversa della

struttura, che nell’immaginario collettivo è un luogo dal quale tenersi il più lontano possibile. Perché, invece, le strutture non possono essere luoghi nei quali organizzare delle cose semplicemente belle, non necessariamente legate alla sofferenza? Perché, se disponiamo di un bel giardino, non possiamo metterlo a disposizione di un territorio come quello della Val Pellice, dove la “fame di cinema” è innegabile? Perché una persona che vive in una struttura protetta non può avere la possibilità di avere il “cinema in piazza” senza andare in piazza? Al di là dei numeri che decretano, anche in termini economici, il successo dell’iniziativa, è da sottolineare che sono intervenuti spettatori che non conoscevano la nostra struttura e che si sono dimostrati

davvero interessati al nostro lavoro e alla nostra realtà. Inoltre dobbiamo ribadire che fondamentale è stato l’impegno di alcuni dipendenti del Rifugio che hanno partecipato attivamente, e a volte volontariamente, alla gestione delle serate. In conclusione possiamo dire di essere molto felici per l’andamento della rassegna, che ripeteremo nel 2015.

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Rifugio Re Carlo Alberto

Negli ultimi 15 anni il volontariato ha nutrito i servizi ed i lavori del Rifugio. In questi 15 anni si stima siano state fatte circa 130 ore alla settimana di volontariato. Queste ore sono state realizzate da più di 30 volontari internazionali e oltre 50 volontari nazionali (dai 16 ai 104 anni!) grazie alla collaborazioni con AFSAI, ANAPACA, AVE, AVO, Amici del Rifugio, scuole e chiese. Anche se queste statistiche quantificano ciò che è il volontariato al Rifugio, non arrivano minimamente a spiegare il suo valore. L’Associazione Italiano Economisti del Lavoro si occupa, anche, della misurazione del

Maria, americana, settembre 2013

valore di quello che viene chiamato ‘lavoro non remunerato’ di cui il volontariato fa parte, e lo descrive così:“tutte le attività produttive svolte all’esterno del mercato ufficiale del lavoro e potenzialmente sostituibili con beni o servizi acquistati sul mercato ufficiale”(Musolino, 2006).

Spesso però quello a cui contribuisce un volontario, non è quantificabile in beni e servizi, non sono cose che il Rifugio né il volontario possano acquistare: si parla di creazione di relazioni, di sviluppo di competenze e di opportunità di crescita e benessere per tutti i “partner”. Bisogna sottolineare che il volontariato è uno scambio. In termini di lavoro si parla di un contratto, ma anche nel volontariato. Non per professionalizzare il volontariato ma per riconoscerlo e valorizzarlo come uno strumento molto importante per il Rifugio. Le attività svolte dai volontari sono numerose e variegate: sartoria al interno del Rifugio, supporto per le attività al Cafè Alzheimer a Pinerolo, partecipazione al Comitato, aiuti per imboccare a pranzo o per organizzare le feste mensili. Per fortuna il volontariato continua ad essere una parte vitale del Rifugio, una parte che nutre il Rifugio e i suoi servizi, i volontari stessi e soprattutto i suoi ospiti e clienti. Ecco alcuni esempi:

MI RACCONTO

VOLONTARIATO AL RIFUGIO Molly Tyler-Child: animatrice

Alex, LSG, agosto 2014 Chi: Alex, 21 anni. Svizzero. Volontariato: Residenziale, 35 h settimanale, tramite AFSAI Quando: Da agosto 2014 ad aprile 2014 Cosa fa: Aiuta con l’assistenza per mangiare e bere; e con le attività di animazione (conversazione, uscite, Pet Therapy, bricolage ecc) Soddisfazioni: “camminare e parlare con loro, chiedendogli cosa vorrebbero, ricevere e dare affetto sembrano cose piccole ma sono cose grandi. Quando riesco ad aiutare una persona arrabbiata a tranquillizzarsi sto bene” Difficoltà: “Vedo che i comportamenti di alcuni fanno male agli altri e non mi piace vedere persone che litigano”

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MI RACCONTO

Rifugio Re Carlo Alberto

Claudio che gioca a bocce al Rifugio con l’ospite che accompagna, ottobre 2013

Beppe che allieta i pomeriggi del Rifugio

Chi: Erica, 71 anni. Villar Pellice Volontariato: 2 h settimanali tramite l’AVO, gli Amici, e la chiesa Quando: da circa 1989 Cosa fa: In questo momenti, ogni 15 giorni ci troviamo al Rifugio per cantare sia cantici che canzoni popolari. Soddisfazioni: “per me è estremamente positivo vedere alcuni ospiti cantare con noi persone che ormai non sono più presenti con la loro mente ricordano canti imparati prima della malattia” Difficoltà: “è difficile per me dato la mia scarsa preparazione circa l’Alzheimer entrare in sintonia con le persone affette di questa malattia. Penso che, in alcuni casi proprio con il canto sì può ottenere qualche piccolo risultato.

Chi: Claudio, 61 anni. Pinerolo Volontariato: 3 h settimanali al Rifugio e 3 ore mensili al Cafè Alzheimer tramite l’ANAPACA Quando: da luglio 2013 Cosa fa: un giorno alla settimana per circa tre ore mi occupo di un ospite,e aiuto al cafè Alzheimer una volta al mese Soddisfazioni: “quando arrivo e mi abbraccia [l’ospite di cui mi occupo] accompagnato da un sorriso” Difficoltà: “quando nonostante gli sforzi non riesco a comprendere il disagio [del ospite]

Claudio e altri volontari, staff e partecipanti al Cafè Alzheimer natale 2013

Il coro del Rifugio che canta nell’occasione della festa del Rifugio, luglio 2014

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Uliveto

ULIVETO

ORGANIGRAMMA:

• Responsabile di struttura: Costantino Loretta. • Coordinatori di comunità: Germinara Maria, Piergiovanni Alberto. • Servizio di segreteria: Poli Chiara. • Servizio animazione: Favout Sara. • Servizio di fisioterapia: Adaszak Agnieska, Cairus Demis. • Servizio infermieristico: Giai Silvia. • Servizio Educativo e Assistenziale: Agù Maria Luisa, Azzariti Francesca, Bellora Daniele, Berteotti Susanna, Bertin Simone, Boar Stephanie, Bounous Simona, Dell’Aquila Nazario, Frazzetta Adele, Freschi Ilena, Gallian Lara, Gayard Antonella, Granero Rosa, Marauda Elisabetta, Martino Cristina, Masini Manuela, Monnet Manuela, Nusdeo Ivan, Ortolan Patrizia, Papandrea Alice, Paschetto Barbara, Ricca Enrica, Roggero Michela, Rua Raffaella, Tron Marisa, Vavala Antonia, Viciano Badal Maria. • Centro Autismo: Burgio Giusi, Castellano Laura, Favout Sara, Rivoira Loredana. Dalmasso Chiara e Mazza Elena – psicomotriciste. Consulente: Spagone Valentina – psicologa. • Servizio CAA: Cassinelli Lucio, Castellano Laura. Consulenti: Arduino Giuseppe – psicologo, Verruggio Gabriella – fisioterapista. • Servizio Bufficina: Masini Manuela. • Servizi generali: Camboni Angela, Peyrot Giuseppina, Rivoira Silvia. • Professionisti e ditte esterne: Longo Luca – psicologo, Canu Roberto – psicologo, Varese Daniele – fisiatra, Hounaifi Fatima – parrucchiera, Cooperativa La Fortuna – servizio trasporti, Eco Tre – servizio lavanderia esterna, Sodexo – servizio ristorazione e servizio lavanderia interna. Aggiornati al 1.1.2015

La casa dell’Uliveto viene costruita intorno ai primi del 1800 come abitazione privata. Dal 1951 al 1961 è destinata all’accoglienza dei rifugiati politici provenienti dall’Est. Il nome “Uliveto” deriva dal fatto che dopo la guerra sono stati piantati nel giardino degli ulivi quale segno e desiderio di pace fra i popoli e lo spirito di solidarietà verso i profughi che tanto avevano sofferto. Successivamente la casa ospita una Scuola di Economia Domestica per giovani donne. A partire dal 1965 l’Uliveto si trasforma in “Istituto medico pedagogico”, per ospitare giovani in difficoltà, portatori di gravi handicap fisici e psichici. In seguito l’Uliveto diventa sempre più specializzato nell’accoglienza e nell’accompagnamento alle persone disabili e ai loro familiari. L’Uliveto è autorizzata al funzionamento come: • RAF di tipo A Residenza Assistenziale Flessibile: 22 posti. Accoglie persone provenienti dal territorio dell’ASL TO3, e da Torino, Provincia e zone limitrofe, che presentano le seguenti caratteristiche: • pluridisabili con deficit intellettivi e cognitivi associati a compromissioni di natura organica di grado elevato • insufficienti mentali con difficoltà specifiche di apprendimento e con limitazioni dello sviluppo cognitivo e della sfera emozionale.

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COMITATO DI GESTIONE: Tagliero Rosella (Presidente), Cardetti Paola, Cesano Paola, Comba Giovanni (delegato CSD).

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Uliveto LABORATORIO DI ESPRESSIONE CORPOREA Chiara Poli: A.S.D. Liberimpulso Danza Gaia Riscossa: animatrice Nel 2013 all’Uliveto è nata l’idea di dedicare un momento di creatività libera tra ospiti e operatori/trici a partire da stimoli musicali e corporei: prende forma il LABORATORIO DI ESPRESSIONE CORPOREA CON MUSICA DAL VIVO con la partecipazione di un percussionista e di una insegnante di danza dell’Associazione Liberimpulso Danza. Attraverso l’utilizzo di ritmi diversi e diverse possibilità di movimento, si ha la possibilità di fare esperienza delle varie parti del corpo in situazioni di rilassamento o movimento e di familiarizzare con sensazioni

ed emozioni multiformi che nascono senza preavviso. Vengono individuati due modalità, due spazi, due momenti per accogliere e stimolare le diverse caratteristiche delle persone coinvolte. Uno, utilizzando la stanza Snoezelen, per giocare e rilassarsi grazie alla musica suonata dal vivo, alle luci e ai supporti a disposizione, e grazie all’interazione e al contatto dei corpi liberi di esprimersi. Corpi che molto spesso nella quotidianità sono abituati a stare nelle carrozzine. L’altro per divertirsi, suonare, danzare tutti insieme, in un’ottica di improvvisazione, ognuno con il proprio strumento, ognuno con la propria voglia, cercando di creare una musica e una danza di gruppo. Nasce così, quasi per caso, l’Uliveto Ensemble che si è esibito con entu-

siasmo durante la Festa dell’Uliveto del 2013 e alla serata conclusiva di Xsone al Tempio Valdese di Pinerolo. In entrambe le esperienze il coinvolgimento di tutti i partecipanti, senza distinzioni in base ai ruoli, è molto forte: gli operatori, uscendo dalla routine quotidiana, possono godere di momenti di scambio, di conoscenza e comunicazione privilegiati e diretti, in un’ottica di vera reciprocità. Gli ospiti hanno la possibilità di avere un ulteriore rapporto individualizzato o in piccolo gruppo e di esprimersi utilizzando linguaggi non verbali. La forza delle percussioni, la risorsa della musica dal vivo e il lavoro sul corpo hanno generato una varietà di emozioni che, lasciate libere di fluire, sono state una piacevole e arricchente scoperta.

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Uliveto

A settembre 2014 sono stati inaugurati i nuovi locali della struttura. Grazie ad un importante finanziamento OPM è stato possibile ristrutturare l’ala est dell’edificio: è stato rifatto il tetto, sono state ristrutturate le due stanze creando dei nuovi posti letto per un’accoglienza flessibile (week-end e periodi di sollievo), è stato creato un nuovo spazio esterno per la comunità Aria con giardino e area attrezzata, sono state ristrutturate e rinnovate l’infermeria e la palestra. Questi lavori hanno permesso lo spostamento della stanza Snoezelen, prima collocata nelle stanze dell’ala est, in un locale nel seminterrato. Ora la stanza affaccia sul giardino della casa e ha un accesso autonomo anche per i fruitori esterni. L’approccio Snoezelen è stato introdotto all’Uliveto nel 2012, grazie ad uno scambio con la struttura Pierre Valdo della Fondazione Sonnenhof. Durante una visita a questa struttura a Strasburgo l’Uliveto ha conosciuto l’approccio di stimolazione multisensoriale e ha iniziato un percorso di formazione specifica rivolto agli operatori delle due comunità. Durante questa formazione è stato anche creato il proget-

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RISTRUTTURAZIONE DELLA CASA E STANZA SNOEZELEN Loretta Costantino: responsabile di struttura

to della stanza, pensata attentamente su misura per le caratteristiche e i bisogni degli ospiti della casa. La parola “snoezelen”, nata in Olanda all’inizio degli anni ’70, è un neologismo derivante dalla contrazione di due verbi: “doezelen”: rilassamento e “snuffelen”: stimolazione. “Snoezelen” è uno spazio, un mezzo di stimolazione, uno strumento relazionale, un’esperienza intima. Non si tratta né di un metodo, né di una terapia e ancora meno di una tecnica, ma piuttosto di una filosofia relazionale che pone al centro dell’attenzione la persona con i suoi bisogni, desideri, risorse e capacità espressive. Ha come obiettivo il rilassamento cercato attraverso il risveglio di

tutti i sensi della persone e l’incontro attraverso l’utilizzo di possibilità comunicative che vanno al di là dell’espressione verbale. L’utilizzo dell’approccio snoezelen sta entrando gradatamente anche negli spazi di vita quotidiana dell’Uliveto: snoezelen infatti non è solo la stanza multisensoriale ma è anche il riuscire a portare i presupposti di questo approccio in tutti i momenti della vita quotidiana dal risveglio ai momenti di cura del corpo e igiene. E’ riuscire ad accompagnare gli ospiti a vivere la quotidianità nel rispetto dei loro tempi aiutandoli a cogliere e ad esprimere sensazioni ed emozioni.

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Partenza il 2 giugno, gruppo ospiti composto da Luca B., Elena, Roberto e Davide e gruppo operatori Francesca, Irene e Tania, Tanja la volontaria straniera e Alessandro volontario del servizio civile nazionale. Il mattino della partenza siamo tutti euforici, ci occupiamo di caricare gli innumerevoli bagagli sul furgone, salutiamo tutti e prima delle 11 siamo pronti a partire. Destinazione raggiunta intorno alle 15, troviamo bel tempo e dei bei bungalow ad attenderci. Stanchi ma felici ci sistemiamo. Nel pomeriggio facciamo un salto sulla spiaggia per godere della brezza marina, e basta poco per sentirsi davvero in vacanza! Cena in campeggio e a dormire presto; cominciamo il primo giorno di questa vacanza tra sole, mare e visita al centro storico di Albenga. I giorni seguenti ci siamo rilassati, riposati, abbiamo goduto della compagnia reciproca e del bel tempo. E ci è stato anche possibile fare molte passeggiate. Le mattinate si svolgevano all’insegna del risveglio individuale e la preparazione per la giornata, che spesso sarebbe trascorsa in spiaggia, sotto l’ombrellone. Per godere

appieno del mare, abbiamo fatto dei picnic sulla spiaggia, molto apprezzati da tutti. Seduti sul bagnasciuga ci siamo sollazzati con le onde, bagnandoci le gambe con l’acqua fresca del mare. Un mattino siamo andati a fare un lungo giro al mercato dove abbiamo acquistato pesce fresco, frutta, verdura e focacce buonissime per regalarci un gustoso pranzo. Nel pomeriggio, dopo il riposino, ci si preparava per andare a passeggiare in paese. Nel tardo pomeriggio acquistavamo il necessario per cena e ci godevamo la tranquillità del campeggio quasi vuoto di inizio giugno. Una sera ci siamo regalati una bella coppa di gelato con panna, apprezzata moltissimo da tutti e immortalata in numerose fotografie.

I giorni sono volati, l’atmosfera rilassata e gioiosa del gruppo ha aiutato tutti ad apprezzare e godere profondamente di questi giorni; occasione rara per vivere una vacanza e per conoscersi meglio, lontani dalle routines quotidiane. Questa vacanza ci ha permesso di vincere la sfida di riuscire ad accompagnare questo gruppo di persone e far loro vivere un’esperienza nuova e rigenerante. Vivere costantemente per più giorni insieme in un contesto lontano dalla struttura ha fatto emergere lati del loro carattere, sfaccettature nuove e inaspettate che ci hanno insegnato ad apprezzare e comprendere meglio le personalità dei nostri ospiti. E la cosa è stata reciproca.

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SOGGIORNO ALBENGA 2-7GIUGNO 2014, GRUPPO ARIA Irene Ottone, Tania Lazzari, Francesca Cambula, Alessandro Daut e Tanja Hryhorash

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Uliveto LA FESTA PERCHÉ? Manuela Masini: educatrice Alberto Piergiovanni: coordinatore Gruppo Terra Raccontare la festa dell’Uliveto sarebbe più facile e magari anche più divertente leggerla; invece proviamo a non raccontare ma a pensare un momento. La festa della casa: 3 giorni di musica, danze, cene, aperitivi, bar, torneo di pallavolo, giochi senza barriere, inaugurazioni, lotteria, gente, gente,

gente perché? Se pensassimo alla festa come un modo per reperire fondi avremmo sbagliato di molto.. la festa costa tanto e rende poco in termini puramente economici. Costa molto in termini di tempo, perché ci sono dietro fiumi di incontri per organizzare, telefonate, corse a Pinerolo per adempimenti burocratici, biglietti della lotteria da vendere, tanto lavoro per pubblicizzare; in termini di spese: i pasti che offriamo, i musicisti che contattiamo, la pubblicità, le tasse…. Costa mol-

tissimo in termini di energie personali (ci sono persone che hanno trascorso in Uliveto tre giorni interi e quando diciamo interi intendiamo dalla mattina presto alla notte fonda-già-quasi-mattina!) Ma allora perché? Certo, non si può negare che un rientro economico ci sia, ma davvero il motivo di tanto impegno è il rientro economico? Direi proprio di no se fossimo capaci e interessati a “far soldi” non staremmo facendo questo lavoro nell’ambito dei servizi alla persona!

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La festa per ricordare al territorio che noi ci siamo e che nella nostra casa si vive (e non si sta), che, nonostante le nostre difficoltà, siamo veramente capaci di condividere e di divertirci e ci fa piacere vedere gironzolare nel nostro cortile e nel nostro parco persone di tutte le età che vengono a trovarci. La festa per tenerci aggrappati all’idea che il nostro investimento di energie in qualche modo rende questa casa speciale, le persone che prestano il loro servizio coinvolte, le persone che la abitano protagoniste e attive e persone che la incontrano curiose e interessate e magari con un po’ di voglia di tornare!

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La festa della nostra casa è un momento di apertura, un’occasione per incontrare gente, per invitare persone e accoglierle nel modo migliore; è come un’annuale enorme festa di compleanno la si aspetta, la si organizza, ci si investe tanto e alla sera si va a letto stanchissimi/e ma di solito soddisfatti/e con la speranza di aver offerto un bel momento a tutte le persone, ospiti della casa, gente che arriva da fuori, qualcuno o qualcuna che non era venuta mai prima e che si porterà a casa una bella impressione e un bel ricordo di noi.

LA MIA ESPERIENZA DI VOLONTARIATO Valentina Boaglio: Servizio Civile Lo scorso anno ho deciso di partecipare al bando del Servizio Civile Nazionale, ero particolarmente interessata in quanto studentessa di Scienze dell’Educazione e volevo iniziare a mettere in pratica i miei studi: spesso, infatti, ci ritroviamo a passare ore sui libri interrogandoci su concetti che poi solo con la pratica si comprendono al meglio. Abitando in questo territorio, la residenza Uliveto, la sua storia e i suoi

ospiti erano già a me noti ma mai mi sarei aspettata di trovare l’atmosfera e l’accoglienza di una vera e propria casa, perché prima di tutto l’Uliveto è questo. Come in una qualunque famiglia qui si vive e si condivide la quotidianità, i momenti di gioia, i problemi e le difficoltà. Mi hanno chiesto di parlare del mio servizio di volontariato ma più che di questo parlerò dell’esperienza di vita che esso offre. Quando ti trovi a prestare un servizio a delle persone, inevitabilmente ti metti in gioco in tutto e per tutto; impari, cresci, aiuti e sei aiutato, ascolti e sei ascoltato, ti scontri con i tuoi limiti, limiti

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Uliveto

che magari non credevi di avere e limiti che invece ti preoccupavano e pensavi fossero insormontabili scopri che, in realtà, sono ostacoli che affronti e superi . Appena arrivata in questa struttura molte erano le cose a cui dovevo prestare attenzione, che dovevo imparare e ricordare. Sovente, nella nostra quotidianità diamo per scontate molte cose, cose che nella mia “nuova quotidianità” non lo erano per niente.

Molte erano le domande, le curiosità e molti erano i timori: di non riuscire a rapportarmi con gli ospiti, di non sapere bene cosa dire loro o fare. Tutto ciò è stato difficile fino a quando nella mia testa qualcosa è cambiato: non dovevo imparare a rapportarmi con delle persone disabili ma semplicemente con delle persone, così come faccio da sempre. All’improvviso tutto mi è sembrato più chiaro:

il cambiamento deve partire da noi. Un cambiamento che mi ha permesso di capire molte cose, tra cui quella di sperare per il mio futuro di poter lavorare a contatto con le persone, mettendo a loro disposizione la mia esperienza e imparando ogni giorno quanto le relazioni arricchiscano reciprocamente le parti in gioco.

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Vengo io da te

Il servizio nasce nel 2009 in risposta al crescente bisogno di sostegno domiciliare a persone in difficoltà e ai loro familiari. Il Servizio è rivolto a: • Persone affette da demenza • Persone con disabilità • Anziani non autosufficienti • Anziani autosufficienti ORGANIGRAMMA • Responsabile di servizio: Bosio Stefano. • Operatrici socio sanitarie: Operatrici della Cooperativa Sociale Intessere.

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VENGO IO DA TE

SED, IL PUNTO DELLA SITUAZIONE! Stefano Bosio: responsabile di servizio Il Servizio di sostegno alla domiciliarità arrivato al suo 5°anno di età e da considerarsi radicato nel territorio delle Valli Pellice e Germanasca con alcuni sconfinamenti nella cintura Pinerolese e nella provincia di Cuneo. L’operare fin dalla nascita del Servizio con i vari enti pubblici presenti sul territorio Ciss, Comunità Montana, Consorzio Monviso Solidale e con l’ente gestore ASL TO 3 ha permesso di crescere in maniera costante e puntuale stante ai reali bisogni del territorio. L’operare su tre aree di intervento (anziani/disabilità/demenza) ha fatto sì che non solo si consolidasse un ottimo rapporto sinergico fra il Servizio e le Strutture ma che si

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Vengo io da Te creasse un rapporto costante con i vari enti proprio grazie alla molteplice capacità di risposta. Gli interventi sull’area anziani sono svolti prettamente sulle Valli Chisone e Germanasca dove, da anni, è attiva una convenzione fra Asilo dei Vecchi di San Germano e l’ASL TO 3 che prevede la trasformazione di alcune quote di valenza sanitaria da residenziali a domiciliari. Questo ha permesso di avere in quelle Valli, grazie anche al lavoro sinergico con il Servizio Infermieristico territoriale, una buona copertura territoriale tale da permettere a molte persone anche pluri-patologiche di poter mantenere un buon livello di vita restando nella propria casa. In Val Pellice i servizi rivolti a persone anziane sono minori nei numeri e tutti sotto forma privata, per lo più sono servizi atti al sostegno dei Cargiver in quelle operazioni maggiormente gravose come il bagno. Il bagno può essere svolto in casa con

l’aiuto dell’operatrice oppure si può usufruire del bagno assistito e degli ausili delle strutture, permettendo così alla persona di continuare a vivere serenamente nella propria casa. L’area rivolta alla disabilità ha visto un consolidamento di quanto attivato in questi anni (per loro caratteristica i servizi attivi a favore di persone portatrici di disabilità hanno un periodo di presa in carico più lungo) e un ulteriore potenziamento dovuto da una parte alla collaborazione con il CISS di Pinerolo ed il progetto INDAP e dall’altra alla sempre maggior specializzazione dell’equipe multi professionale (O.S.S e Educatrici), che ha reso possibile operare in ambiti più specifici. L’area riservata alle demenze è ancora quella meno sfruttata, resta difficile verso questo tipo di patologie “arrivare per tempo”, le segnalazioni sono tardive e il Servizio

spesso funge da solo tramite fra il domicilio e il Centro diurno del Rifugio Re Carlo Alberto. Tuttavia in un’ottica sinergica questo non è da ritenersi negativo in quanto anche la sola funzione di tramite è da considerarsi fondamentale nella funzione d’aiuto. Per il futuro sicuramente la volontà è quella di mantenere quanto di attivo fino ad oggi limando, ove presenti, eventuali criticità al fine di rendere più attento il servizio alle esigenze sempre più complesse di un’utenza spesso colpita non solo dalla patologia ma anche dalle difficoltà gestionali (le reti famigliari sono sempre più ridotte) ed economiche. Inoltre vi è l’idea di ampliare le specializzazioni operanti nell’equipe mediante l’appoggio di infermieri, fisioterapisti e fisiatri in modo da riuscire a rispondere in maniera quasi totale alla richiesta. Il servizio ovviamente non è immune da quella che è la crisi economica del momento e gli sforzi fatti fin ora (integrazione alle rette, borsa anziani ecc.) in qualche modo pesano su quello che è il bilancio economico del Servizio. Tuttavia tali sforzi hanno permesso non solo al Servizio di rimanere attivo ma anche di rispondere a quella flessibilità che sempre più i Servizi Sociali e gli enti gestori richiedono alle Strutture.

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COOPERATIVA INTESSERE Valentina Lorio Albarin Coordinatrice della cooperativa Intessere Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato … Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla” (A. Einstein) Parole come crisi, lavoro, lotta caratterizzano la vita di tutti, e il per-

corso vincente pare essere proprio quello di vedere la Crisi, sentirla, toccarla e riuscire a superarla con fatica e creatività, poiché come scriveva Einstein “la crisi porta progressi”. E son questi progressi quelli a cui miriamo ogni giorno con il nostro lavoro: gioie, emozioni, parole, piccoli gesti che rappresentano la buona riuscita del lavoro in ambito socio-assistenziale con persone anziane, disabili e i loro familiari. Nel 2011 in piena crisi politicoeconomica ecco che, come frutto dell’incontro delle diverse esperienze di un gruppo di giovani della Val Pellice e di Firenze, nasce la Cooperativa Sociale Intessere con l’obiettivo di integrare entusiasmi, senso di appartenenza e dinamicità. In quei mesi inizia anche la collaborazione con la Csd all’interno del servizio di Sotegno alla Domiciliarità Vengo io da te. Collaborazione caratterizzata dal confronto, c o mu n i c a z i o ne e costante monitorag gio della relazione, sia verso l’inter-

no sia nei confronti delle famiglie e degli Enti Gestori. Il lavoro con le persone, la promozione del benessere, il potenziamento delle reti sociali (formali e informali) hanno accompagnato la nostra formazione professionale così come le nostre esperienze di vita. E proprio da queste esperienze che siamo partiti, mettendole su “un tavolo comune”, base del nostro lavoro sul territorio. L’équipe di lavoro, formata da operatori Socio Sanitari ed Educatori, la Responsabile per la Cooperativa e il Responsabile del Servizio, si incontra con cadenza quindicinale per fare il punto sul lavoro in corso, su quello fatto e su quello in programma, momento, questo, di grande importanza poiché permette di potersi confrontare vis à vis su tematiche importanti, cosa non altrimenti possibile, per ragioni intrinseche al servizio stesso. Oggi 2014, tante cose sono cambiate, sempre meno interventi vengono attivati e solo in situazioni di estrema difficoltà, ma non è cambiato il nostro approccio; le energie che alimentano l’intero servizio sono tante, derivanti da forze psicologiche, fisiche ed economiche delle persone prese in carico, dei loro familiari delle operatrici del Servizio e di tutti coloro che a vario titolo entrano a far parte del servizio che aiuta le persone a superare le piccole, grandi crisi di ogni giorno all’interno della propria casa.

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Giovani e Territorio

ORGANIGRAMMA: • Responsabile di servizio: Samuele Pigoni. • Segreteria: Alessia Colombari. • Animatori: Bianca Chiappino, Susanna D’Amore, Andrea Panero • Collaboratori: Yousef Baha Eddine, Federico Bertin, Serena Bosso, Gabriele Brusa, Vania Catalin, Gabriele Dell’Aquila, Alexa Gavazzi, Nicolas Macello, Simone Pavan, Tania Piccato, Beatrice Piva, Davide Rivoira, Nicola Salusso, Giulia Sappè, Erica Scognamiglio, Elisa Taccia • Volontari: Elisabetta Alberto, Alice Andrion, Cristina Arnaudo, Davide Baret, Mattia Bertalmio, Sofia Bouchard, Adelaide Bussi, Annapaola Carbonatto, Claudio Charrier, Nurcan Ersen, Sofia Giordano, Gyoparka Lenk, Sidney Mayounga, Federica Menguzzo, Nicole Michelin Salomon, Michelle Annick Ntsa’a, Ceren Ozcelik, Anna Peraldo, Sara Peyran

Il servizio Giovani e Territorio della Diaconia Valdese svolge attività di progettazione e realizzazione di programmi educativi e sociali. Le azioni sono rivolte a bambini, adolescenti, giovani, adulti e famiglie e hanno come finalità generale la promozione di contesti dedicati all’aggregazione, all’educazione non formale e all’accompagnamento nelle fasi di crescita e di cambiamento.

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Giovani e territorio

La programmazione delle attività si avvale degli strumenti della ricerca sociale, della progettazione strutturata e partecipata con enti, associazioni a livello locale, nazionale ed europeo. La programmazione delle attività si suddivide in 3 aree: 1. Mamma esco a giocare!: programma di aggregazione dedicato ai bambini di età compresa tra i 3 e gli 11 anni; 2. Giovani in movimento: programma di aggregazione e scambio dedicato ai giovani tra i 12 e i 18 anni; 3. Percorsi di crescita: programma di accompagnamento e counseling dedicato a tutte le età.

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Giovani e Territorio GIOVANI E TERRITORIO Nicola Salusso: operatore Samuele Pigoni: responsabile di servizio Risultati delle attività Mamma Esco A Giocare! Il programma propone attività ludiche ed educative durante i periodi di vacanza da scuola e si pone, attraverso il gioco, i seguenti obiettivi: stare bene in gruppo, sviluppare la cooperazione e la creatività, educare al rispetto dell’ambiente e alla pace. Le attività, rivolte a bambini tra i 3 e gli 11 anni, si svolgono durante le festività natalizie, a Pasqua, nelle vacanze estive da giugno a settembre.

L’estate 2014 ha confermato una tendenza di crescita del servizio già verificatasi nel 2012. Infatti si calcola una media settimanale di 160 partecipanti a settimana, con picchi di più di 250 tra le quattro sedi per un totale di 394 iscritti su 205 giornate di attività. L’opportunità di svolgere le attività presso le due scuole di Pinerolo si è realizzata grazie alla collaborazione con l’Assessorato alla Scuola ed allo Sport del Comune di Pinerolo e con la direzione scolastica. Il Comune infatti, attraverso il progetto di rete “E-State Insieme”, ha promosso in modo integrato le offerte di aggregazione estiva presenti sul territorio, facilitando così alle famiglie l’orientamento e la fruizione

delle opportunità. Giovani e territorio ha attivato un corso di formazione gratuito in tecniche di animazione per Centri Estivi. 36 giovani vi hanno preso parte. Gli obiettivi erano tre: 1. Offrire ai giovani del territorio la possibilità di acquisire conoscenze e competenze utili al mercato del lavoro 2. Offrire ai futuri volontari e animatori del servizio una formazione di base condivisa 3. Motivare ad uno stile di apprendimento e lavoro basati sul gruppo come risorsa per l’individuo Il corso, condotto dagli operatori del servizio con maggiore anzianità ed esperienza, è stato prerequisito per la selezione del personale impiegato nelle attività aggregative ed educative. I contenuti della formazione sono stati: il gioco, la creatività e il racconto come strumenti per l’animazione, le diverse esigenze fisiologiche e le tappe dello sviluppo nei bambini e ragazzi, la promozione dell’inclusione e dell’incontro tra le differenze, primo soccorso pediatrico. Occasione di arricchimento è stato l’inserimento di bambini e ragazzi con diverso grado di disabilità o situazioni di particolare disagio. Grazie ad un finanziamento Otto per Mille è stato possibile offrire la copertura per operatori di sostegno, tariffe agevolate per le famiglie con bambini disabili a carico, tariffe secondo fasce di reddito.

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Giovani in movimento Il programma si prefigge la realizzazione di attività di aggregazione e mobilità internazionale rivolte ai giovani di età compresa tra i 13 e i 24 anni. Avere un luogo in cui incontrarsi e sperimentare la dimensione del gruppo risulta centrale per la fase di sviluppo dei giovani: il gruppo costituisce l’incubatore di esperienza e di identità, funzionale alla crescita. Altresì la possibilità di muoversi, di viaggiare, di scoprire altri luoghi e culture, è l’occasione per sperimentare la propria capacità d’incontro e integrazione delle differenze. Spazio Adolescenti Spazio Adolescenti è un progetto di aggregazione giovanile promosso dalla Comunità Montana del Pinerolese e Coordinamento Opere Valli – Giovani e Territorio, con il contributo di Otto per mille delle Chiese Valdesi e Metodiste e di Provincia di Torino – Piano Locale Giovani. Rispondendo all’esigenza di spazi di incontro per preadolescenti sul territorio della Val Pellice e della Val Chisone, sono attivi due spazi di aggregazione aperti a ragazzi di età compresa tra i 13 e i 15 anni. La media dei partecipanti è di 30 ragazzi a Villar Perosa e 20 a Luserna San Giovanni, presso i locali di Villa Olanda. Ad Ottobre 2014 sono stati inaugurati altri due centri di aggregazione per giovani di età compresa tra i 15 e i 17 anni. Colori compositi Rivista 14 vers2.indd 67

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Giovani e Territorio

L’obiettivo è quello di offrire uno spazio di socialità protetta in cui i ragazzi possano sperimentare e sviluppare la centralità delle proprie emozioni, il riconoscimento dell’autonomia, il senso di partecipazione e responsabilità nei confronti degli altri. Gli incontri si tengono il venerdì dalle ore 19,00 alle ore 22,00. Le attività vengono progettate e

condivise dal gruppo con la supervisione di operatori esperti nel settore educativo, tra queste: cene, laboratori, cineforum, discussioni di gruppo, uscite sul territorio. Rispetto all’anno 2012 l’attività è stata implementata è passando da 2 a 4 venerdì al mese per sede. Ad oggi i giovani coinvolti variano da 30 a 45.

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Giovani e Territorio ter-Church Caritable Round Table Foundation (Armenia). Dal 07 all’11 giugno, giovani volontari di Giovani e Territorio, hanno partecipato al progetto Sentieri Valdesi, le cui attività svolte tra Torre Pellice e Ginevra, avevano l’obiettivo di testare un nuovo percorso culturale realizzato da Fondazione Centro Culturale Valdese. Il progetto è stato realizzato con la collaborazione di Landeskirche Baden (Germania). Sempre durante l’estate è stato realizzato presso il Centro Giovanile Internazionale di Neckarzimmern (Germania) un working camp per ragazzi tra i 15 e i 17 anni con lo scopo di offrire un’esperienza di lavoro pratico in contesto multiculturale. L’esperienza ha avuto un ottimo riscontro, da parte dei giovani coinvolti, ma anche dei genitori e verrà ripetuta nell’estate 2015.

Percorsi di Crescita Questo programma diversifica i propri interventi con l’obiettivo di favorire l’accompagnamento di persone in momentanea condizione di difficoltà o disagio, oppure favorirne l’inserimento in percorsi di ampliamento delle competenze e capacità. Sono attivi i seguenti progetti:

• Terrabilità Progetto realizzato in collaborazione con Coldiretti-Torino e con il contributo della Compagnia di San Paolo Obiettivo: elaborazione linee guida per inserimenti lavorativi con soggetti disabili + erogazione borse lavoro di 3 mesi per n°8 beneficiari disabili in ambito agricolo. • Insieme si può Progetto realizzato in collaborazione con Comunità Montana del Pinerolese e con il contributo della Compagnia di San Paolo Obiettivo: capacitazione soggetti svantaggiati attraverso percorsi di counseling ed educazione economica + erogazione sostegno economico individualizzato n°23 beneficiari. • Fondo Regionale Disabili Progetto finanziato con il contributo della Provincia di Torino- Servizio per le politiche del lavoro Obiettivo: Inserimento lavorativo n°1 persona con disabilità 6 mesi presso azienda agricola Cascina Sociale Carlo Alberto. • Volontariato sociale Il volontariato è un’esperienza di incontro, scambio e crescita. Offre l’occasione di apprendere in termini personali, relazionali e professionali. I volontari sono una componente importante in alcune attività di Giovani e Territorio: affiancando gli operatori, portano un contributo di vitalità, mettendo a disposizione tempo, risorse e competenze. Nel

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Scambi internazionali La promozione della mobilità internazionale dei giovani e l’educazione non formale attraverso tecniche e metodologie partecipative sono i due nuclei intorno ai quali si articolano i progetti internazionali di Giovani e Territorio. Obiettivo generale delle attività è di offrire ai giovani del territorio opportunità di incontro e confronto tra gruppi giovanili europei e non, ognuno portatore di diversità culturali, religiose e politiche. Grazie al finanziamento della Comunità Europea, in particolare attraverso il Programma comunitario Youth in Action, sono stati realizzati due importanti campi internazionali tra gruppi giovanili, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, provenienti da diversi paesi europei e non. Dal 20 al 27 Aprile 2014, presso il Centro La Noce (Palermo), un gruppo di 23 giovani provenienti da Italia e Germania hanno partecipato dal tema “Eu election 2014: on the sustainability of the Eu politics”. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con: Landeskirche Westfalen (Germania). Nell’estate 2014 è stato realizzato, a Yerevan (Armenia) lo scambio internazionale tra gruppi di giovani dal titolo: “Overcoming boundary lines: Youngsters discovering new cultures: Italians, Ukrainians, Armenians Youth together.” Partner del progetto le organizzazioni giovanili: Living Hope (Ukraina) e Art- WCC Armenia In-

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programma di mobilità giovanile europea; sviluppo progetti europei orientati all’innovazione dei servizi alla persona e all’inclusione giovanile.

corso del 2014, 19 giovani hanno preso parte alle attività del servizio come volontari attraverso l’Associazione Evangelica di Volontariato ed il Servizio Volontario Europeo. Sostegno e accompagnamento persone in difficoltà Progetto di accompagnamento e inserimento lavorativo per soggetti momentaneamente esclusi dal mercato del lavoro. Il progetto è realizzato in collaborazione con Cascina Sociale Carlo Alberto e prevede l’attivazione di laboratori di agricoltura sociale. Sviluppi Futuri Dal 1 Gennaio 2014 la gestione di Villa Olanda sarà parte dell’attività del Servizio Giovani e Territorio. La

prima fase di lavoro sarà lo studio di un progetto le cui linee di sviluppo saranno fortemente improntate all’innovazione sociale, all’inclusione e aggregazione giovanile, all’internazionalità. Si vuole realizzare un progetto sostenibile che faccia tesoro della rete di collaborazione che il Servizio sta sviluppando in questi anni sia sul territorio che in Europa. Obiettivi del Servizio per il prossimo anno sono anche: il consolidamento e implementazione delle attività di Mamma Esco a Giocare; l’attivazione di progetti di collaborazione tra giovani partecipanti a Spazio Adolescenti e amministrazioni locali nell’ottica della cittadinanza attiva; sviluppo del

Rete con Enti del territorio Attualmente Giovani e Territorio collabora con una molteplicità di realtà territoriali. Il Comune di Pinerolo offre supporto logistico e promozionale alle attività di Mamma Esco a Giocare! ed è interlocutore attento ed efficace per l’avvio di nuovi progetti sul territorio. La Comunità Montana del Pinerolese è partner per lo Spazio Adolescenti e per il progetto sul cyber bullismo “Tu, Io e il cyber mondo”. E’ inoltre interlocutore, insieme al Consorzio Intercomunale dei Servizi Sociali di Pinerolo e il Comune di Pinerolo, per gli inserimenti di bambini disabili o le cui famiglie vivono un periodo di difficoltà, nelle attività estive. Il Comune di San Germano Chisone e la Direzione Didattica Primo Circolo di Pinerolo ci hanno accolti nei propri spazi mettendo a disposizione luoghi funzionali alle attività di Mamma Esco a giocare! La Coldiretti Torino è partner in diversi progetti di innovazione sociale quali Cascina Sociale Carlo Alberto e i laboratori di agricoltura sociale, finalizzati all’inclusione lavorativa di soggetti in difficoltà.

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Servizio richiedenti asilo e rifugiati

ORGANIGRAMMA: • Referente area migranti: Massimo Gnone. • Coordinatrice progetti in Piemonte: Debora Boaglio. • Operatori: Diego Mometti, Monica Depetris, Cecilia Baltieri, Elena Evangelisti, Nadine Righi. • Mediatore interculturale: Yagoub Kibeida. • Insegnante di italiano: Rebecca Boschi. • Volontari: Laura Yilmaz (D, Servizio civile tedesco), Victor Kraft (F, Servizio volontario europeo).

Dal 2011 il servizio Richiedenti Asilo e Rifugiati della Diaconia valdese svolge attività di accoglienza, accompagnamento e supporto ai percorsi di richiedenti asilo e rifugiati in Italia. L’esperienza maturata in questi quattro anni di lavoro della Diaconia Valdese con richiedenti asilo e rifugiati può essere suddivisa in due fasi: il primo periodo fra il 2011 e il 2013 con la cosiddetta “Emergenza Nord Africa”; il secondo, iniziato a metà del 2013, continua ancora oggi nell’ambito dello SPRAR (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) e del sistema dei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria). Il primo periodo fu un’esperienza pilota nella gestione di un progetto di accoglienza di un gruppo di 14 persone provenienti dalla Libia con nazionalità nigeriana e ghanese e di un gruppo di 5 persone in fuga dalla Tunisia e accolte presso il centro ecumenico di Agape (Prali); il secondo periodo include una serie di progetti (in provincia di Torino, a Torre Pellice e in Val Chisone, nella città di Torino e in provincia di Ragusa, a Vittoria) e ha l’ambizione di costituire nell’ambito dello spettro di attività della Diaconia Valdese un servizio strutturato per l’accoglienza integrata di richiedenti asilo e rifugiati.

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SERVIZIO RICHIEDENTI ASILO E RIFUGIATI

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Servizio richiedenti asilo e rifugiati MI RACCONTO

Pinerolo nel 2012. Di questo gruppo molte persone hanno lasciato il territorio, seguendo occasioni di lavoro, reti e conoscenze realizzando il loro percorso di vita in altre città italiane. Quattro persone sono invece rimaste nel pinerolese o in Val Pellice, lavorano, hanno una casa in affitto e a settembre 2014 è arrivato l’invito al matrimonio di una delle sette coppie accolte. Si sono sposati in Comune, a Pinerolo.

SERVIZIO RICHIEDENTI ASILO E RIFUGIATI Debora Boaglio: coordinatrice di servizio Emergenza Nord Africa Nel 2011 cinque tunisini vennero accolti ad Agape Centro Ecumenico (Prali, provincia di Torino). Come Diaconia supportammo il lavoro della Chiesa locale e di Agape organizzando il corso di italiano e facilitando l’inserimento lavorativo dei cinque. Nello stesso periodo, a primavera 2011, la Regione Piemonte ci contattò, come decine di altri soggetti del privato sociale e non solo, richiedendoci di accogliere alcune persone in fuga dalla guerra in Libia. Si costituirono due nuclei: per sei persone furono allestite tre camere al Rifugio Re Carlo

Alberto; otto persone trovarono posto in un appartamento della Chiesa valdese di Torre Pellice. Approdate soltanto alcuni giorni prima a Lampedusa, arrivarono accompagnate dalla Protezione Civile sette coppie, sette uomini e sette donne, tredici nigeriani e un ghanese fra i 20 e i 35 anni che risiedevano in Libia da diverso tempo. Il progetto, con le diverse proroghe che caratterizzarono l’Emergenza Nord Africa, durò fino a febbraio 2013. Nel frattempo venne allestito un nuovo appartamento ubicato nello stesso stabile e tutti ormai vivevano a Torre Pellice; una persona, avendo vista rifiutata la domanda di protezione internazionale, fu costretta a lasciare il progetto; al gruppo si aggiunse anche una bimba, nata a

Progetti SPRAR a Torino, Torre Pellice e Vittoria A seguito di questa prima esperienza si decise di condividere con l’Ufficio Stranieri - Comune di Torino un progetto per richiedenti asilo e rifugiati in città, in collaborazione con l’associazione Mosaico - Azioni per i rifugiati e la Chiesa valdese di Torino. La proposta che ci arrivò dal Comune di Torino fu di entrare a far parte della rete SPRAR, come ampliamento dei posti per il periodo 2011-2013. Nell’estate 2013 sono stati attivati quattro nuclei per complessivi quattordici posti: un appartamento per due posti, due appartamenti per quattro posti e l’accoglienza di quattro persone presso il Foyer YWCA (Young Women Christian Association) in via San Secondo. Tutti uomini, i primi accolti furono due gambiani, otto eritrei, quattro nigeriani. Per loro il progetto di accoglienza si è concluso a giugno 2014 e, anche grazie al supporto della rete dell’Associa-

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Servizio richiedenti asilo e rifugiati di accoglienza promosso dalla Diaconia valdese ruota infatti intorno al concetto di accompagnamento, supporto ed emancipazione del singolo: un percorso in accoglienza che sostenga, accompagni ma che non sostituisca il beneficiario nella gestione quotidiana del percorso di vita personale. Gli operatori del progetto si relazionano con i singoli beneficiari cercando il più possibile di realizzare un’accoglienza emancipante, che consenta alle persone di riprendere in mano il proprio percorso, le proprie competenze e aspirazioni ri-costruendo la propria vita in Europa. Le esperienze maturate nel triennio 2011-2014 ci hanno portato a considerare sempre di più l’importanza di assegnare ai beneficiari appartamenti il più possibile vicini al centro vitale dei Comuni di accoglienza. Così facendo si possono

evitare situazioni di ghettizzazione dei progetti, offrendo ai singoli maggiori opportunità e stimoli per l’interazione e l’integrazione con le realtà locali. Sia con l’emergenza Nord Africa, sia con la progettazione SPRAR di Torre Pellice e Torino si è cercato il più possibile di ottenere condizioni di accoglienza che potessero maggiormente avvicinarsi allo stile di vita medio in Italia. Sono stati dunque messe a disposizione soluzioni abitative in appartamenti dotati di cucina e lavatrice che potessero garantire ai beneficiari la piena autogestione della quotidianità domestica.

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zione Mosaico l’80% di loro è riuscito ad inserirsi sul territorio di riferimento. A luglio 2014 la Diaconia valdese ha rinnovato il proprio impegno nella realizzazione del progetto di accoglienza nel comune di Torino. Altre 14 persone, tutti uomini con un età compresa tra i 19 e i 30 anni provenienti da Mali, Senegal, Turchia, Pakistan, Nigeria e Gambia Nell’autunno 2013 i Comuni di Torre Pellice e Vittoria (Rg) presentarono due domande di contributo per il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (FNPSA), che costituisce il finanziamento per la realizzazione di progetti di accoglienza da parte degli enti locali nell’ambito dello SPRAR per il triennio 2014-2016. I progetti sono stati entrambi approvati e sono iniziati a febbraio 2014. A Torre Pellice la disponibilità di posti è per 15 persone (più sei posti aggiuntivi), distribuiti in due appartamenti. Ad aprile 2014 è iniziata l’accoglienza di 21 richiedenti asilo, uomini, provenienti da Afghanistan, Gambia, Mali, Repubblica Centro Africana, Ghana, Guinea Bissau e India. Sin dall’inizio il Servizio Richiedenti Asilo e Rifugiati ha privilegiato un sistema d’accoglienza in piccoli gruppi: poche persone per ciascun ciclo di progetto e nuclei limitati. Questo tipo di accoglienza favorisce infatti percorsi progettuali che siano il più possibile emancipanti. Nodo cruciale dei progetti

L’équipe e il network Il profilo richiesto per gli operatori che lavorano in un progetto di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati adulti si differenzia da quello previsto per strutture di tipo educativo

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Servizio richiedenti asilo e rifugiati - assistenziale, come comunità per minori, strutture residenziali per disabili e anziani. Le persone accolte non sono “utenti” che necessitano di assistenza fisica specifica né minori per i quali c’è una responsabilità educativa e legale. Nella nostra esperienza l’operatore di un progetto SPRAR che accoglie adulti non è un “educatore professionale”, ma una figura caratterizzata da un approccio multidisciplinare e pragmatico che tenga conto del mandato di accompagnamento all’inserimento sociale dei beneficiari. Le competenze principali sono: la grande capacità di problem solving (anche e soprattutto per esigenze molto pratiche), l’ascolto attivo, la capacità di costruire e rafforzare la rete dei soggetti (individui, associazioni e altri), l’apertura alle differenti opzioni interpretative che possono essere presenti nel gruppo. Tali caratteristiche possono essere utili a tratteggiare un orizzonte di quoti-

dianità per il gruppo delle persone accolte integrando supporto, consiglio e accompagnamento. Nel caso di progetti con numeri limitati (815) di persone accolte ci sembra che si possa delineare la figura di un operatore “multi-tasking” capace di destreggiarsi e accompagnare i beneficiari nei diversi ambiti dell’accoglienza integrata, dalle risposte immediate ai bisogni primari (vitto, alloggio, assistenza sanitaria, ecc.), al supporto legale, all’inserimento socio-lavorativo e la ricerca di una soluzione abitativa. Il lavoro di rete oltreché strategico diventa necessario. Nel corso di questi anni l’équipe di lavoro ha costruito intorno al servizio una rete di soggetti, enti pubblici, privati ed associazioni che svolgono un ruolo fondamentale nella strutturazione dei percorsi di accoglienza ed integrazione dei beneficiari, contribuendo alla realizzazione di una piena efficacia ed efficienza nel

diversi ambiti dell’accoglienza integrata tra cui l’assistenza sanitaria, il supporto psicologico, l’inserimento lavorativo, l’inserimento abitativo la formazione e il soddisfacimento dei bisogni primari dei beneficiari. Tra questi: l’Associazione Mosaico – Azioni per i rifugiati, il Centro per l’Impiego di Pinerolo, l’Associazione Frantz Fanon (con la quale è stato firmato un protocollo d’intesa), e il Centro Territoriale Permanente di Pinerolo per i corsi di italiano, nonché numerosi soggetti privati che collaborano attivamente nella realizzazione di percorsi di inserimento lavorativo, di conoscenza del territorio e di integrazione dei singoli beneficiari dei progetti (scuole per la formazione professionale, squadre di calcio, medici specialisti, negozi, fornitori…). Un ruolo centrale nei progetti di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati è ricoperto dal mediatore interculturale, che favorisce una relazione pro-positiva tra beneficiario, operatori e territorio, garantendo non solo la mediazione linguistica, ma anche quella culturale, favorendo comprensione e comunicazione sia con i singoli sia con il gruppo di persone accolto. Nell’esperienza di lavoro a Torre Pellice, Torino e Vittoria abbiamo sperimentato il coinvolgimento di giovani volontari del Servizio Volontario Europeo (programma Gioventù in Azione) e di altri programmi di volontariato internazionale

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Servizio richiedenti asilo e rifugiati

Dimensione internazionale A settembre 2011 la Diaconia Valdese partecipò a un incontro tenutosi a Tolosa promosso dalla Diaconia del Baden e dall’Entraide Protestante di Tolosa. In quell’occasione furono poste le basi per l’elaborazione l’anno successivo del progetto “MIEU - Migration in Europe” sul tema delle migrazioni e della formazione di volontari e operatori, che ha ricevuto un co-finanziamento nell’ambito del programma comunitario Lifelong Learning, Grundtvig - Partenariati di Apprendimento. La partnership ha visto la collabo-

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di lungo periodo. I volontari rappresentano una risorsa importante per i beneficiari: sono infatti figure diverse dagli operatori e con le quali è possibile costruire un approccio più paritario. L’équipe può anche affidare ai volontari alcuni compiti molto concreti: accompagnamento a visite quando non sia possibile per i beneficiari andarci da soli; organizzazione di eventi di relazione con il territorio; approfondimento della lingua italiana, ecc.

razione fra quattro organizzazioni: Diaconia del Baden, Entraide Protestante di Tolosa, Chiesa luterana ungherese e Diaconia Valdese. Il programma ha incluso due incontri di preparazione e quattro di formazione sulle sfide intrinseche e le buone prassi nei settori della migrazione e del volontariato. Ai workshop nei diversi Paesi ha partecipato un ampio gruppo di operatori e rappresentanti di organizzazioni del terzo settore, associazioni ed enti pubblici impegnati nel lavoro con richiedenti asilo e rifugiati, migranti economici, Rom e Sinti. Sono state realizzate visite guidate a centri di accoglienza e strutture specializzate nell’accoglienza e nell’accompagnamento di migranti e richiedenti o titolari di protezione internazionale. I risultati di questo lavoro sono riassunti nel sito web: www.mieuproject.eu

La dimensione internazionale del Servizio Richiedenti Asilo e Rifugiati mira alla costruzione di una rete sempre più estesa e strutturata. Il fenomeno delle migrazioni forzate è in crescita e, soprattutto in Italia, molto va ancora condiviso e discusso. Confrontare metodologie, strumenti di lavoro e prassi innovative con organizzazioni di altri paesi diventa essenziale.

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Altro Cinema

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Altro cinema

Qualche anno fa un uomo traversò l’Oceano Pacifico su una barca a remi, dal Perù all’Australia. Una volta alla settimana si collegava con una trasmissione Radio della RAI, ed i conduttori ogni volta gli facevano la stessa domanda: “Bellini, perché lo fa?”. E lui, ogni volta, rispondeva “E perché no?”.

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ALTRO CINEMA 2015

A chi ci chiede perché noi, che abitualmente ci occupiamo d’altro, vogliamo organizzare una rassegna di cinema rispondiamo: “E Perché no?” Perché vogliamo che le nostre strutture siano aperte, che i nostri ospiti vivano il territorio, e al tempo stesso che la comunità locale entri nelle nostre case: perché queste non siano vissute solo come luoghi di malattia e sofferenza ma anche di relazioni, condivisione e benessere. Perché vogliamo offrire un servizio al territorio. E lo vogliamo fare nel migliore modo possibile: con una programmazione varia, rivolta a tutte e tutti compresi i bambini, e prevedendo un servizio di trasporto per chi ne ha bisogno.

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NOTIZIE DAL MONDO DIACONALE

Diaconia valdese fiorentina PROGETTI DELLA DIACONIA VALDESE FIORENTINA SOSTENUTI CON L’OTTO PER MILLE ALLA CHIESA VALDESE Elisabetta Mantelli: DVF-Comunicazione e Sviluppo L’iniziativa organizzata dalla Chiesa Valdese di Firenze, in collaborazione con la CSD e la Tavola Valdese, offre a Officine Patmos, la pubblicazione periodica della Diaconia Valdese di Firenze, l’opportunità di comunicare un aspetto rilevan-

te dell’azione sociale che le Opere Fiorentine svolgono sul proprio territorio. Alcuni dei progetti e dei servizi più qualificanti ed innovativi hanno potuto realizzarsi ed in parte sostenersi attraverso il cofinanziamento dell’otto per mille, tanto più prezioso in questi anni di durissima crisi economica. Alcuni importanti contributi economici hanno sostenuto negli ultimi anni le vacanze e le uscite dei minori, ospiti delle comunità educative, altrimenti difficilmente realizzabili unicamente con le quote finanziate dall’ente pubblico. Un sostegno pluriennale ha permesso di far funzionare al massimo il modulo alzheimer (“modulo blu”) della Casa di Riposo il Gignoro, una parte

specifica della struttura, che accoglie gli anziani non autosufficienti, affetti da disturbi cognitivo-comportamentali e che sarebbe stato altrimenti “dimezzato” nel 2011 dai tagli “lineari” operati dall’Azienda Sanitaria. Il contributo otto per mille ha permesso di mantenere intatti i 12 posti dedicati a queste persone, salvaguardando così la specificità del progetto e del servizio, rimasto ormai unico a livello cittadino. Un altro significativo finanziamento ha interessato il servizio di “incontri protetti”, per genitori e figli, dell’Istituto Gould; un servizio che continua ad essere innovativo a Firenze e che costituisce un’eccellenza consolidata nell’ambito dei servizi affini. Gli incontri protetti offrono uno spazio “neutro” all’interno del quale i minori coinvolti in separazioni conflittuali incontrano i propri parenti non affidatari con il supporto di educatori specializzati. Negli ultimi due anni, ad esso si è collegato uno sportello di supporto psicologico (progetto Aliante), completamente gratuito. Un finanziamento dell’otto per mille pluriennale ha permesso di finanziare completamente l’avvio di un progetto completamente nuovo per l’azione sociale, “tradizionale” della Diaconia di Firenze: nell’ottobre 2013 è stata inaugurata la Casa del Melograno, un appartamento di 10 posti letto dedicato all’accoglienza

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Diaconia valdese fiorentina NOTIZIE DAL MONDO DIACONALE

abitativa temporanea e all’accompagnamento socio-formativo di persone in fase di esecuzione penale (utenza completamente maschile): 8 posti sono riservati a persone in regime di affidamento in prova ai servizi sociali e in detenzione domiciliare, 2 posti sono riservati a persone in permesso premio dal carcere. Un Progetto che vuole consolidarsi per gli utenti non soltanto come una mera opportunità di alloggio, ma anche come un supporto alla ricerca di opportunità di formazione e di lavoro, grazie al lavoro di operatori specializzati e un

gruppo di volontari, nell’ottica di un positivo reinserimento nel tessuto sociale. I finanziamenti otto per mille hanno inoltre significato sperimentare delle innovazioni, altrimenti difficilmente pensabili; negli anni passati, dei cofinanziamenti hanno sostenuto alcune attività che ogni sede svolge “insieme e per il proprio territorio”, aspetto quanto mai di vitale importanza per caratterizzare in maniera dinamica la qualità dell’azione sociale della DVF. Rientrano in quest’ambito, il Caffè Alzheimer del Gignoro, i gruppi di

sostegno per i centri diurni per minori ed i progetti scuola di Gould e Ferretti. L’elenco potrebbe ancora continuare ed entrare più approfonditamente nel dettaglio delle singole attività, dei laboratori e delle iniziative svolte all’interno delle Opere: laboratori per minori con problematiche psichiatriche, kinaesthetics, attività assistite dagli animali, orticultura. Tutte opportunità che contribuiscono a dare qualità alla vita delle persone a cui la DVF si rivolge.

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