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il linguaggio fitto della neve – linguamadre -49

Si tratta, pur nella pausata pronuncia scandita dai bianchi tipografici, di una serie verbale intessuta di voci diverse, e in cui il tu, cui si rivolge il soggetto lirico, si confonde, all‟ombra di Baudelaire, con l‟ipocrita lettore al quale sembra rivolto il congedo: il soggetto lirico di Invernale, nel procedere del poemetto, afferra la voce che parla dietro il paesaggio e la consegna, formalizzandola nei suoi versi, al suo locutario. Lo «strano rumore / della neve» è finalmente diventato, alla fine del percorso poetico, il linguaggio autentico dell‟io lirico, vera sfida alla comunicazione («usalo tu, se lo puoi») che può e deve avvenire oltre il testo: se il poeta ha parlato, allora, dopo le sue parole, qualcuno risponderà con lo stesso linguaggio. Il congedo di Raimondi, peraltro, varia il tono, ma non la sostanza, di una celebre chiusa portiana, contenuta – guarda caso – in Invasioni: anche là, il soggetto lirico configurava un prolungamento del proprio atto locutivo al di là del suo testo, dopo la scrittura: Andate, mie parole, calcate le tracce dei linguaggi infiniti.50

Ad accomunare i due congedi, oltre alla comune esigenza di «bucare la pagina»51 per proseguire il discorso nella vita (Raimondi usa, non a caso, il verbo usare), c‟è una ben chiara idea del linguaggio poetico come manifestazione di una lingua autentica: l‟impalpabile «linguamadre» di Raimondi, infatti, sembra ereditare (con qualche residuo romantico, a onor del vero) l‟istanza di verità linguistica che Porta, però, delegava non a una lingua specifica, ma a una super-lingua poetica che ripercorresse, con lo scandaglio del poeta palombaro, le «tracce dei linguaggi infiniti» della società moderna: Il linguaggio della poesia sta “dentro” la lingua, come la storia degli uomini ce la consegna, non fissata per sempre ma in continua trasformazione, perché la lingua a sua volta “sta dentro” l‟oceano prelinguistico, l‟esperienza immediata, il sentimento che ne scaturisce, e perfino l‟estasi dell‟esserci. [...] Poeta è colui che attraversa queste stratificazioni come un palombaro, in discesa e in ascesa, e prova un‟irresistibile vocazione a rendere conto di questa discesa-ascesa. 52

STEFANO RAIMONDI 3: L‟ESORDIO POEMATICO Un‟ultima cosa. Nel leggere e rileggere i due diari in versi, per rintracciare il lascito portiano in Invernale, oltre alle affinità tematiche, tonali e strutturali, mi ha colpito l‟analogia, linguistica e di situazione, tra i due testi d‟esordio delle rispetive serie poematiche. Li riporto: c‟è un foro nella tessitura celeste sopra si chiude una finestra rettangolare bianca il gelo filtra dai vetri troppo teneri il legno si scioglie nell‟incendio dentro una melodia che sale una melodia che scende piace anche al gatto

... e scorre la monotonia bianca della neve. Parla. Rende bianchi la grammatica balbuzia dell‟inverno. Sembra di essere attendati e soli sul retro della roccia sul rovescio ombrato della cresta.

16.8.198153 49

Ivi, brano X. ANTONIO PORTA, Invasioni, in ID., Tutte le poesie, cit., p. 448. 51 L‟espressione è usata da Porta che così la chiosa: «Uscire dalla letteratura per raggiungere quell‟immagine dell‟esistenza che in qualche modo intuiamo possibile». Cfr. ANTONIO PORTA, Chi è il poeta?, in S. BATISTI, M. BETTARINI (a cura di), Chi è il poeta?, Gammalibri, Milano 1980; ora in ANTONIO PORTA, Il progetto infinito, a cura di Giovanni Raboni, Fondo Pier Paolo Pasolini, Roma 1991, p. 14. 52 ANTONIO PORTA, Nel fare poesia, Sansoni, Firenze 1985, p. 5. 53 ANTONIO PORTA, Come può un poeta essere amato?, in ID., Tutte le poesie, cit., p. 413. 50

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