Il fatto quotidiano (21 Gennaio 2010)

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La nuova legge porcata, il processo breve, arriva alla Camera. Si vedrà se Fini è davvero diverso da Schifani

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Giovedì 21 gennaio 2010 – Anno 2 – n° 17 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

ADESSO PER COLPA SUA S CENTOMILA REATI L’allarme del Pm Gozzo IMPUNITI sul clima politico e le stragi

Pigi liberi tutti

di Marco Travaglio

Il Parlamento sta per chiudere di Furio Colombo

Dal Senato via MAFIA x Nel mirino anche il sindaco di Gela libera al processo breve: condono per Mills e Mediaset Al premier non basta: nei tribunali plotoni di esecuzione contro di me. Le toghe: un’amnistia pag. 2 e 3 z

dc

ntri alla Camera, una di queste mattine, e ti rendi conto che la fine della legislatura è già incominciata. Chi segue le giornate – allo stesso tempo spente e tumultuose – del Senato, si rende conto che – anche là – il percorso è già finito. Da tempo il Senato respira a fatica sotto il peso morto di Renato Schifani. Per lui presiedere vuol dire obbedire al governo. Ma è la Camera che rappresenta in pieno il dramma, perché il continuo sforzo di rianimazione di Gianfranco Fini resta senza esito. Il Parlamento – da una parte e dall’altra – è inerte nonostante gli occasionali guizzi e sussulti della Lega e dell’Italia dei Valori (che però comunicano, ciascuno, con una loro piazza, fuori da queste mura). Per il resto le due assemblee della Repubblica sono le braccia corte di un governo tanto imperioso quanto incapace. Guida male, ma guida tutto. E devi prendere atto del vasto silenzio (non imbarazzato, assente) della sua parte che un tempo, almeno, era maleducata e vivace. Il Pd, tutto il Pd, almeno alla Camera, tace. Eppure contiene (ma è vero anche per la destra) pezzi di valore, vite rispettabili, esperienza, cultura. Gli scontri, se ci sono, sono brevi. I colleghi giornalisti non ci sono mai, non uno in aula. Ma le tv della Camera e del Senato sono neosovietiche. Vedi solo chi parla in quel momento, vedi solo chi presiede senza audio “d’ambiente”. Qui qualcosa è accaduto e qualcosa sta per accadere. Gruppi e sottogruppi si formano, si sfaldano, si separano, si trattano come se fossero già separati. Parlo del Pd, non saprei dire della destra. Ho l’impressione che un po’ più di apparente compattezza copra faglie larghe, profonde e non rimediabili. La legge sul processo breve appena votata ha umiliato il Senato e, certo, ha umiliato molti anche a destra (tranne l’entusiasta Gasparri). Fra poco umilierà la Camera (ma non l’affannato pubblicista Cicchitto). I giornali e i corrispondenti tv se la cavano con la solita frase: “Bagarre in Parlamento”. La realtà è molto più brutta. Il Parlamento è un treno fermo sul quale il governo scarica l’immondizia di leggi vergognose. Quel treno, popolato di cooptati senza senza autorità, ormai poco rispettabile perché non c’è stata resistenza, difficilmente potrà ripartire. Questa brutta legislatura è finita. O è come se fosse finita. Non conta.

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di Bruno Tinti

20 gennaio il Senato ha approIvràerivatopassare il “processo breve”; adesso doalla Camera e poi diventerà legge dello Stato. Magari “legge dello Stato” è troppo, visto che è una legge che serve solo per evitare a Berlusconi di essere condannato per corruzione in atti giudiziari e di essere l’unico (credo) premier del mondo occidentale ufficialmente dichiarato delinquente. pag. 3 z

Un’immagine d’archivio che mostra le auto del giudice Falcone e della sua scorta distrutte nell’attentato mafioso di Capaci (FOTO ANSA)

ll procuratore aggiunto di Caltanissetta minacciato dai boss: in Italia instabilità che può favorire il ritorno degli attentati Lo Bianco e Rizza pag. 8 z

SEXY GATE x Nuove accuse della ex compagna del primo cittadino

SINDACO, SOLDI E SESSO BOLOGNA IN PROCURA S’indaga sui viaggi della coppia quando Delbono era vicegovernatore e su un misterioso bancomat

di Giulia Testi

cominciata con le auto blu e Ene raleEmilia-Romagna, missioni a spese della regiocon la fidan-

Flavio Delbono e Cinzia Cracchi

NUOVA EDIZIONE STORIA DEL MOVIMENTO ANTIMAFIA di Umberto Santino

nPrimarie in Puglia nDavide Giacalone Boccia corre, Vendola insegue e non molla Telese pag. 7z

LA PRIMA STORIA DELLE LOTTE SOCIALI CONTRO LA MAFIA

CATTIVERIE www.editoririunitiuniversitypress.it

zata-segretaria al seguito, da Pechino a Parigi e a New York. Poi sono venuti fuori i viaggi in Messico e Santo Domingo. pag. 9 z

Tangentopoli prima, Brunetta ora Tecce pag. 10z

Bertolaso inviato ad Haiti per coordinare i soccorsi. Per i poveri haitiani le disgrazie non finiscono mai

altato il tappo Craxi, liberi tutti. Se sono innocenti, “vittime sacrificali”, “capri espiatori” perseguitati con “durezza senza eguali” pure i condannati, figurarsi gli altri. Affettuosi auguri di compleanno al prescritto per mafia Andreotti vergine e martire. Baci e abbracci al martire Mannino, che per i giudici che l’hanno assolto strinse “un patto elettorale ferreo” con i boss agrigentini per averne i voti, ma non si sa se lo mantenne (forse fregava persino la mafia). Facevano quasi tenerezza, l’altroieri al Senato, le mummie e le dentiere di Forlani, De Lorenzo e Ciarrapico, più il solito Sgarbi, tutti doverosamente pregiudicati, che si riabilitavano fra loro per contagio, con la scusa di Bottino. Ma ora bisogna andare oltre, portarsi avanti col lavoro e beatificare pure gli imputati prim’ancora che vengano condannati (il più furbo sonnecchiava in prima fila e, data un’occhiata ai sondaggi, non diceva una parola). Il pio postulatore delle cause di beatificazione preventiva è Pigi Battista, quello che un minuto dopo l’arresto di Del Turco già sapeva che era innocente. Nei giorni scorsi si accingeva a elevare agli altari lady Abelli, torturata per ben trenta giorni in cella a sentire il frate visitatore padre Betulla: senonché la signora li ha fregati tutti sul più bello, patteggiando 2 anni per riciclaggio con confisca di 1,2 milioni di euro (tipico sintomo dell’innocenza). Così padre Pigi ha dovuto cambiare frettolosamente martire. Era incerto tra Frank Tre Dita, Lutring il solista del mitra, il gobbo del Quarticciolo, Er Canaro della Magliana e la saponificatrice di Correggio. Ma alla fine ha optato per il mistero doloroso di Sandra Lonardo Mastella, già imputata a Napoli per concussione (l’estorsione commessa dal pubblico ufficiale), ora sospettata di far parte di un’associazione a delinquere per far lavorare solo chi ha la tessera o l’amico giusto, come ai tempi del fascio. Roba che, se la facesse uno qualunque, verrebbe sepolto in galera. Per la gentildonna invece i giudici han disposto soltanto il divieto di dimora in Campania, una delle misure cautelari più blande previste dal Codice. Perché non faccia danni nella sua regione, la statista ceppalonica deve risiedere per un po’ in una delle quattro o cinque case che la famigliola possiede a Roma. Un vero supplizio. Infatti padre Pigi denuncia sul Corriere il “feroce trattamento preventivo” che l’ha costretta all’“esilio anche il 25 dicembre”, impedendole di trascorrere “Natale coi suoi” (la distanza siderale fra Napoli e Roma e la grave indigenza in cui versano hanno impedito ai parenti di raggiungerla nella Capitale). Ora il Battista pretende di sapere “a che punto sono queste indagini, se in tre mesi hanno fatto qualche passo avanti”: pare infatti che i pm indaghino senza aggiornarlo quotidianamente sui progressi del loro lavoro. E lui, comprensibilmente, ne soffre. “L’innocenza – lacrima – dovrebbe essere garantita fino a sentenza definitiva” e invece la santa donna “sconta la pena prim’ancora che abbia inizio il processo”. Forse ignora che ogni santo giorno centinaia di persone subiscono misure cautelari ben più afflittive del divieto di dimora, prim’ancora che abbia inizio il processo. E la legge l’han fatta i politici, compreso Mastella (è in Parlamento dal lontano 1976). E vale per tutti, anche per i politici. Erano le Br che non riconoscevano le leggi e i tribunali dello “Stato borghese”: ma almeno le leggi non le avevano scritte loro. Il postulatore Pigi sostiene poi, restando serio, che i giudici riservano “alla classe politica un trattamento di assoluto sfavore” rispetto agli altri cittadini (infatti i 65 mila detenuti nelle patrie galere sono tutti parlamentari) e basta un sospetto per segnare “la fine politica” di Tizio o Caio (come dimostrano i 21 pregiudicati e 70 imputati in Parlamento). Per esempio Mannino, assolto quando ormai “la sua figura politica è stata largamente compromessa”: dev’essere per questo che è senatore dell’Udc. Ora che l’hanno assolto, ha perso appeal: magari non lo ricandidano più.


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Giovedì 21 gennaio 2010

Bussola per orientarsi nel ginepraio del provvedimento

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INGIUSTIZIA

n sintesi, ll ddl sul processo breve. Prima del passaggio alla Camera, un breviario per orientarsi: 1) Equa Riparazione - La domanda di equa riparazione per il ritardo subito con il processo dovrà essere presentata dalla parte interessata al presidente della Corte d’Appello del distretto in cui ha sede il magistrato competente. Ed entro 4 mesi,

INGIUSTIZIA

la Corte D’Appello dovrà pronunciarsi sul ricorso con decreto motivato. Se viene accolto il pagamento del rimborso questo dovrà avvenire entro 120 giorni. L’opposizione contro il ricorso dovrà essere presentata entro 60 giorni. La Corte d’Appello può sospendere il pagamento "per gravi motivi". 2) Prescrizione processuale anche per procedimenti davanti alla Corte dei Conti - Il

processo dovrà considerarsi estinto se il giudizio di primo grado non sarà concluso entro tre anni; entro due per l’appello ed entro 18 mesi per il giudizio in Cassazione. Ma questo riguarderà solo i processi relativi a reati con pene inferiori nel massimo a 10 anni. In caso di annullamento con rinvio disposto dalla Cassazione, ogni grado di giudizio che dovrà celebrarsi di nuovo non dovrà durare più di un anno.

I termini si allungano in presenza di reati più gravi: 4 anni per il primo grado; 2 per l’Appello; 18 mesi per il giudizio di merito. Fino ad arrivare ai reati di mafia e terrorismo per i quali il primo grado dovrà durare 5 anni: tre per l’appello e due per la Cassazione. Il giudice può poi aumentare tali termini fino ad un terzo se il processo è particolarmente complesso o se ci sono molti imputati. Il Pm deve esercitare

l’azione penale entro 3 mesi dalla fine delle indagini preliminari. Il corso dei termini è sospeso in caso di autorizzazione a procedere; se c'é impedimento dell’imputato o del difensore; per conseguire la presenza dell’imputato che deve essere estradato. Dal giorno in cui cessa la causa di sospensione i termini tornano a decorrere. Se si estingue il processo la parte civile trasferisce l’azione in sede

civile e la sua azione dovrà avere priorità. L’imputato può anche non avvalersi del cosiddetto processo breve. Le norme saranno applicabili anche ai processi in corso davanti alla Corte dei Conti. 3) Norma transitoria - L’estinzione processuale si applica ai processi in corso solo se sono relativi a reati indultati o indultabili, commessi cioé prima del maggio 2006, e se hanno pene inferiori a 10 anni. Ma

sarà più breve di quella per i processi futuri: la tagliola scatterà dopo 2 anni e non dopo tre. In questo modo, accusa l’opposizione, salteranno i processi Mediaset e Mills in cui è imputato il premier. Il tetto dei 2 anni varrà anche per i processi in corso davanti alla magistratura contabile purché siano ancora in primo grado e questo non si sia concluso in 5 anni. Non varrà invece se è già in appello.

EGO ME ABSOLVO

Ok al processo breve, inchieste Mills e Mediaset graziate B. contro i pm: in aula plotoni di esecuzione. Le toghe: amnistia di Wanda Marra

ronaca di un’approvazione annunciata. Il processo breve passa in Senato senza nessun brivido alle 13:09 con 163 sì, 130 no, 2 astenuti. Una partecipazione massiccia da parte dei senatori del Pdl che la dice lunga sul fatto che l’ordine di scuderia da parte del presidente del Consiglio è stato forte e chiaro. Sul fronte dell’opposizione, che il tentativo di ostruzionismo fosse fallito e si fosse arenato anche nelle sabbie del voto segreto, si era già capito l’altroieri. E dunque l’aula di Palazzo Madama è arrivata al voto

C

finale con delle dichiarazioni dai toni tutto sommato fin troppo bassi. Qualche contestazione per Giampiero D’Alia (Udc) che accusa la Lega: “Voterà un testo che è la pietra tombale per il federalismo fiscale”. Dal Carroccio parte il primo coro di “Buuu!” e di “Basta, smettila! Sono frottole!”. Ma D’Alia continua. Obiettivo del ddl non è solo “salvare il premier”, ma anche “gli amministratori che hanno processi in corso davanti alla Corte dei Conti”. Il riferimento è all’allora Guardasigilli Roberto Castelli che con la norma transitoria vedrebbe estinti alcuni procedimenti che lo riguarda-

MUSSO Pdl ma non voto anderò al presidente Berlusconi la mia dichiarazione di voto insieme con un barattolo di “M pesto rigorosamente senz’aglio fatto da me”. Enrico Musso, senatore del Pdl, in aula ha fatto una dichiarazione di voto semplice e lineare per spiegare la sua scelta di non votare il disegno di legge sul processo breve. “La maggioranza ha sbagliato a mettere insieme due obiettivi: quello di ridurre i tempi dei processi e quello di tutelare il presidente del Consiglio dalle vicende giudiziarie che lo riguardano. Lo si sarebbe dovuto ammettere senza problemi, così come del resto fa lo stesso Berlusconi”. Genovese, professore di Economia applicata, Musso nel 2007 si candida a sindaco di Genova come indipendente con il centrodestra contro la Vincenzi. Perde. Ma di soli 5 punti. Un successo. È lo stesso Berlusconi a chiamarlo: “Ti porto in Parlamento”. Ma questo non gli impedisce di votare contro un provvedimento essenziale per il Cavaliere. D’altra parte, aveva annunciato la scelta ai senatori del suo gruppo: “Non hanno obiettato nulla. Nei corridoi di fatto nessuno mi ha dato torto. Si sono semplicemente limitati a rispondere che se avessero detto apertamente che questo ddl sarebbe servito a Berlusconi sarebbero stati strumentalizzati”. Ma, spiega, “tutelare chi governa da possibili aggressioni giudiziarie è un problema reale, concreto”. E dunque si sarebbe dovuta portare alla luce quella che Musso in aula ha definito “l’agenda nascosta del premier”. Non è la prima volta che Musso vota in difformità con il suo gruppo. L’aveva già fatto in occasione del testamento biologico: “Sento un dovere di vivere, ma penso di non avere il diritto di imporre agli altri questa mia visione”. wa.ma.

no. Risponde indirettamente nel suo intervento il capogruppo del Carroccio, Bricolo: “Il ddl è una norma di civiltà necessaria per attuare la Costituzione sul giusto processo”. Denuncia la Finocchiaro: “Voi state approvando il 19esimo provvedimento ad personam dell’era berlusconiana. Decretate la fine di migliaia di processi penali e quindi ci sarà una giustizia negata per migliaia di cittadini”. Dal canto suo, il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri nega: “La legge che noi proponiamo non cancellerà i processi”. La protesta plateale tocca all’Idv – che già nella notte tra martedì e mercoledì aveva occupato l’aula – che al momento del voto finale cerca di arrivare al banco della Presidenza e innalza i cartelli: “Berlusconi fatti processare” e “Muoiono i processi Cirio-Parmalat”. Su tutte le furie Renato Schifani. Ma l’unico momento davvero “non scritto” della giornata è la dichiarazione di voto del senatore Pdl, Enrico Musso che spiega la sua non partecipazione al voto, motivandola non tanto nel merito del provvedimento, ma perché il suo partito non ha voluto ammettere apertamente che sarebbe servito al premier. Realtà molto chiara ed evidente

Il Pd: uno scandalo Bagarre Idv: Schifani si infuria I finiani puntano i piedi

di Bruno Tinti

I

Il Presidente del Consiglio prende a simboliche pistoletatte i processi che lo riguardano, nell’illustrazione di Marilena Nardi

nei corridoi. Tant’è vero che il relatore Valentino si era spinto negli scorsi giorni a dire a un senatore dell’opposizione: “Basta che non ci toccate le norme transitorie. Sul resto si può trattare”. E sono proprio le norme transitorie quelle che servono al presidente del Consiglio. Che con questo testo si salva dai processi Mills e Mediaset e raggiunge così l’obiettivo di scamparla dai procedimenti che gli pendono sulla testa.

Ora, la parola passa alla Camera. E la partita non è del tutto finita. I finiani hanno detto in questi giorni che potrebbero avanzare dubbi sulla costituzionalità del testo. Granata ribadisce: “Non ci stiamo ad approvare un provvedimento che uccide la giustizia”. Oggi intanto Fini e Berlusconi si incontrano di nuovo a pranzo e sicuramente affronteranno l’argomento. Il premier ieri è intervenuto con tutta la sicumera di chi a questo punto vuole stravincere. Ha espresso parere “negativo” sul testo, nonostante sia stato elaborato dalla sua stessa maggioranza: i tempi introdotti “sono ancora eccessi-

Dagli omicidi in corsia a Parmalat: colpo di spugna I GIUDICI: CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PROCESSI IN FUMO, ALTRO CHE DIRITTO ALLA SICUREZZA agistratura ordinaria, amministrativa, contabile e M avvocatura dello Stato hanno emesso un unico verdetto, di condanna del cosiddetto “processo breve” che - come si legge nel loro documento firmato Comitato intermagistrature - “impropriamente viene denominato misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi perché cancellerà ogni speranza di giustizia per le vittime di reati di particolare gravità, trasformando il processo penale in una tragica farsa”. Per tutti i tipi di toga questa legge avrà “effetti devastanti sulla giustizia”, soprattutto per l’applicazione ai processi di primo grado in corso (in base alla norma transitoria salva-Berlusconi).

“Realizza un vero e proprio colpo di spugna, che assicurerà una completa impunità per i tipici reati della criminalità dei colletti bianchi, ma anche per molte insidiose forme di delinquenza diffusa in danno di persone deboli. Si renderà, di fatto, impossibile l’accertamento di delitti come gli omicidi colposi realizzati nell’ambito dell’attività medica, le lesioni personali, le truffe, gli abusi d’ufficio, la corruzione semplice e in atti giudiziari, le frodi comunitarie, le frodi fiscali, i falsi in bilancio, la bancarotta preferenziale, le intercettazioni illecite, i reati informatici, la ricettazione, il traffico di rifiuti, lo sfruttamento della prostituzione, la violenza privata, la falsificazione di documenti pubblici,

la calunnia, la falsa testimonianza, l’incendio, l’aborto clandestino”. Secondo i magistrati saranno condannati a “immediata estinzione” i processi “per i crac Cirio e Parmalat, per le scalate alle banche Antonveneta e Bnl, per la corruzione nella vicenda Eni-Power, per le morti bianche alla Thyssen, per le morti da amianto. Verranno posti nel nulla centinaia di migliaia di processi, con un costo sociale e un danno erariale altissimi”. Nel documento si sottolineano i danni anche per i procedimenti civili, amministrativi e contabili e si sottolinea come questa normativa “non trova riscontro in nessun altro ordinamento, a livello europeo ed internazionale, e non ha nulla a che ve-

eri 20 gennaio il Senato ha approvato il “processo breve”; adesso dovrà passare alla Camera e poi diventerà legge dello Stato. Magari “legge dello Stato” è troppo, visto che è una legge che serve solo per evitare a Berlusconi di essere condannato per corruzione in atti giudiziari e di essere l’unico (credo) premier del mondo occidentale ufficialmente dichiarato delinquente. Ma è questo che capita quando si manda uno che commette reati a fare il presidente del Consiglio dei ministri. Ciò detto, non so da dove cominciare per parlar male di questa legge. Forse la cosa migliore è partire dalla relazione che l’accompagna. Il “processo breve” sarebbe imposto dall’art. 111 della Costituzione (un’altra ignominia fabbricata dal “dialogo costruttivo” di maggioranza e opposizione) secondo il quale la legge deve assicurare la ragionevole durata del processo che non deve attardarsi “più del dovuto nell’affermazione della verità giudiziale”. Insomma, se ce

dere con i principi del giusto processo”. Si tratta - sostengono i magistrati - “di una regolamentazione che indirettamente rischia di alimentare il senso di impunità, con buona pace del diritto alla sicurezza dei cittadini onesti”. A. Masc.

Il Comitato intermagistrature: impossibile accertare omicidi colposi, corruzioni e frodi

vi”. Perché “10 o più anni” sono troppi. Insomma, il ddl non si merita l’appellativo di “processo breve”, ma semmai quello di “processo lungo”. Una posizione che sembra ventilare la possibilità di un altro intervento normativo: forse la norma sulla “inappellabilità” delle sentenze di assoluzione in primo grado. Quanto ai processi che lo vedono coinvolto, il Cavaliere li definisce senza mezzi termini “plotoni di esecuzione”. Contento o no, parla di una sorte di amnistia di fatto il Comitato Intermagistrature, che rappresenta magistrati ordinari, amministrativi, contabili e avvocati dello Stato.

LA NORMA

LA DICIANNOVESIMA LEGGE AD PERSONAM

A

qualsiasi costo, senza se e senza ma, il processo breve deve essere legge. L’unica, in questo momento, che fa ottenere a Silvio Berlusconi ciò che vuole: l’impunità garantita. Grazie a questa normativa si estingueranno i processi di Milano, “Mills” e “Mediaset”. La norma transitoria, della diciannovesima legge ad personam, prevede che i processi di primo grado, per reati commessi fino al 2 maggio 2006, con pene inferiori ai 10 anni, vengono estinti, se non c’è stata la sentenza a due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio. Come i processi milanesi a carico di Berlusconi. Infatti per la presunta corruzione dell’avvocato Mills, ( condannato anche in appello), la richiesta di rinvio a giudizio è del 10 marzo 2006, quindi per questo dibattimento si può cantare il requiem. Stessa suonata per il processo Mediaset, sui presunti costi gonfiati per l’acquisto dei diritti tv: la richiesta di rinvio a giudizio è del 22 aprile 2005.

Ancora una volta la Costituzione chiamata in causa da B. Per essere stravolta

I numeri “truccati” sui tempi e il condono per i soliti noti DURATA MASSIMA: MA SE SI TRATTASSE DI UN’OPERAZIONE CHIRURGICA, FAREBBERO MORIRE IL PAZIENTE? la facciamo entro i termini previsti, bene; se no, al diavolo l’accertamento del reato, della responsabilità dell’imputato, del diritto al risarcimento delle parti offese, dell’interesse dello Stato alla punizione dei colpevoli; processo ammazzato e via: così dice la Costituzione. E naturalmente non è vero: la Corte costituzionale ha sempre precisato che ogni intervento legislativo deve tener conto del corretto bilanciamento tra tutti gli interessi costituzionalmente garantiti; e ciò in particolare nel processo penale, dove il principio della ragionevole durata del processo deve essere contemperato con quello dell’accertamento della verità e della tutela delle parti offese; sicché privilegiare il rispetto della rapidità formale senza curarsi di accertare la verità dei fatti è non solo privo di senso ma anche non costituzionale. E quindi è ragionevole pensare che anche questo nuovo parto della fantasia dei think tank berlusconiani farà la fine dei precedenti: una sentenza della Corte lo spazzerà via. Ma poi quali sono i termini previsti? Variano, da 6 anni e

mezzo per i processi che riguardano reati puniti con pena massima inferiore a 10 anni fino a 7 anni e mezzo per quelli puniti con più di 10 anni; per i soliti reati di mafia, terrorismo ecc. i termini massimi sono 10 anni. Sembrerebbero termini ragionevoli: può un processo penale durare di più? Bè, no, non dovrebbe, anzi non deve. Quindi bisogna darsi da fare per evitare che duri tanto; il che non significa che la soluzione sia: se dura troppo non lo facciamo. Cominciamo con il buttare a mare l’attuale Codice di procedura penale, compriamo una copia di un qualsiasi Codice di procedura europeo e adottiamolo (con una legge che preveda l’assoluto divieto di modificarne anche solo una virgola). Poi abroghiamo qualche centinaio di reati ridicoli che fanno perdere un mucchio di tempo (omessa esposizione della tabella dei giochi leciti, omesso versamento di ritenute fiscali e Inps, parcheggio utilizzando voucher contraffatti, guida senza patente, soggiorno illegale nel territorio dello Stato – pena prevista 10.000 euro – e altre amenità

del genere); spendiamo un po’ di soldi per personale di cancelleria e segreteria e qualche computer; recuperiamo questi soldi abolendo un centinaio di tribunali piccoli e piccolissimi e del tutto inutili. Dopodiché stabiliamo che il processo penale deve durare al massimo 6 anni e mezzo; anzi a questo punto anche 4 o 5 solamente: con qualche modifica che gente che sa come funziona un processo penale può elaborare in un mesetto (ma deve trattarsi di gente che non ha interessi personali o di categoria da difendere), la cosa è possibilissima. Ma se, lasciamo tutto così com’è, facciamo come se in ospedale ci fosse un tempo massimo per ogni operazione chirurgica: entro due ore deve essere conclusa; se no, si richiude la pancia del paziente e vada a morire da qualche parte. Vi pare ragionevole? Ma poi, quali pazienti mandiamo a morire da qualche parte; voglio dire, quali processi rinunciamo a fare? Qui sta il bello. Come tutti sanno la durata media del processo penale italiano, con le leggi, l’organizzazione giudiziaria e le risorse che ab-

Bavaglio alla Corte dei Conti, salvi Castelli e Meocci I MAGISTRATI CONTABILI: IMPUNITÀ PIÙ FACILE PER CHI SPERPERA DENARO PUBBLICO di Antonella Mascali

e briglie strette alla Corte dei Ltimana Conti sono state messe la setscorsa dal relatore del maxiemendamento al ddl “processo breve”. Autore, il senatore del Pdl, Giuseppe Valentino, possibile beneficiario per l’estinzione di una massa di procedimenti. Non c’è ancora un numero ufficiale, sta raccogliendo i dati il procuratore generale Mario Ristuccia. La nuova normativa prevede che i processi contabili si estingueranno se la sentenza di primo grado è stata emessa dopo 3 anni dal deposito dell'atto di citazione in giudizio. Due anni, se il danno non supera i 300mila euro. I processi in appello decadranno se trascorrono due anni dalla notifica della sentenza di primo

grado. L’estinzione vale anche per i processi contabili in corso di primo grado, al momento di entrata in vigore della legge. In questo caso, secondo la norma transitoria, solo se “sono trascorsi almeno cinque anni” dall'atto di citazione in giudizio. Un colpo alle funzioni di un organo che - secondo la Costituzione - ha funzioni di controllo e giurisdizionali sulla corretta gestione delle risorse pubbliche e dell’azione amministrativa, sul rispetto degli equilibri finanziari complessivi. Il presidente dell’associazione nazionale magistrati della Corte dei Conti, il consigliere Angelo Buscema, esprime a Il Fatto tutta la sua contrarietà a un provvedimento che reputa “dannoso e illogico. Per essere più efficienti, si dovevano semplificare, invece, le

norme procedurali che risalgono al 1933 e affrontare il problemi di organico. Mancano 100 magistrati”. Il consigliere sottolinea l’ambiguità della normativa: “Si stabilisce che i processi di primo grado debbano durare tre anni, ma se vengono sospesi, in attesa dell’esito dei procedimenti penali, cosa accade? I termini vengono o non vengono sospesi?”. Un’occasione d’oro per chi deve essere giudicato: ha buone probabilità di cavarsela grazie all’estinzione, e magari succede lo stesso al suo processo penale. “È proprio così - risponde Buscema - e la sospensione avviene soprattutto per procedimenti molto delicati”. Oltre il magistrato non va, ma si sa che, per esempio, alla Corte dei Conti del Lazio pende un procedimento contro l’ex Guar-

dasigilli Castelli (già condannato l’anno scorso per 2 contratti alla società Global Brain, insieme al capo di Gabinetto, Settembrino Nebbioso), e gli ex sottosegretari Valentino (appunto relatore del processo breve) e Jole Santelli. Sempre nel Lazio pende il caso della nomina a direttore generale della rai, di Alfredo Meocci. Buscema insiste sulle conseguenze della normativa: “È più facile l’impunità per chi sperpera denaro pubblico e abusa del suo potere. La conseguenza è che si crea sconcerto tra i tanti bravi amministratori che rispettano le regole. Non si incentiva il buon governo. Per non parlare della perdita di ingenti risorse pubbliche nel momento in cui non ci sono le condanne al risarcimento del danno erariale”.

biamo, è di 8 anni. Lo ha detto anche Alfano nella sua relazione al Parlamento sullo stato della giustizia in Italia. Durata media vuol dire risultante della durata di tutti i processi, dalla guida senza patente all’omicidio, dal furto al supermercato al traffico di droga, dall’oltraggio al vigile urbano fino alla frode fiscale. Ed è evidente che un processo per guida senza patente si fa in un quarto d’ora e che quello per traffico di droga o frode fiscale richiede moltissimo tempo. Così durata media del processo significa che alcuni si concludono in poco tempo e altri in moltissimo. E quindi un gran numero di processi in effetti potranno essere conclusi prima della tagliola del “processo breve”: tutti quelli che durano poco o niente. Mentre quelli più complicati, quelli che durano anni e anni (sono quelli che fanno salire la media) non si faranno mai. Insomma, per continuare con la metafora dell’ospedale, si cureranno presto e bene quelli che hanno l’influenza e il raffreddore; per cancro e infarto, dopo due ore, via, che muoiano pure.

Adesso la domanda è: quali sono i processi più complicati? E, tra questi, quali sono quelli per reati puniti con una pena inferiore a 10 anni per cui si debbono obbligatoriamente concludere in 6 anni e mezzo? Nessuno si stupirà scoprendo che si tratta sempre dei soliti: sono i processi per corruzione, concussione, peculato, falsa testimonianza, falso in bilancio, frode fiscale ecc. ecc; insomma tutti quelli tanto cari alla classe dirigente del paese. Proprio quei reati che sono puniti poco (pensate: il falso in bilancio di una società quotata in Borsa ha una pena massima di 4 anni; e parcheggiare la macchina utilizzando un tagliando di parcheggio contraffatto di 5) ma che richiedono processi lunghi e complicati. Sicché il risultato del “processo breve” sarà questo: tutti i processi per i reati da quattro soldi si faranno regolarmente; e quelli per i reati veramente gravi per l’economia nazionale, per l’entità del danno cagionato alle parti offese, per la qualità degli imputati che proprio grazie a questi reati occupano cariche pubbliche rilevanti, si estingueranno per “prescrizione processuale”, l’ultima salvaguardia di una classe dirigente inguaribilmente dedita al malaffare. Ultima perla: gran parte della relazione che illustra il “processo breve” racconta di progetti di legge molto simili, elaborati negli anni passati da vari governi di sinistra (?). Come dire: “Trattasi di riforma condivisa; tanto è cosa buona e giusta che anche gli altri…”. E poi si stupiscono se uno dice che questa opposizione ti fa incazzare.

EFFETTI COLLATERALI

Anche su Telecom nessuna risposta

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iete nell’elenco delle migliaia di persone spiate da Telecom? Avete pensato che cercare adescare i giornalisti con una escort per carpire informazioni, come è accaduto al vice-direttore de Il Corriere della Sera, Massimo Mucchetti, sia uno tra gli atti più ignobili che una multinazionale possa compiere? Vi siete indignati per tutto questo? Beh, avete fatto male. Perchè tra i processi che salteranno per legge c’è anche quello alla security Telecom. E così la giustizia potrà davvero dire di essere arrivata alla farsa. Per gli imputati che hanno già ottenuto l’ok al patteggiamento, tra i quali Giuliano Tavaroli, infatti non cambierà niente. E arriverà la pena. Per tutti gli altri, tra cui l’azienda che si visto contestare una violazione della legge 231, ci sarà invece la prescrizione. Una storia da fantascienza. O se preferite una storia italiana.


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Giovedì 21 gennaio 2010

I NOSTRI EROI

I LORO EROI

SÌ, MIO PADRE È UN ESEMPIO Umberto Ambrosoli: guardo a lui su come si può essere cittadini, su come si può dare il proprio contributo

di Stefano Feltri

ome si diventa eroi in Italia? Umberto Ambrosoli è figlio di quello che è stato definito dal giornalista Corrado Stajano “un eroe borghese”: Giorgio Ambrosoli. Avvocato, milanese, classe 1933, monarchico, specializzato in fallimenti bancari: nel 1974 viene nominato dal ministero del Tesoro liquidatore della Banca privata di Michele Sindona, un finanziere con stretti legami con la mafia americana e il Vaticano, dagli appoggi potenti, su tutti Giulio Andreotti. Il crac della banca si poteva risolvere in due modi: a spese dei contribuenti (cioè delle banche pubbliche) o a spese di chi aveva contribuito a creare il dissesto, anche se erano molto potenti. Ambrosoli viene ucciso, su mandato di Sindona, da un killer della mafia nel 1979 perché ha scelto la seconda opzione. “E’ indubbio che pagherò a caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento perché mi è stata data un’occasione unica di fare qualcosa per il paese”, scriveva già nel 1975 in una famosa lettera alla moglie. Anche il figlio Umberto, 28 anni, ha scelto di fare l’avvocato. Avvocato Ambrosoli, in che senso quella di suo padre è la storia di un eroe? Serve una premessa: non stiamo parlando di una persona

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che ha fatto qualcosa con l’obiettivo preciso di diventare un eroe. Nel caso di mio padre e degli altri che avete indicato sul Fatto come eroi, da Falcone a Pertini, non si applica quel concetto di eroismo che si identifica con una straordinarietà. Non sono eroi in senso mitologico. E’ importante capirlo perché altrimenti, di fronte a doti straordinarie, viene da dire: “Io sono una persona normale e non potrò mai essere come loro”. Per questo, più che eroe, mi sento di dire che mio padre è un esempio. In che senso? E’ un esempio di come si può essere cittadini, di come si può dare il proprio contributo al contesto in cui si vive, che sia quello familiare, quello professionale o quello del paese. Ed è bello vedere come questa consapevolezza di responsabilità, nel caso di mio padre e per gli altri che avete indicato sul giornale, venga vissuta anche nel momento della massima tensione. Nella ricostruzione che lei fa nel libro “Qualunque cosa succeda”, emerge chiaramente come suo padre non avesse alcun incentivo a scegliere la soluzione più faticosa nel decidere chi doveva pagare per il

crac di Sindona. Perché l’ha fatto, quindi? Il bello è che può non esserci bisogno degli incentivi. Queste storie, quella di Falcone, di Borsellino e tantissime altre che questo paese offre, dimostrano che è possibile interpretare il proprio ruolo di responsabilità, qualunque essa sia, in termini coerenti con i propri valori, senza fini o interessi diversi da quelli a cui la responsabilità è volta. E si può essere liberi. Liberi di fare affidamento sulla propria capacità di decidere, non delegando agli altri il significato delle scelte che si fanno e quindi non delegando le responsabilità. “Sono solo”, dice Giorgio Ambrosoli a sua madre la prima sera dopo la nomina a commissario liquidatore. E la percezione della solitudine sembra una costante, anche in altre vicende come quella di Borsellino. Non si trattava, nel caso di mio padre come certamente in quello di Borsellino, di una lamentela della solitudine da un punto di vista emotivo. Ma come potenziatore della responsabilità: è il disagio che provi quando ti accorgi che quello stesso paese che ti ha dato un incarico, che ti ha assegnato delle responsabilità pesanti, non è così monolitico nel volere che tu raggiunga gli obiettivi che esso stesso ti ha assegnato. In questi casi c’è sempre chi invoca

interessi superiori per giustificare l’atteggiamento della politica: la ragion di Stato, la Guerra fredda, il Muro di Berlino, che impongono scelte sgradevoli ma necessarie. A posteriori con la dialettica si può provare a giustificare tutto. Io penso che le considerazioni non si fanno a posteriori: la correttezza di un’azione e di una scelta la si vive in relazione al contesto sociale in cui la si compie. E il punto di riferimento di ogni contesto sociale è l’ordinamento: la legge intesa non come legalità ma come rispetto della volontà popolare. Bisogna considerare una serie di fattori: il suo amore per il paese, cioè per la collettività, la sua volontà di sentirsi parte attiva e dinamica, non qualcuno che occupa uno spazio e un tempo, la sua consapevolezza di essere un genitore. E quindi la responsabilità verso il contesto in cui vivranno i suoi figli. Suo padre si scontra con gli interessi dello Ior, con quelli di Andreotti, della mafia e di ambienti in cui tutti sembrano ragionare con coordinate morali diverse dalle sue. Non pensa che sia inevitabile, quando si arriva a gestire un grande potere, corrompersi almeno in una certa misura? Non sono d’accordo. La storia di mio padre dimostra il contrario: che i “piani alti” sono fatti dalle persone. Nel suo piccolo mio padre è arrivato a un

Giovanni Falcone (1939-1992)

Giorgio Ambrosoli (1933-1979)

VOTATE i vostri eroi su antefatto.it

quella “variabile” sia stata uccisa pone una sorta di consacrazione al suo lavoro. Ma a rendere eroi quelli come mio padre è soprattutto l’aver continuato a fare il proprio lavoro con la consapevolezza delle conseguenze. Come spiega il senso della morte di suo padre e del suo lavoro, quando ne parla nelle scuole? Cerco di spiegare agli studenti che quella di mio padre potrebbe essere la loro storia. Non sedeva sui banchi di scuola pensando che sarebbe diventato un eroe per il paese. La sua è stata una vita proiettata verso la

Maunan Avete centrato ancora una volta il nostro cuore... grandi! Ma che tristezza mi prende a pensare ai nostri “politici” attuali e soprattutto in quali condizioni lasceremo la democrazia italiana ai nostri figli! Guglielmo Citarella Ma quale futuro attende una nazione che a volte dimentica, a volte divora i suoi figli migliori per poi, invece, ricordare una banda di cialtroni di nani e ballerine?

Con lui al governo il debito pubblico è volato dal 60 al 120 per cento del Pil Sandro Pertini (1896-1990)

di Gianni Barbacetto

ettino Craxi? È uno statista. Conti esteri e tangenti sono particolari insignificanti. E allora: che cosa ha fatto lo statista Craxi in materia di politica economica? L’economista Salvatore Bragantini lo ha riassunto in modo sintetico sul Corriere della Sera: “Sotto la guida politica sua – e di De Mita, che oggi non a caso ne canta le gesta – il nostro debito pubblico è volato dal 60 al 120 per cento del Pil; di qui il macigno che tuttora grava sulle spalle del paese e ne frena lo sviluppo”. Per una valutazione della politica economica di Craxi non viziata da pregiudizi, è necessario ricordare innanzitutto che il segretario del Psi va al governo, nel 1983, in un contesto economico generale molto favorevole. Gli anni tra il 1985 e il 1989 possono essere considerati, in rapporto alla crescita economica, i migliori degli ultimi tre decenni di storia italiana. La ricchezza del paese cresce a ritmi che oggi sarebbero da sogno: il Pil ha incrementi annui tra il 2,5 e il 3 per cento e nel 1988 sfiora il 4 per cento. Il quadriennio di Craxi al governo (1983-1987) è dunque benedetto dalla sorte. Se la congiuntura fortunata non è un merito, Craxi può però rivendicare il successo ottenuto nella politica di rientro dall’inf lazione. Era al 15 per cento nel 1983, è sotto il 5 nel 1987, quando Bettino è costretto a lasciare Palazzo Chigi. Il blocco della scala mobile e, più in generale, delle indicizzazioni diffuse, ottiene risultati evidenti. Che non sarebbero però stati così clamorosi senza una fortunata concausa esterna: il crollo del prezzo del petrolio, che da 40 dollari al barile precipita nel biennio 1985-86 sotto i 20 dollari al barile. Dove invece Craxi fallisce pesantemente è nella finanza pubblica. Malgrado le condizioni favorevoli e gli alti tassi di crescita, i suoi governi non si differenziano da quelli della Prima Repubblica che li precedono e li seguono: finanza allegra, spesa senza controllo. Il deficit pubblico raggiunge il suo record storico nel 1985 (12,4 per cento del pil). Il rapporto tra debito e Pil cresce ogni anni di sei, sette punti. Dal 63,1 di fine 1982 all’89,1 per cento di fine 1987. La reazione – massicce emissioni di titoli di Stato – non fa che peggiorare la situazione, accrescendo la spesa per interessi che diventa enorme e cresce fino al 12,7 per cento del 1993. Nel 1992-93 l’Italia arriva a un passo dal baratro. Mani Pulite ha anche il merito di rendere possibile l’inversione di rotta: il crollo del vec-

Oggi la nuova resistenza in che cosa consiste? Nel difendere la Repubblica e la democrazia

normalità. Le sue scelte poi sono diventate straordinarie perché il contesto in cui ha agito non era in sintonia con i suoi valori. L’isolamento, istituzionale e, latu sensu, politico, ha reso difficili quella linea di comportamento. E più rischiosa. Che reazioni hanno i ragazzi? Apprendono con entusiasmo, soprattutto il bisogno di consapevolezza e la voglia di libertà. La libertà, da ragazzi, viene vissuta in termini di autonomia, è poter fare quello che si vuole. Invece il concetto di libertà è l’altra

faccia inevitabile di quello di responsabilità: suscita grande entusiasmo capirlo con una storia come quella di mio padre che, al di là del suo finale, è quella del miglior modo possi-

bile di passare il nostro tempo sulla Terra. La vicenda di Giorgio Ambrosoli, però, non compare nei programmi scolastici non si studiano e la televisione non la racconta spesso. Qualche tempo fa sono tornato nel mio liceo per una lezione organizzata da alcuni professori sul tema della legalità. Quando studiavo ero abbastanza attivo nella politica studentesca, chiedo ai miei professori: “E’ rimasto tutto uguale?” Loro rispondono con grande pessimismo che i ragazzi sono diventati molto più tranquilli, non fanno nulla, giusto due manifestazioni di rito all’anno, ma nessun dibattito. In palestra non ci sono più assemblee ma soltanto educazione fisica. Ci ho riflettuto. E poi mi sono reso conto che, sì, alcune cose forse sono cambiate in vent’anni. Ma io non avevo professori che organizzavano i cicli di lezioni sulla legalità. E che ci facevano conoscere storie, ed esempi, come quella di mio padre.

Enrico Berlinguer (1922-1984)

I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela

NON DIMENTICATE GIACOMO MATTEOTTI, LIBERO GRASSI E CARLO ALBERTO DALLA CHIESA Francesca Dimenticate Carlo Alberto Dalla Chiesa.

DAI LETTORI

Moini Un grazie al Fatto Quotidiano per aver scelto di ricordare i nostri veri eroi.

Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola

speso la vita per combattere la criminalità, per arginare la corruzione, per garantire al paese la libertà di parola, di voto e di pensiero. In una frase: tutte quelle persone che hanno tentato di rendere l’Italia un po’ migliore. I nostri eroi sono questi. In redazione ne abbiamo scelti cinque. Ma potevano essere molti di più. Per questo adesso vi chiediamo, cari lettori, che anche voi facciate una scelta. La vostra scelta. Vogliamo sapere quali sono i vostri eroi. Indicate, se volete, i loro nomi su antefatto.it. Spiegate nei commenti il perché della vostra decisione. Peter Gomez

“piano alto” ed è rimasto quello che era. Per chi pensa che non ci sia modo di ottenere la propria tranquillità senza eludere la norma, per chi è convinto che raggiunto un certo livello di responsabilità non sia possibile evitare di rimanere invischiati o di privilegiare se stessi rispetto agli altri, alla collettività, la storia di mio padre è lì a dimostrare il contrario. E che esistono delle “variabili”. Cioè delle persone che rendono false le affermazioni sull’inevitabilità dei compromessi. Il fatto che poi

I “CONTI” DI CRAXI LI PAGHIAMO CARI ANCORA OGGI

er noi, nel pantheon immaginario che dovrebbe essere alla base del convivere civile, non ci sono i delinquenti. PCi sono, invece, tutti quegli uomini e donne che hanno

Con l’incarico ho avuto un potere enorme e discrezionale al massimo e ho operato solo nell’interesse del paese

In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere

Paolo Borsellino (1940-1992)

Fracesca Avanti Il Fatto, ORA AVANTI TUTTA! Scardineremo questo sistema schifoso e corrotto! Pubblicate i nomi dei NOSTRI EROI ogni giorno!!!!!! Fracesco Bravissimi! Avete ancora colpito nel segno! Che bello vedere Pertini e Berlinguer al posto delle facce che da anni vediamo sulle prime pagine dei giornali italiani. Briz Grande prima pagina di forte impatto. Ieri Borsellino avrebbe compiuto 70 anni e non un solo telegiornale ha dato la notizia quando ci hanno tediato con Craxi, uno che ha lasciato l’Italia sul lastrico e che è stato beccato con le mani nel sacco (ma per questo

viene definito statista per non si sa quale logica). Anteo Potete dedicare una prima pagina a Giacomo Matteotti? Giacomo Matteotti è stato assassinato perché fiero e consapevole oppositore del fascismo e della corruzione del regime fascista fin dalle origini (non esiste fascismo onesto). Matteotti rappresenta da sempre la personalità politica alla quale tutti gli onesti devono ispirarsi e in questi tempi a maggior ragione. In questi tempi dove personaggi sordidi proclamano eroi dei delinquenti ritorniamo a manifestare nel nome di Matteotti. SamuraiSenzaPadrone In effetti di eroi ce ne sono tanti, a me viene in mente don Milani per esempio...

Angelo Denis Londero Complimenti per la qualità e la libertà di questo giornale. In Italia la memoria è troppo corta. Voi siete tra i pochi che la mantengono viva. Ivan Grazie di esistere ragazzi! Una prima pagina come questa ci voleva proprio e ci speravo tanto! Grazie! Enzo Ho scelto: Giulio Carlo Argan che ha dimostrato ciò che era indimostrabile, ovvero governare con onestà una grande città come Roma. Poi Antonino Caponnetto mio eroe civile da sempre. Poi Rocco Chinnici che ha pagato con la vita il suo spirito di servizio disinteressato per lo Stato e il paese. E

ancora il giovane giudice Livatino che sceglie di morire pur di non arretrare verso la mafia. Poi Adriano Olivetti perché pur industriale, ha anteposto il progetto e il bello allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo dando vita a quella grande utopia che ha rappresentato. Braida I miei 5 eroi: 1) Sandro Pertini - Il presidente della Repubblica migliore degli ultimi 150 anni, socialista sincero, corretto e integerrimo; 2) Libero Grassi - Nulla da aggiungere, rifiutò il pizzo, in tempi di omertà; 3) Giacomo Matteotti - Mise l’Italia e gli italiani di fronte alle proprie responsabilità davanti alle porcherie e ai brogli dei fascisti, pagando con la vita; 4) Enzo Tortora - Affrontò il giudizio con una dignità e determinazione

incredibile; 5) Marisa Belisario Unico esempio di donna manager capace di coniugare, produttività, merito e umanità oltre che senso di responsabilità nella gestione dell’impresa, altro che Samuele Landi... Luca S. - Torino La mia scelta è caduta su Giuseppe Impastato, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Enzo Biagi ed Enrico Berlinguer. I grandi temi sempre di attualità in Italia: la lotta alla mafia e i due attori principali: la così detta “società civile”, cioè tutti noi, e i magistrati, ciascuno impegnato a combattere e a denunciare fino a pagare con la vita; l’informazione , l’impegno a raccontare i fatti senza omissioni, senza faziosità e (dote da non sottovalutare) con chiarezza; la questione morale nella politica.

LETTERA DAL QUIRINALE

PER L’ARTICOLO SU NAPOLITANO

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aro direttore, in riferimento all’articolo “Napolitano e i ‘suoi’ miglioristi: così lontani e così vicini a Craxi”, a parte ogni altra considerazione, preme far conoscere ai suoi lettori che esso contiene, tra l’altro, una subdola ricostruzione di fatti inerenti un procedimento riguardante l’allora presidente della Camera, Giorgio Napolitano, che fu archiviato sulla base del “difetto di qualsiasi utile elemento per il sostegno d’accusa”.

Esattamente come abbiamo scritto: “Alla fine l’inchiesta finirà con un’archiviazione per tutti”.

Bettino Craxi nell’aula di Montecitorio

di Sandra Amurri

PIETRASANTA

Cordialmente Pasquale Cascella (Direttore dell’Ufficio stampa e comunicazione della Presidenza della Repubblica)

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chio sistema dei partiti permette la manovra da brivido di 100 mila miliardi del governo Amato e il risanamento poi continuato dal governo Ciampi. L’economista Tito Boeri fa notare che in quegli anni di debito pubblico neppure si parlava: “L’espressione debito pubblico dal 1984 al 1989, proprio mentre il debito esplodeva, appare nei titoli del Corriere della Sera solo 50 volte. Oggi la si legge quasi tutti i giorni”. Alla formazione del debito non era estraneo il sistema delle tangenti, che pesava sulle finanze pubbliche. Nel 1992 l’economista Mario Deaglio ipotizza che il sistema Tangentopoli in Italia abbia indotto un giro d’affari attorno ai 10 mila miliardi all’anno, generando un indebitamento pubblico tra i 150 e i 250 mila miliardi di lire, con 15-25 mila miliardi di relativi interessi annui sul debito. C’è poi un altro fattore negativo nel bilancio Craxi: la gestione delle partecipazioni statali. Le imprese di Stato, già occupate e spremute dalla Dc, vengono assalite dal Psi che cerca di contendere spazi (e soldi) ai democristiani. Nei consigli d’amministrazione, Craxi mette i suoi guastatori: nell’Iri presieduta da Romano Prodi c’è Massimo Pini; nell’Eni arrivano Franco Reviglio e Gabriele Cagliari. Altro che modernizzatore: Craxi perpetua, allarga e approfondisce le satrapie nelle partecipazioni statali, usandole come centri per ottenere potere, clientele, tangenti. Anche in questo Mani Pulite servì a invertire la tendenza: “Senza Mani Pulite”, dirà l’ex presidente della Consob, Guido Rossi, “non ci sarebbe stata la svolta delle privatizzazioni e l’Italia non sarebbe uscita dal suo sistema di capitalismo senza mercato”.

IL SINDACO (INQUISITO) DEDICA UNA VIA A BETTINO i fronte a una vicenda che ha risvolti comici si dovrebbe dire “Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo” seppure scomodare Leopardi appare un sacrilegio. Sabato a Pietrasanta verrà intitolata una via a Craxi. Artefice della decisione il sindaco del Pdl, Massimo Mallegni, arrestato nel 2006, poi rinviato a giudizio, il processo è in corso, per associazione a delinquere; accusa che grava anche sul padre, Mario, imprenditore edile, assieme all’assessore Alfredo Benedetti, al dirigente dell’urbanistica Dante Galli, al capo di gabinetto, Adamo Bernardi, e a personaggi di spicco dell’imprenditoria locale. Alla cerimonia che si svolgerà nel chiostro di Sant’ Agostino è prevista la partecipazione di Stefania Craxi. La strada che cambierà “connotati” è la

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stessa in cui si trova uno degli alberghi del sindaco, l’albergo Guiscardo, nome da cui ha preso nome l’operazione della Procura della Repubblica di Lucca. In verità cambierà solo il cognome chiamandosi già via Bettino Pilli, targa apposta nel 1992, nel pieno di Tangentopoli: “Medico condotto che esercitò con esemplare dedizione il suo apostolato (...) auspicando il riscatto dei lavoratori, l’eguaglianza e la liberazione dalle ingiustizie sociali, promosse e organizzò il movimento socialista in Versilia”. Nonostante questo da sabato il medico dei poveri verrà sostituito con l’eroico politico morto ad Hammamet, da latitante. Seppure casualmente la nuova targa verrà apposta da un sindaco che secondo la tesi accusatoria avrebbe assieme agli altri imputati organizzato

un sistema che prevedeva fondi occulti e società di facciata in cui ognuno aveva una mansione: c’era chi si occupava delle speculazioni e dei pagamenti (o della riscossione in forma “nera”), chi seguiva e favoriva a livello amministrativo le diverse fasi dell’operazione collezionando una serie infinita di reati dalla corruzione alla concussione, alla tentata estorsione, falsi abusi e truffe. Stiamo parlando, ovviamente, di un sindaco sotto processo e, dunque, innocente fino a sentenza definitiva. Comunque l’iniziativa del sindaco non è piaciuta a un gruppo di giovani della cosiddetta società civile “perché è un’offesa per i cittadini di questo paese che ancora credono nei valori dell’onestà e del rispetto della cosa pubblica”.


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Giovedì 21 gennaio 2010

COSE LORO

BERLUSCONI LANCIA BRUNETTA SINDACO DI VENEZIA Il vertice del Pdl si apre con un documento molto duro contro l’Udc e si chiude lasciando spazio alle alleanze locali di Sara Nicoli

ottura definitiva con l’Udc? Alleanze sulle regionali tutte a pallino? Riapertura della questione Lazio? Macchè. Chi si aspettava fuochi fulmini e saette uscire dall’ufficio di presidenza del Pdl contro Casini e la sua politica del “doppio forno” è rimasto molto deluso. Certo, la condanna alla politica Udc c’è stata, ma meno pesante del previsto. E, d’altra parte, il Cavaliere lo aveva fatto capire già dalla mattina che il vertice del tardo pomeriggio non avrebbe sortito nulla di clamoroso, anzi. Parola d’ordine, stemperare. Con Casini. Ma anche con Fini. Il processo breve arriverà la prossima settimana alla Camera; Berlusconi non vuole nessuna sorpresa. Una, invece, è uscita ieri da Palazzo Grazioli: la candidatura di Renato Brunetta a sindaco di Venezia. Per “sollevare la città dal degrado di questi ultimi anni”, ha spiegato una nota ufficiale, ma di fatto una casella nel governo che torna disponibile per accordi nuovi nel Pdl ad urne chiuse. Intanto, via al piatto delle Regionali. Di Pier “io non mi fido - ha detto anche ieri ai suoi Berlusconi durante l’ufficio di presidenza del Pdl a palazzo Grazioli - e le sue maggioranze variabili servono solo a scardinare il bipolarismo; non si deve tornare indietro alla Repubblica dei partiti e credo che le alleanze non debbano essere fatte sulla base di scelte opportunistiche”. “Sono convinto - ha proseguito - di essere libero, in campagna elettorale, anche in una regione ove vi fosse un’eventuale alleanza con un partito la cui posizione politica io non condivido, di rivolgere a questo partito delle critiche’’. Per il Cavaliere, in-

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somma, non ci sarebbero dubbi sul fatto che sia Fini che Casini stiano facendo le prove di un centrodestra senza di lui, partendo da quel laboratorio che, gioco forza, sta diventando il Lazio. Lo sa, ma non può far altro che abbozzare. Queste regionali rappresentano lo spartiacque della legislatura; dalle urne usciranno gli equilibri politici che traghetteranno anche il governo fino alla fine del mandato: un passaggio troppo delicato per dare la stura agli umori di chi, come ad esempio il ministro Bondi, non ha intenzione di fare sconti su nessun fronte ai centristi e giudica qualsiasi alleanza “un errore”. O come l’altro coordinatore, Denis Verdini, secondo il quale l’Udc sarebbe determinante solo in Piemonte in appoggio alla Bresso e forse nelle Marche. Ieri il Cavaliere è arrivato a Palazzo Grazioli con le idee molto chiare su come può andare a finire la partita di marzo, forte anche di un colloquio molto serrato con il ministro Fitto, ancora fortemente contrario, per altro, alla candidatura di Adriana Poli Bortone nella sua Puglia. Dove restano appesi anche Dambruoso, Rocco Palese. Mentre si fa strada l’ipotesi del giornalista del Tg1 Romita, che ha già dato l’ok all’eventuale investitura. In

Campania, pare non ci siano dubbi sulla carta Caldoro, come sull’accordo con l’Udc che è alle viste, mentre in Calabria (dove Loiero potrebbe addirittura ricandidarsi con l’Mpa) il nome di Scopelliti è ancora un po’ in bilico, così come il possibile accordo con i centristi a cui il Pd avrebbe offerto la presidenza con Occhiuto. Il vertice poi ha dato mandato ai tre coordinatori per presentare la prossima settimana le candidature per Umbria, Marche e Toscana. Per la Basilicata si pensa a Magdi Allam. Il momento clou del vertice di ieri sera, però, è stato un altro. Quando, cioè, Sandro Bondi ha tirato fuori un documento molto pesante, di fatto un ultimatum all’Udc, punteggiato di passaggi molto duri verso la politica di Ca-

Spunta l’ipotesi Romita in Puglia; per la Basilicata si pensa a Magdi Allam Il Ministro Renato Brunetta

sini. Al momento del voto sono entrate in campo le colombe. E quelli che sono usciti dalla riunione sono stati toni molto più sfumati. Certo, si è ribadita la critica alla politica del “doppio forno” Udc a livello nazionale, ma lasciando tuttavia aperture ampie alla stesura di alleanze sul territorio sulla base delle realtà politiche locali. “Il modello di riferimento è la Sardegna - ha spiegato il falco Giorgio Stracquadanio - dove Udc e Pdl non strinsero un patto di comodo bensì un’alleanza di prospettiva che non lasciava aperte le caselle dei distinguo”. A dire il vero, il “matrimonio” con l’Udc nel Lazio ha suscitato non pochi mugugni tra i falchi del Cavaliere. Il patto prematrimoniale, di fatto, resta molto oneroso. All’Udc, infatti, andranno - in

caso di vittoria -i l vicepresidente della giunta, l’assessorato ai Servizi o quello alla Formazione, la direzione dell’Agenzia sanitaria (che in tempi di commissariamento vale quanto un ministero) e tre posti nel listino bloccato. Più l’assessorato all’Urbanistica che, hanno subito chiosato i maligni, in famiglia fa piuttosto comodo visto che il suocero di Casini - Francesco Gaetano Caltagirone - è il re del mattone non solo a Roma, ma in tutta Italia. E se proprio, alla fine, qualcuno non lo vorrà mandar giù, ci sarà sempre l’assessorato alla Sanità. Insomma, un bottino non da poco. Tutto questo, ma anche altro, sarà oggetto del nuovo pranzo di oggi tra Fini e Berlusconi allargato ai capigruppo del Pdl e ai tre coordinatori nazionali del partito.

CONVERSIONI

L’“Altro” Sansonetti

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oltanto Silvio capisce di calcio”. E poi: “Berlusconi guida il Milan come guida il suo partito” e “come seleziona la sua classe dirigente”. E, cioé, in un modo “basato sulla fantasia e sulla imprevedibilità”; e anche “sull’idea che deprofessionalizzare (politica e sport) non ostacola l’efficienza e favorisce la modernizzazione”. Chi lo scrive? Emilio Fede? Sandro Bondi? Paolo Bonaiuti? No, sul “Riformista”, Piero Sansonetti: ex “Unità”, ex “Liberazione”, fondatore dell’ ”Altro” poi diventato “Gli Altri” (prima quotidiano e ora settimanale). Insomma, un giornalista di sinistra che più di sinistra non si può. Possibile che l’accesa passione rossonera abbia accecato Sansonetti fino a spingerlo tra le capaci braccia del Cavaliere? Anche lui ha deciso di farsi ‘modernizzare’?

Notte di trattativa tra i ricercatori dell’Ispra e il ministero È IL SECONDO TAVOLO A DISTANZA DI DIECI GIORNI, MA QUESTA VOLTA LA PRESTIGIACOMO NON SI È PRESENTATA di Caterina

Perniconi

ottata di trattative per i ricerNtezione catori dell’Istituto per la proe la ricerca ambientale. Dopo un infinito tira e molla durato tutto il pomeriggio di ieri, sindacati e ministero hanno discusso anche di notte sul lavoro e il futuro dei ricercatori. Quello di ieri era il secondo tavolo, a distanza di dieci giorni dal primo, convocato dal ministero per ascoltare le ragioni degli scienziati che hanno protestato per due mesi sul tetto. “L’attesa è stata snervante - dichiara Massimiliano Bottaro, uno dei coordinatori della protesta - siamo qui da 12 ore dalle nove di mattina, perché al ministero si erano messi in testa che la cosa andava chiusa per forza. Ci vogliono prendere per sfinimento ma noi non cederemo”. L’accordo in tre punti che è stato proposto è quello che i ricercatori si aspettavano, valutato come un piatto di lenticchie: rinnovo di un anno per tutti i contratti a tempo determinato, rinnovo anche per gli atipici presenti il 31 dicem-

bre 2009 (frase sibillina che esclude tutti coloro che sono rimasti a casa tra marzo, giugno e novembre) e un secco “no” alla stabilizzazione dei precari, anche di quelli che sono nell’istituto da più di dieci anni. Il ministro Stefania Prestigiacomo era assente ma aveva dato chiaro mandato di chiudere la vicenda entro la giornata affinché i ricercatori scendessero dal tetto e concludessero così una protesta che ha avuto un risalto mediatico inaspettato. Il licenziamento di oltre 400 studiosi ha di fatto colpito l’opinione pubblica, e un sondaggio Ipr Marketing pubblicato da Repubblica dimostra che il ministro che ha perso più credibilità dalla sua elezione è proprio quello dell’Ambiente. La Prestigiacomo, infatti, è penultima nella classifica di gradimento, precipitata di 21 punti percentuali rispetto alla sua nomina. La sua inconsistenza rispetto a temi importanti come l’inquinamento o la dispersione di importanti risorse come i ricercatori Ispra le sono costati una sfiducia ad honorem. L’unica volta in cui si

è espressa è stata per la vigilia di Natale, quando ha chiesto ai ricercatori di scendere e al governo (di cui fa parte) di risolvere una vicenda che ormai cominciava a rimbalzare su tutte le tv. Durante tutta la trattativa di ieri i ricercatori non hanno capito la fretta di chiudere la vicenda con un rinnovo da parte di ministero e sindacati, perché sia la Provincia che la Regione hanno promesso fondi per la loro assunzione, ma ad una condizione: che l’Ispra abbia uno statuto a cui far riferimento per lo stanziamento. Infatti l’istituto è nato un anno e mezzo fa da tre enti separati (l’Icram Istituto centrale per la ricerca

Il dicastero vuole chiudere: per i sondaggi la vicenda ha intaccato la credibilità del ministro

scientifica e tecnologica applicata alla pesca marittima, l’Apat Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici e l’Infs -Istituto nazionale per la fauna selvatica) e ad oggi non è ancora stato varato uno statuto unitario. Mentre una folta delegazione di scienziati presidiava la trattativa al ministero, gli altri erano alle prese con i veti dei vertici dell’istituto che ieri hanno impedito l’ingresso sul tetto ad una troupe di Annozero che intendeva intervistare i ricercatori. I giornalisti di Raidue volevano fare inoltre un sopralluogo per potersi collegare in diretta stasera dal tetto. Ma i cancelli sono stati sbarrati e la troupe è stata costretta a ripiegare su qualche terrazzo del quartiere Casalotti, affacciato sulla sede dell’Ente. L’episodio segue quelli avvenuti durante le chiusure dell’ente a Natale e Capodanno con ripetuti interventi delle forze dell’ordine, convocate dai commissari dell’Istituto per impedire a politici e giornalisti di varcare l’ingresso dell’Ispra.

IL FATTO POLITICO dc

Effetto regionali di Stefano

Feltri

a riunione molto attesa Lpresidenza dell’ufficio di del Pdl inizia in serata per stabilire i rapporti con l’Udc alle prossime elezioni regionali. Ma è chiaro, dalle parole di Silvio Berlusconi, quale sia l’orientamento: “Non si deve tornare alla Repubblica dei partiti e quindi le scelte debbono essere orientate da valori, principi e programmi e non da scelte opportunistiche”. Tradotto: Pier Ferdinando Casini può allearsi con chi vuole, ma con il Pdl si allea soltanto se ne condivide la base programmatica (e se serve a vincere). La principale novità concreta che emerge dalla giornata di ieri riguardo le elezioni amministrative è la candidatura di Renato Brunetta a sindaco di Venezia. Il ministro della Funzione pubblica, a lungo indeciso se provare a sostituire l’uscente Massimo Cacciari è ufficialmente in corsa. E, se vince, potrebbe liberarsi un posto al governo di cui Berlusconi ha molto bisogno per gestire un rimpasto che continua a rimandare (deve trovare una poltrona per Giancarlo Galan e per Daniela Santanchè). l Senato ottiene il via Abreve, libera il processo al suo primo passaggio parlamentare. Il Partito democratico, dopo le dichiarazioni fotocopia lette in segno di protesta martedì, continua a tenere una linea riassunta dalle parole del segretario Pier Luigi Bersani: “Uno salvo e migliaia senza giustizia”. Una contrapposizione esplicita al governo che non poteva comunque bloccare il disegno di legge, ma che serve a Bersani per dimostrare che la capacità di andare allo scontro con Berlusconi non è un’esclusiva dell’opposizione dipietrista. Bersani ha bisogno, Eregionali, alla vigilia delle di recuperare credibilità di fronte a quella parte del suo elettorato che gli chiede un’opposizione frontale. Oggi la corrente del Pd che fa capo a Dario Franceschini dovrebbe presentare un sito web che sarà la piattaforma della minoranza interna. E l’Italia dei valori continua a presentarsi come polo del dissenso più netto, rispetto al Pdl ma anche alla linea tenuta dal capo dello Stato Giorgio Napolitano, capace di catalizzare i voti in uscita dal Pd: ieri il capogruppo alla Camera Massimo Donadi ha avuto un duro scambio di lettere con il Quirinale, a cui contestava le parole usate nel ricordo di Bettino Craxi.


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CAOS REGIONALI

PRIMARIE IN PUGLIA: 2 SFIDANTI, ANZI 3 Guerra civile a colpi di inchieste: escono verbali secretati su Frisullo di Luca Telese

i inseguono dalla mattina alla sera, da una capo all’altro della Puglia, fino a notte fonda, città dopo città. Domenica si vota per le primarie, mancano solo quattro giorni, in mezzo si combatte una battaglia senza quartiere. Si inseguono a Taranto, a Brindisi, a Lecce. Ma con una strana anomalia. Gli sfidanti sono due, i contendenti sono tre. Da un lato Nichi Vendola, governatore uscente. Dall’altro Francesco Boccia, ma soprattutto Massimo D’Alema, il suo grande sponsor, che ha trasferito il suo quartier generale a Bari. È una strana campagna elettorale, questa, fatta di coltellate e di veleni, di affetti che si virano nel rancore, di passioni mediterranee e umori neri. Per dire. A Taranto, quando è arrivato il candidato romano del Pd, Il Corriere del Giorno – il principale giornale della città – ha chiesto una

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intervista a Boccia. L’ex segretario di Enrico Letta ha detto che non poteva andare. E in redazione si è presentato D’Alema. Una paginata di faccia a faccia pugnace, alla sua maniera, e poi la battuta sarcastica che è diventata il tormentone della sua campagna: “Dobbiamo difendere Vendola da se stesso”. Il giorno dopo, nella stessa redazione, sulla stessa sedia si siede Nichi Vendola e risponde con un’altra battuta: “Lo ringrazio molto. Ma non ne ho bisogno. Non sono mica il Soldato Ryan…”. Dici Puglia, ed è come squadernare una cerniera di cardini su cui possono girare in un senso o nell’altro un alfabeto di progetti, di modelli di governo: risanamento ambientale, energie rinnovabili, gestione pubblica delle risorse a partire dall’acquedotto, che Vendola vuole in mano alla regione, e Boccia affidato (nella gestione) anche ai privati. La Puglia die-

DIETRO LA NOTIZIA

di Marco Lillo

SE FELTRI FA IL ROSSO e Adriano Celentano è un idiota di talento, Vittorio Feltri è un talento che talvolta ama fingersi idiota. Le sue tesi sembrano uscire dalla pancia ma sono ragionamenti cartesiani travestiti da esclamazioni. Se Feltri, come ieri, difende in prima pagina sul giornale di Berlusconi il comunista Vendola dalle accuse (poi smentite) di concussione bisogna ipotizzare moventi complessi. Il primo è la vicinanza a don Verzé: il sacerdote amico di Berlusconi vuole una succursale del San Raffaele in Puglia e Vendola è il suo sponsor. Recentemente don Verzé ha detto: “Voterei Vendola in Puglia”. E ha aggiunto: “Se non ce la fa gli offrirò la dirigenza del nuovo ospedale”. Non solo: tutta la stampa di destra (orfana di Bertinotti) augura lunga vita a Vendola. Perché può spaccare la sinistra e consegnare la Puglia al Pdl. Infine c’è il movente giudiziario: le accuse deboli contro il governatore, tornano utili per sostenere che i magistrati, con i loro sbagli, cercano protagonismo e influenzano ingiustamente le elezioni. Non solo a Bari.

S

di Stefano Caselli

embra una partita a scacchi, quella che si Scuore gioca in questi giorni in Val di Susa. Nel della notte spuntano qua e là, sempre scortate da ingenti forze dell’ordine, le trivelle incaricate di effettuare i sondaggi per la futura linea ferroviaria Torino-Lione; gli attivisti No Tav si autoconvocano via sms e, come pedine, si spostano di paese in paese nel tentativo – per ora simbolico – di bloccare quella che viene considerata un’operazione esclusivamente mediatica. Fino a questo momento, tutto è trascorso senza grossi incidenti. Se martedì qualche centinaio di manifestanti aveva bloccato la

Domenica la giornata bipartisan per il sì all’Alta velocità. Intanto, il Partito democratico si divide

ci anni fa era il laboratorio del centrodestra. La Bari che aveva adottato Bettino Craxi e la sua canottiera madida era diventata – dopo Mani Pulite – la capitale di Pinuccio Tatarella. E poi la culla di Raffaele Fitto, un bastione elettorale di Forza Italia e di uno dei pupilli di Silvio Berlusconi. Poi c’era stato il cortocircuito: le primarie del 2005. Il candidato designato era proprio Boccia. E il suo avversario, quella volta era stato Vendola. Boccia partiva con l’80% dei partiti dietro di lui, Vendola con il 20%. Vendola ribaltò ogni pronostico e vinse sia le primarie, sia le elezioni. Oggi lo schieramento dei partiti è invariato. Ma un sondaggio di Repubblica Bari assegna percentuali incredibili e ribaltate: 20% Boccia, 80% Vendola. Possibile? Il primo a frenare è proprio il governatore uscente: “A livello di pubblica opinione lo spero. Ma so che sarà dura quando domenica scenderanno in campo tutti gli apparati”. Certo, la presenza di D’Alema in Puglia si sente: “Boccia ha dieci anni meno di Vendola – dice il lìder maximo – è ora del ricambio generazionale”. E di nuovo Vendola colpo su colpo: “Sì, è vero, sono più anziano di Francesco. Però D’Alema si dimentica che lui ha 12 anni più di me. Non sarà il caso che per dare

I candidati alle primarie Nichi Vendola e Francesco Boccia

il buon esempio, il rinnovamento generazionale lo cominci da lui?”. E ancora: “Boccia – dice D’Alema – è il candidato di un progetto di governo. Nichi è uno solo”. Nella redazione del Corriere del Giorno, la direttrice, Luisa Campatelli chiede: “E lei, di chi è candidato, Vendola?”. Sorriso: “Io sono il candidato del Pd, visto che al congresso tutte e tre le mozioni mi indicavano in questo ruolo”. Fino all’ultimo D’Alema e Boccia erano contro le primarie. Poi, all’ultimo momento, quando è tramontata la candidatura di Emiliano hanno dovuto accettarle. Adesso chi perde è morto. E poi, su tutto c’è il sistema Tarantini. Un sistema bipartisan che teneva nella sua pancia le escort di Palazzo Grazioli, e quelle che si intrattenevano con i politici locali. Anche con quelli di centrosinistra: nell’inchiesta finisce per primo l’assessore alla sanità, Tedesco. E poi il vicepresidente della

D’Alema stabilisce il suo quartier generale a Bari e si schiera con tutto il suo peso con Boccia

regione (dalemiano di ferro) Sandro Frisullo e un pugno di assessori. Quando dalle indagini salta fuori che riceveva delle escort di Tarantini, Vendola lo dimissiona dalla mattina alla sera e decapita la giunta. “Non mi ha nemmeno voluto ascoltare!”, si lamenta Frisullo dalla colonne della Gazzetta del Mezzogiorno. Mentre qualcuno – come l’Italia dei Valori – critica Vendola da sinistra: “Ci vorrebbe più coraggio”. Lui risponde: “La mia bussola è la questione morale. Ma non avevo intuito che il sistema fosse così radicato”. Due giorni fa si diffonde la notizia che anche Vendola sarebbe indagato per “peculato”. La sua colpa? Aver chiesto notizie a Tedesco del professor Logroscino, un luminare di Harvard che non era riuscito a vincere un concorso. Vendola su questo è tranchant: “Dovrebbero darmi una medaglia per essermi preoccupato che tornasse in Puglia”. La procura smentisce dicendo che “Non esiste nessuna iscrizione suscettibile di comunicazione”. Ma ieri, l’ultimo colpo si abbatte sul fronte anti-Vendola. Escono dei verbali secretati da cui risulta che Frisullo da Tarantini avrebbe avuto anche soldi. Il dalemiano si difende: “A quanto pa-

(FOTO ANSA)

re sono verbali secretati solo per gli accusati”. Ecco perché, la guerra civile che ha sconquassato il Pd pugliese non si spiega se non si parte dall’inchiesta, e dalle sue conseguenze. Vendola ha considerato le dimissioni di Frisullo un rafforzamento della sua giunta e un atto dovuto. D’Alema un affronto personale e un errore politico: la sua battaglia all’ex governatore nasce lì. In mezzo alla faida ci si infila l’Udc di Casini, che dice: “Siamo pronti ad entrare nella coalizione se si tolgono di mezzo i candidati no global”. Senti il proconsole dello scudocrociato, Angiolo Sansa, e lui ti dice, scuotendo il capo: “Io Vendola non lo capisco. Se faceva un passo indietro decideva tutto lui”. Il governatore pensa l’esatto contrario: “Quando quest’estate il mio nome era associato alla cocaina e alle prostitute ho detto a mia madre: ‘meno male che papà è morto’”. Adesso i tre contendenti si rincorrono per la Puglia di giorno e di notte. Ancora una volta il voto in Puglia emetterà un verdetto di vittoria, e una sentenza sulla politica nazionale.

PROTESTE E APPOGGI

LA BATTAGLIA DEL PIEMONTE PASSA PER LA TAV

circolazione dell’A32 Torino-Bardonecchia all’altezza di Susa, ieri la protesta si è trasferita sui binari della linea storica Torino-Modane. Una nuova trivella è spuntata nei pressi della stazione di Condove-Chiusa di San Michele; di buon mattino, decine di manifestanti si sono presentati in loco, faccia a faccia con la polizia. Il gesto di alcuni – attaccare adesivi No Tav sugli scudi antisommossa – ha evidentemente indispettito gli agenti, che hanno reagito con una carica di alleggerimento: risultato, tre contusi lievi. L’apparizione della trivella ha suscitato le proteste del sindaco di Chiusa San Michele Domenico Usseglio: “Il prefetto di Torino Padoin – dichiara – ci aveva garantito che saremmo stati avvisati e convocati prima. Invece la trivella si è palesata alle 3 del mattino. È una grave scorrettezza”. Nel primo pomeriggio, altra mossa sullo scacchiere; questa volta alla stazione di Sant’Antonino di Susa. Il Tgv Parigi-Milano delle 12:53 è stato bloccato dai manifestanti. La circolazione è ripresa regolarmente dopo le 14. Secondo Oscar Margaira, amministratore in Val Susa, non si sarebbe trattato di un’azione premeditata: “Un passeggero munito di regolare biglietto – racconta – ha inavvertitamente srotolato una bandiera No Tav; appena l’ha vista il macchinista si è subito fermato. Forse – scherza Margaira – ne aveva una uguale in tasca...”. Al di là delle tensioni in Valle – e dei fondati motivi per sospettare che il supertreno sia

un’opera inutile e costosa – la questione Tav è soprattutto politica e scuote – tanto per cambiare – il Pd. Martedì si è riunito per la prima volta l’Osservatorio tecnico (organismo che entro il 31 gennaio deve fornire il progetto preliminare del tracciato, pena la perdita dei finanziamenti europei) nella sua nuova composizione “allargata” dopo la rinuncia della nuova Comunità montana (guidata dal ribelle Pd, Sandro Plano) a nominare i suoi rappresentanti. I presidenti di regione e provincia Bresso e Saitta si sono rivolti direttamente ai sindaci coinvolti, perché indicassero i propri tecnici. Ben 18 primi cittadini hanno risposto picche, dichiarando “netta contrarietà alla Tav”, tra cui quelli di Avigliana e Bussoleno, entrambi del Pd. L’imbarazzo è evidente. Tra ipotesi di commissariamento e richieste di espulsione, il Pd si prepara alla giornata bipartisan “Si Tav” (in programma domenica 24 al Lingotto) promossa dal sindaco di Torino Chiamparino e dai parlamentari Pd Merlo ed Esposito, che annunciano mille adesioni e la sottoscrizione di “un patto pubblico per garantire un percorso neutro sulla Tav, al di là di chi vincerà le elezioni regionali”. Mentre il segretario provinciale del partito Cuntrò setaccia i circoli democratici della Val Susa per convincerli a partecipare, il centrodestra nicchia. Non dovrebbe esserci Roberto Cota, candidato Pdl alla presidenza della regione, mentre Enzo Ghigo (già governatore dal 1995 al 2005) dichiara che parteciperà soltanto se Mercedes Bresso prenderà effettivamente le distanze dalla sinistra. Nei fatti, l’esclusione della Fe-

derazione delle Sinistre (contraria alla Tav) dalla coalizione che sosterrà la Bresso è ufficiale, ma la “zarina” lascia aperto uno spiraglio: “Non capisco – dichiara il presidente uscente – quale sia il problema nel discutere un’ipotesi tecnica con una forza assieme alla quale stiamo governando con profitto”. Senza i voti di sinistra – è opinione diffusa – Bresso rischia seriamente di perdere nonostante il sostegno dell’Udc. Intanto i No Tav (numerosi, anche se la compattezza di qualche anno fa sembra piuttosto lontana) torneranno in piazza: “Sfrutteremo Avatar, il film del momento – dichiara Oscar Margaira – la nostra Valle, in fondo, è come il pianeta Pandora raccontato da Cameron”.


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CRONACHE

“IL CLIMA POLITICO INSTABILE FAVORISCE IL RITORNO DELLE STRAGI” Il pm Gozzo nel mirino dei boss: se arriviamo al terzo livello... L’EX SINDACO DI GELA

“UCCIDETE CROCETTA” apevano tutto, orari di lavoro in banca, abitudini, e cioè Spronti quando andava a trovare la mamma ammalata: erano ad ucciderla, ritenendo che fosse la sorella del gip di Caltanissetta Giovambattista Tona, magistrato inflessibile che da dodici anni lavora nel capoluogo nisseno a tutte le inchieste antimafia più importanti, da quelle contro i gelesi, che lo considerano un “nemico personale”, a quella sui mandanti esterni delle stragi, indagati Berlusconi e Dell’Utri, da lui archiviati nel 1998. E con lei, cugina e non sorella del magistrato, doveva morire anche l’ex sindaco di Gela Rosario Crocetta, “colpevole’’ di avere licenziato dal comune la moglie del boss Daniele Emanuello e di non avere concesso una casa popolare ad altri esponenti del clan mafioso. Una condanna a morte da eseguire dopo la fine della sua sindacatura, e considerata dunque ancora attuale. Colpita nei suoi vertici, ma non sconfitta, la mafia di Gela alza il tiro contro esponenti delle istituzioni, aumentando il livello di allarme che circonda i magistrati nisseni, nel mirino delle cosche palermitane dopo l’invio di tre lettere anonime e, caso relativamente nuovo, anche contro i loro congiunti; ma grazie alle provvidenziali rivelazioni di un “picciotto” della cosca, Crocifisso Smorta, e di un piccolo spacciatore, Emanuele Puzzanghera, entrambi pentiti, i progetti di attentato sono stati sventati. La procura ha chiesto e ottenuto cinque ordini di custodia cautelare nei confronti dei capimafia già detenuti: Domenico Vullo, di 34 anni, Paolo Portelli, di 41, Francesco Vella, di 35, Massimo Carmelo Billizzi, di 35, e Nicola Casciana, di 56. In carcere, nel 2009, avevano progettato l’attentato contro la cugina del giudice, da attuare dopo il 20 gennaio 2010, e cioè dopo che il magistrato avrebbe finito di occuparsi dei processi contro i gelesi, per evitare qualsiasi collegamento. Lo ha rivelato Puzzanghera, che dal carcere ha scritto una lettera ai pm: “Casciana conosce benissimo la sorella del magistrato Tona, avendo dei conti nella banca dove lavora la donna. Per questo è stato messo in mezzo nel progetto… Casciana e Vella, ce l’hanno con il dott. Tona perché ha rovinato tre quarti di Gela a causa del suo lavoro… Preciso che non si tratta di un fatto personale, nel senso che loro hanno discusso e vogliono fare questo attentato o come gesto del gruppo… Tutti e tre mi hanno detto che anche gli altri magistrati della Procura di Caltanissetta si sarebbero ammorbiditi. Per loro la Procura è un incubo’’. E conclude: “Voglio dire che appena saputo del progetto io subito ho avvisato le forze dell’ordine comprendendo che si trattava di una cosa grave, come poi si sta manifestando e spero che le conseguenze di questa mia g.l.b. iniziativa non ricadano sui miei figli’’.

Il procuratore Nico Gozzo di Giuseppe Lo Bianco

e Sandra Rizza Caltanissetta

ggi in Italia ci sono quelle condizioni politiche di forte instabilità che possono favorire un ritorno dello stragismo”. Parola di Nico Gozzo, il procuratore aggiunto di Caltanissetta indicato da due relazioni della Dia come uno dei “bersagli istituzionali” nel mirino delle nuove leve mafiose di Brancaccio pronte a scatenare l'ennesima campagna di sangue contro lo Stato. “Oggi ci può essere qualcuno - denuncia Gozzo - che per accreditarsi come capo di una cosca criminale, mette in atto una prova di forza e sceglie di colpire un magistrato o un poliziotto, perchè ormai lo sappiamo tutti che colpire un bersaglio eccellente è una manifestazione di potere e di prestigio inequivocabile da imporre agli altri capi mafiosi”. Dallo scorso aprile, da quando cioè si è insediato alla procura di Caltanissetta, Gozzo è titolare delle indagini più “calde” sullo stragismo

“O

mafioso: gli attentati a Falcone e Borsellino, ma soprattutto l’inchiesta sul “depistaggio” di via D’Amelio, l’indagine sulla falsa pista costruita attorno al proto-pentito Vincenzo Scarantino, giudicato attendibile persino dalla Cassazione, e oggi sbugiardato dal nuovo collaboratore Gaspare Spatuzza. Dottore Gozzo, si è stupito quando ha letto le relazioni della Dia che la individuano come un bersaglio del nuovo possibile stragismo? Veramente no. Che ci siano forti rischi di una ripresa stragista di Cosa nostra lo penso già da qualche tempo. Nelle settimane scorse sono state sequestrate armi, pochi giorni fa sono stati trovati altri arsenali, e altre armi ben conservate: i segnali di una particolare tensione negli ambienti criminali ci sono tutti e i fautori della linea stragista hanno tutto il necessario per colpire. Ci sono poi, oggi in Italia, condizioni politiche di forte instabilità, in qualche modo analoghe a quanto accaduto nel ‘92. Che vuole dire? Che tipo di relazione intravede tra l’attuale clima politico e la svolta che nel ‘92, con Tangentopoli e con le stragi, destabilizzò il paese al punto da spianare la strada al ribaltone istituzionale in Italia? Dico solo che oggi occorre maggiore cautela, un’estrema cautela nell’uso di parole estreme, da parte di tutti. La critica è ammessa, le invettive e le ingiurie dovrebbero evitarsi. Secondo lei, le nuove indagini che ruotano attorno alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino e di Gaspare Spatuzza e che chiamano in causa misteriosi esponenti dei servizi segreti, funzionano come un detonatore del recente

clima di fibrillazione registrato negli ambienti criminali? Quello che posso dire è che i grandi omicidi eccellenti non sono mai stati deliberati dalla sola Cosa Nostra. C’è stato, quanto meno, uno stare alla finestra e non intervenire? Credo il pericolo potrebbe diventare più forte se le indagini dovessero arrivare ad individuare livelli di responsabilità ben più definiti di quelli raggiunti in questi diciotto anni. Questo potrebbe creare preoccupazione a qualcuno. Lei sta seguendo tutte le indagini più delicate sul periodo che traghettò il Paese dalla Prima alla Seconda Repubblica. Si sente protetto? Bisogna che sia chiaro un principio: una volta che si riconosce l’esposizione al rischio di un soggetto, questo si deve tutelare. Ci vogliono uomini e mezzi per la sicurezza. Non si può dire: non ci sono gli uomini. Non si può fare la lotta alla mafia con i fichi secchi. Occorre dunque una razionalizzazione sull'effettiva esposizione al rischio, ed il concetto vale anche per le forze di polizia. Accade invece che una questura siciliana quest’anno abbia visto ridotte dell’84% le risorse rispetto all’anno passato, e ciò non può non avere una ricaduta sulla sicurezza.

Il magistrato si occupa del depistaggio di via D’Amelio e delle ultime rivelazioni di Ciancimino jr

Coca, processi truccati e pax mafiosa: ecco i “nuovi Casalesi” CAMORRA, 86 ARRESTI E 65 MILIONI SEQUESTRATI. INFILTRAZIONI AL TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA di Antonio Massari

e Vincenzo Iurillo Boscotrecase è già pomeriggio e, Aancora dopo una novantina d'arresti, c'è chi scava, nelle terre di fronte alla lussuosa villa del capo, il boss Peppe Gallo. Carabinieri e finanzieri rovistano nei campi, nelle porcilaie, setacciano i garage e le case bunker: è la caccia al tesoro del clan. Altri milioni – oltre i 65 sequestrati ieri – sono seppelliti chissà dove, in qualche sacchetto di plastica, e gli investigatori ne sono certi. I Gallo, i Limello, i Vangone: la triade della zona Vesuviana. C'è chi li definisce i "nuovi casalesi". Non per potenza di fuoco e numero di soldati, ma per capacità di far fruttare soldi, e reinvestirli nell'economia legale. Gente capace di portare in Italia una tonnellata di cocaina con estrema facilità. Ieri, per loro, è stata la giornata della sconfit-

ta: 86 arresti e 65 milioni di euro sequestrati. Le indagini dei pm della dda di Napoli, Pierpaolo Filippelli e Claudio Siragusa, condotte con il Ros dei Carabinieri e lo Scico della Guardia di Finanza, hanno sgominato un clan che aveva trasformato Torre Annunziata, e le zone vicine, nel più grande bazar di droga del Paese. Secondo soltanto a Scampia. Ma la triade dell'area vesuviana aveva un passo in più: la capacità di capitalizzare e reinvestire nell'economia legale, dagli investimenti in titoli di borsa ai negozi, dalle imprese del tessile all'influenza sulla raccolta dei rifiuti. La triade aveva realizzato una sorta di pax mafiosa grazie al proprio talento principale: approviggionarsi di cocaina dai colombiani, acquistando la droga in Spagna, redistribuendola in Campania e mezza Italia. Il loro ruolo era comodo per tutti: nessuna guer-

Colpo alla “triade” Gallo-Limello-Vangone: i collegamenti con i colombiani e gli investimenti in Borsa

ra. Tra i sequestri di ieri, giusto per dare una misura degli affari, ben 750 chili di cocaina. Nelle carte si legge di viaggi in auto con 531mila euro di contanti a bordo. Dai "libri mastri" del clan sono emerse ulteriori prove della gestione del traffico di cocaina: "i 'Gallo-Limelli-Vangone' – scrivono gli inquireti - acquistavano, detenevano e cedevano a terzi un quantitativo di cocaina pari a oltre una tonnellata, per la precisione 1.166 chili, per un corrispettivo non inferiore a 39 milioni di euro". Quasi 40 milioni. Soltanto dal traffico di droga. Il clan riusciva a interferire persino nei processi, grazie alla compiacenza di impiegati corrotti provenienti dai monopoli di Stato, distaccati nella cancelleria del Tribunale di Torre Annunziata, che sottraevano fascicoli e prove di reato. Un aiuto essenziale per prolungare i processi e raggiungere la prescrizione. Per il clan era una prassi. Il boss Beppe Gallo, scrive l'accusa, "è il beneficiario principale delle attività di sottrazione, dispersione o sostituzione di fascicoli processuali e prove ivi contenute". Il presidente del Tribunale, Vincenzo Albano, commenta così: “Siamo di fronte alle conseguenze di scelte scellerate del ministero di Giustizia, frutto di una tendenza distruttiva

dell’amministrazione giudiziaria. Coi continui tagli del personale e il blocco dei concorsi, per coprire i buchi in organico siamo costretti a rivolgerci a persone provenienti dalle amministrazioni più disparate. Persone di cui non conosciamo la storia, la formazione personale e professionale, che potrebbero non avere quel senso del dovere, della discrezione, della riservatezza, della delicatezza del compito assegnato, necessari al lavoro che devono compiere. Persone che nel migliore dei casi dobbiamo istruire da zero. E nel peggiore finiscono per essere complici della criminalità. Come il processo breve, siamo di fronte a uno dei tanti modi di non far funzionare la giustizia”. Ma non c'erano soltanto gli impiegati. C'erano anche i medici. Il boss godeva dei favori del primario dell'ospedale giudiziario di Aversa: lo psichiatra Alfonso Ferraro. Durante le indagini, gli inquirenti hanno scoperto che il medico "informava il latitante, tramite la convivente, delle attività di polizia finalizzate alla sua cattura, suggerendo estrema cautela nei relativi spostamenti". Se non bastasse, si "attivava per l'individuazione di luoghi, orari e procedure, per l’espletamento di accertamenti medici, sulla persona di Gallo Giuseppe, al fine di ridurre al minimo il pericolo di interventi delle forze dell’ordine".

Milano

VIDEORICATTI: SI PUNTA SU SIGNORINI all'improvviso di liSMaio,algono vello le indagini di Frank Di il pm milanese che qualche settimana fa ha ottenuto la condanna in primo grado di Fabrizio Corona, al processo per i presunti ricatti ai danni di vip immortalati dai paparazzi. L'inchiesta adesso ruota anche intorno al ruolo dei direttori dei giornali di gossip, a partire da quello di Alfonso Signorini, prima firma di Chi e soprattutto fidato consulente d'immagine del premier Silvio Berlusconi. Di Maio, che ha iscritto per estorsione molti nomi sul registro segreto degli indagati, ha interrogato prima Corona, poi due fotografi. E infine, ieri notte, si è preparato a sentire Carmen Masi, la titolare di Photomasi protagonista, tra l'altro, con Signorini delle trattative che portarono un filmato transex dell'ex presidente della regione Lazio, Piero Marrazzo, fin sulla scrivania del presidente del Consiglio. Tutti i loro verbali sono stati segretati. Qualche punto però è chiaro. Il pm vuole capire quanto sia diffusa nei rotocalchi, e se sia reato, la pratica delle foto posate in cambio del ritiro dal mercato di quelle compromettenti. Detto in altre parole: il direttore, o il giornalista, che telefona a un vip e gli garantisce la non pubblicazione se accetterà di posare gratuitamente per il suo giornale, è un ricattatore solo per il buon senso, o anche per la legge? Un altro interrogativo è poi legati ai soldi in nero che alcune agenzie avrebbero dato ai giornalisti che sceglievano i loro i servizi. Infine c'è pure da comprendere cosa sia realmente l'agenzia Spyone, nella cui compagine sociale compaiono personaggi legatissimi a un cronista di gossip ormai specializzato nel demolire i presunti nemici di Berlusconi. Ieri un paparazzo al termine dell'interrogatorio ha detto: "Questa indagine farà più rumore dell’altra". A Milano insomma si punta al bersap.g. glio grosso.

Potenza

VALLETTOPOLI: CORONA PROSCIOLTO di Potenza ha dispoIderelstogupperché il non luogo a proceil fatto non sussiste per il fotografo dei vip, Fabrizio Corona, il principale imputato per “Vallettopoli”, partita da Potenza nel 2007 con gli arresti richiesti ed ottenuti dal pm Woodcock dello stesso Corona e di altri indagati.

Il 7° da inizio anno

SUICIDIO IN CARCERE A SPOLETO ettimo suicidio nelle carSIvano ceri dall’inizio dell’anno: Volpi, detenuto italiano di 29 anni, si è impiccato nel reparto infermeria del carcere di Spoleto. L’uomo sarebbe stato arrestato lo scorso 16 gennaio per reati di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento.


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Giovedì 21 gennaio 2010

SCANDALI POLITICI

SEXY-GATE AL RAGÙ

Bologna, nuove accuse della ex fidanzata al sindaco Delbono: mi ha offerto soldi per tacere di Giulia Testi

ra cominciata con le auto blu e le missioni all’estero a spese della Regione Emilia-Romagna, con la fidanzata-segretaria al seguito, da Pechino a Parigi e a New York. Poi sono venuti fuori anche i viaggi in Messico e a Santo Domingo, gli aumenti di stipendio ottenuti (e conservati) dalla stessa segretaria-fidanzata, un misterioso bancomat intestato a un amico-prestanome affidato alla donna e le ripetute trasferte in Bulgaria, dove la Regione Emilia-Romagna ha un ufficio di rappresentanza: ma forse non basta a spiegare ben sedici missioni del vicepresidente tra il 2003 e il 2008. Flavio Delbono, 52 anni, professore prodiano di economia, ex numero due della Regione più rossa d’Italia e sindaco di Bologna dal giugno scorso, dopo l’addio di Sergio Cofferati, non se la passa bene. Delbono è indagato per abuso d’ufficio e peculato sulla base delle rivelazioni di una donna che è stata per sette anni la sua compagna, Cinzia Cracchi. A Bologna lo chiamano “Cinzia-Gate”. La signora Cracchi era una dipendente comunale, lavorava negli uffici di un esponente dell’allora Asinello finché Delbono non l’ha portata in Regione, nella sua segreteria. Intanto lei ha lasciato il marito. Ma quando l’attuale sindaco ha lasciato lei, nel luglio 2008, lui l’ha spe-

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dita al Cup, la società partecipata che gestisce le prenotazioni per conto delle Asl della Regione. Si è ritrovata al centralino e non ci ha visto più (anche se ha mantenuto l’aumento di 800 euro che aveva avuto in Regione). “Rivoglio il mio lavoro” e ha cominciato a fare il giro dei politici considerati ostili all’ex compagno per raccontare tutto quello che sa, a cominciare dai viaggi in giro per il mondo. Lei era in ferie, Delbono in missione, con tanto di diaria e carta di credito aziendale (cioè regionale) con la quale avrebbe pagato, secondo l’ipotesi di reato formulata dal procuratore aggiunto Massimiliano Serpi e dalla pm Morena Plazzi, anche le spese della signora, facendole figurare talvolta come “spese di rappresentanza”. E non è finita: ieri Cracchi, indagata anche lei, è tornata in Procura do-

po aver dichiarato al Corriere di Bologna che Delbono le ha offerto “aiuto economico e una consulenza da 1.500 euro al mese” per ammorbidire le sue dichiarazioni davanti ai magistrati. L’interrogatorio, durato diverse ore, è stato secretato. Ma la signora sembra aver confermato tutto, il che significa che probabilmente la posizione del sindaco si aggraverà, con l’aggiunta di un’altra ipotesi di reato: intralcio alla giustizia. La vicenda è venuta fuori il 15 giugno, a pochi giorni dal ballottaggio delle Comunali. Alfredo Cazzola - ex patron del Bologna calcio, della Virtus e del Motorshow e all’epoca candidato a sindaco per il Pdl - durante un faccia a faccia radiofonico ha affondato il colpo: “Le porto i saluti della signora Cinzia, la sua ex compagna che ha molto da dire sulla sua mo-

Interrogatorio fiume ieri per la signora: la Procura indaga su viaggi e un misterioso bancomat

Sotto Flavio Delbono; sopra Cinzia Cracchi dopo l’interrogatorio di giugno (FOTO ANSA)

ralità…”. Delbono ha querelato l’avversario per diffamazione e la Procura ha aperto un fascicolo per abuso d’ufficio e peculato a carico del candidato Pd. Poi Delbono è stato eletto e a settembre la Procura ha chiesto l’archiviazione: “Non sono emerse irregolarità”, concludevano il procuratore Serpi e il pm Luigi Persico, mentre gli avvocati di Cazzola e di Delbono firmavano pubblicamente l’armistizio con il ritiro della querela e la relativa accettazione del querelato. Ma il 4 dicembre il presidente dei gip Giorgio Floridia ha negato l’archiviazione dell’inchiesta sui presunti abusi e ha ordinato nuove indagini. In Procura nel frattempo era arrivato il nuovo capo, Roberto Alfonso, siciliano, una vita nella Direzione nazionale antimafia, ben lontano dall’ambiente giudiziario bolognese che il cen-

trodestra accusa da tempo di eccessiva tenerezza nei confronti delle istituzioni locali. L’ultima polemica aperta in Regione riguarda la consulenza sulla penetrazione mafiosa sul territorio affidata dalla giunta di Vasco Errani al predecessore di Alfonso, l’ex procuratore Enrico Di Nicola che è andato in pensione nel luglio 2007. L’inchiesta su Delbono è ripartita a fine dicembre. Primo atto, l’iscrizione del sindaco nel registro degli indagati e la convocazione come teste di Alfredo Cazzola, uscito poi dalla Procura con aria trionfale: “Finalmente mi sento trattato come un cittadino di serie A”. Poi è toccato a Cinzia Cracchi. Ora la Digos sta spulciando le missioni all’estero e gli estratti-conto della carta di credito di Delbono e del bancomat affidato alla ex fidanzata, intestato a un suo

amico. Delbono inizialmente ha scelto il silenzio, poi ha assicurato di non aver usato fondi regionali per scopi privati e per denunciare l’aggressione del Pdl. “E’ una montatura”, dice. Ma solo da qualche giorno, tramite il suo avvocato Paolo Trombetti, il sindaco chiede con insistenza di sostenere l’interrogatorio. Dovrebbe essere fissato a giorni. Si indaga, anche se non risultano specifiche contestazioni, anche sui viaggi in Bulgaria, Paese in cui Delbono avrebbe imprecisati interessi economici: “Del tutto legittimi – avverte Trombetti –. Ma comunque, se è andato a spese della Regione, sarà stato in occasione di regolari missioni”. Per spiegare nel dettaglio i singoli viaggi e la storia del bancomat, l’avvocato attende di trovarsi di fronte ai pm. Intanto, il palazzo del Comune trema.

I Della Valle “colpiscono” ancora: a Firenze lascia un altro assessore di Giampiero Calapà

n assessore che si dimette dall’incarico Ugià dopo polemiche con i Della Valle. Si era visto a Firenze: così come Giovanni Gozzini nel settembre 2008 lasciò l’amministrazione Domenici (dopo aver detto che il patron della Fiorentina avrebbe dovuto infilarsi il progetto di Cittadella Viola, megastadio e non solo, in quel posto), ora tocca a Barbara Cavandoli abbandonare la guida dell’assessorato allo sport, causa un’escalation di tensione sempre con il club viola. La prima tegola sulla giunta di Matteo Renzi cade mentre, ironia della sorte, il sindaco-boyscout si trova negli Stati Uniti, proprio nei giorni dello smacco elettorale del suo “eroe” Obama, che ha perso a favore dei repubblicani il seggio che fu dei Kennedy. Ma Renzi non demorde e rivela di voler invitare il presidente a Firenze per l’anno Vespucciano, oltre ad annunciare un “accordo con National Geographic che porterà al bilancio comunale 250 mila dollari”. L’unica riflessione pubblica sulla bufera politica che ha travolto un suo assessore la affida a Facebook: “Le vicende fiorentine si chiariranno al rientro, adesso lavoro per Firenze negli Stati Uniti”. La lettera di dimissioni di Barbara Cavandoli, una faccia nuova davvero nella politica della città, da sempre impegnata nell’associazionismo sportivo, forse meritava qualcosa di più. Anche perché l’ormai ex assessore ha scritto nero su bianco di non riuscire più “a vedere il

sogno”, utilizzando alla rovescia una terminologia molto renziana. Le dimissioni sono l’esplosione di una situazione ormai insostenibile per Cavandoli, furente per esser stata lasciata sola a prendersi le critiche del mondo intero a inizio campionato, quando il manto erboso del Franchi sembrava un campo di patate. Sempre sola quando a novembre gli impegni della Fiorentina in Champions hanno fatto saltare il test match ormai fissato della Nazionale di rugby. Ancora sola di fronte a un’offensiva dei Della Valle contro il comune sulla gestione dello stadio (durata della convenzione e canoni d’affitto) e dei campi d’allenamento, con sullo sfondo l’irrisolta questione della Cittadella. Lasciata sola da un Pd impalpabile, mai sentito Lapo Pistelli in questi mesi, la cui corrente Cavandoli rappresentava in giunta. E alla fine si è sentita abbandonata anche dal sindaco, lui sì nel braccio di ferro con i Della Valle ci ha messo la faccia più di una volta, ma la realpolitik lo ha infine convinto ad accettare subito queste dimissioni e ad assegnare la delega allo sport al suo vice, Dario Nardella. Giovane quanto Renzi, ma non una faccia nuova, anzi. Non che tra lui e l’ex sindaco Leonardo Domenici corresse buon sangue, ma Nardella, nella scorsa legislatura presidente della commissione cultura, è l’uomo giusto per ritornare al tavolo con i Della Valle abbandonando l’ascia di guerra e ogni pretesa di accordi che non siano al ribasso per la città.

Un’intercettazione “mette il dito” tra il Policlinico Sant’Orsola e Ignazio Marino “BOCCIATA LA SUA NOMINA A PRIMARIO PERCHÉ AVVERSARIO DI BERSANI”. MA SIA L’OSPEDALE SIA IL CHIRURGO SMENTISCONO di Caterina Perniconi

lunga e piuttosto chiara interUun nacettazione telefonica ha aperto caso sulla mancata nomina di Ignazio Marino al policlinico S. Orsola di Bologna. La scorsa primavera, infatti, prima della sua candidatura alle primarie, il senatore del Partito democratico aveva raggiunto un accordo con la struttura universitaria per poter operare lì i suoi pazienti malati di tumore al fegato. La Procura di Bologna ha aperto così un fascicolo contro ignoti, per l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio, dopo aver ricevuto parte degli atti di un’indagine calabrese relativa ad altri temi. L’accordo, a quanto emerge dall’intercettazione, era vantaggioso soprattutto per l’azienda, che avrebbe incassato 25 mila euro e pagato 1.500 il chirurgo per ogni operazione. Eppure, in seguito alla sua “disce-

sa in campo” contro Bersani e Franceschini alle primarie di ottobre, sarebbe cambiato tutto. La versione ufficiale del direttore generale dell’istituto, Augusto Cavina, è che le sale operatorie saranno in ristrutturazione fino al 2011. Secondo Giuseppe Carchivi, (uno degli intercettati), commercialista originario di Crotone ma con studio in provincia di Siena, che ha ascoltato la telefonata del dg, a Marino sarebbero state raccontate “cazzate”. Il senatore era già a conoscenza della vicenda, perché il pm titolare dell’inchiesta, Luca Tampieri, lo aveva sentito a dicembre come parte lesa e lo aveva messo a conoscenza delle telefonate. “Io non ho non mai pensato che fosse un complotto politico - ha detto Ignazio Marino - ho pensato piuttosto che fosse un problema interno, perché il policlinico è una struttura complessa e i medici pote-

vano essersi lamentati per l’arrivo di un esterno”. Marino ha operato i suoi pazienti a Verona “almeno una volta a settimana”, mantenendo i contatti con loro, come racconta nel video sul suo sito Internet. Da luglio però, non ha più una struttura dove lavorare ed è costretto a visitare i malati solo ambulatorialmente per poi mandarli da medici di fiducia che provvederanno alle operazioni che lui non può fare. “Non ho mai pensato che qualcuno possa dare meno importanza a una persona malata di cancro che a un candidato alle primarie” ha detto Marino, “ci sono stati dei momenti di scontro, anche ruvido con Bersani e Franceschini ma senza scorrettezze e disonestà”. La direzione sanitaria del S. Orsola ha definito “completamente infondate le allusioni di condizionamenti politici sul processo decisionale” in me-

rito alla vicenda, che viene invece legata a problemi organizzativi. Tanto da definirsi “favorevoli, anche ad oggi, ad accogliere la proposta del professor Ignazio Marino di poter effettuare interventi chirurgici su pazienti che espressamente richiedono di essere operati dal lui, anche in vista dell’attivazione del nuovo polo chirurgico che renderà disponibili, in due fasi, 12 nuove sale operatorie”. Al momento non sarebbero state sentite dal pm altre persone oltre al senatore del Pd, né sarebbero stati acquisiti documenti presso il Policlinico Sant’Orsola di Bologna. Ma l’indagine resta aperta e nel Pd si anima lo scontro: il segretario del partito democratico, Pier Luigi Bersani, ha smentito le intercettazioni e ha incontrato nella

mattinata di ieri il chirurgo per un tempestivo chiarimento: “Chi pensa che ci sia un rapporto tra primarie e ospedale S. Orsola è al delirio - ha dichiarato Bersani - non c’è alcun legame tra primarie e nomine nella sanità”. Di contro, i deputati Paola Concia e Sandro Gozi, legati politicamente a Marino, hanno denunciato un connubio tra sanità e politica “dal quale il paese deve uscire anche con l’impegno del Pd”.

I pm del capoluogo emiliano hanno aperto un fascicolo contro ignoti, per l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio


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Giovedì 21 gennaio 2010

Il nuovo boom delle consulenze nell’era Berlusconi

L

ECONOMIA

a trasparenza di Renato Brunetta si ferma al 43 per cento. Sul sito del ministero per l'Innovazione e la Pubblica amministrazione, Brunetta ha pubblicato i costi e i numeri delle consulenze affidate nel 2008: almeno 1,5 miliardi di euro, ma il 43 per cento degli incaricati non ha trasmesso i dati, e dunque

sono fuori dal conteggio. Le consulenze sono oltre 350 mila e crescono del 16 per cento rispetto al 2007: la variazione al Nord è del 10,75%, al Centro dell’8,68%, al Sud del 46%. Record della Calabria che segna un più 80%. Aumenti di posti e di riflesso dei costi: i compensi vanno all'insù del 20%. La distribuzione di soldi statali riguarda piccoli

e grandi casi, alcuni fanno sorridere. Come un giornalino comunale in Emilia, un corso di “bad news” in Toscana, una consulenza tecnica (oltre 600 euro) per il riversamento di audiocassette su supporto Cd e un corso di formazione su "il piano industriale Brunetta". Tanti rivoli che creano la piena nel fiume Italia.

L’ASCESA DI DAVIDE GIACALONE DA TANGENTOPOLI A BRUNETTA Il nuovo presidente di DigitPa che ha scritto la legge Mammì di Carlo Tecce

avere concusso. La prescrizione a cui fanno riferimento gli interroganti riguarda, invece, una ipotesi minore, relativa alla concorrenza nel reato, successivamente formulata dalla Procura, che in tal modo sconfessava, peraltro, l’intero impianto accusatorio iniziale. Avverso la prescrizione Giacalone fece ricorso, ma la Cassazione, saggiamente, volle chiudere senza ulteriori perdite di tempo”.

a notizia senza spine è innocua: la Commissione affari costituzionali della Camera ha approvato la nomina di Davide Giacalone a presidente della Digitpa - indennità di 315 mila euro l'anno – la società statale che dovrà informatizzare la pubblica amministrazione. Ecco, le spine: dipendente alle Poste e alle Telecomunicazioni, segretario dell'ex ministro Oscar Mammì, estensore materiale della legge sulle tv private, consulente della Fininvest, amico e collaboratore di Renato Brunetta.

L

LE MAZZETTE. “Man mano che Giuseppe Parrella (ex dirigente dell'azienda per i servizi telefonici) mi segnalava la disponibilità di somme di denaro che egli intendeva mettere a disposizione di Mammì, provvedevo a chiedere istruzioni all'onorevole su come comportarmi: il denaro in questione è stato utilizzato da me per pagare la sua campagna elettorale … Parte del denaro, in tre-quattro occasioni, l'ho consegnato direttamente al Pri nelle mani dell'on. Medri”. Era il '93, il carcere, le mazzette, Mani Pulite. Giacalone aveva confessato, eminenza grigia e cassiere. Il giovane livornese (classe 1959) che aveva scritto un libro contro la droga, insieme con Vincenzo Muccioli (fondatore di San Patrignano), responsabile nazionale dei giovani del Partito repubblicano, stava scivolando nel vortice dei soldi facili di Tangentopoli. Prima di scomparire, aveva parlato: la gola profonda che fa dimettere Giorgio La Malfa, titolavano i giornali. La legge Mammì – elaborata da Giacalone – aveva fotografato all'istante e consegnato in eterno le televisioni italiane a Berlusconi. FININVEST. Indagato in due diverse inchieste, assolto per le tangenti alle Poste, “prescritto per le tangenti sulle frequenze (procedimento che ha interessato Gianni Letta e Adriano Galliani, poi prosciolti)”, rammenta il deputato Antonio Borghesi (Idv). Non aveva favorito Berlusconi, ma nessun tribunale potrà negare il proficuo rapporto di lavoro con Fininvest: “L’emolumento di 600 milioni di lire”, aggiunge Borghesi. L'età aiuta a rifarsi, e Giacalone ha un doppio vantaggio sugli altri: la carta di

La commissione ha dovuto valutare un curriculum preso dal blog del candidato

Il nuovo consulente di Brunetta, Davide Giacalone (FOTO ANSA)

identità e la rubrica telefonica. Giornalista per Libero e coautore con Vittorio Feltri, sempre in prima pagina con Maurizio Belpietro, commentatore per radio Rtl. Il ministro Brunetta, nemico dei fannulloni e ora dei bamboccioni, ingaggia presto Giacalone: innovatore e pure conservatore, non dimentica il livornese e nemmeno l’ex ministro socialista Gianni De Michelis. Già il dicembre scorso, varata la rivoluzione per il settore pubblico, Brunetta

indica Giacalone per Digitpa, l'ente pubblico (non economico) che dovrà allestire l'amministrazione digitale. L'Italia dei Valori e Antonio Di Pietro – che conobbe Giacalone da pm – spediscono un'interpellanza urgente a Brunetta: “Quanto ai reati prescritti nel 2001, si precisa – risponde il ministro - che non si tratta di quelli contestati nel 1993 e sopra richiamati, dato che Giacalone non è più stato accusato né di essere stato corrotto, né di

PRESCRIZIONE. Per Borghesi, tra i firmatari dell’interpellanza, la difesa del ministro è debole: “Abbiamo verificato più volte: Giacalone è uscito dal processo sulle tangenti per le frequenze perché il reato è andato in prescrizione che, sia chiaro, non vuol dire assoluzione”. Brunetta ha giocato a carte coperte con la Lega, un po’ reticente su Giacalone e dovendo chiedere parere al Parlamento, s'è scontrato al Senato: Brunetta bocciato, maggioranza sconfitta. Con 4 voti di scarto, e una dura opposizione, la commissione della Camera ha ratificato – con evidente imbarazzo – il fascicolo Giacalone. Non per le ricostruzioni giudiziarie, ma per i requisiti tecnici di Giacalone, da anni editorialista di destra e non più tecnico e giammai ingegnere informatico: “Ci hanno sottoposto un curriculum tratto dal blog personale dell’interessato in cui – spiega Salvatore Vassallo (Pd) – non compare riferi-

mento neppure al titolo di studio, nessun elemento che possa testimoniare ‘l'alta qualificazione tecnica e manageriale, la profonda conoscenza in materia di innovazione tecnologica comprovata da competenze in ambito scientifico’ richiesta dalla legge istitutiva e dalla funzione”. Si-

lenzio del governo. Dov’è finito il merito? “Cosa? - risponde Carlo Podda della Cgil - A Brunetta interessa soltanto l’occupazione e la distribuzione dei posti a chi gli è fedele”. E gli archivi pullulano: in tema di innovazione, Giacalone aveva proposto l'abolizione della Corte dei Conti.

Esselunga

LA MARCIA SU ROMA

A Roma per ricevere una laurea honoris causa, il patron dell’Esselunga Bernardo Caprotti annuncia che è pronto a conquistare la capitale, dopo aver insidiato la forza della Coop al centro-nord: “A Roma tra un anno dovremmo aprire i cantieri per costruire due o tre superstore”

Bassa classifica: l’economia italiana resta poco libera TROPPA CORRUZIONE, TASSE ECCESSIVE E , DICE L’UNESCO, BASSA SPESA PER L’ISTRUZIONE roppe tasse e corruzione. Sono Tnanoqueste le due zavorre che trascil’Italia al 74esimo posto nel mondo nella classifica della libertà economica. Secondo l’indice elaborato dalla fondazione liberista Heritage Foundation e dal quotidiano finanziario Wall Street Journal, in collaborazione con l’italiano Istituto Bruno Leoni per l’Italia, il nostro paese nel 2010 è libero al 62,7 per cento: 1,3 punti in più dello scorso anno. Ma “la libertà economica complessiva dell’Italia – si legge nel rapporto – è ridotta da una gestione inefficiente delle finanze pubbliche, una corruzione diffusa, e un elevato carico fiscale”. Spiega Terry Miller, curatore dell’indice, sul Wall Street Journal di ieri: “Questi trend sono importanti perché gli studi dimostrano una forte correlazione tra libertà economica e prosperità. I cittadini dei Paesi più liberi hanno redditi pro capite più alti in media di quelli che vivono in Paesi meno liberi. Le economie più libere hanno anche una qualità della vita superiore e condizioni sociali migliori, anche dal punto di vista dell’ambiente”. L’ISTRUZIONE. E l’Heritage Foundation non è l’unica ad accorgersi che il nostro paese non investe nello sviluppo (proprio e altrui): anche per l’Unesco l’Italia, come la Spa-

gna e l’Austria é ancora lontana dall’obiettivo che si era prefissata per il 2010, cioé di investire lo 0,6 per cento del reddito nazionale lordo nel settore istruzione. Irina Bokova, direttrice dell’organizzazione dell’Onu per l’istruzione, ha denunciato come “l'impatto a lungo termine della crisi economica e finanziaria globale non colpisce soltanto le banche, ma tutte le aree dello sviluppo umano” e che almeno 72 milioni di bambini, nelle aree più povere del mondo, non hanno accesso all’istruzione basilare. I paesi virtuosi, come Lussemburgo, Norvegia e Svezia, investono fino all’1 per cento del reddito nazionale lordo. Per quanto riguarda la libertà economica, invece, le prime posizioni restano appannaggio di quattro paesi dell’Asia e del Pacifico (Hong Kong, Singapore, Australia e Nuova Zelanda). L’Italia rimane molto indietro rispetto alle altre grandi economie, superata addirittura da Polonia, Madagascar e Armenia. Va comunque meglio rispetto al crollo di 12 posizioni che il nostro Paese aveva registrato tra il 2008 e il 2009. Il miglioramento dell’Italia in classifica dipende anche dal calo registrato da altre grandi economie, in gran parte per colpa della crisi economica che ha determinato una maggiore ingerenza dello Stato e una riduzione degli spazi per la con-

correnza. Secondo il Wall Street Journal gli Stati Uniti hanno registrato un calo “in sette delle dieci categorie della libertà economica, soprattutto nella libertà finanziaria, in quella monetaria e nei diritti di proprietà”. Alla base di questa performance negativa per quello che era stato il Paese più attivo nel promuovere il libero mercato, ci sarebbero “le iniziative interventiste del governo federale in risposta alla crisi economica, che hanno incluso restrizioni protezionistiche dei commerci e massicce spese di denaro pubblico per politiche di stimolo” che “hanno scoraggiato l’iniziativa economica privata”. Per quanto riguarda le principali economie europee, dopo l’Irlanda in quinta posizione si colloca la Danimarca (77,9 punti), mentre il Regno Unito è undicesimo a 76,5 punti. Vanno bene le economie baltiche (Estonia sedicesima), nonostante le spinte liberalizzatrici si siano molto attenute con l’arrivo della recessio . La Germania è al ventitreesimo posto, mentre la Spa-

gna è alla posizione numero 36 (a quota 69,6), e la Francia si deve accontentare del numero 64, comunque non male per un Paese considerato come il simbolo dello statalismo e dell’economia controllata. L’incremento più significativo è stato registrato dalla Polonia, che ha guadagnato 2,9 punti collocandosi al settantunesimo posto. L’ITALIA. Per quanto riguarda nel dettaglio la performance del nostro Paese, il rapporto mette in luce anche il permanere di “disparità regionali nello sviluppo economico, con il settentrione che registra una ormai ben avviata tradizione imprenditoriale nel settore privato, mentre il Meridione resta più dipendente dall’agricoltura e dallo Stato sociale”. Ma non è l’unico problema italiano: il rapporto rileva infatti come “una parte considerevole dell’attività economica resta al di fuori dall’economia formale”, è quel 30 per cento del Pil (stime a spanne) che resta fuori dalle statistiche, nell’economia sommersa.

L’Italia è al posto numero 74 della classifica, dieci posizioni dopo la statalista Francia

(c .pe)


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Le diagnosi opposte sulla crisi del Tesoro e Bankitalia

L’

ECONOMIA

ultimo scontro sulla gravità della crisi è quello tra governo e Banca d’Italia sui dati relativi alla disoccupazione. Il governo esulta perché con un tasso dell’8,3 per cento il paese sta meglio della media dell’Eurozona e degli Stati Uniti (entrambi circa al 10 per cento). Ma l’istituto guidato da Mario Draghi fa calcoli diversi: se si considerano anche quelli “scoraggiati”,

AUSTERITÀ DA UNO PER CENTO LA CAUTELA SUI CONTI DIETRO L’APPARENTE OTTIMISMO DI TREMONTI di Superbonus

ome previsto, anche dal Fatto Quotidiano: il governo alzerà le stime del Pil 2010 all’1 per cento, abbiamo anche informato che la spesa corrente della Pubblica amministrazione nel 2009 è aumentata di 20 miliardi all’anno cioè dell’1,2 per cento del Pil e per il 2010 non sono previsti tagli.

C

VOLONTARISMI. Se non ci fosse questa spesa pubblica addizionale il Pil italiano nel prossimo anno sarebbe molto vicino allo zero se non addirittura negativo. Lo stesso ministro dell’Economia non ha enfatizzato il dato e a Radio24 ha detto: “C’è chi dà i numeri e ci crede e chi è obbligato a dare i numeri, noi siamo obbligati”. Una dichiarazione che la dice lunga sullo stato di preoccupazione di Tremonti e sul reale andamento dell’economia e dei conti pubblici. Non può essere altrimenti: se si legge dentro i dati economici, ci si accorge che consumi e investimenti sono fermi, le nuove erogazioni di prestiti sono negative solo le esportazioni registrano un lieve miglioramento e la spesa pubblica avanza. Il ministero delle Finanze sarà pure obbligato a da-

re i numeri ma in questo quadro è credibile che il Pil nel 2011 crescerà del 2 per cento e continuerà a farlo per i due anni successivi così come previsto nell’ultimo Dpef? La Banca d’Italia sostiene che nel 2011 il Prodotto interno lordo crescerà solo dell’1 per cento, una differenza fra le due istituzioni del 100 per cento non trova riscontro in nessuno dei paesi europei. Chi ha ragione? Poco importa, il compito dei governi e delle Banche centrali in economia è di prevenire i rischi non di scommettere su chi è più bravo a fare le previsioni.

be stato utilizzato per alimentare la bolla tramite incentivi al consumo di diversi settori. Un pannicello caldo per lenire i dolori di tanti settori colpiti dalla crisi che si sono presentati alla porta del ministro dello Sviluppo Claudio Scajola chiedendo un aiuto paragonabile a quello dato a Fiat. La cattiva notizia è che la proroga dello scudo fiscale sta andando male, anzi malissimo, le richieste sono ridotte al lumicino e i grandi e grandissimi evasori che non hanno aderito entro dicem-

DEBITO SENZA SCUDO. La Banca d’Italia ha messo in guardia il governo dal non sottovalutare i problemi legati alla disoccupazione reale e alla domanda interna e ha delineato uno scenario nel quale i conti pubblici entreranno sotto forte stress nel corso del 2011. I conti pubblici andranno sotto stress già nella seconda metà del 2010, quando sarà evidente che l’economia italiana è supportata da una bolla di spesa pubblica che ne ha rallentato la caduta senza produrre ripresa e sviluppo duraturi. La proroga dello scudo fiscale doveva servire a produrre un gettito addizionale che sareb-

Stando ai documenti del Tesoro, la spesa crescerà più del Pil ma non ci sono tagli. Quindi?

cioè che si sono rassegnati a non trovare lavoro per il momento e aspettano tempi migliori, e quelli in cassa integrazione, gli italiani disoccupati salgono al 10 per cento. Soltanto così il confronto diventa omogeneo con paesi, come gli Stati Uniti, che non hanno ammortizzatori sociali come la cassa integrazione. Il governo, nell’ultimo anno, ha sempre fatto molta resistenza ad accettare

bre 2009 non sono spaventati dalle minacce del Fisco Italiano. Altra brutta notizia: gli investitori in titoli di Stato stanno diventando sempre più esigenti in materia di conti pubblici, come dimostrano le difficoltà di Spagna e Portogallo, e stanno osservando con attenzione che fine faranno i 58 miliardi di euro di cassa che il Tesoro dovrebbe aver depositato presso la Banca d’Italia a fine 2009. Quei soldi rappresentano la garanzia che l’Italia continuerà ad essere solvibile sui mercati internazionali almeno per il pagamento degli interessi e quindi potrà continuare a rifinanziare il debito in scadenza. Mano a mano che la cassa diminuirà aumenterà anche il

previsioni negative sulla crisi, che venissero da Confindustria, dalla Banca d’Italia o dall’Unione europea. Il ministro Tremonti era arrivato a definire le stime degli economisti “meri esercizi congetturali”, ma anche lui non può sottrarvisi e quindi nei giorni scorsi si è detto convinto che il Pil dell’Italia crescerà almeno dell’1 per cento nel 2010 (su questo anche la Banca d’Italia è d’accordo).

tasso che gli investitori chiederanno per comprare i titoli di Stato italiani. PREVISIONI E BOLLE . La terza brutta notizia è che a luglio i mercati analizzeranno le previsioni del nuovo Dpef, documento di programmazione economica e finanziaria del governo, e le confronteranno con quelle della Banca d’Italia: se continueranno a divergere chiederanno che il governo si adegui rapidamente a quelle più pessimistiche e riduca rapidamente il fabbisogno. Per Tremonti, messo con le spalle al muro da un debito di 1800 miliardi di euro, sarà un incubo trovare tra i 20 e 30 miliardi entro i dodici mesi successivi. La prudenza vorrebbe che dopo le elezioni regionali il governo riveda le stime di Pil per il 2010 ma anche per il 2011 e preveda fin da ora gli interventi correttivi da operare se la crescita stimata dovesse essere la metà di quella prevista. Si tratterebbe di un gesto di gran-

Il ministro Giulio Tremonti (FOTO ANSA)

de responsabilità che migliorerebbe la percezione dell’Italia sui mercati internazionali e denoterebbe una ritrovata serietà e serenità nei rapporti con la Banca d’Italia Vorrebbe dire che la bolla creata dalla spesa pubblica e dai media vicini al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si scontrerebbe improvvisamente con la dura realtà di un paese in difficoltà che ha bisogno di riforme profonde, economiche e sociali e che invece investe gran parte delle sue energie politiche sul “processo breve”, appena approvato in Senato. Il professor Tremonti, come previsto anche dal Fatto, ha scoppiato sul nascere la bolla mediatica costruita ad Arcore su un possibile abbassamento delle tasse. E ora sarà chiamato alla prova più difficile: spiegare al resto del governo che qualcuno dovrà pagare il conto di un debito pubblico mostruoso e di un’economia che non decolla. Il momento di archiviare una politica fatta di promesse funamboliche e di soubrette al governo sta per arrivare.

SINDACATO

LA CGIL IN CERCA DI IDEE (NON ORTODOSSE) PER IL CONGRESSO di Stefano Feltri

REAGIRE ALLA CRISI

MARX 2.0: IL RITORNO na volta può essere una bizzarria, due una coincidenza, ma tre episodi fanno una prova: Karl Marx è tornato a fornire un’interpretazione della finanza dopo l’autodafé delle opere ultraliberiste di Alan Greenspan e Milton Friedman. Prima il libro di Vladimiro Giacché, partner del fondo Sator di Matteo Arpe, “Il capitalismo e la crisi” (Derive e approdi editore): una selezione di scritti marxiani preceduta da una lunga introduzione che spiega come – marxianamente – la crisi non sia un incidente di percorso del capitalismo, ma un suo elemento imprescindibile che serve a risolvere gli squilibri dovuti a un accumulo di eccesso di capacità produttiva, all’eccesso strutturale di credito e al doppio ruolo delle merci (valore d’uso-valore di scambio). Poi esce lo studio di una serissima banca d’affari francese come Natixis che propone “A Marxist interpretation of the crisis”. Sulla base dell’andamento dell’economia reale e soprattutto dell’economia monetaria,

U

questo studio appena uscito arriva alla conclusione che è plausibile proporre un’analisi marxiana (o almeno marxista) di quello che è successo: tutto comincia con un eccesso di accumulazione di capitali, continua con un boom della speculazione accompagnato dalla compressione degli stipendi dei lavoratori e finisce in una crisi finanziaria: “L’euforia dei business leader porta a un eccesso di accumulazione di capitale che a sua volta determina un declino del saggio di profitto se le compagnie non reagiscono comprimendo i salari e quindi una riduzione dei consumi” che trasferisce la crisi all’economia reale. Terza prova del ritorno di Marx: il Sole 24 Ore inizia a pubblicare in allegato al giornale i grandi classici dell’economia. Si comincia con Adam Smith e David Ricardo ma presto si arriverà a Marx in tre volumi. Vedremo chi venderà di più tra il teorico degli animal spirits e il barbuto filosofo di Treviri.

congresso di primavera della Cgil non Ial ldovrà decidere soltanto la successione segretario Guglielmo Epifani, ma anche il modo in cui il principale sindacato italiano dovrà porsi nell’Italia all’uscita dalla Grande Recessione (in cui gli operai devono salire sui tetti per farsi notare, ultimi quelli dell’azienda di pulizie della Fiat di Termini Imerese). Per questo ieri, a Roma, la mozione “la Cgil che vogliano”, minoranza interna che vuole proporsi come alternativa possibile, ha organizzato un convegno con economisti anche non allineati alle idee del sindacato. Il problema di strategia da risolvere lo ha esplicitato, in modo un po’ brutale, Giorgio Cremaschi, esponente dell’ala più dura dei metalmeccanici della Fiom: la Cgil deve decidere se vuole uniformarsi alla linea di Cisl e Uil che dialogano con il governo o approfittare della crisi per ritrovare la capacità di fare un’opposizione frontale. Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanza, traduce il problema in termini tributari: c’è il rischio che questo governo finisca per scaricare i costi fiscali della crisi sui lavoratori dipendenti “perché tanto ci sono abituati” e non possono sottrarsi, visto che hanno la ritenuta alla fonte. In pratica la Cgil presto dovrà scegliere se difendere quelli che già protegge - come i dipendenti - oppure provare ad

espandere la propria base, magari agli immigrati o combattendo battaglie per i precari. Al convegno c’è anche Tito Boeri, economista della Bocconi e animatore del sito lavoce.info. Le sue idee fanno rumoreggiare la platea: “Si deve accettare un certo grado di flessibilità, perché non si può tornare indietro. Come chiede il documento della mozione, però, bisogna estendere le tutele”. Boeri sostiene da tempo la necessità di un modello di protezioni crescenti per chi entra nel mercato del lavoro: assunzioni a tempo indeterminato ma con una maggiore facilità di licenziamento nei primi anni. Accettare la flessibilità e introdurne altre forme, sia pure con l’obiettivo di diminuire quella complessiva, non è un concetto molto popolare al convegno. La mozione che organizza l’incontro ha come linea di “superare la duplicità del mercato del lavoro”, come dice Marigia Maulucci della “Cgil che vogliamo”. Il problema è come ottenere questo risultato. Il professor Paolo Leon, della Sapienza, per esempio sostiene che la Cgil dovrebbe spingere per il ritorno del posto fisso come aveva detto, con una boutade, qualche mese fa. Visto che questo è uno dei nodi più delicati, la minoranza della Cgil per ora non prende una posizione esplicita anche se guarda con un certo interesse all’idea di Boeri (flessibilità inentrata e tutele crescenti).


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Giovedì 21 gennaio 2010

DAL MONDO

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HAITI TREMA ANCORA MA ELISABETH È VIVA

RESPINGIMENTI

La Libia tratta anche con Malta

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a Libia starebbe trattando con Malta per giungere a un accordo sul rimpatrio degli immigrati simile a quello siglato con l’Italia. Il trattato potrebbe essere firmato il prossimo marzo durante la visita del leader libico Muammar Gheddafi a La Valletta. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri maltese Tonio Borg.

Neonata ritrovata nel suo letto, dopo otto giorni sotto le macerie ono terrorizzati, i bambini di Haiti. Che ieri mattina alle 6 ora locale si sono svegliati rivivendo l’incubo del 12 gennaio. Una scossa di 6,1 gradi di magnitudo Richter ha fatto tremare nuovamente l’isola, provocando nuovi crolli nel quartiere Carrefour, a Port au Prince. Dove non si esclude possano esserci dei morti. Così come non si possono escludere vittime nella zona di Jacmel, epicentro del sisma, a 60 chilometri dalla capitale. Di certo, per ora, c’è l’alba tragica degli haitiani che si sono riversati per strada, urlando, nel sentire nuovamente la terra tremare. Nelle ultime 24 ore, tra martedì e mercoledì, i soccorritori che ancora lavorano tra le macerie avevano invece compiuto un vero miracolo estraendo vive ben 6 persone. E facendo salire a 121 il numero dei superstiti recuperati tra le rovine. Si tratta di una neonata, due bambini, una ragazza di 26 anni, un uo-

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mo e un’anziana tirata fuori dai “resti” della cattedrale nella capitale. La neonata, Elisabeth Joassaint, ha appena 15 giorni. É sopravvissuta senza cibo e acqua per più di una settimana ed è stata ritrovata nel letto di casa, a Jacmel, senza gravi ferite, nell’incredulità della madre, una giovane di 22 anni scampata alla tragedia. Ma queste “buone notizie” non tolgono nulla alla condizione di estrema sofferenza della popolazione. Buona parte degli sfollati continua a non avere l’acqua e il cibo necessari. Per non parlare delle medicine (per la terza volta, è stato dato il diniego di atterraggio a un cargo di Msf contenente apparecchiature e farmaci salvavita). Così non stupiscono manifestazioni come quella di ieri. Quando una barricata fatta di sassi, tavole di legno, lamiere e con un cadavere sotto una coperta, è stata sistemata in mezzo alla strada principale del quartiere di Car-

refour, per protestare contro il mancato arrivo degli aiuti. Una ragazzina di 15 anni, Fabienne Cherisma, è inoltre rimasta uccisa da un colpo di arma da fuoco sparato dalla polizia intervenuta per disperdere un gruppo di persone che stavano saccheggiando delle proprietà abbandonate. Critico anche l’ambasciatore haitiano negli Usa, Raymond Joseph, che non ha apprezzato i lanci di cibo dagli aerei che si erano verificati nelle ultime ore. Per distribuire gli aiuti “dovrebbero essere allestite aree dove gli elicotteri possano atterrare”, ha detto. “Gli aiuti all’aeroporto: facciamoli uscire”. E mentre gli Stati Uniti hanno annunciato l’invio di altri 4.000 uomini e il responsabile del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato l’idea di un Piano Marshall per il Paese caraibico, il governo haitiano dà un nuovo, provvisorio, bilancio delle vittime: 200 mila morti, 250 mila feriti, due milioni di senzatetto.

L’INVIATA DEL TG3

“HO SCOPERTO IL VALORE DELL’ACQUA” di Elisa Battistini

tutto molto intenso. I ritmi di lavoro sono serrati. Le emozioni in gioco sono fortissime”. Lucia Goracci, inviata ad Haiti del Tg3, racconta un’esperienza dura ma indimenticabile. Cosa porterà con sé del terremoto che ha devastato Port au Prince? Stare qui costringe a fare i conti con ciò che ogni giorno diamo per scontato. La gente lotta per la sopravvivenza. Ci sono carenze gravissime nei soccorsi. Nella bidonville, a Cité Soleil, non è mai arrivata l’acqua dalle autobotti, hanno solo quella delle latrine. I cargo di Msf con i farmaci non vengono fatti atterrare. Molte persone non possono essere operate. I medici sono costretti ad amputare gli arti con le seghe, non con le attrezzature mediche. Non si può che essere coinvolti da ciò che si vede. Haiti mi ha aperto gli occhi sulla forza e sulla disperazione della gente. Dove dormite? Ora siamo in albergo a Port au Prince, ma per sei giorni abbiamo vissuto in una casa. Alcuni, tra i pochi che hanno ancora un’abitazione, le affittano ai giornalisti. Venti dollari a persona. É un piccolo “business” per racimolare qualche soldo. E i proprietari vanno a dormire con gli sfollati. Com’era la casa? Due stanze e un piccolo bagno, cosa non scontata visto che molti edifici non ne sono dotati. Quando siamo entrati era disordinata: i proprietari l’avevano lasciata in tutta fretta, per renderla disponibile. L’abbiamo usata come base operativa per montare i servizi e inviarli. Nella casa non c’era l’acqua e c’erano gli scarafaggi. Di fronte alla

“E’

tragedia di questo popolo, ovviamente, non è nulla. Eppure, dopo sei giorni senza lavarmi, quando in hotel ho fatto la prima doccia, ho percepito davvero l’importanza dell’acqua. Una sensazione forte, concreta. Come quella, per noi banale, del bere quando si ha sete. Ora queste cose mi sembrano preziose. E’ facile muoversi per i cronisti? No, manca la benzina. Infatti ho un autista domenicano, oltre a un assistente haitiano, perchè solo i domenicani possono oltrepassare il confine. Ed è necessario farlo, quando servono carburante e altri generi di prima necessità. Avete avuto problemi con le dirette? Una volta, per colpa di un generatore. Un commerciante si è fatto in quattro per trovarne un altro funzionante. Quell’uomo è stato gentilissimo, anche se il suo negozio era crollato. Le capita mai di sentirsi inutile? Assolutamente sì. Anche perché, qui, siamo investiti di un potere che non abbiamo. Alcune persone ci chiedono di aiutarli a trovare lavoro nei nostri paesi, ed è frustrante sapere di non poter far nulla. E di essere, invece, percepiti come “salvatori”. Ma a volte possiamo anche dare una mano: un giovane haitiano mi ha chiesto di far sapere ai suoi genitori, che abitano negli Usa, che è vivo. Alcuni medici-reporter della Abc hanno fatto nascere dei bambini per strada. Insomma, l’informazione è fondamentale, ma l’emergenza è così grave che scatta il desiderio di agire. E talvolta ci si sente impotenti. Quale sentimento prevale tra le persone? Le racconto due episodi oppo-

sti. Ho visto la determinazione con cui un gruppo di haitiani ha tentato, invano, di estrarre fuori dalle macerie una donna. Non ce l’hanno fatta, hanno rischiato di restare feriti, ma ci hanno messo tutta la loro volontà. Per ore e ore. L’altra storia è negativa: qualche giorno fa è arrivata la notizia di una scuola elementare, nelle campagne, in cui i bambini non erano stati soccorsi. Potevano essere ancora vivi, ma nessuno ha fatto niente. La gente di campagna “conta meno”, loro stessi sono più fatalisti e si pensa che non protesteranno. Ci sono elementi contraddittori, anche nella popolazione. Ma prevale la solidarietà, la voglia di aiutarsi. Mi sembra un popolo molto generoso.

Soccorritori tra le macerie di Port au Prince (FOTO ANSA)

Il quartiere dei ricchi, dove il sisma non fa danni Chamoun risponde con ironia agli amici che chiamano da lontano: Mrurgoartha “Sono viva, non vi liberate facilmente di me”. Quarant’anni, medico chiin un ospedale di Huston, è tornata nella sua Haiti arruolata in una squadra di soccorso. “Il solo modo per capire cosa era successo alla mia famiglia”. Tutti bene anche se spaventati da quell’interminabile minuto. A Pétion Ville, quartieri alti di Port-au-Prince, non è successo niente di grave. Le belle case sono robuste: resistono senza crepe dietro i fiori dei giardini. Qualche cornicione, finestre dai vetri rotti, tubi dell’acqua ingobbiti ma già rimessi a posto. Il terremoto ha rispettato la classe privilegiata. Nella Montagna Nera di Pétion l’onda è stata lieve. Ma le voci dei disastri della città sotto intristiscono le grandi famiglie che da sempre dominano il paese. Famiglie cattoliche siro-libanesi; famiglie ebree scappate un secolo fa da Baghdad e Damasco. La loro Haiti è un po’ California e un po’ Bermuda. Caffè dai nomi francesi anche se l’inglese è la parlata di chi va e viene dagli Stati Uniti per studio o lavoro. I racconti di Martha parlano di un’emergenza non pesante ma fastidiosa. Non manca niente, eppure il disagio di rimettere assieme la vita di sempre ad appena otto chilometri dall’inferno è qualcosa più di un rimorso: comincia la paura. Un cordone di militari Usa abbraccia Pétion Ville tagliando ogni passaggio. La folla disperata deve restare giù e la Montagna è diventata “zona militare”. Come nel ’94 quando sono sbarcati i marines per spegnere la dittatura di Raoul Cedras (che partiva per l’esilio di Panama, jet privato e in tasca l’assegno concordato col mediatore Carter), anche oggi i marines si sono sistemati nel campo da golf. E come nel ’94 i soci del golf passeggiano attorno al green preoccupati di quanto costerà rimetterlo a posto per ricominciare a giocare. Gli alberghi hanno riaperto: non turisti ma diplomatici senza tetto, giornalisti, tecnici del soccorso, osservatori di ogni paese coinvolto negli aiuti. I soli posti dove possono dormire. Nelle terrazze della sera, ospiti impolverati discutono sulle strategie, tutto sommato sereni nell’aria fresca di montagna. Sembra un posto di vacanza, retrovia del fronte di una guerra impazzita: Port-au-Prince è appena sotto. Martha fa sapere che i frigoriferi per ora restano forniti. Qualche problema con l’elettricità. Va, viene ma Pétion Ville è attrezzata per affrontare le emergenze. Generatori e riserve di gasolio sembrano tranquillizzare eppure l’angoscia cresce: per quanto tempo resteremo isolati? Perché la benzina comincia a mancare. I distributori quasi a secco, prezzi da mercato nero e file per un pieno che viene negato. Quando può, Marha va a chiacchierare con le compagne di scuola ritrovate. Elsa Baussam, proprietaria dell’albergo più alto della montagna, felice per essere uscita senza danni dal terremoto, si lamenta per le spese che la pietà obbliga a fare. “Non sa quanti dipendenti morti. Ne aveva quaranta, quindici sono tornati con la preghiera di pagare i funerali dei compagni rimasti sotto. Non vogliono vederli finire nelle fosse comuni. Il contabile dell’albergo ogni giorno fa i conti ed è pessimista”. Ed Elsa Baussam non è sicura di voler restare ad Haiti. Caffè chiusi, ma si parla di aprirli presto perché militari, soccorritori, diplomatici, giornalisti, insomma la folla di stranieri che ogni giorno si allarga, in qualche posto dovrà pur ritrovarsi. Nessuna speranza, purtroppo, per le gallerie d’arte dei famosi naives haitiani. Il mitico Nader ha mandato i suoi ragazzi a Miami. Resta per fare la guardia ma non sa fino a quando. Una cosa i signori di Pétion hanno capito: come sempre la loro bella vita è appesa alla vita grama degli altri. Se Port-au-Prince non ritrova la sgangherata normalità, il paradiso sparisce. Sparirà? Per Martha “questo timore ha accompagnato negli anni le nostre famiglie, ma poi tutto è ricominciato dopo terremoti, colpi di stato, uragani. Eppure il retropensiero non cambia: prima o poi succederà. Ecco perché lavoro a Huston”. (m.ch.)

IRAN

Otto anni per aver manifestato

U

n leader del movimento studentesco iraniano, Majid Tavakkoli, è stato condannato a 8 anni e 6 mesi di reclusione per avere preso parte attiva nelle manifestazioni di protesta. Tavakkoli, che a partire dal 2007 ha già trascorso un anno e mezzo in carcere, è stato nuovamente arrestato il 7 dicembre scorso, dopo avere tenuto un discorso politecnico in occasione della Giornata dello studente. E ieri Mohammed Reza Heydari, l'ex console dell'Iran in Norvegia (che si era dimesso per protestare contro la repressione nel suo Paese), ha chiesto asilo politico al governo di Oslo.

OLANDA

Deputato anti-Islam in tribunale

É

stato ascoltato ieri dal tribunale di Amsterdam Geert Wilders, l’autore del film “Fitna”, che paragonava il Corano al Mein Kampf. Il regista, un deputato olandese, fondatore del Partito della libertà, è imputato per incitamento all’odio razziale e alla discriminazione. In Olanda i parlamentari possono beneficiare dell’immunità, ma solo per le frasi dette in parlamento.

IN MISSIONE

FALSI ALLARMI

Per fortuna è arrivato Bertolaso

MONACO RESTA A TERRA G

T

utti i maggiori quotidiani italiani – da Repubblica al Corsera – hanno annunciato con pagine roboanti la missione italiana ad Haiti. Gli Stati Uniti hanno inviato decine di migliaia di marines e parà nell’isola. Immaginate il capo del Pentangono, Robert Gates, chiedere preoccupato: “Where is mr. Bertolaso?”. Il capo della Protezione civile, presto convertita in società per azioni, è stato spedito sui luoghi del disastro perché “serve un’autorità per coordinare gli aiuti” (dice Silvio Berlusconi). Sul modello L’Aquila, Bertolaso ha presto srotolato il piano: “Allestiremo le tendopoli”. Ma per non creare imbarazzi diplomatici con gli Usa e in particolare con l’Onu, il ministro Frattini e Bertolaso hanno rettificato: “L’Italia non ha intenzione di assumere – ha precisato il secondo – un ruolo di leadership sulla gestione dell’emergenza”. Meno male! (Ca. Te.)

iornata di allarme terrorismo, ieri, nell’areoporto di Monaco di Baviera. Alle 15:30 momenti di panico al terminal 2: in un primo momento un uomo ha passato il controllo sicurezza ma il suo computer portatile ha fatto scattare l’allarme esplosivo. Si è diffusa la notizia che il presunto attentatore si fosse dileguato ed è partita la caccia nello scalo tedesco. Mille agenti si sono riversati sul terminal e 60 voli sono stati cancellati o hanno subito ritardi. Col passare delle ore la situazione è andata rasserenandosi: quello che sembrava esplosivo si è rivelato una sostanza chimica, forse un profumo; fonti della polizia hanno spiegato che lo scanner è incappato in un errore e che l’uomo, in realtà, non era fuggito ma si era diretto in fretta verso il suo aereo, pronto al decollo. L’allarme è cessato definitivamente verso le 19. L’ennesimo episodio indice del livello di allerta in tutti gli scali del mondo dopo il fallito attentato di Natale sul volo Delta Airlines diretto a Detroit.


Giovedì 21 gennaio 2010

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DAL MONDO

SCOTT BROWN, L’EX MODELLO CONQUISTA IL SEGGIO CHE FU DI TED KENNEDY Vittoria dei repubblicani in Massachusetts: “Impedirò la riforma sanitaria” di Angela Vitaliano New York

cott Brown è il nuovo senatore del Massachusetts, colui che occuperà il seggio di Ted Kennedy e che, come promesso per tutta la campagna elettorale, proverà ad infrangere il sogno di un’assistenza sanitaria “universale”. Lo ha ribadito nel suo discorso di accettazione, martedì sera, ricordando al suo elettorato che sarà il 41° senatore del partito repubblicano. Colui, dunque, che farà perdere la super maggioranza ai democratici. Obama, infatti, alla vigilia dell’elezione aveva detto di essere “frustrato” dalla situazione in Massachusetts, impensabile solo poche settimane prima. Nella roccaforte dei democratici, Martha Coakley, pur non avendo mai avuto nessun appeal reale sull’elettorato aveva potuto fare affidamento, fino allo scorso novembre, su sondaggi che la davano in testa di 30 punti percentuali. Alla fine ha perso con cinque punti secchi di svantaggio, uno schiaffo ben assestato in faccia che ha lasciato tutti i democratici sot-

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BUONE NOTIZIE

to choc. La sensazione di essersi andati a cacciare in un grosso guaio con le proprie mani è palese e la resa dei conti, con il lancio di accuse reciproche, conferma che il pasticcio del Massachusetts sia proprio di quelli grossi. Nonostante la tiepida accoglienza con cui era stata accolta la vittoria della Coakley alle primarie, nessuno aveva dato, per settimane, il minimo credito al candidato repubblicano noto soprattutto per le sue gaffe e il suo passato da modello piuttosto che per meriti politici. Brown, ex avvocato prestato alla politica, senatore del governo locale del Massachusetts, invece, ha macinato migliaia di chilometri con il suo furgone, stringendo mani e offrendo caffè, in assoluta antitesi con l’avversaria, rinchiusa nell’illusione di una facile vittoria. Va riconosciuto al neoeletto senatore il merito di aver utilizzato le stesse armi che un anno fa aiutarono Obama a raggiungere una vittoria storica e di cui la Coakley non ha pensato, nemmeno per un momento, di usufruire. Scott Brown ha avuto terreno facile potendo, da un lato, puntare

Scott Brown, il 41° senatore repubblicano, vincitore delle elzioni in Massachusetts (FOTO ANSA)

sull’apatia dell’elettorato indipendente (nel Massachusetts gli indipendenti superano per numero repubblicani e democratici insieme) sempre più critico e meno disponibile alla “negoziazione” e, dall’altra, su un suo personale carisma, indiscutibilmente populista, che ha scaldato gli animi dei sonnecchianti “liberal” con due frasi ad effetto che ne hanno cambiato il destino. Dopo un inizio di campagna anonima e tutta in salita, infatti, Scott Brown ha avuto la geniale intuizione (e sfrontatezza considerando che agiva nel “feudo” dei democratici) di sottolineare che il seggio in palio al Senato non era “con tutto il rispetto loro dovuto, dei Kennedy, ma del popolo del Massachusetts” e che “come 41° senatore repubblicano, impedirò l’approvazione della riforma sanitaria”. Improvvisamente, come il pifferaio magico, Brown ha cominciato a catalizzare l’attenzione dell’ala destra dei conservatori, dei delusi, degli scontenti, dei critici

a cura della redazione di Cacaonline

DATI POSITIVI SU ENERGIA PULITA E CARTA RICICLATA L’Italia riciclona L’Italia ha raggiunto (e superato di un buon 8%) gli obiettivi di legge sul recupero e il riciclo degli imballaggi. Lo rivelano gli ultimi dati resi noti dal Consorzio per il recupero degli imballaggi (Conai). Di tutta la carta e il cartone, l’alluminio, l’acciaio, il vetro e la plastica immessi al consumo si è recuperato e riciclato mediamente il 68,9%. Punta di diamante è la filiera della carta: la raccolta differenziata e il riciclo hanno raggiunto quota 75,3% e migliaia di alberi ringraziano! In oltre 10 anni di attività il Consorzio è riuscito a invertire i rapporti tra

quantità di imballaggi recuperati, passati dal 30% al 69%, e quantità smaltite in discarica, ridotte dal 70% al 31%. Brillanti idee Secondo il GSE, Gestore Servizi Elettrici, nel 2010 la produzione da impianti solari fotovoltaici in Italia raggiungerà quota 900 Mw. A gennaio abbiamo già superato gli 815 Mw con oltre 62 mila impianti funzionanti e incentivati dal Conto Energia. (di Jacopo Fo, Simone Canova, Maria Cristina Dalbosco, Gabriella Canova)

e, soprattutto, dei nemici giurati della riforma sanitaria che qui sono particolarmente agguerriti. Per la sua situazione specifica locale, infatti, il Massachusetts sarebbe lo Stato che meno si avvantaggerebbe della riforma proposta da Obama, grazie a una legislazione interna che già estende molti benefici. Qui, dunque, le preoccupazioni ruotano piuttosto intorno ai costi cui si dovrebbe far fronte e, con la crisi economica che ancora scuote pesantemente il paese, non è facile mantenere il consenso. Brown, dunque, pur avendo sostenuto la riforma sanitaria approvata dallo Stato del Massachusetts nel 2006, si oppone fieramente a quella proposta del presidente Obama. Il neo senatore, poi, ha cavalcato tutti i temi più cari ai conservatori: fiera opposizione ai matrimoni gay, appoggio alla guerra in Afghanistan, revisione dei regolamenti per il porto d’armi. Insomma, un candidato così conservatore da far sembrare John McCain un liberale.

La guerra degli operai: inglesi contro italiani DOPO LA RAFFINERIA TOTAL, UN NUOVO CASO ACCENDE LA POLEMICA SUGLI STIPENDI di Andrea Valdambrini Londra

uesta volta gli immigrati siamo noi italiani. Qvolta,Siamo noi, una volta tanto (o ancora una se si pensa all’immigrazione italiana fino a pochi decenni fa) a rappresentare una minaccia, con la nostra forza lavoro a basso costo esportata in Gran Bretagna. Sull’altro fronte, gli operai inglesi e i sindacati. Che invocano il ritorno agli accordi presi con l’azienda e il rispetto dei diritti dei lavoratori “senza riferimento alla nazionalità”. In un intrigo di ragioni complesso e difficile da decifrare. Succede a Staythorpe, nelle East Midland, uno dei distretti ad alta concentrazione industriale dell’Inghilterra centrale. La Alstom, gruppo industriale francese, sta costruendo una stazione energetica servendosi di subappaltatori che provvedono forza lavoro. Una delle aziende coinvolte nel progetto è l’italiana Cmn, specializzata nella costruzioni di impianti e macchine industriali. Secondo quanto appreso in seguito all’inchiesta avviata dal sindacato britannico Unite, i lavoratori italiani reclutati da Cmn per la Alstom ricevono un salario nettamente inferiore a quello dei colleghi inglesi. Tra l’aprile e il dicembre 2009, il lasso di tempo documentato dall’in-

chiesta, circa 17 operai ogni mese hanno guadagnato mediamente 1300 sterline in meno del salario stabilito. E questa è la parte documentata della vicenda, probabilmente soltanto la punta dell’iceberg. Basti pensare che l’impianto industriale di Staythorpe può servirsi di un numero considerevole di operai, arrivando a impiegarne sino a 2000 nei periodi di più intenso lavoro. Una buona parte di loro sono forniti da subappaltatori, e molti subappaltatori non sono inglesi. Il sindacato si è detto preoccupato per il fatto che si possa seguire il “cattivo esempio” della Cmn. Ma non è la prima volta che in Gran Bretagna si innesca una guerra tra lavoratori che vede coinvolti i nostri connazionali. Esattamente un anno fa, nel gennaio 2009, il caso più clamoroso era esploso nella raffineria Total di Lindsey, nel Nord Lincolnshire. Gli operai britannici erano allora scesi in piazza, sostenuti dal sindacato, contro l’utilizzo di italiani e portoghesi il cui lavoro era giudicato competitivo da parte dell’azienda appaltatrice, probabilmente anche perché pagato in modo più contenuto. Il subappalto era andato in quel caso alla Irem di Siracusa. La paura di perdere il posto, o di vedere abbassati i propri standard retributivi, aveva portato gli operai a scandire slogan che sfioravano il razzismo. Tanto da aprire un piccolo caso diplomatico.

Otto anni fa, la sua carriera politica aveva subito, fra l’altro, una forte battuta d’arresto quando, commentando la decisione del suo predecessore al Senato (una lesbica) di avere un bambino con la sua partner, l’aveva definita “non normale”. Insomma, i democratici avevano ben più di una possibilità per infrangere i sogni di gloria dell’avvenente Brown (pare piaccia molto alle donne) e conservare intatta la loro maggioranza ma non l’hanno fatto, soprattutto per quel peccato di “sottovalutare il nemico” che in politica si paga sempre. Oggi, dunque, il partito di

Nancy Pelosi dovrà sicuramente fare “mea culpa” ma anche studiare le eventuali mosse per salvare, prima di tutto, la riforma sanitaria e poi il resto dell’agenda presidenziale. Tre al momento le possibilità, tutte molto sgradite ai repubblicani: approvare la riforma definitiva prima che Brown si insedi materialmente a Washington; passare il progetto di riforma approvato dal Senato (sebbene sia molto meno ampio di quello della Camera) senza un nuovo dibattito; passare la riforma del Senato e approvare le “variazioni” future in maniera “spacchettata” senza sottoporle al dibattito.

ADDIO “SHINING LONDON”

CERVELLI IN FORSE a crisi morde il Regno Unito più che altrove in Europa. Gli italiani d’oltre-manica ora riflettono sul da farsi. Restare quando ancora non si vede la fine del tunnel della recessione? O tornare in Italia, magari dopo aver maturato una prestigiosa esperienza internazionale? Erano i primi anni del governo Blair, a cavallo del millennio, quando molti di loro sono venuti per lavorare nel mondo della tecnologia industriale e nel settore bancario e finanziario. Erano gli anni in cui la capitale meritava l’appellativo di “Shining London”, una città cosmopolita e in continua trasformazione. Poi la crisi economica si è riversata sulla finanza britannica come un ciclone. E da lì, a cascata, sui settori produttivi. Il paese si è scoperto vulnerabile. La generazione degli “italiani del millennio” al momento sta a guardare. Qualcuno confessa, deluso, che non c’è paragone: Londra è più triste adesso. Ma qualcun altro sospetta che prima fosse troppo brillante per essere vera. (An. Va.)

L

Il premier Gordon Brown, messo alle strette e preoccupato dagli effetti dell’ingresso massiccio di lavoratori stranieri aveva ripiegato sul protezionistico slogan “British jobs for british workers” (“lavori britannici per lavoratori britannici”). Non è forse neppure il caso di ricordare, tuttavia, che noi italiani per primi (al pari dei portoghesi o dei molti polacchi che compiono lavori manuali in tutta la Gran Bretagna) godiamo del diritto di libero movimento nell’ambito dell’Unione. In tal senso è quasi impossibile negare l’ingresso per motivi di lavoro a cittadini in possesso di un passaporto europeo. A margine delle proteste di Lindsey, il regista Ken Loach, esponente del marxismo inglese, aveva espresso la sua solidarietà nei confronti dei lavoratori inglesi. Dietro agli slogan, aveva spiegato, non c’era un’istanza protezionistica, ma la richiesta di regole sul lavoro uguali per tutti. Gli operai britannici, dal canto loro, non se la passano certo bene. I timidi accenni di ripresa economica in questo inizio di 2010 non possono nascondere una condizione pesantissima per il mondo del lavoro e soprattutto per l’industria. La disoccupazione tocca qua-

si l’8% su base annua. Molte aziende straniere che in passato hanno investito in territorio britannico si vedono ora costrette a tagliare o perfino chiudere i battenti. In seguito all’acquisizione della storica azienda alimentare Cadbury da parte dell’americana Kraft, ufficializzata solo l’altro ieri, si prevedono pesanti tagli sul totale di 4500 posti di lavoro, anche se la stima ufficiale non è ancora stata resa nota. Ancora più grave la situazione allo stabilimento gallese della Bosch, grande azienda tedesca di forniture meccaniche. Qui il numero delle persone da licenziare è stimato in non meno di 900. Il trasferimento della fabbrica è già pronto. In Ungheria, dove il lavoro costa meno.


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Giovedì 21 gennaio 2010

SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out

Moretti Trionfo al Sacher per i suoi documentari al femminile

Paralimpiadi A quelle invernali, Sky dedicherà ogni giorno sei ore di tv

Ancora Pep Guardiola firma con il Barcellona per un’altra stagione

Difese La Cina nega che il blocco di Avatar abbia ragioni politiche gli studenti

UN TRENO PER LA MEMORIA La scrittore Primo Levi. Qui sopra la cartina del viaggio che dopo la liberazione di Auschwitz, Levi fece per tornare a Torino

LA STRADA DE LA TREGUA

PRIMO LEVI Ritorno dall’inferno di Andrea Cortellessa

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sce per Chiarelettere, in occasione della Giornata della memoria del prossimo 27 gennaio, un cofanetto col dvd del documentario La strada di Levi, realizzato nel 2006 da Davide Ferrario e da Marco Belpoliti, accompagnato da un volume di materiali e saggi assemblati dallo stesso Belpoliti e da me, intitolato Da una tregua all’altra. Auschwitz-Torino sessant’anni dopo. Il film, uscito nel ventesimo anniversario della tragica

morte di Levi (a Torino l’11 aprile 1987), è un road-movie nel quale una piccola troupe ripercorre il tortuoso itinerario seguito da Levi per tornare in Italia, attraverso sconfinati territori dell’Europa dell’est (Polonia, Russia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Austria e Germania): il viaggio che racconta Levi cioè, nel 1963, nella Tregua. È l’occasione per una nuova “avventura medio europea”, come definì Calvino quella di Levi presentando il suo libro. Un’avventura nella quale si incontrano le mille contraddizioni di un’Europa che intrattiene difficili rapporti col proprio passato tragico, ma anche con un presente quanto mai problematico (la Seconda guerra mondiale, la Shoah, lo stalinismo, la desovietizzazione, il nuovo esasperato consumismo). Un episodio importante è per esempio ambientato a Chernobyl, località ovviamente non citata nella Tregua di Levi. Il quale però durante il suo viaggio transitò a una quaran-

tina di chilometri da lì; e che nell’86, a pochi giorni dall’esplosione del reattore nucleare sovietico, scrisse un commento sul disastro. Levi vi tornava su un tema a lui caro come quello della responsabilità della scienza e della tecnologia; ma vi si può leggere, anche, qualcosa di più irrazionale, viscerale: l’invisibilità della minaccia costituita dalle radiazioni. Ed è a questo punto che Levi evoca uno spettro dell’immaginario collettivo come la peste. Come il

contagio di un’epidemia, l’inquinamento nucleare è una minaccia che non si vede, e assomiglia molto al veleno di Auschwitz. Che, come scrive Levi nell’ultimo capitolo della Tregua, continua a circolargli dentro a distanza. Ma ci appaiono coi caratteri di una nuova pestilenza anche il montante neonazismo documentato dal film in Germania; nonché l’esacerbato nazionalismo che in paesi come Ucraina e Bielorussia contraddice i pur generosi slanci di rinnovamento. Il volume Da una tregua all’altra cerca appunto di riannodare questo viaggio del 2005 a quello del 1945. E lo fa presentando materiali rari e dispersi di Levi e di Mario Rigoni Stern (l’autore del Sergente nella neve, che di Levi fu buon amico), e saggi su Levi – oltre che di Belpoliti e miei – di Massimo Raffaeli e della giornalista di base a Mosca, Lucia Sgueglia, sul senso della geografia nella Tregua e in generale nell’opera di Levi. Lo stesso senso del paesaggio che Belpoliti ha mostrato in un’ennesima reincarnazione della Tregua: La prova, il diario della lavorazione on the road della Strada di Levi (uscito da Einaudi nel maggio del 2007). Dove si legge fra l’altro: “Levi […] sembra avere idee molto chiare su come funzionano i meccanismi della psiche umana. Traccia cartelle cliniche e insieme mappe geografiche. […] Forse è la sua mente a funzionare come una carta geografica, sia per le persone sia per i luoghi”. Ma se Levi ci appare oggi un grande geografo ex lege, la nostra ricerca riflette anche sul suo “mestiere” di storiografo, a sua volta senza cattedra. C’è per esempio un aspetto del-

Libro e film LA PRESENTAZIONE Il giorno della memoria Esce oggi il cofanetto con il dvd del documentario “La strada di Levi”, realizzato nel 2006 da Davide Ferrario e da Marco Belpoliti, accompagnato da un volume di materiali e saggi assemblati dallo stesso Belpoliti e Andrea Cortellessa “Da una tregua all’altra”. Il cofanetto verrà presentato al Teatro Franco Parenti di Milano, mercoledì prossimo alle 18. Con gli autori Anna Bravo e Stefano Jesurum.

In libreria il cofanetto con il libro più dvd realizzato da Davide Ferrario e Marco Belpoliti la sua opera per qualche motivo sinora tenuto a margine dalla sterminata bibliografia critica: il suo lavoro di decodifica e “uso” delle immagini. Se Levi è per eccellenza il Testimone, non può essere privo di interesse cercare di capire come vedessero i suoi occhi. E come giudicassero le immagini riprodotte della Deportazione: quelle documentarie e quelle “di finzione”: a partire dal fortunatissimo serial televisivo Holocaust. (Per quel che può valere fu in quell’occasione che presi una prima volta coscienza di quanto era avvenuto. Avevo undici anni; due anni dopo mi recai in visita ad Auschwitz). Ma la parte più “nuova” del libro è costituita dalle deposizioni giurate che Primo Levi rese alle autorità italiana e tedesca, nel 1960 e nel 1971. Rese note qualche anno fa da Belpoliti, esse pongono una quantità di questioni non meno che cruciali. Si pensi soltanto all’attuale dibattito tra storici e giuristi sulla nozione di prova e sull’utilizzo, in tal senso, di testimonianze non “letterariamente” organizzate bensì formalizzate, come queste, al fine di un impiego forense. Il luogo-nodo, qui, è Fossoli: il campo di transito dal quale il 22 febbraio 1944 partì il treno maledetto che portò Primo Levi e centinaia di suoi compagni di sventura in un luogo che nessuno di loro aveva mai prima sentito nominare: Auschwitz. Col suo maligno genius loci, lo Sturmbannführer delle ss Friedrich Bosshammer. Catturato dalla polizia tedesca nel dopoguerra, e condannato all’ergastolo anche in séguito a questa deposizione di Primo Levi, Bosshammer morirà in carcere, di cancro, due anni dopo. In casi come questo si potrebbe ripetere che la vendetta è il racconto. No: giustizia, era fatta.

treno che parte per Uun nAuschwitz è sempre colpo al cuore. Quel percorso in verticale, le ore fissando il finestrino e i paesaggi che cambiano, storpiati dal freddo e dalla natura. Lassù, verso la Polonia. Gli internati del campo di concentramento di Fossoli viaggiavano per l’ultima destinazione dalla stazione di Carpi, il 25 gennaio – a più di 60 anni dalle deportazioni – sui vagoni che tengono accesa la storia sul buio dell’umanità ci saranno seicento studenti. I ragazzi delle medie superiori che associano il dolore straziante dei deportati alla targa in tedesco – arbeit macht frei, il lavoro rende liberi – all’ingresso del lager sapranno, e vedranno, che quella lugubre scritta è stata profanata e rubata appena un mese fa. Segno che il giorno della memoria – il 27 gennaio, in Italia istituito per legge nel 2000 – non è mai vecchio e, per alcuni, ancora troppo giovane. Gli studenti saranno accompagnati da artisti, scrittori e musicisti, sentiranno la fatica della traversata e il silenzio di una fuga sulle rotaie. Accanto ai ragazzi, ci saranno Carlo Lucarelli, Paolo Nori, il Coro delle mondine, Vinicio Capossela, Gian Maria Tosatti, i Rio, Stefano Cisco Bellotti. Prima di iniziare il viaggio di cinque giorni, organizzato dalla Fondazione Fossoli, i ragazzi incontreranno Sandra Eckert, presidente della comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia. Le letture di Nori e Tosatti, le musiche di Bellotti e Capossela racconteranno il dramma degli ebrei, poi le casupole e i comignoli di Birkenau riempiranno gli occhi e svuoteranno il cuore. car tec


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SECONDO TEMPO

NAZIONALE / IL RIENTRO DI NESTA

VILLA ARZILLA

Lippi punta sul gruppo di Berlino Al centro la stessa coppia di Francia ‘98 di Malcom Pagani

e la senti?”. E’ Alessandro Nesta, lì, nella terra di mezzo dove un sì impegna definitivamente e indietro dal rifiuto, non si può tornare. Marcello Lippi ha deciso, il difensore quasi. Con ogni probabilità, nella primavera sudafricana, ci sarà anche la sua maglia numero 13, che avrebbe provocato le ire di Gaucci e i timori della vasta genìa di scaramantici professionali. Nel 2007, quando decise di strappare velo e militanza, sembrava che la scelta fosse definitiva: “Abbandono la Nazionale. Nel calcio di oggi ci sono troppe partite. A me serve relax: accorgersene è stata dura, ma se riposo, anche il mio rendimento migliora”. Parole fatte scivolare a dieci giorni di distanza da un altro addio, quello di Francesco Totti. Erano i tempi del grande freddo con Roberto Donadoni, di un Europeo preparato nello scetticismo e abbandonato a undici metri dal trionfo. Un film messo in cantina, per dare spazio a un Peplum già messo in scena in contesti diversi. “Lippi e i suoi alfieri alla conquista del mondo”, applaudito in Germania quattro anni fa, è il remake che Marcello prova a costruire assegnando gli stessi ruoli che resero magica Berlino. Opzione quasi obbligata da un torneo che al di là degli sperimentalismi di provincia, offre il poco che può. Biondini, Candreva, Bocchetti, il bravo Ranocchia che prima di infortunarsi gravemente, si era mosso nella scia del primo Baresi. Nomi che eccitano le tasche dei procuratori, base solida e spendibile, in sola prospettiva. I migliori difensori del campionato parlano straniero e tra pigrizie, disattenzione verso i vivai e gerontocrazia dogmatica, gli over 30 rimangono l’avanguardia. Lippi non azzarda rivoluzioni e se proprio è costretto ad assumersi il rischio, preferisce far-

“T

lo con chi gli deve qualcosa. Totti quindi, con tutta la dovuta litanìa di superlativi : “Una grandissima persona e un grandissimo giocatore” e Nesta che venne scelto da Dino Viola per la Roma, prima che suo padre Giuseppe, laziale, non scompaginasse il futuro, stracciando l’iniziale promessa per trascinare il giovane Sandro a San Basilio, periferia est della Capitale, in mezzo a trecento bambini, facendone bandiera, momentanea, di una Lazio troppo intensa da dimenticare.

gna segnata da Gerd Müller, Cruijff e dal vaffanculo in mondovisione di Chinaglia, quando Haiti con Sanon, spaventò Zoff e Giorgione, richiamato in panchina dopo dieci stanchi minuti della ripresa, si sfogò senza bisogno di interpretazioni o indagini labiali. Chiuse in un amen, Chinaglia e neanche la comprensione di Fuffo Bernardini, servì a ricomporre la frattura con pubblico e critica. Le ribellioni, nel pallone, si dispiegano al chiuso. Chi evade dalla logica, finisce nella gabbia dell’indifferenza.

NOSSIGNORE. Solo qualche mese fa, Lippi negava. “Non li chiamerò perché sono convinto che bisogna rispettare le decisioni di chi ha dato tanto alla causa”. Ci ha ripensato, e adesso, di fronte al prevedibile partito di chi come Cesare Maldini, giudica la possibilità come uno sfregio alla tradizione: “Chi ha detto no all’Italia, non può tornare sui propri passi”, tace e prosegue, sede dopo sede, nella peregrinazione che lo porterà tra poche settimane a scrivere di suo pugno la rosa definitiva degli eletti. Nesta nutrirebbe ancora qualche dubbio. Titubanze legate alla lunga sosta che gli aveva fatto temere l’interruzione coatta della carriera e al tacito, militaresco, obbligato rispetto verso il gruppo che ogni reimmissione forzata, prevede. Sul tema, Lippi lo ha rassicurato. I capi hanno annuito. Lo vogliono. Si sentirebbero più protetti. E’ sempre andata così. E’ il clan a dettare le regole, decidere se e come un elemento possa stare all’interno del recinto, segnalare al Ct distonìe in grado di compromettere il buon esito della spedizione. Così Cassano, che ha mille difetti ma il pregio dell’intuizione, ha capito prima degli altri che a Città del Capo non avrebbe fatto neanche il turista, fissando un matrimonio (provocatorio?) per il 19 giugno. Chi sgarra, rimane fuori. Accadde nel 1974, il 15 giugno, nella rasse-

LONTANO DA DOVE. Non è la prima volta che un Ct

saicamente, farsi ricordare come il Vittorio Pozzo del nuovo millennio. Per farcela, ben oltre la fortuna, incorniciata in una battuta da balera di Aldo Agroppi: “In confronto al culo di Lippi, quello di Sacchi era un coriandolo”, avrà bisogno di ricreare lo stesso spirito che nei giorni che precedettero l’impresa del 2006, aleggiava nella tetra Coverciano. Una squadra assediata, con gli editorialisti che invitavano a tifare Ghana, a escludere Buffon, a non credere per un solo istante, a un’accolita

Il Ct ci ha ripensato, aveva detto “Non li convocherò” ma la modestia della Serie A, lo ha fatto recedere dal proposito iniziale decide di puntare sul gruppo storico. Così, a dodici anni da Francia ‘98, i centrali dell’Italia potrebbero essere gli stessi di allora. Cannavaro e Nesta. Sessantanove anni in due. Anche all’epoca, nel torneo dei sergenti aggrediti dalla paura prima del calcio di rigore, dei rimpianti e delle staffette senza costrutto, sostavano a guardia dell’area. Eventualità non esclusa, benché lasciar fuori Chiellini appaia un’eresìa e il capitano attuale, impietosamente irriso in velocità da mezza serie A, pecchi di relativa affidabilità. SABA E BEARZOT. C’è qualcosa di più, pare sussurrare Marcello, che da un lato sogna di parafrasare Saba, col sigaro in luogo della Savinelli nel blu di Viareggio: “Non chiedo altro/ fumare/ la mia pipa in silenzio/ come un vecchio lupo di mare” e dall’altro, più pro-

collusa senza redenzione con il peggio del nostro calcio. Quella volta, come nel ritiro di Pontevedra, in Spagna, col Vècio, pronto a benedire il silenzio stampa, la sindrome della trincea produsse rabbia giovane da incanalare in campo. Non è detto che ripetersi, con quattro anni in più nelle gambe, offra lo stesso risultato. Lippi lo sa ma non dispera. Si affiderà alla testa. Alla voglia di stupire. Sembra di leggere Arpino (che su tenebre e spedizioni azzurre marchiate dalla negatività, scrisse un volume attualissimo) “È sempre sull’anima che

a Cina aprirà, il Giappone chiuderà. E in Lpiùmezzo, tra un atteso Scorsese e un ancor di Polanski, c’è un’Italia sparsa in varie sezioni, tranne una. Indoviniamo? Il concorso ufficiale. Al baffuto patron Herr Kosslick piace così e con amara evidenza va rilevato che nessun titolo nostrano sia stato da lui ritenuto “concorrenziale” tra i Principi della Berlinale numero 60, che si celebrerà dall’11 al 21 febbraio. Il festival, noto per anticonformismo anche comunicativo (il programma viene sbriciolato nei mesi e non ufficializzato in un’unica conferenza stampa semplificatrice) ha proprio ieri informato su quanto sarà “in competition”, con qualche coda da annunciarsi in dirittura di festival e questa, presumibilmente, non parlerà italiano. I giochi sono fatti, dunque. La non competitiva squadra tricolore prevede per ora cinque signori, due notissimi come Ferzan Ozpetek e Silvio Soldini, tre meno noti ma più giovani come Luca Guadagnino, Pietro Marcello e – notizia ancora non ufficializzata dal festival – il deb Ales-

RISCHIATOTTI. Così, alla fine, a trionfare potrebbe essere il paradosso. Con Totti e Toni, entrambi convocati e il primo costretto, per posizione, utilità complessiva, ginocchia messe a dura prova ed energie residue, a osservare il secondo dall’angolo buio di una panchina, ritagliandosi magari un prematuro ruolo alla Altafini, già precluso a un ragazzo padre di 35 anni per cui il viaggio rimarrà un miraggio, Alessandro Del Piero. Così il 3 marzo, in un’amichevole dalla sede indefinita (Nizza o Montecarlo) ma dall’avversario, il Camerun, che spedisce dritti alle polemiche di Spagna, alle inchieste giornalistiche insabbiate e al percorso che ci infilò tra i nervosi poliziotti in verde oliva del Santiago Bernabeu, i tre potrebbero imbarcarsi per una missione in prospettiva. Comunque vada, il triplice grido di Nando Martellini non lo riascolteremo più. E alzare la Coppa, sarà affare per fideisti, abituati a veleggiare ben oltre i confini dell’ottimismo.

(FOTO ANSA)

IL FESTIVAL PRESENTA IL PROGRAMMA, PER GLI ITALIANI C’È IL FUORI CONCORSO sandro Aronadio. L’aspetto curioso è che per Ozpetek e Soldini, il direttore Kosslick si è quasi inventato una proiezione-evento: se Mine vagantidel regista turco ma ital-naturalizzato sfilerà su un tappeto rosso del tutto eccezionale perché non previsto per gli altri film della medesima sezione, che è Panorama - Fuori concorso, Cosa voglio di più del cineasta osannato in Germania per Pani e Tulipani è posizionato in un contenitore chiamato Berlinale Special Gala. Sezione che già l’anno scorso ospitò anche Ermanno Olmi col suo doc Terra Madre. Indice di grande rilevanza data ai nostri, da veri e propri maestri. Purché fuori concorso. Chissà. Guadagnino con il suo Festen dal sapore viscontiano Io sono l’amore (visto a Venezia in Orizzonti) è nella simpatica sezione Kulinarisches Kino (il cinema culinario) mentre il magnifico documentario di Pietro Marcello, La bocca del lupo, si è meritato il Forum (la sezione dei nuovi talenti e forse la più interessante del festival) dopo aver vinto il 27° Festival di Torino. L’esordiente Alessandro Aronadio porterà Due vite per caso con Isabella Aragonese e Lorenzo Balducci in Pano-

cane. Segnando al ritmo ballato nell’ultima prova, lasciarlo a terra sarà impossibile. Così, come accadde ad altri attaccanti non giovanissimi (Anastasi, Altobelli, il Paolo Rossi del deprimente Mexico ‘86, competizione in cui a Bearzot, l’esperimento nostalgia messo in piedi da Lippi, non riuscì), a 33 anni, Toni potrebbe ritrovarsi titolare in Nazionale. Tassello di un meccanismo che conosce a memoria e a cui ha già offerto soddisfazioni non quantificabili.

Alessandro Nesta

Berlinale tra Scorsese e Polanski di Anna Maria Pasetti

bisogna giocare, si tratti del Papa, di Stalin o di un Bomber. Qualcuno, chissà dove, capirà”. Marcello farà la stessa cosa. Ai cavalieri, si è infatti aggiunto Luca Toni. Il passaggio dalle nebbie tedesche alle abili mani di Claudio Ranieri, ha avuto l’imprimatur di Lippi. In Germania, Toni si era smarrito. Ai margini, in un’involuzione senza luce. Appena arrivato, ha accompagnato la risalita, impegnandosi nel mestiere che meglio conosce. Non ha nascosto le ambizioni sudafri-

rama. Chi concorrerà dunque all’ambito Orso d’Oro della 60ma Berlinale? Non Martin Scorsese in prima mondiale con Shutter Island nel fuori concorso della sezione principale, ma Roman Polanski sì: il regista, che ha terminato il suo The Ghost Writer mentre era agli arresti domiciliari, ha accettato di buon grado di confrontarsi con altri colleghi, anche esordienti. Come lui il cinese Zhang Yimou (San qiang pai an jing qi - Una donna, una pistola e un negozio di noodle), l’inglese Michael Winterbottom (The Killer Inside Me) e il danese Thomas Vinterberg (Submarine). In gara anche la bosniaca già Orso d’Oro nel 2006 per Grbavica Jasmila banic (Na Putu - Sul sentiero), l’iraniano Rafi Pitts (Shekarchi - La caccia), il giapponese Koji Wakamatsu (Caterpillar), la danese Pernille Fischer Christensen (En Familie - Una famiglia), gli americani Noah Baumbach (Greenberg) e Rob Epstein (Howl), il tedesco Oskar Roehler (Jud Süß - Film ohne Gewissen) i belga-francesi Benoît Delépine, Gustave de Kervern (Mammuth) e il cinese Wang Quan’an, Orso d’Oro nel 2007 per Il matrimonio di Tuya con Tuan Yuan (Divisi insieme) che aprirà le danze.

DELUSIONE Baarìa è fuori dagli Oscar è bastata la campagna americana, il ricordo di Nzioneon “Nuovo cinema Paradiso”, la prima positiva readel pubblico. Giuseppe Tornatore non ce l’ha fatta. Baarìa è fuori dall’Oscar. Il risultato della prima pre-selezione (la cinquina definitiva verrà svelata il 2 febbraio, mentre la consegna delle statuette è prevista per il 7 marzo) non ha considerato meritevole di concorrere l’affresco storico del regista siciliano. I nove film rimasti in lizza per l'Oscar per il miglior film straniero parlano lingue diverse. El secreto de Sus Ojos (Argentina), Sansone e Dalila (Australia), The World is Big and Salvation Lurks around the corner (Bulgaria), Un profeta (Francia), Il nastro bianco (Germania), Ajami (Israele), Kelin (Kazakhistan), Winter in Wartime (Olanda), The Milk of Sorrow (Peru) di Claudia Llosa, già Orso d’oro a Berlino. Le pellicole in gara erano sessantacinque. Per Tornatore, che aveva spesso definito Baarìa (costato 25 mln di Euro) il film della sua vita, una delusione inattesa.



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SECONDO TEMPO

WEEKEND Manuale di sopravvivenza

di Biondi, Collo, Colasanti, Pagani, Pasetti, Pontiggia

ARTE

Da vedere èèèè Drammatico/Ita

L’uomo che verrà Di Giorgio Diritti. Con Maya Sansa e Alba Rohrwacher

Premiato al Festival di Roma, L’uomo che verrà porta sul grande schermo in formato famiglia, quella della piccola protagonista Martina (Greta Zuccheri Montanari, bravissima), la strage di Marzabotto - Monte Sole, dove il 29 settembre 1944 le SS scatenarono una rappresaglia senza precedenti, trucidando 770 civili, per lo più bambini, donne e anziani. Interpretato da Claudio Casadio, Maya Sansa e Alba Rohrwacher, parlato nel dialetto bolognese dell’epoca, supportato dalle testimonianze dei sopravvissuti e da una fedele ricostruzione storica, l’Uomo di Giorgio Diritti non viene per le ragioni della Storia (il revisionismo, peraltro inviso al regista, non è opzione pertinente), ma in ragione delle storie private, umanissime di una civiltà contadina qui falcidiata da SS imberbi, attraversata dai partigiani che chiama “ribelli” e comunque destinata all’estinzione: meno efferata, ugualmente ineluttabile. Dando seguito alla cifra antropologica e stilistica dell’esordio-cult Il vento fa il suo giro,

&

LIBRI

èèè / Da leggere Storico

Sogni e pietre, trad. R. Belletti, Voland MAGDALENA TULLI

Polacca, psicologa e traduttrice (tra gli altri, Proust e Calvino), Magdalena Tulli fa parte di quella fitta schiera di scrittrici “risorte” dopo la caduta del Muro di Berlino. Sogni di pietre è la storia di una città, Varsavia, microcosmo chiuso, della sua crescita, dei suoi cambiamenti, delle sue impreviste trasformazioni. Città di sogni e soprat-

èèè Commedia / USA

Tra le nuvole Di Jason Reitman. Con George Clooney, Anna Kendrick

Per Juno l’Oscar se lo prese la sceneggiatrice Diablo Cody –vedere Jennifer’s Body per capire quanta (poca) farina fosse del suo sacco… - e Tra le nuvole ai Golden Globes è rimasto a secco: per fortuna, i premi passano, alcuni film restano. Come questo, che ha un titolo poco fedele a Jason Reitman: figlio del papà dei Ghostbusters, fa cinema con

meticoloso pragmatismo e disinvolta sapienza, manco fosse il trolley portato in giro per il cielo dal suo adorabile bastardo George Clooney, tagliatore di teste a tempo pieno, amante occasionale e sporadico membro familiare. Fin qui, almeno per lui, tutto bene, ma la doppia crisi, economica e sentimentale (Vera Farmiga, come dargli torto…), gli farà scoprire non un altro, ma semplicemente il mondo, quello che non ha i passepartout per ogni porta, né rincorre il primato da frequent flyer quale (unica) ragione di vita.Al Festival di Roma, Clooney ha gigioneggiato (“Anch’io sono stato licenziato un sacco di volte…”), ma da persona intelligente qual è avrà baciato i piedi al buon Jason, che gli ha regalato il ruolo di una carriera, rivestito delle sue belle apparenze e abitato da deprimenti pochezze per incarnare il mix che ci ha mandato in crisi globale. Drammaturgicamente perfetto, Reitman non cede nemmeno all’happy ending e Tra le nuvole… trova l’arcobaleno. (Fed. Pont.)

Da non vedere è Commedia / USA

Nine Di Rob Marshall Con Daniel Day-Lewis, Marion Cotillard, Penélope Cruz, Judi Dench, Nicole Kidman e Sophia Loren

presso il Museo per la Memoria di Ustica. L’artista francese, presente fino al 21 febbraio nell’immenso Grand Palais di Parigi con la spettacolare “Personnes” e contemporaneamente tenuto ‘sotto controllo’ 24 ore su 24 per volontà di un collezionista, ha concentrato per tutta la vita l’attenzione sul tema della memoria. E’ dunque a lui che l'Associazione dei Parenti delle Vittime della Strage di Ustica ha affidato, nel 2007, il compito di accompagnare la difficile, indigeribile, visione del relitto del DC9 abbattuto il 27 giugno 1980 mentre si dirigeva verso l'aeroporto di Palermo. Più che ricordare il passato delle vittime, Boltanski è riuscito a bloccare la memoria del loro futuro spezzato. Ha nascosto in nove grandi casse nere le decine oggetti personali appartenute ai passeggeri e lavorato solo attorno all’angosciante carcassa del velivolo. Né fotografie né nomi, solo voci astratte che emettono i probabili pensieri di un futuro interrotto e lungo il ballatoio specchi neri dove ognuno può riflettersi. Infine, appese sopra i frammenti dell’aereo, 81 luci che si accendono e si spengono al ritmo di un respiro. Museo per la Memoria di Ustica, via di Saliceto 3/22, Bologna. Orario: merc, sab e dom 10-18 (30 genn 10-24 e 31 genn 10-20).

Nine, ovvero “9” forti perplessità sul musical di Rob Marshall. Uno: non basta giustificare lo svuotamento dei sapori felliniani dietro l’etichetta di “non-remake del capolavoro inimitabile del Maestro, 8 ½”, che resta la fonte di ispirazione del musical on stage da cui – comunque - il film è tratto. Due: la struttura binaria narrazione/canzone-coreografia troppo reiterata è garanzia di noia totale se non è intervallata da momenti di creatività registica di spessore. Marshall lo fece già in Chicago ma l’ensamble in quel caso risultò più piacevole. Tre: quasi tutte le performance coreografico-canore sono sotto tono, lontano dalla migliore offerta del musical contemporaneo (esempi, Moulin Rouge, Across the Universe..) ma anche del moderno videoclip. Quattro: Daniel Day-Lewis (Guido Contini) non voleva fare il film. E si vede. Cinque: anche Nicole Kidman sembra disinteressata al suo ruolo (l’attrice Claudia, evocazione più Ekberg che non Cardinale) e non giova. Sei: ad eccezione di Marion Cotillard (Luisa) – l’attrice più cool del momento e certamente la più dotata musicalmente delle Nine-girls – l’intero cast funziona solo parzialmente. Inclusa “mamma” Sophia Loren più icona giustapposta alla memoria che artista valorizzata. Sette: i dialoghi, arbitrarie mescolanze tra italiano e inglese stranamente accentato, sono piuttosto ir-

ritanti. E si immagina non solo al pubblico italofono. Che invece percepisce come ridicolo quanto al numero Otto, ovvero i ritornelli italiani delle canzoni: al limite del non-sense. Numero Nine: come acutamente recensì il New York Times, l’atmosfera finto-tricolore veicolata dal film di Marshall ha un mood più di “Berlusconesque” che non dei tempi in cui l’Italia, seppur difettosa, profumava ancora di dolce vita.. A. M. Pasetti è Fantascienza / USA

Il quarto tipo Di Olatunde Osusanmi. Con Milla Jovicich

Nel 1972 fu stabilita una scala di misura per i contatti con gli extraterrestri: il rapimento è un incontro ravvicinato del quarto tipo. Olatunde Osunsanmi, alla seconda prova dopo The Cavern, questo sci-fi horror è ambientato a Nome, Alaska, dove negli ultimi 40 anni cittadini sottoposti ad ipnosi regressiva dichiararono di aver incontrato gli alieni, preceduti dall’apparizione di un gufo bianco... A investigare è la psicologa Abigail Tyler (Milla Jovovich, bella e basta), che scoprirà terrificanti rivelazioni, supportate (?) da interviste e inediti materiali di repertorio. Mockumentary pretenzioso nelle intenzioni e timido negli esiti che passa inosservato, senza far paura a nessuno. (Fed. Pont.)

DITTATURE, ANIMALI E GUERRE CIVILI tutto di incubi, come la Metropolis di Lang, Gotham City, o la Los Angeles di Blade Runner. Dove ogni edificio è un “ricettacolo di inquietudini”, dove ogni porta “potrebbe rivelarsi la peggiore delle uscite”… (Pa. Co.) èèè Memorialistico

Sia folgorante la fine, Rizzoli Carla Verbano/Alessandro Capponi

Una madre, un figlio, trent’anni senza verità. Vale-

rio Verbano fu ucciso in una casa del quartiere Vescovio, a Roma, il 22 febbraio 1980, mentre fuori dalle finestre, nelle strade, con rossi, neri e pezzi di stato in conflitto, fischiava la bufera di una guerra civile. Uno sguardo semplice, mai rassegnato, analitico e sentimentale al tempo stesso, su una pagina di storia richiusa troppo in fretta. (Ma. Pa.) èèè Etologico

Gabbie vuote, Sonda

il disco di dente

ella settimana in cui molti raggiungeranno Bologna Nall'installazione per ArteFiera (29-31 gennaio) suggeriamo la visita permanente di Christian Boltanski

Giorgio Diritti, autore di “L’uomo che verrà”, già premiato al Festival di Roma e l’installazione sulla tragedia aerea del Dc 9 Bologna-Palermo di Boltanski

Diritti non cerca la (sovra)scrittura ideologica, né si issa sulle spalle dei giganti del cinema bellico, perché satura la strage, ma lascia il sangue nel fuoricampo. Viceversa, il regista dribbla il Novecento di Bertolucci per “ripetere” la lezione del suo maestro Olmi più lateralmente, dei Taviani - e trova con pudica intensità i volti, splendidamente inattuali, persi dalla Storia e l’elementare, crudele verità dell’homo homini lupus, nutrita di mala educazione (i giovani de-formati dal nazionalsocialismo), razzismo e quell’intento di sopraffazione chiamato istinto di conservazione. Ma questo passato che non passa preserva una neonata speranza, “che tra 500 anni – dice Diritti la guerra possa essere considerata un reperto storico”. E’ questo l’uomo che verrà? Capolavoro. (Fed. Pont.)

Colasanti

LA MEMORIA DI USTICA E UN DC 9 FIRMATO BOLTANSKI

MARZABOTTO MAI COSÌ VERA

¸Cinema

di Claudia

Tom Regan

L’autore è professore di filosofia presso l’università della North Carolina e, soprattutto, leader intellettuale dell’ARA (Animal Rigts Advocates). Un libro che vuole rispondere alle più elementari domande sui diritti degli animali e sulla loro difesa. Un libro contro “la guerra non dichiarata che gli umani conducono verso gli animali”. Per capire che ognuno di noi, anche senza dover diventare necessariamente vegetariano o vegano, può contribui-

LO SGUARDO DI LLAMARAZES SUL FRANCHISMO E LE MEMORIE DI CARLA VERBANO SUL FIGLIO VALERIO

re, con piccole, semplici azioni quotidiane, alla difficilissima battaglia per una più ampia coscienza animalista. èèèè / Da rileggere Romanzo

LUNA DA LUPI JULIO LLAMAZARES,trad. TuttoEuropa, PASSIGLI

Come promesso nel 2009, torniamo su questo autore – nato a León nel 1955 – sventuratamente poco conosciuto in Italia ma degno della massima attenzione. Dopo La pioggia gialla, Llamazares ha scritto quest’altro breve romanzo di rara bellezza e intensità: nessuno aveva mai narrato le vicende di quei militari dell’esercito repubbli-

cano che all’indomani del crollo del fronte delle Asturie si ritrovarono intrappolati in territorio spagnolo, e che vissero per mesi – alcuni per anni – nascosti in montagna, nelle miniere abbandonate, ricercati, perseguitati, la più parte torturati e poi uccisi, abbandonati al loro tragico destino anche dai familiari – essi stessi vittime delle rappresaglie del regime –, e che tentarono di portare avanti una resistenza impossibile contro la trionfante e sanguinaria dittatura di Franco. Come dei lupi feroci e feriti, appunto. Un libro teso, durissimo, mai autoreferenziale, senza una parola di troppo. (Paolo Collo)

è GRANDADDY The Sophtware Slump Fango e metallo, tastiere di computer nella sabbia, atmosfera post-qualcosa, tecnologia retrò, spazio, campagna, robot, montagne, nostalgia, tramonti, vecchi videogiochi da bar, rassegnazione, apocalisse tecnologica, voli, terra e plastica. Questo è quello che vedo quando sento The Sophtware Slump, registrato nell'anno 2000 d.C. a Modesto, California. Il secondo lavoro dei Grandaddy, band scioltasi nel 2006, è fatto di canzoni space-folk, di suoni sintetici e chitarre acustiche, di testi malinconici e visionari, una sorta di Space Oddity del nuovo millennio, qualcuno, addirittura, dice sia l'erede di Kid A dei Radiohead. Si passa da canzoni dilatate, elettronica spaziale e pianoforti terrestri, a piccoli gioielli di elettricità pop, a vocoder modificanti e voci magnetiche di annunci registrati. La sensazione è che il cantante folk, quello con la camicia scozzese e gli stivali, col pick-up e la barba lunga, abbia scoperto la tecnologia, ma non quella del suo tempo, quella di vent'anni prima e la usi a modo suo. Ci sono canzoni che commuovono per l'atmosfera che riescono a creare, per le straordinarie melodie della voce e la grazia degli arrangiamenti, e questo succede anche quando si parla di Jad, l'umanoide, un robot costruito, amato e coccolato che, quando viene trascurato dai suoi inventori, si sbronza e si uccide. Insomma un disco per sognatori e amanti della buona musica. La malinconia si può anche immaginare e i Grandaddy l’hanno fatto benissimo.

CD in uscita

³

è VAMPIRE WEEKEND Contra (XL) Esce il secondo album del quartetto di New York molto atteso e molto lodato dai critici musicali. C’è un gran lavoro di ritmiche, quasi ossessivo. Scomodare però i Talking Heads o il capolavoro My life in the bush of ghosts di Byrne e Eno pare eccessivo. Qualcuno già parla di disco dell’anno. L’album è gradevole ma a tratti indigesto, come quasi tutti i dischi mediocri usciti dall’inzio dell’anno. Se si sceglie il male minore, siamo alla frutta. è BADLY DRAWN BOY Is there nothing I could do? Damon Dough aka Badly drawn boy confeziona una colonna sonora per The fattest man in Britain e, ancora una volta, si dimostra un gigante. La title-track ricorda il miglior Morrisey: c’è un’intensità rara e commovente che non si trova in nessun altro disco. (Guido Biondi)


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Giovedì 21 gennaio 2010

PERCORSI

¡TIME

SMART

a cura di Eugenia

Romanelli

PERCORSI

smartime@ilfattoquotidiano.itper

SACRO & PROFANO

IL TEATRO È CLASSIKO

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Da non perdere

ARTE VISUALE E SONORA

è PADOVA Porsche Live. Pensieri ed altri suoni Tre serate di musica e teatro promosse da Porsche Italia e dedicate all'Africa nel segno della solidarietà. Si comincia stasera al Teatro Verdi con un monologo di Lella Costa e il jazz della Civica Big Band per AIDOS, cui andrà il ricavato della vendita dei biglietti. Il 22 incontro con lo scrittore sudafricano Zakes Mda. Il 23 chiude la poetessa sudafricana Napo Masheane. Info: 0498292911

brigatevi perché il 31 chiude “Love mi Fender”, la mostra curata dall’intelligente Luca Beatrice al Museo della Musica di Bologna. Vale davvero la pena, soprattutto per gli amanti della chitarra elettrica (lo ricordiamo, la mitica Fender era suonata da mostri sacri come Jimi Hendrix, The Who, Deep Purple...) e per chi è appassionato di arte contemporanea “sporca”. Già, perché il tema è la contaminazione tra arte visiva e sonora, parola dell’alchimista per eccellenza, Nicola Di Caprio: “Mixare le arti è da sempre il fulcro del mio lavoro e colpire lo spettatore con stimoli a propulsione sia musicale sia d’immagine è per me il massimo dell’attività creativa”. Per forza, visto che Di Caprio è un batterista attivo: “Non ho mai smesso di praticare musica e a furia di vedere i suoni entrare prepotentemente nelle mie opere, ho deciso di affrontarli e la mia arte è diventata piena, matura”. Tra strumenti d’epoca e ritratti di compositori ottocenteschi, sbucano i contributi postmo-

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pensieri di cuore Y

Ho bisogno di felicità perchè è vero che qualunque ari lettori, questa te stesso, con gli altri. Umiltà. nazionale. E poi l’istallazione sistema vitale ha un settimana mi sono Il cinema non ha mai la fluidità di Jan Fabre. Indimenticabile. andamento ciclico. Senza di un discorso, sempre tutto è L’ho vista quest’estate, alla imbattuta in “Città di andare a scomodare il rapporto rotto dai ciak. Il teatro mi ha Biennale di Venezia. Mi piac- Transizione” (movimento Stern sulle catastrofi dato sicurezza nella vita”. Co- ciono gli artisti coraggiosi, tra- ambientalista irlandese, dal ambientali (2007) o le me passa il suo tempo libero? sversali, quelli che non si esau- 2005) e “Movimento per la dolorose relazioni degli “Libera godendo di cose libe- riscono nella provocazione Decrescita Felice” (Italia, dal economisti, intanto, re”. Esempi? “Lars von Trier, ma che la provocazione la usa- 2000). E se l’evoluzione, l’acquisizione del concetto di Mozart, Cattelan”. Però, legge- no per cercare e creare mondi invece, fosse la capacità di limite può tornare utile a tutti: la riconversione rina! “Secondo me è necessa- nuovi. Partecipando alle contenere? E se crescere fosse un movimento ecologica del nostro stare al mondo (quella che rio per la salute mentale avere esplorazioni di queste speri- orizzontale (come l’amore, intendo, cioè l’amministrazione Obama chiama clean-tech) e in casa il dvd di “Antichrist”, il mentazioni credo che si possa distributivo) invece che verticale (per un pochino di de-globalizzazione (non saltate accumulazione)? E se il bisogno, invece che cd del “Requiem”, un catalogo contribuire alla nostra evolusulla sedia) forse ci aiuterebbero a recuperare frustrazione, fosse leva per un cambiamento di Cattelan. E poi non credo si zione”. un po’ di contatto con un “sè” (privato e rigenerativo? Anche se può possa vivere nel moncomunitario) capace di rafforzare qualunque sembrare eccentrico in un do contemporaneo gesto contingente in qualunque tipo di momento di feroce crisi senza aver goduto inneggiare al deconsumismo, con relazione con sereno governo delle l’arte eccentrica del conseguenze. Riconcettualizzare l’idea di Cacciari (sett. 2009) sospetto Castello di Rivoli o di benessere significa usare in modo diverso il l’ingenuità dell’equazione GUERRA ALLA TERRA Punta alla Dogana, a modello di rete (acquisito proprio con crescita=evoluzione (“In natura i Venezia: si parla l’esperienza della globalizzazione): il mio stato processi che hanno una curva di Padova. SherwoodOpenArt apre il 2010 con le d’amore, di morte, di vitale interdipende da quello di tutti gli altri. E crescita esponenziale sono solo sesso, della paura per storie-inchiesta sulle guerre per le risorse: l’acqua nel se è vero che competizione e rendimento sono le metastasi cancerogene”): come ce la rappresenconflitto israelo-palestinese, il litio nel Salar Uyuni in utensili ormai d’antiquariato, allora tiamo oggi”. QualcoBolivia, il petrolio nel Delta del Niger, la posizione stiamo parlando di uno stile di vita sina di un po’ più leggeografica strategica per il transito di petrolio e gas basato sulla reciprocità (riuso, gero? “Romeo e Giudell’Afghanistan. Per conoscere conflitti che spesso ci riciclo, condivisione) e di una lietta, Prokofiev. E Vaappaiono troppo distanti per indignarci: “Con i poveri biodiversità culturale capace di nity Fair, che unisce il LE IMMAGINI DEL VIVERE della mia terra, con la vista triste di un bambino che va a limitare il flusso di entropia glam al respiro interdormire affamato, con l’ignoranza, frutto della miseria, aumentando la resilienza (la Fosse ancora vivo, capii che il mondo non è solamente mio” (T. De Mello). capacità di adattamento). Leggetevi Mario Tobino in questi giorni Prima della presentazione, aperitivo con Alessandro “La decrescita felice” (M. Pallante) e compirebbe 100 anni. Grazie Grandi (PeaceReporter) e con la il blog In alto Eva Robin’s (foto di F. anche al catalogo della narrazione multimediale della Gaza http://ioelatransizione.wordpress.com/. Silvi). In basso un’opera di mostra celebrativa (in esposizione al Palazzo Freedom March (spazio culturale di

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E SE DECRESCERE FACESSE MEGLIO?

Mondi

Paolina Bonaparte di Viareggio fino al 31) con foto, quadri e documenti che lo ritraggono, possiamo Domani h. 19.30: “Guerra alla terra. I conflitti nel mondo per la immaginarcelo malinconico, dopo i festeggiamenti, conquista delle risorse” di PeaceReporter, a cura di Maso rientrare nelle due stanzette di psichiatra del FA’ LA COSA GIUSTA... CON IL CRITICAL FASHION Notarianni, prefazione Gino Strada (Edizioni Ambiente). Info: manicomio di Maggiano, rifugiarsi nella solitudine sherwood.it, peacereporter.net che lo caratterizzò e sorridere ai suoi matti. Ora Milano. Moda ma anche modi. Perché possiamo dirlo: Tobino è tra i 10 grandi scrittori è AVANGUARDIE quando un tessuto è morbido e Lorenzo Botton italiani del secondo '900. E, tra questi, il più Il rifiuto dell’arte avvolgente, colora il corpo di una botton@bazarweb.info provinciale, nell'accezione positiva del termine: vibrazione benefica se le mani che lo genuino e impulsivo, capace d'odio perché prima Genova. Può il rifiuto hanno prodotto sono felici di averlo fatto. d'amore, letterato autobiografico senza sconti per diventare arte? Può: lo ha In realtà il settore del se stesso. In una società di sedicenti normali e di dimostrato Serge Van De Put con la sua scultura esposta tessile-abbigliamento è tra le filiere più intruppati in idee-massa, si sentì sempre Il clandestino. E, come dice alla Biennale di Venezia 2009, un gigantesco elefante creato colpevoli di violazioni dei diritti umani e qui il poeta Vittorio Sereni, ebbe l'intuizione che “il male sia con copertoni usati. E prima di lui lo hanno detto, forse del lavoro in tutto il mondo. Ci si ammala dell'intelletto, non degli affetti”. con meno chiarezza di quanto fa questa mostra, in tanti: e si muore più tra telai, macchine da “Le immagini del pensate all’Arte Povera. Pensate ai cessi di Salvador Dalì. taglio e vasche da tintura e è VISIONI vivere”, a cura di M. Nobili antefatti dunque (se vi piacciono il Surreale o gli finissaggio, che in trincea. A Per gli occhi: carta e video Ciccuto - Edizioni stracci di Jannis Kounellis) per “Dumping Art o Arte della Milano, capitale della moda Polistampa, 14 euro Discarica/dalla discarica al riciclo: arte a tutela italiana, dal 12 al 14 marzo, Un regista spuntato, prigioniero delle major e del dell’ambiente”, visitabile al Palazzo Ducale di Genova spazio in passerella alla “Critical brand Spider-Man. Così ormai si sparlava di lui. Balle. Sam Ciro Bertini ancora per pochi giorni, fino al 31 gennaio (dalle 14 alle fashion”. La settima edizione di bertini@bazarweb.info Raimi è ancora un horror-maker di talento e “Drag me to 19). L’idea è venuta a due artiste, Elena Boschieri ed “Fa’ la cosa giusta!”, Hell” un ritorno perentorio, un concentrato esuberante Elisabetta Lodoli, che hanno anche inventato Artelier, dove mostra-mercato pioniera delle di satira sociale, violenza ludica e humor regressivo. Il si tiene la mostra di opere create almeno in parte con buone pratiche, dalle filiere remix suona alla perfezione grazie ad un sound design rifiuti in cui espongono artisti corte alla green economy, dedica terrorizzante che il DTS 5.1 restituisce in tutto il suo giovani e, verificate, talentuosi. Al la sua sezione speciale alla moda splendore. Porto Antico è esposto l’elefante bella e giusta. In mostra aziende, Di ossessione del controllo racconta invece “Le carte di di Van De Put. stilisti e associazioni che Kubrick”, il bel volume edito da Sellerio che raccoglie esaltano l’estetica, lo stile e le Artelier, Palazzo Ducale, piazza manifesti, fotobuste, pressbook dei suoi capolavori e tendenze con le qualità etiche di Matteotti 32r, tel. 0105451391 tutto il materiale marketing e merchandising che Kubrick vestiti e accessori. vagliava e approvava personalmente. Il primo ad avere http://falacosagiusta.terre .it/ Amanda Freiburg intuito in anticipo che il sogno del “regista totale” si freiburg@bazarweb.info nascondeva nella cura di ogni dettaglio. Monica Di Sisto Drag Me to Hell, Medusa HE, 14.99; Le carte di Kubrick, disisto@bazarweb.info Sellerio, 35 euro

quando la trova, ne ha fame”. Un artista davvero libero, tanto che: “Mi chiamano molti giovani che vogliono farmi esporre in gallerie improvvisate o acquistare a pochissimo mie opere: a differenza dei miei colleghi, che si sentono squalificati, io accetto sempre, per me l’arte deve spargersi il più possibile”. Lo ricordiamo, Di Caprio, fondatore di “Superteste” (progetto musicale tra post-rock, jazz e avanguardia, aperto all’arte contemporanea), ha donato alla galleria d’arte Web “BazArt” il multiplo d’autore della sua opera “Mabuhay rocknroll” per venderla al costo di un

Partecipare

Scene PITECUS IL SAGACE

Teatro di Capocroce, sabato ore 21.00, “Pitecus” di e per la regia di Flavia Mastrella e di Antonio Rezza, con Antonio Rezza; info: A.T.C.L., tel. 0645426982, atcllazio.it. Lorenza Somogyi somogyi@bazarweb.info

paio di scarpe: “L’arte su Web, l’arte impura, sociale, collettiva, quella che si genera e rigenera spontaneamente diffondendo se stessa, mi affascina tantissimo. Sono un cultore del pop nel senso più letterale: tutti devono avere la possibilità di fare esperienza di arte, di entrarci in contatto. Le col-

lezioni private hanno reso l’arte morbosa, l’hanno usata per definire uno status invece che per evolvere”. Niente male nemmeno il suo libro “Second Skin”, 320 pagine di foto di gente comune fotografata mentre indossa una T-shirt con il musicista o il gruppo preferito). Sopra, Nicola Di Caprio. A sinistra e in basso immagini di SCENE e QUEER

SPAZIO ALLE NUOVE GENERAZIONI

E’ un bell’omaggio alla migliore produzione musicale di Eberhard Weber questo triplo cd che già nella copertina svela il fascino del contenuto: completamente bianca, emerge solo l’azzurro della scritta “Colours” tra i nomi in nero dei musicisti. E’ infatti Colours il nome del gruppo di cui il bassista Weber si avvale per i suoi capolavori artistici. Un nome che cela tutta l’intensità della relazione tra colori e musica. Perché è possibile vedere la musica o sentire i colori, almeno ascoltando Yellow Fields, Little Movement e Silent Feet, i tre cd che esprimono il meglio dell’arte di Eberhard Weber. Un musicista insolito che ha saputo trasformare le sonorità jazz in sinfonia grazie a un’attenta ricerca. Impossibile non lasciare andare mente e corpo alla quiete profonda di certe note, impossibile non lasciarsi trascinare dalla timbrica del suo basso così insidioso e penetrante. Grazie alla freschezza con cui riesce a suonare lo strumento, in mille modi diversi, Weber sa subliminare ogni singola nota, a servizio della costruzione di un’opera completa, in cui carezze e frustate sonore si alternano con ammaliante maestria.

Frascati. Sono tanti, vanno avanti e indietro e mettono in scena un microcosmo disordinato. Sono i personaggi che, numerosi, ci racconta Pitecus: un andirivieni di gente armata di grande confusione, stracci di realtà senza filo conduttore, sublimi cattiverie rendono comici ed aggressivi anche argomenti delicati. Gente sostanzialmente povera anche se un occhio guarda (con ironia) alla moda ed al costume che influenzano mentalità e portamento dei personaggi. Pitecus in definitiva è l'arma teatrale messa in scena da un acuto Antonio Rezza, forse nei suoi panni più sagaci, contro la cultura dell'assopimento e della quiescenza creativa, quella che, veramente, oggi genera mostri.

è TRIESTE Rassegna internazionale di video arte Da stasera per una settimana alla Stazione Rogers (nuovo spazio della cultura contemporanea sorto dalla riconversione di uno storico distributore di benzina) via per “Catodica”, un’orgia di video arte (catodica.com)

Tacchi a spillo

Musica da vedere

RadioSherwood).

Roberto Pisoni pisoni@bazarweb.info

derni di Pablo Echaurren, Fausto Gilberti, Daniele Girardi, Hubertus von Hohenlohe, Bartolomeo Migliore, ecc. Ma contaminazione è anche a Pescara, dove Di Caprio espone il suo video “Thin Tape Waltz” (c’è un nastro abbandonato per strada che il vento di New York fa ballare sull’incredibile partitura per batteria “Drum Also Waltzes”, composta da Max Roach e suonata da Bill Bruford). Dall’irriverente Beatrice (che tratta l’arte come merce) al Museolaboratorio Ex Manifattura Tabacchi di Città di Sant’Angelo: “Mi piacciono i tentativi che avvicinano l’arte alle persone scavalcando le lobby delle gallerie che ormai parlano solo agli addetti ai lavori creando èlite che con l’arte non c’entrano nulla. La galleria di Sant’Angelo è curata da artisti, non ci sono intermediari”. E pensare che c’è stata talmente tanta affluenza che hanno prorogato la mostra (“Sight 9/10”) di due settimane (6 febbraio): “Tranne Napoli, al sud non ci sono molti posti dove fruire arte contemporanea e la gente, è SUONI

Carta

Margherita Levo Rosenberg

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Nicola Di Caprio dall’Emilia a Pescara

Stasera a Bologna Eva Robin’s rilegge Goldoni imida, gentilissima, una voce piena di mitezza e rispetto, lo sguardo mai minaccioso. Eva Robin’s è così, educata. E poi, brava sul palco. Se non l’avete mai vista recitare, stasera vale la pena mirare al closing de “La locandiera” (teatrodipisa.pi.it), reduce da cinque mesi tra i festival più prestigiosi: “Non sono stanca, ogni volta per me è un debutto, ogni teatro indimenticabile, ogni pubblico un’emozione. Dal Peccioli, alla Versiliana abbiamo ricevuto scrosci di applausi e per me valgono più delle belle parole della critica”. Chissà come si fa a intervallarsi tra il teatro classico e quello sperimentale, quasi in contemporanea: “Chissà come si fa a dubitare delle mie capacità bifronti”, ridendo di gusto. Uno a zero per lei, naturalmente, eppure ci vuole stoffa per ritrovarsi a novembre nuda per Beckett (in “Giorni felici”, per il ventennale della morte) e a gennaio in una casta Mirandolina per un’opera immortale, banco di prova che, solo in Italia, ha avuto edizioni firmate dai più importanti registi, da Visconti a Strehler: “In effetti quest’incursione nel teatro classico è stata una bella sfida per me, abituata a lavorare con le follie surreali di Adriatico, il regista che mi ha portata alla Biennale di Venezia reinterpretando “Le serve” en travesti o che mi ha trasformata con “Frigo”. Ma ho imparato tantissimo, fare teatro in sale da 1200 persone a botta temprerebbe chiunque. E comunque la mia Mirandolina non è casta per niente”. Ossia? “Come mi dice sempre Buscemi, il regista, ho reso sexy quel personaggio. E pensare che a me è costato un faticoso lavoro di lima dover ridimensionare il mio naturale appeal di cui spontaneamente inondo tutto”. La seduzione: uno strumento che ha usato per farsi avanti nel mondo? “Sì. Sono cresciuta nel bisogno di sedurre per esserci. Ma poi, mettendola al servizio dei personaggi gli ho dato naturalezza e io l’ho trovata. Adesso riesco a governarla e non è più lei che governa me: sul palco, nella vita”. Senza dubbio (verificate coi vostri occhi stasera) stiamo parlando di maturità: “Il teatro mi ha insegnato tante cose per la vita di tutti i giorni: equilibrio, per esempio. Cosa che tv e cinema non fanno, costringendoti a strafare. Il contatto col pubblico ti educa alla relazione, con il successo, con

LOVE ME FENDER

Eberhard Weber, Colours. (Rainer Bruninghaus, Charlie Mariano, John Marshall, Jon Christensen). ECM.

Fino al 3 marzo per iscriversi a “Healthy Mothers, strong World: The Next Generation of Ideas for Maternal Health”, la competizione lanciata dalla Task Force per la Salute Materna delle Ong Engenderhealth e Ashoka Changemakers. Obiettivo: selezionare 16 giovani “Campioni/esse della salute materna” con idee innovative per migliorare la salute sessuale e riproduttiva nei paesi in via di sviluppo. Per i/le vincitori o vincitrici, laureati/e, con interessi nel settore della salute pubblica e una proposta di progetto ad hoc, in palio uno stage (pagato) di 9 mesi sul campo con il team Aschoka Fellows, la partecipazione al Summit sulla salute materna (India, in agosto) e la pubblicazione dei progetti. Info: changemakers.com/en-us/maternalhealth Cristiana Scoppa scoppa@bazarweb.info

è QUEER Soap in rosa: vince chi la trova!

Pratiche bestiali COMINCIAMO A CAVALCARE?

Vera Risi risi@bazarweb.info E’ spartano ma riporta pressoché tutte le informazioni in materia di cavalli che uno andrebbe a cercare sul web. Parliamo di equitazione.net, un sito, volutamente basico nella grafica, che spazia dalla storia dell'equitazione all'anatomia passando in rassegna tutte le andature e con una sezione abbastanza tecnica senza essere tuttavia incomprensibile. D'altra parte chi apre questa pagina certo è alla ricerca di informazioni specifiche: esiste un link al “cavalcare in acqua”, oltre ovviamente alle aree dedicate alle diverse monte (preferite all'inglese o western?) e al grooming, ovvero alle pratiche di pulitura e strigliatura. Insomma, benissimo per partire e farsi un'idea generale con cui poi andare ad approfondire. Il mio consiglio? Cavalcare: con cavalli veri…

Per tutte le donne che sanno che non si vive di solo “L Word”: scovate dov’è finita “The Complex”, una soap basata sulla vita di cinque lesbiche che vivono in un condominio, il Complex appunto, di Hollywood. Visibile fino a poco tempo fa su Web (thecomplex.tv), oggi è sparita. Chi riuscirà a trovarne le puntate si godrà una storia, parola delle produttrici, dove "c'è molto sesso, dramma, commedia, vicende amorose intricate". Le avventure di Kaya la femme incasinata, Kate la cowgirl, Alex la ragazza yoga, Michelle la ragazza della porta accanto e Dylan la sexy butch sono ruvide e intriganti, cupe e languide, maledettamente realiste, ovviamente sexy e decisamente dark. Un assaggio titllante su youtube soddisferà tutti I palati, lesbici e non. Buona caccia e attenti alle false piste. youtube .com/watch?v=w-1FAjb_eNM

equitazione .net Margot Franck franck@bazarweb.info

Helena Velena helena@helenavelena.com

è PARMA La diversità a teatro Sabato in scena “Servizio Incluso”, spettacolo della Compagnia Instabile, un progetto di teatro promosso dalla Cooperativa Sociale Partinverse che integra persone provenienti da contesti sociali come il Centro Psico Sociale o il campo Nomadi di Mantova, e persone volontarie di diverse età per valorizzare la diversità in ambito artistico (Info: 0521.243377). è VIAGGIO IN INDIA Maha Kumbha Mela Dal 29 all’8 febbraio, in occasione del MAHA KUMBHA MELA, evento che si ripete solo una volta ogni 12 anni, un viaggio speciale in India con Amadio Bianchi ed Emy Blesio (1360 euro). Info: http://www.cysurya.milano.it/viaggi.html è BANDO Arti performative UE Domenica scade il bando per il corso di formazione “Training Programme for Programmers on the Move” nell'ambito di Space, la piattaforma europea che unisce istituzioni culturali di dieci diverse nazioni nell'intento di stimolare la circolazione delle arti performative in Europa (enteteatrale.it). è BOLOGNA Primo bando indies Domani h. 14,30 il dirigente ANCI Vincenzo Santoro illustrerà a tutte le etichette indipendenti come partecipare, insieme ai propri Comuni, al progetto “Interventi a favore della produzione musicale giovanile indipendente” a sostegno delle produzioni indies (anci.it). è ROMA Starnuti compulsivi Due mesi fa è balzato alle cronache degli Stati Uniti, facendo poi il giro del mondo, il curioso caso di Lauren Johnson, 12 anni, vittima della rara sindrome denominata “starnuto a mitraglia” che non le permette di smettere di starnutire. E’ la storia scritta da Giuseppe Manfridi, in scena fino al 31 al Piccolo Teatro Campodarte (Info: 347 2926032) è MILANO My Sunshine - Venezia 2009 Alla galleria Federico Luger è in mostra il macedone Nikola Uzunovski: fra arte e scienza, visionarietà e attenzione sociale, sentimento e tecnologia (federicoluger.com)


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Giovedì 21 gennaio 2010

Giovedì 21 gennaio 2010

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SECONDO TEMPO

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TELE COMANDO TG PAPI

Giorgino in estasi per la “Cavour” di Paolo

Ojetti

g1 Le celebrazioni craxiane sono terminate. Se ne riparlerà per il ventennale? La cosa più seria è che la terra di Haiti trema ancora e spiana quel poco che c’è rimasto da spianare. Francesco Giorgino, alla guida dell’edizione delle 13,30, riesce a trasformare la tragedia in farsa: “Le squadre di soccorso però non si arrendono”. Così come una farsa si sta rivelando (queste le tragiche colpe dell’informazione televisiva retorica e raffazzonata) la partenza della Cavour. Parte, è partita, no si è fermata a Civitavecchia, riparte, il gioiello delle nostra flotta salpa, c’è anche una sala operatoria unica al mondo: la mistica fascista non muore mai. Se ci avessero affidato lo sbarco in Normandia, saremmo ancora nei porti britannici a lustrare i cannoni. Al

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Senato (pagina politica come sempre stracca) si è votata la più grande amnistia della storia giudiziaria dai tempi del codice di Ammurabi, ma Gasparri gridava come un matto e pareva contentissimo. g2 Apertura per Berlusconi, T che di questo processo breve profitterà a mani basse. Finge di essere perplesso, si affida al “parere” dei suoi onorevoli avvocati per dire che non è incostituzionale, ripete che i suoi processi sono campati in aria e provocati da calunnie, alcuni tribunali sono come “plotoni di esecuzione”, Craxi era un “mio amico” e se Casini non gli piace, è “libero di criticare”. Il tutto cucito da Ida Colucci con il solito tran tran premieristico. Haiti scivola così in secondo piano, con i suoi bambini “estratti vivi” e altre storie miracolose. Alcune lo sono

veramente e stupiscono i medici: una neonata di due settimane è sopravvissuta per sei giorni sotto le macerie, senza cibo e senza acqua. Resistere, resistere, resistere. g3 E qui, fra il redivivo BerT lusconi che – come dice Terzulli – ritorna “all’antico repertorio”, si ratifica il delitto consumato in Senato ai danni della Giustizia con la G maiuscola: salteranno i processi Parmalat, Cirio, Tyssen e anche tutti quelli con pene al di sotto dei 10 anni, quindi quelli di Berlusconi. I magistrati parlano di giustizia distrutta e – effettivamente – non c’è una sola legislazione al mondo che decide in astratto quanto deve essere lungo un processo. Sono diventati come le scatolette, con la data di scadenza. Potrebbe accadere, in un futuro molto prossimo, che saltino anche i processi per mafia, camorra e dintorni delinquenziali. Certo che in Senato il Pd ha alzato delle barricate piccole piccole. Ingiustizia è fatta. Due interviste parallele di Mariella Venditti alle lottatrici del Lazio. La Polverini si sente la vittoria in tasca. La Bonino non molla, combatterà fino al gong.

di Nanni

Delbecchi

IL PEGGIO DELLA DIRETTA

Zelig come Via col vento

ontinua a chiamarsi “Zelig” anche se va in onda dal gigantesco Teatro degli Arcimboldi, anche se in dodici anni la topolino è diventata un torpedone, anche se la latteria con cucina è diventata una mensa aziendale. Forse non tutti si ricordano che lo show di Canale 5 prende il nome dal minuscolo scantinato alla periferia di Milano dove gli autori Gino e Michele hanno tirato su, nello smog di viale Monza, intere generazioni di nuovi comici. E siccome i nuovi comici sono come i giovani scrittori, non scadono praticamente mai, il successo crescente ha costretto la falange di fredduristi a trasferirsi in una sede più consona, fino ad approdare nel glaciale falansterio della Bicocca (gli Arcimboldi, appunto), nato con l’intento di affiancare la Scala nelle produzioni d’opera e finito ad ospitare varietà televisivi. Niente di male, è capitato anche allo Studio 5 di Cinecittà, quello prediletto un tempo da Fellini e oggi da Maria De Filippi. Già questo basta a farci capire quanto “Zelig” rappresenti lo spirito dei tempi, e come peraltro lo faccia onorevolmente: per l’affiatamento dei L’attore Claudio Bisio due conduttori Clauconduce “Zelig” con dio Bisio e Vanessa Vanessa Incontrada Incontrada – la Incontrada è talmente sveglia da fare la svampita meglio che se lo fosse davvero –, per il buon livello dei cabarettisti selezionati e per l’omaggio di padri e zii nobili della battuta (annunciata in questa

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SECONDO TEMPO

nuova serie perfino una visita di Paolo Villaggio). Tutti mediamente in gamba, tutti mediamente interscambiabili, e non per nulla il programma si è inventato una formula più componibile di una cucina hi-tech. Sono tempi di solitudine e infatti il comico nato sotto il segno dello Zelig, dal veterano Enrico Brignano all’emergente Maurizio Lastrico, è quasi sempre monologante, solo con le sue nevrosi e i suoi tormentoni. Sono anche tempi in cui la satira politica è una specie in via di estinzione; se si escludono “Blob”, “Striscia la notizia” e qualche solitario guastatore alla Maurizio Crozza neppure più Pippo Franco osa travestirsi da politico, forse perché i politici sono troppo bravi a travestirsi da sé. In tempi in cui si riabilita Craxi, è la satira a diventare latitante. E se si sciolgono i ghiacci della sporca satira politica si innalzano i mari della sana comicità cabarettistica. Per uno strano paradosso italiano, non abbiamo mai avuto tanti comici anche se non c’è mai stato tanto poco da ridere. Nella generazione Zelig i comici uomini ironizzano sulle donne, le comiche donne ironizzano sugli uomini; tutti poi ironizzano sulle gioie della famiglia, dello stress quotidiano e ovviamente dell’attualità televisiva. E’ il repertorio delle risate a denti stretti e dello strano ma vero della “Settimana enigmistica” riveduto e messo al passo con gli steroidi del doppi sensi. Lunga vita a “Zelig” (che infatti ormai dura quasi come “Via col vento”), vero precursore dei talent show prima che il talento fosse promosso dallo scantinato al teatro d’opera. Non ci sono più gli scantinati di una volta, e si vede; oggi la battute nascono più dalla rassegnazione che dalla rabbia.

MONDO

WEB

A Roma un covo dei pirati di Luca Neri*

ome covo pirata non è niente male: uno scantinato a un tiro di schioppo dalla via Prenestina, a Roma, in quella borgata che fa da cerniera fra il centro e la periferia della capitale. Qui, giovedì scorso, in tarda serata, si sono dati appuntamento una cinquantina di giovanissimi e veterani informatici, per inaugurare la prima sede in Italia del Partito Pirata. Piccola associazione di promozione sociale, con poco più di 300 iscritti, il Partito Pirata era nato nel 2006, sull’onda dell’entusiasmo provocato dalla fondazione in Svezia del Piratpartiet, la prima forza politica al mondo dedicata esclusivamente alla difesa della libertà in Rete. Ma se i colleghi svedesi si erano subito buttati nella politica attiva, raccogliendo militanti a man bassa fra i giovani (la Gioventù pirata è oggi il gruppo più popolare nei consigli universitari) e candidandosi quindi alle elezioni (dove, alle ultime europee, hanno otte-

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nuto un sorprendente sette per cento dei voti, risultato che gli ha permesso di portare due rappresentanti a Bruxelles), il Partito Pirata italiano era rimasto finora una formazione tutta virtuale, una sorta di mini lobby per smanettoni, tanto attiva in Rete quanto invisibile sul territorio, alla faccia dell’esperimento di candidatura del suo segretario, Alessandro Bottoni, come indipendente nelle liste di Sinistra e libertà alle europee. “L’appropriazione di uno spazio pubblico, un luogo d’incontro fisico, mi pare un passo essenziale”, spiega Paolo “Cocuroccia”, uno dei giovani promotori dell’iniziativa, “per avviare un dialogo con tanti altri gruppi e comunità attivi sui temi delle libertà digitali”. Per Athos Gualazzi, pensionato trentino e presidente dell’associazione, presente all’appuntamento in rappresentanza del nucleo “storico” dei fondatori, questo è esattamente lo spirito dei veri pirati: “Non ci interessano poltrone e potere, né imporre

è ECCO EMMATAR: BONINO+AVATAR UNO SPOT DEI RADICALI IMPAZZA SUL WEB

Finalmente, dopo anni, ecco una bella idea di comunicazione politica: Emma Bonino, candidata governatore del Lazio, non ha paura di sperimentare. “Emmatar” è un emozionante video di due minuti a cura di Federico Mello pubblicato su YouTube che intercetta il trend del momento: quello di Avatar, film già culto, ma anche favola moderna che fa riflettere. In Emmatar immagini dal film e dalla cronaca italiana si mischiano. Strepitosi i titoli di finali: “Da regista di: è BILL GATES SBANCA TWITTER ‘divorzio’; ‘l’aborto’; ‘obiezioni di coscienza’; 200.000 ISCRITTI IN 24 ORE ‘libertà di opinione’; ‘depenalizzazione delle Tempo fa fece scalpore la decisione di Bill droghe leggere’: Emmatar, scritto e diretto Gates di cancellarsi da Facebook: “Troppe dal popolo italiano”. Un esperimento utile richieste, non riesco a starci dietro” disse. nel paludato mondo della politica italiana. Ora però si è iscritto a Twitter, il popolare sito di microblogging (che spopola negli Usa ma arranca in Italia) raccogliendo 225.000 “followers” in poche ore. Gates ha spiegato di essersi iscritto per aiutare la raccolta di fondi per Haiti con i suoi messaggi (Twitt). “Hello word” il suo primo saluto.

dall’alto una linea politica, quanto stimolare la partecipazione attiva di tutti, secondo quel principio di democrazia diretta che governava le ciurme dei pirati già nel ‘700”. La prossima mossa? Esportare questo esperimento anche in altre città (si parla di una sede a Milano), con l’intento di fare uscire i Pirati dal ghetto informatico, per guardare avanti fino alle prossime amministrative. *autore de La Baia dei Pirati Un manifesto della riunione dei Pirati; il video “Emmatar”; il gruppo in memoria dei ragazzi morti in un incidente stradale

DAGOSPIA

POLVERINI D’ORO

1) Rolex d’oro da almeno tremila euro, foulard Hermes da signorona dell’alta società, cinture di Yves Saint Laurent a profusione, casa a Roma in zona San Saba (una delle zone più ricche ed esclusive della capitale, roba famiglie alto borghesi con filippini al seguito; qui ha casa Roberto Benigni, tanto per capirci) borse griffate che Dio solo sa quanto costano. Per carità. Non c’è nulla di male. Ma la domanda sorge spontanea, come direbbe Lubrano: “Quanto cazzo guadagna una sindacalista (la Polverini), e per giunta di un sindacato minore (Bechis, ad esempio, scrive su Libero che Epifani, ovvero il più importante sindacalista d’Italia guadagna la miseria di 3.500 euro al mese, ed è il leader della Cgil, non dell’Ugl...)? Può, col suo stipendiuccio permettersi questo tenore di vita, vestirsi e addobbarsi come la Madonna di Loreto?”. A Marrazzo (che pure da governatore guadagnava oltre 10 mila euro al mese) sono state chieste, giustamente, molte spiegazioni; perché se si invoca la “trasparenza” poi bisogna essere trasparenti a cominciare dalla propria persona. 2) A Santa Maria di Leuca (Lecce) dicono che Megan Fox è FUORISEDE PUGLIESI stia per NON POTRANNO VOTARE, PROTESTA ONLINE concludere un Si sono inventati una “Fotopetizione” su affare: la sexy Facebook a favore di Nichi Vendola. Sono attrice di quelli del gruppo: “Primarie regionali Transformers ha è EMILIO FEDE: “MORTI 2010: segnaliamo il nostro futuro”. Sono messo gli occhi su PERCHÉ DROGATI” studenti e lavoratori pugliesi fuorisede una masseria in IN MIGLIAIA PROTESTANO SU FB che non potranno votare alle primarie e vendita a buon Tre i ragazzi tra i 18 e i 21 anni sono che chiedono seggi nelle città del nord. mercato. morti sabato in un incidente Scrivono: “Tutti i pugliesi fuorisede, siano stradale, a Bergamo. I ragazzi tutti e essi lavoratori o studenti universitari, tre della zona, si chiamavano Dario, hanno il diritto di votare per le primarie Giuseppe e Fabio detto “Aspe”. Il narcotest ha dato esito di domenica 24 gennaio 2010. Basta con negativo, eppure Emilio Fede, commentando la notizia al questi giochetti da balordi: chiediamo tg, ha detto: “Questi ragazzi tornavano da una festa in rispetto!!!!”. Questa volta, a differenza discoteca. Lo diciamo, si esce frastornati, quanto meno della primarie per Romano Prodi e Pier dalla musica… forse anche drogati. Sono tre vite spezzate Luigi Bersani, infatti, si potrà votare solo che forse con l’attenzione, con la prudenza si potevano nella città di residenza. La “fotopetizione” evitare”. “Non sappiamo se è questo il caso” ha aggiunto consiste nel fotografarsi con i propri dati dopo. Parole che hanno fatto letteralmente imbestialire gli pubblicando tutto online. Ci sono già un amici dei ragazzi e semplici utenti della Rete: oltre 5.000 centinaio di foto. La protesta nasce iscritti al gruppo: “In memoria di Aspe, Dario e Giuseppe” proprio il giorno in cui Nichi Vendola ha scrivono: “Fede gli ha dato dei drogati! Io non ci sto!”. pubblicato sul suo blog un video-appello rivolto al popolo di Facebook: “Una grande risorsa - dice - per noi che non abbiamo mezzi”.

feedback$ è ANTEFATTO,IT Commenti al post: “Un obolo per la scuola” Isoldi per aumentare di 200 euro ai 12.000 insegnanti di religione invece li hanno trovati... (Libero) Non leggo nulla di nuovo e anzi confermo punto per punto l'intero articolo, aggiungendo che in qualsiasi scuola pubblica italiana non c'è un euro che sia uno per nessuna voce di spesa (fotocopie, supplenze, attività didattiche aggiuntive, orientamento, ecc. ecc.) (Ciccio) Confermo! Anche da noi i genitori devono sborsare soldi per fazzoletti, pennarelli, colla, gomma, fogli. Poi alle carenze finanziarie ci si aggiunge il personale che a volte non ha voglia di lavorare quindi le mamme si ritrovano a cucire vestiti per le recite, ritagliare cose per le feste...ecc. (Sara) Scuola materna, asilo e scuola elementare: per mio figlio abbiamo sempre dovuto acquistare fazzoletti carta saponi ecc. ecc.; non a Roma ma in Veneto, quindi direi che la situazione è effettivamente così ovunque già da qualche anno (Edo) Sono anni che nelle scuole superiori pubbliche chiedono anche più di 100 euro, spacciando il versamento come obbligatorio ai fini dell'iscrizione. Minacciando di non iscrivere i figli a scuola. Fate un'indagine... è una vergogna! (Seba) Anche nella nostra città avviene da qualche anno la stessa cosa, la differenza è che il contributo è molto più alto (quest'anno circa 90) ed e praticamente obbligatorio perché ci viene chiesto al momento dell'iscrizione dei nostri figli (Claudio) La vergogna è che è evidente che il governo e il suo ministero stanno screditando la scuola pubblica in tutte le sue declinazioni a vantaggio delle scuole private gestite e finanziate da coloro che detengono il potere economico (Lorenzo) Per mia esperienza personale posso assicurare che questa è la regola non un’eccezione. Molti licei chiedono contributi volontari agli studenti (anche oltre i 100 euro) spacciandoli come obbligatori pur di avere i soldi per andare avanti, mentre vantano crediti con lo Stato per decine se non centinaia di migliaia di euro e i fondi per le spese ordinarie sono sempre meno (Gio) E’ così dappertutto, è vero. Ma i genitori dormono, come tutti, d'altronde (Maurice) Sento le pale dell'elicottero in moto... prepariamoci con l'elmetto in testa, il cambiamento sta arrivando... un’altra tirata alla corda ed è fatta. Voglio vedere le facce di chi come sempre non sapevano nulla o fingevano di non sapere (come capita spesso in Italia) (Voltaire)


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SECONDO TEMPO

PIAZZA GRANDE Costituzione, diritti e libertà di Lorenza Carlassare

a Costituzione non soltanto tutela la persona dagli arresti arbitrari e da ogni altro intervento limitativo, ma le assicura anche una sfera libera intorno: nei luoghi in cui dimora (art. 14), nelle relazioni con gli altri (art. 15), nei movimenti (art. 16). L’art. 14 proclama “Il domicilio è inviolabile“, vietando “ispezioni perquisizioni o sequestri se non nei casi e modi previsti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la libertà personale” . La garanzia è la stessa assicurata dall’art. 13 per la libertà personale: le limitazioni sono consentite soltanto se previste da un atto legislativo del Parlamento (e non da un atto normativo del governo) e disposte con atto motivato di un magistrato (non di un’autorità amministrativa o di polizia). Lo schema di tutela delle libertà è costante: “Riserva di legge” e “riserva di giurisdizione”; qui però subisce un’attenuazione in nome di un interesse pubblico preminente: “Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica, o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali” (comma 3). L’importante è che non se ne abusi a fini repressivi (penso alle norme che consentono perquisizioni per “blocchi” di edifici, davvero discutibili); l’art. 14 è in qualche modo un allargamento della libertà personale alla sfera più prossima alla persona, inviolabile al pari di questa. La tutela non riguarda solo l’abitazione, ma comprende i luoghi in cui la persona dimora o svolge la sua attività (purché chiusi e non aperti al pubblico). Lo studio professionale, ad esempio, la camera d’albergo, l’automobile o il mezzo di trasporto quando serve a scopi diversi dal trasporto stesso: la cabina del camion dove il camionista riposa, la barca per il navigatore (anche occasionale), il camper o l’autovettura per chi temporaneamente vi abita. Un concetto molto ampio, dunque, quello di domicilio, considerato la “proiezione spaziale” della persona: ricca e varia è la giurisprudenza in proposito. L’art. 14 si colloca in una più ampia dimensione riguardante in generale la tutela da ingerenze esterne, il diritto alla “riservatezza”: da qualche tempo si è affermato il concetto di “domicilio informatico” e di “riservatezza informatica” (protetta art. 615 ter, Codice penale, introdotto nel 1993). Ma la difesa della privacy ha un largo campo di applicazione e traversa situazioni tutelate da diverse norme costituzionali, in primo luogo dall’art. 15 “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”. Intorno alla persona si costruisce una rete di tutela che comprende la sfera spaziale e anche la sfera delle relazioni con gli altri. Di questa sfera si occupa l’art. 15, inviolabile anch’essa e nelle consuete forme tutelata: ma la garanzia, qui, è la più forte. Il comma 2 riprende la formula consueta – “La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge” – ribadendo la competenza della “legge” e la necessità dell’atto motivato di un giudice.

L

La Carta non soltanto tutela la persona dagli arresti arbitrari, ma le assicura anche una sfera libera intorno: nei luoghi in cui dimora (art. 14), nelle relazioni con gli altri (art. 15), nei movimenti (art. 16) Ma, a differenza di quanto stabilito per le altre libertà, la “riserva di giurisdizione” è invalicabile. Mai è consentita, nemmeno in situazioni eccezionali, la sostituzione provvisoria dell’autorità di pubblica sicurezza al giudice: solo il magistrato, e nessun altro, può interferire. L’art. 15 tutela non soltanto la libertà, ma anche la segretezza di ogni forma di comunicazione personale che, oltre al mittente, riguarda i destinatari della corrispondenza e, dunque la loro riservatezza è egualmente in gioco. Purché la forma sia davvero riservata (un telegramma, ad esempio, non lo è) la segretezza della corrispondenza, toccando la sfera personalissima e più intima della persona, non può dunque essere violata. Soltanto ragioni forti e inderogabili, collegate alla necessità di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti come prevenire e reprimere i reati, possono legittimare restrizioni alla libertà di comunicazione. E il provvedimen-

to del giudice deve avere una specifica e adeguata motivazione, diretta a dimostrare l’esistenza in concreto di esigenze istruttorie: varie sentenze della Corte costituzionale lo confermano. Rispettando la riserva di legge e la riserva di giurisdizione è possibile dunque il sequestro della corrispondenza, l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni verbali, le intercettazioni telefoniche. Alcune norme relative a queste ultime hanno destato perplessità: ora comunque è intenzione del governo limitarne fortemente l’uso, con il rischio, in alcuni casi, di pregiudicare le indagini, soprattutto le più difficili e delicate. Diritti e libertà, pur garantiti da articoli diversi della Costituzione sono legati fra loro e talvolta non è facile distinguerli nettamente: il fatto di avere dei destinatari, e dunque di essere diretti “a persone determinate”, distingue la libertà di comunicazione dell’art. 15 dalla libertà di manifestazione del pensiero garantita dall’art. 21, uno dei cardini della democrazia. Poiché la tutela è diversa (quella dell’art.

15 è la più forte), interessa molto distinguerle: eppure in alcuni casi, soprattutto riguardo a nuove forme di comunicazione in rete, non è sempre agevole. L’incertezza della linea di confine fra corrispondenza intersoggettiva (ad esempio le mailing list chiuse) e attività comunicativa di tipo diffusivo pone problemi nuovi che toccano la stessa normativa antitrust (per le esigenze legate al pluralismo comunicativo). Il processo di convergenza tecnologica determinerà nuovi incroci tra chi opera in settori distinti; la comunicazione democratica può essere maggiormente a rischio.

LA STECCA di INDRO l In Italia la mancanza di una rigorosa divisione di poteri non dipende tanto da istituzioni malcerte, quanto da una malcerta (per usare un eufemismo) coscienza civile degli italiani Roberto Formigoni (FOTO ANSA)

Nordismi

É

di Gianni Barbacetto

FORMIGONI? INELEGGIBILE R

oberto Formigoni si avvia verso la vittoria elettorale che lo incoronerà presidente della regione Lombardia. Per la terza (anzi quarta) volta. Così dicono i sondaggi, che non danno molte speranze al suo principale concorrente, Filippo Penati del Pd. Ma siamo sicuri che si possa essere presidenti di regione per tre (o quattro) mandati? La legge numero 165 dice di no. Non si possono fare più di due mandati consecutivi. Lo sostengono alcuni giuristi, tra cui la professoressa Margherita Raveraira dell’Università di Perugia: “Sin dal 2004, quando ancora non era concluso il primo mandato dei presidenti eletti a suffragio universale e diretto, la legge statale (n. 165) ha stabilito, con precetto preciso e vincolante per le regioni, il divieto di tre consecutivi mandati. Essendo stato eletto già nel 2000 e nel 2005, Roberto Formigoni non è dunque più rieleggibile”. Conferma questa tesi anche il professor Vittorio Angiolini dell’Università di Milano, che ha firmato un articolato e argomentato parere giuridico, steso dietro richiesta di Giuseppe Civati, consigliere regionale ed enfant prodige del Pd milanese. Formigoni, a dirla tutta, è stato presidente della Lombardia già tre volte, perché lo era anche tra il 1995 e il 2000: ma quel mandato non si conta, perché a eleggere il presidente allora era il Consiglio regionale. Solo dal 2000 è scattata l’elezione diretta. Se ora la legge dice: no al terzo mandato, dov’è il problema? Come al solito, ci si divide sull’interpretazione della legge. Formigoni sostiene che i mandati si contano escludendo anche il primo in cui è stato incoronato dall’elezione diretta, quello del 2000, perché la legge 165 è del 2004, quando il mandato era già in corso. Ne è convinto anche il professor Stefano Ceccanti, secondo cui i due mandati presidenziali consecutivi, a cui conseguirebbe il divieto di rielezione immediata, andrebbero calcolati a partire da quelli svolti dopo l’entrata in vigore della legge 165 del 2004. Cioè, interpreta Ceccanti, “dal turno elettorale del 2005, tale per cui i rieletti nel 2010 troveranno una effettiva incompatibilità soltanto a partire dal 2015”. Angiolini smonta questa tesi con dotti argomenti giuridici. E ribadisce: Formigoni ha già fatto due mandati con elezione diretta, nel 2000 e nel 2005, dunque è ineleggibile per legge. Nella sua stessa situazione ci sono due presidenti di regione: Giancarlo Galan (Veneto) e Vasco Errani (Emilia-Romagna). Il primo (Pdl) è già stato fatto fuori dalla Lega, che vuole un suo uomo alla guida di una grande regione del nord-est. Il secondo (Pd) sarà invece ricandidato ed è uno dei pochi concorrenti del centrosinistra sicuri della vittoria. Questo fatto finisce per influire anche su Formigoni: pochi a Roma, anche a sinistra, hanno voglia di sollevare il problema per la Lombardia, con il rischio di azzoppare anche il cavallo vincente in Emilia. Così Formigoni il Celeste procede a passi sicuri verso le elezioni, incurante delle tante inchieste giudiziarie che mettono sotto accusa i suoi uomini e la sua gestione del potere. Figurarsi se si cura di quelle che considera solo astrusità giuridiche. Tra breve prenderà possesso del nuovo grattacielo milanese (il “Formigone”) che diverrà la sede della regione e la piramide che consacrerà il suo potere nei secoli dei secoli. Amen.

I finanziamenti alla ricerca di Francesco

Sylos Labini e Stefano Zapperi aving Italian science. Questo è il titolo di un articolo apparso alcuni anni fa su una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali. Non è che uno dei tanti articoli che sempre più spesso vengono pubblicati sulle principali riviste scientifiche del mondo per denunciare lo stato sempre più critico della ricerca in Italia, la sua gestione senza prospettiva, la cronica mancanza di finanziamenti, e la loro immancabile riduzione da parte del governo di turno. La preoccupazione percepita internazionalmente è anche dovuta al fatto che il contributo italiano è ancora visibile in alcuni campi della ricerca. Gli scienziati italiani di prestigio e i giovani ricercatori appena emigrati verso le più acObama coglienti università europee o americaha promesso nel ne guardano afflitti alla decadenza del suo programma sistema nel loro paese d’origine. Sui elettorale di mezzi di comunicazione italiani si torraddoppiare na a discutere cicligli investimenti camente dei problemi dell’università e federali in dieci della ricerca, puntando però l’attenanni: in Italia, zione soprattutto sui casi di “mala unisono stati ridotti versità”. La situazioa partire ne diventa sempre più disperata, e fordal governo Prodi se la cosa più allar-

S

mante è che nell’opinione pubblica e in chi dirige il sistema università-ricerca non si vede alcuna reale preoccupazione per la perdita di competitività del sistema. Sembrano mancare una visione realistica dello stato delle cose e una prospettiva di riforma lungimirante. I tagli ricorrenti ai finanziamenti per la ricerca immancabilmente scatenano polemiche, spesso inefficaci. Saltuariamente si legge di uno dei problemi più scottanti generati dalla deriva del sistema universitario: la grande quantità di giovani che non riescono a entrare nel sistema e che sono quindi forzati a emigrare o a rimanere in Italia in condizioni disastrate. A volte quando discutiamo del problema della ricerca in Italia con un collega straniero, sia esso francese o spagnolo, inglese o americano, ci rendiamo conto che la prima difficoltà sta proprio nel descrivere come funziona il sistema italiano, con i suoi oscuri meccanismi di finanziamento e le incomprensibili regole che ne governano la dinamica. (...) Quando si parla di finanziamenti alla ricerca, il mondo politico in genere fa molte promesse, spesso però contraddette dai fatti. Promesse che sono state particolarmente generose da parte del governo Prodi, che aveva collocato la ricerca scientifica e l’istruzione universitaria tra i punti cardine del programma. Ma vediamo, al di là dei proclami, cosa è veramente successo nell’ultimo decennio con il finanziamento alla ricerca di base. Il ministero ogni anno co-finanzia programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN) proposti dalle università e dagli osservatori astronomici, astrofisici e vulcanologici. L’attuazione dei programmi ha durata biennale e comprende gran parte dello scibile umano. Il finanziamento PRIN, comunque non arriva all’1% del totale del finanziamento all’università, dal 2000 al 2008. Si può

notare come nel 2006 (governo Prodi) vi sia stato un calo del 30% circa dei finanziamenti, cosicché il già non generoso sostegno alla ricerca di base è diminuito, da circa 130 a poco più di 80 milioni di euro, proprio nel periodo in cui al governo si è insediato lo schieramento politico che, almeno a parole, ha sempre manifestato un grande interesse per la ricerca. Il governo successivo ha agito comunque in piena continuità con il precedente, con i già menzionati tagli targati Tremonti-Gelmini. La ricerca in Italia è dunque trattata come una sorta di bene di lusso cui si può rinunciare quando i soldi scarseggiano. Ricordiamo, ad esempio, i 30 milioni di euro concessi nel 2007 dal governo Prodi agli autotrasportatori, sottratti direttamente dai fondi per la ricerca. In sostanza, il modo con cui negli ultimi anni è stato affrontato il problema della ricerca si basa su soluzioni inadeguate ed estemporanee, come gli osservatori più attenti hanno notato e i diretti interessati hanno sperimentato sulla propria pelle. Senza entrare nei dettagli, ricordiamo che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha promesso nel suo programma elettorale di raddoppiare gli investimenti federali nella ricerca di base in dieci anni, concentrando l’attenzione su scienze della vita, fisica, matematica e ingegneria; aumentare le borse di studio per giovani ricercatori; stimolare la ricerca sulle cellule staminali anche embrionali, eliminando il divieto sul finanziamento federale che George W. Bush aveva approvato nel 2001; utilizzare per la ricerca scientifica gli embrioni soprannumerari, senza crearne appositamente di nuovi. Lo aveva promesso e ha cominciato a farlo già nei primi mesi di governo. Testo tratto da “I ricercatori non crescono sugli alberi”, Saggi Tascabili Laterza, da venerdì in libreria


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SECONDO TEMPO

MAIL Mio figlio nell’asilo di Anna Frank Sono una mamma di un bambino della scuola brianzola sotto i riflettori in questi giorni per il “pasticcio Anna Frank”. Ho letto sui quotidiani più noti che dopo la lettura di questo libro i nostri bambini sarebbero rimasti turbati per una pagina giudicata sconveniente da qualche genitore pruriginoso, ed è passata la notizia che il libro è stato letto integralmente. Falso. Ne hanno lette solo alcune pagine, poi spiegate e riassunte in classe. Questa è una cosa che finirà presto nel niente. Ma ho potuto vedere la falsità di quello che viene scritto. Se questo è il metro di giudizio dell’informazione, la situazione è sconcertante. Da questo: può essere opportuno o meno affrontare quel testo in quarta elementare ma l’interrogazione parlamentare presentata al ministro Gelmini puzza un po’ di censura e demagogia. Non è meglio dare delle spiegazioni serenamente? Manuela Huber

La Gelmini, i bandi e il merito La ricerca di base è un elemento cardine per la crescita e lo sviluppo dei paesi evoluti, ma in Italia è relegata a ruolo di Cenerentola. I finanziamenti già scarsi sono diventati drammaticamente insufficienti a causa della politica miope e sconsiderata dei governi. L’ultima ciliegina sulla torta (ormai ammuffita) è rappresentata dall’esito tuttora ignoto della valutazione dei Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale (PRIN) per l’anno 2008. La graduatoria finale è stata sottoposta alla firma del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini il 23 dicembre scorso, ben 10 mesi oltre la scadenza del bando. Si sperava che la Gelmini, conscia del grave ritardo accumulatosi, l’avrebbe subito approvata. Invece, dopo qua-

BOX

LA VIGNETTA

si un mese migliaia di ricercatori sono ancora in attesa. Come se non bastasse, il bando per il 2009 non è uscito e di fatto si è saltato un anno. La scarsità di fondi e l’assenza di una programmazione seria costringono tutti noi a vivere alla giornata, con gravi danni per la ricerca stessa. In questo drammatico frangente, cara Gelmini, che senso ha parlare di valutazione, merito o eccellenza? In tali condizioni, la competizione con gli altri paesi non è già persa in partenza? Patrizio Dimitri, Università La Sapienza, Roma Margherita Hack, Università di Trieste Carla Voltattorni, Università di Verona Carlo Carminati, Università di Pisa Elvira De Matthaeis, Università La Sapienza, Roma Alberto Girlando, Università di Parma Rita Fioresi, Università di Bologna Laura Fanti, Università La Sapienza, Roma Alfredo Coppa, Università La Sapienza, Roma Francesca Matteucci, Università di Trieste Maurizio Gatti, Università La Sapienza, Roma

IL FATTO di ieri21 Gennaio 1793 Il “palcoscenico della storia”, il grande spazio che oggi ospita il sontuoso Hotel Crillon, era pronto dalla notte precedente. La struttura lignea ben fissata a terra, la lama trapezoidale della ghigliottina affilata. A Place de la Révolution, come allora si chiamava, Luigi XVI Capeto, ultimo re di Francia, c’era arrivato alle 10 del 21 gennaio 1793, dopo aver percorso lentamente, a bordo di una carrozza verde, il Grand Boulevard. Apatico, vestito di bianco, il libro dei Salmi in mano aperto alla pagina della preghiera degli agonizzanti. Qualche minuto per aprirsi da solo la camicia di lino, un ultimo sguardo all’abate confessore Edgeworth e poi su, verso il patibolo. Vicino alla macchina della morte, ad attenderlo, Charles-Henri Sanson, il più celebre di una dinastia di boia parigini. Prima dello scatto della lama, un ultimo grido “Peuple, je meurs innocent!”. L’orologio segna le 10:22. Di fronte alla testa mozzata, una folla in delirio urla “Vive la République”, raccoglie gocce di sangue come reliquie, intona La Marseillaise. Il re decapitato sarà gettato in una fossa del cimitero de La Madeleine. E il giorno dopo “Le Moniteur” scriverà: “Il appartient deshormais à l’histoire”. Giovanna Gabrielli

Furio Colombo

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aro Furio Colombo, alcuni giorni fa (dunque una settimana prima del Giorno della Memoria) un deputato leghista ha accusato una maestra di Usmate di leggere in classe il “Diario di Anna Frank” con due ragioni: il deputato si scandalizza perché, nel brano prescelto, la bambina uccisa ad Auschwitz parla del suo corpo. E poi, ha aggiunto senza vergogna che “Anna Frank non è nel programma”. Forse il deputato in questione più che al Giorno della Memoria, si prepara a celebrare (da solo, spero) Il Giorno della Vergogna? Fiorella

C

L’abbonato del giorno ISABELLA VERDINI “Sono Isabella, ho 49 anni e sono un’infermiera. Da tanto aspettavo un quotidiano così libero ed esauriente, un vero giornale che dà le notizie in modo chiaro e dettagliato. Sono abbonata alla versione pdf che stampo per mia madre, che ha 79 anni! Ho due figli, studenti e lavoratori, entrambi fan di Travaglio. Come potete vedere adoro i cani: eccomi con le mie Pimpa e Margot”! Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it

Il destino dei lavoratori di Voicity Mi chiamo Elisabetta Cannas, ho 36 anni e sono una precaria da una vita. Mamma e precaria. Dal marzo del 2004 ho malauguratamente accettato un contratto a tempo determinato in sostituzione di una maternità, al customer care privati di Tiscali, noto fornitore e precursore della tecnologia Internet e annessi. Il call center era una vera giungla di accozzati e il mobbing era all’ordine del giorno. Ho fatto di tutto, dal commerciale privato a quello aziendale all’assistenza tecnica e perfino, approfittando del mio inglese acquisito con fatica durante la mia emigrazione negli Stati Uniti in cerca di fortuna, anche la reception, senza peraltro poter partecipare alla selezione per quel posto non essendo a tutti gli effetti una dipendente Ti-

PER FORTUNA la notizia è stata data, per quelli di noi che sono ancora capaci di indignarsi, dal Corriere della Sera (Alberto Meloni, 16 gennaio) in modo di consentire una riflessione che non riguarda solo il deputato della Lega, Paolo Grimoldi. Quel partito xenofobo e secessionista è fatalmente, e persino inconsciamente, antisemita, nonostante trucchi e imbellettamenti dell’ultimo momento. Lo provano in generale la vocazione razzista (quando colpisci un gruppo, e ne fai il nemico, colpisci tutti), in particolare la guerra senza quartiere scatenata dal ministro dell’Interno

scali. Dopo 6 anni di rinnovi, mesi a casa senza una lira veniamo venduti alla società Omnia Network, poi dopo alcuni mesi ad Alba Rental e infine verso Voicity che risulta registrato alla Camera di commercio come venditore al dettaglio di generi alimentari, peccato che noi ci si occupi di telecomunicazioni e call center. Tutto questo ha prodotto nell’arco di 13 mesi, con ritardi reiterati nei pagamenti sino al limite dei tre mesi concessi dalla legge, che tutela solo e soltanto e sempre le aziende, contributi Inps fermi a maggio. L’azienda è sparita, non risponde alle comunicazioni, non prende posizione e anzi invia comunicati falsi e senza firma, non si presenta agli incontri col ministero dello Sviluppo economico e si gode i nostri soldi e i premi produzione, produzione di precari, miseria e sofferenza umana. Milleduecento licenziamenti. Mi piacerebbe dire che la politica mi è vicina, ma la comprensione della realtà comune della nostra classe dirigente è nulla: qualunque cosa stiate dirigendo è a livello di battiscopa, vivete una realtà fittizia, nascosti dentro i vostri palazzi e i vostri vetri scuri. Dovreste vergognarvi e avere i calli alle mani, come li abbiamo noi. Elisabetta Cannas

La pietas in privato “Il peso della responsabilità... caduto senza uguali sulla sua persona” fu abilmente schivato attribuendo agli altri, a tutti gli altri, le proprie colpe e fuggendo tempestivamente all’estero, per sottrarsene. Precisato questo, ben venga la

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leghista Maroni e da tutti i sindaci leghisti (a cui purtroppo si deve aggiungere il sindaco Alemanno, già An, di Roma) contro i rom, perseguitati e sterminati dai nazisti nei giorni stessi e nei luoghi stessi della Shoah. Ma qualcuno ricorderà che, appena pochi anni fa, la Padania aveva pubblicato i diari del frate che era stato cappellano militare ai tempi di Salò, riflessioni e ricordi non esattamente “superpar tes”. Però il vero obiettivo, rozzo ma perseguito con tenacia della Lega, è la cancellazione della memoria, tutta la memoria. A Pecorara (Appennino piacentino) il sindaco è di An, ma grande amico e sodale di Bossi. Ha appena abolito piazza 25 aprile, “festa inutile”. A Ponteramica il sindaco leghista ha cancellato il nome di Peppino Impastato dalla biblioteca civica. La lista di casi come questi si estende tra tanti punti fondamentali della storia italiana, dal Risorgimento ai giorni nostri in modo da creare un popolo di zombie che si chiude nel villaggio o nella paura e accetta senza fiatare la “caccia ai negri” di Rosarno. Non si può fare se la memoria, tutta la memoria, resta viva. A cominciare dalla Shoah, evento unico, nella pur ricca storia del male, qualcosa che evidentemente sfugge al deputato Grimoldi. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it

pietas, ma che sia privata, per favore, non pubblica e istituzionale. Ugo Randone

Dite la verità sui bamboccioni Qualche mese fa l’Università Bocconi ha lanciato un concorso che prevedeva comepremio finale “stage con il ministro Brunetta”. I premiati avranno lapossibilità meravigliosa di fare uno stage della durata di 12 settimane atitolo gratuito. E i vincitori presumibilmente dovranno pagarsi il soggiorno aRoma. Sappiamo che una delle ultime crociate del ministro della Funzionepubblica Brunetta è quella contro i bamboccioni: una legge che mandi via iragazzi, fuori da casa, a 18 anni.Chiedo al ministro Brunetta e a tutti coloro che la pensano come lui: credete che i giovani vivano, mangino e bevano aria? Parliamo della generazionediSan Precario, di gente che un mese lavora e quello successivo forse sì e forse no.Quindi vorrei che la politica iniziasse a dare delle risposte concrete ai ra-

gazzi piuttostoche manifestare attraverso slogan o proclami una cultura contro i giovani. Marco Patruno

Mi vergogno di essere italiana Ho guardato con orrore le immagini delle cerimonie per Craxi. Io penso che la famiglia abbia tutto il diritto di ricordare, con amore e nostalgia, l’uomo Craxi. però pubblicamente è un fatto inaccettabile. Dandosi alla latitanza, Craxi ha sfregiato le istituzioni di una repubblica di cui lui è stato Presidente del consiglio. Sono rimasta davvero impressionata dalle parole del capo dello Stato. In qualche modo avallano la scelta di quest’uomo contro lo Stato italiano. E io, da italiana, non lo posso accettare. Giovanna Rosso

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«Una vorticosa discesa nella zona buia dell’anima. La verità vi farà paura.» Donato Carrisi www.ipnotista.com


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