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Dalla comunanza della followship alla community della membership

Il fascinoso progetto di Metaverso rappresenta l’ultimo stadio nel quale può arrivare a compimento la frattura antropologico-culturale che sta logorando l’assetto sociale e le stesse istituzioni democratiche, investite da una rivoluzione digitale che ha trasformato quote crescenti di cittadini embedded dentro le regole e le procedure della rappresentanza associativa e politico-istituzionale, in stormi di navigatori del web privi di vincoli e di freni inibitori sul terreno dell’espressività e del linguaggio e disancorati dalla partecipazione alle comunità reali.

Viviamo da alcuni lustri una trasformazione profonda che sta scuotendo le identità individuali e collettive.

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Il ‘riscaldamento social’ ed ora la pandemia sanitaria hanno determinato una pressione emotiva stressante e per molte persone, letteralmente scardinante per le proprie sicurezze e certezze, e diventata insostenibile.

Le ‘matite digitali’ compulsate affannosamente e le aspirine-no vax ingurgitate con orgogliosa sicumera, in realtà costituiscono una risposta difensiva e del tutto irrazionale, alimentata dallo spaventoso deficit cognitivo provocato dall’irruzione tumultuosa di un processo di globalizzazione trainato dall’innovazione tecnologica e dai connessi rischi socioeconomici (e sociosanitari) che aggrediscono le Democrazie, ne indeboliscono le Istituzioni e la Governance, introducono fattori di disorientamento i cui effetti perversi costituiscono il terreno privilegiato della predicazione populista ed eversiva e l’occasione per la riedizione di un conflitto ideologico destra-sinistra che sa di muffa ed interpretazioni retrotopiche della storia.

Non c’è dubbio che Mark Zukemberg è impegnato ad attrarre il grande popolo del social networking dentro la nuova ‘nuvola’ realizzata dalla sua holding, anche per distrarlo dalle notizie sempre più preoccupanti sulla ‘funzione malefica’ degli algoritmi che regolano ed orientano i ‘cittadini digitali’ cioè effimeri: dai gonzi che vedono e credono alle sirene, ai furbi pescatori che gettano le reti per raccogliere dati, metadati, consenso e nello stesso tempo provocare dissenso, diffondere fake, alimentare e sobillare la bolgia populista.

Ci sono molte ragioni per essere interessati, ma poche possibilità di comprendere veramente il nuovo ambiente che ci viene proposto ed offerto in cui realtà virtuale ed Intelligenza Artificiale assumono una dimensione suggestiva, ma anche una funzione preoccupante, disarmante.

Siamo in presenza di fenomenologie diventate esorbitanti e difficilmente decifrabili.

Quando poi lo strapotere degli Big 5 Tech (Google, Amazon, Facebook, Microsoft e Apple) è diventato senso comune e la data extraction il nuovo paradigma del valore aziendale, la formazione umanistica di tanti intellettuali riformisti non ha permesso loro di comprendere gli aspetti tecnici del coding, del deep machine learning o, in generale, le logiche insite degli algoritmi e si è preferito polemizzare in maniera ideologica contro l’Algoritmo, traslando su questa astrazione tutte le contraddizioni della trasformazione digitale così come negli anni Settanta ogni nefandezza era attribuita al Capitale ed ora ad misterioso Grande Fratello che, come ha genialmente scritto Alessandro Baricco, organizza il Grande Game.

All’opinione pubblica quindi è stata inibita una reale informazione e comprensione della trasformazione in atto perché ad essa sono giunti messaggi ed interpretazioni che spesso non sono andati oltre gli slogan, senza l’analisi e lo studio dei processi concreti di sfruttamento dei dati e di manipolazione degli algoritmi, di polarizzazione spinta e strumentale delle bolle.

Si è arrivati così a quel che possiamo chiamare pensiero magico digitale: un’astrazione generica che spiega tutto, ma non consente di capire nessun processo concreto del mutamento in atto.