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Una terra promessa

dimenticando che la democrazia si regge su due gambe e non su una: quella che con successivi calcetti ha spinto in avanti il pallone della demagogia poi degenerata nel populismo”. Credo di aver tratteggiato a sufficienza argomenti e ragioni per sottolineare che questo primo libro che presento merita molta più attenzione di quella che stampa, talk, commentatori ed esponenti politici (non) gli ha dedicato: troppo sinceri e documentati i giudizi espressi sulla diffusa mediocrità ed ignavia che imperversano nelle espressioni della (mancata) classe dirigente nazionale.

di Barack Obama. Garzanti, 2020 https://bit.ly/3sGypsO

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Rileggere Obama dopo la fuga americana dall’Afghanistan

Oggi la ponderosa autobiografia di Barack Obama, che costituisce solo la prima parte, ovvero quella che ripercorre le tappe di una splendida carriera dall’infanzia hawaiana alla conclusione del primo mandato presidenziale, si legge ed appare come un documento che immortala una stagione straordinariamente vitale – seppur densa di contraddizioni – della storia americana.

Eletto giovanissimo e nero, a cinque anni dall’uscita dalla Casa Bianca – dopo il suo secondo mandato – di anni ne compie sessanta e continua ad essere considerato “il Presidente più cool di sempre”, nonostante abbia dovuto rinunciare agli sfarzosi festeggiamenti di un compleanno che prevedeva la partecipazione della vasta platea di ammiratori, amici e supporter dello star system nazionale.

Ma, alla luce degli eventi sorprendenti e drammatici che hanno caratterizzato l’abbandono dell’Afghanistan al suo miserando destino, la lettura del libro, Una Terra Promessa, Garzanti, 2020, pag. 805, acquista una luce meno scintillante e diventa occasione e strumento per sondare la dimensione antropologico-culturale che condiziona ed orienta le scelte strategiche degli Usa, la Nazione che, al di là di tutte le chiacchiere europee, la crescente competitività aggressiva della Cina ed il velleitarismo putiniano da ‘grande potenza’ sullo scacchiere mondiale, rappresenta il dominus geopolitico globale, protagonista assoluto dell’evoluzione sia degli assetti democratici che dei rapporti di forza negli equilibri militari.

A chi si accinge a leggerlo ora, suggerisco di dotarsi di un approccio aperto alla molteplicità dei registri con cui Obama affronta una rendicontazione diarista della sua vita che ha del portentoso sotto il profilo della memoria, che gli consente di accompagnare il lettore a scandagliare gli angoli ed i sentimenti più reconditi di un percorso la cui descrizione ha tutte le caratteristiche di una sceneggiatura per un grande film holywoodiano sulla ‘nuova frontiera’ varcata dal Paese che presenta perduranti e terribili fratture ed odi etnico-razziali eppure consente ad un giovane avvocato di umili origini, figlio di una coppia mista (lei bianca, lui keniota) a lanciarsi in una formidabile corsa politica fino a vincere le elezioni presidenziali.

Nelle ottocento pagine si trova una stratificazione di episodi minori e fatti eclatanti, immagini che ci fanno entrare nell’intimità di famiglie americane rette da principi e sentimenti inossidabili (quella dei nonni materni e dello stesso Obama) e seguire in diretta l’assalto al bunker di Osama Bin Laden e la sua uccisione da parte di un reparto speciale dei Navy SEAL.

La prosa brillante dell’autore aiuta a ‘scalare’ e comprendere anche l’impressionante complessità della Politics americana, che si riflette procedure in poteri e procedure ad alta tensione per i conflitti fisiologici e permanenti che essi determinano non solo tra i tradizionali schieramenti Democratici vs Repubblicani, ma

anche al loro interno e tra i diversi livelli della Governance di un Paese strutturato in un Federalismo robusto che comporta una dialettica insopprimibile tra Washington e gli Stati, tra il Presidente ed il ‘Congresso degli Stati Uniti’.

Su questo aspetto, rinvio al commento di Paolo Giaretta, particolarmente prezioso ed arguto perché analizza l’originale sistema politico degli Usa con gli occhiali e la competenza dell’ex Senatore, in grado di scorgere i confronti possibili con l’Italia e trarne delle valutazioni che mettono a nudo la superficialità e strumentalità con cui nel nostro Paese è stata affrontata la questione della ineludibile ‘farraginosità’ del processo politico democratico improntato ai principi della rappresentatività ed equilibrio istituzionale dei poteri:

Ma ritornando alla qualità della scrittura e ricchezza di contenuti del libro, vanno segnalati alcuni caratteri che lo rendono godibile e fruibile anche per un’opera di pedagogia politico-democratica di cui, in tempi di declino della partecipazione e di legittimazione di Partiti ed Istituzioni in tutti i Paesi occidentali, si sente un urgente bisogno.

Innanzitutto, è imperdibile quello che potremo definire il ‘romanzo di formazione politica’ del giovane Obama nei quartieri poveri e degradati di Chicago: con l’attivismo frenetico ed empatico di “community organizer” sulle orme della lezione di Saul Alinsky, autentico profeta dell’organizzazione democratica dal basso con cui coniugare la rivendicazione dei diritti civili e sociali con la rigenerazione urbanistica delle città.

E restando nell’ambito dell’itinerario di crescita personale ed irrobustimento identitario, vanno lette con curiosità ed interesse le pagine ricche di affettività ed accenti lirici dedicate alle grandi donne che hanno fertilizzato emotivamente l’esistenza di Barack: la mamma, figura singolare di donna americana indipendente e promotrice di diritti civili, la nonna che emerge con un ruolo decisivo ed energico negli equilibri di una famiglia impegnata a raggiungere con enormi sacrifici e coerenza uno status decoroso, la moglie Michelle che è presenta e deborda in tutti i frangenti in cui Obama, giovane e brillante avvocato, neo senatore dello Stato di Illinois, candidato alla Presidenza ed infine Presidente degli Stati uniti d’America, si è trovato a fare scelte decisive, ad intraprendere e misurarsi con progetti di vita ad alto tasso di rischio e dispendiosità di energie sottratte ad un tranquillo rapporto di una coppia.

Ma con ogni probabilità le parti del libro che risultano più interessanti ed affascinanti sono quelle in cui il neopresidente è impegnato nell’esercizio della sua funzione di Commander-in-chef.

Vi emerge una personalità per molti versi sconosciuta all’opinione pubblica mondiale, verosimilmente attratta e convinta dallo smagliante ed accattivante sorriso: tosta, determinata, ostinata, energica fino all’uso di un’ironia urticante nelle discussioni con staff ed interlocutori su tutti i più scottanti dossier che fin dall’entrata alla Casa Bianca hanno letteralmente assalito Obama.

La lista delle questioni brucianti sia di natura domestica che internazionale affrontate nei primi quattro anni di Presidenza impressiona per le caratteristiche di eccezionalità con cui si sono appalesate: quasi una fila ininterrotta di piccoli e grandi ‘cigni neri’ entrati nei magnifici giardini che circondano lo Studio ovale, a turbare il pensiero e le notti di un leader amato dai suoi elettori, ma ostacolato con un filibustering ‘malvagio’ da un’Opposizione repubblicana decisa ad oscurare le performance di un Presidente abile a destreggiarsi tra il default della Lehman Brothers ed il disastro ambientale con la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico.

Il rapporto di Barack Obama con i suoi Consiglieri ed in generale con l’enorme platea di tecnici ed esperti in tutti gli ambiti operativi, dalle politiche fiscali e monetarie interne a quelle internazionali su tutti gli scacchieri in cui sono in gioco gli interessi americani e/o degli alleati Usa, è un capitolo che sarà sicuramente oggetto dei programmi di studio nelle Università e nei Think tank di Management e Relazioni Internazionali.

Ma si tratta anche del capitolo che, dopo la scelta strategica di Joe Biden di ritirare l’esercito dall’Afghanistan, sollecita le analisi critiche e le riflessioni, ovviamente con il ‘senno di poi’ delle debolezze e delle

contraddizioni che hanno caratterizzato il sentiment e la visione della Presidenza Obama su diversi dossier –tutti dolorosi – della politica internazionale.

Dall’utopico discorso tenuto all’Università del Cairo rivolto al mondo arabo di incoraggiamento al processo di liberazione dall’oppressione autocratica, alla vile ed opportunistica scelta di abbandonare la Siria nelle mani di un despota sanguinario come Bashar al-Assad, dallo “Straordinario lavoro per rafforzare la diplomazia internazionale e la collaborazione tra i popoli” che ha valso il Nobel per la Pace, alla sciagurata guerra-lampo di Libia (in cui è stato tirato per la giacchetta da due indecenti leader europei (Nicolas Sarkozy e David Cameron), emerge un quadro in chiaroscuro che smentisce i giudizi entusiastici e monocordi su quello che rimane in ogni caso un protagonista assoluto ed inedito per l’apporto di innovazione etico-culturale che ha portato nello scenario politico interno ed internazionale.

Ci sono infine molti episodi raccontati nel libro che letti temporalmente a distanza dall’accaduto, suggeriscono che un pizzico di prudenza ed understatement in più, per una personalità vigorosa e pugnace fino, come abbiamo già ricordato, all’irrisione degli avversari, sarebbe probabilmente servita, magare per evitare i guai che sono seguiti a certe battute e polemiche senza freni inibitori.

Citiamo quello più clamoroso della festa di gala a cui partecipavano numerosi e facoltosi business man, tra i quali un Donald Trump che, per certe sue dichiarazioni imprudenti rilasciate in precedenza nei confronti del ‘Presidente nero’, dovette subire pubblicamente le rampogne sarcastiche e sanguinose di un Barack Obama esuberante ed orgoglioso di dimostrare la cifra del suo ‘standing politico’. Verosimilmente quell’umiliazione è stata una leva potente per far decidere al discusso affaristaimmobiliarista plurifallito di progettare una rivincita tanto improbabile quanto beffarda; eppure, portata vittoriosamente a termine su quel nero strafottente considerato un presidente illegittimo per un certificato anagrafico falsificato …. Anche l’elezione di Donald Trump quindi, con tutto il carico di rozzezza e volgarità che ha portato a strascico, risulta essere un argomento particolarmente intrigante per apprezzare – a contrario - la qualità e l’unicità di un leader che con ‘Una Terra promessa’ ci consente di riconoscerne la grandezza ed indagare in profondità le ragioni ed il ‘metodo’ con cui è riuscito a coniugare una formidabile ispirazione etico-culturale con la fermezza e concretezza nel misurarsi con una realtà politica ed un ‘ambiente’ connotati da molti fattori di avversità e pregiudizio, affrontati e superati con molti successi, molte sofferenze ed anche, bisogna riconoscerlo, con qualche doloroso fallimento (che il libro non occulta!).