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Lo smarrimento epistemico della classe dirigente veneta

Queste operazioni vanno condotte con l’individuazione e lo scambio comunicativo relativo ai caratteri distintivi del progetto promuovendone:

1. le parole e i valori; 2. i riferimenti culturali; 3. le immagini e i segni, i simboli; 4. i protagonisti e gli eventi collegati; 5. i gruppi di ricerca e azione; 6. le interviste.

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Lo smarrimento epistemico della classe dirigente veneta

Un ecosistema culturale per il Rinascimento etico-civile in Veneto (parte 5 di 7)

5. Lo smarrimento epistemico della classe dirigente veneta Scegliere la classe dirigente come target di un Network per l’Innovazione culturale vuol dire fare riferimento a un numero significativo di persone che sono protagonisti a vario titolo all’interno di Imprese, Enti pubblici e privati, Associazioni-Scuole-Centri che si occupano di Ricerca & Formazione, Strutture che si occupano di informazione e multimedialità, Laboratori di Arte-Creatività-Cultura.

Si tratta di una scelta obbligata perché i limiti strutturali che caratterizzano i gruppi dirigenti del Veneto, pur essendo esplosi e stati evidenziati dalle clamorose vicende giudiziarie e non di Mose e Banche Popolari, “non sono riusciti a innescare una riflessione critica sulle procedure di selezione e di (una loro) valutazione. Assuefatta all’idea che il Nordest sia sempre migliore di quanto raccontato dai media, l’opinione pubblica non ha saputo reclamare spiegazioni all’altezza della gravità di fatti. Poca analisi, poca elaborazione.” (NORDEST 2016, Stefano Micelli, Un anno di svolta)

L’assopimento politico-culturale è stato confermato clamorosamente dalla vicenda referendum per l’autonomia, nella quale la debolezza e l’impotenza del segmento specifico di classe dirigente, rappresentato dal ceto politico e professionale-associativo regionale, ha espresso un livello di demagogia e velleitarismo parossistici, declinati con una campagna di propaganda fondata su falsificazioni, fake news, rivendicazioni impraticabili, assenza di un disegno politico-istituzionale ed amministrativo realistico e praticabile.

Per un riassunto delle premesse e delle diverse complesse problematiche che hanno caratterizzato lo scontro politico-culturale referendario si rinvia alla lettura di E’ tempo di s- legare il veneto”283 ed ai contenuti di una Relazione del Prof. Gianfranco Cerea dell’Università di Trento nella quale vengono affrontati I (veri) profili finanziari e procedurali alla base di una maggiore autonomia regionale in Veneto284 .

Con il progetto di secessione mascherata della Giunta Regionale, manifestata con la negazione dei vincoli costituzionali (ed il respingimento di fatto della sentenza delle Corte Costituzionale n.118/2015), la subcultura leghista diventata egemone nel Governo del Veneto, ha inverato storicamente la rottura degli equilibri politici ancorati al ruolo dominante della Democrazia Cristiana, che aveva cristallizzato un ben oliato

283 È tempo di s- legare il veneto https://bit.ly/3HVTowE 284 Autonomia veneto 2 https://bit.ly/30Tc1kw

sistema di governance retto dal concorso di una molteplicità di forze sociali e dalla funzione di collante valoriale-culturale “erogato” dalla Chiesa Cattolica.

Con tale forzatura il Presidente Luca Zaia ha inteso caratterizzare la propria leadership e realizzare una vera e propria rottura con il passato, con l’esplicito intendimento di tagliare le radici all’albero che aveva dato i frutti copiosi della prima stagione dello sviluppo veneto e con il tentativo pervicace di “obliterarne la memoria storica”; se ne parla in modo specifico nel documento 1866 -2016: la memoria tradita285 .

Ci si trova quindi davanti alla piena affermazione di un ceto politico generato dalle formazioni partitiche che hanno puntato ad ereditare molta parte del consenso elettorale democristiano e della destra storica, sostituendo i tradizionali riferimenti culturali con il surrogato di un pensiero condito di ribellismo, liberismo, populismo e realizzando la variante veneta di quella che Massimiliano Panarari ha definito ‘egemonia sottoculturale’, i cui effetti ultimi sono riscontrabili nella qualità del personale politico messo in lista nel Veneto messo sotto la lente impietosa e veritiera di un articolo di Stefano Allievi286 .

Se a livello nazionale essa, l’egemonia sottoculturale, ha assunto i tratti della narrazione berlusconiana della (fatiscente) ‘rivoluzione liberale’, a livello regionale è stata veicolata nella cronaca politica ed economica attraverso l’artificiosità di analisi e descrizioni tese ad alimentare una sorta di ideologia della “diversità di una Regione che la rendeva immune dall’esigenza di ripensare, rinnovare, riorganizzare il proprio tessuto amministrativo, istituzionale, economico-produttivo”. In realtà in Veneto nell’ultimo ventennio é avvenuto uno smarrimento epistemico, un collasso politicoculturale che ha provocato il ricorso a surrogati di analisi a cui sono ricorsi molti solerti professionisti:

sociologi e giornalisti in particolare, che sono saliti in cattedra per srotolare pagine di giornali e pubblicazioni con sondaggi e documentazione focalizzati su una opinione monocorde: la ‘scoperta’ del federalismo inteso come terapia risolutiva!

Pur risultando (il federalismo) assente nella cultura storico-politica regionale e nazionale, e — comunque — sconosciuto ai più ed anche agli autori che ne parlavano, esso è stata presentato come l’unica e sola soluzione per affrontare il futuro, anche allo scopo di evitare il latente rischio secessione minacciato dalla Lega bossiana…

Ma si è trattato di un errore clamoroso che ha costituito un condensato di sottovalutazione del progetto leghista, di velleitarismo e presunzione ideologica determinata dalla rimozione di un fatto storicamente rilevante, ovvero che “quello della Lega è una piccola cultura destinata a crescere: una cultura che ha scoperto il valore dei miti e dei simboli, non crede nella loro impenetrabilità ma crede nel recupero della memoria” (Giuseppe Gangemi, Grande Padania piccola cultura).

L’opinione pubblica veneta è stata quindi succhiata dentro una bolla mediatica con cui sono state recise le radici della pianta che aveva fatto crescere il Veneto ed ha mascherato con massicce dosi di retorica localista, un deficit mostruoso di conoscenza storica e dello stato reale delle attese, delle contraddizioni e delle strategie di cambiamento necessarie per il Sistema regionale nel suo insieme e nelle sue peculiarità socioeconomiche ed amministrativo-istituzionali.

Ma, soprattutto, la discontinuità operata rispetto alla prima stagione del regionalismo, non si è tradotta in una occasione di riflessione critica e di messa in discussione delle sue fondamenta fragili e vacillanti.

285 1866 -2016: la memoria tradita https://bit.ly/3H7UfsZ 286 Il Veneto che in politica dà il peggio di sé https://bit.ly/3svA4RV 136