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Per un nuovo Umanesimo onlife

• la distribuzione della ricchezza, almeno in Italia ed Europa è in realtà più o meno normale e il livello delle disuguaglianze non ‘elevato’ • una maggiore uguaglianza visti i livelli di tassazione è comunque difficilmente raggiungibile se non operando politiche economicamente suicide di vera e propria distruzione del capitale detenuto dai ricchi

comunque tutto ciò non ha nessun significato visto che quello che conta è un’altra cosa, ovvero la crescita della produttività che sola può elevare i redditi reali delle fasce più povere della popolazione.

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Perchè il problema italiano e fondamentalmente mondiale è esattamente questo: l’economia e quindi i redditi, crescono e generano lavoro solo lì, dove la produttività aumenta.

Se questa rallenta, anche i redditi rallenteranno. Se questa si ferma, anche i redditi si fermeranno.

Se quindi in Italia la crescita è ferma e i redditi sono vent’anni che non crescono, non è dovuto alle disuguaglianze, ma unicamente alla produttività che non cresce. E non a caso da vent’anni. E la produttività, checché ne pensino gli adepti del teorema di Kaldor- Verdoorn, è essenzialmente un problema microeconomico e da risolversi in quel contesto. Verrà compreso tutto ciò?

Ovviamente no!

Di questa dettagliata analisi eccepiamo solo il pessimismo finale: pubblicandola speriamo di contribuire non solo a farla condividere, ma soprattutto ad accogliere l’indicazione più pregnante e predittiva: per chi ha sta cuore veramente l’uguaglianza, si impegni per la parte che gli compete all’aumento della Produttività!

Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 36 di 40)

Facebookland come Rete comunitaria?

Dopo il lungo editoriale che Chris Hughes, cofondatore ed ex compagno di stanza ad Harvard di Mark Zuckerberg, ha scritto sostenendo che Facebook è un pericolo “perché mette a repentaglio la nostra democrazia”, è diventato opportuno quantomeno porsi degli interrogativi in qualità di utenti di un social network al quale — per una molteplicità di funzioni che ci ha messo a disposizione e di relazioni che ci ha consentito di avviare — ci sentiamo ‘legati’, riteniamo di dover essere grati257 .

Al contrario del suo amico e socio, Mark Zuckerberg è stato per molto tempo convinto che Facebook fosse ‘un servizio pubblico’ sostenendo tale tesi con l’ingenuità adolescenziale di un giovane startupper e la forza argomentativa dei numeri impressionanti del suo Social network, che ci ha visti diventare progressivamente (quasi) tutti fedeli frequentatori:

“Per essere chiaro: noi ci concentriamo sull’aiutare le persone a condividere e a connettersi, perché lo scopo del nostro servizio è quello di consentire a tutti di rimanere in contatto con la famiglia, gli amici e la loro

257 Secondo Chris Hughes, cofondatore di Facebook, Zuckerberg va fermato https://bit.ly/3EdEGhH 105

comunità… Per noi la tecnologia ha sempre rappresentato la possibilità di mettere il potere nelle mani di quante più persone possibile”. Non si può certo dargli torto: noi, che ci siamo profilati ed impaginati (magari perché sospinti da qualche amico e/o collega) con iniziale sospetto e successivo crescente agonismo affettivo-relazionale nel turbinio dei post e dei like, in fin dei conti abbiamo accettato e condiviso l’ingaggio propostoci di una cittadinanza digitale nella quale non ci sono state chieste quote d’ingresso e tantomeno minacciate tassazioni correlate alla quantità di chiacchiere scambiate ed amicizie intraprese… C’è stato però un momento in cui la magia della spontaneità con cui ci siamo spinti a diffondere quelle che ci apparivano opinioni intelligenti, coraggiose e spavalde si è interrotta: i nostri interventi e commenti non hanno più provocato i riconoscimenti attesi ed hanno cominciato ad incontrare risposte non propriamente amichevoli, talvolta repliche salaci, polemiche, finanche calunniose.

Abbiamo così scoperto che il setting predisposto dagli ingegneri di Menlo Park in California, dopo il primo step dell’accoglienza e dei saluti ed informazioni richieste, non aveva previsto la condivisione di regole e riti della buona e pacifica discussione, per la quale eravamo predisposti e nutrivamo legittime attese, bensì procedure ed incentivi per sollecitare la riemergenza dei nostri sentimenti adolescenziali ed abbuffarci di vecchie e nuove amicizie…

La seconda (amara) scoperta è stata riscontrare che nel nuovo ambiente virtuale l’accesso e la frequentazione erano talmente liberi che si potevano incontrare nuovamente persone, opinioni e sentimenti sgradevoli che avevamo ‘espulso’ dalla nostra vita, in molti casi a seguito di dissidi e polemiche che ci erano costati stress e sofferenze…

Mi è capitato quindi di verificare e constatare che per molti ed in molti casi Facebookland è diventato e rappresenta un luogo in cui si replicano i modelli relazionali della vita reale, con una differenza però: per la ‘mobilità’ nell’autostrada digitale non sono previste la linea di mezzeria, gli stop, né tantomeno i imiti di velocità ed il rispetto della precedenza… Virus sociali, algoritmi e rete comunitaria.

Kara Swisher, una delle più importanti giornaliste di tecnologia e nuovi media al mondo258 sostiene che “Facebook, Twitter e YouTube sono diventati i trafficanti delle armi digitali dell’epoca moderna. Tutte queste aziende hanno iniziato con il velato proposito di cambiare il mondo. Ma lo hanno fatto come non avevano immaginato. Hanno modificato il modo di comunicare degli esseri umani, ma mettere in collegamento la gente troppo spesso ha voluto dire mettere gli uni contro gli altri. Queste aziende hanno trasformato in armi i social media. Hanno trasformato in arma il dibattito pubblico. E, più di qualsiasi altra cosa, hanno trasformato in arma la politica”. Il dibattito e le polemiche particolarmente intensi della recente stagione politica sviluppatisi attorno alla contaminazione e strumentalizzazione di Facebook da parte dei soggetti che ne hanno scoperto la usabilità ai fini del marketing elettorale sono però arrivati un po’ fuori tempo massimo. La degenerazione populista ha cause e matrici etico-culturali proprie, precedenti all’affermazione della Piattaforma social di Zuckerberg: in essa ha certamente trovato un acceleratore e diffusore di virus sociali già incubati dalla crisi economico-finanziaria e dagli effetti collaterali negativi della globalizzazione.

Gli algoritmi di Facebook non l’hanno certo contrastata, anzi — come dimostrato nel caso di Cambridge Analityca — hanno consentito di alimentarla, commercializzando e ottimizzando per conto dell’Azienda

258 Arriva “Re/code” https://bit.ly/3FguPcj

proprietaria le informazioni che noi utenti con generosità e faciloneria abbiamo consegnato agli Ingegneri di Menlo Park.

Ma la manipolazione ed il disorientamento dell’opinione pubblica che ha trovato nei social networking ed in particolare nelle pagine di Facebook un luogo di partecipazione ed una fonte di informazione, non costituiscono un esito inevitabile, un approdo scontato.

La fungibilità e la versatilità degli strumenti che esse ci propongono e mettono a disposizione presentano una ricchezza di opportunità, di incontri, partecipazione, collaborazione e mobilitazione cognitiva che — seppur con l’attenzione dovuta ad un ambiente molto frequentato — mi hanno convinto ad ‘abitarle’ con assiduità e trasformarle in occasioni per la divulgazione, il confronto e la riflessività su temi e questioni centrali dell’agenda culturale e della cittadinanza attiva. Pagine da scrivere insieme.

I loghi e gli obiettivi illustrati nell’impaginazione del ‘Progetto di rete comunitaria’ 259rappresentano un’iniziativa per umanizzare l’ambiente digitale, ovvero rafforzarne le caratteristiche di ambiente amichevole e collaborativo in cui gli utenti privilegiano l’ascolto, lo scambio di opinioni, la circolazione di idee, il rispetto che si deve ad un luogo pubblico (seppur virtuale) ed alle persone che lo frequentano.

Le Pagine Facebook e le molteplici ‘community’ che le animano nascono e sono sostenute dalla frequentazione ed incontro con centinaia di persone protagoniste nel web con l’originalità dei loro post, il valore delle loro competenze, la generosità e serietà metodologica nel #generareecondividereconoscenza260 .

Il mio auspicio è che diventino un luogo per intensificare e moltiplicare le occasioni di confronto, ascolto, informazione reciproca, con il risultato di implementare la cooperazione cognitiva, ovvero la risorsa decisiva per contrastare efficacemente in Rete e con la Rete la disinformazione, la volgarità, la degenerazione del linguaggio politico e ricostruire i leganti comunitari che trovano nella generosità, sincerità e chiarezza delle parole un fondamento sicuro, non solo virtuale!

Questa riflessione personale è propedeutica alla lettura dei testi pubblicati in Appendice che affrontano in termini molto più analitici ed approfonditi i dilemmi che l’uso delle Piattaforme digitali ha sollevato, anche e soprattutto con riferimento al loro impatto nella mobilitazione politica e nel marketing elettorale.

A partire da Obama per finire alla traumatica entrata in scena di Donald Trump, il campo gioco di Facebook e Twitter è diventato un terreno di polemiche e competizione senza esclusione di colpi che hanno determinato la depressione della partecipazione democratica sostituita da una incandescente mobilitazione social tradottasi in un processo di polarizzazione che ha favorito i gruppi e le formazioni politiche più spregiudicate e disponibili alla pratica del linguaggio violento ed all’aggressione degli avversari. Tutto ciò, però, ha rafforzato la nostra ispirazione e la determinazione ad implementare le esperienze di ‘umanesimo digitale’ che troverete illustrate in particolare nel Capitolo: ‘La visione di Demotopia’.

259 Progetto rete comunitaria https://bit.ly/3Fe4oDP 260 Intermediati digitali, unitevi https://bit.ly/3e8gzGm