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Cucire un Paese piagato dalle fratture storiche e dagli squilibri socio-economici territoriali

Cucire un Paese piagato dalle fratture storiche e dagli squilibri socioeconomici territoriali

Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 20di40)

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Parlare di povertà, lavoro, sviluppo significa focalizzarci sulla realtà meridionale del Paese, che manifesta indicatori sociali, economici, amministrativi che ne evidenziano un progressivo declino, reso drammatico e crudele dalla emigrazione che demolisce anche il capitale sociale basico per riprogettare una qualsiasi reazione.

Nel Rapporto SVIMEZ 2018126 è un dato sintetico a rendere la fotografia dello stato prefallimentare delle Regioni del Sud: negli ultimi 16 anni se ne sono andati 1.833.000 residenti e di questi la metà erano giovani.

D’altronde ciò può sorprendere degli italiani in malafede e/o dei leader politici miopi, non in grado di leggere gli espliciti messaggi di ribellione inviati con il voto al Referendum costituzionale del 2016, ovvero una chiara indicazione che per i cittadini meridionali le priorità erano considerate ben altre, e con il plebiscito che la proposta grillina del Reddito di cittadinanza ha ricevuto alle elezioni politiche del 2018.

Ed è proprio la ‘trappola assistenzialistica’ che può diventare un circuito vizioso tra legittime attese di una popolazione stremata e le risposte di un ‘nuovo’ ceto politico che invece di affrontare in profondità la malapianta del sottosviluppo accompagnatasi alla gramigna del consenso clientelare, preferisce dare le risposte elettoralmente più paganti, ma strutturalmente temporanee ed inefficaci.

In una appassionata lettera al Direttore del Foglio, Florindo Rubbettino sostiene che “non solo la politica (che non va assolta) ma anche i cittadini hanno le loro responsabilità. Per cambiare i territori e renderli migliori serve anche il loro coraggio serve affrontare la dura lotta tra i fautori dello status quo e della conservazione e chi vuole il cambiamento. È una battaglia feroce che richiede coraggio e determinazione. Per dirla in una parola, occorre una cultura civica, che sia in grado di opporre al malcostume sedimentato un ambiente in cui la virtù proattiva di singoli e comunità possa fare la differenza. In che modo? Innanzitutto rifuggendo da qualsiasi tentazione assistenzialista. L’assistenzialismo è la vera ipoteca sul nostro futuro…”127 .

Come si può ben comprendere da tale accorato appello, prima di approntare le necessarie strategie di politica economica, si presentano dei robusti nodi politici da sciogliere ed è Angelo Panebianco ad indicarli con la severità analitica che lo contraddistingue, in due editoriali pubblicati a poche settimane di distanza l’uno dall’altro128 .

Purtroppo non è e non sarà sufficiente la sagacia del noto politologo ad alimentare una consapevolezza diffusa, che deve essere assunta da una classe dirigente nazionale per una ‘questione meridionale’ da intendersi come decisiva per un processo di unificazione sostanziale del Paese, per cui giovani-legalità-lavorocompetitività-PIL costituiscono i nodi di una progettualità complessiva, supportata dalla comprensione storica e scientifica dei processi, anzi, per dirla con Sabino Cassese delle “zavorre che hanno frenato il Sud”129 .

Lo stesso autore si è cimentato non solo nella denuncia, ma anche all’analisi sistemica di come la crisi socioeconomica meridionale abbia rappresentato e tuttora si manifesti come “il maggiore fallimento dello Stato unitario”130

126 apporto SVIMEZ 2018 L'economia e la società del Mezzogiorno https://bit.ly/31M7NLE 127 Numeri e realtà. Rubbettino contro la lagna dei giovani che scappano dal sud https://bit.ly/3IzKBkv 128 Sciogliere i nodi del sud https://bit.ly/3GJVBu3 e Tra il nord e il sud un patto contro i no https://bit.ly/339bWtv 129 Vi spiego le zavorre che frenano il Sud. https://bit.ly/3GsbxAF 130 Il maggiore fallimento dello Stato unitario https://bit.ly/3EEhIBq 62