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Pensare la nazione Italia come Comunità coesa, solidale, aperta e connessa

del linguaggio, dall’accettazione di un vocabolario comune, capace di creare una perfetta illusione identitaria. Se tutti ripetono le stesse parole e usano lo stesso linguaggio, allora tutti cominceranno a credere che esista un’unica verità. Non basta più indignarsi (come suggeriva Hessel): occorre leggere. Snyder rispolvera i grandi classici da Orwell a Philip Roth, da Dostoevskij a Camus, con incursioni nella saga di J. K. Rowling e nella poetica di Kundera. Non mancano lavori meno conosciuti al grande pubblico, come Il potere dei senza potere di Václav Havel (1978) o The Uses of Adversity di Timothy Garton Ash (1989)”.

Ma tale indicazione non è un invito ad astrarsi dalla realtà, tutt’altro: “Snyder ci tiene a precisare che fare politica non significa solo affidarsi alla teoria, bensì metterla in pratica quotidianamente. Le nostre identità politiche sono plasmate dalle idee, ma anche dai nostri corpi: qualunque atto di resistenza o di ribellione, infatti, necessita della sua concretizzazione nella forma esteriore88” .

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D’altronde il turbamento che suscita la straordinaria ‘mobilità sociale’ nella quale siamo immersi non costituisce il preludio di un inevitabile introversione bensì l’effetto di una scossa che sta generando l’emersione di una fenomenologia virulenta che semplificando viene definita populista (qualsiasi cosa essa significhi) ma che in realtà, Francis Fukuyama, in Identità. La ricerca della dignità e i nuovi populismi, interpreta come un bisogno di riconoscimento di ampie fasce della società. Un bisogno che costituisce — secondo Hegel, appunto — il vero motore della storia89 .

Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 15di40)

“Dell’unificazione nazionale italiana sono state compilate cronache più o meno inzeppate di poesia e di retorica, non è ancora stata scritta la Storia” Antonio Gramsci — Risorgimento e Unità d’Italia, 6 Aprile 1918 “Noi non conosciamo l’Italia. Peggio ancora: noi manchiamo degli strumenti adatti per conoscere l’Italia, così com’è realmente e quindi siamo nella quasi impossibilità di fare previsioni, di orientarci, di stabilire delle linee d’azione che abbiano una certa probabilità di essere scritte” Antonio Gramsci — 1923

Povera Patria Povera patria schiacciata dagli abusi del potere Di gente infame che non sa cos’è il pudore Si credono potenti e gli va bene quello che fanno E tutto gli appartiene Tra I governanti quanti perfetti e inutili buffoni Questo paese è devastato dal dolore Ma non vi danno un po’ di dispiacere

88 "Venti lezioni. Per salvare la democrazia dalle malattie della politica" https://bit.ly/3GhL1dk 89 La storia non è finita, arriva l'identità https://bit.ly/3IpnUzg e https://bit.ly/3InqFBf 50

Quei corpi in terra senza più calore? Non cambierà non cambierà Non cambierà forse cambierà Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali? Nel fango affonda lo stivale dei maiali Me ne vergogno un poco e mi fa male Vedere un uomo come un animale

Non cambierà…

“Se ho scritto Povera Patria è perché sono coinvolto. Ogni sera guardare il Telegiornale è una sofferenza, a meno che non si resti indifferenti a questo passare, che so, da Riccardo Muti ai morti ammazzati. Quella che una volta poteva essere una caratteristica simpatica del popolo italiano, oggi diventa infame; quando ancora non c’era questa barbarie, l’italiano che pensa a se stesso era in fondo un individualista, e va bene. Oggi è insopportabile. Basta col tirare a campare: si richiede un intervento al cittadino di solidarietà civile, non si può più restare indifferenti.” Franco Battiato — 1991

“All’inganno nazionalistico che incalza e che cresce non vale opporre la speranza sbiadita e senza voce, il disegno dai contorni tuttora imprecisi e imprecisabili, del progetto europeistico. Va opposta prima di ogni altra cosa, in tutta la sua forza storica, la cultura della nazione democratica. Che più volte — ricordiamo anche questo — ha dimostrato anche di sapere aprirsi al mondo superando i confini della propria patria con la sua carica emancipatrice volta all’umanità90” Ernesto Galli della Loggia, Perché la patria ha ancora un senso - 2018

“Se c’è nel vocabolario politico un termine inclusivo è il termine «patria». Una dimensione, quella della patria, che, ha scritto Piero Calamandrei, indica, qualcosa di «comune e di solidale che è più dentro» in ciascuno di noi. Cioè qualcosa che va al di là delle opinioni politiche, per più versi qualcosa di prepolitico, in forza del quale sentiamo di avere un legame, un patrimonio condiviso (a cominciare da quello fondamentale della lingua) anche con chi nutre idee politiche diverse, pure assai diverse, dalle nostre91

Ernesto Galli della Loggia, La politica e l’idea di patria

La Politica democratica del tempo presente, squassata dal disamore di molti cittadini, inficiata da fattori e poteri che esercitano una pressione per disancorarla dalle funzioni istituzionali, disorientata dalla molteplicità dei Centri di condensazione territoriale ed attrazione dei flussi globale che ne inficiano il potere esclusivo di regolazione, può e deve trovare nuovo slancio e legittimazione interpretando e rappresentando una sotterranea e pur vigorosa domanda di Unità, Armonia, Bellezza ed Umanità solidale che la Nazione italiana esprime sin da prima della sua incarnazione statuale.

Una vocazione tanto più forte proprio a fronte del contrasto e contraddittorietà di forze che nel corso della sua storia hanno manifestano sentimenti diversi, impulsi di generosità estrema e vili atti di disimpegno. L’Italia resta un luogo magico, un sogno ed un progetto, il legante che unifica i mille fili che tengono insieme la sofferenza e la ricchezza, la bellezza e la fatica, la frustrazione degli umiliati e la generosità dei volontari, il genio degli innovatori e l’umiltà dei sapienti produttori.

90 Perché la nazione ha ancora un senso https://bit.ly/3otcMcQ 91 La politica e l’idea di patria https://bit.ly/32o7UxA

Ebbene, i Democratici debbono candidarsi ad essere i testimoni operosi del lavoro di ricostruzione e connessione di un Paese scucito, ma costituito da un tessuto sociale e culturale forte: ed il loro impegno deve risaltare per la capacità di unire e non separare, di dimostrare con i comportamenti ed i fatti che la faziosità significa impotenza, che popolo non equivale ad omogeneità bensì molteplicità di persone che convergono e condividono un destino, che i diritti non sono una pretesa ma una conquista che va contemperata con la responsabilità dei doveri e del rispetto per le attese di chi è rimasto indietro nella corsa all’emancipazione sociale, economica, civile, come è stato mirabilmente illustrato da Alessandro Barbano nel suo recente splendido libro (Troppi diritti. L’Italia tradita dalla libertà)92

I Democratici debbono insomma essere in grado di convincere che l’idea di Nazione costituisce una leva portentosa per riprendere un cammino ricostituente, per disegnare un ruolo decisivo nel Mediterraneo, per apportare al Continente europeo l’intelligenza della cooperazione intergovernativa nel segno della continuità con il coraggio e le scelte che hanno segnato le tappe storiche del secondo Dopoguerra.

Per intraprendere una tale fatica, occorre essere animati dalla carica utopica e dall’eroismo democratico invocato da Walt Whitman, ma anche edotti dal ripensamento della storia recente che è aiutato da autori ed intellettuali diversi per nazionalità, studi e professione, ma che convergono nell’analisi critica delle trappole del ‘dirittismo’ che ha improntato sia la tradizione della sinistra riformista che quella della destra liberale: • sul già citato libro del giornalista Alessandro Barbano (ed ex Direttore del Mattino di Napoli frettolosamente defenestrato per le sue posizioni antipopuliste) (Troppi diritti. L’Italia tradita dalla libertà), una recensione che ne evidenzia il messaggio ‘pedagogico’93 . • Sul libro di Mark Lilla, docente americano di Scienze dell’uomo e Scienze politiche (L’identità non è di sinistra. Oltre l’antipolitica)94 .

Un contributo determinante sulla questione cruciale dell’identità nazionale (l’abbiamo già segnalato più sopra) l’ha dato nel corso di decenni di un’intensa carriera accademica e prestigiosa attività divulgativa lo storico Ernesto Galli Della Loggia, il cui ultimo intervento sulle pagine del Corriere della sera, L’ITALIA E LA SUA STORIA. L’identità esiste (ma a sinistra c’è chi dice no) 16 settembre 2018 ha — però — i caratteri della giustificata ed argomentata polemica contro un esponente della sinistra ‘cosmopolita’ e negazionista dei valori dell’appartenenza alla comunità nazionale, il Tomaso Montanari che con un lungo articolo, L’identità inventata degli italiani (Il Fatto quotidiano, 10 settembre 2018) ha tentato di manipolare la storia e il passato dell’Italia, per un fine esclusivamente e schiettamente politico: e cioè sostenere la necessità della porta aperta nei confronti degli immigrati, dal momento che come scrive “tutti siamo provvisori, migranti e stranieri”95 (!?).

Il confronto a distanza tra Della Loggia e Montanari non è materia storiografica riservata a due valenti intellettuali bensì l’oggetto di due visioni divergenti la cui scelta è destinata ad incidere sul livello di legittimazione e radicamento del futuro Partito Democratico nella coscienza profonda del Paese.

Non è un approdo neo-nazionalista ciò che auspichiamo; si tratta piuttosto di interpretare e rappresentare le attese e le speranze dei cittadini italiani a ritrovare — pur nelle differenze delle appartenenze partitiche — un’unità del Paese che metta a valore e patrimonio condiviso i principi costituzionali fondanti, le radici cristiane e le conquiste della cultura liberaldemocratica.

92 L'intervista ad Alessandro Barbano sul suo nuovo libro Troppi diritti. L'Italia tradita dalla troppa libertà https://bit.ly/3lGZpDZ 93 “Troppi diritti. L’Italia tradita dalla libertà” di Alessandro Barbano https://bit.ly/3ovBWrs 94 La politica dell’identità https://bit.ly/3pAmWHS 95 l’identità degli italiani: e l’uomo dov’è? https://bit.ly/3ImBQtY 52

Un patrimonio non coltivato in chiave sovranista ed isolazionista, ma come risorsa da declinare per affermare la singolarità italiana nell’ambito del progetto di unificazione europea e di partecipazione da protagonista nei processi di globalizzazione.

Sotto questo profilo risultano illuminanti e persino sorprendenti, per il basso profilo retorico che l’ha sempre contraddistinto, le parole dell’ex Ministro Graziano Del Rio contenute in un bel articolo di qualche tempo fa (20.5.2017) pubblicato sul Corriere della Sera: Possibile un’altra economia in un’Italia più identitaria. In esso vi si sostiene che “Solo quando ci sentiamo di appartenere una comunità riusciamo a rappresentare e farci rappresentare con fiducia reciproca”. Dopo l’analisi sul contesto di grande crisi che il nostro Paese e l’intero Occidente stanno affrontando, egli sottolinea con passione civile:

“E l’Italia? Proprio in una fase di globalizzazione, dove tutto pare diluito in un grande grigio indistinto ed uniforme, il riconoscimento di prossimità può fare la differenza. L’Italia deve ritrovare le sue radici e la sua identità di Patria nei valori che affondano nel Risorgimento e nella Resistenza. Ma l’Italia può anche contare sul valore identitario delle sue cento città, sulla forza di un policentrismo che ha evitato le banlieue al nostro Paese. Senza identità forte siamo tutti più fragili” .

Vi si scorge una visione che richiede uno sforzo “eroico”, ma prefigura impegni ed azioni che hanno il fascino di una sfida storica in cui sono in gioco la qualità della convivenza democratica ed il benessere sociale ed economico che da essa possono scaturire.

Ma per una rivisitazione critica della questione Patria/Nazione si rinvia a:

a) al libro di Michael Billig Nazionalismo banale, recentemente ripubblicato da Rubettino, nel quale in controtendenza rispetto al pensiero globalista cosmopolita, l’autore giudicava ancora robuste e stabili le appartenenze dei cittadini ai rispettivi Stati: “I simboli di queste identità, dalle bandiere alle banconote, sono talmente visibili che non li notiamo più. Ci accorgiamo oggi della loro potenza perché le forze populiste ne hanno fatto strumenti di lotta politica contro le élite culturali accusate di trascurare i problemi di insicurezza dei ceti umili”96

La persistenza della Nazioni è poi il titolo di un’intervista allo stesso Michael Billig pubblicata dalla Lettura — Corriere della Sera del 7 ottobre 2018 nella quale egli ribadisce che il “patriottismo non è rinato perché in realtà non è mai scomparso. Anche nei momenti di letargo era pronto a erompere, come accadde nelle Repubbliche ex sovietiche” e che “Donald Trump ha vinto esaltando la grandezza dell’America da restaurare, ma la stessa retorica sul ruolo degli Usa è stata usata dai suoi predecessori, incluso Obama” .

b) Al fondamentale e splendido discorso di Emanuelle Macron tenuto domenica 11 novembre scorso a

Parigi per celebrare il centesimo anniversario dell’Armistizio della Prima Guerra Mondiale, nel quale ha difeso il Progetto Europeo all’interno del quale il sano patriottismo non può mai tracimare nel nazionalismo che costituisce la negazione dei valori più preziosi che ciascuna nazione deve mettere a disposizione della convivenza pacifica tra i popoli97 .

96 Nazionalismo banale https://bit.ly/3ouTcwO 97 Contro i nemici dell'europa https://bit.ly/3ExciIn