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Le dissonanze cognitive e sentimentali

Aria, idee e leadership nuove. Con il civismo, per la rinascita della Democrazia Italiana. (parte 9di40)

“Sbaglia chi coglie ogni occasione per fare polemica. Sbaglia perché uccide sul nascere lo sforzo collettivo di guardare avanti. E comunque autocritica non vuol dire abiura, né tantomeno lesa maestà”

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Tommaso Nannicini

La frequentazione di un Circolo, frammenti di vita onlife, il lavoro associativo, la lettura di libri e giornali, l’interpretazione degli eventi politico-culturali correnti, l’osservazione di leader e protagonisti della competizione politica, ci offrono una visione della realtà politica italiana, caotica, ma dinamica e densa di fatti contradditori che alimentano un mix di suggestioni, delusioni e speranze.

Ci si trova di fronte ad una geografia umana che richiede uno sforzo quotidiano di ambientazione e riconnessione in un sistema di rapporti sociali mutanti.

Ebbene, chi è impegnato — con qualsiasi funzione — a ridefinire una trama ideale e programmatica che dia nuovo slancio alla Rappresentanza politica democratica, deve sentire la responsabilità e l’entusiasmo di avviare l’inedito lavoro per riallacciare le relazioni tra le Tribù sparpagliate che oggi sono attraversate da conflitti generazionali, dissensi concettuali e valoriali, opinioni dicotomiche, difformità linguistiche (diacroniche/sincroniche), frame cognitivi e comunicativi asimmetrici, interpretazioni divergenti del passato, visioni e sentimenti sul futuro contradditori, che sottendono esistenze con dotazione di capitale sociale profondamente disuguali.

Di fronte a questa situazione magmatica e sfuggente, le candidature ed il lungo percorso congressuale del PD non hanno certo diradato le nubi dell’incertezza, prefigurato leadership e disegni strategici con la forza di marcare l’auspicata svolta rispetto alla stagione della dinamica, ma contrastata gestione renziana del Partito.

E non si può certo dire che il Forum tenutosi a Milano in ottobre per dare una scossa reattiva e di consapevolezza abbia sortito i risultati attesi e dato una risposta soddisfacente a tale esigenza.

Questa valutazione di insufficienza non sottostima l’impostazione, lo svolgimento ed i risultati di un’iniziativa che ha richiesto un notevole investimento in termini di energie fisiche, organizzative, emotive, intellettuali il cui output, anzi, va tenuto nella debita considerazione in quanto ciò che è venuto dopo, ovvero lo svolgimento del Congresso, l’affermazione di Zingaretti e la nuova governance del Partito hanno apportato ben poco di innovativo nella visione e nella pianificazione strategica.

Si vuole quindi rilevare che molti interrogativi, contraddizioni, divisioni che hanno caratterizzato il dibattito politico-culturale nel dopo 4 marzo, dentro e fuori del Partito Democratico, non sono stati finora affrontati ed hanno piuttosto trovato nello scorrere del tempo una dilatazione riecheggiata nei reiterati interventi in cui Tommaso Nannicini ha cercato di sopire le polemiche latenti ed invitato a fare lo sforzo di guardare avanti.

Resta il fatto che a rilegge il recente passato e la stessa situazione attuale si ricava la sensazione di una combinazione di buoni sentimenti ed ingenuo cerchiobottismo, che si sono manifestati in modo vigoroso sia nelle occasioni di mobilitazione che della stessa ampia partecipazione alle Primarie con l’invocazione di una gestione unitaria, che ha trovato nella elezione di Nicola Zingaretti un significativo seppur non robustissimo suggello.

Nella relazione presentata all’Assemblea di insediamento, al florilegio dei richiami ai valori ed ai sentimenti non hanno fatto seguito precise puntualizzazioni programmatiche e scelte strategiche su tutte le questioni dell’agenda politica nazionale: il processo etico-culturale di regressione democratica, produttività dell’intero 33

sistema economico ed efficientamento dell’impianto amministrativo ed istituzionale, il processo di rafforzamento delle autonomie regionali al Nord, il cruciale binomio immigrazione & integrazione, le traiettorie dell’europeizzazione, la collocazione internazionale ed un giudizio meditato sulla globalizzazione, la visione dell’uguaglianza raccordata con le coordinate su sviluppo e riduzione della pressione fiscale.

Anche osservando le ‘prime mosse’ del nuovo Segretario, la stessa preparazione delle liste dei candidati per le Elezioni europee, il fermento e le insofferenze nella compagine parlamentare, la scarsa vitalità dell’insediamento territoriale anche rapportata all’impegnativa scadenza del rinnovo di Amministrazioni locali e regionali (in particolare laddove, come in Abbruzzo, Molise, Sardegna e Basilicata in cui si è dovuto ‘festeggiare’ il secondo posto), per non aggiungere la brutta tegola delle forzate dimissioni della Giunta umbra, beh, il panorama si presenta grigio.

Soprattutto non si scorgono visione, cultura e strumenti adeguati a fronteggiare le tensioni e contraddizioni che continuano ad attraversare e scuotere a livello individuale e di frammentate appartenenze (componenti partitiche, correnti, gruppi aspiranti ad acquisire rappresentatività, nuove formazioni politiche) l’elettorato democratico-riformista che cerca affannosamente di aggregarsi e/o farsi rappresentare da qualche ‘Tribù’, oppure — in parte maggioritaria — resta triste osservatore alla finestra.

Nella ‘grande valle’ in cui stazionano le formazioni della Sinistra vecchia-moderata-vivace, c’è molta confusione che si manifesta attraverso sopite ed in molti casi rumorose dissonanze cognitive e sentimentali: espresse talvolta in modi che risultano clamorose, visibili e leggibili, talaltra oscurate e/o taciute ma rilevabili con gli strumenti ordinari delle indagini demoscopiche, della sentiment analysis, delle inchieste giornalistiche (da segnalare per l’intensità emotiva che è stata travasata nei testi e la ricca mappa socio-ambientale realizzata, il reportage di Ezio Mauro su Repubblica37 .

Ora, per tutti coloro che praticano i sentieri e frequentano gli ‘accampamenti’ della valle indicata, non dovrebbe essere difficile verificare quando e come nell’esperienza sociale, professionale, politica, culturale e finanche accademica si incrociano persone (amici, colleghi, estranei) che — convinti delle loro idee e comportamenti ritenuti coerenti tra di essi — si trovano in una situazione emotiva soddisfacente (consonanza cognitiva) e che, però, entrano in uno stato di ansietà e difficoltà non appena devono misurarsi con discussioni e rappresentazioni (proprie e/o di altri) che sono contrapposte o divergenti.

Si tratta di ‘incoerenze’ che producono, appunto, una dissonanza cognitiva che le persone e le aggregazioni sociali sono portate istintivamente ad eliminare o ridurre a ragione dell’accentuato disagio psicologico che essa comporta (ad esempio riduzione dell’autostima). Per farlo esse attivano vari processi elaborativi, finalizzati a compensare la dissonanza (e ripristinare l’autostima). Abbiamo operato questa furtiva digressione nella psicologia sociale perché nell’attuale temperie politica ed avendo presente l’intero arco delle Forze Politiche — dal PD alla Lega, passando per Forza Italia e M5s — si pone una prioritaria esigenza di monitoraggio della transumanza e della mutazione antropologico-culturale in corso da parte delle diverse aggregazioni neotribali.

In particolare, per quanto riguarda il vasto campo liberaldemocratico, alle Tribù vanno proposti strumenti e metodologie di conoscenza ed ascolto reciproci che consentano di innescare processi di implementazione cognitiva, coopetizione elaborativa, innovazione e condivisione progettuale.

Si tratta di un approccio e di processi organizzativi che potremmo definire maieutici, fondamentali per orientare al superamento dello stadio di frammentazione della partecipazione che alimenta monadismi, Echo Chamber, integralismi, settarismi: tutte ‘devianze’ sedimentatesi nel tempo storicamente più recente della

37 La sottile linea rossa Viaggio in Italia cercando la sinistra https://bit.ly/31xdDQA 34

politica post-ideologica, in ragione degli scossoni ricevuti dai soggetti e fattori esterni e dei tentativi di trovare nuove visioni ideali e programmatiche con cui fronteggiare il mutamento dell’ambiente socio-economico circostante diventato ‘ostile’.

E tale procedura costituisce una fondamentale prova di maturità e consapevolezza perché significa il superamento della stagione dell’infantilismo in cui i liberaldemocratici, per usare le parole di Jan Zielonka (CONTRORIVOLUZIONE. La sfida all’Europa liberale) “si sono dimostrati più abili nel puntare il dito contro gli altri che a riflettere su sé stessi. Essi dedicano più tempo a spiegare la nascita del populismo che a illuminare la caduta del liberalismo. Rifiutano di guardarsi nello specchio e riconoscere le loro insufficienze, che hanno portato alla marea populista in tutto il continente”38 .

Verrebbe da dire che lo slogan da adottare come orientamento al lavoro prospettato non è lo stantio e retorico ‘unità, unità’ (ascoltato nelle recenti manifestazioni dei democratici), bensì quello più esigente ed impegnativo ‘umiltà, verità’! A tal proposito non si può sorvolare il fatto che su molti dei temi affrontati in occasione dell’ultimo evento in cui si è sviluppata un’impegnata discussione a più voci (il Forum già ricordato) e nella stessa intervista di Tommaso Nannicini richiamata, è rimasto un velo di ipocrisia e superficialità che, senza voler echeggiare i toni polemici di chi vi ha letto ‘revisioni e abiure’ della più recente strategia riformista, è la dimostrazione della difficoltà e del ritardo politico-culturale nell’affondare fino in fondo il bisturi di un’analisi ed una lettura critica dell’ultimo lustro.

Nel quale si è assistito al viraggio del pluralismo verso la faziosità; all’attacco forsennato (in occasione del referendum costituzionale) da parte di avversari esterni, corporazioni e finanche di pezzi deviati dello Stato (vicenda CONSIP), alla leadership del partito, senza una reazione vigorosa, anzi con la copertura omertosa e la pavidità — se non il fiancheggiamento — di componenti ben riconoscibili nel Partito e nei ‘sinistrati’ che puntavano a trarne un vantaggio; alla deriva populista di pezzi di sindacato e di amministratori locali impegnati nel mascheramento dell’inconsistenza programmatico-riformista delle loro posizioni attraverso il movimentismo sociale; all’evaporazione della rappresentatività dei corpi intermedi per ragioni endogene; alle emergenze straordinarie come i picchi di immigrazione che hanno messo a dura prova e collassato la fibra etico-civile del Paese senza l’approntamento di concreti ed efficaci programmi per l’integrazione. E tale onda anomala di eventi ha provocato una marea troppo alta per l’impianto progettuale di un Partito strutturalmente orientato a supportare strategie politiche acquisitive/distributive non certo la loro innovazione necessaria, imposta dal tornante storico dominato dalla crisi economico-finanziaria e della democrazia rappresentativa.

È l’arretratezza culturale, organizzativa, digitale che deve costituire il focus del confronto interno: quella che non ha consentito di percepire tempestivamente e contrastare lo sfaldarsi del Sud, la discriminazione dei Diritti sociali (prioritari su quelli civili), la disintegrazione della coesione sociale, la crescente marginalizzazione delle donne, lo smarrimento giovanile, lo svuotamento dei processi partecipativi…. Questo per dire che la riflessione, la elaborazione e la progettazione di futuro debbono fare un salto di qualità; e ciò è reso possibile proprio a partire dalla ricognizione delle risorse morali, intellettuali, civiche che oggi stanno germogliando nella Valle delle Tribù Democratiche il cui censimento già ci può dire della problematicità, ma anche delle enormi potenzialità che connotano la fenomenologia dell’impegno sociale e della partecipazione politica.

E’ in tale Valle che si sta insediando come Agenzia di ricerca e mobilitazione cognitiva, per la documentazione e rigenerazione politico-culturale il Gruppo GeCCo – Generare e Condividere Conoscenza.

38 “Contro-rivoluzione. La disfatta dell’Europa liberale” https://bit.ly/3DraYVO 35