Speleologia n. 67 - dicembre 2012

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Vi sia lieve la terra

Franco Tiralongo

Trieste 1939 - Sesana 2012

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’inverno del 2012 si chiude con un grave lutto per la speleologia triestina: il pomeriggio di domenica 12 marzo un fatale incidente sul pozzo d’accesso della Skamprlova jama (già Grotta Stoikovich - 164 VG) ha messo fine alla vita operosa di Franco Tiralongo. Molto conosciuto nell’ambiente speleo della regione (ma anche nel Carso sloveno ed in Istria), era sceso per la prima volta in grotta con il Gruppo Triestino Speleologi nel 1954: una visita alla Grotta Jablenza, 162 VG. L’esperienza – narrata poi con molto spirito nel 1993 su Progressione 28 – lo entusiasmò a tal punto che con il fratello ed un amico decise di costruire delle scale per continuare le esplorazioni in modo indipendente. Il gruppetto ebbe vita effimera e l’anno seguente Tiralongo fu in forza al GTS, gruppo con cui prese parte alla spedizione all’abisso Gachè in Piemonte, spedizione durante la quale morì il suo amico Lucio Mersi, precipitato nel P.130. Poi il lavoro – primo ballerino con compagnie prestigiose – lo portò in giro per tutto il continente, facendogli momentaneamente tralasciare (ma non dimenticare) le grotte. Nei trent’anni di attività artistica sviluppò una seconda passione, nata quando ancora andava a scuola: la fotografia, arte che coltivò fermando sia scene di vita nei paesi più disparati che immagini magiche catturate sul lavoro. Quindi, a metà degli anni ’80, il pensionamento ed il ritorno a Trieste e al mondo delle grotte. Nel GTS però non c’era più nessuno degli amici degli anni ’50,

Guido Lemmi 1933-2011

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’ultima volta che ci siamo incontrati, io e Guido, è stata una decina d’anni fa. Ero a Perugia per un convegno e in uno spazio di tempo libero mi incamminai deciso (come altre volte) per Corso Vannucci fino alla sua farmacia. Mi accolse, neanche molto sorpreso, nonostante i lunghi intervalli delle mie visite, quasi ci fossimo lasciati il giorno prima. Dopo i rapidissimi convenevoli, subito la conversazione scivolò sui temi speleologici, tanto per riprendere il filo di un discorso idealmente mai interrotto. E il calore dei ricordi subito ci avvolse. Ero ancora un giovane studen-

per cui ricominciò, dopo essersi rapidamente impossessato delle nuove tecniche di progressione, con il Gruppo Speleologico San Giusto dapprima e poi con la Commissione Grotte Boegan. Qui incontrò Umberto Mikolic (Umbertino Millerilievi per tutti), speleo con cui iniziò a visitare e fotografare dapprima tutte le più belle grotte del Carso triestino per passare successivamente, assieme a colleghi sloveni del Matarsko Podolje, negli abissi del Carso sloveno ed infine dell’Istria. Dappertutto fermando nel tempo, con foto mirabili, quanto vedeva; quest’attività era stata completata, negli ultimi anni, con l’aggiunta delle riprese video. Sempre pieno di idee e di entusiasmo organizzò mostre, sia a carattere speleo che fotografiche intese nel senso più ampio, in cui la sua bravura di fotografo veniva apprezzata da tutti. Fece parte del Consiglio direttivo della “Boegan”, del Comitato di redazione di Progressione (rivista che diresse per un paio di anni), iniziò il riordino dell’archivio fotografico della Commissione, sue foto diedero lustro a varie pubblicazioni: in una parola, si rese utile alla Società in molti modi. Alla fine l’ultima uscita sul Carso in una grotta in cui un pozzo di una sessantina di metri conduce ad una sequenza di belle gallerie; una serie di cause: corda nuova da 9 mm, un moschettone che non ha lavorato come doveva, una caduta parzialmente frenata, ha messo la parola fine ad una vita che – anche se aveva già dato – avrebbe sicuramente potuto dare ancora parecchio. Togliendo all’affetto della moglie e alla stima degli amici una persona unica nel suo genere. Pino Guidi

te di geologia, verso la fine degli anni Cinquanta del secolo passato, quando con i compagni dello Speleo Club Roma ci incontrammo con gli amici del Gruppo Speleologico CAI di Perugia sugli erbosi ripiani che bordano a nord la dorsale amerina e si specchiano nel tiberino Lago di Corbara. Obiettivo: la discesa nella grande, boscosa e franosissima voragine del Vorgozzo e poi nell’angusto e fangoso budello del Vorgozzino. Fu allora che cominciai ad apprezzare le capacità organizzative di Guido (meticoloso e ordinato in tutto ciò che faceva, ma non pignolo) che lo porteranno ad occuparsi, alla metà degli anni sessanta, insieme con l’amico Sergio Macciò, della costituzione del Soccorso Speleologico per l’Umbria e le Marche (IV Delegazione). Laureatosi in farmacia all’Università di Perugia

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