Speleologia n. 67 - dicembre 2012

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N Progetto Speleologia Glaciale

Progetto Speleologia Glaciale Ricerche per conoscere, esplorare e documentare le cavità glaciali dell’arco alpino Andrea Ferrario, Mauro Inglese, Paolo Testa, Paola Tognini

I

ghiacciai, la più grande riserva di acqua dolce sulla Terra, ormai da diversi anni vengono considerati sensori naturali del riscaldamento globale, utilizzati come registro continuo per stimare tanto l’evoluzione temporale delle variazioni climatiche quanto la loro distribuzione in funzione della latitudine in entrambi gli emisferi. La risposta dei ghiacciai agli attuali mutamenti del clima è uguale in tutto il pianeta: una forte riduzione di volume.

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In Italia, dopo una fase di avanzata agli inizi degli anni ’80, nell’ultimo trentennio i ghiacciai hanno evidenziato questa minaccia con drastiche trasformazioni: per esempio, il Ghiacciaio dei Forni (Valtellina, SO), il ghiacciaio vallivo più esteso delle Alpi italiane, a partire dal 1985 ha subìto un arretramento di oltre 600 m e una riduzione di spessore che in alcuni punti ha toccato i 70 m, ma analoghe tendenze si osservano anche per tutti gli altri ghiacciai dell’arco alpino. Un apporto significativo nelle ricerche sulla dinamica dei ghiacciai arriva dallo studio dei fenomeni carsici che si sviluppano in questi corpi d’acqua solida: la glaciospeleologia.

Chi ha percorso un ghiacciaio avrà notato lo scorrimento idrico superficiale, e spesso dalla fronte molto probabilmente avrà visto uscire un corso d’acqua. Non serve certo una grande fantasia per immaginare l’esistenza di un sistema di condotte che trasferiscono l’acqua dalla zona epidermica fino alla fronte. Questo reticolo è costituito da pozzi, forre e gallerie, come nei sistemi carsici. La cosa si fa interessante quando si cerca di valutare a fondo il comportamento globale dell’acqua anche quantitativamente. Da un’osservazione superficiale delle morfologie sub- ed endoglaciali balza subito all’occhio una stretta analogia con le forme e i fenomeni che incontriamo in superficie e all’interno delle zone carsiche. Doline, inghiottitoi, forre, pozzi-cascata, stalattiti e scallops: gran parte di ciò che possiamo osservare all’esterno e dentro una cavità carsica si riproduce anche in un ghiacciaio per “convergenza di forme”. Nella glaciospeleologia spesso però acquista nomi distinti: parliamo perciò di mulini per indicare inghiottitoi e punti di assorbimento con-


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