Complesso della Val Nosè al Pian del Tivano
Decenni di esplorazioni... L’11 febbraio 2012 si è aperta la porta magica!
L
a speleologia talvolta vive momenti unici, che rappresentano nette demarcazioni tra il prima e il dopo. La “giunzione” che ha portato al complesso della Val Nosè rappresenta uno di questi momenti. Non è perché, per ora, è la cavità più estesa in Italia. Non è nemmeno per il metodo di esplorazione, che ha unito al meglio capacità di essere squadra, utilizzare tecnologia, dedurre percorsi e, certo!, fare fatica. La cosa sorprendente è che una consapevole visione d’insieme è stata davvero comprensibile a tutti solo quando c’è stato il passaggio. È stata una sorta di esclamazione che ha unito le frasi precedenti in
un unico discorso. Come redazione di Speleologia abbiamo voluto idealmente festeggiare anche due nostri colleghi, Luana e Antonio di InGrigna!, dedicando un portfolio. Foto scattate appositamente, un rilievo 3D d’insieme, foto particolari o storiche. Non è un’antologia esaustiva, non rende onore a tanti splendidi fotografi, esploratori e professionisti della conoscenza. Soltanto, festeggiamo con i soci e i lettori anche l’imprevedibile follia della speleologia. Il sistema della Val Nosè era conosciuto ben prima delle precedenti e sicuramente anche prossime giunzioni. È bastato passare un
ostacolo per percepirne l’unitarietà. E anche per costringere a riflettere sulla struttura labirintica di un insieme sotterraneo condizionato da morfologie esterne, eppure non facilmente percepibile. Forse la speleologia sta facendo un passo verso più evolute istanze di pensiero, oltre che verso altri confini sotterranei. Lo scrivere a più mani, la condivisione, la tessitura continua di conoscenza, la continuità dell’azione in aree definite può portare a risultati inimmaginabili. E la serena consapevolezza dei limiti delle risorse rispetto alle possibilità rende, se possibile, anche più forti.
Foto P. Crochet
L’area carsica del Pian del Tivano-Valle del Nosè si trova in quella parte di territorio prealpino compreso tra i due rami meridionali del lago di Como e noto con il nome di Triangolo lariano. L’intero settore è caratterizzato da una grande piega sinclinale con asse ESE-WNW immergente verso occidente con un’inclinazione di circa 10-20°. La propaggine settentrionale è rappresentata dalla dorsale del monte San Primo (1681 m. s.l.m.), mentre l’estremità meridionale termina con una piega anticlinale in corrispondenza della vetta del monte Palanzone (1433 m. s.l.m.). (Foto E. Casiraghi)
Speleologia66/2012 11