Speleologia n. 65 - dicembre 2011

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le frequentazioni umane degli Iblei orientali in epoche remotissime. A partire dagli anni ’70, con le esplorazioni alla grotta Palombara, la prima cavità che presenta una progressione verticale, gli speleologi della Sicilia orientale iniziarono a condurre ricerche nel territorio aretuseo. Il fermento esplorativo ebbe il suo momento più proficuo in quegli anni, con la scoperta del sistema VillasmundoAlfio che, con i suoi 2,6 km di sviluppo, rappresenta tuttora la cavità attiva più estesa dell’isola. Dalla fine degli anni ’80 in poi le battute esplorative e le prospezioni sistematiche furono portate avanti più da singoli speleologi che da gruppi numerosi, la maggior parte ad opera dello Speleo Club Ibleo di Ragusa, del Centro Speleologico Etneo di Catania e del Gruppo Speleologico “Ugo Lago” di Noto. Nel mese di gennaio del 1991, durante una prospezione nel versante Nord di Cavagrande del Cassibile, gli speleologi dello Speleo Club Ibleo scoprirono un inghiottitoio carsico in Contrada Canseria, nel territorio di Noto. Dopo una breve disostruzione notarono che l’ingresso a pozzo L’ingresso di Pozzo Canseria. (Foto A. Premazzi)

della cavità aveva subito modifiche da parte dell’uomo. Infatti, in epoca sconosciuta, la sommità di tale verticale era stata chiusa con un arco a botte di pietra e l’accesso era possibile solo attraverso un cunicolo laterale lungo circa 5 metri. Giunti alla base del P25, oltre una grossa marmitta, partiva un’altra verticale di circa 17 metri. Un successivo saltino di 3 metri li condusse in una saletta ove i segni di livello dell’acqua in caso di piena erano notevolmente visibili. In direzione Sud una bassa galleria semiallagata percorribile per qualche metro conduceva a quello che era il primo sifone. La grotta fu catastata come Pozzo Canseria e il suo sviluppo rimase quello sopra descritto fino al momento in cui, nel febbraio 2009, durante un’esercitazione del CNSAS, lo Speleo Club Ibleo invitò il Gruppo Speleologico Siracusano a compiere una ricognizione in questa affascinante cavità. Tutto quello che successe dopo è presentato nelle righe che seguono e rappresenta la più grande scoperta speleologica in Sicilia orientale dal 1977, anno dell’esplorazione della grotta Villasmundo. Questa scoperta rappresenta soprattutto la rinascita della speleologia esplorativa in un territorio che potenzialmente riserva altre sorprese.

I Monti Iblei Delimitati a Nord dalla Piana di Catania, a Est dal Mar Ionio, a Sud dal

Condotto del primo sifone. (Foto A. Iemmolo)

Mar Mediterraneo e a Ovest dalla Piana di Gela, gli Iblei occupano il settore Sud-Orientale della Sicilia. Essi rappresentano un plateau carbonatico, la cui quota massima, Monte Lauro, raggiunge i 1000 m s.l.m. circa. Il paesaggio tipico ibleo è fortemente caratterizzato dalla presenza di valli o canyon (localmente definiti “cave”) prodotti dalla carsificazione. Quest’ultima è molto evidente e si manifesta soprattutto nell’area orientale sia con forme superficiali che con grotte. Dal punto di vista stratigrafico l’area Iblea è caratterizzata nell’Era secondaria da una sedimentazione inizialmente carbonatica e poi marnosa-argillosa, interrotta da sporadiche effusioni basaltiche, mentre nel Cretaceo superiore un’ulteriore fase tettonica produce l’emissione di grossi volumi di vulcaniti basiche soprattutto lungo la regione ionica. Durante il Terziario si mantiene la persistenza dei due domini contigui: quello orientale, caratterizzato da una sequenza carbonatica di mare poco profondo e influenzata dallo sviluppo di prodotti vulcanici; l’altro formato essenzialmente da sedimenti carbonatici alimentati dalle aree orientali e deposti su una base carbonatica digradante verso il mare aperto. Nel settore orientale affiora una successione stratigrafica spesso lacunosa

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