Speleologia n. 64 - giugno 2011

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N Tempi solcati

Leonida Boldori speleologo e primo Presidente della Società Speleologica Italiana

R

accontare Leonida Boldori non è semplice, perché il suo nome non è tra i ricordi più vivi degli speleologi di oggi e perché la sua biografia è affascinante, ma complessa. Ho scelto di utilizzare anche alcuni suoi scritti, vera cartina di tornasole di questo eclettico uomo. Il primo è un curriculum che Boldori aveva fatto avere a Don Pietro Scotti, altro presidente della SSI, nel 1967. “Leonida Boldori è nato a Cremona il 29 giugno 1897. Diplomato ragioniere nel 1916 partecipò alle guerre 19151918 (contraendovi amore per il Carso e per Trieste. Sua prediletta fu la dolce Oppacchiosella che i volgari politici hanno ora dimenticato di là dal confine, come dimenticarono le sorgenti del Timavo, cioè l’acqua per Trieste) nonché la guerra per l’Albania dove vide tante pietosissime cose che è meglio non ricordare, una natura selvaggia e … da lontano il monte Kiores dove debbono esservi meravigliosissimi buchi. Reduce stanco delle … fatiche di guerra, si lasciò indurre a tenere a battesimo la Società Speleologica Italiana del che si pente amaramente e come espiazione di tanta colpa è pronto a far penitenza

Settembre 1930 davanti all’ingresso delle Grotte di Postumia, da sinistra a destra: Muller, Colombo, Spocker, Boldori, Anelli, Gortani, Boegan, Biese, Perco.

meditando sul catasto speleologico italiano. Il 7.X.1923 mise il naso nel Buco del Frate contraendovi quella infezione speleologica che tuttora perdura anche se latente. Non andò mai a far solletico sotto la coda dell’asino e così – nei tempi che non si nominano – non prese mai calci. È allergico alle tessere dei politici: ne accettò una, una volta, perché per andare in treno occorre prendere il biglietto. Scrisse un centinaio di fesserie per far capire al prossimo che il Buco del Frate è degno del massimo rispetto e da esso possono trarre vita le maggiori indagini mentre la grande Postumia non riuscì a ravvivare l’Istituto Italiano di Speleologia che nato in una grande grotta giace in profondissimo letargo nelle cantine di un Ateneo. Speriamo che la democrazia speleologica non riesca a fare altrettanto della S.S.I.” Il secondo documento, del 1969, è invece il necrologio (!) che lo stesso Boldori aveva compilato e fatto avere a Cesare Conci, uno dei soci fondatori della SSI, perché lo leggesse durante le sue esequie. “Ho pregato l’amico Conci di non far dilungare troppo il cenno, anche perché debbo dire io qualche chiacchiera agli amici. Scrissi un giorno sulla mia carta da lettere un pensiero copiato da un cinese (Lin Yutang “importanza di vivere”: - soltanto coloro, che prendono comodamente quello per cui si af(Foto D.Vailati)

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faccenda la gente del mondo, possono affaccendarsi per quello che la gente del mondo prende comodamente- Chang Ch’ao). (...) Nacqui il dì della fiera del mio paese (Cremona 29.VI.1897) ed ai miei strilli si unirono quelli delle giostre e dei ciarlatani. Forse per tutto questo fracasso dovevo poi adorare lo splendido e delizioso silenzio delle caverne ed invidiare quella pace timorosa che regna negli studi dei nostri Maestri. Da bambino, ancora con i calzoncini al ginocchio, cominciai a zampettare dietro ad uno zio materno, Odoardo Ferragni, un omone alto alto, gran cacciatore ed ornitologo, che pure aveva nelle sue manone tanta delicatezza, da non sciupare le ali delle farfalle, di cui iniziava allora la raccolta. (...) Mio padre, anche lui cacciatore, mi aveva avviato alla carriera contabile ed i numeri, la perfida invenzione araba, mi perseguitarono nella vita. Intanto trescavo con Insetti e gli Antreni, che devastando le preistoriche scatole delle mie prime raccolte, costituirono certo i miei primi, non voluti, allevamenti, tra un bilancio e sfilze di addizioni. (...) fui sempre e soprattutto un dilettante, nel senso più assoluto della parola; povero di dottrina, ma ricco di pas-


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