
2 minute read
L’ARTE DI ATTRAVERSARE LA REALTÀ Fabio Sandri
from SMALL ZINE
by SMALL ZINE
TALENT TALENT
Fabio Sandri - Sabino Maria Frassà
Advertisement
Negli anni il pubblico ha imparato a riconoscere Fabio Sandri per le sue grandi installazioni ambientali e fotografiche, per lo più realizzate con le tecniche offcamera: intere stanze, sagome di esseri, tutto ciò che ci circonda viene catturato e registrato nelle sue opere. La tensione a una nitidezza e a contorni impossibili è onnipresente: tutto è sfuggente e informe. La frustrazione, dell’indefinito, tipica del lavoro di Sandri, si pone in netto contrasto con il luogo comune che vede - e soprattutto ha visto - nella fotografia il modo più verosimile per ritrarre il mondo che ci circonda. La fotografia per Fabio Sandri è altro dalla restituzione retinica, diventando lo strumento per indagare l’essenza della realtà che si rivela nell’interazione tra materia e luce. Classe 1964, l’artista si forma come pittore negli anni ’80 all’Accademia di Venezia sotto Vedova, di cui si percepisce l’influenza nell’attenzione alla tridimensionalità e al rapporto arte-spazio: le opere di Sandri invadono lo spazio e si fondono con esso perché i confini, come i contorni, non sono qualità proprie della realtà, bensì schematismi attraverso i quali l’essere umano percepisce e conosce ciò che è altro da sé. Il gesto di Sandri, a differenza di quello di Vedova, è un gesto però oggettivante: l’artista risulta regista più che attore dell’opera d’arte, si “limita” a permettere alla realtà di manifestarsi e rendersi visibile in tutta la sua complessità. Ad esempio, nel noto ciclo Stanze l’artista ricopre il pavimento di un intero spazio con carta fotografica per poi attendere che la luce e la materia si incontrino e lascino traccia. Avviene così una sorta di collasso-fusione della tridimensionalità dello spazio: l’opera registra tanto ciò che è sotto il supporto fotografico (pavimento) quanto è posto sopra a contatto o più lontano (mobili, lampadari e soffitto). La luce perciò è lo strumento fondamentale della conoscenza. In questo senso Fabio Sandri può essere definito fotografo: l’artista cattura l’essenza della realtà attraverso la luce, ritraendo un mondo sempre sospeso, smaterializzato, fatto di impronte e ombre; la certezza sembra abitare altrove. Eppure nelle sue opere nulla è una finzione: da un lato l’artista registra le impronte lasciate dalla materia sulla carta fotografica, dall’altro riesce a fissare le ombre e le proiezioni dei corpi nella loro dimensione naturale. Le opere, spesso di grande formato, rivelano una realtà monstrum, straordinaria, che fonde la dimensione 1:1 delle impronte con il gigantismo delle proiezioni e delle ombre dei corpi. L’arte di Fabio Sandri è perciò in qualche modo rivelatrice e generosa: è un’arte corale che tenta di mostrarci l’essenza della realtà, è una sorta di abbraccio al mondo che ci circonda e di cui facciamo intimamente parte. I confini scompaiono, i contorni si sovrappongono, tutto precipita nell’opera d’arte di cui finiamo per far parte anche noi spettatori - come ad esempio in Autoritratti e Incarnato - per lasciare un segno, una vaga impronta che si confonde e si fonde con il Tutto. “Ma è possibile, lo sai, amare un’ombra, ombre noi stessi”, (Eugenio Montale, Amare un’ombra, 1971).
STANZA, 2004. Prima opera di un ciclo ancora in corso. Courtesy dell’artista.