Fig. 5 Pablo Picasso, Arlecchino (Ritratto del pittore Jacinto Salvado), 1923, Olio su tela, 130 5 97 cm Parigi, Centre Pompidou, Musée national d’art moderne
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chino come metafora restasse sfumato. Consapevole che la versatilità era il perno attorno al quale ruotava il personaggio, faceva in modo di rappresentarlo contemporaneamente negli stili più diversi ogni volta che aveva voglia di riprenderlo come soggetto. Per essere più precisi, Picasso adottò questa strategia a partire dal 1916 e la sviluppò pienamente dal 1917 in poi (essa durò in tutto una decina d’anni, dopodiché la figura di Arlecchino fu sostituita da quella del Minotauro, una creatura che sotto la sua penna e il suo pennello si sarebbe rivelata non meno proteiforme). Circolano diversi aneddoti sull’origine della rinnovata passione di Picasso per il nostro personaggio teatrale dopo un intervallo quasi ininterrotto durato circa un decennio4. Il più famoso ha per protagonista Cocteau, che nella sua seconda visita a Picasso, durante l’estate del 1915, si presentò travestito da Arlecchino per divertire l’artista e invogliarlo a fargli il ritratto e poi gli lasciò il costume in regalo5. Che Cocteau pensasse già di convincere Picasso a collaborare con lui a un nuovo balletto della compagnia di Diaghilev e l’infantile mascherata facesse quindi parte di una lunga opera di seduzione che sarebbe sfociata in Parade non è sfuggito agli storici. Sono già state scritte molte pagine su come il balletto non solo riaccese l’interesse di Picasso per Arlecchino ma gli offrì anche l’occasione di approfondire la sua conoscenza della commedia dell’arte, in particolare durante il soggiorno a Roma in cui lavorò ai costumi, al sipario e alle scenografie (febbraioaprile 1917), e nel corso delle visite a Napoli con la troupe di Diaghilev6. Ciò di cui, stranamente, si parla meno è che Arlecchino non era menzionato nel libretto di Cocteau né appariva mai nel balletto. La sua presenza sulla scena di Parade era circoscritta all’immenso sipario (fig. 6) dipinto da Picasso a Roma – che peraltro, come ha osservato Elizabeth Cowling7, sarebbe stato visibile solo per pochi minuti all’inizio di ogni spettacolo durante l’esecuzione dell’ouverture di Satie. Picasso, insomma, sentiva di aver bisogno di Arlecchino benché nulla nel balletto in sé giustificasse l’immagine di questo personaggio al centro del sipario, se non la volontà di segnalare agli spettatori che la rappresentazione alla quale stavano per assistere si iscriveva nella tradizione della commedia dell’arte. Quando nel 1915 il giovane Cocteau si presentò alla porta di Picasso travestito da Arlecchino, in ogni caso, il progetto del balletto non era stato ancora nep-