UXmagazine Book 2

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UXmagazine n. 002 - Appunti e Spunti sull'Esperienza d'Uso - Magazine trimestrale di informazione e appfondimento su esperienza d'uso, design e innovazione - Settembre/Dicembre 2009 - Lugano, Switzerland.

book 02


bookindex Sketchatune: prove off air per un’interactive web radio community

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Giovanna Nicosia

Luca Mascaro

14 Estetica e interazione

Frieda Brioschi

Silvio Cioni

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La fiducia nella progettazione dei servizi Elena Casartelli

Diana Malerba

Un processo. Rendere flessibile il Visual Design.

Raccontami una storia, ma raccontamela bene.

Alice Garbocci

Daniela Losini

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42

E-commerce: l’acquisto online come esperienza d’uso

50

Sharon Sala

La curva dell’esperienza Francesco Improta

60

55

Alessandro Maria Martellone

Verso una qualità sufficientemente buona: sull’evoluzione del web e la flessibilità figurata

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44

UXconference 2009: successo e successi della prima edizione Diana Malerba

Nicola Mattina

I metodi e le tecnologie a supporto della UX nell’industria del gaming: opportunita’ e scenari futuri

23

UXconference: la nuova conferenza sull’esperienza d’uso che apre el frontiere all’innovazione

29

Il real-time web come nuovo paradigma per la produzione e distribuzione di contenuti sul web

16

Un’enciclopedia usabile

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Progettazione: tra spazi e luoghi

Diana Malerba

Camera Man: avventure e disavventure di un cercastanza metropolitano Daniele Cocchi

Interfacce neurali. Sergio Lottaroli

57

Progettare una web user experience corretta. Ma per chi?

Online User Test: perchè testare online e senza moderatore

Corrado Rosi

Toby Biddle

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68 Invia il tuo articolo

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UXmagazine è un magazine collaborativo generato dagli utenti che porta verso il grande pubblico le tematiche legate all’analisi e alla progettazione dell’esperienza d’uso.

UXmagazine n. 002

Le uscite mensili si compongono di articoli a scopo divulgativo, che trattano le tematiche dell’esperienza d’uso, del design e dell’innovazione miscelando il punto di vista dell’autore a dati di ricerca che lo supportino nella direzione scelta. Vengono trattate anche presentazioni di prodotti e servizi, ma sempre nella logica editoriale del magazine, che vuole costantemente presentare ai lettori strumenti e prodotti innovativi. Il magazine si costituisce inoltre come punto di aggregazione e discussione delle tematiche con UXnetwork, il social network dedicato all’esperienza d’uso.

Direttore responsabile: Luca Mascaro Caporedattore: Diana Malerba Art Director: Alice Garbocci

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Appunti e Spunti sull’Esperienza d’Uso. Magazine trimestrale di informazione e approfondimento su esperienza d’uso, design e innovazione. Settembre/Dicembre 2009 - Lugano, Switzerland.

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ISSUE FOUR

SETTEMBRE 2009

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note

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Diventa il protagonista del prossimo numero. 1. disegna la migliore delle copertine 2. inviala alla redazione (redazione@uxmagazine.it) 3. scrivici perchĂŠ dovresti essere tu il vincitore 4. attendi con ansia la tua tre mesi di celebritĂ


Giovanna Nicosia

Sketchatune: prove off air per un’interactive web radio community. http://www.uxmagazine.it/innovation-design/sketchatune-prove-air-uninteractive-webradio-community/

Se da una parte il riferimento reale sarà il fenomeno di Eclettica, trasmissione radiofonica condotta da Giulio Caperdoni, dall’altra si cercherà di proporre Sketchatune, un’ipotetica web radio fortemente caratterizzata dalla necessità di una maggiore interazione in termini di collaborazione tra dj e ascoltatori. Una sorta di catalizzatore di tutto quel flusso di info-sensazioni proveniente da un’intera community radio.

On air, on line, on site Ubiquità e identità trasversali per fare il punto della situazione odierna all’interno di un contesto che vede la compresenza di un dj, di una comunità di ascoltatori e di diverse modalità di fruizione di uno stesso mezzo: la radio. Il consumo dei media on-demand, per esempio, diventa sempre più un’abitudine comune alla maggior parte degli utenti che ascolta musica on line. Ma il podcast, il formato con cui generalmente troviamo il nostro programma radio, non è semplicemente una registrazione di una puntata archiviata e soprattutto bisognerebbe sfatare il comune automatismo di “scaricare” file audio per poi collezionarli nella cartella del nostro computer. C’è chi dice che la radio rimarrà sempre fedele a se stessa senza così poterla mai immaginare una YouTube (nel senso buono) della situazione. Fenomeni recenti, Spotify e Mixcloud, dimostrano, invece, come lo streaming diventi un buon compromesso alla pirateria nonché di re-thinking della radio stessa.

Off air La radio è il luogo del contatto tra il suono e la vita quotidiana di molte persone e ciò che le garantisce forza e sopravvivenza è il bisogno umano fondamentale di una colonna sonora di accompagnamento per molte situazioni della vita. Sulla linea del suono, quale sarà allora lo scambio emotivo che può esistere tra un dj e i suoi ascoltatori? I musicisti ci parlano con i loro pezzi, il dj con le playlist (e non solo). E gli ascoltatori avranno anche loro qualcosa da comunicare? Dove finiscono le sensazioni dei radio lovers? Considerando le dinamiche sociali del web, si può allora immaginare ad una sorta di radio- diario off air di tutta una community di ascoltatori che rimangono fedeli anche quando la radio è spenta? In un periodo fai-da-te ci sarà ancora chi crede ai consigli di un dj?

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Sketchatune: prove off air per un’interactive web radio community .  Giovanna Nicosia .

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Il network della radio La musica è uno strumento di comunicazione a tutti gli effetti ma nello stesso tempo sorprendente catalizzatore di sentimenti ed emozioni. In questo caso specifico, la musica è però supportata da un medium di grande storia, quella sorta di scatola sonora che per antonomasia è ormai diventato l’oggetto più domestico nella storia della comunicazione stessa, la radio. Questo medium, che da subito si è caratterizzato per essere un mezzo mobile, è anche anticipatore di trent’anni del cellulare e per tanto definibile come “il primo dei nuovi media” che “ad oltre un secolo della sua nascita mostra una sorprendente vitalità e una versatile capacità di cambiare più volte la sua pelle, cogliendo al volo i mutamenti della società” [1]. Inoltre, è interessante notare come la radio riesca a garantire dei livelli di socievolezza e il legame che gli ascoltatori stabiliscono fra di loro è accompagnato da un’altra relazione, quella che si instaura con il conduttore radiofonico che, grazie al suo stile, delle volte ci fa sembrare che stia parlando a ciascuno di noi e non ad una massa indistinta. “Ti senti una cosa sola con la radio [...], il dj ti parla di certe cose e tu ascolti, senti che è lì con te [...] che ti sta parlando personalmente” [2]. “Quando il suono è la nostra fonte di informazione, l’immaginazione la sfrutta al massimo creando uno schema dettagliato del quale le immagini, ovviamente, si impadroniscono” [3]. Il potenziale immaginativo dei suoni è per tanto innegabile, la radio ha la capacità di «dipingere immagini nell’occhio della mente» e l’ascoltatore è dunque allo stesso tempo artefice di realtà che trovano luogo nella sua immaginazione. ¨ È bello dunque sapere che in uno stesso pezzo radiofonico in realtà si celano tante creazioni, frutto di ogni persona che è in ascolto. “Conservate dentro un iPod o ascoltate per caso alla radio, non importa. Quella musica, quelle parole - confuse, magari in inglese, capite all’incirca - sembrano sussurrate proprio a noi. Diventano nostre, come una giacca che prende la forma del corpo. Colonna sonora della nostra vita” [4] L’approccio che si ha con la radio, delle volte è davvero così personale che quasi si preferisce ascoltarla nel privato di camera propria o comunque dove di sicuro nessuno verrà a staccarne la presa o a cambiare programma! Esiste, dunque, come “un’altra faccia del processo di industrializzazione: al carattere sempre più meccanico della produzione fa fronte il carattere sempre più personalizzato del consumo” [5]. 7

Sketchatune: prove off air per un’interactive web radio community .  Giovanna Nicosia .

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Belle, ad esempio, le parole di Andrea, dj di Diserzioni: “La radio l’ascoltavo dentro un armadio, nel senso che avevo ostruito la porta della stanza con un armadio al quale avevo tolto il fondo. Entrare nell’armadio era entrare nei segreti più intimi e poi rinchiudersi là dentro con gli amici era come stare nel video di “Close to me” dei Cure solo che l’armadio invece di riempirsi d’acqua si riempiva di suoni”. Al cinema I love radio rock è stato il “festival vintage” di tutte le sfumature che animano il mondo della radio: come allora anche oggi ci si ritrova ad ascoltare di nascosto, fra le lenzuola, nei salotti, al lavoro, in macchina… quei suoni pirati capaci di catturarci per il loro potere immaginifico. Ma non solo, in quei momenti “siamo collegati agli altri invisibili, dai fili di una tela di ragno, che ci rende parte di una comunità di gente che ascolta, unita dalla simultaneità dell’esperienza” [6]. Si tratta di ”un’intelligenza connettiva”, che a partire dall’avvento di Internet, “ci rende ancora più testimoni non tanto di un ritorno all’oralità, quanto dell’avvento di un linguaggio ibrido, costruito sulle fondamenta di tutte le precedenti ere tecnologiche (orale, alfabetica, elettronica)” [7]. Il patto di amicizia e di fiducia che ci lega alla radio la fa divenire un’esperienza unica e personale. L’esperienza di ascolto della trasmissione Eclettica, infatti, mi ha permesso di conoscere a fondo la radio e di viverla, per la fedeltà dei suoi appuntamenti quotidiani, come un caposaldo delle mie giornate. La radio per sua natura presuppone una lunga serie di implicazioni e connessioni, spazi e tempi dislocati nell’etere così come nel web e in altrettanti luoghi fisici. Per non correre il rischio di perdermi, ho dunque scelto di addentrarmi nella sua storia attraverso un network di cose, luoghi e persone. Infatti, quando un anno fa ho deciso di farlo diventare un argomento di discussione in sede di tesi in Interaction Design, non ho esitato a coinvolgere in questo stesso progetto dj, ascoltatori, musicisti, critici e in fondo tutti quelli che amano la radio.

Dj vs radio lovers Ma chi è oggi un disc jockey? Chi troviamo in questa figura che è antica quanto la radiodiffusione stessa? Cosa significherà passare la maggior parte delle giornate in una “bolla comunicazionale” [8] quale quella generata da delle cuffie? Chi ci propone dei contenuti o ci accompagna in molti momenti “di svago o di riposo, di sogno o di evasione”? Chi sta al microfono allestisce semplicisticamente voci, suoni e rumori, o forse quello che viene prodotto significa più di quanto si possa immaginare? Cosa accade tutt’oggi in quei piccoli studi a chi tuttavia riesce ancora ad avere l’onore di una trasmissione via etere? 8

Sketchatune: prove off air per un’interactive web radio community .  Giovanna Nicosia .

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Ad ogni modo il grande oggetto misterioso della radio rimane sempre l’ascoltatore - ovvero “il pubblico, con le sue abitudini, i suoi mutamenti, i suoi gradimenti e i suoi malumori: oggetto indecifrabile e, insieme, determinante punto di riferimento” [9]. Sarà forse anche per questo, ma oggi parlare della figura del dj, secondo me, significa riuscire a tracciare alcuni degli aspetti di una persona abbastanza poliedrica. Alla radio è uno speaker concentrato a sviluppare il dialogo con il proprio pubblico, al fine di captarne gusti e orientamenti. Nella vita di tutti i giorni è un rabdomante e “imprenditore delle passioni” [10]. Si da il caso che molti dj radiofonici siano anche dei talent scout, giornalisti, blogger, fantastici professionisti nonché organizzatori di grandi eventi nazionali, in cerca, a volte, di “secret location”, per regalare così alla gente musica e giuste atmosfere. Per dare consistenza al livello di rapporto che a volte si stabilisce con un dj, preferisco riportare alcune delle parole di un ascoltatore di Eclettica: “Eclettica è una trasmissione originale, complessa, flessibile, coinvolgente, multiforme, variabile, appassionante, intrigante, vibrante, profonda…grazie al suo conduttore. Eclettica è una piazza virtuale dove fluiscono un sacco di cose, musica, cinema, letteratura, parole, parole della gente e del conduttore, aperto ad ascoltare ed ad interagire con gli ascoltatori, così Eclettica diventa una trasmissione vissuta, sentita e in continua costruzione.”

Sketchatune prove per una radio-diario off air Lo scopo di Sketchatune si orienta pertanto sull’analisi di questo cortocircuito: da una parte il lato umano della radio, emozioni, musica e parole, dall’altro, il lato digitale del web assieme alle sue dinamiche sociali e di collaborazione. Il tutto tramite una proposta di design per una interactive web radio community, una piattaforma on line dove ascoltatori e dj possono realizzare una sorta di grande diario di bordo per l’intero programma radiofonico. Per questo progetto molti spunti sono stati ricavati dalle parole e dai bisogni degli utenti stessi.

Da un’intervista al dj Giulio, per esempio: > Preferisci anticipare o consolidare certi interessi degli ascoltatori? Tutti e due, sono due godimenti di tipo completamente diverso. > Come ottieni determinate conferme o smentite riguardo le tue scelte? Ora, con la tecnologia, è facile: mail, myspace,…. riassumendo internet! > Secondo te cos’è più vicino alla musica… una foto, un gesto, un testo…

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Sketchatune: prove off air per un’interactive web radio community .  Giovanna Nicosia .

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Un fremito. > DJ: una piccola parola per dire… Fidati di me. > Una parte della radio che non vorresti mai cambiare anche con l’avanzare della tecnologia. La scoperta dell’inaspettato! > Pensi a come possa evolversi Eclettica fra un paio di anni? Ancora più legata a e influenzata da internet e dalla tecnologia, ma sempre rimanendo molto “calda”. > È secondo te importante la possibilità “d’incontro” tra gli ascoltatori di Eclettica? E’ fondamentale, anche per chi conduce la trasmissione. > Myspace vs radio = pubblico vs privato oppure…? Sinergia da sfruttare senza farsi travolgere. > Cosa chiederesti agli ascoltatori? Di non perdere il gusto di fare nuove scoperte, di assaggiare nuovi sapori. Un po’ diversa era stata la reazione nei confronti della tecnologia da parte degli ascoltatori, che ovviamente sentivano più rassicurante il caro etere. A quanto pare l’ipotesi di integrare l’esperienza della radio nel web non li esalta molto. La maggior parte di loro dichiara di apprezzare il podcast, per esempio, ma si limita soltanto all’appoggiarsi. Personalmente ascolto le puntate solo attraverso il podcast e quando Giulio le manda in rete il venerdì, ne approfitto ascoltandole nei fine settimana. Tutte di fila durante le mie letture. Questa è una pratica impersonale. Leggo molto ma nel più assoluto silenzio. Con Eclettica ci riesco. Sarà banale ma è vero Eclettica è una dimensione, ed allontanandomi dalla poesia dico che è un spazio riuscito. È vero che la tecnologia aiuta l’espressione… siamo nell’età dell’elettronica, della comunicazione fatta di flussi, ma è importante che la comunicazione abbia un’anima. La radio è “l’interfaccia tra tempo sociale e tempo personale” [11], Sketchatune ha provato ad immaginarne uno scenario proponendo un’interfaccia con gli elementi che seguono: - Diario di bordo L’idea è di garantire all’utente uno spazio pubblico ma nello stesso tempo uno spazio privato. Quest’ultimo è ottenibile soltanto dopo la registrazione ad un profilo personale. In ogni caso qualsiasi utente può avere accesso a Sketchatune, anche se le funzioni sarebbero ridotte. L’accesso per tanto non è esclusivamente rivolto agli utenti registrati, che in ogni caso usufruiscono della possibilità di commentare, gestire il proprio archivio digitale ma soprattutto di condividere la propria pagina con il dj e con qualche altro amico ascoltatore, quasi si trattasse di un diario di bordo comune.

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Sketchatune: prove off air per un’interactive web radio community .  Giovanna Nicosia .

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- Visual Browsing Archive La gestione dei file è sempre stato un argomento alquanto importante soprattutto se si considera la facilità di produzione e diffusione degli stessi. Sia che si tratti dell’home page che della pagina personale, gli utenti avrebbero sempre a portata di mano l’archivio aggiornato dei podcast e in aggiunta il proprio archivio giornaliero con il resto delle attività svolte (appunti, note su artisti da ascoltare, disegni, immagini pronte da aggiungere nei commenti…). Il browsing dei file avviene attraverso una ricerca per tag o visual browsing del film strip dei file. - Iconic palette editor La maggior parte delle azioni che è possibile mettere in pratica su Sketchatune provengono dalla tool box, ovvero una serie di oggetti messi a disposizione dell’utente per permettergli azioni come quella di scrivere, aggiungere una foto, dei link, ottenere informazioni, assegnare un bookmark a qualcosa che piace… La serie degli oggetti messi a disposizione rimane pressoché invariata, sia che si tratti della palette editor nella pagina privata del dj o dell’ascoltatore così come nella home page. L’unica differenza sta in qualche altro tool in aggiunta al dj visto che potrebbe avere anche la possibilità di utilizzare una console di editing per le sue puntate radiofoniche. - Timed tag player Il player viene sviluppato partendo da una idea, quella di lasciare una traccia nella traccia in ascolto. La caratteristica di questo player è la possibilità da parte di un utente registrato, di aggiungere un commento nella singola traccia che andrà a selezionare. Di ogni commento se ne mantiene la memoria, per tanto qualsiasi aggiunta alla traccia rimarrà là ancorata così che tutti gli utenti possano averne conoscenza in qualsiasi momento dei loro ascolti. Il risultato sarà quello di assistere ad una sorta di commenti fluttuanti provenienti dalla traccia che li ha ricevuti e che in quel momento si sta ascoltando.

L’azione di tag in timeline l’ho ritenuta interessante al fine di coniugare nel modo migliore i diversi sistemi di rappresentazione: uno basato sulla scrittura e l’altro sulle immagini. Non si tratta della semplice azione di displaying delle informazioni, perché la struttura interna permette un’esplorazione su diversi livelli: si passa dai dettagli intimi di ogni singola persona all’esperienza globale di una comunità per intero. Ogni traccia digitale on line degli utenti diviene invece motivo di feedback per il dj e la sua trasmissione (evitando certi “scrobbling” come Last.fm insegna).

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Sketchatune: prove off air per un’interactive web radio community .  Giovanna Nicosia .

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Gli utenti usufruiranno di una sorta di “social browsing”: un’esplorazione lungo le proprie emozioni ma nello stesso tempo attraverso altri punti di vista. In una forma un po’ diversa la BBC ha sviluppato “Find listen label”, un sistema di “annotable audio” che permette agli utenti nella forma di una pagina wiki, di creare annotazioni sulla traccia che si ascolta. La BBC definisce infatti questa operazione “a collaborative segmentation of radio programmes”. Altri riferimenti per timed tag si possono invece trovare in Viddler e SoundCloud. Esempi di browsing su timeline dinamica provengono invece da Tun3r e, anche se non per la radio, in The Whale Hunt. - Rss news and updated Ogni utente di Sketchatune ha la possibilità di usufruire così come di aggiungere news: informazione del tipo: “last album”, “last cover art”, “last zine”, “last user” e “last event”. - Stream game L’ascolto della musica avviene grazie ai podcast ma anche allo streaming. Durante la diretta, infatti, tutti gli utenti saranno in grado di interagire in tempo reale e in una sorta di gioco radiofonico con le scelte musicali del dj.

Prospettive dall’attualità Sketchatune non lo troverete attivo on line ma d’altronde è stata una buona occasione per capire come la radio sia fatta da una coralità di voci appassionanti e sempre aperte al confronto. Sketchatune ha raccolto la sensibilità della radio per farne un progetto utile per ogni spunto futuro. Riuscire a dare un corrispettivo nel web ad una esperienza come quella della radio non significa costringerla ad adattarsi obbligatoriamente a delle leggi che non le sono proprie! In questo caso il lavoro più giusto da ottenere è quello di non allontanare la radio alla contemporaneità delle altre forme di comunicazione on line ma nello stesso tempo far sì che rimanga sempre un mezzo caldo. La radio oggi è in Fm, streaming, satellite e dab. E’ nella sua canonica music box, così come in un cellulare, in un iphone, in un lettore mp3 o in un computer. L’ascoltiamo in casa, per strada, in auto, ma anche al pub! Grazie alla logica degli archivi sonori on demand, il podcast, la ritroviamo sempre in formato mp3 on line. Esiste perfino la possibilità per ognuno di avere una radio personale, “Do it by yourself” radiofonico. Ma vediamo nel particolare di ognuno di questi fenomeni cosa accade.

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Ad esempio, la mia sensazione di oggi è che tutte quelle sperimentazioni di radio on line perdano sempre d’occhio alcuni quegli elementi che fanno sì che l’esperienza della radio possa definirsi tale. Infatti trovo molto spesso esempi in cui la selezione musicale è generata random dal sistema piuttosto che da una persona di fiducia. Come di contro una puntata del musicista David Byrne[12] potrebbe essere già un esempio di come riacquistare il rapporto con il pubblico mandando in onda musica e consigli da e ricorrere ad un algoritmo che elabora i gusti dell’utente. Dal mondo del cloud computing il nuovo Spotify è un esempio di cui è innegabile l’innovazione in termini di crowdsourcing, di playlist remix e di peer-to-peer music streaming, ma anche qui dello spirito radiofonico rimane ben poco. Un’atmosfera diversa si può per esempio trovare in MeeMix, una Internet radio community che, in maniera molto intuitiva, si focalizza sulle esigenze del singolo utente che qui può customizzare la stazione radio tramite il mood del momento (relax < — > party) oppure utilizzando la slider ’surprise me’. Si può pensare di condividere con Twitter o Facebook la musica preferita tramite così come dare un occhio alla comunità di MeeMix stessa. RadioMusicCubes, Musicovery, Stereomood, Tune Glue, MusicMesh sono invece degli altri esempi da segnalare come modalità intelligenti di navigazione dinamica al fine reperire musica e informazioni. Come anche il recentissimo Mixcloud che propone una selezione o cloudcast di music shows, podcast e dj mixes. Il sistema di Mixcloud permette ad ogni utente di filtrare le ricerche tramite “popular tag”, “recommended”, “follow people” oltre che ad un motore di ricerca abbastanza esaustivo. Interessante è la sessione “featured” che con una bellissima veste grafica ci informa degli ultimi spettacoli nonché festival ed eventi. Molti servizi sono pure reperibili sui nostri iPhone, come nel caso di Pandora, LastFm, AOL, Stitcher Radio o StreamItAll Radio. Esistono anche esperimenti come Olinda (BBC DAB radio). In questo caso la radio c’è, la tocchi, ti sintonizzi sulle frequenze che vuoi, ma in più ottieni ulteriori informazioni riguardo gli amici che sono anche loro in ascolto. Insomma è quello che potremmo definire esempio di social hardware: una radio digitale (DAB) che combina insieme attività di ascolto e una applicazione di social network come Facebook. Ma in attesa che i desideri di un radioamatore vengano esauditi, mi diverto ad ascoltare i radio show della band dei Trovarobato, mi sintonizzo sulle frequenze di Radio24 con il suo nuovo programma NovaLab24, ascolto i podcast di alcune net label come RCRD LBL, continuo a dare un occhio a Facebook o Myspace per sapere cosa accade alla community di Rockfamily così nel suo genere! Adesso, però, ascolto una puntata di Eclettica, apro il diario e disegno senza fretta.

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Luca Mascaro

Progettazione: tra spazi e luoghi

http://www.uxmagazine.it/information-architecture/progettazione-tra-spaziluoghi/

Durante l’ultimo summit di architettura dell’informazione ho iniziato a sviluppare una riflessione sul come oggi si progettano le differenti aree di un sito. In particolare la domanda che ho iniziato a pormi è se la metodologia di lavoro e le macro regole su cui progettiamo i percorsi di navigazione e le interfacce siano molto differenti se stiamo progettando un motore di ricerca o un profilo in un network sociale. Per rispondere a questa domanda sono tornato ad analizzare le discipline progettuali del web sin dai loro inizi. Sono oramai più di dieci anni che l’architettura dell’informazione, la disciplina che regola la progettazione di sistemi informativi complessi, ha pervaso il mondo dell’informatica ed in particolare quella applicata ai servizi web per gli utenti. Ci siamo posti il problema di rendere semplice, intuitivo, comprensibile, riconoscibile, apprendibile, navigabile, usabile, accessibile… in poche parole utilizzabile secondo dei criteri minimi di buon senso, un qualunque sistema informativo, concretizzando così una disciplina da questo processo di scoperta. Oggi siamo arrivati ad avere a disposizione tutta una serie di strumenti e metodi che ci permettono di affrontare la complessità di ammassi informi di informazioni riportandoli ad una comune comprensibilità. Ma alla fine cosa andiamo a progettare e che tipo di progettazione effettuiamo ogni giorno? Il paragone più naturale che sento utilizzare da sempre (da cui tra l’altro l’architettura dell’informazione deriva il nome) è quello dell’architettura fisica con il suo compito di progettare il mondo in cui viviamo. In particolare l’architettura si occupa di progettare gli spazi e i luoghi in cui viviamo. Partendo da questa risposta si ricava la possibile definizione che il progettista che si occupa di architettura dell’informazione si occupa di definire e disegnare gli spazi e i luoghi di un sistema informativo.

Ma cos’è uno spazio e un luogo e come si distinguono? Decine di architetti, filosofi, designer e liberi pensatori hanno cercato di dare una definizione della distinzione tra spazio e luogo a cui è difficile dare una connotazione evidente. In generale potremmo definire che lo spazio è qualunque posto, nonchè un non luogo, in cui possiamo stare e che in genere contiene, collegandoli, dei luoghi specifici dove effettuiamo delle operazioni specifiche.

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Progettazione: tra spazi e luoghi .  Luca Mascaro .

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Per semplificare, tornando alla metafora precedente, potremmo dire che lo spazio potrebbe rappresentare qualunque superficie percorribile di un edificio di cui le stanze sono i luoghi, e che in particolare (per logica) rappresenti i corridoi e le aree di servizio di tale edificio dove l’utente transita e trova la via tra i luoghi. Applicando questa definizione ai sistemi informativi, ed in particolare ai siti web che progettiamo, si può identificare la differente connotazione di spazi e luoghi. Sono spazi quelle aree dove l’utente transita come le categorie intermedie, i risultati delle ricerche, le landing page, gli indici e le mappe del sito. Sono invece luoghi quelle aree dove l’utente sosta usufruendo dei contenuti o operando delle azioni come le pagine di contenuto, gli articoli, i profili, le wall e i formulari. Questa distinzione mostra una certa differenza di obiettivi tra gli spazi e i luoghi, che sicuramente si riflette anche nel metodo progettuale. Nel progettare gli spazi bisogna dare privilegio alla scansione rapida dell’informazione, facilitando l’utente nel muoversi per trovare e raggiungere un luogo specifico. Tutto ciò che non è utile a raggiungere tale scopo, comprese navigazioni trasversali e di promozione, rischia di portare distrazione (rumore cognitivo) per l’utente finale, che ha come obiettivo principale è quello di trovare la via. Nel progettare i luoghi bisogna invece dare privilegio alla presentazione del contenuto e delle funzionalità. Bisogna valorizzare ciò che è mostrato a schermo rendendolo il più comprensibile possibile e alla fine portando l’utente al prossimo passo grazie alle navigazioni trasversali. Possiamo dunque dare una connotazione differente all’approccio con cui progettiamo spazi e luoghi dando maggiore enfasi alla navigazione e meno all’interfaccia per gli spazi e viceversa per i luoghi. Questo approccio, nella pratica quotidiana, vuole dire che prima ancora di iniziare a sviluppare il progetto o parte di esso dobbiamo concentrarci a comprendere di quali spazi e luoghi sia composto e di conseguenza soppesare le attività di architettura dell’informazione e design dell’interfaccia. A diversi mesi di distanza dalla riflessione iniziale ho sviluppato questo pensiero, che si sta sempre più radicando anche nel metodo che applico giorno per giorno. L’applicazione ai differenti progetti ha portato risultati interessanti sia dal punto di vista della qualità risultante che nella gestione del tempo, che purtroppo è sempre limitato. 15

Progettazione: tra spazi e luoghi .  Luca Mascaro .

note


Nicola Mattina

Il real-time web come nuovo paradigma per la produzione e distribuzione di contenuti sul web.

note

http://www.uxmagazine.it/innovation-design/real-time-web/

La voce real-time web di Wikipedia è ancora un abbozzo ed è stata creata il 14 giugno alle 18:32. Il 10 luglio, Techcrunch ha organizzato un incontro dal titolo Real-Time Stream Crunch Up. Business Week ne ha parlato il 6 agosto in un articolo intitolato Betting on the RealTime Web. Il 15 ottobre si terrà il primo The Read Write Real-Time Web Summit. Da qualche mese, Real-Time Web è la nuova buzz word della Silicon Valley, dove investitori e imprenditori si chiedono quali siano le opportunità di guadagno racchiuse in quel flusso costante di informazioni grazie al quale le persone si scambiano messaggi e, soprattutto, link, fotografie e video nei social network. Il web in tempo reale, infatti, è Twitter, Friendfeed oppure la homepage di Facebook: è uno stream continuo di contenuti che vengono prodotti, distribuiti e ricercati minuto per minuto sempre di più grazie all’uso di terminali mobili. Di questo fenomeno non esiste una definizione univoca, ma l’imprenditore Kenn Fromm ha provato a tracciarne alcune caratteristiche fondamentali in tre articoli su Read Write Web (uno, due e tre). Si tratta innanzitutto di una nuova forma di comunicazione, con la sua sintassi e le sue pratiche sociali che sono emerse soprattutto grazie ai limiti dei 140 caratteri di Twitter. Ci riferiamo all’uso di caratteri speciali come @ per indicare gli utenti e # per indicare le parole chiave, piuttosto che l’abitudine a replicare un contenuto di un tweet premettendo i caratteri RT (re-tweet). La brevità, inoltre, fa si che i messaggi siano auto-consistenti e si riferiscano a un solo oggetto (un link, un video e via dicendo): un discorso, quindi, può essere de-costruito in parti elementari in cui pezzi del contenuto possono essere usati come meta-dati. Il real-time web introduce un nuovo tipo di contenuto, che viene prodotto con modalità molto differenti, giacché l’80 per cento di quello che transita su Twitter - per esempio - è fruito e generato con programmi che utilizzano le Api della piattaforma. Si tratta di un’innovazione estremamente importante che estende il concetto di syndication introdotto dai feed Rss e che consente di utilizzare i flussi del web in tempo reale come vero bus di trasporto di informazioni, rendendo molto più semplice individuare e manipolare dati per creare nuove informazioni. Una terza fondamentale caratteristica individuata da Fromm 16

Il real-time web come nuovo paradigma per la produzione e distribuzione di contenuti sul web .  Nicola Mattina .


riguarda la velocità: se da un lato, infatti, le velocità delle connessioni fisiche non sono cambiate (salvo un progressivo aumento di performance), dall’altro il flusso di dati tra macchina e macchina è cresciuto notevolmente così come le attività che vengono compiute dalle macchine per manipolare queste informazioni. L’esperienza che ne emerge è simile a quella dei trader finanziari, con la differenze che al posto delle quotazioni finanziarie abbiamo a che fare con dati da individui e organizzazioni su eventi, teorie, prodotti, persone, articoli, video e via dicendo.

note

La caratteristica probabilmente più importante e peculiare del realtime web, però, è il fatto che ai dati è associato un grafo sociale. Contrariamente alle altre tipologie di comunicazione in tempo reale come l’instant messaging, la posta elettronica o il telefono, infatti, i contenuti prodotti sono essenzialmente pubblici e si propagano esplicitamente attraverso le connessioni delle persone o delle organizzazioni che li hanno prodotti. Ciascun nodo di questo grafo espone una certa quantità di informazioni che lo caratterizza: un avatar, un indirizzo web, una breve descrizione e via dicendo. Questi dati, insieme alla posizione del nodo all’interno del grafo, ne determinano per esempio la reputazione rispetto agli altri nodi e la sua capacità di influenzare il suo vicinato. Last but not least, il web in tempo reale si basa su un’infrastruttura fatta di piattaforme federate tra di loro e da applicazioni che aiutano a generare i contenuti. Pensiamo, per esempio, al fatto che è possibile scrivere un tweet e fare in modo che questo messaggio di 140 caratteri venga propagato in Facebook. O viceversa, che due utenti su Facebook possano interagire tra di loro usando un’applicazione che genera un messaggio che viene postato nelle rispettive bacheche e da qui, eventualmente, su Twitter. E via dicendo. Il quadro delineato da Kenn Fromm mostra una Internet in cui l’unità di misura sta passando progressivamente dai siti e dalle pagine web a oggetti informativi più piccoli e precisi, che viaggiano lungo relazioni sociali e che, in questo percorso, subiscono mutazioni e integrazioni. In questo processo, la progettazione dell’esperienza d’uso dovrebbe sempre di più prendere consapevolmente in considerazione le dinamiche di manipolazione delle unità informative che transitano e vengono propagate negli stream con l’obiettivo di governarle. I meta dati che se ne ricavano, infatti, saranno alla base dei nuovi servizi di aggregazione e ricerca che si affiancheranno e faranno concorrenza a Google e Bing. Con tutto quello che ne consegue in termini di online advertising.

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Il real-time web come nuovo paradigma per la produzione e distribuzione di contenuti sul web .  Nicola Mattina .


Frieda Brioschi

Un’enciclopedia usabile

http://www.uxmagazine.it/user-experience-design/unenciclopedia-usabile/

Nel 2007 a Manno, nei pressi di Lugano, si è tenuto il secondo Wikipedia Day, ossia un momento d’incontro e confronto sull’open software e l’open content. Uno dei relatori della giornata era Luca Mascaro che, parlando di Web 2.0, raccontava di aver svolto un’analisi su Wikipedia e di aver trovato che la sua interfaccia non era semplice da usare. Ricordo di aver insistito a lungo che secondo me, invece, l’interfaccia era veramente intuitiva, ai limiti dell’ovvio, e che a noi non era arrivata alcuna segnalazione di scarsa usabilità; i nostri utenti avevano talvolta dei problemi, sì, ma riguardavano la filosofia del sito e le policy, non l’interfaccia.

Wikipedia oggi Sono passati un paio d’anni dalla discussione con Luca e le segnalazioni di inusabilità oggi arrivano abbastanza di frequente; alcune volte mi capita di guidare una persona per telefono nella ricerca di dati di suo interesse e mi rendo conto che pur descrivendole minuziosamente quel che deve fare, dove deve cliccare, certi collegamenti non sono dove uno naturalmente se li aspetta. Dal 2003 ad oggi su MediaWiki, il software che usa Wikipedia, sono state aggiunte molte funzioni, corretti bachi, ma non c’è mai stata nessuna essenziale modifica all’interfaccia; d’altra parte le interfacce web sono cambiate moltissimo in questi anni: basti solo pensare ai principali social network (Facebook, Twitter e affini) e alla estrema semplicità d’uso, soprattutto per chi in rete è scarsamente attivo. Gli early adopters che avevo in mente io mentre discutevo con Luca, sono stati sostituiti da navigatori con esigenze diverse; inoltre oggi un sito che richiede una fase di apprendimento per poter essere utilizzato, non è più attuale e viene difficilmente accettato. Quest’anno Wikimedia Foundation ha ricevuto una sovvenzione da parte della Stanton Foundation per aumentare sensibilmente l’usabilità di Wikipedia per i nuovi contributori, migliorando MediaWiki tramite lo studio dei comportamenti degli utenti allo scopo di ridurre le barriere ad una più ampia partecipazione. Come tutti i progetti che portiamo avanti, anche questo è caratterizzato da un forte coinvolgimento della community: in ogni passo del progetto non solo è gradita ma è sollecitata la collaborazione degli utenti che partecipano a Wikipedia, per fornire input, suggerimenti e feedback. La fase di test, infine, è quasi totalmente demandata alla community.

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Un’enciclopedia usabile .  Frieda Brioschi .

note


Wikipedia Usability Initiative Il progetto, partito in sordina a gennaio 2009, durerà poco più di un anno, terminando ad aprile 2010. Tutto il progetto è descritto online su una apposita wiki che viene mantenuta costantemente aggiornata. Le fasi previste sono: - Pianificazione (gennaio – marzo 2009), comprensiva di un’inchiesta “ambientale”, dell’analisi delle estensioni di MediaWiki esistenti e delle diverse skin presenti; uno studio sull’usabilità e sull’esperienza utente ed infine nella definizione dei requisiti; - Fase 1 focalizzata sulle funzioni di scrittura basilari (aprile – agosto 2009), comprende lo sviluppo, i test (funzionalità, usabilità, internazionalizzazione, localizzazione), prototipazione, raccolta dei feedback dalla community, test da parte degli utenti; - Fase 2 focalizzata sulla semplificazione dell’interfaccia per la scrittura (settembre 2009 – marzo 2010) Per convenzione le varie release avranno nomi che iniziano con le lettere dell’alfabeto e che si chiamano come dei frutti tropicali. Finora è stata installata una versione (Acai), rilasciata una seconda (Babaco) e a breve dovrebbe uscire la terza (Citron).

Ricerca e valutazione Il progetto ha finora compreso tre diverse fasi di ricerca: - Una survey qualitativa che ha indagato le estensioni esistenti di MediaWiki (insieme alle skin e ad altro software wiki) per vedere se qualcuna di esse poteva portare dei benefici in termini di usabilità a Wikipedia - Una survey quantitativa che fornisse alcuni numeri sull’edizione in inglese di Wikipedia (volume delle modifiche, numero dei nuovi autori, ecc.) - Uno studio sui nuovi utilizzatori dell’edizione inglese di Wikipedia. E’ prevista un’ulteriore fase di studio prima dell’inizio dell’ultima fase, finalizzato alla valutazione del lavoro svolto nelle prime due fasi e nella raccolta di alcuni suggerimenti o richieste per la parte di progetto in fieri. Ad integrazione di questa ricerca, verrà attivato il tracciamento automatico sull’uso delle nuove funzioni attivate, per avere una valutazione numerica del successo.

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Un’enciclopedia usabile .  Frieda Brioschi .

note


Le release I cambiamenti apportati finora sono stati: - Acai si è preoccupata di: - Riorganizzare i tab, indicando più chiaramente quando una pagina è aperta in consultazione e quando in modifica - Migliorare la toolbar, raggruppando i tasti funzione che vengono usati meno di frequente in una sezione espandibile a richiesta. Le icone sono state ridisegnate utilizzando alcune icone di Tango e Gnome - Interfaccia di ricerca potenziata - Miglioramenti estetici - Babaco si è occupata di: - Introdurre un indice navigabile che si autoaggiorna in tempo reale durante la stesura dell’articolo - Creare delle finestre di dialogo che aiutino a formattare il testo, compilando delle semplici form (ad esempio per i link) - Citron si occuperà di: - Tabelle e template - Evidenziare la wiki-sintassi durante la stesura di una voce - Semplificare la ricerca e introdurre i suggerimenti Il test delle varie beta è lasciato agli utenti del progetto: ciascuno, a sua discrezione, può decidere di attivare la nuova interfaccia e provare le nuove funzionalità nonché lasciare un feedback sul funzionamento e sulla sua esperienza di utente. Anche per il controllo di compatibilità con i diversi browser (e le loro varie versioni) ci si affida alla disponibilità degli utenti.

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Un’enciclopedia usabile .  Frieda Brioschi .

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Silvio Cioni

Estetica e interazione

http://www.uxmagazine.it/interface-interaction-design/estetica-interazione/

Sempre più gli spazi che abitiamo si popolano di oggetti che possiedono qualità tecnologiche. Per quanto questa possa rappresentare una tendenza affascinante da assecondare, soprattutto in termini progettuali, tuttavia c’è ancora una profonda separazione tra gli oggetti di design e quelli che integrano prestazioni tecnologiche. La separazione diventa evidente nell’estetica e nel valore iconico che questi oggetti rappresentano. È inutile negare che c’è ancora, tra i designer, una diffusa e insana predisposizione a immaginare (e progettare) gli oggetti tecnologici come vincolati a forme e materiali che li rendono spesso intrusivi, troppo riconoscibili e poco integrati negli spazi quotidiani; come se lo sforzo di progettare l’esperienza d’uso si esaurisse con la progettazione dell’interfaccia senza considerare il valore estetico e simbolico dell’oggetto, che rimane perciò alieno nel contesto di utilizzo. Se gli oggetti diventano interconnessi, possono scambiare informazioni tra loro, si integrano e si mescolano con lo spazio circostante, perché allora non è possibile immaginarsi un’estetica che sfrutti gli aspetti iconici (e tangibili) degli oggetti di uso quotidiano digitally-enhanced, per creare esperienze utente piacevoli e coinvolgenti?

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Estetica e interazione .  Silvio Cioni .

note


Un progetto che rappresenta un tentativo interessante della progettazione di estetica e interazione per gli oggetti di uso quotidiano che integrano qualità tecnologiche, è Widgetable di Roberto Pansolli, sviluppato come progetto finale del Master in Interaction Design 2007 di Domus Academy, in collaborazione con Veneta Cucine e sotto la supervisione di Claudio Moderini. Widgetable è un ambient table (interactive kitchen table) che visualizza informazioni e contenuti web-based (meteo, news, mail), e permette di interagire con altri device mobili (come telefoni cellulari o player musicali) e gli elettrodomestici della cucina. In particolare l’interfaccia del tavolo è touch-based (touch pad wheel) e utilizza un linguaggio visivo basato su pattern specifici che rappresentano canali di informazione differenti. La superficie del tavolo mostra una visione aggregata delle informazioni, mentre il bordo è utilizzato per fornire ulteriori dettagli in forma testuale. Widgetable, propone elementi di discussione e spunti progettuali interessanti. L’utilizzo di pattern visivi specifici per interagire con i diversi canali permette di costruire un linguaggio di interazione molto intuitivo e con una estetica molto forte. Il valore iconico del tavolo (cuore della convivialità della casa) si arricchisce di componenti digitali che rafforzano, ed estendono con nuovi significati, l’aspetto di centralità dell’elemento nella cucina. Analizzando progetti come Widgetable, risulta evidente come il design degli oggetti tecnologici debba considerare sempre due elementi, essenziali nella progettazione: Estetica (della forma) e (superficie dell’) Interazione.

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Estetica e interazione .  Silvio Cioni .

note


Alessandro Maria Martellone

I metodi e le tecnologie a supporto della UX nell’industria del gaming: opportunita’ e scenari futuri.

note

http://www.uxmagazine.it/user-experience-design/ux-gaming-opportunitascenari/

L’industria dell’entertainment e del gaming ci ha abituati in questi ultimi anni a delle importanti innovazioni nel modo con cui interagiamo con le console di videogiochi. L’ esempio più conosciuto è senz’altro quello della Nintendo Wii, che, con un controller non più direttamente inserito nella console, ci ha fatto sudare, ridere e divertire con le partite di golf, gli incontri di pugilato o suonando a dei concerti rock. Presto per la nostra esperienza d’uso dovrebbe essere stravolta dalla novità di casa Microsoft, il Natal Project, che promette di far diventare gli utenti stessi dei controller. Cerchiamo allora di capire cosa c’è dietro questi dispositivi e come funzioniano, cercando di svelare un po’ i trucchi di questi veri “maghi del divertimento”.

Come funziona la Wii? Come forse molti già sanno, la Nintendo Wii è composta, oltre che dalla console, da due elementi fondamentali: il controller Wiimote e la Sensor Bar, una barra con dei led ad infrarossi che va posizionata davanti alla televisione, utilizzata dal Wiimote per calcolare la distanza del controller dalla televisione e interpretare il puntamento verso lo schermo. Inoltre il Wiimote ha al suo interno un accellerometro, un dispositivo elettronico che permette di rilevare il movimento del controller su tre assi.

Come funzionerà la nuova XBox con Natal Project? La nuova console della Microsoft, che dovrebbe essere presentata nel 2010, è un concentrato di tecnologia, infatti permetterà di riconoscere i volti, le voci dei giocatori, ma soprattutto i movimenti dei loro corpi, per cui le mani, i piedi, la testa e il busto saranno i veri controller che serviranno per inteagire con la console. Natal Project sarà il primo sistema a combinare una camera RGB, utilizzata per il riconoscimento di fino a quattro volti diversi contemporaneamente, un sensore di profondità che in pratica fa uno scannerizzazione 3D della stanza in cui si trova e un microfono multiarray che servirà per il riconoscimento di più voci nella stessa stanza. La chiave tecnologica del Natal Project è una particolare fotocamera 3D ad infrarossi, la ZCam, prodotta dall’azienda israeliana 3DV Systems poi acquisita dalla Microsoft. In pratica questa fotocamera irradia un fascio di raggi infrarossi e ottiene le informazioni riguardo la profondità dai raggi riflessi dagli oggetti incontrati nella scena; tutti gli oggetti individuati sono 23

I metodi e le tecnologie a supporto della UX nell’industria del gaming: opportunita’ e scenari futuri .  Alessandro Maria Martellone .


associati a dei layer e collocati nella scena in accordo ai dati sulla profondità.

note

I metodi e le tecnologie a supporto della UX nellindustria del gaming: opportunita e scenari futuri. a. la fotocamera irradia l’oggetto nella scena - b. i raggi riflessi dall’oggetto sono nuovamente catturati dalla fotocamera - c. l’oggetto ottenuto Le informazioni sui colori, invece, sono ottenute usando un normale sensore di immagini a colori.

Al di là dei giochi: possibili scenari La panoramica sulle soluzioni tecniche adottate nella Nintendo Wii e nella futura XBox della Microsoft permette di essere più consapevoli sui limiti e le potenzialità degli strumenti oggi a disposizione. Che impatto avranno nella nostra vita di tutti i giorni? Saranno adottate per svolgimento di attività che vanno al di là del semplice svago? Immaginiamo, ad esempio, un negozio virtuale accessibile attraverso la console Microsoft. Siamo al nostro primo utilizzo dell’applicazione. La telecamera scannerizza il nostro corpo e ne ottiene un’immagine virtuale 3D. A questo punto, richiediamo all’applicazione di mostrarci dei vestiti. Adesso in base alla nostra corporatura ed a ulteriori nostre richieste (”cerco un abito scuro, taglio classico”), l’applicazione ci mostra i prodotti trovati, facendoli indossare direttamente alla nostra immagine digitalizzata. L’applicazione potrebbe essere usata in casa o in aree attrezzate opportunamente nelll’attività commerciale stessa. Di esempi se ne potrebbero fare tanti. Sarà forse la nostra fantasia il vero limite di questi strumenti tecnologici? Bisogna, inoltre, dar atto che l’industria dell’entertainment è stata quella che meglio ha sfruttato le novità provenienti dal mondo della ricerca e ha reso e renderà ancora più popolari , di uso quotidiano e più accessibili questi strumenti, abituandoci all’idea che comunicare e interagire con un oggetto può essere fatto in maniera più semplice e diretta. Quando tutto ciò arriverà nei dispositivi mobili, con ad esempio la proiezione delle immagini, il riconoscimento dei movimenti e quello della voce (tutte tecnologie già esistenti), ricorderemo, forse, con un sorriso l’IPhone che abbiamo adesso tra le mani?

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I metodi e le tecnologie a supporto della UX nell’industria del gaming: opportunita’ e scenari futuri .  Alessandro Maria Martellone .


Elena Casartelli

La fiducia nella progettazione dei servizi

http://www.uxmagazine.it/information-architecture/la-fiducia-nellaprogettazione-dei-servizi/

Fiducia s. m. : Affidamento sicuro che si fa su qualcuno o qualcosa. Attesa ottimistica di qualcosa. Fede, assegnamento. Di fiducia: Di cui ci si serve abitualmente e su cui si fa completo assegnamento. La progettazione dei servizi è un campo complesso, che coinvolge innumerevoli discipline. Queste dialogano tra loro, alle volte litigano, fino a trovare un compromesso tra funzionalità e costi del servizio che si vuole erogare. Un grande passo avanti è stato fatto negli ultimi anni da quando a costi e funzionalità si è aggiunto anche l’utente come parametro di valutazione della buona progettazione di un servizio, i suoi limiti (non più visti come tali) la sua soddisfazione, il suo coinvolgimento. In sintesi il comfort dell’utente durante il processo di fruizione. Mi sono chiesta però, data l’enorme differenza che si può riscontrare tra utente e utente di un medesimo servizio, anche laddove fruito nel medesimo luogo e nelle medesime modalità, dato il meltin’ pot che nonostante tutto sta arrivando anche in Italia: è veramente possibile progettare un servizio immediatamente comprensibile a tutti? Sicuramente adatto a tutti? la mia risposta è che probabilmente no, non è possibile. Un servizio sarà tanto migliore tanto più sarà flessibile e declinabile/personalizzabile in base alle esigenze di chi lo fruisce, credo che su questo non sia difficile concordare. Ma maggiore flessibilità vuol dire necessariamente più scelte da operare; anche ammesso di trovare software e hardware che operino una parte di queste al posto nostro, molta flessibilità corrisponderà spesso e volentieri ad un elevato grado di complessità, alla quale si aggiungerà il portato culturale del fruitore, la sua storia personale, i suoi limiti, le sue insicurezze. Compito dei designer dell’interazione sarà quindi rendere questa miscela potenzialmente esplosiva (penso a certi moduli per la spedizione internazionale…) quanto più piacevole possibile, con vantaggio di tutti. Ma dei momenti di incomprensione non si potranno mai eliminare del tutto.

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La fiducia nella progettazione dei servizi .  Elena Casartelli .

note


Quali strumenti ha a disposizione il progettista per gestire questi momenti senza che degenerino in senso di frustrazione o in abbandono? Per mantenere positiva la relazione con l’utente? Per comunicare l’impegno dell’erogatore del servizio? La mia risposta è che una approfondita conoscenza dei meccanismi di creazione e mantenimento della fiducia e la loro applicazione nel momento del progetto siano estremamente utili in questo senso. La progettazione, e quindi la presenza al momento giusto, di elementi comunicanti collaborazione e supporto sopperiranno – al momento giusto – all’incomprensione non prevista. La fiducia, altrimenti detto, deve essere progettata come se fosse la rete di sicurezza dell’erogazione del servizio. Certo progettare la fiducia non è un compito banale. Tanto per cominciare non abbiamo– un quadro di riferimento teorico coerente: nonostante sia una delle esperienze fondamentali dell’essere umano, essa rimane un concetto sfuggente, e ogni disciplina ne da un inquadramento peculiare. Ma a prescindere da tutte queste distinzioni di tipo accademico, ai fini di un experience designer – a mio parere – è sufficiente considerare la fiducia come la disposizione positiva di un individuo nell’interazione con un secondo soggetto. Una relazione è positiva quando le barriere al fluire delle informazioni dalle due parti decadono. Normalmente l’elemento fondamentale per la creazione di una relazione positiva erogatore – fruitore di un servizio è la presenza personale dei soggetti, l’incontro vis a vis. Niente motiva e rassicura più di un altro essere umano di fronte a noi. Questo naturalmente non è sempre possibile, quindi l’importanza della progettazione consiste nell’individuare quali siano gli elementi utili a sopperire a questa carenza ed inserirli coscientemente nel fluire del servizio, in modo tale che, efficienti e silenziosi come un maggiordomo inglese, mettano l’utente a proprio agio senza nemmeno sottolineare la propria presenza. Anche se internet è sicuramente un campo di applicazione meraviglioso della progettazione dei servizi, e di conseguenza di test sulle teorie sulla fiducia, non sono del tutto scomparsi ancora servizi che vengono forniti solo in presenza. Ad esempio tutta la sanità pubblica è un servizio il cui lato web è molto limitato, ma che non per questo ha meno bisogno di progettazione. Ora , che siano on line o in presenza, i servizi sono comunque difficili da progettare. Sono difficili perché coinvolgono l’utente nella sua completezza, deve capire, deve fare, deve interpretare. E questi passaggi li fa necessariamente caricandoli delle proprie conoscenze, cultura, portato. Quali sono i meccanismi, le leve, sulle quali si può lavorare?

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La fiducia nella progettazione dei servizi .  Elena Casartelli .

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Evidenziazione dei vantaggi personali nella cooperazione Compilarsi autonomamente un modulo ad esempio è un compito che può comportare una fatica cognitiva anche notevole per chi non abbia un alto livello di scolarità (e in certi casi anche per chi ce l’ha), o dimestichezza con la lingua del paese dove si trova. Il risparmio di tempo allo sportello può essere di per se motivo sufficiente per accettare lo sforzo. Tristemente i moduli alle volte sono progettati così male che poi ci si ritrova a compilarli telefonicamente con il supporto del call center se non addirittura a presentarsi agli sportelli, annullando con ciò in un solo colpo il vantaggio economico, temporale e il credito fiduciario dell’utente nel servizio.

Evidenziazione (laddove esista) del vantaggio generale della cooperazione Esempio: molte società – Aem, compagnie telefoniche ecc - danno adesso la possibilità di ricevere la bolletta on line. Certo c’è un minimo risparmio economico personale o a vantaggio della società. La comunicazione però è spesso incentrata sul vantaggio per l’ambiente nel risparmio di carta e di trasporto. Il fatto di dare ulteriori informazioni alla società in questione – in questo caso la propria email – o di impegnarsi poi personalmente a stampare la bolletta non è giustificato realmente da un vantaggio personale quanto da quello generale.

Evidenziazione degli svantaggi (personali o comuni) della mancanza di collaborazione Come sempre per gli umani la motivazione può essere data non solo dal perseguimento di un fattore positivo ma anche dall’allontanamento da un risultato negativo. La mancanza di raggiungimento di un quorum – ad esempio il numero minimo di firme per la richiesta di un referendum – rende ‘tangibile’ il valore del proprio piccolo contributo. (In fase di voto, al contrario, molti sono convinti che tanto il proprio piccolo contributo non faccia differenza, e di conseguenza la motivazione al voto va a cadere).

RICONOSCIBILITA’ di chi fa qualcosa a favore o contro un progetto comune (vs anonimato) Implementare all’interno della fruizione di un servizio un elemento di riconoscibilità mina la volontà di defezione.

Grim Trigger Si definisce grim trigger una situazione in cui la punizione (di qualunque natura essa sia) scatta alla prima defezione. Ad esempio se ci fosse una e una sola possibilità di iscriversi ad un sito un modulo complesso verrebbe probabilmente affrontato con più determinazione a terminare rispetto al caso in cui si pensasse di poter fare un’altra volta, o presentandosi ad uno sportello.

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La fiducia nella progettazione dei servizi .  Elena Casartelli .

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Legittimazione La presenza di un terzo soggetto legittimante l’operazione, soggetto ovviamente dotato di una forza comunicativa notevole, è un elemento importante nella motivazione alla collaborazione. Un sito o un servizio operato per conto di un ministero o per la croce rossa per esempio darà’ maggior tranquillità ( se non motivazione) mentre lo si fruisce dello stesso servizio erogato da una società anonima o del tutto privata. Senza pretendere che questo sia un elenco esaustivo degli aspetti progettabili della fiducia penso che nell’ambito dell’user experience design sarebbe interessante aprire un dibattito con questa chiave di lettura, individuare le best practices e indirizzare la progettazione e la riprogettazione dei servizi verso la cooperazione.

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La fiducia nella progettazione dei servizi .  Elena Casartelli .

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Diana Malerba

UXconference: la nuova conferenza sull’esperienza d’uso che apre le frontiere all’innovazione

note

http://www.uxmagazine.it/visual-communication-design/creativi-designer-programmatorilincontro-lo-scontro-degli-elementi-una-user-experience-corretta/

UXmagazine vi presenta finalmente UXconference, la nuova conferenza in ambito di User Experience che si propone come luogo di incontro e di scambio, di conoscenza e proposta delle ultime novità in materia di esperienza d’uso. L’evento, che si terrà a Lugano giovedì 3 dicembre, si presenta come una conferenza incentrata sulla tematica dell’interazione discussa nei suoi differenti ambiti, che includono la sezione Mobile e Playful, oltre alla Progettazione Agile, per sondare quelli che sono gli ultimi orientamenti del settore. Parliamo quindi di una focalizzazione multidisciplinare sulle innovazioni che si stanno delineando, con la volontà di offrire a tutti gli esperti del settore, a imprenditori, aziende e professionisti l’opportunità di conoscere o anche di presentare innovazioni che possano portare a riflessioni sulle nuove possibilità in ambito di Esperienza utente (User Experience Design o UxD), Design dell’Interazione (Interaction Design o IxD), Architettura dell’Informazione (Information Architecture o IA), Design Visuale e Comunicazione (Visual and Communication Design), perchè progettare l’esperienza utente significa abbracciare una vastità di discipline tutte fittamente interconnesse fra loro e in costante evoluzione. L’evento si rivolge a esperti, imprenditori, professionisti e aziende che vogliono conoscere le ultime novità del settore e creare nuove sinergie, per questo il programma si svilupperà in diversi momenti e con diverse tipologie di intervento attraverso quattro moduli fondamentali: strategia e innovazione dell’esperienza utente, design agile, mobilità e giocabilità. Gli interventi trattteranno quindi scenari, previsioni, indicazioni sul mercato e sulle modalità di utilizzo dei servizi, applicazioni, dimostrazioni e prototipi, demo di servizi e prodotti nuovi e funzionanti e brevi pitch con spunti o nuove idee. Con UXconference vogliamo quindi porre al centro l’innovazione, e per questo vi invitiamo a non mancare questo appuntamento, come partecipanti o come relatori. Vi aspettiamo, a UXcon.

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UXconference: la nuova conferenza sull’esperienza d’uso che apre le frontiere all’innovazione .  Diana Malerba .


ISSUE FIVE

November 2009


Diana Malerba

Verso una qualità sufficientemente buona: sull’evoluzione del web e la flessibilità figurata

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http://www.uxmagazine.it/innovation-design/verso-una-qualitsufficientemente-buona-sullevoluzione-del-web-la-flessibilit-figurata/

Più che un articolo è un breve editoriale quello su cui rifletto da un po’. Lo spunto viene dal lavoro di ogni giorno e dalla sua costante evoluzione verso realizzazioni diversamente attese, dalla conseguente evoluzione del concetto stesso di qualità e di come esso trovi (o a volte non trovi) applicazione in ambito di progettazione, e più che mai di progettazione web.

Il discorso si è sviluppato osservando, da un lato, la progettazione in termini di soddisfazione del cliente, dall’altra l’identificazione e realizzazione delle necessità dell’utente. Questo mi ha portato a riflettere sull’ evoluzione delle figure professionali che il web lo popolano, lo crescono, lo agiscono quotidianamente, accanto agli utenti semplici, che non ne conoscono il backstage e che ne dominano al termine le dinamiche, che lo richiedono. E come massa, tali utenti lo esprimono in termini di bisogni emergenti, e ne influenzano in misura determinante il concetto di qualità. Partendo dunque dal concetto di qualità nel senso più completo del termine, dalla necessità (concreta?) di una differenziazione e precisa determinazione delle figure professionali nel senso dello sviluppo di confini pacifici e competenze reciproche, in quelle idealmente identificate come le figure concretamente professionali, e applicando questo concetto al contesto del web, mi è capitato di vedere professionisti quadratamente fermi su un sentiero che si interrompe a metà del percorso, con la possibilità di percorrere due strade molto diverse. A questo punto mi sono trovata a ipotizzare scenari futuri per figure professionali statiche che si trovino confrontate a questo tipo di realtà, con le figure dinamiche e, soprattutto, con gli utenti. Per rispondere a queste domande vorrei richiamare da un lato il concetto di crisi e dall’altro quello di contingenza, che trova nel web la sua massima espressione.

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Verso una qualità sufficientemente buona: sull’evoluzione del web e la flessibilità figurata .  Diana Malerba .


Considerando dunque da un lato il momento storico che stiamo attraversando, che vincola più di prima la qualità al ribasso del budget, e dall’altro un universo di riferimento più che mai contingente a ritmi che provocano crisi d’adattamento per utenti insesperti, non mi stupisce l’emergere di una necessità bilaterale all’evoluzione del concetto di qualità verso una qualità che è praticamente inferiore all’eccellenza, ma quanto basta alla soddisfazione dei requisiti, ovvero verso il concetto di una qualità sufficientemente buona.

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Osservando dunque la crisi con le sue conseguenze in termini di disoccupazione, mancato ricollocamento, necessità di riqualificazione in forma di figure più complete, più versatili e più che mai flessibili, soprattutto in un ambito come quello del web che è per definizione contingente e in questo senso precario, mi sembra naturale l’emersione di una necessità da parte delle aziende di selezionare più che la persona giusta con una conoscenza specifica e verticale, la persona sufficientemente giusta al momento giusto. Il candidato di cui parlo, decisamente webbabile, avrà una conoscenza più che sufficiente di diverse discipline e una capacità di adattamento decisamente maggiore di quella posseduta dal candidato inquadrabile, che fuori dalle proprie competenze non osa metter piede per ansie da prestazione (giustificabili) di vario tipo. Quello che dobbiamo rilevare (non suggerire, ribadiamo) è dunque la necessità di una figura sufficientemente professionale in diversi ambiti professionali, quello che non definiremmo un buon tuttologo ma piuttosto un piccolo esperto di discipline attinenti, o, in certa misura, uno sperimentatore multidisciplinare. Vista da questo punto di vista, la personale risposta alla crisi si configura a partire dalla crisi stessa e in termini di adattamento evolutivo. Riteniamo utile, dovendo procedere, richiamare il concetto di frustrazione ottimale di Winnicott, per ottenere un ribaltamento pacifico del punto di vista e la messa in risalto delle opportunità di crescita e adattamento, più che il blocco sterile e sistematico. Dal punto di vista degli utenti naturalmente il discorso cambia parecchio. Gli utenti in termini di massa mobile, infatti, sono i primi coresponsabili di questa evoluzione, e dovendone considerare la buona parte dobbiamo ammettere, nostro malgrado, che non rilevano grandi differenze. Un contesto come quello del web, infatti, col sovraffollamento attuale, la costante necessità di riduzione di una complessità sempre crescente, la democraticità del mezzo che ne ammette anche la sua non conoscenza (eppure uso) non permette tempi e competenze tali da rilevare una discesa di qualità. 32

Verso una qualità sufficientemente buona: sull’evoluzione del web e la flessibilità figurata .  Diana Malerba .


Per dare un’idea del fenomeno potremmo paragonarlo al boom della musica in formato mp3, che all’orecchio del direttore d’orchestra risulta terrificante, e a quello dell’utente medio metropolitano, considerandone l’accessibilità, risulta (citiamo) okay.

note

Questo valore, dunque, derivando dalla necessità di una connessione continua e costante non può che risultare uno dei valori fondamentali per gli utenti di oggi e sempre più di domani. Se pensiamo all’evoluzione crescente del web verso la mobilità ci toccherà sempre più confrontarci con i concetti della fruibilità e disponibilità del contenuto più che nella sua perfezione immaginata. Ultimamente mi sto interrogando (trattandosi del mio ambito) di quelle che saranno le evoluzioni che porteranno (o meno) alla figura del mobile copywriter e alle sue conseguenze. Se, infatti, dal passaggio dalla carta al web ci siamo perduti la progettazione di simboli e la costruzione del senso, la creazione di un immaginario e di valori in cui l’utente possa identificarsi, per privilegiarne (ovviamente) l’indicizzazione, mi trovo a interrogarmi sulla malaugurata ipotesi in cui il contenuto, non fruibile, si riduca a un breve bugiardino privo di connotazioni semiotiche, con una perdita di senso da questo punto di vista, e con un effetto ancora tutto da immaginare per quanto riguarda gli utenti che, in un primo momento compensando a suon di identità multiple, si trovano oggi nell’apparente obbligo della sincerità virtuale da eccesso di connessioni. Ma, coinvolgendo questo discorso anche la delicata questione della reputazione virtuale e della sovraesposizione emotiva (nelle loro conseguenze in termini di problemi occupazionali), che ho già trattato in altra sede, e non volendo dilungarmi oltre su previsioni poco prevedibili, lascio il discorso aperto nell’attesa di quel paio di anni che ancora mancano prima dell’arrivo dei nativi digitali nel mondo del lavoro, che ci permetterà indubbiamente di assistere a una nuova, e mai vista prima, evoluzione in termini di adattabilità lavorativa. Buona lettura, anche questo mese.

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Verso una qualità sufficientemente buona: sull’evoluzione del web e la flessibilità figurata .  Diana Malerba .


Alice Garbocci

Un processo. Rendere flessibile il Visual Design. http://www.uxmagazine.it/visual-communication-design/processo-rendereflessibile-il-visual-design/

Il progettista visivo inserito all’interno di un sistema complesso di figure professionali, metodologie esistenti ed improvvisate, tempistiche e budget più o meno ridotti è costretto ad dover garantire flessibilità, gestione completa dell’imprevisto e adattabilità alle diverse tipologie di approccio alla realizzazione di un prodotto. Dopo alcuni anni di esperienza nel settore del web, la necessità di strutturare una metodologia di lavoro modulare, adattabile alle esigenze dei differenti stakeholder e del V.D. (visual designer) in prima persona si è fatta imperante. Il focus è stato quello di comporre un metodo capace di analizzare, sintetizzare, concettualizzare, iterare ed arrivare ad un produttivo nella maniera più fluida e collaborativa possibile. È proprio da questi assunti che il processo nasce, cresce e si sviluppa. In quanto facente parte di un organismo il V.D. deve imparare ad accettare poche ma fondamentali regole: 1. Non è solo. Come non sono soli gli altri. Collaborare, e nel più efficace ed efficiente dei modi, può solo essere un bene per tutti. Le parti con cui c’è necessità di confrontarsi sono molte. Le professionalità messe a confronto devono parlare, interagire, dialogare, ascoltarsi. Senza l’ascolto delle opinioni altrui, senza la presa di coscienza del valore dell’altro, non può avvenire una crescita produttiva e corretta del progetto. 2. Non si tratta di Creazione (nel senso biblico del termine). Il progettista non può pensare di rinchiudersi in una stanza per tre/ cinque giorni, alla fine dei quali il prodotto è arrivato al termine dell’incubazione e pronto ad essere partorito. 3. L’arte e la progettazione sono cose distinte (e qua la diatriba sarebbe infinita). Se, come si è detto sopra il V.D. è parte di un insieme, non può pensare di fare quello che vuole e come vuole. Il V.D. deve riuscire a fare del suo meglio, la maggiore qualità possibile, rimanendo coerente con la comprensibilità comunicativa, i paletti tecnici e le necessità di produzione. Il progetto visuale, deve sì catturare l’attenzione dell’utente, ma deve in primo luogo comunicare, esaltare e rendere maggiormente fruibile il contenuto. Il progetto visuale, non può prescindere né dal progetto di comunicazione né tanto meno dalla fattibilità di un prodotto. Digeriti questi semplici concetti ed inseriti in un contesto di progettazione agile è possibile ipotizzare un continuo “work in

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Un processo. Rendere flessibile il Visual Design .  Alice Garbocci .

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progress” costituito da step chiari che diano la possibilità al V.D. di intervenire nelle differenti parti del processo. Il progettista si avvicina alla soluzione per piccoli passi. Ogni passo viene discusso con un differente attore del processo e andando avanti raffinando si giunge ad una soluzione.

Il “work in progress” e le deliverable. Procedere per piccole iterazioni dal macro al micro, dal generale al particolare. Iniziare analizzando il mercato di riferimento, il terreno in cui si muove e deve riuscire a muoversi il prodotto, definire una scala di valori e concetti chiave, assaporare il mood, analizzare le chiavi stilistico-comunicative, proporre dei concept sino a giungere ad un prodotto di dettaglio. Il V.D. deve essere disposto a mettersi in discussione ad ogni passo ed essere pronto a mettere in discussione il proprio lavoro, ogni scelta progettuale, dalla dimensione del titolo in alto a sinistra fino all’ultimo dei toni cromatici deve poter essere giustificata di fronte agli altri attori. Il V.D. non agendo in maniera isolata, soprattutto nelle prime ed ultime fasi deve essere capace di accogliere i requisiti ed elaborare soluzioni attinenti a quello che il progetto richiede. Tenendo conto delle tempistiche, degli attori dell’intera filiera progettuale (UCD, nel nostro caso), del budget, dei requisiti e della loro volatilità, etc… si ha la necessità di strumenti di discussione che possano essere realizzati in breve tempo, strumenti veloci e chiari che una volta mostrati ed esposti ad altri restituiscano tutti gli elementi di feedback per procedere nella progettazione. L’intero processo deve essere composto di moduli. Moduli che possono essere aggiunti od eliminati a seconda del progetto, del momento in cui vien preso e del livello di profondità a cui bisogna intervenire. È necessario, però, essere realisti. Anche se si ha intenzione di collaborare, anche se c’è intesa fra i membri del team, anche se il clima è dei migliori spesso non tutti parlano la stessa lingua, e i problemi di comunicazione possono essere all’ordine del giorno rischiando di far fallire il progetto. L’unico modo di confrontarsi in maniera efficace è avere un humus comune, un processo o una metodologia accettata e condivisa e delle deliverable e della documentazione (preferibilmente snella e accessibile) fruibili in maniera semplice. La metodologia e gli strumenti che utilizzo ogni giorno non sono niente di innovativo. Nuovo è però l’approccio e il contesto in cui vengono utilizzate. Di seguito parlerò di inspiration-board, mood-board e styleboard, tutti strumenti noti anche nel mondo della grafica tradizionale, ma che inseriti in un contesto di progettazione web evitano al progettista di dover sviluppare cinquanta moke-up ad alta definizione e di trovarsi di fronte all’effetto: “Ah! Questo proprio non

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mi piace!” da parte del cliente con il rischio di dover ricominciare dall’inizio con l’alta fedeltà. Vedi sopra, è meglio approcciare il progetto in maniera macroscopica analizzando i valori del brand/prodotto e lo stile visuale dei competitor sul mercato, creando delle solide fondazioni da cui sviluppare l’intero progetto. Dopo i primi brain-storming con il cliente e il reparto comunicazione e marketing il progettista visivo può iniziare la raccolta del materiale di lavoro.

Inspiration-board

In un post sul blog aziendale parlando di questa prima deliverable di progetto, l’ho paragonata ad una visita ad un mercatino dell’usato. Ed è proprio questo il concetto principale. Dopo aver studiato la strategia comunicativa e aver intervistato i professionisti del marketing e i clienti il V.D. inizia la sua attività, per indirizzare il progetto. Il progettista deve iniziare a reperire/ raccogliere tutto il materiale che potrà essergli utile per il futuro sviluppo del mood. Deve guardarsi intorno. Tutto può essere utile, qualsiasi tipo di materiale, proveniente da qualsiasi campo comunicativo-applicativo, da qualsiasi settore e da qualsiasi media. Possono essere importanti i progetti dei competitor tanto quanto la scatola dei cereali che ogni mattina ci troviamo di fronte. Non bisogna fermarsi ad un approccio superficiale. Un docente del primo anno di università nel corso di Industrial Design disse qualcosa del genere: ” Il designer DEVE essere curioso! Se non siete curiosi, se non avete interesse in molti ambiti, se non avete voglia di capirne di ingegneria dei materiali tanto quanto in storia dell’arte, di cucina piuttosto tanto quanto di sociologia, lasciate perdere.” La curiosità di conoscere, scoprire ed indagare. Alcuni fra i più grandi nomi del design italiano come ad esempio: B. Munari

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piuttosto che E. Mari o ancora A. Castiglioni invitano il progettista ad osservare la realtà con gli occhi di un bambino. L’unico modo per trovare una “soluzione” ai problemi ( di ogni giorno, s’intende) è osservare il mondo come se lo si guardasse per la prima volta. Osservando la realtà con quest’ottica raramente si esce a mani vuote. Il processo di attrazione è fondamentale, se una cosa ci interessa e ci sembra legata al contesto progettuale probabilmente riempirà uno spazio nella tavola delle ispirazioni. La raccolta, il collage spesso caotico di immagini, materiali, oggetti apparentemente interessanti funziona da fonte di ispirazione. È molto utile se non si è ancora costruito un immaginario relativo al prodotto da comunicare e naturalmente è una deliverable da sviluppare prima di ogni altra. Va considerato il fatto che serve prettamente al V.D. a al C.M. (communication designer) e come tale ognuno può decidere quale’è il miglior modo per realizzarla. C’è chi preferisce raccogliere tutto in una cartella, chi utilizza materiale appuntato su una lavagna, chi ancora costruisce un collage di elementi. Come ogni strumento di lavoro di concept e assolutamente privato ogni progettista può adattarlo alle sue esigenze, alle tempistiche e al budget allocato alla ricerca. Risulta essere un dato di fatto che la creazione di un immaginario è essenziale ed è auspicabile che tale materiale venga prodotto in collaborazione con chi si occupa dello sviluppo di comunicazione, tono di voce, etc… all’interno del progetto stesso.

Mood-board

È la seconda deliverable che viene realizzata e la differenza con un’ inspiration-board è molto sottile. Entrambe sono utilizzate da varie tipologie di progettisti, dai fashion

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ai visual agli interior ed è proprio dal mondo della moda che nascono e si sviluppano, ma le seconde hanno un livello di dettaglio molto superiore rispetto alle prime. Se un’ispiration-board rappresenta un agglomerato di concetti, materiali, stili e quant’altro le mood-board sono molto più focalizzate. “Creating a mood board is a great way to visualise how the final room will look and will help you decide which colours complement or clash with each other.” bbc.co.uk homes Ogni tavola degli umori è un mondo a parte, è uno strumento che ci fa capire quali sono effettivamente le componenti (anche se ad un livello assolutamente non di dettaglio) che vorremmo utilizzare nel progetto. L’aria che si deve respirare, i toni cromatici, gli stili tipografici, il tono formale e il timbro stilistico vengono analizzati, selezionati ed uniti in tavole per creare dei piccoli microcosmi di senso, delle alternative coerenti con la tipologia di progetto, tavole che potranno essere sviluppate successivamente. I valori legati ad un prodotto insieme al feeling e il tono di voce vengono esplicitati in una proposta concettuale, infatti, poco delle mood-board verrà portato avanti nel processo progettuale, se non alcuni spunti. Per un corretto ed efficace svolgimento del processo, il V.D. deve confrontarsi e soprattutto nelle prime fasi dovrebbe lavorare affiancato da un C.D. (communicatin designer). Per rendere più completa la progettazione, inoltre, sarebbe utile sviluppare svariate tavole in parallelo e discutere il materiale prodotto per poi arrivare tramite una fusione delle differenti “interpretazioni” ad un risultato comune. Sarebbe costruttivo riuscire a parlare con il cliente del materiale prodotto è necessario però che il cliente venga istruito in merito a quello che sta per ricevere e al perché tale materiale è stato prodotto.

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Style-Board

Nell’ottica del continuo raffinamento arriviamo all’ultima delle deliverable prima di arrivare alla fase di concept vera e propria. Fino ad ora il V.D. ha lavorato fianco a fianco con il C.D. e non si è minimamente occupato dell’interfaccia definitiva e continuerà a farlo fino allo step successivo (concept). Ha fatto ricerche nel campo del mood, nel campo del look&feel, del settore di sviluppo del prodotto. Il processo di raffinamento visuale corre in maniera assolutamente parallela a quello di sviluppo di architettura ed interfaccia. L’unico accorgimento che occorre prendere all’interno del team è quello di non lavorare a compartimenti stagni. Anche se i soggetti a cui si rivolge l’attenzione sono differenti, da un lato l’aspetto “stilistico-comunicativo” dall’altro quello maggiormente funzionale, non bisogna dimenticarsi dei momenti di confronto. Se l’obiettivo è comune è inutile non parlarsi. Le style-board devono essere considerate come l’ultimo momento di lavoro individuale e dalla fase successiva il lavoro svolto dalle differenti parti del team dovrà integrarsi per riuscire ad arrivare al prodotto finale. Le style-board, che sono solitamente tre, ci consentono di visualizzare mediante quello che sarà lo sviluppo della pagina futura, almeno dal punto di vista della comunicazione visiva. Le caratteristiche visive e formali definite in maniera sommaria nelle mood-board, vengono prese ad una ad una approfondite (studio della tipografia, utilizzo dei colori in pagina, gerarchie visive, strutture base, etc …) e applicate ad elementi reali. Si creano bottoni, box, gallerie d’immagine, testi, che richiamino quelle che ipoteticamente saranno presenti nell’interfaccia e si definiscono dal punto di vista stilistico. Le tavole di stile sono un primo step verso la definizione del prodotto e aiutano progettisti e cliente ad individuare la strada da seguire

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ed elementi che anche con continui raffinamenti potranno essere utilizzati nelle successive fasi di progettazione. Sebbene le style-board presentate al cliente possono essere molto differenti fra loro, non è detto che gli elementi di una tavola non possano essere integrati con quelli di un’altra fino ad arrivare ad una soluzione coerente, progettualmente corretta, gradita al cliente e al progettista. Per quanto riguarda il rapporto cliente deliverable, va detto che le style-board non sono uno strumento di comprensione immediata. Soprattutto se sviluppate ad un livello di definizione troppo elevato si rischia che vengano male interpretate ed sempre meglio andarle a presentare direttamente. Cliente che non deve esprimere solamente una preferenza, ma piuttosto scegliere una serie di elementi. Il V.D. deve assolutamente spiegare a chiunque si trovi per la prima volta di fronte ad una style-board che: la style-board, rappresenta un nuovo punto di partenza e non un punto di arrivo, che da qui parte la progettazione di sempre maggiore dettaglio e che solo da adesso in avanti si procederà all’integrazione con l’effettiva interfaccia. Deve inoltre sottolineare il fatto che la style-board non è un visual ma piuttosto una somma di elementi fra i quali poter scegliere e che solo dopo la discussione e la scelta il visual designer può iniziare a progettare nel dettaglio e a produrre i documenti finali destinati allo sviluppo. Essendo una deliverable orientata all’esterno deve essere appropriatamente documentata sia per agevolarne la comprensione che per orientare l’utente rispetto alle scelte progettuali effettuate.

Concludendo Come tutte le metodologie, alla fine deve essere adattata ai bisogni, al contesto, al tipo di struttura e di mercato in cui ci si trova ad operare. Bisogna ammettere però che questa modalità di lavoro rende agevole il cambiamento di requisito e permette al V.D. di procedere per piccoli passi senza incappare nella totale catastrofe del dover buttare e fare tutto da principio. Ogni deliverable porta ad un sostanziale passo in avanti verso il prodotto ad alta definizione ed ogni modulo può essere o meno eseguito a seconda del progetto preso in carico. Se, ad esempio, ci troviamo a dover sviluppare un prodotto completo dovremo utilizzare tutte le fasi per definire il mood visivo del progetto altrimenti se abbiamo già una corporate identity ben strutturata e definita, potremo saltare i primi due passaggi e concentrarci sulle style-board. Che si utilizzi un metodo piuttosto che un altro, l’obiettivo deve essere quello di riuscire a risolvere i problemi progettuali nella

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maniera più flessibile e meno rigida possibile considerando l’integrazione con gli altri membri del team e con il loro lavoro, mettendo in conto che ognuno deve essere in grado di svolgere il proprio lavoro nella maniera più fluida possibile e che alla fine ogni cosa progettata dovrà essere prodotta con determinate tempistiche e costi. L’unico modo per poter svolgere un lavoro corretto è quindi, dal mio punto di vista, parlare ed ascoltare le opinioni e le esigenze di tutti gli attori dell’organismo riuscendo ad integrare il proprio lavoro in maniera efficiente ed efficace con il minor numero di errori possibile.

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Daniela Losini

Raccontami una storia, ma raccontamela bene.

http://www.uxmagazine.it/visual-communication-design/raccontami-unastoria-ma-raccontamela-bene/

Occuparsi di contenuti web non significa riempire degli spazi vuoti. Significa investire, rischiare e costruire un legame con l’utente che può essere lettore o contributore e molte altre cose ancora. Partiamo da un assunto banale: è bene ricordare che chi desidera produrre per professione contenuti nel web - siano essi scritti, disegnati o comunicati tramite un’immagine, una fotografia, una striscia a fumetti - in nessun luogo come nella rete deve mettere in conto di ricevere risposte (o non-risposte) e tenere a mente che le informazioni immesse vengono rielaborate in modo veloce, autonomo e soprattutto condiviso. Gli stessi utenti, spesso, coprono entrambi i ruoli: generano contenuti spontaneamente e ne fruiscono. Un’altra parola che pare quasi obsoleta e svuotata del suo significato data l’usura, è la parola interazione. Parola che va alleggerita di tutto il carico di aspettativa che porta con sè ma che è perfetta per provare a raccontare cosa succede quando chi produce contenuti e chi li fruisce, si incontra e collabora migliorando le lacune del contenitore. Ci sono due fattori che vanno considerati: ogni contenuto prodotto e pubblicato nel web, considerato l’avvento del lifestreaming, la reperibilità subitanea tramite rss o motore di ricerca nonché l’archivio con l’ausilio di servizi di bookmark, diventa vecchio quasi subito. Al tempo stesso ogni storia raccontata porta con sè il valore della memoria. Sia nella vita sia nella rete la memoria è tutto e genera esperienza. Non so se davvero esista un metodo ideale per produrre testi - che è la materia nella quale mi muovo con più agilità per esperienze pregresse e sfide future - che invoglino l’ipotetico lettore a soffermarsi e a scegliere il mio contenuto. So però che terrò in considerazione e filtrerò il feedback che riceverò da qualunque canale esso provenga perché mi fornirà lo strumento per migliorare o cambiare la direzione che ho deciso di intraprendere.

Nella mia visione professionalità, chiarezza, capacità di sintesi e comunicazione devono essere spesi senza riserve al momento della generazione di un contenuto.

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Sono anche gli stessi requisiti che chiedo al momento nel quale smetto i panni della storyteller e rivesto quelli dell’utente. Se leggo un blog non è necessario che sia professionale ma chiaro e comunicativo, sì. Un altro esempio: le informazioni nude e crude sono sempre reperibili e a portata di click. Non lo è l’approfondimento o la notazione a margine. Se da sola vengo a conoscenza del fatto che in un determinato luogo è successa la determinata cosa è anche vero che vorrei saperne di più. Vorrei avere, ove possibile, più punti di vista credibili per poter provare a farmene un’idea. La conoscenza di un argomento non sarà mai completa ma potremo maturare un pensiero consapevole e questo accadrà quanto più il contenuto sarà chiaro. In estrema sintesi: se usi la scrittura (o qualunque altro mezzo) per raccontarmi una storia devi sapermela raccontare bene e io, ti ascolterò.

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Daniele Cocchi

Camera Man: avventure e disavventure di un cercastanza metropolitano

http://www.uxmagazine.it/innovation-design/camera-man-avventure-disavventure-di-cercastanza-metropolitano/

Tutti noi (o quasi) ci siamo trovati nella situazione di doverci trasferire in una nuova città. Vuoi per lavoro, per studio o per qualsiasi altro motivo, c’è stato un momento in cui ci siamo trovati a spulciare tra mille inserzioni alla ricerca dell’affare, della “singola spaziosa e luminosa” a prezzo abbordabile o della “mansarda confortevole servitissima dai mezzi”, cercando di schivare le fregature. Abbiamo perso tempo girando in lungo e in largo per città sconosciute, fissando decine di appuntamenti e incontrando personaggi “che voi umani non potete neanche immaginare”. Abbiamo sognato di affidare le nostre sorti di “senza dimora” a un professionista del settore, capace di scoprire cosa e soprattutto chi si nasconde dietro gli annunci dei posti letto, capace di trovarci non solo una stanza ma anche quegli inquilini giusti che valgono più di mille optional. Ebbene, ora tutto questo potrebbe diventare realtà grazie a “CameraMan”, il progetto realizzato dagli studenti della Summer School 2009 nell’ambito del corso “Nuovi formati per nuove televisioni: ideazione e produzione di programmi per la broadband tv” organizzato dall’Università Cattolica di Milano, in collaborazione con Telecom Italia e YAM112003/Endemol.

Il progetto “Camera-Man: avventure e disavventure di un «cercastanza» metropolitano” racconta il mondo dei room mate. Per farlo utilizza un espediente narrativo molto semplice: un ragazzo – il “CameraMan”, appunto - si inventa il lavoro del “cercastanze” per conto terzi1 e come un novello Virgilio ci porta così alla scoperta delle mille storie che si nascondono dietro le porte degli appartamenti in affitto. Il concept mostra quindi una doppia anima: una di puro intrattenimento, raccontando storie di vita in condivisione; l’altra di servizio, facilitando l’incontro tra chi cerca e chi offre una stanza. E proprio questa doppia anima ha fatto intuire agli studenti della Summer le forti potenzialità di sviluppo multimediale della loro idea e li ha convinti a estendere il progetto originario.

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Così, al programma tv (visibile su www.bonsai.tv e su Alice Home TV), è stato affiancato anche un sito web. La prima conseguenza di questa operazione è stata quella di potere articolare in modo autonomo e autosufficiente i due binari del concept, delegando al programma tv la parte entertainment e al sito internet soprattutto quella di utility. Il sito quindi non è solamente una versione “altra” dello show televisivo (come in genere accade con i format multiplatform), ma è qualcosa di più e di diverso perché sfrutta le caratteristiche del web 2.0 e le potenzialità della rete per offrire agli utenti feature ancillari alla visione del programma. Ci troviamo quindi di fronte a quella che in gergo si chiama brand exploitation: camera-man.it riprende e approfondisce i contenuti del programma tv (ricerca/offerta casa, conoscenza degli inquilini, etc.) creando un circolo virtuoso di reciproco rimando, ma è stato anche progettato per condurre una vita stand alone. Per la creazione di camera-man.it gli studenti si sono ispirati a due tipologie di siti completamente diverse tra loro ma entrambe di grande successo: da un lato i siti di social network e dating, come Facebook e Meetic, dall’altro i siti dedicati al “cerco/offro stanza”, come Bakeka.it e Easystanza. Da questo mix nasce il posizionamento originale di camera-man.it che si colloca a metà strada tra queste due realtà, ponendo l’accento sia sulla dimensione pratico/funzionale – propria dei siti dedicati agli affitti in senso stretto – sia su quella ludico/sociale – tipica dei siti orientati al networking. Si legge infatti nel concept del progetto: “L’esperienza web si propone come punto di riferimento per chiunque cerchi/offra una stanza, permettendogli di dare risalto all’annuncio attraverso informazioni standard e attraverso la creazione di un profilo personale con foto e video. Nella sua forma più compiuta il progetto potrebbe portare a un vero e proprio censimento delle varie realtà abitative. Si cercherà inoltre di sviluppare una community.” Al centro del progetto vi è quindi il concetto di servizio: cameraman.it vuole essere innanzi tutto un sito utile per chiunque offra o sia alla ricerca di una stanza. Ma questo concetto di servizio va di pari passo con quello di community perché sul sito non si troveranno solo informazioni relative agli alloggi, ma anche – e soprattutto – alle persone che vi abitano o che vi vorrebbero andare ad abitare (riprendendo così lo spirito del programma che punta a mostrare le persone con le loro storie e non solo gli appartamenti in cui vivono). Non a caso assume un ruolo cruciale la mappa, vera a propria “figurativizzazione” di questa community, dove gli utenti potranno postare i loro annunci corredandoli di foto e video: ognuno potrà così raccontarsi, spiegare cosa sta offrendo o cercando, descrivere il room mate desiderato, etc. Un apposito motore di ricerca permetterà agli utenti di trovare facilmente la soluzione più adatta alle proprie esigenze: sarà

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sufficiente impostare uno o più filtri di raffinamento - come regione, prezzo, quartiere – cliccare su Search e in un attimo la mappa si popolerà di icone colorate a indicare i risultati in linea con i criteri stabiliti. Visto che non è solo importante trovare la casa con le caratteristiche giuste, ma anche – e soprattutto i coinquilini giusti – gli studenti della Summer si sono inventati anche la Affinity Machine, un sistema in grado di calcolare la percentuale di affinità tra stanza di interesse e potenziale inquilino, divertente citazione dei siti di dating online.

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L’Affinity Machine non sarà l’unico contenuto ludico di cameraman.it. Il progetto prevede infatti l’implementazione di altre feature “di intrattenimento” che – come hanno ribadito gli studenti della Summer - non sono una semplicistica “strizzata d’occhio” al mondo giovani, ma rispondono piuttosto a una strategia precisa e consapevole: incentivare il ritorno degli utenti e far scattare quei meccanismi di fidelizzazione così importanti per la costruzione delle community online. Se infatti camera-man.it si riducesse alla sola funzionalità del “cerco/offro stanza” si rischierebbe un turn over continuo di utenti sempre nuovi e non fidelizzati. I contenuti entertainment – invece – estendendo la value proposition forniscono sempre nuove motivazioni di accesso anche per coloro che, per esempio, non sono strettamente interessati a trovare un coinquilino. Vediamo allora alcuni di questi contenuti più orientati all’intrattenimento e alla socialità che saranno attivati su cameraman.it. Partiamo da CommunityAnswers, “l’area che fonde i saperi degli utenti e scioglie i nodi ai tuoi dubbi”: si tratta di uno spazio di condivisione organizzato per macro aree (“S.O.S. Prima volta da soli”, “Piccoli incidenti domestici”, etc.) sullo stile di Yahoo! Answers, dove sarà possibile porre domande e ricevere risposte dai membri della community.

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E poi il Blog di Camera-Man, un vero e proprio diario che oltre a contenere le puntate andate in onda (per queste ci sarà anche un’apposita sezione Archivio) presenterà contenuti multimediali di varia natura che gli utenti potranno commentare e condividere sui social network con le funzioni di sharing. Ci sarà spazio per parlare degli argomenti più disparati: dalle tematiche “abitative” ai concerti di rock band indipendenti, dai locali più trendy del momento fino alle mostre di giovani artisti. Il tutto con lo scopo di creare un rapporto più diretto tra gli utenti e il presentatore e potenziare il livello di fidelizzazione sia al sito che al programma tv.

Infine gli internauti potranno trovare risposta ai loro quesiti “esistenziali” nella sezione dedicata ai Test, un’area ad alto contenuto scientifico (così assicurano gli studenti della Summer) a cui rivolgere domande come “Sono pronto per la vita fuori casa?” o “Sono più un tipo da Roma o Milano?”…

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E poi Queste sono solo alcune delle feature finora ipotizzate, ma tante altre sono in fase di elaborazione. Si sta pensando per esempio a un’area My Account con funzioni dedicate ai registered user per favorire la crescita della base utenti e a una sezione dedicata allo shopping che assieme a banner e funzionalità a pagamento potrebbe sostenere economicamente il progetto: in tal senso non si escludono partnership in revenue share con siti già specializzati nelle vendite online. Insomma, il concept “Camera-Man” è davvero ricco di potenzialità che aspettano solo di essere “esplorate”. Per ora abbiamo dato uno sguardo agli aspetti principali focalizzandoci sul mondo online in senso stretto, ma tante altre sono le possibili delicinazioni del concept e tante altre le occasioni di brand exploitation. Gli studenti della Summer già le stanno immaginando: applicazioni per iPhone e widget per pc, solo per citarne un paio. È il caso di dirlo: le avventure del “cercastanza” metropolitano continuano…

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Sharon Sala

E-commerce: l’acquisto online come esperienza d’uso

http://www.uxmagazine.it/user-experience-design/ecommerce-lacquisto-online-esperienza-duso/

Creare un e-commerce non è mai facile, dal punto di vista della progettazione sono tante le variabili da tenere in considerazione, ma quella in assoluto che deve essere seguita per tutta la fase produttiva è rendere l’esperienza d’uso del sito il più semplice e intuitiva possibile per l’utente. Chi progetta un sito da spesso per scontate molte procedure online o acquisite da parte degli utenti. Per esperienza posso dire che è molto meglio spiegare bene all’utente cosa deve fare, onde evitare di creare frustrazioni, insofferenze e perdita del potenziale cliente. Non affronto in questo articolo gli aspetti grafici, ma quelli più interattivi e funzionali.

Trovare il prodotto Vediamo uno dei problemi che mi trovo spesso a riscontrare: trovare il prodotto. Nella home page, sia per motivi di spazio che di usabilità, non c’è posto per tutti i prodotti, questo comporta che l’utente possa trovarsi nella situazione di dover cercare un prodotto all’interno del sito. Per facilitargli il più possibile il compito dovremo offrirgli più soluzioni di navigazione sul sito, come: - navigazione a categorie; - navigazione a faccette; - navigazione a ricerca. Vediamo un pò nel dettaglio le 3 tipologie di navigazione. A categoria è la soluzione più classica adottata dalla maggior parte dei siti e forse si può dire, quella che fa parte degli elementi ormai acquisiti del web. Ad esempio in un e-commerce il catalogo dei prodotti potrà essere suddiviso per categorie a seconda della tipologia del prodotto, potremmo avere delle voci come “abbigliamento donna”, “abbigliamento uomo” e delle sottocategorie “maglie”, “gonne” ecc.

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Non è detto che questo tipo di navigazione piaccia all’utente o lo porti con pochi clic al prodotto che sta cercando, fose a in mente il prodotto per uno specifico uso, vediamo così il prossimo tipo di navigazione. A faccette, questa navigazione negli anni è diventata molto comune per i siti come gli e-commerce, i portali e le pubbliche amministrazioni (es. comuni). Differentemente dalle categorie logiche sopra citate, nel nostro e-commerce di abbigliamento avremo la possibilità di cercare il nostro prodotto per un’attività che dobbiamo svolgere, o per una necessità, es. “sport”, “fashion” “moda mare” ecc. Vogliamo facilitare ancora di più la ricerca del prodotto? una soluzione è quella di fornire al nostro utente una navigazione che intreccia più dati tra loro, scremando così il risultato. A ricerca, come la navigazione a faccette, questo tipo di navigazione ha preso piede soprattutto negli e-commerce. Ecco che nel nostre negozio online di abbigliamento, una volta etrati in una categoria potremo scremare la ricerca, indicando la taglia, il colore e la fascia di prezzo, così da avere subito a video i risultati che più ci interessano senza dover sfogliare più pagine per trovare quello che stiamo cercando.

Procedere all’acquisto Un altro problema spinoso, ma che è importantissimo saper gestire bene è la procedura d’acquisto. L’utente italiano è sempre un pò timoroso di fare un acquisto online, ha bisogno di essere rassicurato e guidato per tutta la fase di acquisto, dal’inserimento di un prodotto del carrrello al pagamento vero e proprio. Vediamo come gestire alcuni momenti cruciali che se non gestiti bene fanno scappare l’utente su altri lidi.

Mettere nel carrello un prodotto Il primo passaggio del processo d’acquisto è inserire nel carrello i prodotti che si vuole acquistare. Uno dei problemi generalmente riscontrati dagli utenti è la mancata comprensione dell’esito dell’azione “metti nel carrello”. Gli utenti non comprendono se l’azione sia andata a buon fine o meno, perchè non vedono o non si accorgono che accanto all’icona del carrello è apparso un numero, o nello spazio per il carrello sulla colonna di destra appare la voce del prodotto appena scelto.

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Come si può risolvere il problema? Alcuni siti hanno adottato soluzioni visive che rassicurano l’utente sul fatto che il prodotto è stato inserito nel carrello. Vediamo le soluzioni adottate: - far comparire una piccola finestra di pop-up, - far apparire un messaggio in cima al contenuto, facendo slittare quest’ultimo verso il basso, - far apparire una piccola animazione, stile caricamento mac nella parte centrale del sito.

Acquistare Momento cruciale per l’utente, che si attende che i passaggi per concludere l’acquisto siano pochi, trasparenti e di facile comprensione. Passaggi Il compromesso migliore sul numero dei passaggi è 3, troppi passaggi stancano l’utente. - il primo è il riepilogo del carrello, con la possibilità di poter aggiungere o togliere prodotti e scegliere la modalità di pagameno tra quelle proposte dal sito, - il secondo passaggio è la richiesta dei dati personali o la conferma di quelli inseriti in fase di registrazione, con la possibilità di poterli modificare, - il terzo è un riepilogo dell’ordine completo di prodotti, metodo di pagamento e indirizzo di consegna, prima di passare alla fase di pagamento. Alla fine del riepilogo finale ci sarà il bottone acquista che porterà a seconda del metodo di pagamento scelto ad una pagina: - che ringrazia dell’acquisto e che indica tempi di consengna, contrassegno - che ringrazia dell’acquisto e che indica tempi di consengna e dati della banca, bonifico - per inserire i dati della carte di credito, oppure se il form dei dati della carta è inserito in fondo al riepilogo, si arriverà alla pagina di risposta delle banca che l’ordine è andato a buon fine Trasparenza Durante tutti i passaggi è importante mettere dei messaggi che chiariscano all’utente cosa sta facendo e dove sta andando ogni volta che preme un pulsante o fa una scelta. Ad esempio si potrebbe dichiarare fin dalla prima schermata che ci saranno 3 passaggi di controllo per concludere l’ordine, se sta pagando con carta di credito sarà presente l’avviso che comunica l’uscita dal sito web per atterrare su quello della banca per effettuare il pagamento.

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Facilità di comprensione Il consiglio è di non riempire le pagine con la richiesta di dati, informazioni, pulsanti, opzioni facoltative ecc. che affollano la pagina e confondono l’utente; ma di cercare di individuare e di inserire solo quello che è strettamente necessario e che velocizzi il pagamento. Concludo ricordando che l’utente vuole un’esperienza piacevole che non scateni confusione, sfrustrazione e abbandono del carrello. Altimenti l’unico risultato che otteniamo è un cliente perso che non farà un passa parola positivo per il nostro e-commerce, mentre un cliente soddisfatto ritornerà e porterà altri utenti.

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ISSUE SIX

December 2009


Diana Malerba

UXconference 2009: successo e successi della prima edizione http://www.uxmagazine.it/innovation-design/uxconference/

È arrivato finalmente il momento del primo bilancio per UXconference, la prima conferenza sull’esperienza utente organizzata da Sketchin qui a Lugano, che ci ha visti per una giornata accompagnatori e moderatori delle molteplici discussioni e riflessioni su esperienze passate e prospettive future in ambito di progettazione web, mobile e game. UXconference ha visto infatti, secondo programma, un susseguirsi di speakers italiani e svizzeri provenienti da diverse discipline e ambiti, che ci hanno accompagnato in una carrellata di esperienze e casi di studio attraverso le tematiche su cui la conferenza si articolava, in una lunghissima giornata di interazione e scambio che ha permesso ai partecipanti di avere un quadro completo e sfaccettato in tema di user experience design. Intervento di rilievo, nonchè tematica presente lungo tutta la conferenza, sottolineata dal costante tic tac del pomodoro, è stata la proposta di una metodologia di progettazione agile fornita da Francesco Cirillo che ci ha portato la sua lunga esperienza nel settore, cui abbiamo voluto rendere merito utilizzando la tecnica del pomodoro a scandire i diversi momenti della conferenza. Ottima impostazione, da ripetere per la prossima edizione, è stata quella derivata dalla volontà di unire in un unico luogo professionisti di diversi settori, e soprattutto dei due ambienti di ricerca, quali quello aziendale e quello universitario, che ci ha permesso di osare oltre i limiti delle classiche conferenze di taglio business o di ricerca, e voler unire le due realtà per poter parlare di innovazione nei luoghi in cui l’innovazione nasce e si sviluppa. Questo ci ha permesso di avere, accanto a interventi quali il divertente e interessante speech di Leandro Agrò con l’iCrocco e l’iTopo, Massimo Pettiti e Alessandro Galetto sul mobile, Stefano Bussolon che ha approfondito l’aspetto motivazionale, Fabio Sergio e Gianluca Brugnoli in due interventi affascinanti e pieni di spunti, lo speech di Monica Landoni, che ha riscosso un grande successo, Memi Beltrame che ci ha parlato di metodologie di progettazione e collaborazione da Zurigo, l’intervento di Elisa Rubegni sull’interazione in luoghi fisici, nonchè in registrazione Federico Fasce che ci ha parlato di Playful UX.

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UXconference 2009: successo e successi della prima edizione .  Diana Malerba .

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Nel complesso ne è emersa una conferenza ricca di sfaccettature e nuove proposte di riflessione in tutti i temi che si imponeva di trattare. Risultato inatteso è stato inoltre l’orientamento alla baby user experience, tematica trattata in diversi interventi, e che ci ha dato un’ulteriore conferma sulla riuscita di un evento che proprio sull’esperienza del futuro voleva mettere l’accento. Non rimane dunque che ringraziare tutti i partecipanti, sposor, media partner e supporter, e con UXconference, darci appuntamento al prossimo anno. Buona lettura.

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UXconference 2009: successo e successi della prima edizione .  Diana Malerba .

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Sergio Lottaroli

Interfacce neurali.

http://www.uxmagazine.it/interface-interaction-design/interfacce-neurali/

“Spazio. Ultima frontiera. Seven of Nine collega la sua interfaccia neurale a quelle di altri droni al fine di rimembrare ricordi cancellati.” Gran parte dei riferimenti tecnologici contemporanei ci vengono dalle visioni e pre-visioni di autori di romanzi di fantascienza. In “Star Trek” o “The Matrix”, cyborg collegati al cyberspazio mediante innesti cerebrali, sono i veri protagonisti. Non è più solo fantascienza. Dispositivi capaci di misurare onde cerebrali e trasformarle in vere e proprie “azioni”, sono oggi disponibili sul mercato consumer a prezzi abbordabili. NeuroSky, OCZTechnology, Emotiv, per fare qualche esempio, ne offrono di interessanti. Questi video mostrano l’uso degli apparecchi (ndr: per visualizzare i sei video visitare l’articolo online): La facilità d’uso e la possibilità per alcuni prodotti di creare applicazioni mediante avanzati tool di sviluppo, ne aumentano notevolmente il fascino. Pensiamo a quanta ricerca e quanto hack si possa fare da parte di hobbysti e professionisti. Il mondo dei videogame, attento al’innovazione e sempre alla ricerca di nuovi paradigmi di interazione e di “immersione” in mondi virtuali, si appresta quindi a compiere un passo importante, cercando di affiancare interfacce neurali ad un sistema basato su dispositivi fisici (joypad) e/o sulla corporeità (es. le gesture della Nintendo Wii o della futura Microsoft XBox - Project Natal). Anche ambienti 3D virtuali (es. SecondLife) influenzeranno e saranno a loro volta influenzati da queste tecnologie emergenti. L’immersione sarà un’esperienza completamente nuova. http://www.youtube.com/watch?v=MSuvVOIRH3s

A breve tali interfacce saranno mature e abbastanza stabili per 57

Interfacce neurali .  Sergio Lottaroli .

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l’introduzione di un vero e proprio device per il gioco “mentale”, creando di conseguenza un approccio completamente diverso al gioco ed alla giocabilità. Notizie recenti riportano il successo di comunicazione effettuata da cervello a cervello (B2B, brain to brain) via internet, mediante interfaccia neurale non invasiva. Guardate il video, è molto interessante. Anche il gioco on line multiplayer non sembra una meta lontanissima.

Ma cos’è un’interfaccia neurale? Anche chiamata Brain Computer Interface (BCI), è un percorso di comunicazione diretta tra un cervello umano o animale ed un dispositivo esterno. Tali dispositivi, potendo trasmettere o ricevere segnali da e verso il cervello, possono essere utilizzati per il gaming, come detto in precedenza, ma anche per ripristinare la funzione o il movimento di organi sensoriali o di arti compromessi o danneggiati. Qualità del segnale utilizzato nell’interazione ed invasività del dispostivo, sono i fattori fondamentali che ne determinano il tipo, parleremo di: _ Brain Computer Interfaces non invasiva: quando il dispositivo è esterno al cranio. Ha dato buoni risultati in ambito medicale, ridando a pazienti paralizzati, la capacità di muovere protesi muscolari e ripristinare il movimento parziale degli arti. Uno dei dispositivi più diffusi in questa categoria è l’EEG o elettroencefalografia in grado di registrare l’attività elettrica dell’encefalo, ma ricordiamo anche la Magnetic Resonance Imaging, la Magnetoencegaphalogram (MEG) e la Near-Infrared Spetcrosocopy. Tutti i dispositivi in vendita, sono non invasivi e la maggioranza di questi, usa proprio i segnali rilevati dall’EEG come input. Pro: esterni al cranio, sicuri, facili da usare e poco costose Contro: qualità del segnale non eccelsa, relativamente ingombranti altrimenti parleremo di: _Brain Computer Interfaces invasiva e semi-invasiva: quando i dispositivi sono impiantati direttamente nel cervello o all’interno del cranio. Vengono utilizzati fondamentalmente per ripristinare l’uso di arti danneggiati o per cercare di ridare nuovamente funzionalità come la vista e l’udito, a pazienti infortunati, collegando il cervello a device esterne come telecamere, amplificatori…(neuroprostetica). Pro: segnale di media e alta qualità Contro: formazione di tessuto cicatriziale causato dall’innesto del dispositivo, aumento del rischio per il paziente.

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Interfacce neurali .  Sergio Lottaroli .

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Le applicazioni future saranno molteplici Feedback alla stimolazione elettrica, migliori neurostimolatori per disabili, dispositivi intelligenti e, ovviamente, multimedia. Sia BCI invasiva che non invasva, ha suscitato discussioni, polemiche e indotto a considerazioni. _ Una delle sue possibili applicazioni future, potrebbe essere il potenziamento delle capacità intellettuali dell’uomo (es. la teoria della singolarità tecnologica) creando di fatto un essere biologico aumentato; _ La possibilità di controllo mentale da parte di terzi è un’altra possibile conseguenza paventata dagli scettici, dovremmo preoccuparcene? _ Sarà possibile anticipare i nostri pensieri? _ Evolvere verso una comunicazione uomo macchina, che vada oltre il limite dell’interfaccia cosciente, entrando nell’universo della comunicazione dell’inconscio direttamente dalla propria “mente” (così cita un produttore), è un punto di riflessione assai importante e controverso (conscious/unconscious interfaces); _ La biunivocità dell’interazione uomo-macchina-uomo, dove l’uomo non è/sarà il solo attore principale di un processo da sempre prerogativa umana, è altro punto degno di nota e pensiero. Sono tantissimi i possibili punti di riflessione ed approfondimento ed aumenteranno con il migliorarsi e con l’uso delle device da parte di utenti comuni e non solo di addetti ai lavori. Ci attende un allettante periodo, a presto.

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Francesco Improta

La curva dell’esperienza

http://www.uxmagazine.it/user-experience-design/la-curva-dellesperienza/

Il termine curva di esperienza richiama alla mente studi di strategia aziendale dove, con questo termine, si intende la rappresentazione grafica della relazione che lega l’andamento del costo medio unitario del bene prodotto al volume di produzione cumulata. Il costo decresce al crescere del volume di produzione. Non preoccupatevi, non avete sbagliato articolo, qui non si parlerò di economia e livelli di produzione, ma della curva dell’esperienza utente, il cui andamento è meno prevedibile della corrispettiva curva economica. La curva dell’esperienza utente si delinea lungo i due assi di un diagramma cartesiano: il tempo (asse X) e il tipo di esperienza (asse Y). Quest’ultimo fattore presenta tre possibili valori: 1. esperienza negativa, quella che nessun progettista web vorrebbe vedere sul proprio sito; 2. esperienza neutrale, una via di mezzo senza sapore; 3. esperienza positiva, il nostro obiettivo. Immaginiamo il seguente scenario: un utente arriva al nostro sito, naviga e interagisce con esso. Un nuovo utente parte sempre da una posizione sostanzialmente neutrale lungo l’asse Y. Le azioni che si svolgeranno, il tempo speso, e il feedback ricevuto, modificheranno questa posizione. Una linea ipotetica traccia un percorso lungo il diagramma mostrandoci come e quando sono avvenuti questi cambiamenti (il perchè è ancora lontano) assumendo, con ogni probabilità, la conformazione di una curva: la curva dell’esperienza. Le interazioni tra l’utente e il sito influiscono continuamente sul percorso della linea, consentendo di misurare il livello di soddisfazione e il giudizio sul prodotto.

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La curva dell’esperienza .  Francesco Improta .

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Vediamo un esempio di curva:

Da questo grafico possiamo trarre una considerazione interessante: un sito deve offrire contenuti efficaci. La fruizione del contenuto è una delle basi per una buona user experience. Quanto più questo è interessante, accessibile, trovabile, tanto più gli utenti saranno soddisfatti. Quotidianamente siamo “bombardati” da una quantità sempre crescente di informazione, sul web come su nessun altro media. La fruizione di contenuti avviene con una velocità senza eguali: clicco su questo link, poi su un altro, clicco ovunque. Senza fermarmi. Le decisioni sono prese in un lasso di tempo tra i 10 e i 120 secondi: abbandonare o rimanere sulla pagina, abbandonare o rimanere sul sito? Dove clicco ora?! L’obiettivo di qualunque sito è di mantenere la linea dell’esperienza stabile sopra “l’equatore” della neutralità. Ciò significa che il sito piace e sopratutto è usabile.

I punti dell’esperienza Con punti dell’esperienza intendo una serie di “norme di buon comportamento” da seguire con attenzione per ottenere un buon livello di esperienza d’uso, specialmente se ci troviamo nella condizione di dover correggere l’andamento della curva per riportare gli utenti su una posizione positiva verso il nostro sito. 1. La prima impressione è quella che conta In pochi secondi ci facciamo un’opinione di ciò che osserviamo, e agiamo di conseguenza. I tempi decisionali sul web sono rapidi, pertanto l’aspetto visivo\estetico è fondamentale. Un buon visual design è un valore assoluto.

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La curva dell’esperienza .  Francesco Improta .

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2. Offrire servizi efficaci Lasciata alle spalle la fase della “prima impressione”, sono i servizi reali offerti che costruiscono il giudizio complessivo. L’usabilità complessiva è il nodo centrale. 3. Comunicazione Scegliere in modo corretto il modo in cui si comunica con l’utente. Il messaggio di benvenuto di Flickr ha fatto scuola in questo campo. Ricorrere al contatto “umano” ricostruisce i canoni dei rapporti interpersonali della vita reale. 4. I dettagli fanno il design Prendete ad esempio i classici cioccolatini sul cuscino di un hotel. La cura dei dettagli aggiungono valore al design. 5. Feedback Consentire all’utente di ricevere un feedback costante dell’attività svolta sul sito (vedi punto 3). 6. Divertimento Quale esperienza migliore dei….videogiochi! Progettare applicazioni piacevoli per attività piacevoli. Amo mettere le mie foto su Flickr, perchè farlo è semplice e divertente. La costruzione di esperienze d’uso positive non è un processo breve, non esiste una ricetta magica. Abbiamo a disposizione gli strumenti adatti per questo compito, si tratta solo di usarli.

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Corrado Rosi

Progettare una web user experience corretta. Ma per chi?

http://www.uxmagazine.it/visual-communication-design/progettare-una-webuser-experience-corretta-ma-chi/

Occorre premettere che la materia è talmente vasta e “flessibile” che ogni interpretazione merita di essere valutata e discussa da differenti punti di vista. Il mio vuol essere il punto di vista di un “addetto ai lavori” in ambito advertising e comunicazione web. Provando a definire, in poche parole, cosa significhi progettare una esperienza d’uso corretta si potrebbe parlare della necessità di rendere un progetto web il più semplice ed intuitivo possibile per l’utente, non dando mai per scontate, acquisite o dogmatiche le procedure attraverso le quali viene ricercata l’interazione e l’iterazione in rapporto agli input che vengono forniti. Tutto questo in termini generali, e dando estrema rilevanza ai “desiderata” di un potenziale fruitore di un servizio o di un contenuto. Ma siamo sicuri di poter parlare dell’interazione come di un obiettivo a reale valore aggiunto quando la finalità utlima di un progetto web potrebbe essere solo ed esclusivamente di carattere commerciale, magari risolvibile nel più breve tempo possibile? Facciamo un passo indietro e domandiamoci perché, solitamente, nasce un progetto web. Data per scontata l’esistenza di siti che sono stati pensati e si sono sviluppati fini a se stessi, la maggior parte dei siti web fanno parte di più ampi progetti di comunicazione integrata rispetto ai quali le domande che sottendono alla corretta progettazione del “tuttointegrato” sono fondamentalmente due: 1. Quali sono gli obiettivi che il committente si prefigge? 2. A chi è rivolto il progetto / Qual è il target? Già solo queste due semplicissime domande, sottointese e riproposte per tutta la durata di un progetto, definiscono scenari estremamente variegati e complessi in rapporto alla necessità di progettare una corretta user experience.

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Progettare una web user experience corretta. Ma per chi .  Corrado Rosi .

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E in questo contesto quale ruolo si pensa di poter attribuire alla comunicazione via web? E, se esiste un metodo “univoco” per approcciarsi alla progettazione di una corretta web user experience, da dove dovremmo partire? Forse dagli aspetti di comunicazione in grado di motivare ed invitare all’azione (la call to action normalmente determinante in ADV online); oppure dalla progettazione semiotica fatta di segni e codici visivi aventi il compito di attirare l’interesse verso determinate aree del sito; o, infine, dallo sviluppo tecnologico come contributo indispensabile per definire una serie di funzioni in grado di stimolare l’interazione. O più probabilmente da una corretta integrazione di tutto quanto descritto avendo come finalità quella di suggerire ad ogni utente quali siano i contenuti e le aree d’interesse del sito favorendone l’iterazione dell’interazione. Ma siamo sicuri che ogni obiettivo che ci eravamo preventivamente posti verrà così raggiunto? E quanto, tra gli aspetti emozionali, quelli funzionali e d’uso, e quelli di business appartiene alle problematiche meramente attribuibili alla definizione di una corretta comunicazione e quanto agli aspetti di progettazione d’uso? Per rispondere a queste domande potremmo cominciare con il tentare di definire, seppur a livello macro, quali siano i differenti tipi di offerta possibili in relazione al contenuto: 1. Offerta intrattenitiva. 2. Offerta informativa/formativa e di approfondimento. 3. Offerta commerciale. 4. Tutti questi tipi di offerta contestualizzati in un unico contenitore. E poi proviamo a chiederci, per esempio: 1. Un sito correttamente progettato perché abbia una elevata capacità di “engagement” è sinonimo di una corretta progettazione della UX? Mi vien da dire che, per definizione, la user engagement è ciò che più si avvicina agli obiettivi propri della progettazione della UX se, cito, per “customer engagement si intende l’insieme di interazioni ripetute che rafforzano l’investimento emotivo, psicologico e fisico che un cliente sostiene con una marca, un prodotto, un’azienda o un contenuto”. 2. Un sito correttamente progettato per una reiterata interazione (magari con un elevato tempo medio speso dagli utenti nella

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consultazione di ciascuna pagina/contenuto) è il segnale di una corretta progettazione della UX? In realtà non siamo in grado di rispondere in via definitiva né a queste né alle precedenti domande se prima non dichiariamo un obiettivo. Potremmo anche sentirci dire che “concettualmente e funzionalmente il progetto è corretto ma commercialmente è un rischio, e come tale poco affidabile nel breve periodo…” Perché accade? Forse perché l’insaturazione di una relazione non finalizzata all’acquisto non è mai (forse esagero?) il vero obiettivo primario. Forse perché l’obiettivo dichiarato è sempre e solo il raggiungimento di un fissato tasso di “conversion”, ovviamente profittevole. Ma occorre comprendere bene cosa significhi questa parola che tanto preoccupa le Agenzie di comunicazione/Marketing soprattutto quando il budget legato all’acquisizione di un progetto è fortemente vincolato ad un success fee precedentemente definito. Per “ottimizzazione del tasso di conversione” si può intendere la scienza volta a trasformare in un determinato stato la percentuale maggiore di individui coinvolti. Ed il più delle volte lo “stato” richiesto è quello di Cliente. E qui torniamo all’interpretazione di un progetto e del suo livello di usabilità ed efficacia. Per un Cliente d’Agezia che investe in comunicazione è chiaro che ad ogni euro investito deve poter corrispondere un ritorno. La misurabilità estrema dei comportamenti su web fa si che il costo per ciascun contatto – o meglio ancora per ciascuna acquisizione - possa essere valutato, ponderato, definito. Ne deriva che la conversion solitamente dipende dalla capacità che, anche attraverso il web, un prospect diventi Cliente pagante… possibilmente nel più breve tempo possibile. Subentra, quindi, una nuova variabile che tenderà necessariamente a modificare l’interpretazione di cosa sia una corretta user experience: il tempo.

Un processo di conversion soddisfacente e “conveniente” è solitamente strettamente collegato alle politiche commerciali di un’azienda e presuppone azioni mirate sul breve periodo. Il che finisce per tradursi in poca – o meno - iterazione e molta interazione immediata.

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Ma per rendere operativa la scienza l’unico approccio possibile è il “testing” per cui attraverso modifiche anche minime al sito (o ad altri “momenti“ di contatto online) si valuta la soluzione che genera un miglior risultato. In adv online tutto questo è facilmente traducibile in una rotazione frequente di differenti soluzioni creative e visive in relazione all’offerta da comunicare e promuovere. Ma per progetti web più complessi? La necessità è quella che un progetto web continui ad evolversi a ciclo continuo sulla base dei feedback degli utenti e dei risultati raggiunti. Per far ciò, una soluzione possibile è data dall’applicazione delle cosiddette “metodologie agili”, tematica ampiamente trattata nelle pagine di questo magazine: ovvero – citando un articolo del magazine di cui mi scuso di non poter riportare la fonte – “l’idea di organizzare il lavoro in tanti piccoli cicli iterativi, molto focalizzati su pochi punti che permettano di fatto di cambiar rotta a piacimento su un progetto (seguendo dunque le esigenze degli utenti, o aggiungo io - dei clienti) in maniera relativamente rapida e senza compromettere l’impianto del progetto stesso.” Normalmente si parla di azioni tattiche. Tutto ciò funziona purchè si lavori su delle basi progettuali solide e con una strategia, condivisa, di lungo termine. Chi progetta soluzioni di business on-line (e non parlo esclusivamente di siti e-commerce) supportandole in comunicazione, si dovrà muovere costantemente su questo terreno. In quest’ottica, quindi, la conversion – e il successo commerciale di un progetto - risulterà così molto più legata alla flessibilità ed al testing dei singoli oggetti e strumenti attraverso i quali viene ricercata e promossa mentre la fidelizzazione dipenderà molto di più dalla soddisfazione derivante dalla reiterata interazione con il contenuto (sia esso un prodotto, un servizio o altro ancora). Allo stesso modo, nel progettare la UX bisognerà saper distinguere bene tra: 1. la necessità di far percepire immediatamente all’utente un messaggio formandolo, o sarebbe meglio dire spingendolo, ad una veloce intenzione di interazione (il più delle volte finalizzata all’acquisto). E in questo caso tutto ciò che non è utile a raggiungere tale scopo rischia di portare distrazione. 2. la necessità di far comprendere correttamente il valore di un contenuto che unita alla semplicità d’uso delle funzionalità ha lo scopo di reiterare un ricordo positivo per garantirsi un continuo

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ritorno da parte dell’utente che non si è stati in grado di “convertire” nell’immediato. “Percezione” e “comprensione” sono le 2 facce della stessa medaglia, ma agiscono su differenti componenti che influenzano il nostro agire: l’emotività/impulsività e la razionalità. Non bisogna mai dimenticare che, per quanto si dica il contrario, la consapevolezza della scelta da parte di un utente è un lusso che molti “player presenti sul mercato” non possono e non vogliono permettersi ed il processo di iterazione della relazione diventa di valore solo dopo che questa da “spontanea” si è trasformata in una relazione commerciale. Lasciando probabilmente inevasi alcuni quesiti, diviene scontato pensare che la progettazione di una corretta web user experience dipenda dalla capacità di mettere in atto differenti leve a seconda dell’obiettivo che si vuol conseguire. Questa flessibilità rapportata ad un fine lascerà poi il campo all’oggettiva applicazione di una serie di best practice e metodologie che connotano e definiscono al meglio la progettazione medesima. E la bibliografia di questi ultimi anni ne è piena, anche se solo prendiamo in considerazione i preziosi contributi che UX Magazine sta raccogliendo in tema di architettura dell’informazione, design delle interfacce e dell’interazione fino agli aspetti legati al design visuale e della comunicazione, passando ovviamente attraverso l’elaborazione di idee creative e soluzioni innovative. Per chiudere mi sembra giusto riproporre, ampliandolo, il quesito iniziale. Progettare una web user experience corretta. Ma per chi? Per il fruitore del “contenuto”, per il fornitore dello stesso o per entrambi? Siamo sicuri che le esigenze coincidano sempre?

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Toby Biddle

Online User Test: perchè testare online e senza moderatore http://www.uxmagazine.it/user-experience-design/vantaggi-di-test-onlinesenza-moderatore/

Per molti professionisti dell’usabilità i test con utenti in sala sono state finora l’unico metodo utilizzato. Ad ogni modo, con la crescita della tecnologia Web 2.0 e Web 3.0, i test eseguiti online e senza moderatore (conosciuti anche come test da remoto o asincroni) stanno guadagnando posizioni, essendo utilizzati non solo come metodologia complementare, ma in molti casi anche come alternativa ai metodi più tradizionali. Nel 1997 quando internet era relativamente nuova al pubblico non tecnico, le ricerche di mercato hanno iniziato a sperimentare l’online surveying per sostituire le ricerche tradizionali con alti costi in termini di denaro e di tempo, come quelle via telefono ed e-mail. C’è stata molta resistenza nell’industria delle ricerche di mercato all’online surveying, che è stato spesso visto come un metodo economico e poco professionale di condurre le ricerche di mercato. Nonostante i benefici dimostrabili, tra cui la riduzione dei costi, la velocità d’esecuzione e il raggiungimento geografico, per nominarne alcuni, molti ricercatori hanno liquidato l’online scegliendo di non offrire questa metodologia ai loro clienti. Oggi, non ci sono dubbi che l’online surveying sia uno strumento da includere nella suite di prodotti offerti dalle ricerche di mercato. Chiaramente, c’è bisogno di tempo per capire come tirare fuori il meglio da questa metodologia. I test utenti online sono oggi più o meno nella stessa posizione in cui si trovavano i surveying online nel 1997, quando molti opponevano resistenza e dubitavano di essi trattandoli come uno strumento di misurazione voodoo inspiegabilmente utilizzato da un rispettato user interface engineer. Io penso che ci sarà da rimangiarsi le parole, così come Thomas Watson, Presidente di IBM ha fatto non molto tempo fa. Coloro che hanno esplorato e sperimentato i test utenti online stanno attualmente riscuotendo ricompense. In uno studio recente dell’UPA infatti, i test utenti online hanno mostrato una crescita del 18% nell’utilizzo da parte di membri UPA dal 2007, mentre nello stesso periodo i test tradizionali hanno avuto un calo del 9%.

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Online Unmoderated vs Online Moderated User Testing Ci sono test online moderati e test online NON moderati. La differenza chiave è che con quelli moderati il moderatore usa un servizio web-based che permette agli utenti situati in una località lontana di partecipare in quello che è essenzialmente un online meeting. Il software condivide la visione e il controllo di un web browser che permette al moderatore di vedere i movimenti del mouse dell’utente e le pagine che visita, facilitando la discussione in modo simile a quello dei test tradizionali, come si vede dall’immagine.

D’altra parte, i test in assenza di moderatore sono generalmente eseguiti in maniera asincrona. Ovvero, il ricercatore progetta e inizia uno studio, i partecipanti svolgono i compiti nel loro contesto naturale, a casa (o in ufficio) usando il loro computer, e, una volta che i partecipanti hanno completato i task, il ricercatore estrapola e analizza i dati. In questo approccio non c’è bisogno di un moderatore che sia presente durante il test.

Benefici dei test online e privi di moderatore Le ragioni per utilizzare questa metodologia sono diverse. Ve ne elenco alcune: 1. L’ottenimento di un metro di usabilità quantitativo Forse il maggior beneficio dei test online e in assenza di moderatore è che permette la raccolta di metri quantitativi d’usabilità, ovvero, statistica. I test tradizionali spesso sono eseguiti su un numero di partecipanti compreso tra 5 e 8, forse doppio se si ha un grande budget di ricerca.

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Con un numero così ridotto è errato calcolare percentuali valide per il report, come ad esempio la percentuale di partecipanti che ha completato un task con successo o la media del tempo che c’è voluto per completare un task. Utilizzando un campione più ampio è possibile misurare correttamente questi e altri metri di usabilità, che possono così portare una visione completa dell’usabilità di un sito web. Meglio ancora sarebbe eseguire sia test online che test tradizionali, così da avere la possibilità di validare i risultati assicurando una vera rappresentazione della user experience del sito web. 2. La possibilità di condurre studi di benchmarking Siccome i test online permettono la raccolta di un metro di usabilità quantitativo, diventa molto facile e pratico misurare come un sito web funziona in relazione ad altri competitor oppure ad altre versioni dello stesso sito. Questo può essere particolarmente interessante in fase di riprogettazione del tuo sito web, successivamente alla fase di produzione dei nuovi wireframe. Il confronto degli uni contro gli altri da una buona risposta per assicurarti che la nuova progettazione funziona meglio su quei task che i visitatori del sito devono completare. 3. La possibilità di effettuare test con ogni tipologia di target, anche quella difficile da ottenere Se il target del tuo sito web sono senior business executive, dottori, avvocati o neurochirurghi portarli in una sala test per testarli può essere molto difficile, nonchè molto costoso in termini di rimborso spese per i partecipanti. Mentre chiedere a queste persone di effettuare un test che dura da 5 a 10 minuti nel comfort del loro ufficio è una richiesta molto più realistica. Allo stesso modo, se vuoi testare l’accessibilità del tuo sito web facendo test con persone che usano tecnologia assistiva (lettori di schermo, puntatori elettronici, tastiere alternative, etc.) non sarai mai in grado di replicare le situazioni uniche di ciascuno nel tuo laboratorio. In questo caso i test online sono un’ottima soluzione. 4. Test con utenti internazionali Allo stesso modo, se il sito web ha un’utenza internazionale, e vuoi assicurarti che funzioni nonostante le differenze culturali, i test in laboratorio in giro per il mondo sono troppo costosi e insostenibili a meno che tu non abbia un budget davvero elevato. Con i test online puoi reclutare facilmente partecipanti ovunque nel mondo. E se non hai un database vi sono un gran numero di market research panels ( come questi: Survey Sampling International e Global Market Insights) che ti offrono i partecipanti che rientrano nei tuoi criteri di ricerca. 5. Il “testa presto, testa spesso” diventa una realtà

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Grazie ai diversi strumenti web-based il costo dei test di usabilità sta diventando sempre più basso che in laboratorio. E una volta eseguiti i primi farli sarà molto più facile e veloce. Questo permette di condurre più test più frequentemente con lo stesso budget. Per anni è stato detto: testa presto, testa in fretta, ma quanti di noi l’hanno sinceramente fatto? Sotto potete vedere un eccellente esempio di un processo di test d’usabilità sistematico e completo (grazie a Grundyhome.com). Vi sono 8 passaggi di test in totale. Io generalmente propongo ai miei clienti un percorso che passa da Loop 11 per tutti i passaggi di task testing, Survey Monkeys per i survey, Optimal Sort per il card sorting e Treejack per il test della IA, permettendo di spendere complessivamente 2500 dollari.

Per coloro che sono interessati ad approfondire l’argomento ci sono due libri che raccomando: - Beyond the Usability Lab: Conducting Large-Scale User Experience Studies, di William Albert, Thomas Tullis e Donna Tedesco; - Remote Research: Real Users, Real Time, Real Research di Nate Bolt e Tony Tulathimutte.

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Direttore responsabile: Luca Mascaro Caporedattore: Diana .Malerba Art Director: Alice Garbocci


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