Sistema di smistamento automatico

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Istituto di Istruzione Superiore “Da Vinci - De Giorgio� - Lanciano

Sistema di smistamento automatico a riconoscimento di colori

Relatore

Presentata da Giugliani Simone

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Introduzione La seguente tesi nasce dal bisogno e dal piacere di poter divulgare la mia passione e interesse verso l’elettronica, verso i sistemi automatici e verso tutto ci`o che si presenta automatico, ovvero le macchine che svolgono autonomamente il lavoro a loro assegnato. Le macchine al giorno d’oggi sono essenziali poich`e producono, in tempi relativamente brevi e in grandi quantit` a, prodotti di utilizzo quotidiano. Basti pensare al settore dell’industria, dove sarebbe assurdo immaginare il solo lavoro manuale da parte dei dipendenti per la realizzazione ad esempio di calzini. I macchinari svolgono quello che viene definito processo di produzione industriale, cio`e la lavorazione della materia prima per processi, fino ad arrivare al prodotto finito. Nel testo verr` a descritta una possibile soluzione per risolvere il problema di automatizzare un processo concettualmente comune nell’ambito industriale, ovvero quello dello smistamento di oggetti in base a fattori fisici dell’oggetto stesso. In particolare si descriver`a un sistema di smistamento automatico per colori, una macchina che smista e raggruppa in locazioni diverse, oggetti di colori diversi.

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Indice 1 L’automazione industriale 1.1 L’automazione nella societ` a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 I processi di produzione industriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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2 Il sistema di smistamento automatico 2.1 Il nastro trasportatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Il “distributore” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2.1 Il servocomando . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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3 L’elettronica di controllo 3.1 Il microcontrollore . . . . . . . . 3.1.1 Periferiche di un PIC . . . 3.1.2 Memorie . . . . . . . . . . 3.2 Il sensore di colore . . . . . . . . 3.3 La scheda elettronica . . . . . . . 3.3.1 Realizzazione delle schede 3.4 Circuito per il rilevatore ottico . 3.5 Il ponte H . . . . . . . . . . . . . 3.5.1 Il ponte H integrato . . . 4 Il software 4.1 Firmware del microcontrollore 4.1.1 MPLAB - Ambiente di 4.2 Il protocollo USB . . . . . . . 4.3 Software di monitoraggio . .

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. . . . . . . . . . . . sviluppo per il PIC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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INDICE

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Capitolo 1

L’automazione industriale Il termine automazione, che risale all’immediato dopoguerra e utilizzato per la prima volta nell’industria automobilistica, indica quei sistemi tecnologici che automaticamente gestiscono macchinari e che controllano i processi di produzione industriale. L’importanza dell’automazione sta nella riduzione della supervisione da parte degli operatori, che affidano alle macchine il controllo quasi totale del processo. Al contrario della meccanizzazione che `e un termine utilizzato prevalentemente dove il lavoro e l’energia dell’uomo `e sostituito al lavoro e alla forza delle macchine, l’automazione integra le macchine in sistemi che si autogovernano. Forse non `e semplice la distinzione pratica delle due categorie di produzione ma se si pensa a come l’automazione ha cambiato la societ` a odierna, risulta chiara e radicale la trasformazione della civilt`a dalle prime produzioni industriali. Da migliaia di anni gli uomini hanno sempre cercato di spostare il lavoro su dispositivi meccanici come ad esempio carrucole, argani e sollevatori (alcuni sistemi di meccanizzazione del lavoro sono stati datati al terzo millennio A.C.). Ma niente `e stato radicale come quanto avvenuto nel XVIII secolo, nella Rivoluzione Industriale. Durante la Rivoluzione Industriale furono sviluppate fabbriche che producevano parti intercambiabili per prodotti diversi, con la conseguente divisione delle diverse lavorazioni ad operai, ad ognuno dei quali veniva riservato un compito specifico che veniva da questo eseguito un numero imprecisato di volte. Da quel momento, fu immediata l’esigenza di sviluppare macchine (originariamente a vapore e successivamente elettriche) che eseguissero questi compiti.

1.1

L’automazione nella societ` a

Oltre ad aver direttamente toccato i lavoratori, l’automazione ha anche modificato la societ`a in cui oggi viviamo. L’economia `e un pilastro portante di tutte le societ`a ed essa `e influenzata indubbiamente dalla produttivit` a di ogni singola industria. Essendo la produttivit`a il rapporto tra unit` a prodotte e il lavoro impiegato per la produzione, l’automazione fa aumentare la produttivit` a perch`e fa aumentare la produzione e anche perch`e vi `e una riduzione del lavoro impiegato. Negli anni per` o molte discussioni sono avvenute tra sindacalisti, dirigenti e politici su come l’automazione influenza l’occupazione. Infatti attraverso lo spostamento del lavoro umano verso quello meccanizzato, si ha una descrescita dell’occupazione. Tuttavia, anche con studi e analisi dell’andamento dell’occupazione non si `e ancora arrivati ad una conclusione certa. Si sostiene che la costante domanda di sistemi automatizzati compensi la disoccupazione dei lavoratori all’interno delle industrie.

1.2

I processi di produzione industriali

I processi di produzione industriali (anche detti processi produttivi ) possono essere descritti come le singole fasi, suddivise generalmente in pi` u stadi, che avvengono durante la produzione di prodotti, partendo da materiali grezzi o semi-lavorati. Ogni processo o fase, realizza un determinato lavoro, come ad esempio la foratura di un pezzo meccanico oppure la sua verniciatura. Una dopo l’altra, le fasi realizzano il prodotto finito.

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CAPITOLO 1. L’AUTOMAZIONE INDUSTRIALE

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Capitolo 2

Il sistema di smistamento automatico Il sistema di smistamento automatico in questione, si occupa appunto di smistare i vari pezzi che vengono convogliati attraverso il nastro trasportatore. Il pezzo quindi, giunto sul punto B, viene scansionato da un sensore creato ad HOC (verr` a descritto successivamente), che acquisisce il colore del pezzo in questione. L’elettronica di controllo successivamente elaborer` a le informazioni giunte dal sensore e attraverso il distributore posto alla fine del nastro, il pezzo verr` a smistato a seconda del proprio colore. Un’illustrazione chiarir`a le funzionalit` a del sistema:

Figura 2.1: Schema a blocchi del sistema di smistamento

A capo di tutto c’`e il computer che si occupa di elaborare i dati provenienti dalla scheda elettronica. Quest’ultima si occupa di gestire il motore del nastro e soprattutto a gestire il sensore che rilever` a il colore del pezzo. Una volta inviati i dati relativi al colore del pezzo, il computer prender` a le decisioni sul posizionamento dello smistatore.

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CAPITOLO 2. IL SISTEMA DI SMISTAMENTO AUTOMATICO

2.1

Il nastro trasportatore

Il nastro trasportatore `e chiaramente, insieme all’elettronica, il punto chiave del sistema. Ovviamente esso `e adibito al trasporto dei pezzi da smistare, dal punto di prelievo fino al punto dove verr` a smistato. Inoltre dovr` a posizionare il pezzo in un punto preciso del nastro, luogo in cui avverr` a la fase di scansione del colore. Quando il pezzo sar`a all’altezza del sensore di colore (posizionato all’interno di una sponda del nastro), verr`a scansionato. Infine il nastro trasportatore avr`a il compito di far giungere o meglio “cadere” il pezzo nello smistatore. Lo smistatore distribuir`a il pezzo nella categoria di colore esatto. Il nastro trasportatore sar` a realizzato in legno e avr`a un nastro che verr`a mosso da due rulli, uno dei quali `e azionato da un motore in corrente continua. Una bozza di nastro `e la seguente:

Figura 2.2: Bozza di progetto del nastro trasportatore

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2.1. IL NASTRO TRASPORTATORE

Quindi la realizzazione completa del nastro trasportatore:

Figura 2.3: Realizzazione del nastro trasportatore

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CAPITOLO 2. IL SISTEMA DI SMISTAMENTO AUTOMATICO

(a) Vista del nastro

(b) Vista frontale del nastro trasportatore

(c) Particolare del motore del nastro

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2.2. IL “DISTRIBUTORE”

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Il “distributore”

Il “distributore” o anche “smistatore” ha il compito di spostare il pezzo nella categoria di colore a lui assegnato dal software. Deve avere una forma ad imbuto per poter facilmente accogliere il pezzo che cadr` a letteralmente dal nastro trasportatore e dovr`a convogliare il pezzo nei contenitori di vario colore. Attraverso un servocomando `e possibile ruotare questo smistatore che tramite software, assumer` a la posizione stabilita per il rilascio del pezzo.

Figura 2.4: Realizzazione dello smistatore. Si noti lo scivolo per facilitare la caduta del pezzo.

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CAPITOLO 2. IL SISTEMA DI SMISTAMENTO AUTOMATICO

2.2.1

Il servocomando

Il servocomando `e l’attuatore meccanico che verr`a utilizzato per smistare i pezzi secondo i vari colori. E’ ampiamente diffuso nei campi in cui la presenza umana risulta impossibile o nei sistemi con numerosi dispositivi da controllare in remoto.

Figura 2.5: Un generico servocomando di medie dimensioni Esistono due tipi di servocomando: quelli analogici e quelli digitali. I servi analogici sono stati i primi ad essere prodotti. Essi sono comandati tramite segnale PWM e hanno un sistema a comparazione analogico che confronta il segnale proveniente dal filo di comando con uno interno prodotto da un monostabile il cui tempo di accensione `e regolato dal potenziometro interno al servo che funge da sensore. Il controllo motore del servocomando (anch’esso analogico) non fa altro che uguagliare questi 2 segnali muovendo il motore e quindi l’asse di rotazione in una direzione o nell’altra. Un servocomando digitale ha invece un microcontrollore che legge la lunghezza del segnale di comando e la posizione del potenziometro e sulla base di questi due segnali decide come far muovere il motore. I pregi dei servi digitale sono l’elevata precisione, l’enorme coppia torcente e velocit` a di risposta elevata. Un difetto per` o influisce molto sul suo acquisto ovvero l’elevato costo.

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2.2. IL “DISTRIBUTORE”

Nello smistatore verr` a usato un servocomando analogico. Risulta pi` u semplice il suo controllo utilizzando la tecnica del PWM. Il segnale di comando `e costituito da un’onda quadra inviata ripetutamente: il fronte positivo deve avere una durata compresa tra 1 e 2 millisecondi e la somma del fronte positivo e quello negativo (ovvero il periodo) deve essere di circa 20 millisecondi (frequenza: 50 Hz). Il segnale fatto in questo modo deve essere inviato di continuo se si vuole che il servocomando, sotto sforzo, mantenga la posizione desiderata:

Figura 2.6: Segnale impulsivo per comandare un servocomando analogico Attraverso il diagramma dei tempi, si intuisce che il segnale di comando viene modulato secondo la tecnica del PWM. Ci` o che fa variare la posizione dell’asse di rotazione del servo `e la semionda positiva rispetto al periodo totale ( 20 millisecondi ). Si introduce quindi il concetto di Duty Cycle ( DC ), ovvero quel rapporto che esprime in percentuale il tempo il cui la semionda positiva rimane alto rispetto al periodo, secondo la formula:

DC% =

T on 1mSec · 100 = · 100 = 5% T 20mSec

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CAPITOLO 2. IL SISTEMA DI SMISTAMENTO AUTOMATICO

Con un duty cycle del 5% (quindi un impulso di 1 mSec), il servo ruoter`a tutto da un lato (45 ◦ a destra), con un duty cycle dal 10% (impulso di 2 mSec), il servo ruoter`a tutto dall’altro lato (45 ◦ a sinistra). Il servo raggiunger` a quindi la posizione centrale con un impulso di 1,5 mSec:

Figura 2.7: Posizione dell’asse secondo il tempo della semionda positiva Ed un’immagine che mostra il servocomando all’estremit`a del nastro trasportatore (senza imbuto-convogliatore):

Figura 2.8: Particolare del servocomando situato sotto il nastro

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Capitolo 3

L’elettronica di controllo La parte riguardante l’elettronica di controllo `e un punto fondamentale nella realizzazione di sistemi automatici al giorno d’oggi. Attraverso le risorse disponibili `e infatti possibile gestire di tutto grazie all’elettronica. Nel sistema di smistamento l’elettronica svolge circa il 90% del lavoro poich`e si occupa di gestire il motore del nastro trasportatore, acquisisce le informazioni sul pezzo grazie al sensore di colore e si occupa ovviamente anche della fase di smistamento alla fine del processo, comandando un attuatore rotativo (servocomando) con rotazione massima di 180 ◦ .

3.1

Il microcontrollore

Il PIC (acronimo di “Programmable Interface Controller”) `e il microcontrollore usato nella scheda di controllo del sistema di smistamento. E’ prodotto dalla casa americana Microchip Technology Inc. Il modello di PIC usato nella scheda `e il Il PIC18F4550. Un microcontrollore abbastanza performante, vista l’elevata presenza di I/O e dall’abbondante memoria Flash (32 kB). I PIC della famiglia 18Fxx, come il 18F4550, hanno un’architettura interna di tipo Harvard e quindi non fanno uso dell’architettura di Von Neumann come comunemente si potrebbe pensare. L’architettura Harvard ha come caratteristica principale, bus distinti per la memoria dati e per la memoria programma. Caratteristica che rende pi` u veloce l’esecuzione di un’istruzione. Infatti per ogni ciclo macchina, la CPU pu` o effettuare la fase di fetch parallelamente alla fase di execute, quindi quella di decode. Le CPU dei microcontrollori PIC sono di tipo RISC (Reduced Instruction Set Computer), molto semplici, visto il loro numero ridotto di istruzioni che possono eseguire (35).

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

Un’illustrazione dell’architettura Harvard di un microcontrollore:

Figura 3.1: Architettura Harvard di un PIC Come `e evidente dall’illustrazione, ci sono 4 bus principali che interfacciano la CPU con il resto dei componenti di un microcontrollore. E’ chiaro come il bus della memoria di programma (a 14 bit) sia separato dal bus della memoria dati (8 bit). Vi sono altri due bus, riservati alla connessione con l’ALU e con le interfacce di I/O.

3.1.1

Periferiche di un PIC

Il PIC ha diverse periferiche utili ai pi` u svariati utilizzi (alcuni gi`a accennati precedentemente). Pi` u in particolare, un PIC pu` o contenere: • Porte di I/O; • Timer e Watchdog Timer; • Convertitori analogico/digitale (ADC o A/D Converter); • USART; • CCP (Compare, Capture, PWM); • Comparatore e Voltage Reference. Le porte di I/O sono le linee a cui si possono interfacciare dispositivi esterni come led, transistor, rel`e, attuatori etc. Vengono configurate con i registri TRISx (la x sta per la lettera del gruppo della linea. Es. TRISB configura le linee del gruppo di nome B). Diverse linee possono avere pi` u funzioni, come ad esempio una linee di I/O pu`o anche essere utilizzata come canale di ADC. In questo caso la linea `e multiplexata e deve essere configurata secondo particolari registri per utilizzarla come I/O digitale oppure come canale analogico. I timer sono dei contatori interni che generano interrupt quando il loro registro di controllo va in overflow. Gli interrupt sono delle interruzioni del programma principale e quindi un salto alla routine di controllo dell’interrupt. 18


3.1. IL MICROCONTROLLORE

I Watchdog timer sono appunto timer che possono resettare il PIC se quest’ultimo rimane bloccato in una routine per un certo periodo. I convertitori analogico/digitali sono appunto convertitori di tensione in numero decimale. Al loro ingresso `e possibile applicare una tensione e l’ADC restituisce un numero binario in rapporto al valore della tensione in ingresso. La risoluzione (di solito 8 o 10 bit) stabilisce la sensibilit` a dell’ADC ad incrementare il valore decimale ad una variazione della tensione in ingresso. L’USART (Universal Synchronous Asynchronous Receiver Trasmitter) `e una periferiche che permette la comunicazione seriale sincrona ed asincrona con dispositivi esterni. Di solito `e utilizzata per comunicare con un PC attraverso l’interfaccia RS232 ma pu`o anche essere utilizzata con altri dispositivi che adottano questo protocollo. Il modulo CCP `e in grado di catturare, comparare o generare un segnale. L’utilizzo pi` u frequente `e quello in modalit` a PWM (Pulse Width Modulation), che consente la generazione di un onda quadra a frequenza fissa e duty cycle variabile. Il Comparatore viene utilizzato per comparare la tensione presente su un pin di I/O rispetto ad una tensione di riferimento, che pu`o essere prelevata da un altro pin o generata dal modulo Voltage Reference del PIC. Il PIC scelto `e molto ricco di risorse hardware, come ad esempio il modulo USB. E’ stato scelto questo microcontrollore soprattutto per il suo modulo USB che risulta molto pi` u comodo e veloce rispetto alla comune comunicazione seriale con il protocollo RS232. Oltre alla comunicazione, una risorsa molto importante per il sistema `e il modulo ADC utilizzato per acquisire la tensione proporzionale alla luce riflessa dal pezzo. Il PIC18F4550 integra al suo interno ben 13 canali ADC con risoluzione a 10 bit.

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

Un’immagine del PIC18F4550:

Figura 3.2: Un generico PIC in formato PDIP

3.1.2

Memorie

Nei PIC esistono tre diversi tipi di memorie: • Program Memory (memoria programma); • Registri (come RAM e SFR); • EEPROM. La Program Memory contiene il programma in codice macchina che viene eseguito dal microcontrollore. Essa pu` o essere di due tipi, FLASH (particolare tipo di EEPROM, cancellabile a blocchi) e OTP, e viene programmata utilizzando un interfaccia hardware chiamata programmatore. Se la memoria `e di tipo FLASH `e possibile sovrascriverne il contenuto, rendendo il microcontrollore riprogrammabile. Se invece la memoria `e di tipo OTP (One Time Programmable) `e possibile effettuare una sola programmazione, rendendo impossibile la riutilizzazione dello stesso chip. La RAM (Random Access Memory), che viene anche chiamata File Register o GPR (General Purpose RAM), `e costituita da allocazioni di memoria modificabili durante l’esecuzione del programma e si distingue dagli SFR (Special Function Registers) proprio perch`e `e general purpose, ovvero pu` o essere utilizzata per memorizzare in modo volatile (ovvero che al riavvio la memoria viene azzerata) delle variabili da 8 bit (1 Byte) indipendentemente dal loro significato. La Memoria Dati `e costituita dall’insieme dei registri GPR e SFR ed `e divisa in banchi. Pertanto per accedere in lettura o scrittura ad uno dei registri `e necessario selezionare il banco che si vuole indirizzare agendo sul registro speciale STATUS. La EEPROM (Electrically Erasable and Programmable Read Only Memory) `e una memoria non volatile (pertanto il suo contenuto persiste anche ad un riavvio del microcontrollore), ma a differenza di una semplice ROM `e cancellabile e riscrivibile. Si differenzia delle EPROM in quanto `e cancellabile elettricamente e non per mezzo dei raggi UV. E’ importante sottolineare come questa tipologia di memoria abbia una vita molto limitata, che `e dell’ordine dei 10 milioni di cicli di cancellazione/scrittura. Inoltre presentano dei tempi di accesso considerevoli. Pertanto quando si opera con le EEPROM `e necessario limitarne l’uso all’essenziale, in quanto non sono in grado di sostituire a livello applicativo i registri della RAM. 20


3.2. IL SENSORE DI COLORE

3.2

Il sensore di colore

Il sensore di colore `e il cuore del macchinario. Esso si occupa di rilevare appunto il colore dalla superficie dell’oggetto da esaminare senza intervenire fisicamente sul pezzo. L’acquisizione del colore avviene otticamente grazie ad un concetto molto semplice da comprendere, ovvero la riflessione. Quando un corpo o materia che dir si voglia, `e irradiato da luce, una sua parte di energia tende ad essere riflessa verso l’esterno ed una parte dell’energia viene assorbita. Inoltre si tende ad avere la massima riflessione quando la lunghezza d’onda della radiazione luminosa `e uguale alla lunghezza d’onda del corpo irradiato. In poche parole, se una palla gialla viene irradiata con luce di colore gialla, si avr` a la massima riflessione offerta dalla palla. Contrariamente, si avr`a una riflessione esigua irradiando la palla gialla con una luce di colore rossa. Utilizzando questo concetto, `e nata l’idea di realizzare un sensore che sia capace di soddisfare i seguenti punti: • riuscire a produrre i tre colori primari additivi : Rosso, Verde e Blu; • acquisire un valore proporzionale alla riflessione dell’oggetto; • essere immune alla luce ambientale. Per soddisfare il requisito della generazione dei tre colori primari, si `e pensato di inserire tre led, rispettivamente di colore rosso, verde e blu. Questi led verranno attivati dal microcontrollore al momento della scansione del pezzo in modo ciclico. Per acquisire il valore della luce riflessa dall’oggetto invece, si fa uso di un trasduttore sensibile alle radiazioni luminose, il fotoresistore. La caratteristica del fotoresistore `e che se irradiato da luce, varia quasi linearmente la resistenza presente ai suoi capi. La posizione del fotoresistore nel sensore `e fondamentale. Infatti la luce riflessa sull’oggetto irradiata dai led, deve colpire esattamente la superficie sensibile del fotoresistore. Una proposta abbastanza efficace `e quella di posizionare il fotoresistore al centre del sensore ed i tre led disposti intorno ad esso, sfasati di 120 ◦ . Un altro fattore da tenere conto `e la luce ambientale. Si intuisce facilmente che il sensore, e quindi il sistema, potrebbe essere disturbato dalle radiazioni luminose naturali presenti nell’ambiente in cui la macchina svolge il suo lavoro. Si pensi ad esempio ad una finestra in cui passa molta luce solare oppure ad una lampada. Se ci`o dovesse accadere, le letture del sensore sarebbero falsate ed il corretto funzionamento della macchina sarebbe compromesso. Tuttavia esistono alcuni metodi per la rimozione o almeno l’attenuazione dei disturbi, come ad esempio la calibratura del sistema prima della sua messa in funzione nell’ambiente di lavoro finale. Si potrebbero regolare alcuni parametri manualmente via software per eliminare i cosiddetti valori di offset. Un’altra soluzione `e quella di “schermare” il sensore avvolgendolo da materiale di colore scuro e lasciando scoperta solo la parte relativa all’irradiazione della luce e all’acquisizione della riflessione. Inoltre non deve esserci contatto ottico tra LED e fotoresistore prima che la luce irradiata sia stata riflessa da un oggetto. Questo per evitare false letture.

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

Per capire il funzionamento del sensore di colore, si faccia riferimento alla seguente figura:

Figura 3.3: Schema sintetico di funzionamento del sensore di colore

A sinistra si nota il modulo sensore con i tre LED (in vista laterale ne sono solo due) e il fotoresistore al centro. A destra `e presente l’oggetto da scannerizzare. Quando i LED (sfasati di 120 ◦ tra loro e piegati con un angolo di circa 45 ◦ verso il fotoresistore) irradiano l’oggetto, quest’ultimo riflette la luce emessa dai LED che arriva al fotoresistore il quale a sua volta dar`a una misura in tensione in proporzione alla quantit`a di luce riflessa.

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3.2. IL SENSORE DI COLORE

Ovviamente anche il sensore di colore `e stato realizzato su scheda e la sua realizzazione `e la seguente:

Figura 3.4: Realizzazione del nastro trasportatore

Al centro `e ben visibile il fotoresistore che ricever`a la luce riflessa dal pezzo e ai lati sono posti i tre LED di colore rosso, verde e blu. Come specificato precedentemente, i LED sono avvolti da una guaina termorestringente per evitare che la luce emessa dai LED stessi vada ad influenzare la lettura di tensione sul fotoresistore causando cos`覺 una lettura falsata della quantit`a di luce riflessa.

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

3.3

La scheda elettronica

La scheda elettronica (PCB) che contiene tutti i componenti elettronici, dal microcontrollore ai regolatori di tensione, `e stata realizzata dapprima con un software di CAD e successivamente realizzata fisicamente in modo autonomo. Al posto del software di CAD utilizzato nel percorso di studio, `e stato utilizzato il programma EAGLE CAD della CadSoft che risulta pi` u versatile, veloce, immediato e non meno potente. Lo schema elettrico `e stato diviso in tre moduli: modulo di controllo, modulo barriera e modulo sensore. I singoli moduli interagiranno tra loro per mezzo di connessioni su cavo. Quello pi` u importante `e senz’altro il modulo di controllo che contiene il microcontrollore, la sezione di alimentazione e tutti i connettori per accogliere le altre schede. Lo schema elettrico `e il seguente:

Figura 3.5: Schema elettrico del modulo di controllo

Come `e visibile in figura 3.5, in alto `e presente la sezione di regolazione di tensione a 12V per il motore del nastro e a 5V per alimentare il resto del circuito, compreso il PIC. Sulla sinistra sono presenti i pulsanti S1 e S2: il primo commuta il livello logico da 1 a 0 sul piedino M CLR (Master Clear Reset) e viene usato per resettare il PIC e far ricominciare da capo il suo programma, il secondo `e utilizzato per entrare nella modalit`a di Bootloader1 ovvero nella programmazione diretta su cavo USB senza far utilizzo di un apposito programmatore. E’ inoltre presente il quarzo da 20M hz per il clock del microcontrollore. Sulla destra e al centro sono presenti i vari connettori: JP1 per l’ICSP (In Circuit Serial Programming, ovvero la programmazione del PIC sulla scheda in cui `e montato, senza che esso 1 Il bootloader ` e essenzialmente un codice all’interno del microcontrollore che permette di caricare nuovo codice “utente” o di “applicazione” senza staccare e/o collegare un programmatore esterno alla scheda, come normalmente avviene nella fase di programmazione di un microcontrollore.

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3.3. LA SCHEDA ELETTRONICA

vengo tolto dalla scheda stessa), JP6 per il modulo della barriera infrarossi, JP3 per i due pulsanti di MARCIA e ARRESTO e JP5 per il servocomando che si occuper`a di smistare il pezzo. E’ presente il connettore USB di tipo B che permette la comunicazione con il computer. In basso sono visibili il transistor T1 che piloter`a direttamente un motore in corrente continua di piccole dimensioni, un secondo transistor T2 accende un LED all’attivazione della marcia del motore. Il connettore JP2 permette il collegamento con il modulo sensore. Tuttavia, prima di realizzare le schede, sono stati effettuati dei test di funzionamento su basette sperimentali o anche dette breadboard. Le connessioni risultano pi` u facili e veloci ed `e quindi possibile modificare velocemente il circuito per risolvere problemi o migliorarne il funzionamento. Infatti lo schema precedentemente esposto `e stato sviluppato non solo dall’idea di principio ma anche da varie modifiche apportate al circuito in fase di test.

Figura 3.6: Circuito di test realizzato su breadboard

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

Dopo le varie modifiche al circuito di test si `e arrivato al circuito definitivo che `e stato realizzato poi su scheda. Attraverso il programma di CAD EAGLE, si `e sviluppato il master che sar`a poi trasferito su scheda. Di seguito le due realizzazioni su software CAD rispettivamente del layout componenti e layout componenti e rame.

Figura 3.7: Layout componenti della scheda del modulo di controllo

Figura 3.8: Layout componenti e layout rame della scheda del modulo di controllo

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3.3. LA SCHEDA ELETTRONICA

Quindi la realizzazione della scheda su basetta:

Figura 3.9: Realizzazione della scheda del modulo di controllo

3.3.1

Realizzazione delle schede

Il processo di realizzazione delle basette `e un po’ elaborioso. Si parte ovviamente dalla realizzazione del master tramite un software di CAD qualsiasi. Si passa poi “all’impressionamento” del master sulla basetta attraverso l’utilizzo di un macchinario chiamato bromografo. Il bromografo `e essenzialmente un dispositivo che emette luce ultravioletta. Le basette utilizzate sono del tipo presensibilizzate e sono sensibili alle radiazioni luminose, soprattutto quelle ultravio´ sandwich), lette. Creando degli strati tra lampade ultraviolette, vetro, master e basetta ( a modi la parte sensibili alla luce si impressiona con le piste di rame realizzate sul master.

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

Figura 3.10: Vista degli strati per l’impressione della basetta tramite bromografo

Dopo la fase di impressionamento si passa allo sviluppo e all’incisione della basetta stessa. Lo sviluppo serve a eliminare dalla scheda le parti di photoresist (sostanza chimica che indurisce e cede dalla basetta se colpita dalla luce) che sono state colpite dalla luce (le piste sono nere e non lasciano passare la luce delle lampade, quindi la basetta non `e colpita dalla luce nei punti in cui `e presente una pista) e che si sono appunto indurite. Lo sviluppo si effettua immergendo la scheda in una soluzione di acqua calda e soda caustica. L’ultima operazione `e l’incisione ovvero l’eliminazione dello strato di rame dalla basetta nei punti in cui il photoresist `e stato eliminato e quindi nei punti in cui non sono presenti delle piste. L’incisione avviene anch’essa tramite soluzione ma questa volta tra due sostanze diverse: l’acido cloridrico e l’acqua ossigenata.

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3.4. CIRCUITO PER IL RILEVATORE OTTICO

3.4

Circuito per il rilevatore ottico

Sul nastro trasportatore `e presente un rilevatore ottico che viene utilizzato per rilevare la presenza del pezzo sulla posizione di scansione, quando quest’ultimo si interpone sul fascio di luce infrarossa prodotta da un LED emettitore. Un fotodiodo sar`a in linea con il fascio luminoso e quando il fascio viene interrotto, un segnale informer`a il sistema che il pezzo `e in posizione. La rappresentazione del rilevatore ottico `e la seguente:

Figura 3.11: Rappresentazione grafica del rilevatore ottico

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

Questo `e lo schema elettrico:

Figura 3.12: Schema elettrico del modulo della barriera infrarossi

In figura 3.3 `e presente lo schema elettrico. Il cuore del circuito `e l’integrato NE567, un decodificatore di tono, che nello schema `e utilizzato per confrontare la frequenza del segnale di ingresso con la frequenza del segnale prodotto da un VCO al suo interno. Quando le due frequenze sono uguali la sua uscita `e bassa, viceversa sar`a alta. La parte trasmettitore invia dei raggi infrarossi verso il ricevitore: quando fra i due non vi `e alcun ostacolo la radiazione giunge al ricevitore il quale, attraverso l’aggangio del PLL, produce un livello di tensione basso. Si notano l’emettitore TX (LED1) e il fotodiodo ricevitore D1. L’uscita `e prelevabile dal piedino 8 dell’integrato ed `e stato inserito un connettore per permettere il collegamento su JP6 della scheda di controllo. E’ presente anche un LED (LED2) che segnala lo stato della barriera (libera =ACCESO, interrotta = SPENTO). La scelta di un sistema a raggi infrarossi serve ad escludere l’influenza della luce visibile sul fotodiodo. Tuttavia occorre tener presente che nell’ambiente vi `e sempre della radiazione infrarossa di valore costante a cui se ne pu` o aggiungere una che varia alla frequenza di 50 Hz in caso di illuminazione elettrica. Per questo motivo `e necessario che il trasmettitore invii una radiazione la cui intensit` a varia impulsivamente con frequenza di qualche kHz, consentendo al circuito del ricevitore di filtrarla escludendo quella proveniente dall’ambiente. La frequenza degli impulsi inviati dal trasmettitore `e data dalla formula:

Fo =

1.1 R1 · C1

Per cui, scelto R1 = 10 kOhm e C1 = 41 nF (serie tra 330 nF e 47 nF) si avr`a:

Fo =

1.1 1.1 = = 2682Hz 10 · 103 · 41 · 10−9 41 · 10−4

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3.4. CIRCUITO PER IL RILEVATORE OTTICO

Come per il modulo di controllo, `e stata realizzata la scheda anche per il modulo della barriera ad infrarossi. Le consuete realizzazioni attraverso il software di CAD:

Figura 3.13: Layout componenti della scheda del rilevatore ottico

Figura 3.14: Layout componenti e layout rame della scheda del rilevatore ottico

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

Quindi la realizzazione su scheda:

Figura 3.15: Realizzazione della scheda del rilevatore ottico

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3.5. IL PONTE H

3.5

Il ponte H

Il ponte H `e un particolare circuito elettronico che permette il controllo di carichi (prevalentemente induttivi come i motori) attraverso una quaterna di switch. Esso `e chiamato ponte H per via della sua struttura circuitale. Infatti il carico viene pilotato al centro di due rami, formando cos`ı un’ipotetica H. In circuiti automatici gli switch sono prevalentemente transistor BJT, MOSFET, IGBT. Il ponte H permette la rotazione dell’asse del motore in due direzioni. Inoltre sono controllabili anche velocit` a e abilitazione del motore stesso. Una classica e sintetica rappresentazioe del ponte H:

Figura 3.16: Schema sintetico del Ponte H

Si pu` o notare la somiglianza alla “H” per via del motore inserito tra i due rami. Attraverso gli switch S1, S2, S3, S4 `e possibile controllare non solo la direzione di rotazione del motore, ma anche la sua velocit` a effettiva, pilotando gli pseudo-interruttori con un segnale PWM. La rotazione del motore in un senso o nell’altro, la sua frenata oppure la sua rotazione libera avvengono solo attivando opportunamente gli switch nel modo giusto. Le immagini seguenti illustrano rispettivamente la rotazione verso destra e la rotazione verso sinistra attivando e disattivando i relativi switch:

Figura 3.17: Attivando S1 e S4 il motore gira in senso orario

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

Figura 3.18: Attivando S2 e S3 il motore in senso antiorario

La seguente tabella illustra l’azione del motore a seconda dello stato degli switch (1 = CHIUSO, 0 = APERTO): S1 1 0 0 0 1

S2 0 1 0 1 0

S3 0 1 0 0 1

S4 1 0 0 1 0

Azione Rotazione a destra Rotazione a sinistra Motore libero Motore frenato Motore frenato

Una condizione non deve assolutamente verificarsi, ovvero la conduzione degli switch sullo stesso ramo. Infatti se ci` o accadesse, tutta la corrente che il generatore pu`o erogare scorrerebbe direttamente tra V+ e GND, questo causerebbe un corto circuito e in periodi lunghi comporterebbe il danneggiamento o la distruzione del generatore.

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3.5. IL PONTE H

3.5.1

Il ponte H integrato

Un’altra versione del ponte H `e quella integrata. Ovvero utilizzare un integrato che realizzi la stessa funzione del ponte H a transistor. Un integrato che realizza il ponte H `e il L293B. Esso `e un driver che pu` o pilotare fino a 4 uscite in push-pull e quindi fino a 2 motori con assorbimento massimo di 1A. Il L293B permette il cambio di direzione e inoltre presenta un piedino EN (Enable) per attivare o disattivare il motore. Questo piedino per`o pu`o essere pilotato in PWM per variare la velocit` a del motore. Infatti nel nastro trasportatore verr`a utilizzato questo sistema per avviare il motore in modo soft e non bruscamente. L’arresto invece sar`a immediato. La piedinatura dell’integrato `e mostrata in figura:

Figura 3.19: Pin-out dell’integrato L293B

Si notano i due piedini di INPUT (1 e 2, rispettivamente pin 2 e 7) e i due piedini di OUTPUT (1 e 2, rispettivamente pin 3 e 6) per il controllo del primo canale motore. Il piedino 1 ovvero quello di ENABLE verr` a utilizzato come controllo di velocit`a. Ovviamente sono presenti l’alimentazione per la parte logica (VSS e GND) e in pi` u `e presente il piedino su cui verr`a applicata la tensione di alimentazione del motore (Vs) che secondo il datasheet pu`o arrivare ad un massimo di 36V. Per il sistema verr` a utilizzato solo un canale motore, quello della parte “sinistra”.

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

Quindi lo schema elettrico del modulo di controllo del motore:

Figura 3.20: Schema elettrico del ponte H con integrato L293B

La cosa particolare del circuito `e l’utilizzo dei diodi collegati al motore. Essendo il motore pilotato in PWM con una frequenza di circa 20 kHz, il transitorio tra motore attivato e motore disattivato creerebbe delle tensioni indotte sugli avvolgimenti del motore che distruggerebbero i transistor interni al L293B. Questi diodi (che devono essere del tipo veloce come gli Shottky e quindi sono stati utilizzati dei ZPMR856) quindi sopprimono queste tensioni, garantendo la protezione del circuito interno dell’integrato. Al centro di questi diodi `e presente il connettore JP2 a due poli per consentire il collegamento del motore alla scheda. Il connettore JP1 permette il collegamento e lo scollegamento veloce della scheda sul modulo di controllo a microcontrollore con il connettore JP4 . Esso ha la seguente piedinatura: Pin 1 2 3 4 5 6

Descrizione Vcc (Alimentazione logica a 5V) GND (Massa comune della scheda) Vs (tensione di alimentazione motore) EN (Segnale di ENABLE dei motori) INPUT 1 (Segnale di direzione) INPUT 2 (Segnale di direzione)

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3.5. IL PONTE H

Il PCB e la disposizione dei componenti `e il seguente:

Figura 3.21: Lato componenti

Mentre il lato rame per la realizzazione del master:

Figura 3.22: Lato rame (MASTER) del PCB in scala 1:1

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CAPITOLO 3. L’ELETTRONICA DI CONTROLLO

E la sua realizzazione su scheda:

Figura 3.23: Realizzazione della scheda del ponte H

Si notano i grandi diodi Shottky e al centro l’integrato L293B.

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Capitolo 4

Il software Il software che si occupa di eseguire tutti i vari processi `e diviso in due categorie: quello di controllo e quello di monitoraggio. Il primo risiede nella memoria del microcontrollore ed `e adibito al controllo del nastro, del sensore e dello smistatore. Il secondo `e eseguito sul PC e comunica con la scheda elettronica attraverso l’USB. Esso `e utilizzato come monitoraggio dei pezzi smistati e come strumento di calibrazione del sensore di colore. I due programmi sono stati sviluppati con due differenti linguaggi di programmazione, relativamente, C e Visual Basic .NET. Data la complessit` a della gestione del protocollo USB nel linguaggio Assembly e vista l’esperienza maturata nel linguaggio C, si `e scelto di utilizzare quest’ultimo per sviluppare il firmware che poi verr` a eseguito dal PIC. Il C `e il linguaggio ad alto livello pi` u performante al giorno d’oggi. Velocit`a e rendimento sono ineguagliabili dagli altri linguaggi conosciuti fino ad ora. Non a caso `e utilizzato nei sistemi di telecomunicazione, nei processi industriali e in sistemi real-time. Un’altro fattore che ha influenzato molto la scelta del C come linguaggio del firmware `e stata la possibilit`a di avere delle librerie gi` a pronte per la comunicazione USB. Le librerie sono state scritte dalla Microchip stessa e chiaramente un lavoro del genere non sarebbe potuto essere realizzato con il solo lavoro del sottoscritto.

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CAPITOLO 4. IL SOFTWARE

4.1

Firmware del microcontrollore

Il firmware che verr` a eseguito dal microcontrollore pu`o essere sintetizzato attraverso il seguente flow-chart:

Figura 4.1: Flow Chart del software

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4.1. FIRMWARE DEL MICROCONTROLLORE

Il flowchart `e abbastanza intuibile: Dopo l’accensione del sistema, c’`e la prima fase di inizializzazione: vengono dichiarate le variabili utilizzate e impostati i registri delle periferiche hardware/software. Successivamente alla fase di inizializzazione, segue la fase di check dello START del sistema. Se il pulsante START `e premuto, allora il nastro trasportatore verr`a avviato altrimenti si torna a controllare lo stato del pulsante START. Quando il nastro trasportatore `e avviato e un pezzo `e arrivato in posizione (barriera infrarossi interrotta), il sistema ferma il motore del nastro trasportatore. Da qui si esegue la fase di scannerizzazione del colore del pezzo. Terminata la scansione, si inviano i dati al PC. Il software di monitoraggio memorizzer`a il tipo di pezzo smistato e il numero di pezzi fino a quel punto scannerizzati. Dopo la scansione e l’invio dei dati, si passa alla fase di smistamento. Il pezzo viene fatto cadere sullo smistatore che provveder`a a direzionarlo nella categoria di colore esatta. Pi` u a sinistra, c’`e il blocco di interrupt1 che `e esterno al normale flusso del programma. Il pulsante di STOP agisce sotto interrupt per cui quando esso `e premuto, il PIC salta alle routine di interrupt che in questo caso fermano immediatamente il sistema e segnalano l’arresto al software di monitoraggio.

1 L’interrupt ` e un segnale asincrono che indica il ’bisogno di attenzione’ da parte di una periferica finalizzata ad una particolare richiesta di servizio, un evento sincrono che consente l’interruzione di un processo qualora si verifichino determinate condizioni (gestione dei processi) oppure pi` u in generale una particolare richiesta al sistema operativo da parte di un processo in esecuzione.

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CAPITOLO 4. IL SOFTWARE

Il flow-chart precedente era del tipo sintetico. Alcune funzioni come l’acquisizione del colore e dell’elaborazione possono essere descritte nel dettaglio. I seguenti flow-chart fanno riferimento al blocco di Acquisizione colore. Il primo, quello sequenziale:

Figura 4.2: Flow-chart sintetico dell’acquisizione colore Il microcontrollore acquisisce il valore di tensione generato dal fotoresistore in funzione della riflessione emessa dall’oggetto scansionato per tutti e tre i colori RGB. Vengono prelevati in sequenza i valori della riflessione in funzione dell’irradiazione con luce rossa, verde ed infine blu.

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4.1. FIRMWARE DEL MICROCONTROLLORE

Di seguito invece `e riportato il secondo flow-chart relativo all’acquisizione del singolo blocco di acquisizione del valore di tensione:

Figura 4.3: Flow-chart dell’acquisizione del singolo valore di riflessione

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CAPITOLO 4. IL SOFTWARE

Dal flow-chart `e possibile generare un diagramma dei tempi che rappresenta un ciclo di funzionamento per lo smistamento di un pezzo. Il diagramma:

Figura 4.4: Diagramma dei tempi del sistema di smistamento Dove: • START `e il pulsante di marcia del motore e avvio dell’intero sistema; • STOP `e il pulsante di arresto del motore e disattivazione dell’intero sistema; • FO `e il rilevatore ottico che segnala l’arrivo del pezzo sulla posizione di scansione; • MOTORE `e l’output che gestisce l’avvio e l’arresto del motore del nastro trasportatore; • SENS. `e l’uscita (rappresentato come segnale discreto ma in realt`a `e la gestione del modulo sensore) che acquisisce il colore del pezzo; • SMIST. `e l’uscita (rappresentato come segnale discreto ma in realt`a `e la gestione di un servocomando) che comanda lo smistatore.

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4.1. FIRMWARE DEL MICROCONTROLLORE

4.1.1

MPLAB - Ambiente di sviluppo per il PIC

Per quanto riguarda lo sviluppo del firmware del PIC, si fa uso dell’ambiente di sviluppo fornito dalla stessa Microchip, ovvero MPLAB IDE. Questo IDE (Integrated Development Environment) permette lo sviluppo di applicazioni con svariati linguaggi di programmazione partendo dall’assembly, passando per il C e arrivando al BASIC. Tuttavia per ogni linguaggio `e necessario avere l’apposito compilatore che possono essere di terze parti, a pagamento o gratuiti. Come gi`a descritto, il linguaggio utilizzato per il progetto `e il C ed il compilatore usato `e il C18, realizzato dalla Microchip e completamente compatibile con l’IDE. Esso `e stato scelto poich`e esso `e compatibile con le famiglie di PIC 18F. Il software si presenta cos`ı:

Figura 4.5: Schermata dell’ambiente di sviluppo MPLAB IDE Per chi ha avuto a che fare con altri ambienti di sviluppo (anche non per microcontrollori) si renderebbe conto della sua immediatezza di utilizzo. Per questo l’ambiente non viene descritto nei dettagli essendo una parte relativamente non molto importante ai fini dell’esposizione del testo.

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CAPITOLO 4. IL SOFTWARE

4.2

Il protocollo USB

Il protocollo USB (acronimo di Universal Serial Bus) consente di collegare pi` u dispositivi contemporaneamente ad un computer. E’ la pi` u comune interfaccia Plug And Play per l’inserimento della periferica senza riavviare il computer. E’ molto utilizzata in campo multimediale poich`e permette una velocit` a di comunicazione di circa 60 Mbyte/s. Il protocollo USB pu`o essere pi` u facilmente compreso attraverso l’illustrazione seguente:

Figura 4.6: Illustrazione di un BUS USB

Si nota come al centro di tutto c’`e il sistema o Host e come da esso partono tutti i collegamenti per i vari dispositivi come mouse, stampanti, pennette USB etc. Inoltre si nota un blocco denominato Hub: un HUB `e un dispositivo con pi` u ingressi ed una sola uscita e permette quindi il collegamento di pi` u dispositivi USB utilizzando una sola porta USB dell’Host. E’ paragonabile ad un multiplexer. Seguendo la legenda, i rettangoli tratteggiati riguardano i dispositivi cosiddetti compositi (Compound). Essi sono dispositivi esterni (quindi non si tratta di Host/Root Hub) che intregrano al loro interno pi` u dispositivi USB. Ad esempio si faccia riferimento al riquadro tratteggiato pi` u in basso a sfondo celeste: si tratta di un dispositivo che integra una tastiera e un mouse che fungono da dispositivi indipendenti ma che sono fisicamente tutt’uno. Secondo lo schema, sono collegati all’Host mediante un Hub. Per via della sua complessit` a dal punto di vista pratico, il protocollo USB non viene in questa sede descritto nei dettagli.

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4.3. SOFTWARE DI MONITORAGGIO

4.3

Software di monitoraggio

Il software di monitoraggio si occupa di monitorare appunto, i singoli processi che avvengono durante il funzionamento del sistema. Permette di visualizzare la fase che in quel momento si sta svolgendo, tiene memoria dei pezzi smistati e il numero di pezzi smistati per ogni colore. Inoltre fornisce un log dei processi eseguiti. Esso `e stato sviluppato in Visual Basic .NET 2010, linguaggio scelto per l’esperienza maturata in diversi anni di utilizzo e soprattutto per la compatibilit`a con la libreria mcHID.dll utilizzata per la connessione USB. Il software si presenta cos`ı:

Figura 4.7: Schermata del software di monitoraggio

Sulla finestra del software appaiono i due pulsanti di MARCIA e ARRESTO (presenti anche sul nastro trasportatore), al centro il riquadro che visualizzer`a per ogni scansione del pezzo il suo colore, in alto a destra sono presenti i dati che registrano il numero di pezzi smistati e il numero per ogni colore. In basso a sinistra `e presente una barra graduata. Essa rappresenta la tonalit`a di un colore e parte da 0 ◦ per il rosso, passa per il verde a 120 ◦ e per il blu a 240 ◦ per poi tornare al rosso a 360 ◦ . E’ possibile calcolare l’HUE partendo dai valori in RGB prelevati dal sensore di colore. Cos`ı per lo smistamento `e possibile lavorare sul singolo valore di HUE invece di utilizzare i tre dati R, G e B. Per differenziare i vari colori, si creano dei range di valori per i pezzi di colore rosso, verde e blu. Se il valore di HUE rientra nel range di un determinato colore, esso `e associato a quella categoria di colori. Ad esempio definisco per il colore verde un range che va tra i 100 ◦ e i 140 ◦ : se il software acquisisce un valore HUE di 132 ◦ allora il pezzo sar`a smistato nella categoria dei pezzi verdi. Viceversa, se il software acquisisce un valore HUE di 147 ◦ , il pezzo non sar`a riconosciuto come verde (e neanche rosso o blu) e verr` a smistato nella categoria dei colori non riconosciuti. Sul software appare anche un sistema di log che registra le operazioni per ogni singolo pezzo.

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CAPITOLO 4. IL SOFTWARE

Il flow-chart per il software di monitoraggio risulta pi` u complesso del firmware del microcontrollore poich`e dovr` a gestire pi` u decisioni ed elaborare elevate quantit`a di dati. Di seguito il flow-chart.

Figura 4.8: Flow-chart del software di monitoraggio

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Conclusione Nel complesso il sistema di smistamento automatico realizzato pu`o essere definito stabile e sicuro ai fini del funzionamento. Il sistema riconosce i pezzi di colore diversi e li smista nelle relative categorie con una affidabilit` a del 85% circa. Un’autocritica da fare per` o riguarda il materiale di costruzione utilizzato. E’ stato scelto il legno per facilit` a di lavorazione e anche se lavorandolo con delicatezza non pu`o essere paragonato all’efficienza di materiali metallici come l’alluminio. Quest’ultimo `e stato scartato come materiale perch`e poco lavorabile con gli strumenti che avevo a disposizione a casa. Per la massima precisione era necessario un progetto digitale e macchinari a controllo numerico (CNC) fuori dalla mia personale portata. Mi sento soddisfatto della realizzazione perch`e tutto `e iniziato da un’idea di principio di macchina automatica e gli obbiettivi prefissati sono stati raggiunti con successo, senza ovviamente nascondere le difficolt` a incontrate.

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Indice analitico Automazione, 7 Fotoresistore, 21 Interrupt, 41 Led, 21 Microcontrollore, 17 MPLAB, 45 Nastro trasportatore, 10 Plug And Play, 46 Processi produttivi, 7 Sensore, 21 Software, 39 USB, 46 Visual Basic, 47

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