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L’ordine dell’Edera Velenosa

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Brent Hartinger

The Order of the Poison Oak L’ordine dell’Edera Velenosa

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A LAURA SOUTH-ORYSHCHYN Una fra i membri fondatori dell’Ordine dell’Edera Velenosa

E MICHAEL JENSEN Che nomino membro a vita

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Capitolo Uno

ERO CIRCONDATO DALLE FIAMME. Il fuoco sibilava e scoppiettava, e il calore mi bruciava la pelle. Volevo scappare, ma non c’era scampo. Ero in trappola. In qualsiasi direzione fossi andato, ovunque mi fossi girato, le fiamme mi avrebbero inghiottito. Poi sentii il suonò della campanella della scuola, e gli studenti intorno a me cominciarono ad uscire dalle classi. Mi trovavo in piedi nel corridoio del liceo Robert L. Goodkind, poco prima dell’inizio delle lezioni. Ed ero circondato dalle fiamme, si, ma non del tipo che pensate. No, le fiamme che mi minacciavano erano quelle dell’odio e del sospetto che ardevano negli occhi dei miei compagni. Perché pensavo che il corridoio della mia scuola fosse il centro di un incendio, e perché lo sguardo negli occhi dei miei compagni somigliava al fuoco dell’inferno? La risposta è semplice: nella prima parte dell’anno, io e alcuni amici avevamo fondato l’Associazione Gay Etero Bisessuali del Liceo Goodkind. E adesso tutta la scuola sapeva che ero gay. Okay, forse ero un po’ troppo melodrammatico a voler descrivere la scuola in fiamme. Ma tutto quello che sapevo era che da quando ero venuto allo scoperto, il mio liceo era improvvisamente diventato un posto molto pericoloso – e avevo un armadietto deturpato e diverse mail anonime a dimostrarlo. «Muoviti, frocio,» sibilò Nate Klane passando vicino a me. Vedete? Questa era esattamente il genere di cose di cui parlo. Avevo a che fare con questa merda da quando avevamo reso pubblica l’esistenza dell’Associazione, e francamente iniziavo ad essere un po’ stanco. Lo so “pietre e bastoni possono romperti le ossa, ma le parole 4 simoneturnerstories.tumblr.com


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non possono farti male”. Prima di tutto, chi diceva che le parole non potevano far male evidentemente non aveva mai frequentato Educazione Fisica il secondo anno. E in secondo luogo, a chi aveva scritto questo adagio non era mai venuto in mente che le offese avrebbero potuto essere solo un antipasto delle pietre e i bastoni che stavano per arrivare? Non è che le due cose si escludessero automaticamente a vicenda. Voglio dire, c’era mai stato un caso di bastonate e sassate che non avessero coinvolto anche parole e insulti? Tutto quello che potevo dire era che l’autore del proverbio sembrava essere dannatamente indifferente al pericolo di avere le ossa rotte. Parliamoci chiaro, essere apertamente gay a sedici anni faceva davvero, davvero schifo. (E se state pensando: Bene, allora, perché uscire allo scoperto? Non è che essere gay e velato a sedici anni fosse tutto rose e fiori.) Ma visto che questo è solo il primo capitolo del libro, non posso essere solo e soltanto negativo e pessimista o smetterete di leggere (non sto puntando il dito – anche io odio quel genere di libri). Quindi parlerò dell’unica cosa positiva in questo momento. Mancavano solo quattro settimane alle vacanze estive.

Quella mattina, durante una pausa fra le lezioni, incontrai il mio amico Gunnar vicino al suo armadietto. Stava annusando l’aria. «Hey,» lo salutai. «Lo senti?» Mi chiese. Provai ad annusare l’aria. «Sono le scarpe da ginnastica di Jerry Mason.» «Non quello.» «Cosa pensi di sentire?» «Aspergillus flavus.» Avevo paura di chiedergli cos’era. 5 simoneturnerstories.tumblr.com


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«È una muffa tossica,» mi anticipò Gunnar. «Penso che la scuola sia infestata.» Vado dritto al punto, il mio amico Gunnar era un tipo strano. E il fatto che fosse ipocondriaco era solo l’ultima delle sue stranezze. Ma era anche intelligente e geniale, un ragazzo tutto sommato eccezionale. Un esempio: Non era gay, ma aveva aderito all’Associazione Gay Etero Bisex per lealtà nei miei confronti. «Hai mai sentito parlare della maledizione del faraone Tutankhamon?» Mi chiese Gunnar. Scossi la testa. «In pratica, nel periodo successivo a cui venne aperta la sua tomba, quasi tutti quelli della spedizione morirono. La gente disse che era a causa della maledizione della mummia. Ma ora si ipotizza che accadde perché rimasero esposti all’aspergillus flavus quando la aprirono.» Per quanto volessi bene a Gunnar, non ero interessato alle muffe tossiche – anche se il collegamento con la mummia era una figata. Quindi decisi di cambiare argomento. «Sei felice che arrivi l’estate?» Gli chiesi. «Oh, da morire…» C’era una nota stanca nella sua voce che mi sorprese, anche se non avrebbe dovuto. Da quando Gunnar era entrato nell’Associazione, aveva dovuto sopportare la stessa merda che era toccata a me. Solo che nel suo caso, era anche peggio. Più di ogni altra cosa, Gunnar voleva avere una fidanzata. Ne aveva cercata una per anni, ma non l’aveva mai trovata. (Essere eccentrici non è un vantaggio quando si cerca una ragazza, ed essere intelligente e creativo non da molti punti.) E ora, grazie all’Associazione Gay Etero Bisex, tutti pensavano che fosse gay. Avevamo cercato di spiegare che lui non era gay – Associazione Gay ETERO Bisex, capito? – Ma nessuno ci aveva creduto. Quindi l’unica cosa che desiderava – una fidanzata – era anche l’unica che non poteva avere. Non finché sarebbe stato uno studente del Liceo Goodkind comunque.

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«Hey,» dissi. «Ci sarà una passeggiata ecologica la prima settimana di giugno. Ci iscriviamo?» L’estate scorsa, ci eravamo offerti volontari per la passeggiata e avevamo conosciuto alcune ragazze. A me ovviamente non interessava e la cosa non era andata avanti e purtroppo neanche per Gunnar. Ma probabilmente ci sarebbero state nuove ragazze quest’anno. Immaginai che aiutarlo a trovare una fidanzata fosse il minimo che potevo fare, visto che si era unito all’Associazione per me. Con mia grande sorpresa Gunnar scosse la testa «Nah.» disse. Forse aveva dimenticato cosa era successo durante l’altra passeggiata. «Ricordi l’anno scorso? C’erano quelle ragazze…» Lui annuii. «Mi ricordo.» «Non venivano a scuola qui. E ce ne saranno altre quest’anno.» In altre parole, non sarebbero state convinte che Gunnar fosse gay. «Non è per quello,» disse. «Non sono interessato.» «Alla passeggiata ecologica?» «Alle ragazze.» Mi servì un secondo per realizzare. A Gunnar non interessavano più le ragazze? Non aveva senso. Era come parlare di un’ape diabetica. «Gunnar? Cos’hai?» Si appoggiò all’armadietto. «Sono stanco, Russ.» Il mio nome è Russel Middlebrook, ma Gunnar mi chiamava sempre Russ. «Ogni volta che mi piace una ragazza finisco sempre per dire o fare la cosa sbagliata. Sono stanco di mettermi in imbarazzo, e sono stanco di essere rifiutato.» Non volevo infierire, ma non stava esagerando. In qualche modo riusciva sempre a mettersi in imbarazzo davanti a una ragazza. E questo succedeva anche prima di entrare nell’Associazione. «Quindi, cosa vuoi dire?» Gli chiesi. 7 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Sto dicendo che ci do un taglio con le ragazze.» Lo guardai come se mi avesse detto che avrebbe smesso di usare i pantaloni. O che avrebbe rinunciato all’ossigeno. «Non è per sempre,» disse. «Ci ho provato troppo. Ho deciso di prendermi una pausa.» Annuii, cercando di essere di supporto. Da un certo punto di vista, la cosa aveva senso. Ma da quando in qua la gente aveva iniziato a fare la cosa più logica? «E comunque,» continuò Gunnar. «Forse ho trovato un lavoro estivo.» «Non scherzare, dove?» «Al Campo Serenità. È un campo estivo in montagna. Farò l’istruttore.» Lo fissai accigliato. «E quando me lo avresti detto esattamente?» Eravamo migliori amici. E lui se ne voleva andare, lasciandomi da solo per tutta l’estate. «Dammi tregua,» rispose Gunnar. «L’ho saputo solo ieri sera. Devo ancora fare domanda, ma il direttore è un amico di mio padre, e dice che sono disperati.» Mentre Gunnar parlava, pensai a me stesso - Sulle montagne? Lontano da chiunque sapeva che ero gay? «E io?» Chiesi. «Pensi che prenderebbero anche me?» Gunnar mi sorrise. «Speravo che me l’avresti chiesto!»

Morivo dalla voglia di raccontare tutto all’altra mia migliore amica, Min. Dovevo assolutamente parlarle dei nostri piani per l’estate. Lei, Gunnar e io eravamo grandi amici, e l’unica cosa migliore di me e lui in montagna per l’estate era che anche Min si unisse a noi. Anche Min era un membro dell’Associazione Gay Etero Bisessuali, solo che lei aveva 8 simoneturnerstories.tumblr.com


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avuto più di una ragione per unirsi al gruppo, oltre alla lealtà verso di me. Lei è bisessuale. È anche asiatica, che non centra niente, e anzi sembra razzista puntualizzarlo in questo modo. Ma il suo nome aveva bisogno di una spiegazione. La incontrai nel corridoio mentre andavo a pranzo. Però prima che iniziassi a parlare, lei indicò un ragazzo di fronte a noi «Tim Noll è cosi arrapante! Adoro il suo taglio di capelli.» «Min!» La richiamai. Più che altro per farle abbassare la voce. «Oh, andiamo, non dirmi che non lo hai notato.» Non l’avevo notato. Da quando avevo fatto coming out avevo promesso a me stesso di non guardare nessun ragazzo. Quando tutta la scuola sa che sei gay, l’ultima cosa che vuoi è che qualcuno si accorga che stai guardando un altro ragazzo e non ero riuscito a trovare un modo migliore per evitare i bastoni e le pietre di cui ho già parlato. «Min,» dissi, cambiando argomento. «Gunnar ha avuto un’idea su cosa possiamo fare questa estate.» Lei mi ignorò. «Oppure Jason Gelrecht. Si è fatto sbiancare i denti con il laser, sai? Non che perda tempo a guardargli i suoi denti.» Da quando io e Min ci eravamo dichiarati, lei trovava sempre una scusa per parlare di bei ragazzi con il suo migliore amico gay, soprattutto quando eravamo in pubblico. Ma non pensavo che fosse perché le interessavano davvero. Più che altro era il suo modo di dimostrare che non le importava quello che gli altri pensavano di lei. Però la cosa mi metteva a disagio, e credo che il suo piano comprendesse anche questo. Min era una dei miei due migliori amici, ma tendeva ad essere un po’ competitiva. E in un certo senso, tutto quel parlare di bei ragazzi era una sfida nei miei confronti, come a dire: Puoi essere più coraggioso di me? (So che questo la potrebbe far sembrare un po’ stronza. Ma era comunque interessante stare con lei, e spesso mi aveva spinto a fare cose giuste che altrimenti non avrei avuto il coraggio di fare.)

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«Min,» la interruppi. «Parlo sul serio. Questo amico del padre di Gunnar gestisce un campo estivo, e…» «O Jarred Gasner,» continuò imperterrita. «Anche se è un po’ stereotipato, tipo Re del Ballo o roba simile. Scommetto che lo hai visto sotto la doccia, non è vero? Com’è nudo?» Min e io stavamo parlando, ma sicuramente non comunicavamo. Quindi decisi di passare al contrattacco. «Sai chi penso sia arrappante?» Dissi. «Chi?» Chiese Min. Almeno avevo ottenuto la sua attenzione. «Jennifer Nance.» Min è Bisessuale, ma non parlava mai delle ragazze che trovava carine, il che mi sembrò molto interessante. Sorrise. «Oh, Touché! Mi chiedevo quanto ci avresti messo a capire il trucco.» Una cosa che apprezzavo davvero di Min: era intelligente, anche più di Gunnar. Afferrava le cose al volo, e mi teneva sempre allerta. «Ehi, comunque possiamo parlare di ragazze, se vuoi! Penso che Amy Mandrake abbia un gran bel sederino.» Mi arresi. Aveva vinto un altro round, anche se aveva usato una parola come “sederino”. Però lei aveva un vantaggio. Era una ragazza, e le ragazze di solito non dovevano preoccuparsi di pietre e bastoni. «Ascoltami solo per un secondo,» la pregai. «Gunnar sta facendo domanda per diventare istruttore in un campo estivo, e lui…» «Ci sto.» Disse interrompendomi. «Cosa?» «Verrò con voi. Voglio lavorare al campo.» Sapevo che afferrava le cose al volo, ma non credevo fino a questo punto! Vedendo l’espressione stupita sul mio viso ricominciò a ridere. «Scusa, Gunnar mi aveva già detto tutto a biologia.» 10 simoneturnerstories.tumblr.com


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Anche se si era presa gioco di me, ero felice. Stavo per passare l’estate in un posto chiamato Campo Serenità con i miei due migliori amici. Ero certo che sarebbero stati due mesi di pace, calma e riposo e assolutamente niente a che fare col mio essere gay, e ne avevo davvero bisogno. Riguardando indietro, non penso di essermi mai sbagliato così tanto su qualcosa in tutta la mia vita.

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Capitolo Due

Così tutti e tre avremo lavorato come istruttori. E quattro settimane e mezzo dopo, il lunedì successivo alla fine della scuola, salimmo sulla macchina di Gunnar diretti sulle montagne. Il Campo Serenità, si trovava alla fine di una strada sterrata e polverosa sulle rive di un lungo e stretto ammasso d’acqua chiamato – sorpresa! – Lago Serenità. Il lago in sé non era proprio da cartolina, ma era abbastanza piacevole. Il campo, invece, consisteva in un grande prato erboso pianeggiante, con l’asta per la bandiera e un totem; una spiaggia attrezzata, il cerchio di pietre per il fuoco e un molo; un edificio centrale e una caffetteria sulla collina sopra la spiaggia e una decina di camere sparse fra gli alberi lungo la riva completavano il quadro. Il primo turno sarebbe iniziato domenica, ma noi istruttori ci presentammo con una settimana di anticipo, in modo che il direttore del campo potesse spiegarci in cosa consisteva il nostro lavoro. Min, Gunnar e io eravamo stati assunti per cinque turni da due settimane l’uno. In altre parole, il Campo Serenità sarebbe la mia casa per il resto dell’estate. Ma non mi importava. Anzi, ero elettrizzato. Ero con Min e Gunnar – le due persone a cui tenevo di più al mondo. E non c’era assolutamente nessuno nel raggio di cento chilometri che sapesse che ero gay. E non lo avrebbe saputo nessuno, se avessi potuto farne a meno. Gunnar fermò la macchina in uno spiazzo di ghiaia che faceva da parcheggio, e suppongo che questo sia il momento in cui dovrei dire qualcosa di più su come appariva il campo, o su come arrivammo all’interno dell’edificio principale per parlare con il direttore. Però è una cosa un po’ noiosa, quindi penso che potremmo saltare questa parte e andare dritti a quella interessante. Si chiamava Web Bastien, ed era molto più bello di qualsiasi cartolina. 12 simoneturnerstories.tumblr.com


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Web – diminutivo di Webster, immaginai – era uno dei dieci istruttori assunti dal direttore del campo, un uomo calvo e grassoccio chiamato Mr. Whittle. So di aver detto che da quando ero uscito allo scoperto, avevo promesso di non notare i bei ragazzi, ma (a) intendevo dire a la scuola, dove tutti sapevano che ero gay, e (b) era una bugia. In ogni caso, non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Mr. Whittle ci presentò gli altri quattro adulti che contribuivano a mandare avanti il campo, ma non ascoltai una parola di quello che disse. Guardai Web facendo finta di non farlo (sapete cosa intendo). Era più grande di me – forse aveva diciotto o diciannove anni – i capelli scuri e il viso come quello di un cantante incredibilmente bello di una band da garage, alla moda ma non troppo provocatorio. E aveva uno di quei corpi magri, perfettamente bilanciati, su cui i vestiti calzavano come una seconda pelle. «Allora,» continuò il signor Whittle. «Vedo un paio di volti noti, quindi immagino che non sia così male qui, no? Perché non iniziate a presentarvi, d’accordo?» Web fu il settimo a presentarsi, e sentii la sua voce per la prima volta. «Sono Web Bastian,» disse, la sua voce era profonda come l’oceano, ma dolce come una sorgente. E a proposito di oceani e sorgenti, non ho ancora parlato dei suoi occhi, che erano più blu del mare ai tropici. Stavo ancora pensando a Web quando il signor Whittle ci disse: «Ora voglio che tutti voi vi dividiate in coppie. Andate da qualcuno che non conoscete, va bene?» Inutile dire che ero determinato a finire in coppia con Web, soprattutto perché ero sicuro che avremo dovuto imparare la tecnica per la respirazione bocca a bocca durante la settimana. Però lui era seduto tre persone più in là rispetto a me, il che rendeva la formazione della nostra squadra un’impresa più facile a dirsi che a farsi.

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Guardai verso di lui, che però era ancora girato verso il signor Whittle. Intorno a me notai altri istruttori puntare verso di lui, quindi dovevo agire in fretta. Mi girai completamente verso di lui, facendo attenzione ad evitare il contatto visivo con chiunque altro. Alla fine avrebbe necessariamente guardato verso di me, ma a quel punto poteva essere già troppo tardi. Tutto intorno a me gli altri istruttori avevano già iniziato a parlarsi e a formare le coppie. Mi alzai, continuando a fissarlo. Se non altro, dalla mia posizione potevo richiamare la sua attenzione. Come previsto, si girò verso di me, e i suoi occhi incontrarono i miei, mi sorrise. Poi Min si piazzò proprio davanti a me, coprendo completamente Web, come la luna con il sole durante un’eclisse. Min e io ci guardammo l’un l’altra, e per un secondo pensai terrorizzato: Mi chiederà di essere il suo partner nonostante quello che aveva appena detto il signor Whittle? Invece, senza dire una parola, si girò verso Web. E un attimo dopo sentii la sua voce, chiara come il suono di una campana «Ehi, hai già un partner?» «No,» le rispose Web, con la sua voce seducente. «Possiamo stare insieme.» In altre parole, Min mi soffiò Web sotto il naso. Avrei voluto strozzarla.

Ma avevo ancora bisogno di un partner, anche se ora non mi interessava più chi. «Già abbinato?» Chiese una voce accanto a me. Era il ragazzo con la cicatrice sul viso, anche se non mi va di parlare di questo particolare. Non voglio che lo definisca, come non mi va che il fatto di essere asiatica 14 simoneturnerstories.tumblr.com


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definisca Min. Però quella cicatrice era davvero una delle sue caratteristiche principali. «No,» risposi atono, che significava che non ero ancora in coppia con nessuno. Mi imposi di sorridere, «Ma credo di esserlo ora, eh? Sono Russel Middlebrook.» «Otto Digmore,» si presentò, senza porgere la mano. «Bel nome!» Non ero sarcastico. Otto alzò gli occhi al cielo «Già, proprio quello che mi serviva, giusto?» Disse ridendo, e anche io risi, anche se sembrava che le nostre risate avessero qualcosa a che fare con la sua cicatrice, il che mi fece sentire a disagio. Tutto intorno a noi, le varie squadre stavano facendo conoscenza. Mi chiesi cosa stesse dicendo Min a Web. Ma ancora di più avrei voluto sapere cosa le stesse dicendo lui. Cercai di ascoltare. «Allora?» Mi chiese Otto. «Perché hai voluto fare l’animatore. «…Huh? Non so. Volevo solo allontanarmi, immagino.» «Da cosa?» Non potevo dirgli la verità. «Dai miei genitori,» Annuì comprensivo. «E tu?» Gli chiesi. «L’ho fatto anche l’hanno scorso.» «Davvero? Com’è stato?» Si strinse nelle spalle. «Bello, credo. Vengo qui da quando riesco a ricordare. Frequentavo il campo anche da piccolo.» Mentre parlavo con lui, mi era impossibile non guardare la sua cicatrice. Era più scura del resto della pelle, con lievi striature marroni. Probabilmente si trattava di un trapianto di pelle, per ricostruire il viso dopo una qualche ustione davvero grave. Ma a vederla, doveva trattarsi di una cosa successa molto tempo prima. La cicatrice era come un 15 simoneturnerstories.tumblr.com


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vortice e sembrava che tutto il viso ne venisse risucchiato all’interno. E nel mezzo di tutto il tessuto cicatriziale, c’era l’occhio. Mi ricordò quello di un pesce – evidentemente intelligente, ma allo stesso tempo alieno. (Mi pentii subito di aver pensato una cosa simile.) Comunque una cosa era notare la cicatrice sul suo volto, tutt’altra fagli capire che l’avevo fatto. Quindi gli chiesi: «Sai già quello che ci farà fare il signor Whittle questa settimana?» Annuì. «Per lo più un sacco di chiacchere, su norme e regolamenti del campo. E su cosa fare se un bambino ha mal di pancia, cose del genere.» Non suonava come una cosa particolarmente intima, pensai. Forse non era così male che Web fosse finito in coppia con Min anziché con me. «E uno di questi giorni,» continuò Otto, «dovremo imparare il primo soccorso e la respirazione bocca a bocca.» Ti odio, Min! Avrei voluto gridare. Le rivolsi un’occhiataccia, scuro in volto, ma lei non sembrò nemmeno notarlo. Era stata lei a consigliarmi di essere più spregiudicato con i ragazzi, e adesso che ne avevo notato uno carino me lo aveva portato via. Sembrava che lo avesse fatto apposta. Un attimo dopo, mi resi conto che Otto mi stava guardando come se mi avesse appena fatto una domanda. Credo di essere stato talmente preso dalla rabbia per Min da non averlo ascoltato. «Eh?» «Niente,» disse lui, fissandosi i piedi. I capelli sulla parte superiore della sua testa erano così fitti che non riuscivo a vedere il cuoio capelluto, mi chiesi se fossero artificiali. Forse l’ustione in parte aveva interessato anche i capelli. «Mi dispiace, sono stato scortese,» dissi. «Cosa mi hai chiesto?» Otto si strinse ancora nelle spalle. «Volevo sapere se eri mai stato ad un campo estivo.» 16 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Solo a quello giornaliero,» dissi. «Conta?» «Oh, non è la stessa cosa.» «Davvero? Perché no?» «Quando ci passi la notte è diverso. Succedono delle cose.» «Tipo?» «Hai mai sentito parlare dello stufato del campo?» Mi chiese Otto. Scossi la testa. «È quando il cuoco prende tutti gli avanzi della settimana e li mescola insieme senza senso. È assolutamente disgustoso. L’anno scorso chi è riuscito a mangiarne una porzione intera ha ottenuto un doppio dessert. Lo facevano al campo giornaliero?» «Oh,» risposi. «Non mi pare.» «E gli scherzi! Sai, non sai davvero come si rifà un letto se prima non impari l’arte del sacco con le lenzuola!» Sorrisi mentre Otto continuava a parlare. Era un tipo divertente e interessante. Non era Web, ma forse alla fine era meglio così.

Due giorni dopo, imparammo a prestare i primi soccorsi, il salvataggio in acqua, e si, la respirazione bocca a bocca, per non parlare di un migliaio di regole e regolamenti del campo, con cui non ho intenzione di annoiarvi. In questo periodo rivolsi a Web appena sei frasi, il lato positivo però era che sembrai un completo idiota solo due volte. Mercoledì sera, poco prima di spegnere le luci, stavo rientrando dal bagno verso la stanza dove dormivo insieme agli altri istruttori maschi, quando sentii uno starnuto nel buio. «Salute,» dissi, anche se non avevo idea di chi fosse stato. Chi poteva saperlo? Magari si trattava di Web. 17 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Grazie,» rispose una voce. Non era Web. Era una ragazza. Girai la torcia nella direzione del suono e la puntai per sbaglio sugli occhi di un’altra istruttrice, Em. Anche lei aveva una torcia e probabilmente anche lei stava rientrando dal bagno. «Oh!» Esclamai, abbassando rapidamente la torcia. «Mi dispiace.» «È tutto a posto,» disse, soffiandosi il naso con un fazzolettino. «Ho l’allergia. Mossa intelligente farmi assumere come istruttrice in un campo estivo, eh?» Sorrisi. Em aveva i capelli lisci e castani e occhiali da vista tondi con la montatura scura, come una sorta di Harry Potter in versione femminile. Avevo trascorso gli ultimi due giorni seduto vicino a lei, ma avevamo parlato solo di cose riguardo il Campo. Era goffa, ma sino a quel momento mi era piaciuto quello che avevo visto di lei. Era il tipo di ragazza che giocava a Dungeons & Dragons, e che non sarebbe entrata in un lettino abbronzante neanche morta. «Sai cosa ti fa starnutire?» Le chiesi. Tutto quello che riuscivo a sentire era odore di pino e sporcizia. «Thuja placata,» «Heh?» «È quello a cui sono allergica. Conosciuto anche come cedro rosso occidentale. È il polline dell’albero.» «Conosci il nome scientifico del cedro rosso?» Come mai improvvisamente tutti conoscevano i nomi scientifici delle cose? Non stavo abbastanza attento a biologia o cosa? «No, in realtà me lo sono inventato.» «Davvero?» «No, ho mentito. È davvero il suo nome scientifico.» Ormai ero confuso. Ma dovevo ammettere di essere anche divertito. Infatti mi venne da ridere. 18 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Sono Em,» disse. «Ma lo sai già, vero? Io so che tu sei Russel, o Russ?» «Tutti mi chiamano Russel. Qualcuno ti chiama Emily?» «In realtà, Em è l’abbreviazione di Emeraldine.» «Davvero?» «No, sto mentendo di nuovo.» Questa volta scoppiai davvero a ridere. «Allora, che te ne pare finora?» mi disse indicando lo spazio intorno a noi. «Del campo? Oh, è fantastico. Avevo davvero bisogno di allontanarmi.» «Da che cosa?» Dovevo smettere di dire questa cosa alla gente. «Dai miei genitori,» aggiustai il tiro. «Tu perché sei qui?» «Mia sorella si sposa ad agosto. Ti assicuro che era già abbastanza difficile sopportarla prima che iniziasse ad interessarsi della differenza fra noci e nocciole per la sua torta nuziale.» Mi piaceva l’atteggiamento di quella ragazza. Quindi supposi che mi sarebbe piaciuta anche lei. Improvvisamente, qualcuno tossì. Il suono sembrava provenire dalla camera degli istruttori. Poteva essere Web. «Bene,» dissi. «Adesso dovrei rientrare. Piacere di averti incontrata.» «Piacere mio,» rispose. «Oh, Russel?» Mi voltai verso di lei, giusto in tempo per rimanere accecato dal fascio di luce della sua torcia.

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La mattina dopo – giovedì – il direttore del campo ci riunì come sempre nel salone principale (e come sempre Web sembrava appena uscito dalla copertina di una rivista!) Ma questa volta il signor Whittle aveva portato con sé altri due adulti, un uomo e una donna, ed entrambi avevano grosse cicatrici da ustioni sul viso, come Otto (per inciso, anche un’altra istruttrice, Janelle, aveva delle cicatrici sul viso, però non estese come quelle di Otto.) «Ogni anno, nel mese di giugno, il Campo Serenità diventa un luogo molto speciale,» esordì il signor Whittle, con quel suo tono ovattato e che mi infastidiva da morire. «Questo perché riserviamo il primo turno di due settimane ad un gruppo particolare di bambini. Si tratta di bambini che potrebbero non sentirsi a proprio agio durante gli altri turni o in altri campi estivi. Perché sono sopravvissuti ad incendi con cicatrici da ustioni, o con altre lesioni molto evidenti.» In quel momento ricordai che il signor Whittle ci aveva già spiegato la stessa cosa durante il colloquio, ma l’avevo dimenticato. Naturalmente questo spiegava le cicatrici sul volto di Otto e Janelle. Lui doveva aver iniziato a frequentare il campo da bambino e poi come istruttore. Ma durante il colloquio non l’avevo considerata una cosa importante, per questo me ne ricordai solo in quel momento. «In ogni caso,» continuò il signor Whittle. «Anche Ryan e Jean sono sopravvissuti a un incendio, e saranno nostri ospiti per le queste due settimane. Nei prossimi giorni, ci aiuteranno a prepararci ad accogliere i nostri ospiti speciali, va bene?» Infine Jean parlò «Quanti di voi hanno frequentato il campo estivo?» Otto dei dieci istruttori alzarono la mano – compreso io (che al contrario di Otto credevo che il campo giornaliero contasse). «E qual è la cosa che vi è piaciuta di più?» «Le canoe,» disse Min. «Arrostire i marshmallows sul fuoco,» disse un’istruttrice di nome Lorna. 20 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Il tiro con l’arco,» disse Web. «I pancake ricoperti di cioccolato,» disse Em, e tutti scoppiammo a ridere. Mentre ognuno di noi parlava, Jean continuava a sorridere come uno stregatto. E alla fine disse: «Ottimo! Sapete una cosa? Sono le stesse cose che vogliamo per i nostri figli al campo estivo!» Ci pensò per un secondo, poi fece l’occhiolino a Em. «Vedremo cosa si può fare per i pancake al cioccolato.» Ridemmo tutti ancora una volta. Poi Jean si fece seria. «Ma a volte anche una cosa semplice come qualche settimana al campo estivo può essere un’esperienza terribile per un bambino sopravvissuto a un incendio. Questo succede perché i bambini ustionati a volte non si sentono a proprio agio in mezzo ad altri bambini senza cicatrici.» E così iniziarono due giorni di sensibilizzazione sulle problematiche di un bambino ustionato. Erano cose abbastanza semplici. Per esempio, Ryan ci disse: «Siamo ‘sopravvissuti’ all’incendio, non ‘vittime’ dell’incendio. Nessuno vuole passare tutta la vita come una vittima, giusto?» Ma la lezione più grande, quella che sentimmo più e più volte, fu che i sopravvissuti vogliono che le persone guardino oltre le cicatrici. Non vogliono essere definiti in base a quelle. Vogliono essere visti come individui, proprio come tutti gli altri. «I sopravvissuti agli incendi sono abituati ad essere trattati come dei mostri,» ci disse Jean. «Ma noi non siamo mostri. E nel corso delle prossime due settimane, il vostro lavoro e il mio sarà di essere sicuri che nessuno di quei bambini si senta come un mostro. Per loro, queste due settimane, rappresentano la possibilità di dimenticare quello che sembrano visti dall’esterno.» Ascoltai tutto con attenzione, e contribuii alle discussioni del gruppo. Ma la verità era che non credevo di aver bisogno di imparare 21 simoneturnerstories.tumblr.com


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queste cose. Dopo tutto, ero gay. Sapevo cosa significava essere stereotipati, ed avere intorno persone che credono di sapere chi sei perchĂŠ sanno cosa sei. Ero sicuro di non potermi comportare in quel modo con altre persone. Avevo trattato Otto come un individuo, o no? (A parte il fatto che il suo occhio mi aveva ricordato quello di un pesce.)

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Capitolo Tre

Ero nel mezzo di un uragano. La furia della tempesta mi disorientava. Va bene, non si trattava di un vero e proprio uragano. Era come in corridoio a scuola, quando ho detto che era in fiamme e ho cercato di ingannarvi facendovi credere a qualcosa, per poi spiegare che volevo dirne un’altra. In questo caso, sto parlando dei miei bambini, che solo ora mi rendo conto di aver paragonato a dei mostri. Mi sto pericolosamente avvicinando a un eccesso di metafore, infatti è meglio arrivare dritti al punto, d’accordo? I miei campeggiatori erano fuori controllo. A ciascuno di noi istruttori era stata assegnata una camera con otto bambini. Erano divisi per età e sesso, e io avevo i maschi di dieci anni. Mi ricordavano Helen Keller nel film Anna dei miracoli, ma prima che arrivasse Anne Sullivan, a trasformarla in qualcosa di umano. Stavo esagerando, ma solo un poco. Il signor Whittle aveva smistato i bambini sul prato, separandoli nelle varie camerate. Fin lì era andato tutto bene, credo perché i bambini erano ancora storditi nel rendersi conto che sarebbero stati lontano da casa per le prossime due settimane e perché il signor Whittle e Jean e Ryan erano lì davanti. Fuori dal prato, mi presentai ai miei campeggiatori come istruttore e chiesi i loro nomi. Nessuno rispose. A quel punto li avevo considerati timidi. Per alcuni di loro probabilmente era la prima volta lontano dai genitori per più di uno o due giorni. «Tu,» indicai il bambino più vicino. «Come ti chiami?» 23 simoneturnerstories.tumblr.com


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A prima vista sembrava quello meno timido. Anzi, quando lo guardai, mi fissò come un leone che osserva una gazzella, come se mi odiasse istintivamente. Probabilmente non avrebbe voluto essere qui, e aveva deciso di prendersela con me per questo. Comunque alla fine, anche se a denti stretti mi disse il suo nome «Ian» Ora che lo osservavo meglio, notai anche di aver scelto il bambino con le cicatrici meno evidenti. Da vicino, si notava che la pelle sul viso era come disciolta, altrimenti appariva solo un po’ sfocato. Ad ogni modo, non potei fare a meno di chiedermi se gli altri bambini avessero pensato che mi fossi rivolto prima ad Ian perché non sembra tanto “diverso”. «Bene,» dissi. E subito indicai a caso un altro ragazzo. «Tu?» «Zach,» rispose. Accidenti, ero passato dal bambino con le cicatrici meno evidenti a quello con le più ovvie. (L’avevo fatto inconsciamente per far notare agli altri che non avevo pregiudizi? Non ne avevo idea. Però mi mise a disagio.) La maggior parte del corpo di Zach era coperto da un vestito fatto di garza. (Qualche giorno prima, avevo imparato che si trattava di un indumento a pressione, che aiuta la guarigione.) Zach aveva anche una specie di maschera bianca in plastica su una parte del viso, era un po’ inquietante. Somigliava vagamente al Fantasma dell’Opera (probabilmente era stanco di sentirselo dire!) «Va bene,» dissi, individuandone un altro. «Tu?» «Trevor,» rispose un bambino con una cicatrice sul viso che mi ricordava un cavalluccio marino. Continuai con Willy, Noah, Kwame, Julian e Blake – e mentre si presentavano capii che i sopravvissuti erano come fiocchi di neve: non ne esistevano due uguali. Avevano cicatrici grandi o piccole, scure o chiare, bende a pressione o bendaggi, oppure nessuna benda o bendaggio. (Ce n’erano anche in sedia a rotelle o con le stampelle, ma non erano stati assegnati a me. Erano rimasti nel salone principale, insieme a Jean, Ryan e ai loro istruttori.) Uno dei miei bambini – Julian – non era nemmeno un ustionato. Aveva solo il peggior caso di acne che 24 simoneturnerstories.tumblr.com


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avessi mai visto. (In seguito appresi che si trattava di un caso precoce di ‘acne conglobata’) In breve non eravamo certo ‘La famiglia Brady’. Però avevo ricevuto i miei due giorni di formazione, giusto? E inoltre ero gay e quindi tanto-tanto-sensibile. Concluse le presentazioni, accompagnai i miei bambini alla nostra camera per disfare i bagagli. E fu lì che le cose iniziarono ad andare male. Nei duecento metri di marcia fino alla camera, successe qualcosa. Ero sicuro che avesse a che fare con il fatto che erano ustionati gravi. E con il fatto che erano in compagnia di altri bambini nelle stesse condizioni. All’improvviso a nessuno importava come apparivano all’esterno, proprio come aveva detto Jean. Così all’improvviso, in un certo senso, erano bambini normali. Adesso erano solo ragazzini di dieci anni. Ragazzini di dieci anni iperattivi. Ragazzini di dieci anni iperattivi che stavano diventando rapidamente amici. Ma forse ‘amici’ era la parola sbagliata. Forse si stavano solo coalizzando contro di me – che per inciso, non ero un ustionato, e di conseguenza, paradossalmente, diventai quello strano da emarginare. In ogni caso, quando arrivammo in camera, iniziarono a correre dappertutto, ridere e giocare. «Va bene!» dissi. «Calmatevi adesso, okay?» Per tutta la vita avevo sentito pronunciare queste parole agli insegnati. Sembrava strano che ora toccasse a me. Comunque ottenni la stessa reazione della maggior parte dei miei insegnanti. Nessuno mi prestò attenzione. D’accordo, forse il fatto che corressero e giocassero non era la cosa peggiore del mondo. (Quanto spesso questi bambini avevano avuto la possibilità di farlo?) Però poi quello con la faccia sfocata si arrampicò sul letto a castello e una volta in cima, si girò preparandosi a saltare su quello a fianco. 25 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Hey! Tu, fermo là!» Avevo già dimenticato i loro nomi. Naturalmente saltò comunque, atterrando con un grido. Tre bambini andarono subito verso il letto a castello e iniziarono ad arrampicarsi. «Fermi! Fermatevi immediatamente!» Ma tutti continuarono ad ignorarmi. Mentre i tre si arrampicavano, uno degli altri tirò fuori dalla borsa una pistola ad acqua, la puntò contro di me, e sparò. Era arrivato qui con quella dannata cosa già carica. Cosa stava succedendo? Non era quello che mi aspettavo. Quei bambini erano gravemente ustionati. Me li ero immaginati educati e timidi, come i bambini disabili che si vedono in TV. Non riuscivo a credere che fossero come tutti gli altri bambini di dieci anni. Mentre ero lì, impotente, a osservarli andare fuori di testa, capii due cose. La prima era che uno di loro (Trevor, di cui in quel momento non ricordavo ancora il nome) non stava partecipando attivamente. Guardava gli altri ragazzini, ma era timido e educato come avrebbero dovuto essere tutti. La seconda era che Ian “lo sfocato” incitava gli altri bambini. Si era messo al centro di quel caos, e controllava gli altri come un vigile nel traffico. Se ci fosse un vero uragano, lui sarebbe stato l’occhio, la calma al centro della tempesta. Che era divertente, perché all’inizio avevo pensato che se qualcuno poteva avere un motivo per essere asociale, quello doveva essere Zach, il bambino con il bendaggio a pressione e la maschera (Oops – che peccato!) Decisi che se avevo intenzione di mantenere il controllo sui miei ragazzi, dovevo affrontare il problema alla radice, e cioè Ian. Ma come? Non me la sentivo di sgridarlo. Inoltre non volevo metterlo in imbarazzo davanti ai suoi nuovi amici. Dopotutto non aveva subito già abbastanza umiliazioni? Così, con tutta la calma possibile cercai di attirare la sua attenzione «Ian? Puoi uscire con me un secondo?» 26 simoneturnerstories.tumblr.com


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Stava tirando fuori una bomboletta di schiuma da barba dalla valigia (ero abbastanza sicuro che non avesse intenzione di usarla per farsi la barba) e mi ignorò. Che si fottano. Cosa ci facevo lì? Perché mai avevo pensato che fare l’istruttore in un campo estivo fosse un buon modo per trascorrere l’estate? Pace e relax? Ah! Essere un istruttore del campo alla fine era solo un altro modo di fare il baby-sitter, ma senza Dvd e senza un frigo ben fornito. Non ero obbligato a stare lì. Potevo andare via anche subito. Potevo dire che non mi sentivo bene, che avevo nostalgia di casa, o che non ero a mio agio con i bambini ustionati. Si, avevo firmato un contratto con il signor Whittle che mi impegnava a stare qui tutta l’estate, ma non era vincolante (una delle poche cose belle di avere sedici anni!) E non avrei visto Min e Gunnar per tutta l’estate, però avevo anche altri amici. Mi voltai a guardare fuori dalla porta, verso un mondo libero da quella baraonda. E vidi passare Web, che accompagnava i suoi ragazzi alla loro camera. Aveva quelli di undici anni, e loro lo seguivano ordinatamente in fila indiana, come se fossero entusiasti di stargli dietro. Web si girò a guardarmi e mi fece un cenno di saluto. Gli risposi – cercando di apparire sicuro di me. Dalla sua posizione, non poteva vedere il caos dentro la mia camerata, ed era un’ottima cosa, perché di sicuro non volevo che pensasse che non riuscivo a gestire otto bambini di dieci anni. Non posso tornare a casa, pensai fra me. Era vero, il contratto poteva non essere vincolante, ma non esisteva che il signor Whittle mi lasciasse andare via senza motivo, non dopo cinque giorni di formazione. Inoltre avevo preso un impegno, con Gunnar, Jean e Ryan, e anche con lo stesso signor Whittle. In più non avevo un passaggio per tornare a casa.

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Oh, accidenti, lo ammetto. Ero cotto di Web. Era solo per questo che non potevo andarmene. Presi un respiro profondo, e mi preparai per un altro scontro con i miei problemi. E in quel preciso momento, Ian si avvicinò furtivamente dietro di me e mi tirò giù i pantaloni, presentando al mondo i miei slip bianchi, compreso Web, che stava ancora guardando verso di me. In qualche modo riuscii a portare i bambini a cena (lì si calmarono, se non altro perché c’erano alcuni adulti), e poi a fargli spegnere le luci in camera (non fatemene parlare). Mi assicurai che tutti dormissero, poi uscii per incontrare Min e Gunnar. Ci eravamo messi d’accordo per vederci in una piccola cala riparata a pochi minuti a nord del campo. L’avevamo scoperta casualmente esplorando la zona. Alla fine, anche gli altri consiglieri l’avrebbero trovata, ma per il momento era il nostro rifugio personale. «Oh. Mio. Dio!» Fu la prima cosa che dissi ai miei amici. Erano già sdraiati su un masso di granito che dalla spiaggia si estendeva fin dentro l’acqua. «Qualcosa non va?» Mi chiese Gunnar. «Scherzi?» Gli domandai arrampicandomi sulla roccia. «Sono un gruppo di pesti! E quando non stanno gridando, vomitano!» Non stavo esagerando. Subito dopo essere rientrati in stanza, Willy aveva vomitato, probabilmente a causa di tutte le emozioni della giornata. L’odore aveva fatto vomitare anche Julian e Kwame. Nessuno - ripeto, nessuno! – avrebbe potuto sopportarlo a meno di tre metri dalla camera. «I tuoi bambini di danno dei problemi?» Chiese Gunnar. «Si, i miei bambini! Sono fuori controllo! I vostri no?» «Non proprio, credo di essere stato fortunato. Mi sono capitati i nerd.»

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«Le mie sono bambine di nove anni,» spiegò Min. «Fra due anni, saranno altezzose e con la sindrome premestruale, ma per il momento, sono solo smalto con i brillantini e Bratz Pigiama Party.» Per tutta la vita, avevo pensato che quando una classe era fuori controllo, la colpa era tutta dell’insegnante. Ricordavo tanti professori infischiarsene e dire che la classe era impossibile da gestire per avere una scusa con cui giustificare i propri risultati scarsi. Ma ora capivo che non erano tutte scuse. C’era qualcosa di vero nell’idea che ogni gruppo di ragazzi era diverso. «Ti sei già pentito di essere venuto? Vuoi tornare a casa?» Mi chiese Gunnar. Decisamente sì. Ma ammetterlo avrebbe messo Gunnar in una posizione scomoda. Dopotutto, l’idea del campo era stata sua. Un motivo in più per non abbandonare. «Oh, non è poi così male,» mentii. «Devo solo riprendere il controllo della situazione.» Intanto stavo ancora cercando un posto in cui sedermi. La parte superiore della roccia era irregolare, e Min e Gunnar avevano già occupato gli unici posti comodi. «E gli altri istruttori?» chiese Min, sorseggiando una Coca Light. «Vi siete già fatti un’idea?» «Em è simpatica,» dissi. «Penso che sia fantastica.» «Oh, sì,» confermò Min. «Em è fantastica.» «E Otto,» continuai. «Sembra gentile.» «Anche Otto mi piace,» disse Min. «Qualcun altro?» «Bene!» esclamai, finalmente avevo trovato un posto decente. «Beh, c’è anche Web.» «Cosa ci trovi in Web?» Chiese Gunnar - il mio migliore amico etero. 29 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Web?» Chiese Min, dubbiosa. «Davvero?» «Stai scherzando? Lo hai visto bene?» «Mi sembra di capire che ti piacciono i ‘cattivi ragazzi’.» Disse Gunnar. «“Cattivo ragazzo”? Web non è un “cattivo ragazzo”!» Gunnar alzò gli occhi al cielo. «Invece sì.» Per quanto odiassi ammetterlo, non aveva tutti i torti. Mi piacevano i “cattivi ragazzi”? L’unico altro ragazzo che avevo avuto era un certo giocatore di baseball della nostra scuola, e lui era cupo e virile, e anche un po’ arrogante. In breve un “cattivo ragazzo” (un “cattivo ragazzo” molto bello!) Guardai verso Min in cerca di supporto. «Cosa hai scoperto su di lui?» Min stava osservando il lago. «Di Web? Non molto.» «Dai! Sei stata in coppia con lui per tutta la settimana. A proposito, grazie mille!» «So solo una cosa,» disse lei alla fine. «Non è gay.» «Come fai a saperlo?» Le chiesi. «Aveva una fidanzata.» Spiegò. «Questo non significa nulla, magari non si è dichiarato. Forse non l’ha ancora capito. O magari è bisessuale. Fra tutti proprio tu dovresti sapere che anche se uno ha avuto una fidanzata può comunque essere gay!» «È una sensazione,» disse Min. «Non è gay. Ho il GayRadar.» «Non puoi avere un GayRadar! Sei Bisessuale.» Era una risposta stupida, ma ero disperato. Volevo davvero avere un’occasione di avvicinarmi a Web. «Russel,» insistette Min. «Fidati di me. Non è gay.» 30 simoneturnerstories.tumblr.com


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Non sapevo perché Min fosse tanto determinata – stava solo esprimendo la sua opinione, giusto? «Potrebbe essere gay.» «Non lo è!» Disse Min, così forte che la sua voce riecheggia nella piccola insenatura. Nel silenzio che seguì, alcune onde lambirono la roccia, era strano perché l’acqua prima era calma e non era passata nessuna barca. «Allora, avete notato i peli nel naso del signor Whittle?» Chiese Gunnar, cercando di cambiare argomento. «Fanno impazzire anche voi?» Non risposi, e neanche Min. Lei si mosse a disagio, ma non credevo che avesse a che fare con la superfice irregolare della roccia. «Min,» le dissi a bassa voce. «Non mi importa se Web è gay. Penso solo che sia carino.» Mi guardò fisso negli occhi. «Non è gay.» Okay, adesso ero infastidito. Avevo cercato di essere maturo, e di superare la cosa, ma lei non me l’aveva permesso. «Non puoi saperlo!» Dissi. «Non puoi essere sicura che non sia gay!» «Chi se ne frega? Che differenza fa?» Gunnar cercò ancora di abbassare i toni. Era una buona domanda. Che differenza faceva per Min? Era sempre stata competitiva, soprattutto con me. Pochi mesi prima, avevamo entrambi chiuso una relazione, quasi nello stesso momento. Forse non voleva che trovassi qualcuno prima di lei? Improvvisamente, Min si alzò in piedi. «Devo andare a controllare le bambine.» Saltò giù dalla roccia, ma prima che scomparisse nel buio non potei resistere e gli gridai dietro: «Potrebbe essere gay!» 31 simoneturnerstories.tumblr.com


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So che era una prepotenza, ma Min aveva fatto la stronza prima di me. Inoltre, avevo solo sedici anni. Lei si voltò. «Non è gay.» disse, senza essere né stronza né prepotente, come se fosse un semplice dato di fatto. Francamente, mi sembrò una sfida.

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Capitolo Quattro

Il giorno dopo, iniziò il campeggio vero e proprio. Al mattino, tutti i ragazzi scelsero le attività individuali da svolgere durante la settimana, come lavorare il legno o il kayaking e vennero divisi in gruppi, ognuno guidato da un team di due istruttori, e, qualche volta, anche da un adulto. La prima settimana mi toccò economia domestica (quanto può essere gay?). Andò tutto bene, probabilmente perché il gruppo era composto quasi esclusivamente da bambine (l’unico maschio era Blake, che era il meno pestifero dopo Trevor). Sfortunatamente dovevo comunque stare con tutti i bambini a pranzo e durante le attività in comune (quel giorno, tiro alla fune sul prato). Ovviamente, i miei ragazzi si trasformavano immediatamente in uragani mostruosi una volta riuniti, e non c’era niente che potessi fare per controllarli. Nel pomeriggio, i bambini avevano qualche ora libera prima di cena, ma per noi istruttori niente pause, perché bisognava comunque sorvegliarli. Mi toccò il turno di bagnino insieme a Em. «Ehi,» la salutai, raggiungendola sulla spiaggia. Nessuno dei due prese la sedia da bagnino perché era terribilmente scomoda. «Come va l’allergia?» «Mi sono adattata al polline,» dise. «Purtroppo però sono allergica anche alle ragazzine di undici anni.» «Cosa vuoi dire?» Pareva che anche Em stesse incontrando delle difficolta con i suoi campeggiatori, ma io non avevo intenzione di dire quello che pensavo, non dopo l’indifferenza con cui Min e Gunnar mi avevano trattato il giorno prima. Mi osservò, mentre mi sedevo accanto a lei sulla sabbia. «Sono delle stronzette.» 33 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Le tue bambine?» «Esatto.» «Davvero?» «Oh, ma andiamo. Non sarei riuscita a dormire ieri notte, se non avessi messo la valeriana nella loro cioccolata calda.» La radice di valeriana è un’erba usata per far rilassare le persone. «Non ci credo!» Dissi. «Sul serio?» «Si, l’ho fatto.» «Davvero?» «No, non proprio. Sto mentendo.» «Aspetta quale delle due?» «L’ho fatto. Dicevo la verità all’inizio. Ho mentito quando ho detto che non l’ho fatto.» Mi girava la testa, e mi resi conto che era una cosa normale quando si parlava con Em. Iniziai a ridere. «Allora pensi davvero che le tue ragazze siano delle…» «Stronzette?» Mi anticipò. «Assoluta-mostruosa-mente si. I tuoi no? Di sicuro sembrava così a pranzo.» «Be’, sì ma…» Ma che cosa? I miei ragazzi erano proprio stronzi. Solo che non avrei voluto dirlo ad alta voce. Visto che erano ustionati e tutto il resto. «Allora dillo,» mi incitò Em, «Cosa?» «Di che i tuoi ragazzini sono degli stronzetti!» Iniziai di nuovo a ridere. Capii una cosa di Em. Mi ricordava Gunnar. Avevano lo stesso carattere eccentrico per cui non si era mai 34 simoneturnerstories.tumblr.com


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sicuri di quello che stavano per dire. Inoltre entrambi conoscevano i nomi scientifici delle cose. Improvvisamente, Ian si avvicinò a me. Infilò il piede nella sabbia, per caso proprio dove c’era il flacone di crema solare che era senza tappo, e così un getto di crema schizzò fuori spiaccicandosi sulla mia gamba. «Oops,» disse. «Mi dispiace.» Ma non era per niente dispiaciuto. L’aveva fatto apposta. Però non me la sentivo di sgridarlo. Cosa avrei potuto dirgli? Al contrario Em non esitò. Quando Ian fece per correre via, mise il piede di traverso davanti a lui facendolo inciampare e mandandolo lungo disteso sulla sabbia. «Oops!» Disse. «Mi dispiace.» Lo ammetto, adoravo Em.

Per un’ora il pomeriggio, gli istruttori facevano a turno nel negozio del campo, che si trovava in una piccola stanza dell’edificio principale, vicino alla mensa. In sostanza c’erano caramelle, soda, qualche giocattolo, alcuni vestiti e articoli da bagno, come il dentifricio che quasi tutti i bambini avevano dimenticato a casa. Sapevo che Gunnar era di turno lì, così decisi di fargli visita durante una pausa dal servizio di bagnino. «Ehi,» Lo salutai. «Huh? Oh, ciao, Russ.» Stava leggendo un libro, e anche se cercava di nasconderlo con il braccio, riuscii a vedere un uomo a torso nudo che abbracciava una donna semi svestita. Era strano che stesse leggendo un romanzo rosa. Ma non volevo metterlo in imbarazzo facendogli notare la cosa.

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Invece, poggiai un dollaro sul bancone e presi uno snack al cioccolato. «Non lo vuoi davvero.» Mi fermò Gunnar. «Perché no?» Chiesi. «Perché non è idoneo al consumo umano.» «Perché no?» «Quattro parole: Olio idrogenato di palma.» «Idrogenato cosa?» «È roba davvero brutta,» mi spiegò Gunnar. «Prendono olio vegetale a buon mercato e ci aggiungono un atomo di idrogeno per indurirlo. Si attacca alle arterie. È anche peggio del grasso della pancetta.» «Buono a sapersi,» dissi. «Prenderò questa allora.» afferrai un’altra barretta. Gunnar non prese i soldi neanche questa volta. «Oh, no, c’è olio di palma quasi dappertutto di questi tempi. Almeno nella roba a buon mercato.» «Vabbè, dammi una lattina di coca allora.» Mi fissò con uno sguardo disgustato. «Adesso che c’è?» Gli chiesi. «Sai che non usano più lo zucchero nella coca? Usano uno sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio. È fatto di mais, ma è artificiale. Il nostro corpo non può assimilarlo. E uno dei motivi per cui gli americani sono sempre più grassi.» «Mmmh,» sospirai. «Sai, le tue capacita di commesso lasciano molto a desiderare.» «Ehi, penso solo alla tua salute.» Decisi di cambiare argomento. «Volevo chiederti una cosa. Che ne pensi di Em?» Ci avevo pensato a lungo. Gunnar voleva una ragazza e 36 simoneturnerstories.tumblr.com


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Em mi ricordava il suo modo di fare, quindi perché non provare a farli mettere insieme? Ma Gunnar non sembrava ancora pronto per cambiare argomento. «Se hai fame e vuoi un consiglio, vai a prendere una mela dalla cucina. Le multinazionali non hanno ancora trovato il modo di rovinare la frutta. A parte con i pesticidi. Quindi per essere sicuri, lavala bene.» «Okay,» dissi. «Ma voglio ancora sapere cosa ne pensi di Em.» «L’istruttrice con gli occhiali? È un tipo a posto.» «A me piace molto,» «Ti rendi conto che non c’è un singolo elemento di cibo sano in tutto il negozio?» Si ostinò Gunnar. «Voglio dire, vedi gli ingredienti di questo snack?» «Penso che piacerebbe molto anche a te.» Dissi. «Aspetta un attimo. Lo so quello che stai facendo.» Finalmente avevo attirato la sua attenzione. «Cosa sto facendo?» «Il ruffiano!» «Cosa? No, non è vero.» «Si invece! Altrimenti perché ti importa di quello che penso di Em?» Gunnar mi aveva colto sul fatto. Ma potevo ancora uscirne pulito. «Va bene, e se anche fosse?» «Te l’ho già detto! Mi sono preso una pausa dalle ragazze!» «Eri serio?» «Accidenti, si. Russ, c’eri anche tu in tutti questi anni. Sai come sono con le ragazze. Rovino sempre tutto, è umiliante.» «Beh, sì, ma-»

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«Niente ma.» Ci pensò su un attimo «Ti ricordi quando ho chiesto un theremin ai miei genitori per Natale?» Il theremin è uno strumento elettronico che si suona muovendo le mani intorno alle sue due antenne. Produce quel bizzarro suono woowoo che si sente nei vecchi film di fantascienza. «Mi ricordo,» dissi. «Non avevo mai desiderato niente così intensamente. E ti ricordi che cosa successe quel Natale?» «Non te l’hanno preso.» Annuì. «Mi hanno comprato un sintetizzatore. Il tipo del negozio gli aveva detto che un sintetizzatore può fare tutto quello che fa un theremin, e anche altre cose. Non sono mai stato così deluso in tutta la mia vita.» «Gunnar, cosa centra questo con le ragazze?» «Ho sognato il theremin per mesi. E non l’ho avuto! Non potevo permettermi di comprarlo da solo, e mancava troppo al mio compleanno. Non riuscivo a sopportare di non poterlo avere per tutto quel tempo. E se poi al mio compleanno, i miei genitori mi avessero regalato uno xilofono? Sapevo di non poter gestire un’altra delusione simile. Così ho smesso di volerlo. Mi sono imposto di smettere di volere un theremin, e ci sono riuscito.» «No, non è vero!» Disi. «Vedo la tua faccia ogni volta che ne sentiamo suonare uno in un film.» «Si che è vero!» Disse Gunnar con fermezza. «Ed è la stessa cosa con le ragazze. Non voglio rimanere ancora deluso. Non voglio!» «Gunnar-» Ma in quel preciso momento, un paio di bambini entrarono nel negozio. «Ne riparliamo più tardi.» In ogni caso era ora che tornassi a lavoro. «Non c’è niente di cui parlare!» Disse Gunnar.

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Poi rivolse la sua attenzione ai bambini, che si stavano già appropriando delle barrette di cioccolato. «Non le volete davvero…» Lo sentii dire mentre mi allontanavo.

La buona notizia era che nessuno dei miei bambini vomitò quella notte. Quella cattiva era che per poco non vomitai io. Tutti i bambini avevano qualche unguento o pomata da spalmarsi addosso prima di andare a dormire (anche Julian aveva la sua crema per i brufoli). La maggior parte di questi unguenti aveva un odore abbastanza pungente anche da solo. Sentirli tutti insieme era come dormire in una farmacia. Comunque riuscii a non lamentarmi. Non era colpa loro se dovevano usare tutte quelle creme. Eppure, fui molto felice quando finalmente si addormentarono e riuscii ad uscire a prendere un po’ d’aria. Gli altri istruttori si stavano radunando intorno al fuoco sulla spiaggia, quindi mi incamminai per unirmi a loro. Vidi Min seduta a lato del fuoco e avrei voluto sistemarmi accanto a lei, ma ero ancora un po’ irritato per come si era comportata il giorno prima. Così decisi di sedermi accanto a Otto. L’avevo visto in giro, ma non avevo più parlato con lui da quando era stato il mio partner durante l’orientamento. «Come va?» Gli chiesi, sedendomi accanto a lui. «Oh! Bene! Vuoi un marshmallow?» mi chiese. «Certo, grazie.» «Puoi usare il mio bastoncino,» Presi il bastoncino e infilzai il marshmallow, puntandolo sul fuoco. Gli altri istruttori stavano parlando tra loro, ma a me non veniva in mente niente da chiedere a Otto. «Allora, finora che te ne pare?» Mi anticipò. 39 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Del campo? Beh, non mi avevi detto che ci avrebbero tenuti così occupati.» «Poi sarà più facile. I bambini ti stanno mettendo alla prova.» «Lo spero.» «Cosa?» mi chiese. Mi strinsi nelle spalle. «Non lo so. È solo che non penso di essere molto bravo con questa cosa dell’istruttore.» «Posso darti un consiglio?» «Huh? Oh, sì. Certo.» «Ti ho visto a pranzo.» Cosa stava succedendo? Tutto il campo guardava me i miei bambini a pranzo? «E credo che tu ti stia facendo mettere i piedi in testa da loro.» Proseguì Otto. «Suppongo che sia vero,» ammisi. «È che detesto sgridarli.» Controllai il mio marshmallow, ma non era nemmeno bruciacchiato. L’avevo tenuto troppo lontano dal fuoco, così lo spinsi un po’ più avanti. «Perché?» Mi chiese Otto. «Perché cosa?» «Perché detesti sgridarli?» «Oh… Non lo so.» Accidenti, era molto imbarazzante. Non li sgridavo perché erano ustionati, ma non volevo dire una cosa simile proprio a Otto. «Puoi sgridarli sai. Non si rompono.» «Cosa?» Gli chiesi giocherellando con il bastoncino. «Vuoi dire i miei bambini?»

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«Certo. Ricordi quello che hanno detto Jean e Ryan? Gli ustionati vogliono essere trattati come tutti gli altri. Forse i tuoi ragazzi si sono accorti che sei nervoso quando sei con loro.» «Ma…» «Cosa?» Non mi venne in mente niente da dire. Il fatto era che Otto aveva ragione. «Quindi pensi che dovrei reagire? Che dovrei essere più intransigente?» Rise. «Entro limiti ragionevoli. Sai, penso di essere l’unico in tutta la mia scuola, ad apprezzare quando i professori se la prendono con me. Solo perché in quelle occasioni so per certo che mi stanno trattando come tutti gli altri. Che stanno parlando con me, non con la mia cicatrice.» Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante. «Allora, ti piace… qui?» Stavo per dire “ti piace stare con persone come te”, ma mi resi conto che suonava davvero stupido, soprattutto in considerazione di quello che mi aveva appena detto riguardo al fatto di guardare oltre la sua cicatrice. «Oh certo, ma mi manca anche casa mia.» «Davvero? Gli amici?» Gli chiesi. «Anche i miei genitori. A te no?» «Beh, i miei due migliori amici sono qui, quindi non mi manca nulla.» Al contrario, pensai. Per me era un sollievo essere lontano dalla città in cui tutti bisbigliavano alle mie spalle. Avrei voluto non doverci tornare mai. «Non hai una fidanzata?» Fidanzata? Otto mi stava chiedendo se avevo una fidanzata. Non era una domanda difficile. Solo che rispondere sinceramente avrebbe 41 simoneturnerstories.tumblr.com


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significato dirgli che non ce l’avevo e non ne volevo una. Che ero gay insomma. «No,» risposi. «Niente fidanzata.» Non potevo farlo. Non potevo dirgli la verità. Non era che mi vergognassi o altro. Era solo che uno dei motivi per cui ero lì era proprio non essere il “Ragazzo Gay” almeno per qualche settimana. Se gli avessi detto la verità forse avrebbe mantenuto il mio segreto, se glielo avessi chiesto. Oppure no, e avrebbe potuto dirlo a tutto il campo, e io mi sarei ritrovato nella stessa situazione che avevo vissuto a scuola durante l’anno. «Il tuo marshmallow,» mi avvertì Otto. «Cosa?» Dissi, tornando in me. «Credo che stia bruciando.» Tirai indietro il bastoncino. Aveva ragione, il marshmallow era in fiamme. Questa volta, l’avevo avvicinato troppo. «Ecco,» disse, raggiungendo la borsa. «Prendine un altro.» «No, grazie.» Mi alzai. «Voglio controllare che i bambini stiano ancora dormendo.»

Prima di andare a dormire, mi fermai ai bagni. Il pavimento era ancora bagnato, qualcuno si era fatto la doccia da poco. Mi stavo lavando le mani quando sentii una voce alle mie spalle. «Mi era sembrato di sentire qualcuno.» Mi voltai. Era Web. Stava in piedi vicino alla porta delle docce. E, naturalmente, l’unica cosa che indossava era un piccolissimo asciugamano bianco intorno alla vita sottile.

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Diciamo solo che aveva un gran bel corpo. Spalle larghe, capezzoli scuri, e qualche pelo sul petto e sul ventre piatto. Inoltre mi sembra importante dirlo, anche se sono pienamente consapevole che questo rientra nella categoria ‘eccesso di informazioni’, c’era un grosso rigonfiamento nell’asciugamano all’altezza del suo voi-sapete-cosa. «Oh!» Esclamai. «Non volevo spaventarti.» «Non l’hai fatto!» Il fatto che il mio cuore battesse così forte non aveva nulla a che fare con la paura. «Allora,» disse con noncuranza. «Cosa ne pensi?» «Cosa?» Gli chiesi nel pallone. Mi dissi che non poteva riferirsi al suo corpo, o sì? «Del campo,» mi spiegò con un sorriso complice. «Ti piace?» «Va tutto bene, credo. Sto avendo alcuni problemi con…» Non riuscii a finire la frase. I capelli di Web erano ancora bagnati, l’avevo colto proprio mentre finiva di farsi la doccia, e lui con noncuranza prese l’asciugamano che gli cingeva la vita e iniziò ad asciugarseli. Provai a non guardare. Ma il fatto era che aveva il viso coperto dall’asciugamano, il che mi permise di sbirciare impunemente. Lo ammetto, la tentazione era stata troppo forte. Aveva gli addominali ben definiti, e la piccola scia di peli portava verso ombre più scure. So bene di dare troppe informazioni, ma devo dirlo: “quello” era ancora più grande di quanto avessi immaginato. «Con cosa?» Disse da sotto l’asciugamano. «Problemi con che cosa?» Alla fine mi voltai (anche io avevo un minimo di etica). «…Con i miei bambini,» dissi. «Sono un po’ monelli. Beh, buonanotte!» Tirò giù l’asciugamano. «Stai andando via?»

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«Si!» Mi girai per andarmene, ma andai a sbattere contro un mobiletto. Davvero forte. Squittii, ad alta voce. «Devo andare a controllare i miei bambini!» Non riuscivo a credere di aver usato la stessa scusa due volte in una notte. «Va bene,» disse, voltandosi verso le docce e dandomi un assaggio dell’ottava meraviglia del mondo, il suo posteriore perfetto. «Buonanotte.» «’Notte!» Risposi, imponendomi di andare via.

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Capitolo Cinque

L’attività di gruppo il giorno dopo, era un’escursione. O meglio dieci escursioni, ognuna guidata da un istruttore. Dovevamo arrivare tutti nello stesso punto – sul monte Baldy, dove ci saremo riuniti per mangiare. Alcuni degli istruttori (soprattutto i ragazzi) avevano trasformato l’escursione in una gara; altri (soprattutto ragazze) in una passeggiata immersi nella natura, per individuare le varie piante e sottolineare le caratteristiche del terreno lungo la strada. E poi c’ero sono io, che facevo tutto il possibile solo per fare camminare in avanti i miei bambini. Prima, ci fermammo ad osservare un serpente che mangiava una lumaca. Dopo che uno di loro aveva notato la scena, tutti i bambini si erano raccolti intorno per poter osservare più da vicino. «Va bene,» cercai di spronarli. «È molto interessante, ma ora dobbiamo andare, okay?» Alla fine riprendemmo a camminare, ma non prima che l’insetto sfesse stato divorato. Pochi minuti dopo, ci fermammo perché Willy aveva notato degli escrementi lungo il sentiero. «Ragazzi andiamo.» Anche alcuni gruppi di bambine ci stavano superando. Riprendemmo la marcia, ma i bambini non mi davano retta. Certo che no, eravamo ripartiti solo perché gli escrementi non erano abbastanza interessanti. Poi arrivammo a un ponte di legno su un piccolo stagno.

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«Grande!» Esclamò Ian, ignorando il ponte e scendendo fino allo stagno sottostante. Questo non sarebbe stato un problema se non ci fossimo già fermati per il serpente, gli escrementi e tutto il resto. Adesso eravamo ufficialmente ultimi. «Aspetta un attimo,» cercai di richiamarlo. «Non ci possiamo fermare.» Ian si voltò. «Stiamo facendo una passeggiata immersi nella natura, giusto?» Mi chiese. «Beh, suppongo di sì, ma…» «E questo stagno fa parte della natura, vero?» «Si, ma...» «Allora possiamo fermarci.» Gli altri bambini trovarono la sua logica impeccabile e si unirono a lui, ignorandomi. «Guardate!» Esclamò Julian. «Insetti pattinatori!» Solo in quel momento mi tornò in mente quello che mi aveva detto Otto la sera prima, riguardo al trattare i miei bambini come tutti gli altri. Solo perché erano ustionati, non dovevo farmi mettere i piedi in testa. «Va bene, adesso basta!» Dissi. «Dobbiamo andare! Vi voglio sul sentiero prima di subito!» Ian mi guardò di sottecchi. «Oppure cosa?» Mi chiese. «Che cosa?» Mi aveva preso alla sprovvista. «Che cosa farai se non torniamo sul sentiero?» Fui costretto a pensarci. Il signor Whittle ci aveva dato un paio di suggerimenti per questi casi, diverse ‘punizioni’: avrei potuto negargli qualche privilegio, come andare al falò il pomeriggio.

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«Io…» inizio dire, ma era troppo tardi. Avevo esitato. Dicono che chi si ferma è perduto, e hanno proprio ragione. Ian mi ignorò di nuovo, e si voltò verso il sottobosco. «Ho sentito un rumore,» disse. Parlava ai suoi compagni come se non ci fossi. «Andiamo a vedere.» «No! Tornate indietro!» Ma ora seguivano Ian, non me, ormai avevo giocato tutte le mie carte. Lo seguirono tutti nel bosco, anche Trevor, che almeno ebbe la decenza di guardarmi con aria colpevole prima di andare. «Bene!» Gli gridai dietro. «Niente marshmallow al cioccolato stasera!» In mia difesa, mi sentii uno stupido già mentre lo dicevo. Accidenti, ero io negato come istruttore o cosa? Dovevo andare con loro, non potevo lasciarli finire nelle sabbie mobili o qualcosa del genere. (O sì? Certamente avrebbe risolto molti dei miei problemi). Ma a dieci metri dal sentiero, notai qualcosa nel sottobosco. «Fermi!» Gridai. «Nessuno si muova!» Doveva esserci qualcosa nell’urgenza della mia voce perché, meraviglia delle meraviglie, si fermarono per davvero. «Edera velenosa,» spiegai. «È tutta intorno a voi.» Ne cresceva un po’ anche fra me e loro. «Velenosa cosa?» Chiese uno dei bambini. «È pericolosa. C’è uno strato oleoso sulle foglie. Se tocca la pelle, vi verrà uno sfogo, e probabilmente delle vesciche. Vi verrà da grattare, e non si può curare. E non c’è nemmeno bisogno che tocchi la pelle, se finisce sui vestiti e poi li toccate succede la stessa cosa.» Fino a quel momento non avevo visto l’edera velenosa crescere nei dintorni del campo, forse era per questo che il signor Whittle non l’aveva segnalata. Ma come mai nessuno dei bambini conosceva la 47 simoneturnerstories.tumblr.com


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pianta? Era strano. Probabilmente venivano da posti dove non cresceva. (Ma nessuno di loro aveva mai visto l’edera? Perché – accidenti! – l’edera velenosa gli somigliava molto. A quel punto ero sicuro che i miei bambini non avrebbero vinto il Premio di Botanica del Campo) Quando finii di illustrare il problema i bambini si guardarono l’un l’altro e poi guardarono Ian. «Ignoratelo,» disse lui. «Non è vero.» «Bene,» dissi, come se non mi importasse (il che era vero). «Quando sarete ricoperti di vesciche per le prossime quattro settimane ad impazzire cercando di non grattarvi, non venite a piangere da me. Caspita, spero solo che nessuno di voi abbia già toccato quella roba.» Nessuno disse niente, ma neanche si mossero. Studiavano il sottobosco come se fossero circondati da mostri nascosti, ed era proprio così in un certo senso. All’improvviso, mi venne in mente una cosa. Finalmente capii quello che aveva cercato di dirmi Otto. I bambini ustionati volevano essere trattati come chiunque altro? Beh, sapevo come mi sarei comportato con qualunque altra persona in quella una situazione. Iniziai ad allontanarmi. «Aspetta!» Mi chiamò Blake. «Dove stai andando?» Avvertii una certa urgenza nella sua voce. «Mi ne vado da qui,» dissi. «Mi è sembrato di capire che non vi servo.» «L’ha detto Ian!» Disse Blake. «Non io!» Mi voltai di nuovo verso i bambini. Avevo la loro attenzione adesso, questo era sicuro. Anche quella di Ian (anche se cercava di nasconderlo). «Volete il mio aiuto?» Chiesi. Sette ragazzini annuirono vigorosamente. 48 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Bene,» dissi. «Vi farò vedere qual è l’edera velenosa. E vi aiuterò a tornare sul sentiero.» Feci una pausa per sottolineare la cosa. «Ma solo ad una condizione.» «Che condizione?» Chiese Ian sdegnato. Il moccioso aveva fegato, dovevo ammetterlo. «Ascolta,» dissi. «Quello che sta succedendo qui è una stronzata, e voi lo sapete. Io sono il vostro istruttore, e voi siete solo un mucchio di mocciosi di dieci anni. Volete il mio aiuto? Dovete promettere di fare quello che vi dico per il resto del campeggio. Non voglio fare il coglione, potete ancora divertirvi. Ma quando dico una cosa, è importante, dovete ascoltarmi. Se lo promettete, vi porterò fuori di qui. In caso contrario, dovrete cavarvela da soli.» «Non ci lascerà davvero qui da soli!» Disse Kwame. Iniziai a ridere. «Scherzi, vero? Perché non dovrei? Sarebbe semplicemente giusto, dopo il modo in cui mi avete trattato.» «Sta bluffando,» insistete Ian. «Come volete,» dissi, voltandomi verso il sentiero. «Aspetta!» Mi chiamò Trevor, facendo un passo avanti. «Portami con te!» Scossi la testa. «No, tutti o nessuno. Avete deciso insieme di disobbedirmi e uscire dal sentiero, quindi a meno che non siate tutti d’accordo ad ascoltarmi da ora in poi, ne pagherete le conseguenze insieme.» Diedi loro un secondo per riflettere sulle mie condizioni. Poi dissi: «Allora? Cosa avete deciso?» Sette bambini mi promisero immediatamente obbedienza incondizionata per sempre. Fissai l’unico che non aveva parlato. «Ian?» «Continuo a pensare che sia un bluff,» disse, era lui a sembrare patetico adesso. «Ma va bene,» aggiunse borbottando. «Va bene cosa?» gli chiesi. «Devi dirlo.» 49 simoneturnerstories.tumblr.com


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Si, stavo infierendo. Ma si trattava di Ian, quindi era meglio essere chiari. «Farò quello che dici fino alla fine del campeggio!» Disse quasi gridando. «Bene.» Dissi con calma. Poi insegnai loro a riconoscere l’edera velenosa e il modo più sicuro per tornare al sentiero.

Che ci crediate o no, quell’esperienza con l’edera velenosa fece davvero la differenza. Non sto dicendo che i miei bambini divennero improvvisamente degli angioletti. Ma almeno mi seguirono per il resto del pomeriggio e soprattutto ascoltarono quello che dicevo. Riuscimmo anche a non arrivare ultimi (quello era il gruppo di Min). Non potei fare a meno di ricordare quello che mi aveva detto Otto sui bambini che volevano che le persone fossero severe con loro, perché significava che non venivano trattati in modo speciale a cause delle cicatrici. Quella notte, dopo aver spento le luci, per la prima volta mi sentii abbastanza soddisfatto di me stesso mentre andavo al falò con gli altri istruttori. «Che c’è?» Mi chiese Gunnar, notando il mio sguardo compiaciuto. «Oggi è andata bene con i bambini,» spiegai. «Durante l’escursione loro…» Improvvisamente qualcuno iniziò a cantare e suonare la chitarra. Era Otto, che cantava una ballata folk mai sentita prima, mi chiesi se non fosse opera sua.

Va bene se ho bisogno di te stanotte? Pensavo di controllare per vedere se è tutto a posto. Perché le stelle sono così lontane, 50 simoneturnerstories.tumblr.com


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e la notte è così buia. Va bene se ho bisogno di te stanotte?

Era bravo con la chitarra, non da tutto esaurito, ma abbastanza da animare una bella serata. Sfiorava appena le corde e le note più difficili venivano fuori senza sforzo. Ma era la sua voce la vera meraviglia. Pura e gentile, quel tanto che bastava da non risultare melensa. Era la voce di qualcuno che aveva provato una gioia incredibile, ma anche un dolore intenso, e di uno che aveva capito che non poteva avere l’uno senza accettare l’altro. Il segreto della vita era tutto nella sua voce. Mi stava spezzando il cuore e mi faceva sognare – esattamente nello stesso momento. Anche Gunnar se ne accorse. «Wow!» esclamò, la descrizione perfetta in una parola per la musica di Otto.

Non fraintendermi, so che domani è un altro giorno, Sono forte, Sopravvivrò a qualunque cosa a modo mio. Ma stanotte il vento ulula, E sono incatenato in cortile, Stanotte andare avanti è troppo difficile.

A dirla tutta, Otto aveva una voce talmente incredibile che quasi cambiò il modo in cui lo vedevo. Come facevo a pensare una cosa simile senza sembrare un idiota? Non lo so, quindi mi limitai a pensarlo senza darmi spiegazioni. Cantare lo faceva apparire normale. Questa era la cosa più strana. Improvvisamente, iniziai a vedere dei particolari di lui che non avevo notato. Gli occhi, per esempio, erano di un insolito colore scuro, ma 51 simoneturnerstories.tumblr.com


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caldo, bordeaux o ciliegio credo. E il corpo, slanciato e snello. Con polpacci muscolosi e avambracci ancora più sviluppati. La sua cicatrice invece, più cantava, e più sembrava scomparire. Non era proprio così, non stava davvero scomparendo. Solo che sembrava perfettamente normale, non uno sfregio. Se me lo aveste chiesto in quel momento, avei giurato che Otto era davvero bello.

Va bene se ti voglio stanotte? C’è tanto tempo prima dell’alba, E visto siamo insieme nel buio, Posso chiederti qualcosa di te? C’è qualche possibilità che anche tu, Mi vorrai?

«Ehi, Russel,» disse una voce alle mie spalle. Non avrei voluto risvegliarmi, ma dovevo. «Huh?» Ero un po’ seccato. Ma quando mi voltai per vedere chi mi aveva disturbato mi accorsi che non era Gunnar. Era Web. «Oh! Ciao!» «Abbastanza bravo, eh?» Web mi sorrise mentre parlava, ma guardava me, non Otto. «Cosa? Oh sì.» Otto continuava a cantare, ma non lo ascoltavo più. Web fece un cenno indicando le camerate in ombra. «Ti va di accompagnarmi per il giro?» Dopo aver spento le luci, dovevamo controllare le camere ogni ora, fino a che non rientravamo anche noi a dormire. «Certo!» 52 simoneturnerstories.tumblr.com


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Di solito erano un ragazzo e una ragazza a fare il giro, ma non avevo nessuna intenzione di farglielo notare se questo mi avrebbe permesso di passare un po’ di tempo da solo con lui. Mi alzai subito - con troppo entusiasmo, me ne resi conto tardi. Sentii la voce di Otto perdere un po’ di trasporto. Guardai verso di lui, ma stava fissando il lago. «Andiamo,» mi disse Web. «Si» risposi, e ci incamminammo fuori dalla spiaggia. Otto continuava a cantare, ma la sua musica non sembrava più felice e triste allo stesso tempo. Adesso sembrava solo triste. «Controlliamo prima le bambine,» suggerì Web. «Okay» Non riuscii in nessun modo a pensare a nient’altro da dire. I nostri passi facevano rumore sulla ghiaia, il che sembrava rendere il silenzio ancora più imbarazzante. Nessuno di noi due aveva pensato di prendere una torcia, quindi stavamo camminando al buio. A quell’ora della notte non erano accese nemmeno le luci dell’edificio principale. Le camere delle bambine erano raggruppate tra gli alberi lungo la riva, sul lato sud. Per tutto il tragitto nessuno dei due disse una parola. Controllammo tutte e cinque le camere, le bambine dormivano. «Ora i ragazzi?» Mi chiese. «Si,» risposi. Ci spostammo di nuovo sull’erba tra l’edificio principale e la spiaggia. Non riuscivo a vedere Web, ma era impossibile dimenticarsi che era lì. Era come un buco nero che risucchiava ogni briciolo di energia dal mio corpo. Improvvisamente, Web esclamò: «Ehi, guarda!» Mi accorsi che aveva smesso di camminare, ma non sapevo dov’era né tantomeno cosa indicasse «Eh?» «Le stelle! Riesco a vedere il Leone.» 53 simoneturnerstories.tumblr.com


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Alzai gli occhi verso il cielo, così lontano delle luci della città le stelle erano molto più luminose di quanto le avessi mai viste. «Dove?» Gli chiesi. «Là.» Vedevo solo una sagoma scura rivolta verso le stelle. Non dissi niente, soprattutto perché ancora non riuscivo a capire dove indicasse. Web rise. «Qui,» disse, avvicinandosi a me – dietro di me. Non potevo vederlo, ma in quel momento potevo decisamente sentirlo. Da dietro, guidò la mia mano poggiando il braccio sopra la mia spalla. «Ecco,» sospirò. E sentii il suo respiro caldo sulla pelle dietro il collo. (La notte era calda, ma rabbrividii.) «Lo vedi? Il punto di domanda all’ingiù, quella è la testa. E quelle cinque stelle intorno sono il corpo. Sembra accovacciato, ha proprio l’aspetto di un leone!» Non potevo muovere un muscolo, altrimenti sarei caduto dritto tra le sue braccia. Ma ero a malapena più resistente di un budino a quel punto, quindi dubitavo di resistere a lungo. «Conosci il Leone di Nemea?» Mi chiese Web. In qualche modo riuscii a costringermi a rispondere. «No.» «Hai sentito parlare di Ercole, giusto?» «Si…» «Be’, una dea fece impazzire Ercole, che uccise la moglie e i figli. Quando Ercole ritornò in sé, si sentì davvero triste per ciò che aveva fatto. Quindi un Oracolo gli disse che avrebbe potuto far tornare tutto a posto se avesse superato dodici prove impossibili. Le Dodici Fatiche di Ercole.» «Oh,» dissi. Web non si era mosso da dietro di me, avevo ancora il braccio appoggiato sulla mia spalla e mi parlava piano in un orecchio. Riuscivo a sentire anche il suo profumo (sapone, fumo dal fuoco, e un pizzico di sudore). 54 simoneturnerstories.tumblr.com


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«La prima fatica consisteva nell’uccidere proprio il Leone di Nemea,» continuò Web. «Ma quello non era un comune leone. Era molto forte, e aveva una pelle impenetrabile. Ercole cercò di ucciderlo con l’arco, ma le frecce rimbalzavano. Poi cercò di infilzarlo con la sua spada ma il metallo si piegò. Provò ad abbatterlo con una mazza ma si ruppe. Allora vuoi sapere cosa fece Ercole?» «Si…» «Strangolò il leone a mani nude! E una volta morto, usò i suoi stessi artigli, l’unica cosa abbastanza affilata da reciderne la pelle e lo scorticò. E da allora Ercole iniziò ad indossare quella pelle impenetrabile come un’armatura.» «Wow!» Esclamai. Da quando Web mi aveva chiesto di accompagnarlo per la ronda, non avevo detto più di una parola ogni volta che mi avevo chiesto qualcosa. Ero un idiota. Quando per l’ennesima volta risposi con un monosillabo, Web si staccò da me e si allontanò. «Be’,» disse. «Probabilmente dovremo andare a controllare le camere dei bambini ora.» Era una situazione ridicola! Perché non riuscivo a dire nulla? Eccomi qui, finalmente solo con questo ragazzo decisamente arrapante, e non sapevo dire nient’altro che uno stupido ‘Wow’? Dovevo dirgli qualcosa – quanto era stata bella la sua storia, o chiedergli la marca del suo sapone! Qualsiasi cosa! «Parlami di Orione?» Dissi alla fine, appena sussurrando. «Dove si trova?» «Eh?» Mi chiese Web, si era già allontanato, ormai era almeno a dieci metri da me. In altre parole, si era già incamminato lungo il prato, verso le camere dei ragazzi. Ero finalmente riuscito a dire qualcosa, ma era troppo lontano per sentirmi! «Russel, hai detto qualcosa?» Mi chiese di nuovo. «No,» Risposi. Ero di nuovo in modalità budino. 55 simoneturnerstories.tumblr.com


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E così, con nient’altro da dire, ci incamminammo nel buio in silenzio.

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Capitolo Sei

La mattina dopo, mi sarei preso a calci per quello che era - o meglio non era! - successo con Web. Stava chiaramente flirtando con me, o no? Allora perché non avevo riposto, o almeno detto qualcosa? Non c’era da meravigliarsi se aveva perso interesse! Mi sentivo sexy come una renna di plastica. Ero determinato più che mai a non lasciarmi sfuggire un'altra occasione. Ricordate quella scena di “Via col vento”, quando Rossella O’Hara alza il pugno in mezzo alla desolazione della piantagione di Tara dopo la guerra civile, e giura a se stessa che non soffrirà più la fame, anche se dovrà mentire, imbrogliare o rubare? Era così che mi sentivo riguardo a Web, giurai su Dio che non mi sarei lasciato scappare un'altra occasione per appartarmi con lui. Ci stavo ancora pensando quando iniziò il turno di bagnino con Em, il pomeriggio. «Allora,» mi chiese una volta seduti sulla spiaggia. «Chi è il tuo Brand?» «Cosa?» Mi stava chiedendo che marca di scarpe indossavo? Non sembrava una domanda da lei. «Come in “I Goonies” quel vecchio film,» mi spiegò Em. «Brand è il ragazzo figo. Ogni camerata ne ha uno, il tuo chi è?» «Oh,» annuii sorridendo. «Sicuramente Ian, lui è decisamente un Brand. Ma almeno è umano, continua a perdere la sua torcia.» «Il tuo Data?» «Il cervellone? Blake credo.» «Chunk?» 57 simoneturnerstories.tumblr.com


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«L’outsider? Spero di non averlo. A proposito, mi sono sempre chiesto perché Spielberg ha inserito un personaggio come Chunk nel film, lo credevo una persona buona.» «Per prendere in giro i grassi,» disse Em. «È l’unico pregiudizio ancora accettabile.» Ci pensai per un po’. «Il bambino che prendono più in giro è Willy. Perché si rifiuta di fare la doccia, quindi puzza.» «Uh-huh, come la mia Caitlin,» disse Em. «All’inizio pensavo che si vergognasse a fare la doccia con gli altri, così gli ho suggerito di farla la sera, quando non c’è nessuno. Ma non mi ha ascoltato. Non ho mai pensato che un bambino potesse puzzare, credevo che non avessero ghiandole sudorifere.» «Quanto mi piacerebbe! Ringrazio Dio per il nuoto. Ma anche così Caitlin non è mai davvero pulita. Ma almeno toglie la polvere.» «Aspetta, anche le bambine puzzano?» Le chiesi. «Se non mi credi vieni nella mia camera qualche volta. È come un brutto film di fantascienza: La bambina con l’incredibile puzza.» Risi di gusto. «Sono tutto intorno a noi!» Poi iniziai a fare Woo-woo come nei vecchi film. «Oh sì!» Approvò Em. «Un thererim sarebbe perfetto!» Smisi di ridere. «Fermati un attimo,» le dissi stupito. «Tu sai cos’è il thererim?» Lei mi guardò confusa. «Certo, non lo sanno tutti?» Okay, questo era troppo strano. Da quando lo conoscevo, Gunnar smaniava per trovare una fidanzata. Ed era impazzito anche per avere un theremin. E adesso, per caso, avevo incontrato l’unica ragazza sul pianeta che sapeva cosa fosse. Doveva essere il destino. Em e Gunnar erano destinati a stare insieme. Solo che lui non voleva avere più niente a che fare con le ragazze. E se gli avessi parlato di lei sapevo già cosa mi avrebbe detto – Grazie, ma 58 simoneturnerstories.tumblr.com


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no. L’ultima volta che gliene avevo parlato non mi aveva neanche lasciato finire. Però Em era troppo perfetta. Dovevo farli mettere insieme. Si, Gunnar mi aveva detto che non voleva una ragazza, ma sapevo che stava mentendo. Altrimenti perché leggeva romanzi rosa? Era come per il theremin a natale, poteva dire che aveva smesso di volerlo ma era ovvio che non fosse così. E in ogni caso non avevo forse promesso di non farmi mai più sfuggire un’occasione romantica? Si, parlavo di me e Web, ma era la stessa cosa. «Ehi,» dissi ad Em. «Hai impegni stasera?» Lei si alzò in piedi e iniziò ad urlare verso alcuni bambini in riva al lago. «Smettetela! Lasciate andare i pesci!» Erano riusciti a mettere alcuni pesciolini in un secchio e gli stavano sparando con le pistole ad acqua. Poi tornò a guardare me e proprio come veri bagnini riprendemmo la conversazione da dove l’avevamo interrotta. «Mi stai chiedendo di uscire?» Mi chiese. «Oh, no!» Risposi. «Come pensavo, non credo di essere il tuo tipo.» Non sapevo come interpretare la cosa, stava dicendo quello che pensavo? «È tutto a posto,» continuò come nulla fosse. «Mi sta bene, ho un ottimo GayRadar.» «Davvero?» E subito avrei voluto chiederle cosa diceva il suo radar su Web. «No,» rispose Em. «Ho un amico che va alla tua scuola. Mi ha parlato di un certo Russel, e ho pensato che fossi tu.» Wow! Allora ero famoso. Per l’ultima cosa al mondo per cui avrei voluto esserlo.

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«Non preoccuparti,» mi disse Em scorgendo la preoccupazione nei miei occhi. «Non lo sa nessun’altro qui, e io non lo dirò a nessuno.» Mi guardò per un attimo. «Allora? Volevi chiedermi qualcosa?» «Oh,» dissi, ancora preso dalle mie fantasie sull’essere famoso. «C’è qualcuno che vorrei farti conoscere meglio.» «Un ragazzo?» Annuii. «Chi?» Mi chiese. «Mmmh, sarà una sorpresa, okay?» «Un appuntamento al buio?» Ci pensò un attimo, poi si strinse nelle spalle. «Che cavolo, sarà una lunga estate. Dove?» Questa era una buona domanda. Dove potevo farli incontrare? Idea! «La darsena.» Era solo una vecchia casetta dietro gli attracchi per le canoe e le barche a remi. Però gli amanti nei libri e nei film si incontravano spesso in posti come quello.

Nella pausa tornai da Gunnar al negozio. «Ciao,» lo salutai. «Ciao,» Mentre andavo da lui avevo deciso di non essere troppo preciso sui miei piani. A dirla tutta, volevo che si mettesse insieme a una ragazza senza fargli sapere che ero coinvolto. «Indovina un po’?» Cercai di stimolare la sua curiosità. «C’è un alveare enorme nella darsena.» Gunnar adorava le api, la loro precisione lo affascinava. Piacevano anche a me, ma non quanto i film come Via col vento. 60 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Davvero?» Mi chiese. «Si, te lo mostro. Vediamoci lì dopo cena.» «Grande!» Esclamò eccitato. Oh, era troppo facile, pensai tra me. Era come pescare in un secchiello.

Mi spostai prima dalla cena per controllare che fosse tutto pronto per Em e Gunnar. La darsena era stata costruita su palafitte. Non era un granché, anzi era un po’ logora. All’interno non c’era molto da vedere, solo canoe, giubbotti di salvataggio, corde e purtroppo anche tanti escrementi di uccelli, alcuni fin troppo freschi. Però era chiusa su tre lati e si affacciava direttamente sul lago, quindi era molto riservata e c’era una splendida vista. Purtroppo era stata un primavera secca, ed erano ancora visibili i segni degli incendi sulla collina, ma la luce del tramonto donava alle nuvole una straordinaria tonalità di arancio. Lungo la strada per la rimessa raccolsi alcuni fiori, pensavo di metterli da qualche parte per aumentare l’atmosfera romantica. Trovai subito un posto perfetto. Li lasciai cadere sulla superfice calma del lago. Era grandioso! In un posto come quello sarebbe piaciuto anche a me stare con Em, e io sono gay! Poi però notai un gabbiano morto in un angolo. Non si addiceva molto all’idea mentale che mi ero fatto di Gunnar che stringeva Em tra le braccia e poi la baciava. Ma prima di poter calciare via il gabbiano sentii cigolare il legno sul molo. «Russ?» disse una voce. Era Gunnar. Merda! Era in anticipo! Avevo programmato di andare via prima che arrivassero. La mia presenza avrebbe rovinato tutto.

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Una delle canoe era coperta da un telo, così ci scivolai dentro e rimasi nascosto. «Russ?» Disse entrando. «Ci sei?» Che cosa ci facevo nascosto lì? Sentivo ancora il legno cigolare mentre Gunnar esplorava la darsena. «Russ ha detto che c’è un alveare,» disse Gunnar ad alta voce. «Ma dove?» Gunnar parlava da solo? Non lo sapevo. Un attimo dopo sentii qualcuno avvicinarsi all’esterno. «Russ?» Chiese Gunnar. «No, sono io.» Era Em, naturalmente. Entrò anche lei. (Arrivare in ritardo non andava più di moda?) «Oh! Ciao!» Disse Gunnar. «Che fai?» Gli chiese Em. «Cosa? Oh, sto aspettando una persona. Mi deve mostrare un alveare.» «L’hai già trovato?» «No, solo nidi di piccione.» «Peccato,» disse Em. «Adoro le api.» «Davvero?» Gunnar sembrava sorpreso. «Si.» Vai! Era anche meglio di come immaginavo! In più, Em non aveva vuotato il sacco su di me. «Guarda!» Esclamò Em. «Ci sono dei fiori in acqua.» «Oh,» disse Gunnar. «Chissà da dove arrivano.» Em scoppiò a ridere. «Che c’è?» Le chiese lui. 62 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Credo di sapere da dove arrivano,» spiegò Em. «Il tuo amico Russel. Mi sa che vuole farci mettere insieme.» Oops, avrei dovuto chiedere ad Em di essere più discreta. Anche se forse non era un male, romanticamente parlando. Se mi vedevano entrambi come una sorta di manipolatore, questo avrebbe potuto avvicinarli. Se non altro si sarebbero fatti insieme una risata a mie spese. Purtroppo Gunnar non rise. «No,» disse. «Russel non lo farebbe mai. Non dopo che gli ho chiesto di non farlo.» «Gli hai chiesto di non organizzare un incontro con me?» Gli chiese Em, comprensibilmente offesa. «Non è per te,» cerco di spiegarle Gunnar. «Sono io.» Cristo, stava rompendo con lei! «Capisco» disse Em. «Non è venuta fuori bene,» disse Gunnar. «Vedi, ho avuto sfortuna con le ragazze. E ho spiegato a Russel che non voglio incontrare nessuno in questo momento.» «Oh. Beh, in ogni caso devo tornare dalle mie bambine.» Ci fu una pausa, poi sentii dei cigolii mentre Em si incamminava verso la porta. «Aspetta» disse Gunnar. Non sentii altri passi, Em si era fermata. «Cosa ti piace delle api?» Le chiese Gunnar. «Non so, sono semplicemente fantastiche. Sai, non è vero quello che dicono dei bombi, non sono troppo pesanti per volare. È che muovono le ali di lato, quindi creano meno resistenza in salita.» «Si,» disse Gunnar entusiasta. «Lo so.» «Voglio dire, è ovvio, giusto? Visto che volano.» Era uno sviluppo interessante, forse non tutto era perduto. 63 simoneturnerstories.tumblr.com


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Il pavimento della darsena cigolò di nuovo, qualcuno stava camminando nervosamente (Gunnar, non avevo dubbi). «Sei allergica?» Le chiese Gunnar. «Alle api? Si, non è che muoio, però mi gonfio un po’.» «Anche io.» «Attento,» disse Em. «Non pestare il gabbiano.» «Cosa?» Chiese Gunnar. «Oh!» Sentii dei cigolii più brevi, come di qualcuno che inciampava. Poi sentii il rumore di qualcosa di viscido, seguito da un verso che mi fece rabbrividire. «Whoaa!» Era stato Gunnar a generarlo. Anche se non potevo vedere, in qualche modo sapevo esattamente quello che era successo. Gunnar era inciampato sul gabbiano morto e poi era scivolato sugli escrementi. Ti prego fa che non cada in acqua! Pregai in silenzio. Ma già mentre lo pensavo sentii il tonfo. «Oh Dio!» Esclamò Em. «Stai bene?» Gunnar non stava annaspando né altro. Perché avrebbe dovuto? L’acqua gli arrivava alla cintola in questo punto. «Va tutto bene,» disse a voce bassa. «Sto bene.» «Vieni, ti aiuto a uscire.» «No, sto bene. Ci vediamo più tardi, okay?» «Cosa?» «Vorrei stare un po’ da solo adesso.» «Oh,» disse Em. «Sicuro di non…» «Sono sicuro.» Em fece una pausa. «Poteva capitare a chiunque, lo sai. Potevo scivolare io.» 64 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Em,» le disse Gunnar con tono piatto. «Ti prego…» «Va bene.» Dopo di che Em se ne andò. Solo quando andò via il povero Gunnar risalì sulla darsena. Poi sentii le sue parole e il mio cuore si strinse. «Russ,» disse, sempre con voce piatta. «Lo so che ci sei.» Come fa a saperlo? Doveva averlo appena intuito, perché ero sicuro che non lo sapesse quando era arrivata Em. Comunque era inutile nascondersi, quindi strisciai timidamente fuori da sotto la tela. «Gunnar,» dissi. «Mi dispiace tanto.» Non rispose, rimase semplicemente a fissarmi. Aveva un’espressione strana sul viso, un incrocio tra confusione e dolore. Poi puntò l’indice contro di me e iniziò ad agitarlo. Era come se fosse troppo arrabbiato anche per parlare. Solo che non era arrabbiato. Ora lo vedevo bene. Stava piangendo. E questo mi fece sentire cento volte peggio. La cosa che temeva di più si era concretizzata. «Gunnar, mi dispiace così tanto! Puoi perdonarmi?» Non mi perdonò. Se ne andò con le guance rigate di lacrime e mi sbatté la porta in faccia. Non lo biasimavo.

Avevo fatto un casino, lo sapevo. Eppure ero sicuro che alla fine mi avrebbe perdonato. Doveva farlo. Qualche mese prima mi aveva fatto una cosa simile e io l’avevo perdonato. Comunque gli avrei dato uno o due giorni per sbollire. Non avevo più parlato con Min dopo il nostro battibecco di tre giorni prima, lei aveva avuto abbastanza tempo per tornare in sé, così le chiesi di vederci alla baia dopo aver messo a letto i bambini. Avevamo un sacco di cose di 65 simoneturnerstories.tumblr.com


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cui parlare: non solo riguardo Gunnar, ma anche di me e Web sotto le stelle e del nostro incontro ancora più interessante alle docce. Ero arrivato in anticipo alla cala – perché avevo messo a letto i miei bambini in pochissimo tempo. (Chi lo sa? Magari si sarebbe scoperto che ero un bravo istruttore dopo tutto!) Questa volta non salii sulla roccia. La aspettai in spiaggia. Da là sotto la sua forma mi ricordava una torta nuziale afflosciata. Dopo qualche minuto sentii dei passi nel buio. «Min?» Dissi. Mi chiesi se era ancora seccata. «Russel!» Rispose eccitata. «Ciao!» Mi saltò quasi addosso. Voleva dire che mi aveva perdonato, giusto? «Sembri felice,» le dissi. «Che succede?» «Non ci crederai mai!» Esclamò. Poi pronunciò le parole orribili che ricorderò fino al giorno della mia morte. «Io e Web ci siamo messi insieme.»

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Capitolo Sette

Dunque Min e Web stavano insieme. Come era possibile? Sapevo che Min era bisessuale, ma che io sapessi non si mai interessata a un ragazzo prima. Ora capivo perché aveva voluto a tutti i costi stare in coppia con Web, e perché qualche notte prima era stata così sicura che lui non fosse gay. Per quanto riguardava Web invece, la domanda che mi sarei dovuto fare fin dal principio non era se gli piacessi io, ma se gli piacevano i ragazzi in generale. Ecco cosa succedeva quando si metteva il carro davanti ai buoi! «Wow!» Dissi a Min. «È fantastico, sono felice per te.» «Davvero?» Mi chiese. «So che piaceva anche a te…» «No. Cioè, si, sono un po’ deluso. Ma se è etero è etero. E se è etero, preferisco che esca con te anziché con Lorna.» Lorna era una degli altri istruttori, la tipica cheerleader. Min sorrise. «Grazie Russel.» Poi si diede un’occhiata indietro, verso il campo. «Che c’è?» Le chiesi. «Eh? Oh, niente.» «Hai un appuntamento con Web stasera?» «No! Beh, una specie. Ma non devo andare subito.» «Tranquilla.» Le dissi. Il suo viso si illuminò come una lampada alogena. «Davvero?» «Si.» «Grazie Russel! Sei fantastico!»

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E prima che potessi dire altro, si voltò e corse via nel buio come un cucciolo impaziente.

Rientrando alla mia stanza incontrai Gunnar. «Ciao!» Lo salutai. «Come va?» Anche se quello che gli avrei voluto chiedere veramente era: mi hai perdonato? «Ciao,» rispose gelido. «Sto bene.» Ma quello che voleva dire davvero era: No! Ricapitolando, una dei miei migliori amici stava insieme al ragazzo che mi piaceva, e l’altro era così arrabbiato con me che a malapena mi parlava. Decisamente non stavo avendo una buona settimana.

Il venerdì accompagnammo i bambini in un'altra scampagnata. Andammo a sud seguendo la riva del lago, su un percorso chiamato proprio “Fronte Lago”. C’era ancora un vago odore di fumo nell’aria a causa dei vari incendi boschivi, ma il vero fumo era quello nella mia mente, visto che non sapevo cosa fare per risolvere la situazione con i miei amici. Camminavamo da circa trenta minuti quando incontrai Otto. I miei bambini si apprestavano a superare i suoi sul sentiero. «Ciao,» lo salutai. «Oh, ciao!» Rispose. Da qualche parte sugli alberi, un corvo iniziò a gracchiare. Per la cronaca, i bambini di dieci anni non hanno molta pazienza, soprattutto se si apprestavano a sorpassare altri bambini. «Ehi!» Dissi loro. «Non spingete! Se volete sorpassare aspettate il vostro turno.» 68 simoneturnerstories.tumblr.com


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Mi ascoltarono e si rimisero in fila. «Mmmh,» disse Otto. «Le cose vanno meglio con loro, eh?» «Cosa?» «L’ultima volte che ne abbiamo parlato avevi dei problemi.» «Oh, sì.» Avevo avuto problemi con i bambini ma ormai non più. Anzi, le cose andavano talmente bene, che mi ero quasi dimenticato di averne avuti. «Mi hai dato un buon consiglio. Ha funzionato, grazie.» Poco più avanti i bambini si fermarono raccogliendosi intorno a una baracca diroccata. Doveva essere stata costruita e abbandonata da molti anni, il tetto era in gran parte crollato. Fra l’erba che ci era cresciuta dentro si notavano i resti di un camino in pietra e un trogolo di metallo arrugginito. «Che cos’è?» Chiese uno dei bambini di Otto. «È la casa di Keplero,» rispose lui. «Uno dei primi coloni del lago. Ha almeno un centinaio d’anni.» All’interno del casotto, tra le rovine c’era appena lo spazio sufficiente per fare un passo. Quindi, ovviamente, tutti i bambini volevano entrare a vedere. Sembravano un branco di topolini chiassosi. «No!» Li fermò Otto. «Non è sicuro. E non pensate neanche di tornare qui da soli.» «Altrimenti cosa fai?» Lo sfidò Ian. «Ti prendo a calci nel culo. E poi chiamo i tuoi genitori per farti riportare a casa. Fidati, finirai in un mare di guai.» «Che cos’è?» Chiese uno dei bambini di Otto. Stava indicando oltre la baracca, verso il lago. Guardammo tutti in quella direzione. C’era del fumo grigio che aleggiava oltre le colline, sull’altro lato del lago. Era il tipico fumo causato da un incendio nel bosco.

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Ero sicuro che ci fossero degli incendi da qualche parte – l’odore del fumo si avvertiva da giorni. Ma non credevo che fossero così vicini. Forse da quel punto si vedevano meglio perché quella era la parte più stretta del lago. Ma anche da quel punto era impossibile stabilire quanto fosse vicino il fuoco, o quanto fosse grande. Avrebbe potuto essere proprio sull’altro lato della collina oppure a chilometri di distanza. «Non è niente,» disse Otto alla fine. «Andiamo avanti.» «Come niente?» Disse Ian. «È un incendio!» «Però è oltre il lago,» intervenni io. «Siamo al sicuro qui. E guarda, i vigili del fuoco lo stanno già spegnendo.» C’erano degli elicotteri nei dintorni, e sicuramente si preparavano a sganciare l’acqua. Come mai non li avevo notati prima? «È gli alberi?» Chiese uno dei bambini di Otto. «Non moriranno?» «Non quelli più vecchi,» gli rispose lui. «La loro corteccia è speciale. Quando crescono sviluppano delle proprietà ignifughe, che li proteggono dagli incendi.» «Non è vero!» Disse Kwame. «Si invece.» «Ma resteranno feriti?» Chiese un altro dei suoi bambini. «Però sopravvivranno.» «Ma sentiranno dolore!» «No,» disse Otto. «Sono alberi, non sentono il dolore.» «Invece sì!» Esclamò Ian. «No!» Quasi gridò Otto, iniziando a scomporsi. «Non è così!» Potrei non essere il ragazzo più intelligente del mondo, ma anche io capivo che Otto e i bambini non stavano davvero parlando di alberi. Erano ustionati, e in qualche modo stavano parlando di sé stessi.

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Li osservai meglio, guardavano oltre il lago in silenzio. Erano come paralizzati, come se avessero visto un fantasma. In un modo o nell’altro ognuno di loro aveva visto quel fuoco da vicino (beh, tranne Julian con il suo problema di acne, ma anche lui fissava in quella direzione abbastanza intensamente). Guardai Otto. Persino lui ormai era come ipnotizzato dal fumo. Ero l’unico ancora in tranquillo e pensai di dover dire qualcosa. Ma cosa? Una parte di me non avrebbe voluto intromettersi, solo che non mi sembrava una cosa buona lasciarli in quello stato. Erano come bloccati, troppo spaventati per andare avanti. Ma non mi sembrava neanche giusto dire un semplice: “Okay ragazzi, è ora di andare!” Facendo finta che non fosse successo nulla. Fra gli alberi un corvo gracchiò di nuovo, e all’improvviso mi venne un’idea. «Gli indiani Lenape hanno una leggenda sugli incendi.» Dissi rivolgendomi a tutti loro. Otto mi guardò, curioso di sapere cosa avessi in mente, mentre i bambini continuavano a fissare oltre il lago. «Tutto iniziò quando c’erano solo animali sulla Terra,» iniziai a raccontare. «Prima degli esseri umani e delle stagioni, quando il tempo era sempre mite. Poi un giorno arrivarono l’inverno e la prima neve. All’inizio, agli animali piaceva ma quando continuò a scendere arrivò anche il freddo. Così si riunirono per decidere cosa fare e alla fine, decisero di inviare uno di loro alla lontanissima casa del Creatore, per chiedergli di fermare la neve.» Mi guardai intorno. I bambini fissavano ancora il lago ma ora sembravano anche ascoltarmi (tranne Ian, che era occupato a prendere a calci le pietre del camino crollato). Mi sforzai di ricordare il resto della storia. Ero abbastanza sicuro che fosse anche meglio di quella mi aveva raccontato Web, su Ercole e il Leone di Nemea.

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«Gli animali pensarono di inviare la Civetta,» continuai. «Ma non ci vedeva bene durante il giorno. E non potevano inviare il Coyote, perché si sarebbe distratto. Così decisero di mandare il più bello fra tutti gli animali, il Corvo Arcobaleno. Perché a quei tempi il corvo aveva le piume di tutti i colori dell’arcobaleno, e il suo canto era il più dolce fra quello di tutti gli uccelli.» «Il Corvo Arcobaleno accettò di andare a parlare con il Creatore, e volò in alto nel cielo, sopra la neve e il vento, sopra le nuvole, la luna e le stelle. Volò per tre giorni, e alla fine raggiunse la sua destinazione. Ma il Creatore era troppo occupato per notarlo, così il Corvo Arcobaleno iniziò a cantare, e il suono era così soave che il Creatore lasciò i suoi impegni e andò da lui. “Cantando questa canzone mi hai fatto un grande dono,” disse. “Ora voglio farti un regalo, che cosa desideri?”» «“Per favore Signore, fa cosi freddo sulla Terra. Vorrei fermare la neve.” Rispose il Corvo Arcobaleno.» «“Mi dispiace, non posso farlo,” disse il Creatore. “Perché la neve ha un suo spirito, così come il vento e l’inverno. Ma posso farti un regalo da usare contro il freddo. Ti posso dare il fuoco, che vi terrà al caldo.”» «Quindi,» continuai a raccontare. «Il Creatore prese un bastone e lo poggiò sul Sole dandogli fuoco. Poi lo diede al Corvo Arcobaleno e disse: “Purtroppo posso farti questo dono solo una volta, quindi affrettati a tornare sulla Terra prima che la fiamma si spenga.”» Mentre parlavo osservai ancora i bambini. Ormai non mi stavano più solo ascoltando, pendevano letteralmente dalle mie labbra, anche Ian aveva smesso di prendere a calci le pietre. Però non credo fosse perché ero un gran narratore. Forse erano solo spaventati e avevano bisogno di qualcosa con cui distrarsi. «Così il Corvo Arcobaleno prese il bastone in fiamme con il becco,» dissi. «E iniziò il viaggio di ritorno. Mentre volava la fuliggine si posò sulle sue piume facendole diventare nere. E il fumo gli andò in bocca facendo diventare la sua voce rauca.»

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«Alla fine, il Corvo Arcobaleno arrivò sulla Terra e condivise il fuoco con gli altri animali, che grazie ad esso poterono tenersi al caldo e furono felici. Ma il Corvo Arcobaleno era triste, perché ormai le sue fantastiche piume colorate erano diventate nere e la sua magnifica voce era scomparsa. Non era più un Corvo Arcobaleno, adesso era un semplice corvo. Così volò sulla cima di un albero per stare solo e poter piangere.» «Il Creatore dal cielo, sentì piangere il Corvo e avvertì la sua disperazione, così andò dal povero uccello. “Perché sei così triste?” Gli chiese.» «“Sono triste,” rispose il Corvo. “Perché prima ero bellissimo e ora non lo sono più. Prima cantavo mentre ora non posso più farlo. Ormai non sono più il Corvo Arcobaleno ma un semplice Corvo.”» «“Quello che hai fatto per il tuo popolo ha richiesto un grande coraggio,” gli disse il Creatore. “E io ti ho ricompensato con queste piume nere e con una voce diversa. Sono il mio regalo per te. Ti ho donato la libertà.”» «“Liberta?” disse il Corvo. “Come possono queste cose rendermi libero?”» «“Tu hai salvato il tuo popolo dal freddo,” rispose il Creatore. “Ma presto verrà un nuovo pericolo per gli animali. Presto gli esseri umani arriveranno sulla Terra, si prenderanno il fuoco e vorranno comandare su tutto. Ma non potranno mai avere te. Non ti cacceranno per tua carne o le tue piume, perché la tua carne è impregnata di fumo e le tue piume sono nere. E non ti metteranno in gabbia per sentirti cantare, perché ora la tua voce e rauca. Resterai sempre il Corvo Arcobaleno, e continuerai ad essere bello, ma la tua sarà una bellezza segreta, che gli altri non vedranno a meno che non guardino con molta attenzione.” E infatti, quando il corvo guardò bene le sue piume nere, notò che sotto una certa luce brillavano ancora di tutti i colori dell’arcobaleno.» «Così il Corvo tornò dal suo popolo. E fino ad oggi, solo pochi esseri umani sono riusciti a vedere la vera bellezza del più libero fra tutti gli animali, il Corvo Arcobaleno.» 73 simoneturnerstories.tumblr.com


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Quando terminai la storia, guardai i bambini. Gli elicotteri continuavano a volare e il lago gorgogliava, ma loro adesso erano assolutamente tranquilli. Era divertente, perché appena iniziata la storia mi sembrava semplicemente bella, ma ora capivo che era perfetta per questi bambini ustionati, per fargli capire che erano tutti dei Corvi Arcobaleno, con una bellezza nascosta. Ma non avrei saputo come spiegarlo ad alta voce senza sembrare stupido. Così, molto tranquillamente, dissi: «Ora muoviamoci, okay?» Senza una parola ci rimettemmo in marcia. Poi, e non sarebbe potuta andare meglio neanche se lo avessi pianificato, un corvo iniziò a gracchiare. Ogni bambino lo fissò come ipnotizzato, senza pensare più al fuoco lontano, ma solo al corvo e alla mia storia. «È una vera legenda indiana?» Mi chiese Otto, dopo un po’. «Credo di sì,» risposi. «Dove l’hai sentita?» «In un romanzo ambientato nel Selvaggio West. Mi ha colpito.» «È bellissima.» Era la mia immaginazione o Otto si era un po’ commosso? Lo guardai meglio, ma ero dal lato della cicatrice, quindi non riuscivo a decifrare bene la sua espressione. «Mi è piaciuta la tua canzone,» gli dissi. «L’altra sera, vicino al fuoco. Era moto bella.» «Oh,» fece Otto, abbassando lo sguardo. «Grazie.» Ora però sapevo esattamente a cosa pensava, perché viso sfregiato o no, Otto Digmore stava arrossendo.

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Capitolo Otto

Di solito non sono un tipo che ama vantarsi, ma parliamoci chiaro: come istruttore per bambini ustionati spaccavo di brutto. E dirò di più. Con quella storia sul Corvo Arcobaleno mentre i bambini erano spaventati dal fuoco nella foresta, avevo provato una volta per tutte di essere il dio degli istruttori del Campo. E potevo bere a pieno titolo dal calice d’oro degli animatori estivi sul Monte Olimpo degli animatori. Insomma, per farla breve ero dannatamente soddisfatto di me stesso. Continuai a pensarci anche mentre rientravo in camera, dopo aver passato la serata con gli altri istruttori intorno al fuoco. Quando ero quasi arrivato, sentii delle risate. La risata di Web. Sentii anche il suono di schizzi, venivano dalle parti della nostra insenatura segreta, il posto dove di solito incontravo Min e Gunnar la sera. Dunque un altro istruttore – Web – alla fine aveva scoperto la baia. Non era al falò insieme a noi poco prima, e non potevo fare a meno di chiedermi cosa avesse da ridere. Solo intorno al fuoco non c’era neanche Min, quindi mi ero già fatto un’idea. Infatti, dopo un secondo, sentii qualcun altro ridere, una ragazza. Era la risata di Min. Qualunque cosa stessero facendo, improvvisamente volevo vederla con i miei occhi. Mi girai e seguii il sentiero verso la baia. Però, ed è qui che le cose si fanno strane, iniziai a camminare silenziosamente, e a fare attenzione per non calpestare i rami, in pratica cercando di non fare rumore. Non volevo proprio spiarli, diciamo solo

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che non avevo intenzione di annunciare la mia presenza al mondo intero. Quando mi avvicinai alla spiaggia, cambiai strada e andai verso una sporgenza nella roccia che si affacciava sulla baia da un lato. Così avrei potuto vedere Min e Web, ma loro non avrebbero potuto vedere me. Avanzai nel sottobosco fino ad avere una visione chiara dell’insenatura. La prima cosa che notai fu la rocca, sembrava diversa da quell’angolazione. Non aveva più l’aspetto di una torta nuziale, da lì sembrava una nave che affonda. C’erano due persone in acqua, che nuotavano, parlavano e ridevano. Naturalmente uno era Web, e l’altra Min. Era buio e non potevo vedere chiaramente, ma ero certo che stessero nuotando nudi. Web non aveva scoperto la nostra piccola insenatura segreta, era stata Min a mostrargliela! Che rabbia! In ogni caso, avevo visto quello che volevo, quindi mi piacerebbe poter dire che mi voltai e me ne tornai alla mia camera. Mi piacerebbe, ma non posso, perché non successe questo. Invece, mi accovacciai tra i cespugli e rimasi ad osservarli giocare al chiaro di luna. So che questo mi fa sembrare un guardone pervertito (soprattutto dopo che avevo origliato Em e Gunnar alla darsena!). E so anche che si tratta di una imperdonabile invasione della loro privacy, ma non riuscii ad andare via. Dopo un attimo, Web iniziò a nuotare verso la roccia e ci salì sopra. Era come se controllassi la sua mente, perché era proprio quello che volevo che facesse. Mentre saliva sulla roccia, notai che avevo ragione. erano nudi. Web era completamente nudo. E la luce della luna lo illuminava quindi potevo vedere davvero tutto. L’avevo già visto nudo – quella notte nelle docce. Ma si era trattato solo di un rapido sguardo mentre aveva la testa coperta. Questo era 76 simoneturnerstories.tumblr.com


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diverso. In quel momento potevo guardare. Non sapeva che ero lì. Era una cosa terribilmente sbagliata, lo sapevo, e sapevo che probabilmente avrei pagato per questo una volta morto, in purgatorio o che altro (se un posto del genere esisteva davvero). Ma non mi importava. Perché ne valeva la pena. Fermo lì, sotto la luce perlata della luna, Web era bellissimo. Mio padre collezionava i fumetti di Peanuts – quelli con Charlie Brown, Lucy e Snoopy – e guardare Web mi li ricordò. Nel fumetto, Piperita Patty (che è innamorata di Charlie Brown) quando vede per la prima volta la Ragazza dai Capelli Rossi (di cui Charlie è innamorato) vorrebbe parlare con lei, ma non riesce a fare altro che piangere. Vede quanto è bella e capisce il motivo per cui Charlie Brown ne è innamorato, si rende conto che lei non sarà mai così bella, e che nessuno la guarderà mai come Charlie Brown guarda la Ragazza dai Capelli Rossi. In piedi su quella roccia, Web brillava, e non solo per l’acqua e il chiaro di luna. Il suo corpo era perfetto, e avevo voglia di piangere perché sapevo che non sarei mai stato come lui, e nessuno mi avrebbe mai guardato come io lo guardavo lui. Ma c’era di più. Non era solo perché lui era tanto bello. Avevo voglia di piangere anche perché ora sapevo che era etero e aveva scelto Min, quindi non avrei mai potuto averlo, e non lo avrei mai più visto in quel modo. (Chissà? Forse anche Piperita Patty piangeva per lo stesso motivo a causa della Ragazza dai Capelli Rossi. Avevo sempre avuto l’impressione che fosse lesbica.) Prima di potermi fermare, mi sentii soffocare. Visto che la notte era calma, i miei fievoli singhiozzi riecheggiarono nella baia. Web alzò lo sguardo. «Ehi?» Gridò. «C’è qualcuno?» Mi bloccai. Era una di quelle situazioni in cui non si poteva essere scoperti, perché non c’era una spiegazione per giustificare la mia presenza. E la verità era semplicemente troppo imbarazzante. «Non è niente,» disse Min. «Dai tuffati!» 77 simoneturnerstories.tumblr.com


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Web si tuffò. E coperto dal rumore degli schizzi strisciai fuori dalla sporgenza e tornai al sentiero, per rientrare alla mia camera. Onestamente posso dire che mi sentii terribilmente in colpa per averli spiati. Purtroppo, per essere davvero onesto, devo anche ammettere che lo rifarei se ne avessi l’occasione.

Il giorno dopo, sabato, tutto il campo andò in gita presso una segheria vicina. Per la precisione, una segheria dismessa trasformata in museo a cielo aperto. Se dovessi descrivere l’intera gita, vi annoiereste quanto i bambini (vi annoiereste maledettamente). Così parlerò solo di alcune cose tranquilli – niente legname. La prima cosa interessante successe sul bus. Em sedette accanto a me e ad un certo punto si sporse nella mia direzione. «Mi piace.» Bisbigliò. Prima di rispondere mi allontanai un po’, soprattutto perché ero preoccupato del mio alito. «Cosa?» «Il tuo amico Gunnar. È carino.» La fissai. «Scherzi?» Lei rise. «Perché dovrei?» Osservai i bambini e gli altri istruttori intorno a noi. Gunnar era sull’altro autobus, ma avevo comunque paura che qualcuno ci sentisse e gli riferisse che avevamo parlato di lui. Alito cattivo o no mi chinai verso Em. «È quello che è successo alla darsena?» Sussurrai. Non volevo che sapesse che avevo origliato quindi aggiunsi «Gunnar me ne ha parlato.» Si strinse nelle spalle. «Non è niente.» «Non è caduto in acqua?» «È solo scivolato, poteva capitare a chiunque.» 78 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Lo credi davvero?» Lei mi guardò come se fossi pazzo. «Certo.» A Em piaceva Gunnar. Come era possibile? Dopo la figuraccia che aveva fatto, ero sicuro che questa cosa violasse almeno un paio di leggi della fisica. Em si rigirò i capelli intorno a un dito. «Io gli piaccio?» «Non lo so,» risposi. «Non ne abbiamo parlato.» «Pensi di…?» «Cosa?» «Lo sai, di poterci far uscire ancora insieme.» Em voleva che organizzassi un altro appuntamento? Era incredibile! Per tutta la vita Gunnar aveva desiderato una fidanzata e adesso c’era una ragazza che lo voleva davvero. Una ragazza fantastica! «Aspetto,» dissi, ricordando un particolare all’improvviso un particolare essenziale. Gunnar non me lo avrebbe mai permesso. Era stato chiarissimo su quel punto. «No.» «No, cosa?» «Em, Gunnar e io ci parliamo a malapena ora. A causa della prima volta che ho cercato di farvi incontrare.» «Beh, quando parlerete di nuovo gli diresti che mi piace? Lo farei io, ma credo che mi stia evitando.» «Non è per te, sta evitando tutte le ragazze. Crede di essere maledetto o qualcosa del genere.» «Andiamo Russel, mi piace davvero!» «Ma…» «Almeno provaci, che male può fare?» Ci pensai su. Aveva senso, non poteva far male dirglielo.

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Non fui costretto ad aspettare a lungo per scambiare due chiacchere con lui. Successe alla segheria. Questa fu la seconda cosa interessante della gita. Stavo controllando i miei bambini mentre esploravano le locomotive abbandonate nel giardino del museo. Gunnar si avvicinò a me. «I tuoi bambini si stanno comportando bene oggi,» mi disse. «Oh! Si, grazie!» Era la prima vera frase che mi rivolgeva dall’incidente alla darsena. «Per la cronaca, non sono più arrabbiato.» «Davvero? È fantastico! Grazie! Grazie per avermi perdonato.» Non disse niente per un po’, poi mi chiese «Allora, che succede?» «Oh, non molto.» «Dai,» disse Gunnar. «Sembra che tu voglia dirmi qualcosa.» In effetti dovevo dirgli una cosa (su Em), ma odiavo che la mia faccia fosse così facile da leggere. Dunque significava che anche Web poteva vedere i miei sentimenti in modo così chiaro? «Davvero?» Dissi con indifferenza. «Non è nulla.» «Russ,» «Oh Dio. Va bene. Ma lasciami finire, okay? Ascolta e basta.» Mi girai a guardarlo. «Ero seduto accanto a Em sul bus. Mi ha detto che gli piaci, e mi ha chiesto anche di organizzare un altro appuntamento con te.» Lo fissavo in attesa ma non disse nulla. «Okay,» gli dissi. «Ora puoi parlare.» «Scherzi vero?» Mi chiese. «No, me l’ha appena detto.» 80 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Non per quello. Intendevo dire che stai ancora cercando di trovarmi una ragazza! Hai sentito quello che ti ho detto prima?» «Si, ho sentito. Ma ora è diverso, perché…» «Russ? So che lo fai per il mio bene, ma fermati. È finita, non voglio avere una ragazza. Ne Em, ne nessun’altra. Va bene?» Cosa potevo dire? Lo guardai e annuii. «Me lo prometti?» «Cosa?» «Voglio che prometti che non cercherai di farmi mettere insieme a Em o a qualsiasi altra ragazza.» Sospirai e annuii ancora. «Va bene.» «Devi dirlo ad alta voce.» «Gunnar!» Stava infierendo. Ma proprio come avevo fatto io con Ian in quel prato infestato di edera velenosa, Gunnar continuava a fissarmi finché non pronunciai la mia promessa ad alta voce. E non avevo nemmeno incrociato le dita.

L’ultima cosa che successe fu anche la più interessante di tutte, nonché la più imbarazzante per me. Ma è fondamentale per la storia, quindi devo comunque includerla. I miei bambini insistettero per entrare nel negozio di souvenir. Questa era già una cattiva idea perché avrebbero comprato un sacco di caramelle, che li avrebbero resi ancora più iperattivi, e il negozio sarebbe sicuramente stato pieno di oggetti delicati che avrebbero potuto rompere. Ma dopo la storia del Corvo Arcobaleno, mi sentivo una specie di Superman ed ero convinto di poterli gestire in qualsiasi circostanza. Oltre ai piattini di porcellana da collezione e alle statuine di cristallo, c’erano anche altre quattro persone dentro il negozio – due 81 simoneturnerstories.tumblr.com


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ragazzi e due ragazze, tutti adolescenti – li notai subito (va bene, notai immediatamente i ragazzi perché, beh, erano assolutamente sexy). Erano più grandi di me, forse dell’ultimo anno. Ed erano i peggiori bei ragazzi che si potessero immaginare, ricchi e arroganti con i pantaloncini firmati e gli occhiali Versace. I tipici atleti assolutamente fighi che mi avevano causato tanti problemi a scuola. (La rovina di quasi ogni ragazzo gay, spesso i più bei ragazzi alle superiori sono anche i più stronzi.) Feci del mio meglio per ignorarli. Non potevano sapere che ero gay, almeno finché mi fossi trattenuto dallo sbavare (era difficile, ma potevo farcela). Quindi non avevano motivo di darmi fastidio. Dal momento che ovviamente erano entrambi etero, probabilmente non si sarebbero neanche accorti di me. Solo allora mi ricordai di non essere solo nel negozio. Ero con i miei bambini. I miei bambini ustionati, sfregiati e sfigurati. A quel punto della mia esperienza con loro avevo quasi dimenticato che avessero delle cicatrici. Improvvisamente vidi i miei bambini attraverso gli occhi di quei due ragazzi – belli ma sicuramente stronzi – dell’ultimo anno. Non era difficile immaginare quello che avrebbero pensato di Zach (il Fantasma dell’Opera sta arrivando!) Di sicuro, iniziarono subito a guardarli. Ma non si limitarono a quello, li fissavano. Le ragazze furono più caute ma fondamentalmente fecero lo stesso anche loro. Ormai avevo un brutto presentimento. I bambini notarono gli sguardi. Non c’era nessun’altro nella rivendita del museo a cielo aperto e quella era la prima volta che qualcuno li fissava in quel modo dall’inizio del campo. Mi sentii in imbarazzo, non ero sicuro del motivo. I bambini non avevano nulla di cui vergognarsi per essere ustionati. E io non avrei dovuto essere imbarazzato per essere il loro istruttore. Ma lo ero. E il modo migliore che ho per spiegarlo è dire che all’improvviso mi ritrovai 82 simoneturnerstories.tumblr.com


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in una situazione molto familiare. Mi sentii di nuovo come il Ragazzo Gay nei corridoi della mia scuola. Anche in quel caso non c’era motivo di essere imbarazzato, ma era comunque così. Più di ogni altra cosa al mondo avrei voluto uscire da quel negozio di souvenir, lontano da quei ragazzi e (per essere onesto fino in fondo) anche dai miei bambini. Ero stanco di essere quello strano al centro dell’attenzione. Ed era proprio per questo che ero venuto a fare l’istruttore nel campo. «Andiamo,» dissi ai bambini. «Raggiungiamo gli altri.» Nessuno protestò. Probabilmente erano a disagio quanto me e anche loro volevano andare via. Quindi ci incamminammo verso l’uscita. Sarebbe andato tutto bene, e nessuno avrebbe mai saputo del mio imbarazzo o altro, se in quel momento esatto uno dei due ragazzi non avesse detto a voce alta e perfettamente udibile: «Fottuti mostri!» e poi l’altro ragazzo – ma non ragazze – non avesse riso. Quando i bambini li sentirono, e li sentirono tutti perché era il genere di cose che non si può non sentire, si bloccarono. Anche io mi congelai, ma non come un pistolero che aveva sentito qualcuno insultare sua madre e si preparava a sparare. Mi bloccai come lo schermo di un computer, mi sentii frustrato e inutile. Avrei voluto girarmi e mandare quei ragazzi a farsi fottere. Sicuramente era quello che si meritavano, ma per qualche motivo non ci riuscii. Non riuscii a sbloccarmi, mi serviva un riavvio completo. E come sanno tutti quelli con un computer, un riavvio richiede tempo, troppo. Quindi me ne stetti lì fermo. Perché non parlavo? Avevo paura che spostassero la loro attenzione su di me? Non sarebbe stata una novità! Ma non riuscii a muovermi, so che è una scusa molto debole (ragazzi, dopo questa giornata sembrerò un coglione, vero?) In ogni caso il tempo passò, e io continuavo a non dire nulla a quei ragazzi. Anche quando i bambini mi cercarono con lo sguardo, ero il loro

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grande difensore. La madre che protegge i suoi cuccioli dall’attacco di un predatore. Infine ritrovai la voce, ma non il coraggio. «Andiamo, usciamo di qui.» Fu tutto quello che dissi. Mi rivolsi ai bambini, e non a coloro a cui avrei dovuto. Comunque loro ripresero a camminare verso la porta. Avete presente il detto “come un elefante in un negozio di cristalli?” Era così che mi sentivo. Immaginai anche il rumore dei vetri intorno a me che andavano in frantumi. Ma erano sono gli oggetti del negozio a disintegrarsi, era l’opinione che i bambini avevano di me che si frantumava in mille irrecuperabili pezzi.

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Capitolo Nove

D’accordo, forse ero il potente dio degli istruttori che avevo creduto di essere dopo tutto. Avevo davvero toppato in quel negozio di souvenir. Una volta fuori provai a sistemare le cose con i bambini. «Dovete ignorarli,» dissi loro. «Non lasciate che vi disturbino.» Ma era troppo poco, troppo, troppo tardi. Avevo trascorso la settimana precedente a cercare di convincerli che non era una partita “io” contro “loro”, che eravamo tutti un grande “noi”. Ma quando mi ero bloccato dentro il negozio, eravamo tornati punto e a capo. Anzi adesso era anche peggio, perché una volta che qualcuno ti dà fiducia e tu la tradisci, diventa molto più difficile riconquistarla. A fine giornata, non navigavamo in buone acque. Stranamente, a cena, non trovai posto al nostro tavolo. E la sera, prima di andare a dormire, fui costretto a chiedere ai bambini di lavarsi i denti almeno quindici volte, anziché le solite sei. Non ero neanche sicuro che lo stessero facendo consapevolmente, tutto quello che sapevo era che prima mi consideravano uno di loro e adesso non più. Considerai di ricordargli la promessa che mi avevano fatto qualche giorno prima, tra l’edera velenosa nel bosco. Ma diciamoci la verità, dopo il modo in cui mi ero comportato al negozio, li avevo praticamente assolti dal loro obbligo. Contro ogni logica sperai che si trattasse solo di una temporanea battuta d’arresto, che i bambini dimenticassero quello che era successo quel pomeriggio e che le cose si aggiustassero da sole l’indomani. La mattina dopo però, mi svegliai e trovai le mie scarpe piene di sabbia. A peggiorare le cose, quel giorno i genitori sarebbero venuti a fare visita ai bambini, e successero molte cose strane. 85 simoneturnerstories.tumblr.com


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Credevo che i bambini sarebbero stati contenti di rivederli e per la maggior parte lo erano, ma insieme ai genitori arrivarono anche le loro sorelle e i fratelli, altri bambini senza cicatrici. Molti vivevano troppo lontano perché i loro parenti venissero in visita, ma tanti altri vennero e come risultato, per la prima volta dall’inizio del campo c’erano più persone senza cicatrici che ustionati. In altre parole l’Invasione della Gente Normale! Non erano solo i miei bambini a essere nervosi, ma tutti. Erano ansiosi e irrequieti come gatti prima di un terremoto. Solo tre dei miei campeggiatori ricevettero visite. Ma gli unici parenti interessanti furono quelli di Trevor. Erano di bell’aspetto, mamma, papà e fratello maggiore (in particolare quest’ultimo!). Con le guance rosee e i capelli perfetti, sembravano appena usciti da una pubblicità. Mi presentai a loro sul prato. «Volevo dirti quanto sia importante il lavoro che fai qui.» Mi disse la madre di Trevor. Non potevo fare a meno di notare che sembrava nervosa in mezzo a tanti bambini ustionati, e mi pareva strano visto che suo figlio era uno di loro. «Oh, grazie.» Le dissi. Poi mi avvicinai al padre. «Allora, si è comportato bene?» Mi chiese «Trevor? Molto bene.» Era la verità, infatti anche dopo il disastro al negozio di souvenir, Trevor era uno dei pochi a rivolgermi ancora la parola. Mentre parlavo con i suoi genitori, lo osservai giocare con dei ferri di cavallo nei dintorni. (Dove diavolo era finito il suo fratello maggiore?). Per la prima volta notai che anche lui doveva essere stato bello prima dell’incidente. Non che ora non lo fosse, avete capito, no?

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Dopo un po’ sua madre lo chiamò. «Trevor? Andiamo a prendere qualcosa da mangiare!» Lui non reagì, non smise neanche di giocare. Era strano, come se la stesse ignorando, non era da lui. Oppure non l’aveva sentita? «Trevor!» Lo sgridò suo padre. «Vieni qui, subito!» Lui gettò via il ferro, e finalmente si avvicinò. Era arrabbiato? Forse mi stavo immaginando le cose, o forse era perché sua padre aveva gridato. Non avevo mai visto Trevor così. Quando lui e la sua famiglia andarono a pranzo ebbi un po’ di tempo per me (finalmente!). Andai verso il molo, per rilassarmi in riva al lago. Pensavo ancora a Trevor e ai suoi genitori. Mi era sembrato un bambino diverso con loro. Aveva forse qualcosa a che fare con il fatto che erano così belli, mentre lui non lo era più? Se i suoi genitori erano in imbarazzo per le sue cicatrici, aveva senso che fesse risentito. Che si comportasse male con loro. Esatto! Dopo cinque minuti passati con la sua famiglia, li avevo già inquadrati. Solo che non poteva essere così semplice. Magari c’era un fondo di verità nella mia teoria, ma le persone di solito erano troppo complicate per ridurle a una spiegazione tanto banale, giusto? «Allora» Disse all’improvviso Em, apparendo accanto a me sul molo. «Hai parlato con Gunnar?» «Eh?» Mi ci volle un secondo per capire di cosa parlava (avevo un sacco di pensieri per la mente). «Ah, sì,» risposi. «Mi dispiace, ma la risposta è no. Non è che non gli piaci, solo che è troppo imbarazzato.» «Davvero?» «Si, purtroppo è così.» Grande! Pensai. Adesso potevo aggiungere alla mia lista un'altra persona che avevo deluso.

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Mi ci volle una vita per fare andare a letto i bambini quella notte. Mi stavano ancora punendo per l’incidente al negozio, lo sapevo, ed ero sicuro di meritarlo. Quando finalmente si addormentarono uscii per unirmi agli altri istruttori intorno al fuoco, anche se non ero sicuro che qualcuno volesse vedermi nemmeno lì. «Ehi,» disse una voce dal buio alle mie spalle. «Eh?» Mi voltai sorpreso. Era Web, appoggiato ad un albero fuori dalla mia camerata. Mi stava aspettando? «Vai alla spiaggia?» Mi chiese. «Credo di sì.» «Facciamo un giro?» «Un giro? Dove?» «Non lo so, solo un giro.» Web mi stava chiedendo di fare un giro? Pensai subito al mio giuramento alla Rossella O’Hara, di non perdere mai più un’occasione per stare solo con lui. Poi però mi ricordai di Min, e anche che in ogni caso lui era etero. Comunque che male c’era a fare una passeggiata con lui? Mi chiesi alla fine. «Certo,» risposi. «Andiamo.» Iniziammo a camminare lungo il sentiero. E solo in quel momento mi resi davvero conto di quello che stava succedendo - stavo andando a fare una passeggiata con Web. Una passeggiata amichevole certo, ma pur sempre una passeggiata. «Allora,» disse. «Come va con i tuoi bambini?»

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«Oh, bene,» risposi. «Beh, no, in realtà no. È stata una brutta giornata. Ho fatto un casino e ora ce l’hanno con me.» «Davvero?» «Si, siamo entrati nel negozio di souvenir e c’erano dei ragazzi più grandi…» «Ehi!» Disse all’improvviso. «Andiamo a fare una nuotata?» «Una nuotata?» «Si, conosco il posto perfetto!» Esclamò, e accelerò il passo lungo il sentiero. Ovviamente lo seguii, e in uno o due minuti arrivammo alla baia – ormai non più tanto segreta. Ero abbastanza sicuro che la roccia quella sera assomigliasse ad un vulcano. «Bello vero?» Mi chiese. «Dai entriamo in acqua!» «Ma non ho il costume,» dissi. Non avevo idea del perché l’avevo detto, ovviamente voleva fare il bagno nudo. Ogni volta che mi trovavo in situazioni come questa, il mio cervello andava in tilt. «Beh,» mi disse Web togliendosi la maglietta. «Io non lo dirò a nessuno!» Poi calciò via i sandali, si tolse i pantaloncini (non indossava biancheria intima) e salì sulla roccia. «Dai!» Ancora una volta era completamente nudo su quella roccia, molto più vicino dell’ultima volta (a quanto pareva mi ero sbagliato a pensare che non l’avrei più visto così). Ma a differenza della prima volta, adesso non osavo guardare. Invece fissai la sabbia e iniziai automaticamente a togliermi i vestiti. Cosa stava succedendo? Pensai. Eravamo solo due ragazzi che facevano una passeggiata amichevole e un innocente bagno di mezzanotte? O c’era qualcosa di più? 89 simoneturnerstories.tumblr.com


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Alzai lo sguardo, giusto in tempo per vederlo tuffarsi agilmente. Quando riemerse si voltò verso di me. «Dai entra!» Rimasi impalato, con solo la biancheria intima indosso. Mi sentivo piccolo, e con la pelle d’oca. (Un giorno avrei messo su un po’ di muscoli!) «È fantastica!» Mi invitò Web. Mi sfilai gli slip ma non salii sulla roccia, perché non volevo che mi vedesse troppo bene (diciamo solo che avevo freddo e non parliamone più, va bene?) A largo lui si tuffò, e io ne approfittai per entrare in acqua. Avevo supposto che fosse fredda, ma non lo era. Anzi era calda. Non avevo mai nuotato nudo prima, era strano ma piacevole. Era come essere toccati ovunque, anche in posti dove non ero abituato ad essere toccato. A dire il vero ci sentiva fin troppo bene. Sapete quei posti dove non ero abituato ad essere toccato? All’improvviso avevo il problema opposto a quello che avevo avuto poco prima sulla spiaggia. Web riemerse a meno di un metro da me. «Che ne pensi?» Mi chiese. Le gocce d’acqua lo facevano brillare. «Eh?» Ero sorpreso. «Oh, è davvero bello.» Lui si immerse di nuovo. Era proprio di fronte a me, quindi non c’erano molti posti in cui poteva andare. «Aspetta!» Provai a fermarlo. Poi lo sentii sfregarsi su di me. Almeno credo che fosse lui. Avrebbe anche potuto essere una strana creatura del lago, a cui probabilmente non mi sarei opposto, perché comunque quello che faceva mi stava piacendo davvero molto. Web riemerse alle mie spalle. «Mmmh!» Disse come se niente fosse. «L’acqua ti fa sentire davvero bene, eh?» Okay, pensai. Quello non era un innocente bagno di mezzanotte. Web voleva sedurmi! 90 simoneturnerstories.tumblr.com


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Era una vita che pregavo per questo e non volevo rovinare tutto, non un'altra volta. Nuotai verso di lui. «Certo,» gli dissi. «E come fa sentire te?» Sorrise, la luce della luna rifletté nei suoi occhi. «Piuttosto bene. Dannatemene bene» Stava succedendo davvero? Stavo davvero facendo un bagno nudo con Web Bastian? «Sembra che qualcuno mi stia toccando,» dissi. «Laggiù, sai?» Si fece più vicino. «Già, anche a me.» «Davvero?» «Si,» sussurrò. «E mi piace molto.» Era a meno di mezzo metro da me ormai. L’acqua mi sfiorava il collo, e sentii il suo respiro umido sul viso. Si avvicinò ancora, quasi ci sfioravamo. Solo in quel momento mi ricordai di qualcosa che, non sapevo come, avevo dimenticato: che Web fosse gay oppure no, stava con Min adesso, la mia migliore amica! «Aspetta!» Dissi. «Cosa mi dici di Min?» Web mi ignorò, si sporse in avanti e mi baciò sulle labbra.

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Capitolo Dieci

Quindi Web mi stava baciando, e io non potevo fare a meno di partecipare attivamente. Sarebbe stato da maleducati. Certo, lui stava con la mia migliore amica, quindi fondamentalmente tutto questo non era giusto, ma io avevo promesso di non lasciarmi più sfuggire un’occasione come quella, ricordate? Rossella O’Hara? Il pugno alzato? E questa era senza dubbio un “Occasione”, con la “O” maiuscola. Quindi anche rompere il bacio non sarebbe stato giusto, vero? Formicolavo dappertutto. Potevo sentire ogni singolo nervo del mio corpo, ed erano tutti in allarme rosso (alcuni più in allerta di altri!). Ci stavamo ancora baciando quando sentii le sue braccia intorno a me, esplorarmi e stringermi. ero stato sedotto da un tritone o da un polpo, Min o non Min, non avrei potuto andare da nessuna parte. All’improvviso, il mio corpo sfregò contro il suo, liscio, caldo e duro, e solo allora mi resi davvero conto che eravamo entrambi nudi. Perché non c’era assolutamente nulla tra me e Web. Qualche secondò dopo mi liberò dall’abbraccio e andò nuovamente sott’acqua. Solo che questa volta fece di più che sfiorarmi con la mano.

Più tardi, il senso di colpa si fece sentire. Non perché avevo fatto qualcosa di male, perché non era così (no!). Forse era solo perché avevo fatto quello che avevo fatto con un ragazzo che conoscevo a malapena. Non ero il tipo di persona che faceva cose del genere, o lo ero? Più che altro ero dispiaciuto, perché l’avevo fatto con il ragazzo della mia migliore amica. E per quanto in quel momento mi fossi convinto di non avere scelta, in realtà ce l’avevo eccome. 92 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Che c’è?» Mi chiese Web mentre si rilassava nelle acque poco profonde in riva al lago. Ero sdraiato sul bagnasciuga, non faceva freddo ma rabbrividii comunque. Guardai verso di lui. «Min.» «Che cosa centra?» «Beh, non stai con lei?» «Chi te l’ha detto?» «Lei!» Web scosse la testa e si distese, il suo coso galleggiava pigramente tra le sue gambe. «Nah. Siamo solo amici.» «Cosa?» «È così,» disse. «Cosa ti ha fatto credere che stiamo insieme?» «Perché vi ho visto…» Cominciai a dire, poi mi bloccai. Oops! Non potevo digli che li avevo visti fare il bagno nudi, perché poi avrei dovuto ammettere che li stavo spiando. «Cosa hai visto?» Mi chiese Web. Potevo vedere il sorriso sulle sue labbra anche al buio. «Insieme.» Conclusi. «Vi ho visto insieme.» «Beh, certo. Gli amici non passano il tempo insieme?» Quello che mi stava dicendo poteva essere vero? Avrebbero potuto fare il bagno nudi anche solo come amici, soprattutto se Web era gay. Ma se Min sapeva che era gay, perché non me lo aveva detto? «Allora sei gay?» Gli chiesi. Si formarono delle lievi increspature nell’acqua intorno a lui, sembrava un modello in posa per una rivista patinata. «È stato eccitante,» mi disse, i suoi occhi si fissarono sui miei. «Vero?»

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«Credo di sì.» risposi, sprofondando in acqua e facendo del mio meglio per evitare il suo sguardo. Web si rimise seduto. «Vieni qui,» «Cosa? No, non credo che si una buona…» Ma di colpo il Lago Serenità era di nuovo agitato. E ancora una volta, non potevo scappare.

Il giorno dopo, lunedì, iniziarono i nuovi turni. Questa volta avrei dovuto supervisionare il tiro con l’arco insieme a Min. Per fortuna c’era anche un istruttore adulto, così io e Min non dovevamo fare molto, ma solo assicurarci che i bambini tendessero bene l’arco e non si colpissero a vicenda. «Ehi!» Salutai Min eccitato, appena la vedi. Sapevo che Web mi aveva detto che non stavano insieme, ma non ci credevo al cento per cento. Inoltre quando ne avevamo parlato lui non aveva mai detto chiaramente se Min fosse la sua fidanzata oppure no. Quindi, tecnicamente, avevo tradito una dei miei migliori amici, che loro stessero insieme oppure no. Ad ogni modo, mi sentivo in colpa, ed fu per questo che mi comportai in quel modo quando la vidi. «Oh, ciao,» rispose. Non sembrava particolarmente entusiasta, ma visto che lei non aveva niente per cui sentirsi in colpa credetti che fosse normale. Avrei voluto dirle quello che era successo con Web. Dopotutto, se erano solo amici come aveva detto lui, che differenza avrebbe fatto? «Come sono andate le visite dei genitori?» Le chiesi invece. «Non male,» rispose. «È stato un po’ strano per le bambine ritornare alla realtà, penso che a molte sarebbe piaciuto dimenticarla.» «Sul serio?» Dissi. «Ho pensato la stessa cosa.» 94 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Ah, e la madre di Mimi le ha portato un Game Boy. Quel rumore mi fa impazzire!» Andammo avanti così, entrambi a parlare di tutto quello che ci era capitato negli ultimi giorni. Tutto, ad eccezione di Web Bastian.

Poi c’erano i bambini. Non mi avevano ancora perdonato per l’incedente al negozio. Quindi, se non trovavo un modo per riavvicinarmi a loro, avrei dovuto staccare lumache dalle mie mutande fino alla fine del loro campo estivo. Quel pomeriggio, durante la pausa cercai Web, senza fortuna. E mentre lo cercavo, pensavo a un modo per rientrare nelle grazie dei miei bambini. Stavo ritornando alla mia camerata quando finalmente trovai la risposta perfetta.

Erano quasi le undici di sera quando svegliai i bambini. «Eh?» Biascicò Blake, confuso. «Cosa sta succedendo?» «Shhh,» Lo zittii subito. «Non parlare. Vestitevi, e non dimenticate le torce.» Se fossero stati un gruppo di adulti o anche di adolescenti, si sarebbero lamentati per essere stati svegliati nel mezzo della notte. Ma neanche uno dei miei bambini si lamentò, perché sapevo bene che bastava fare qualcosa di inaspettato per attirare l’attenzione di un bambino di dieci anni. Appena finirono di vestirsi, li portai fuori nella tiepida notte estiva. «Dove stiamo andando?» Chiese Justin, ancora un po’ intontito. 95 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Vedrai,» risposi. «Seguitemi, e non fate rumore. Tenete le torce spente finché non saremo lontani dal campo. E se per caso incontreremo un altro animatore, mentiremo okay?» Per la cronaca, avevo avvisato gli altri istruttori del mio programma e di non preoccuparsi se non ci avessero trovato in camera quella sera. Ma sapevo che i bambini sarebbero stati ancora più eccitati se avessero pensato che stavamo infrangendo qualche regola (per un bambino di dieci anni, l’unica cosa migliore di fare qualcosa fuori da comune è fare qualcosa di fuori dal comune e contro le regole). E stava funzionando. Nessuno aveva più sonno adesso. Camminammo in silenzio attraverso il prato del campo e lungo il sentiero in riva al lago. In direzione sud, verso il casotto di Keplero, la costruzione abbandonata che avevamo scoperto prima di avvistare il fumo degli incendi oltre il lago. Otto ci aspettava all’inizio del sentiero. «Va tutto bene,» rassicurai i bambini. «È con noi.» Per sicurezza, mi serviva un altro istruttore ad aiutarmi. Quindi avevo chiesto ad Otto di incontrarci lì. Ma non gli avevo spiegato niente riguardo al mio piano. «Bene,» dissi ai bambini, imboccando il sentiero in riva al lago. «Accendete le torce. In marcia.» «Un’escursione?» Chiese Kwame. «Dobbiamo fare un’escursione nel bel mezzo della notte?» «Non esattamente,» dissi. «Vedrai. Basta che mi seguite.» E mi seguirono, in perfetta fila indiana, e nessuno mi assillò di domande. Nemmeno Ian. Avanzammo nel buio per circa mezz’ora, con me in testa e Otto in coda. Arrivammo fino al casotto di Keplero, ma non ci fermammo lì. E un paio di minuti dopo, raggiungemmo un albero gigantesco alla sinistra del sentiero. 96 simoneturnerstories.tumblr.com


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Era il mio punto di riferimento. Avevo pianificato la spedizione, e mi ricordavo bene quell’albero perché c’erano alcune strisce parallele lungo il tronco e una parte della corteccia si è staccata. (Solo in quel momento, nel cuore della notte, mi venne in mente che forse era stato un orso a lasciare quei segni mentre si affilava gli artigli!) «Ecco,» dissi, illuminando il bosco con la torcia. «Per di qua. Ma ora le cose si fanno complicate, dovete starmi molto vicino. Seguite le mie orme. Se non lo fate, giuro che ve ne pentirete.» Nessuno disse niente, nemmeno Ian. Però potevo affermare senza ombra di dubbio che se non avessero scoperto subito cosa stava per accadere, la curiosità li avrebbe fatti scoppiare. Persino Otto sembrava maledettamente incuriosito. «Bene,» dissi appena arrivati dove volevo. «Mettetevi in cerchio e spegnete le torce.» Subito Otto e i bambini si riunirono intorno a me. Ci volle qualche altro momento prima che tutti spegnessero le torce. La luce delle stelle era bloccata dagli alberi, quindi nel bosco intorno a noi scese il buio più profondo. (Avevo già immaginato tutto questo nella mia testa, ma nemmeno io credevo che sarebbe stato così buio.) Non dissi niente per un secondo, in modo da permettere a tutti di assorbire i suoni e il profumo della notte. Alla fine, tirai fuori una candela dalla tasca posteriore e la accesi con un accendino. Il buio si fece indietro come un vampiro dal crocifisso. A dire il vero, anche io ero contento di avere di nuovo un po’ di luce. «Siamo qui riuniti,» dissi a voce bassa. «Per un motivo davvero importante. Prometto di non farvi del male, e di non fare nulla di imbarazzante, ma prima di andare avanti, dovete promettermi che non direte mai a nessuno quello che state per ascoltare.» Pensai bene di dovermi rivolgere direttamente al maschio Alpha, quindi guardai Ian. «Allora?» Sapevo con certezza che lui, come tutti gli altri, stava morendo dalla voglia di sapere di cosa si trattasse. E infatti annuì svelto. Una 97 simoneturnerstories.tumblr.com


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frazione di secondo più tardi anche gli altri bambini annuirono. Anche Otto annuì, e questo era perfetto, perché significava che anche lui come i bambini prendeva la cosa seriamente. «Va bene,» continuai cautamente. «Ricordate tutti la storia del Corvo Arcobaleno che vi ho raccontato? E di quando il Creatore disse al Corvo Arcobaleno che le sue nuove piume nere e la voce rauca erano doni davvero speciali?» Tutti annuirono nuovamente. «Beh, in realtà la storia non è finita,» dissi. «Perché quelle piume nere e la voce rauca al Corvo Arcobaleno non sembrarono doni ancora per molto tempo. Infatti, gli altri animali presto si dimenticarono che il Corvo Arcobaleno li aveva salvati portando loro il fuoco, e iniziarono a ridere e a prendersi gioco di lui. Lo chiamavano mostro, e lo giudicavano male, e qualche volta il Corvo si sentiva tutto solo al mondo.» La storia che stavo raccontando, non faceva parte della leggenda originale. L’avevo inventata io quello stesso giorno, ma credevo che ne rispettasse lo spirito. «Il Corvo Arcobaleno però non era solo,» continuai. «C’erano anche altri animali presi in giro perché apparivano o si comportavano diversamente dagli altri. Come la Puzzola Puzzolente.» I bambini sorrisero. «Il Brutto Tacchino e la Talpa Cieca. Così il Corvo Arcobaleno chiese a questi animali di incontrarsi in un luogo segreto nel bosco, proprio come questo. Ma lui voleva che fosse un incontro privato, quindi andò in un posto dove sapeva che nessuno sarebbe mai andato. Sapete dove?» Nessuno lo sapeva. «Guardatevi intorno,» dissi. «Cosa sono quelle piante?» Tutti socchiusero gli occhi scrutando il buio, ma all’inizio nessuno rispose. Poi Zach disse: «È edera velenosa?» «Si,» risposi. «Il Corvo Arcobaleno e i suoi amici si incontrarono di notte fra le macchie di edera velenosa, perché sapevano che nessun altro animale si sarebbe mai avvicinato lì. E quella notte si divertirono 98 simoneturnerstories.tumblr.com


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così tanto che decisero di formare una società segreta, che chiamarono l’Ordine dell’Edera Velenosa. Così se anche qualcuno ne avesse sentito parlare non avrebbe voluto entrarci. Perché chi mai avrebbe voluto essere membro di un gruppo chiamato l’Ordine dell’Edera Velenosa? Ma il nome era ingannevole, perché in realtà l’Ordine era un gruppo davvero speciale, e tutti i suoi membri avevano dei poteri magici. Corvo Arcobaleno aveva il dono del travestimento, Puzzola lo spruzzo puzzolente, Tacchino aveva la velocità e Talpa il dono di scavare.» Mi fermai per un secondo, poi ricominciai, il più melodrammaticamente possibile. «E stasera vi ho portati qui per reclutare anche voi nell’Ordine.» Poi, osservandi loro sguardi perplessi, aggiunsi piano. «Reclutare significa ammettere qualcuno come membro di un gruppo.» Ci fu un'altra pausa di silenzio. Poi intervenne Willy. «Ma come possiamo diventare membri? Noi non abbiamo poteri magici.» (Per la cronaca, questa era esattamente la domanda che mi aspettavo.) Sorrisi. «Invece è proprio per questo. Voi avete poteri magici, ed è per via dei vostri poteri, e perché sapete cosa vuol dire essere presi in giro e giudicati male, che siete tutti perfetti per entrare nell’Ordine dell’Edera Velenosa.» «Quali poteri?» Chiese Ian, ma non in modo arrogante. Voleva saperlo davvero. «Sapete che cos’è una cicatrice?» Chiesi. «Si forma quando resti ustionato.» Rispose Trevor. «Non solo quando si è ustionati,» dissi, per includere anche Julian con la usa acne. «Se la pelle viene danneggiata in qualsiasi modo, cresce di nuovo più forte di prima, così non può essere ferita nuovamente. Ma quando qualcuno ha cicatrici molto grandi, o tante piccole cicatrici come voi, non cambia solo la parte ferita, ma tutta. La pelle diventa magica. Più spessa. E tante più sono le cicatrici più la pelle diventa resistente. Non si tratta di una cosa evidente, perché non vi protegge da un coltello o che altro. Ma vi protegge dalle parole. Significa che se 99 simoneturnerstories.tumblr.com


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qualcuno vi dice qualcosa di brutto e vi chiama mostri, le sue parole non possono attraversare la vostra pelle. Quindi non possono farvi male.» Mi guardai intorno alla luce tremolante della candela. «Alcuni di voi non mi credono,» dissi. «Quindi ve lo dimostrerò. Porgetemi la mano.» Obbedirono subito. E tirai fuori dall’altra mia tasca posteriore alcune foglie. «Queste sono foglie di edera velenosa,» spiegai. «Ne darò una a ciascuno di voi.» «Ma non avevi detto che le cicatrici non ci proteggono da queste cose?» Chiese Kwame. «Di solito è così,» risposi. «La vostra pelle non può proteggervi dal veleno dell’edera. Quindi non siete immuni alle piante che ci circondano. Ma queste foglie sono particolari. Mi serviva qualcosa per dimostrarvi che sto dicendo la verità riguardo l’Ordine, quindi ho chiesto a uno dei discendenti del Corvo Arcobaleno di stringere un accordo con la pianta e così queste foglie non vi faranno alcun male.» Mi voltai verso il bambino alla mia sinistra – Blake. «Accettando questa foglia,» dissi solennemente. «Entri a far parte dell’Ordine dell’Edera Velenosa, e accetti di cercare e aiutare se è possibile altri membri, ma di non rivelare mai a nessuno quello che hai sentito questa notte.» Blake esitò. Poi allungò la mano e prese la foglia. Gli altri bambini fissarono la sua mano, per vedere se aveva qualche reazione cutanea. Non successe nulla. Così per sette volte, recitai la stessa formula e distribuii a tutti le altre foglie. Naturalmente, devo ammettere di aver detto qualche piccola bugia ai miei bambini. Eravamo davvero in mezzo all’edera velenosa, ma le foglie che gli avevo consegnato non sono propriamente di edera velenosa. Erano semplice edera di pianura che cresceva intorno al campo, totalmente innocua. Però l’edera velenosa assomigliava davvero 100 simoneturnerstories.tumblr.com


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tanto all’edera comune, quindi ero sicuro che i bambini non avrebbero notato la differenza. (Anche io riuscivo a notarla a malapena!) Dopo che consegnai le foglie a tutti bambini, si fece avanti anche Otto. «Posso averne una?» Sorrisi. Naturalmente ne avevo portata una anche per lui, anche se non ero sicuro che sarebbe entrato nello spirito della cosa. Una volta finito di consegnare le foglie, continuai: «Adesso voglio che una volta tornati in camera, mettiate la vostra foglia fra le pagine di un libro. Poi, quando si sarà seccata e sarete tornati a casa, voglio che la mettiate in un posto dove potrete vederla ogni giorno, per ricordarvi cosa significa essere un membro dell’Ordine dell’Edera Velenosa. Dovete promettermelo tutti.» I bambini e Otto annuirono. Non avevo mai visto un gruppo di bambini di dieci anni con espressioni tanto serie in vita mia. Perfetto! Proprio come volevo. «Bene,» dissi. «Ora spegnerò la candela. Contate in silenzio fino a dieci prima accendere le torce. Poi torneremo in camera.» Mentre riaccompagnavamo i bambini in camera, Otto si avvicinò a me. Mi sarei aspettato un sorriso complice o un occhiolino. Invece mi guardava senza sorridere. Anche alla debole luce della torcia, riuscii a vedere le lacrime nei suoi occhi bordeaux. Non ero un granché come giocatore di football, ma a metà del precedente anno scolastico ero entrato nella squadra del liceo per qualche settimana (è una lunga storia, che ha a che fare con il “cattivo ragazzo” di cui ho parlato in precedenza). In ogni caso, una volta avevo segnato un fuoricampo e fatto vincere la partita alla mia squadra. Era stato uno dei momenti più belli della mia vita. Mentre riaccompagnavo tutti al campo, sentivo il mormorio eccitato dei bambini per il loro ingresso nell’Ordine, e ripensai alle lacrime di Otto. Fu in questo momento che capii di aver segnato il secondo fuoricampo della mia vita.

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L’ordine dell’Edera Velenosa

Capitolo Undici

Il mattino dopo, ero tutto sorrisi e fossette. Chi non lo sarebbe stato? C’era stata la mia prima volta con Web, due notti prima. E poi la cosa dell’Ordine dell’Edera Velenosa, che avrebbe potuto facilmente farmi vincere il titolo di Istruttore del dell’anno. Ma quando raggiunsi Min, anche lei era tutta un sorriso. In realtà era talmente felice che non si accorse neanche di quanto lo fossi io. E la cosa mi infastidì un po’, perché significava che le sue ragioni per sorridere potevano essere migliori delle mie, e inoltre ce l’avevo ancora un po’ con lei. È chiaro il mio stato d’animo? «Sembri felice,» le dissi, in ogni caso. «Oh, sì.» C’erano occhi sognanti e occhi non sognanti. Min aveva decisamente gli occhi trasognanti. «Come mai?» Le chiesi. Lei - ovviamente! – sorrise ancora di più. «Indovina» Non volevo indovinare, volevo che me lo dicesse. E non ero più neanche felice e contento, perché improvvisamente avevo paura che quello che la elettrizzava così tanto potesse essere la stessa cosa che aveva reso felice me. «Non ne ho idea,» le dissi. «Web,» sussurrò. Avevo fatto centro! «Cosa è successo?» Le chiesi goffamente. Lei ridacchiò e si fece più vicina. «Ci siamo dati parecchio da fare.» 102 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Cosa? Quando?» «Ieri scorsa.» Min stava mentendo, doveva essere così! Web mi aveva detto di essere gay! O no? In realtà aveva cambiato subito argomento. Però aveva detto chiaramente che lui e Min erano solo amici. Di questo ero sicuro. «Parecchio quanto?» «Abbastanza,» rispose. «Non abbiamo fatto proprio tutto. Ma ci siamo, anzi, per la maggior parte del tempo mi ha fatto delle cose che credo facciano di me una vera troietta.» Min e Web non possono averlo fatto, continuavo a pensare fra me. Anche se il giorno prima ero stato molto occupato con la storia dell’Ordine, quindi non sapevo neanche se Web fosse andato al falò con gli altri istruttori oppure no. «Allora tu e Web state ancora insieme?» Le chiesi. Lei mi guardò divertita. «Certo! Perché non dovremmo?» Da un lato, avrei voluto dirle la verità. Stava succedendo qualcosa, e dovevamo capire cosa. Ma dirle la verità avrebbe significato anche farle sapere una cosa che non mi faceva per niente onore. Si, Web mi aveva detto che lui e Min erano solo amici! Ma ero sicuro che per lei non avrebbe fatto nessuna differenza. Prima di dirle la verità, dovevo parlare con Web. C’erano un sacco di spiegazioni su come potevano essere andate le cose. Forse Web e Min avevano rotto, e poi si erano rimessi insieme. O forse erano sempre stati insieme, ma avevano deciso di vedere anche altre persone. Ma il problema, in entrambe le situazioni, era sempre lo stesso: perché Web mi aveva detto che lui e Min erano solo amici? Doveva essere Min, avevo ancora il sospetto che mentisse. Ma perché? Questa era un’altra cosa di cui volevo discutere con lui. «Russel?» Mi richiamò Min. «Eh?» 103 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

Mi ripeté la stessa domanda di poco prima. «Perché pensavi che io e Web non stessimo più insieme?» «Oh,» risposi. «Niente. Solo che non ne avevi più parlato negli ultimi giorni. Ma è fantastico. Sono felice per te. Davvero!» L’istruttore adulto ci chiamò subito dopo, e suppongo che questo sarebbe stato un buon momento per una metafora sul tiro con l’arco e sul dolore che mi aveva causato la freccia di Cupido trafiggendomi. Ma suonava davvero stupido. Quindi mi limiterò a dire che ero passato dall’essere tutto un sorriso, al sentirmi una vera merda.

Avete mai avuto davvero bisogno di fare pipì, ma eravate in un posto – tipo un aereo in fase di atterraggio o un’autostrada senza uscite – dove andare in bagno era impossibile? Beh, questo era il modo in cui mi sentivo mentre aspettavo l’occasione per parlare con Web. Avevo davvero, davvero bisogno di parlargli. Ma non potevo abbandonare la lezione di tiro con l’arco, e sapevo che Web non poteva lasciare quella di “Panificazione”. Così, provai ad escludere l’argomento Me-Web-Min dalla mia testa, che era esattamente come cercare di ignorare la vescica quando si ha bisogno di fare pipì. Alla fine arrivò l’ora di pranzo, e mi affrettai a tornare in camera per recuperare tutti i miei bambini, e poi di corsa fino alla mensa. Il problema era che Web non si trovava. (Per rimanere in tema di “pipì”, era come se avessi trovato il bagno solo per vedere un lucchetto sulla porta) Feci sedere i bambini a tavola, ma continuai a cercare Web con lo sguardo. Em si avvicinò. «L’attività di gruppo di oggi è una gita in barca, hai visto?» Mi disse. «Davvero?» Cercai di prestarle attenzione. Ma con gli occhi continuavo anche a cercare Web. «Fantastico!» 104 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Ma possono salire solo due camerate per volta,» continuò Em. «Quindi faremo a turno. Il resto dei bambini intanto giocherà a pallavolo.» «Ha senso, non vogliamo che la barca affondi.» «Sarai il primo a salire, con i tuoi bambini e con quelli di Gunnar. Ho visto i nomi sull’elenco.» «Oh.» «Sai,» continuò imperterrita Em, come riflettendo ad alta voce: «Stavo pensando di far fare alle mie bambine una piccola escursione questo pomeriggio. Ti dispiace se ci scambiamo?» Studiai di nuovo la caffetteria, ma non c'era ancora nessuna traccia di Web. «Cosa?» Le chiesi distratto. «Ti dispiace se vado io in barca con Gunnar? Tu puoi andare con Otto al mio posto, subito dopo.» Improvvisamente, ecco Web! Stava entrando proprio in quel momento con i suoi bambini. «Devo andare!» Le dissi. «Allora va bene?» Mi chiese Em. Mi voltai verso di lei. «Cosa?» «Ci scambiamo?! Io vado in barca per prima, la tua camerata va per seconda.» «Certo!» Le dissi «Come vuoi.» Con la coda dell'occhio vidi Em sorridere compiaciuta, ma non le prestai molta attenzione, perché stavo già andando verso Web. Lui stava controllando il tavolo dei suoi bambini. Lo tirai da parte. «Dobbiamo parlare,» sussurrai. «Di cosa?» Lui non parlava a bassa voce, la cosa mi sorprese. Ma forse semplicemente voleva dire che non credeva di avere nulla da nascondere. 105 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Di Min!» Continuai a sussurrare io. «Dimmi,» disse con disinvoltura, come se davvero non avesse idea di cosa stessimo parlando. O questo, o era un po’ autistico. Poi mi venne in mente che questo non era un buon posto per parlare, qualcuno avrebbe potuto sentirci. Min avrebbe potuto vederci. Mi guardai intorno per vedere se era già arrivata, ancora no. «Non importa,» dissi a Web. «Vediamoci stasera, dopo aver messo a letto i bambini. Alla baia.» Lui mi sorrise. «Certo.» In altre parole, ci sarebbero volute almeno altre otto ore prima di poter finalmente fare la mia pisciata!

Dopo pranzo, accompagnai i miei bambini di nuovo in camera, prima della pallavolo e del giro in barca. Rimasi indietro, ma ben presto Ian si avvicinò a me. «È stato grande,» disse piano, guardando oltre il lago. «Eh?» «La scorsa notte, nel bosco. L'Ordine dell’Edera Velenosa? È stata una delle cose più fiche che abbia mai fatto.» «Oh,» dissi. «Sono contento, grazie.» Anche se avevo ancora bisogno di parlare con Web, ero di nuovo di buon umore, almeno dentro di me. I bambini davanti a noi raggiunsero la camera e iniziarono ad entrare, ma Ian si fermò fuori. «Ho solo una domanda,» disse. Mi fermai anche io e lo guardai. «Spara» «Come mai anche tu ne fai parte?»

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L’ordine dell’Edera Velenosa

«Cosa?» All’improvviso, non sorridevo più fra me e me. Ci si può incupire dentro? «Mi hai sentito,» rispose Ian. «Come mai sei un membro dell'Ordine dell’Edera Velenosa? Tu non sei come noi. Non hai cicatrici.» «Oh,» Se per essere un membro dell'Ordine bisognava sapere cosa vuol dire essere presi in giro e giudicati male, beh, diciamo solo che avevo le carte in piena regola. Però, in pratica io ero un membro perché ero gay, ma questa era una cosa che non potevo dire a Ian. «Beh,» dissi, cercando di guadagnare tempo. «Ho delle cicatrici psicologiche.» Cicatrici psicologiche? Avevo davvero detto una cosa tanto stupida, soprattutto per un bambino di dieci anni? «Diciamo che sono un membro onorario,» tagliai corto. «Va bene?» «Perché?» Chiese Ian. «Perché cosa?" "Perché sei un membro onorario? Ci hai detto che un membro non può parlare dell'Ordine con nessuno, tranne un altro membro. Allora, chi ne ha parlato a te?» «Questa è una buona domanda,» risposi. Il problema era, che non avevo una buona risposta. «Io credo di saperlo.» «Davvero?» Avevo paura di chiedere, ma non avevo molta scelta. «E perché?» Prese a calci una pigna. «È perché sei gay,» disse semplicemente. Mi ero promesso di non rivelarmi qui al campo. Il punto di venire qui era stato andare in un posto dove nessuno mi conosceva come “Il Ragazzo Gay”. Ma non potevo mentire a Ian. Non dopo tutto quello che gli avevo detto sulla bellezza nascosta e sul non vergognarsi di ciò che si è realmente. La pigna che aveva preso a calci rotolò via fino a fermarsi. «Sì,» ammisi. «È vero.» 107 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

Ian annuì. «L’avevo già capito.» Ero tentato di chiedergli come lo avesse capito, ma mi trattenni. «Sai come mi sono fatto queste cicatrici?» Mi chiese, inclinando un po’ la testa. «No,» gli dissi. «Nessuno me l’ha detto.» Lui guardò verso il lago. «Avevo sette anni, è successo dopo la scuola. Mia madre non era ancora arrivata, e io ero l'unico bambino rimasto, insieme all'insegnante. Tutto ad un tratto, c’è stato un grande boom, e l'intero edificio ha tremato, e c'erano tutti questi strani rumori scricchiolanti. Sapevamo che era successo qualcosa di veramente brutto, così siamo usciti in corridoio. Io stavo già andando verso le porte, ma l'insegnante ha pensato che eravamo nel bel mezzo di un terremoto, e le porte anteriori erano di vetro e c’erano anche alcune finestre nell’atrio. Così lei mi ha detto di fermarmi. Era l’insegnante, quindi l’ho ascoltata. L’edificio continuava a tremare, così lei mi ha detto di avvicinarmi al muro del corridoio. Ho fatto tutto quello che mi ha detto. E fu allora che il vapore scoppiò dal radiatore, dritto sulla mia faccia, la caldaia nel seminterrato era esplosa.» Osservai Ian mentre raccontava la sua storia. Non sembrava troppo sconvolto, ma non era certo il Lago Serenità che vedevo riflesso nei suoi occhi. «Accidenti,» dissi. «Che schifo, davvero.» «Non sono arrabbiato perché è successo,» Mi guardò e il lago nei suoi occhi divenne mare in tempesta. «Sono arrabbiato perché ho ascoltato l’insegnante.» Ci guardammo l'un l'altro ancora per un secondo. «Grazie,» dissi. «Grazie per avermelo raccontato.» Lui annuì. «Okay, e comunque, non dirò a nessuno che sei gay.»

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L’ordine dell’Edera Velenosa

I miei bambini giocarono a pallavolo fino a che non arrivò il nostro turno di salire sulla barca. Quando arrivò, li portai a riva. Mentre il primo gruppo sbarcava sul molo, notai qualcosa di strano. Gunnar sembrava bagnato, bagnato fradicio. Capelli, vestiti e tutto. Sgocciolava ovunque. Lo incontrai proprio alla fine del molo. «Gunnar? Cosa è successo?» Non mi guardò nemmeno. «Andiamo!» Disse ai suoi bambini, che ridacchiavano tra di loro. «Tutti alle reti da pallavolo! No, lascia il giubbotto salvagente sulla barca! Io vi raggiungo fra pochi minuti!» «Gunnar?» Provai ancora. I suoi bambini erano diretti alle reti, mentre i miei iniziavano a salire sulla barca. Quindi eravamo più o meno soli in quel momento. Ma ancora non mi guardava negli occhi. «Che c’è?» Gli chiesi. «Sono caduto dalla barca!» Non sapevo cosa dire. «Beh, stai bene?» Finalmente si girò verso di me, all'improvviso. «Forse non hai sentito! Sono caduto dalla barca! Proprio davanti ai miei bambini! Proprio di fronte a Em! Credi che stia bene?» «Oh, Dio, Gunnar. Mi dispiace.» «Mi sono reso ridicolo!» Guardai di nuovo verso la barca. Erano quasi tutti a bordo ora. Dovevo andare dai miei bambini. «Gunnar, mi dispiace davvero.» «E allora?» Disse in tono piatto. «Allora cosa?» «Dovevo essere in coppia con te sulla barca! Ho visto il programma!» 109 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Oh,» dissi ricordandomi. «Sì, Em mi ha chiesto di fare a cambio. Me lo ha chiesto a pranzo.» E da qualche parte nella mia mente, pensai subito, Oops! «Russ, pensavo di averti detto di non cercare più di farmi stare insieme ad Em!» «È vero. Ma non è andata così. Em mi ha chiesto di cambiare…» Certo, ora mi era chiaro il motivo per cui aveva voluto fare a cambio. Voleva passare un po’ di tempo con Gunnar, ma non me lo aveva detto chiaramente, perché sapeva che non avrei accettato. Avrei dovuto rifiutare in ogni caso, ma quando me ne aveva parlato, ero distratto, stavo cercando Web. «Due volte!» Disse Gunnar. «E tu non mi hai ascoltato! E ho fatto una figura di merda!» «Gunnar, ero distratto, io…» Scosse la testa. «Non mi interessa. Non voglio le tue scuse. Non voglio sentire una parola.» «Che cosa?» Ma si stava già allontanando. «Mi hai sentito! Abbiamo chiuso!»

Ero al campo da meno di due settimane, e in qualche modo ero riuscito a tradire entrambi i miei migliori amici. Doveva essere una specie di record. Ma avevo aspettato tutto il giorno per sentire quello che aveva da dire Web su Min, così appena si fece notte, dopo aver spento le luci, andai ad incontrarlo sotto la roccia che continuava la sua evoluzione (quella sera sembrava la Torre del Diavolo, in Wyoming, nel film “Incontri ravvicinati del terzo tipo”). Forse si era dimenticato che eravamo lì per parlare, perché la prima cosa che disse fu: «Dai! Facciamo il bagno!»

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L’ordine dell’Edera Velenosa

«Aspetta!» Lo fermai. «Ti ho chiesto di venire qui per farti alcune domande.» Si bloccò, con la camicia già tolta per metà. Potevo vedere i suoi addominali, ma non l’elastico delle mutande (non le indossava?). Dall'altra parte del lago, gli incendi continuavano a bruciare, ancora fuori dalla vista, ma più luminosi, perché quella sera coloravano il cielo notturno di un bagliore arancio. «Spara,» disse. «Stai con Min oppure no?» «Che cosa?» «Mi hai sentito.» Lasciò ricadere indietro la camicia intorno al torace. «Te l'ho già detto. No.» «Perché lei continua a dire di sì?» Inarcò la schiena ed estese le braccia, come se si stesse riscaldando per una gara di nuoto. «Che ne so. Forse ha un debole per me.» «Eri con lei ieri sera?» Gli chiesi. Lo vidi chiaramente scegliere con cura le parole. «Per un po'» disse. «Siamo andati a fare una passeggiata. Ma non è successo niente di ché.» «Web. Dimmi la verità.» «Te l’ho appena detto! Ho provato a farle capire che non fa per me, ma lei non vuole saperne.» Qualcosa nella storia di Web non mi quadrava. E perché all'improvviso era così impaziente? D'altra parte, mi stava dicendo più o meno quello che volevo sentire. «Devi parlare con lei,» dissi. «Dille la verità.» Lui fece un passo verso di me. «Lo farò,» disse piano. «Più tardi.» «Aspetta! Questa cosa con Min?» 111 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Allora?» Respirò nel mio orecchio. «È tutto un malinteso, vero?» «Oh, sì. Certamente.» «Ma…» «Shhh» Si avvicinò di più a me e sussurrò qualcosa. «Web!» Lo fermai, anche se il mio polso accelerò. «Cosa?» Lui sembrava assolutamente innocente, era buffo visto quello che mi aveva appena sussurrato all'orecchio. «Non possiamo!» Dissi. «Perché no?» «Beh, per prima cosa, non abbiamo preservativi. E anche se li avessimo, non è una cosa che voglio fare, ancora per molto, molto tempo. " «Non ti fidi di me?» «No! Ti conosco a malapena! E neanche tu mi conosci. Non sai niente di me.» «Chi dice che non ti conosco?» Domandò. «So che tipo di persona sei. So già tutto quello che c’è bisogno di sapere, solo guardandoti negli occhi.» E a proposito di guardare negli occhi, era proprio quello che stava facendo in quel momento. «Web…» «So che sei una brava persona,» proseguì. Poi sorrise. «E che sei sexy.» Mi vergogno a dire che sentire un ragazzo parlare in quel modo generalmente fa un certo effetto su di me. In effetti forse funziona sempre, perché anche in quel momento stava funzionando molto bene.

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L’ordine dell’Edera Velenosa

«Andiamo,» dissi timidamente, come se volessi farlo smettere, ma in realtà quello che volevo davvero era che continuasse a parlare. Web comunque mi capì alla perfezione (non era difficile!). «Sai,» continuò. «La prima volta che ti ho visto, ho pensato che fossi così carino. Sapevo quello che volevo. Volevo... Questo.» E si chinò a baciarmi. Proprio nell’attimo in cui le sue labbra toccarono le mie, sentii una terza voce, e non era nella mia testa. «Ah!» Disse soltanto. Web e io ci voltammo a guardare. Naturalmente, era Min. «Davvero pensavi che non ti avrei seguito?» Chiese. Non ero sicuro a chi si rivolgesse, se a Web o a me, ma credo che non fosse davvero quello il problema. «Min..» iniziai a dire. Ma anche lei, come Gunnar prima quel pomeriggio, si stava già allontanando da me.

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L’ordine dell’Edera Velenosa

Capitolo Dodici

«Min!» Le gridai dietro. «Aspetta!» Non si fermò, e non potevo darle torto. Avrei voluto seguirla, ma non sapevo cosa dire. In fondo, credo di aver sempre saputo che Web mi aveva mentito su di lei. Quindi perché mai l’avevo baciato? (Anche se tecnicamente era stato lui a baciare me.) Mi girai verso di lui. «Allora?» «Allora cosa?» Chiese, ignaro fino alla fine, oppure fingendo di esserlo. Lo allontanai, e iniziai a fissarlo, sospettoso come una guardia del supermercato. «Perché Min era così sconvolta?» «Gli piaccio.» «Web!» «Cosa? È gelosa! Ti ho detto che ha una cotta per me.» «Sei stato con lei ieri notte! Non è vero?» Il mio tono suonava accusatorio, perché infatti lo era. Mi fissò per un secondo. Poi sospirò, avvizzendo come una pianta. «Va bene, ho mentito. Sono stato con Min ieri, okay? Ma c’è un motivo.» «Che motivo?» Non c’era niente che potesse dire per giustificarsi. «Non sapevo di essere gay.» Dichiarò Web esitante, dolcemente. «L’ho capito due notti fa, insieme a te. Mi ha colto di sorpresa. Non mi ero mai sentito così con un ragazzo prima. Si, stavo con Min, su questo ho mentito. Sono stato con un sacco di ragazze. Ma con te è stato così diverso. Molto meglio!» «Se è così,» dissi. «Cosa ci facevi con Min ieri notte?» 114 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Questo è un problema per me, okay? Sono gay, ma non ci avevo mai pensato prima.» «E cosa ha a che fare con ieri?» «Dovevo esserne sicuro,» mi spiegò Web. «Così sono tornato da Min. So che non è giusto nei tuoi confronti, o nei suoi. Ma ero confuso. Volevo delle risposte. E le ho trovate. Ho capito una volta per tutte che non voglio Min, né nessun’altra ragazza. Voglio solo te.» Web suonava assolutamente sincero. E una parte di me avrebbe voluto credergli. Per fortuna, non ero un completo idiota. Per prima cosa, se non sapeva di essere gay fino a due notti prima, come faceva a sapere di volermi baciare fin dalla prima volta che mi aveva visto? «Non ti credo!» Lo accusai. Lui sembrava devastato, come un albero abbattuto da una tempesta di vento. «Ti sto dicendo la verità! Russel, non vedi? Credo di amarti.» Beh, alla fine ebbi mia risposta. Improvvisamente mi apparì incredibilmente fasullo. Fino a quel momento, la sua interpretazione era stata dannatamente buona. Però quel “credo di amarti” suonava davvero troppo falso. È così che capii una volta per tutte che tutto questo era stato solo una recita. Stava mentendo ora, proprio come aveva sempre fatto. «Sei patetico,» dissi, girandomi per andare via. «Russel?» Mi chiamò. «Per favore, non andare via. Ho bisogno di te!» «Vuoi smetterla?» dissi. «Non funziona più.» E lui smise per davvero. Cessò di sembrare un albero abbattuto, o una pianta appassita. Raddrizzò le spalle, e sembrava più sciolto, e più rilassato. Anche dal suo viso sparì completamente l’espressione da cane bastonato. Il cambiamento fu così veloce e radicale, che mi sembrò di vederlo trasformarsi in un lupo mannaro. Poi iniziò a ridere. Non credo di me, semplicemente a ridere. 115 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Cosa c’è?» Gli chiesi. «Sei così serio!» Mi disse semplicemente. Okay, forse Web stava ridendo di me. Mi piaceva di più prima, quando mi diceva quanto ero sexy. Però adesso ero più consapevole e cercai di andare dritto per la mia strada. «Questa è una cosa grave!» Gli dissi. «No, non lo è,» rispose lui. «Ci siamo solo divertiti.» «Hai appena detto che forse mi ami!» «Oh, quello.» «Si, quello!» «Andiamo Russel, era una cosa così.» Quel ragazzo era incredibile. «Una cosa così?» Dissi. «Hai detto anche a Min una “cosa così”? Che la ami?» «Può darsi.» «Perché?» «Te l’ho detto. Per divertici un po’.» «Allora che cosa sei?» Gli chiesi. «Bisessuale?» «Che importa? Mi piace il sesso.» «Perché io?» «Perché ho visto come mi guardavi. Amico, tu eri... beh, era una cosa ovvia.» Sapevo bene che la mia faccia stava diventando rossa. Speravo solo che non fosse troppo evidente al chiaro di luna. «Poi Min mi ha detto che ti piacciono i ragazzi,» continuò Web. «E volevo vedere fino a che punto mi sarei spinto. E sta sicuro che sarebbe stato dannatamente lontano!» Anche imbarazzato com’ero, non riuscii a fare a meno di pensare: Min ha detto a Web che sono gay? Come aveva potuto! 116 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Ma chi credi di essere?» Dissi, «Tu menti alle persone e ti approfitti di loro!» «Approfittare?» Disse Web. «Scherzi? Mi ci sono voluti appena venti minuti per finire dentro i tuoi pantaloni. Non è stata proprio una sfida. Persino con Min mi ci è voluto più tempo.» Ormai Web doveva aver notato il livore sul mio viso, anche al buio, anche con il bagliore lontano degli incendi. Rise ancora. «Non guardarmi così, sembri scioccato! Ehi, non è grave. È così che funziona il mondo, ai ragazzi piace il sesso. Sai che ho ragione.» Tese una mano verso di me. «Dai, divertiamoci un po’!» Feci un passo indietro, lontano da lui. «Oh, andiamo!» Disse. «Nemmeno tu sei mister Innocenza!» «Cosa vuol dire?» Gli chiesi scioccato. «Sapevi già che io e Min stavamo insieme quando ho iniziato a provarci con te.» «Non è vero!» «Eri proprio lassù! Ci hai visto.» Non me lo aspettavo. Quindi Web sapeva che li avevo visti fare il bagno nudi? «Cosa?» Dissi debolmente. «Sai di cosa parlo.» «No, non lo so! Non ne ho la minima idea!» Ma Web ricominciò a ridere, e fu in quell’istante che mi resi conto che forse avevo davvero delle cicatrici psicologiche, e che forse queste cicatrici mi avevano ispessito la pelle, proprio come il Leone di Nemea nella storia che mi aveva raccontato. Ma in quel momento non aveva più importanza, perché Web, come Ercole, aveva trovato il modo di aggirare le mie difese. E mi aveva lasciato senza fiato con le sue parole, e alla fine mi stava facendo a pezzi con la sua risata. 117 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

Dovevo trovare Min – per chiederle scusa, ma anche per capire perché mai aveva detto a Web che ero gay. In realtà, però, avevo solo bisogno di qualcuno con cui parlare, e lei era la cosa più simile a un amico che mi era rimasta. Seguii il sentiero, in direzione del campo. Nel buio, continuavo ad inciampare sulle radici e su ogni roccia. Per quanto volessi trovare Min, volevo ancora di più allontanarmi da Web. Mi sentivo come il personaggio di un film che scappava da un mostro. (E il bagliore lontano degli incendi rese la cosa ancora più angosciante, e non aiutava affatto.) Proprio quando raggiunsi la zona del campo, andai a sbattere contro qualcuno. Ci scontrammo così forte, che cademmo entrambi tra i cespugli. «Oh, merda!» Esclamai. «Mi dispiace!» La persona a terra accanto a me si lamentò. In mano aveva anche una torcia elettrica, che non avevo notato, e che era caduta vicino a noi tra le foglie. «Stai bene?» Chiesi. «Sì,» rispose. «…Credo.» Era Otto. «Oh, amico,» dissi. «Mi dispiace. Non ti ho visto!» «Va tutto bene,» disse, rimettendosi in piedi, e scuotendo la testa. «Dove vai così di fretta?» Per un secondo, avevo dimenticato quello che era accaduto sulla spiaggia. Ma me ne ricordai in fretta. Iniziai a piangere, proprio lì nel sottobosco. Proprio di fronte a Otto. «Russel?» Disse. «Stai bene? Ti sei fatto male?» Provai a smettere di piangere, ma non ci riuscii. Davvero non potevo. Era come un nubifragio sul viso. 118 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Ti aiuto,» disse Otto, cercando di rimettermi in piedi. «Andiamo a svegliare l'infermiera.» «No!» Dissi. E mi asciugai gli occhi con la maglietta, anche se le lacrime continuavano a cadere. «Sto bene.» «Comunque non è per la botta. È per un'altra cosa che è successa. È per questo che correvo.» «Oh,» Otto esitò per un secondo. «Beh, vuoi parlarmene?» Avevo davvero bisogno di dirlo a qualcuno, e non ero sicuro che Min volesse vedermi in quel momento, sempre ammesso che riuscissi a trovarla al buio. «Si,» risposi dopo un poì. Solo in quel momento pensai che forse Web era poco distante sul sentiero dietro di me. E sicuramente aveva continuato a ridere, sentendomi piangere. «Ma non qui,» dissi, asciugandomi di nuovo gli occhi. Che finalmente rimasero asciutti. «Andiamo da un'altra parte.»

Guidai Otto fino alla darsena. Pensai che Web non sarebbe mai venuto a cercarmi laggiù, ed era abbastanza distante dal falò, così neanche gli altri istruttori ci avrebbero disturbato. Il lago appariva assolutamente tranquillo, ma in qualche modo riuscivo ad avvertire l’acqua infrangersi delicatamente sui piloni che sostenevano il molo. Dall’altra parte del lago il cielo sembrava meno arancione, e mi chiesi se gli incendi fossero stati finalmente domati. «È una lunga storia,» dissi ad Otto. Si era seduto sul bordo di una delle barche a remi, mentre io camminavo avanti e indietro (facendo attenzione alle cacche degli uccelli). «Beh, non è poi così lunga. Però è un po’ strana. Riguarda me e Web. Devi sapere che sono gay…» «Lo so,» disse. 119 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Cosa?» E la mia sorpresa si trasformò subito in panico. «Aspetta! C’è qualcuno che parla di me?» «No,» rispose Otto. «L’ho capito la scorsa notte. Per le cose che hai detto sull’Ordine dell’Edera Velenosa. Erano così belle, mi hanno fatto piangere. Ma poi ho pensato, come fa a sapere queste cose? Tu non hai cicatrici.» «Quindi come facevo a essere un membro dell’Ordine?» Lui annuì. «Esatto. Ma appena ci ho pensato, l’ho capito subito.» Prima Ian, e ora Otto. Forse avevo parlato troppo la sera prima nel bosco. «È un problema per te?» Gli chiesi. «Che sei gay? Certo che no. Voglio dire, ho altri amici gay. Beh, a dire il vero solo uno…» Così gli raccontai tutta la contorta storia tra me e Web. Potrei aver tralasciato la parte in cui spiavo lui e Min, ma solo perché mi era passato di mente. Quando finii Otto commentò con un: «Wow!» «Lo so,» dissi. «Sono un idiota! Come ho fatto a credere a tutte le sue bugie?» «Non sei un idiota. Web è davvero sexy.» «E allora? Solo perché qualcuno è bello non vuol dire che tutto quello che dice è vero!» Ero così infervorato che mi servì un secondo per registrare che Otto, un ragazzo presumibilmente etero, pensava che un altro ragazzo fosse sexy. «Aspetta,» dissi. «Pensi che Web sia sexy?» Poteva anche non essere un grosso problema, ma forse lo era. Otto si alzò e andò verso il bordo del molo, poi iniziò a fissare il lago. «Credo di sì.» «Cosa stai dicendo?» 120 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

«Mi sa che sto dicendo quello che pensi che stia dicendo.» «Tu sei…?» Lui annuì «Voglio dire, immagino di sì.» «Ma…» «Ma cosa?» Stavo per dire: ma tu sei gravemente ustionato, che sarebbe stato notevolmente stupido, anche per me. Invece, dissi: «Ma perché non l'hai detto a nessuno?» «Anche tu non l’hai detto a nessuno.» «Ottima risposta.» Ironia della sorte, parlare con Otto mi fece davvero sentire meglio. Ma non per i motivi che immaginavo. «Web è stato il primo?» Mi chiese. «Cosa? Oh, no. Il secondo.» Lo guardai. «E tu? Hai un fidanzato? È lui l’altra persona gay che conosci?» Non ero sicuro di potergli fare queste domande, viste le sue cicatrici che contribuivano a rendere tutta la questione piuttosto strana. Otto scosse la testa. «Nah, in realtà il mio “amico” gay è una ragazza. Non sono mai stato con nessuno.» «Oh,» dissi. «Beh, ora come ora, direi che probabilmente è meglio così.» «Davvero?» «Non lo so. Forse ho solo avuto sfortuna.» Smisi di parlare. Sembrava strano lamentarmi della mia vita sentimentale visto che comunque ero stato con due ragazzi mentre Otto non ne aveva mai avuto uno. «Beh, c'è un ragazzo che mi piace,» disse. «Davvero? Qui al campo?» 121 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

Otto annuì, mi stava incuriosendo. Non c’erano molti ragazzi lì. Cinque, per l’esattezza. E se Otto era uno, ed escludevamo Web, Gunnar e me, chi rimaneva? Un ragazzo di nome Bill, che sembrava decisamente etero. Poi c'era Ryan, uno dei due istruttori adulti ustionati del campo. Era sulla trentina, ma sembrava abbastanza carino. «Chi è?» Gli chiesi sempre più curioso. «Dio!» Esclamò. «Non è il momento giusto! Non è come lo avevo immaginato. Sei ancora arrabbiato con Web.» «Otto, chi è?» Appena finii di parlare lui si fece avanti e mi baciò. Era morbido e ruvido allo stesso tempo, e non intendo solo la sua pelle. Era dolce e passionale insieme, e profumava come un pigiama pulito. Io? Ero io che piacevo a Otto? Era la notte delle sorprese o cosa? Alla fine, fece un passo indietro e mi guardò negli occhi. Mi sentivo come un chicco di mais in padella che non era ancora scoppiato, con lui in attesa di vedere se sarebbe successo qualcosa. «Io?» Dissi alla fine. «Sono io il ragazzo che ti piace?» Abbassò lo sguardo. «Ti avevo detto che non era il momento giusto! Oh, cavolo, non è una questione di tempi, vero? È stato così stupido!» Fece per andarsene. «Lascia perdere. Dimentica che l'ho fatto, okay? Mi dispiace.» «Otto, aspetta.» Si fermò, ma ancora non mi guardava. Ero sicuro che fosse imbarazzato, anche al buio, nel bagliore dei fuochi in lontananza. «Mi è piaciuto,» dissi. «È stato davvero bello. Potrebbe anche essere il mio miglior bacio di sempre, Perché è arrivato quando meno me lo aspettavo, ma probabilmente quando ne avevo più bisogno.» Sbirciò verso di me. «Davvero? Non sei disgustato?» 122 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

Gli sorrisi. Mi ricordò una cosa che avevo detto ad un altro ragazzo dopo averlo baciato. E la cosa mi fece sembrare Otto ancora più attraente. «Non sono disgustato,» risposi. «Allora,» disse Otto. «Che vuoi fare adesso?» Il ragazzo non andava certo per il sottile. «Possiamo parlare un po'?» Gli dissi. «Certo!» E così abbiamo fu. Ma in seguito, potremmo anche esserci baciati ancora un po’.

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Capitolo Tredici

La mattina dopo c’era molto vento, era quel tipo di giornata ventosa in cui tutto sembra scuotersi senza sosta ed è impossibile prevedere come andranno a finire le cose. Non facemmo attività di gruppo quel giorno. Era già mercoledì, e la prima sessione di due settimane sarebbe finita il sabato. Quindi, ad ogni camerata erano stati dati gli ultimi tre pomeriggi per preparare una piccola recita, per la festa di chiusura del campo che si sarebbe tenuta il venerdì. Per la nostra recita avevo in mente di mettere in scena la leggenda del Corvo Arcobaleno (ma solo la vera leggenda indiana, non la parte sull’Ordine dell’Edera Velenosa). Io sarei stato il narratore, mentre i bambini avrebbero interpretato i vari animali e il Creatore. Sapevo che era una storia rischiosa da raccontare, per vari motivi. Prima di tutto c’era la questione del fuoco, era una buona idea raccontare la storia della nascita del fuoco a un gruppo di ustionati? Ma ai miei bambini era piaciuta, quindi pensavo che sarebbe bene. A dire il vero ero più preoccupato del fatto che mentre noi avremmo fatto una cosa seria, sapevo che le altre camerate si sarebbero limitate a delle scenette in cui avrebbero preso in giro il signor Whittle. Però anche la nostra recita sarebbe stata divertente (ad esempio, quando il Corvo Arcobaleno cercava di attirare l’attenzione del Creatore, avevo pensato di fargli cantare “I Can't Get No Satisfaction”). Ma era l’artista gay che c’era in me a parlare, perché alla fine volevo solo che la nostra rappresentazione lasciasse il segno. Mentre lavoravamo sui costumi – e sulla finta torcia in fiamme! – Mi ricordai di una cosa che dovevo dire ai bambini. «Devo scegliere il miglior campeggiatore,» dissi loro. «Il signor Whittle ce l’ha chiesto all’inizio del campo. Ogni istruttore deve 124 simoneturnerstories.tumblr.com


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scegliere il migliore all’interno della propria camera. Non ci avevo ancora pensato. E ora che ho imparato a conoscervi, mi accorgo di quanto sia stupido. Mi piacete tutti quanti – anche se le vostre medicine puzzano da morire.» Mentre parlavo sorrisi e strizzai l’occhio. «Comunque siamo una squadra, e non vorrei dover scegliere.» Non dissi quello che pensavo davvero, e cioè che in un certo senso volevo bene a tutti loro e ormai mi sembrava di conoscerli da sempre. Dalla passione di Julian per i giochi di carte collezionabili, al fatto che Ian continuava a perdere qualsiasi cosa (non solo la sua torcia elettrica!) «Però sono costretto a farlo,» continuai. «Quindi ho scelto chi si è comportato meglio per tutta la durata del campo, ed è stato il più facile da gestire. Scelgo Trevor.» «Io?» Chiese Trevor. «Certo,» risposi. «Ti sei sempre comportato bene, e se qualcuno merita questo premio, sei tu. E spero che renda orgogliosi i tuoi genitori. In ogni caso, ve l’ho voluto dire per evitare di farvi una sorpresa venerdì.» Trevor non disse nulla. Ma prima di potergli chiedere se era contento, il signor Whittle spuntò fuori dagli alberi. Veniva ogni giorno ad ispezionare la camera, ma di solito lo faceva durante la pausa pranzo. Non era mai venuto nel pomeriggio. «Ehi, signor Whittle!» Lo salutai allegro. «Che possiamo fare per lei?» Rivolse un cenno ai bambini, ma non sorrise come faceva di solito. «Russel,» disse. «Devo parlarti per un minuto.» «Uh, certo,» risposi. Guardai i miei bambini. «Continuate a lavorare sui costumi. Torno subito.» Poi mi allontanai con il signor Whittle. «Che succede?» Gli chiesi. «Uno dei ranger ci ha avvertito che gli incendi si stanno avvicinando,» mi spiegò. «Sono preoccupati che possano superare il lago, a causa del vento.» 125 simoneturnerstories.tumblr.com


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Guardai verso l’acqua. Non c’erano segni di incendi sull’altra sponda. E ironia della sorte, la foschia fumosa presente nell’aria da giorni era scomparsa, anche se probabilmente era stata solo dispersa dal vento. «Non c'è un pericolo immediato,» proseguì il signor Whittle. «Ma non vogliamo correre rischi. Quindi evacueremo il campo per qualche giorno, va bene?» Tornai a guardare verso di lui. «Evacueremo il campo?» «Non è un problema grosso come sembra. Sposteremo i bambini in città, e possiamo restare nella palestra della scuola fino a quando i genitori non verranno a prenderli. Li stiamo chiamando proprio ora,» continuò. «In pratica, termineremo la sessione con un paio di giorni di anticipo.» «Oh» dissi. Sembrerà strano ma il mio primo pensiero fu: Significa che non faremo la recita sul Corvo Arcobaleno? Ovviamente non lo dissi a voce alta. Invece, gli chiesi, «Cosa devo fare?» «Aiutali a preparare i bagagli e fai in modo che i bambini siano pronti a partire, dobbiamo essere tutti sugli autobus alle tre, va bene?» Annuii. «Certo.» «E Russel…» Avevo già iniziato a tornare dai bambini, che intanto cercavano di origliare la nostra conversazione «Sì?» Lui abbassò la voce. «Come ho detto, non c'è assolutamente nessun pericolo. Tutto questo è solo una precauzione. Quindi non è necessario parlare del fuoco ai bambini, va bene? Non voglio che si spaventino inutilmente. Puoi dire loro che è arrivata un’allerta uragano.» «Un uragano?» Dissi. «In montagna?» Mentire sulla vera emergenza aveva senso, visto che i bambini erano ustionati e tutto il resto. Ma non poteva trovare una bugia migliore di questa? «Fallo e basta, okay?» 126 simoneturnerstories.tumblr.com


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Il signor Whittle andò ad avvisare gli altri istruttori, e io tornai dai miei bambini. Erano tutti in assoluto silenzio, e tutti puntarono gli occhi su di me. «C’è stato un problema,» dissi loro. «E il campeggio finirà un po’ prima del solito. Credo che ci sia un allarme uragano o qualcosa del genere.» Prima che qualcuno iniziasse a fare troppe domande, continuai a spiegare loro che saremo andati a stare nella palestra della scuola superiore in città per una notte o due, fino a quando i genitori non fossero venuti a prenderli. «Sarà comunque divertente in palestra!» Dissi, cercando di rallegrarli. «Sarà come una grande pigiama party.» «E la recita?» Chiese Blake. Non credevo di essermi mai sentito così in sintonia con un bambino in tutta la mia vita. «Potremo portare i costumi e gli oggetti di scena con noi in città, che ne dite?» Proposi. «Scommetto che riusciremo a fare la nostra recita.» «Quando partiamo?» Chiese Zach. «Fra un'ora. Ma non tornerete qui, quindi andate dentro e iniziate a preparare le valige.»

Un'ora più tardi, i miei bambini e io eravamo insieme alle altre camerate sul prato del campo. Solo che a colpo d'occhio notai che mancava qualcuno del mio gruppo - due bambini, in effetti. «Dove sono Ian e Trevor?» Chiesi agli altri. Nessuno rispose. I miei bambini iniziarono a fissare l’erba, tutti nello stesso momento. 127 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

Sollevai gli occhi al cielo. «Torno in camera a cercarli. Nessuno si muova fino al mio ritorno.» «Non sono lì,» disse Noah con calma. «Cosa?» Gli chiesi. «E dove sono?» Di nuovo, nessuno parlò. «Statemi a sentire,» dissi. «Non ho tempo per i giochetti. Dove sono?» «Sono andati giù per il sentiero,» disse Kwame. «Il sentiero?» Chiesi. «Da che parte?» Zach indicò verso sud. «Di là.» Sul Fronte Lago? Ma quel sentiero portava proprio alla parte più stretta del lago. Se il fuoco fosse mai riuscito ad oltrepassarlo da qualche parte, sarebbe stato proprio lì! «Cosa?» Stavo iniziando a farmi prendere dal panico. «Perché?» «Non l’hanno detto,» disse Willy. «Ma Ian ha detto che sarebbero tornati subito.» Era un disastro! Il Campo Serenità era minacciato da un incendio, e ora due dei miei bambini ustionati - niente di meno! – erano diretti proprio verso la zona di maggior pericolo! Perché mai l’avevano fatto? Ma all’improvviso capii. Sapevo dove stavano andando Trevor e Ian. Mentre cercavo il signor Whittle, mi costrinsi a rilassarmi. Ian e Trevor erano in difficoltà, era vero, ma non c’era nessun pericolo reale. Non poteva essere. Anche il signor Whittle aveva detto che non c'era pericolo, e che l'evacuazione era solo una precauzione. E se avesse mentito? Cosa sarebbe successo se il fuoco avesse già oltrepassato il lago? Forse era per questo che voleva tutti i bambini pronti tanto in fretta. Di certo non aveva esitato a mentire a loro!

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Non riuscii a trovare il signor Whittle o altri adulti, e non avevo tempo per cercarli in tutto il campo. Dovevo trovare Ian e Trevor. Sapevo dove erano diretti, e non potevano avere fatto molta strada. Se mi sbrigavo, ero abbastanza sicuro di raggiungerli. Trovai Min e Gunnar, mentre raggiungevano il prato con i loro bambini al seguito. «Due dei miei bambini sono andati al sentiero Fronte Lago!» Dissi, quasi gridando. «Non riesco a trovare il signor Whittle, e mi serve aiuto!» Devo dargliene atto, anche se erano arrabbiati con me, non mi ignorarono. Ora che avevo davvero bisogno di loro, mi aiutarono senza esitare. «Gli altri istruttori e io controlleremo i tuoi bambini,» disse Min. «Tu e Gunnar andate a cercarli.» Gunnar annuì e mi raggiunse subito. «Aspetta,» disse Em. «Vengo anche io.» «Anche io,» si aggiunse Otto, facendo un passo avanti. Tornai a guardare Min. «Quando arriva il signor Whittle spiegagli dove siamo.» Le dissi. Poi io, Otto, Em e Gunnar andammo via, correndo sul prato verso il sentiero. «Cosa sta succedendo?» Mi chiese Otto, quando arrivammo sul sentiero. Continuando a correre, spiegai agli altri la mia teoria su quello che era successo. La causa era quel maledetto premio per il miglior campeggiatore. Il mio errore era stato dire a Trevor quanto ne sarebbero stati orgogliosi i suoi genitori. Perché Trevor non voleva affatto renderli orgogliosi! Loro infatti, essendo così attraenti, ce l’avevano con il figlio sfregiato - che in qualche modo rovinava la loro idea di famiglia perfetta. E lui ce l’aveva 129 simoneturnerstories.tumblr.com


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con loro proprio per questo. Chi non ne risentirebbe? In altre parole, l’ultima cosa al mondo che voleva Trevor era rendere orgogliosi i suoi genitori. Visto che non lo accettavano per quello che era, li voleva punire. E come? Andando al casotto di Keplero, un posto dove gli era stato espressamente proibito di andare! Inoltre, ora che esponevo la mia teoria ad alta voce, mi tornò in mente che Otto aveva detto ai bambini che se fossero tornati lì da soli, avrebbe segnalato la cosa ai loro genitori e sarebbero stati espulsi dal campo. Quanto a Ian doveva aver seguito Trevor per convincerlo a tornare indietro. Doveva essere così. Avevo visto i genitori di Trevor a disagio fra i bambini ustionati, e avevo notato il suo risentimento nei loro confronti. Ricordai come era rimasto impassibile quando gli avevo detto del premio. Ian, invece aveva preso molto sul serio l’Ordine dell’Edera Velenosa. E avevo detto chiaramente che ogni membro dell’Ordine doveva aiutare gli altri membri – membri come Trevor, che progettava di fare una cosa tanto stupida solo per mettere in imbarazzo i suoi genitori. In qualche modo sapevo di avere ragione. Conoscevo questi bambini quanto me stesso! Cinque minuti più tardi, incontrammo Trevor sul sentiero. Stava correndo verso di noi. «Oh!» Dissi, sorpreso. «Eccoti! Stai bene?!» «Cosa?» Disse. «Stai rientrando dal casotto!» Trevor mi guardò come se fossi pazzo. «Quale casotto? Ho seguito Ian, volevo fermarlo. Ma poi ho visto il fuoco e sono tornato in dietro.» «Il fuoco?» Chiese Otto. Quindi aveva oltrepassato il lago!

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«Ian!» Solo in quel momento mi resi conto che Trevor era solo – sono un idiota! - Mi bloccai, perplesso. «Ma perché Ian sta andando al casotto di Keplero?» «Non sta andando lì.» Disse Trevor. Avevo sbagliato tutto? Ecco quanto conoscevo i miei bambini! «Allora dove?» Gli chiesi impaziente. «Dov’è Ian?» Lui esitò, guardando Em e Gunnar. «Trevor!» Dissi. «È molto, molto importante! Qualunque cosa sia, devi dirmelo!» Trevor si fece più vicino e abbassò la voce. «È per l’Ordine dell’Edera Velenosa. Ha perso la sua foglia.» «Che cosa?» Ero ancora confuso. «La sua foglia di edera velenosa magica. L’ha persa, e non vuole andarsene senza. Così è andato a cercarne un’altra.» Finalmente avevo capito. Il casotto di Keplero non centrava niente. No, era Ian che ha perso la sua foglia magica! A dire il vero, questo aveva molto più senso della mia teoria su Trevor e i suoi genitori. Infatti avevo detto ai miei bambini di conservare quelle foglie per sempre, di farle seccare tra le pagine di un libro, e sapevo quanto fosse importante l'Ordine dell’Edera Velenosa per Ian. E lui aveva sicuramente la tendenza a perdere le cose! Mi rivolsi a Otto. «Prendi Trevor e rientrate al campo. Spiega al signor Whittle quello che è successo.» Lui annuì, e insieme corsero via lungo il sentiero. Poi guardai Em e Gunnar. «So dov’è Ian. Questa volta sono sicuro. Non è lontano. Ma credo che ci sia il fuoco più avanti. Potrebbe essere pericoloso.» Nessuno dei due esitò un istante. Così iniziammo di nuovo a correre lungo il sentiero. 131 simoneturnerstories.tumblr.com


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Dieci minuti dopo, raggiungemmo il fuoco. Non era affatto come lo avevo immaginato, non era come gli incendi dei film. Era davanti a noi su entrambi i lati del sentiero, ma non era un fuoco enorme che bruciava tutto quello che incontrava. Al contrario, erano diversi piccoli fuochi sparsi qui e là. Alcuni più grandi di altri, ma comunque tutti distinti. L’unica costante era la direzione delle fiamme, che seguivano la brezza e quindi si spostavano in avanti ad ogni folata di vento. Le scintille e la fuliggine vorticavano in aria, come una bufera di neve che brucia. L'altra cosa che mi sorprese fu quanto fosse rumoroso. Era un incrocio tra un ruggito e un sibilo, come il suono continuo di un potente macchinario sempre in funzione. Più avanti sul sentiero, forse a una ventina di metri di distanza, vidi l'albero gigante che avevo usato come punto di riferimento la notte della “cerimonia” per l'Ordine dell’Edera Velenosa. Se Ian era tornato lì a cercare un’altra foglia, doveva essere nei paraggi. «Il posto è questo,» dissi a Gunnar e Em. «È qui che stava andando.» Dovevo quasi gridare per superare il frastuono dell’incendio. Controllammo nel sottobosco, senza trovare nessuno. «Ian!» Gridai. «Ian!» Nessuna risposta, ma dubito che potesse sentirmi sopra il ruggito delle fiamme. Dovevo spingermi più in là lungo il sentiero? Avrebbe significato andare incontro all’incendio. E neanche la strada era sicura, c’erano un sacco di fuochi accesi proprio sul sentiero, sui rami e sulle radici degli alberi caduti. Se fossi andato a cercare Ian, avrei dovuto camminare dritto tra le fiamme, e sembrava davvero rischioso. Forse Ian era già rientrato, pensai. Forse aveva trovato una foglia ancora prima che il fuoco arrivasse lì. Poi mi ricordai che Trevor aveva detto di aver visto le fiamme, il che significava che l’incendio si era già diffuso quando Ian era arrivato. E se Ian aveva già trovato una foglia e stava rientrando al campo, perché non l’avevamo incontrato sul

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sentiero? C'era un solo un sentiero in quella zona del lago, e il sottobosco lungo la riva era troppo fitto per passare di là. Ma certo il lago! Se fossi stato Ian e mi fossi trovato intrappolato dalle fiamme, sarei andato verso l’acqua. E una volta arrivato al lago forse ci era entrato per mettersi al sicuro. Era così? Ian era entrato in acqua? Dal punto in cui eravamo il lago era ad appena cinquanta metri. Il fuoco doveva essere arrivato da quella parte, perché c’erano molti piccoli focolai lungo la costa. Ma, mentre controllavo quella zona, Em indicò qualcosa. «Eccolo!» Gridò. Era a circa una ventina di metri a sinistra del grande albero, notai la sua inconfondibile maglietta blu, sormontata dal viso disorientato di un bambino di dieci anni.

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Capitolo Quattordici

Mi voltai verso Em e Gunnar. «Ragazzi, andate a chiedere aiuto!» «Ci è andato Otto!» Esclamò Gunnar. «Io resto con te.» «Anche io.» Disse Em. Ad essere onesto, era proprio quello che speravo di sentire. «Vado a prenderlo,» dissi. «Da solo!» Perché se le cose fossero andate male, avrei avuto bisogno che Em e Gunnar salvassero anche me. Nella mia testa tracciai il percorso più sicuro per raggiungere Ian attraverso le fiamme. «Russ?» Mi chiamò Gunnar. Lo guardai. Lui mi strinse una mano sul braccio. «Buona fortuna, amico.» Quindi eravamo di nuovo amici. Era una cosa positiva. Il risvolto negativo era il tono che aveva usato. Infatti, anche se Gunnar di per sé era un ragazzo abbastanza serio, non l’avevo mai sentito così. Somigliava al un soldato che ne incoraggiava un altro prima di una missione suicida. E la nostra situazione era altrettanto seria. Dovevo salvare la vita di qualcuno, e se qualcosa andava storto mettevo a rischio la mia. Ero sicuro di non ver mai fatto niente di altrettanto serio in vita mia. Però non avevo paura. Perché sapevo quello che dovevo fare. Semmai la questione era mettere le cose in pratica, e vedere come andavano a finire. In effetti, nonostante i rischi non ricordavo di essere mai stato così calmo. Era qualcosa che valeva la pena di ricordare la prossima volta che fossi uscito di testa per essermi messo le mutande sbagliate dopo educazione fisica. 134 simoneturnerstories.tumblr.com


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Annuii a Gunnar, poi mi voltai e iniziai a correre verso Ian. Mi tornò subito in mente il Corvo Arcobaleno e il suo viaggio di tre giorni con il bastone in fiamme nel becco. Proprio come il Corvo Arcobaleno, mi ritrovai il fumo in faccia. Era denso e sporco, mi sentivo come un’aspirapolvere che risucchiava sabbia e cenere. Ma ero un’aspirapolvere vivente, quindi potevo sentire l’odore e il sapore delle particelle che mi raschiavano il naso e la gola, e mi pungevano gli occhi. E proprio come il Corvo Arcobaleno sentii il calore. Arrivava a ondate, non avevo mai provato niente di simile. Quel caldo era il motivo per cui una foresta verde riusciva comunque a bruciare. Dopo un po’, ogni cosa prendeva fuoco a quella temperatura, non solo i rami secchi e la resina dei pini, ma anche la legna fresca, le piante verdi e gli arbusti. Tutto intorno a me continuavano a scoppiare piccoli incendi (come se fossi stato davvero un soldato in missione suicida che andava incontro ai colpi di artiglieria del nemico). Alla fine brucerò anche io, era questo che pensavo. Sentivo già le prime scottature, e anche la suola delle mie scarpette aveva iniziato a sciogliersi, stavo camminando sulla gomma appiccicosa. Il calore era troppo forte, e il peggio doveva ancora arrivare. A differenza del Corvo Arcobaleno, quel fuoco non si sarebbe limitato a far diventare nere le mie piume. Se non mi fermavo subito la mia pelle avrebbe preso fuoco. Ed era ironico, perché forse così io e Otto avremmo finito davvero per essere la coppia perfetta. Non riuscivo più ad andare avanti, dovevo fermarmi. Non ero neanche a metà strada. Potevo tornare indietro, da Em e Gunnar, e aspettare i vigili del fuoco. Ma avrebbe potuto volerci più di un’ora, o comunque finché Otto non avesse trovato aiuto. Non potevo sperare neanche negli elicotteri, perché non potevano sapere dove eravamo e in ogni caso non avrebbero potuto vederci. In pratica, se avessimo aspettato i soccorsi Ian non sarebbe sopravvivere. Il problema era che se avessi continuato sarei morto anche io. Mi sarei anche sacrificato per 135 simoneturnerstories.tumblr.com


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salvarlo, ma non funzionava in quel modo, saremmo morti tutti e due. Davvero non sapevo cosa fare. Mi guardai intorno, impotente, come in cerca di una risposta. E incredibilmente ne trovai una. La corteccia! L’enorme albero che avevo usato come punto di riferimento qualche giorno prima. La sua corteccia si era staccata e ce n’erano diversi pezzi sparsi in giro. Cosa aveva detto Otto sugli alberi secolari? Che sviluppavano proprietà ignifughe! E di sicuro, nessuno di quei pezzi era in fiamme. Raccolsi il più grande e lo sollevai a mo’ di scudo. Non mi aiutava contro il fumo, ma sembrava proteggermi un po’ dal calore. Ricominciai ad avanzare e mi accorsi che se procedevo accovacciato il caldo era meno intenso, e anche il fumo era meno denso. Le mie scarpe si stavano ancora sciogliendo, ma hey, non si può avere tutto. Finalmente raggiunsi Ian. Non stava piangendo, quindi era più coraggioso di quanto sarei stato io al suo posto, soprattutto a dieci anni. Naturalmente faceva così caldo che forse le lacrime evaporavano prima ancora di cadere. «Stai bene?» Gli chiesi. Il rumore dentro l’incendio era ancora più forte, e fui costretto davvero a gridare per farmi sentire. Ian però non rispose, nemmeno mi guardò. Forse non era così coraggioso. Forse era sotto shock, al punto da non essere neanche in grado di piangere. «Andrà tutto bene!» Gli dissi. «Ti porterò via di qui!» Lui ancora non reagì. Sembrava triste, ma impotente, come quei bambini che muoiono di fame nelle pubblicità per la beneficenza. Mi accovacciai di fronte a lui e mi strinsi le sue braccia intorno al collo. «Aggrappati a me!» Gli ordinai, e per fortuna obbedì. 136 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

Ripresi il mio scudo di corteccia, e lo usai per riparare entrambi. Poi mi voltai nella direzione da cui ero arrivato. In quel momento un cespuglio prese fuoco di fronte a me. Poi una felce lì accanto. Poi, in sequenza, il ramo di un albero si accese come una torcia. L’incendio si stava diffondendo, alimentato dal vento. Significava che non era proprio come essere in mezzo ai colpi dell’artiglieria nemica. Era più come essere sotto l’attacco di un mago – che usava la sua magia per tagliarmi tutte le vie di fuga. E se avessi cercato di camminare attraverso le fiamme, sarei bruciato di sicuro. Eravamo bloccati. Non potevo tornare da dove ero venuto. Mi girai verso sinistra, in direzione della macchia di edera velenosa, ma anche lì divamparono altre fiamme. Era impossibile. Il lago! Dovevo fare quello che aveva cercato di fare Ian, raggiungere l’acqua. Ma quando mi voltai in quella direzione, notai che le fiamme erano ancora più fitte da quella parte. Non c’era modo di percorrere i quaranta metri che ci separavano dal lago. L'intera area stava andando a fuoco. L’incendio ormai ci aveva circondati. Non c’era via d'uscita. Eravamo in trappola.

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L’ordine dell’Edera Velenosa

Capitolo Quindici

Improvvisamente, un’ondata d’acqua si rovesciò sulle fiamme davanti a me. Schizzò ovunque, attutendo i fuochi nelle vicinanze e anche su di me, rinfrescandomi i polpacci e le cosce. Quando l’acqua incontrò il fuoco, produsse il suono più soddisfacente che avessi mai sentito, un sibilo forte e rabbioso che però finì troppo in fretta. Cosa era successo? Non ne avevo la minima idea! Quando il vapore e il fumo si dissolsero, finalmente vidi da dove era arrivata quella misteriosa e meravigliosa onda d’acqua. Em e Gunnar stavano in piedi dietro un trogolo di metallo arrugginito, che ora era rovesciato. Dovevano averlo preso al casotto di Keplero, riempito con più acqua possibile e poi rovesciato sul fuoco. Purtroppo non avevano domato tutto l’incendio – solo le fiamme davanti a me e Ian. «Forza!» Gridò Gunnar. «Andiamo via da qui!» Non me lo feci ripetere due volte. Ma quando iniziai a correre con Ian in braccio, sentii Gunnar gridare. «Em!» Guardai verso di lei, a qualche metro dal trogolo. Il mago del fuoco, malintenzionato, si era rimesso subito all’opera; piccoli incendi si espandevano velocemente tutto in torno a lei. Adesso era Em ad essere in trappola. E la vasca era vuota – avevano usato tutta l’acqua per salvare me! Senza pensarci, Gunnar afferrò il trogolo arrugginito e lo rovesciò sulle fiamme, quindi lo usò come un ponte per passarci attraverso. «Stai bene?» Le chiese quando la raggiunse. «Eh?» Rispose lei. Il fuoco l’aveva sorpresa ed era sotto shock. 138 simoneturnerstories.tumblr.com


L’ordine dell’Edera Velenosa

Gunnar non disse una parola. La afferrò per la vita e se la caricò in spalla – che non era poco, visto che non lo si poteva definire un tipo muscoloso. Poi la riportò indietro. «Andiamo!» Mi disse eccitato. «Dobbiamo uscire di qui!» Non me lo lasciai ripetere due volte.

Lontano dalle fiamme, Gunnar e io mettemmo giù Em e Ian tra le piante. «Stai bene?» Chiese Gunnar a Em. «Mi hai salvato la vita!» Disse lei. «Cosa? No.» Avevamo tutti il viso arrossato per il caldo e la corsa, ma all’improvviso pensai che la faccia di Gunnar fosse decisamente più rossa delle nostre. «Invece sì!» Disse Em, e l’unica parola che posso usare per descriverla è che era raggiante. Nel frattempo, mi rivolsi a Ian. Anche nei suoi occhi stava tornando un po’ di lucidità, ma ancora non piangeva, forse era davvero coraggioso come avevo pensato in un primo momento. «Tu stai bene?» Gli chiesi. «Sì,» rispose. «Mi dispiace tanto, sono stato uno stupido!» «È tutto a posto. Non importa. Quello che conta è che adesso stai bene.» «Volevo solo una foglia,» disse. «Non sapevo che ci fosse un incendio.» «Lo so. È colpa mia. Avrei dovuto dirvelo.»

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«Comunque non sarei dovuto andare. Trevor mi ha detto di non farlo. Ma quando sono arrivato, il fuoco non si era ancora diffuso. È stato il vento! E le fiamme mi hanno circondato. È strano, l'ultima volta che ho ascoltato qualcuno, mi sono bruciato con il vapore. Invece questa volta, non ho ascoltato, e ho rischiato di morire.» Non avevo intenzione di abbracciare Ian, perché sapevo che era l'ultima cosa che avrebbe voluto, persino in quel momento. Ma pensai di dover fare o dire qualcosa per dimostrargli che era tutto a posto. «Ti darò un'altra foglia,» gli dissi. «Te lo prometto.» «Che foglia?» Mi chiese Em. «Di edera velenosa,» dissi. «È una lunga storia.» Guardai Ian e strizzai l'occhio. «Ma in ogni caso, è una cosa privata.» Em si guardò intorno. «Beh, se vuoi una foglia di edera velenosa, non dovrai andare lontano.» «Che vuoi dire?» Le chiese Gunnar. «Ci siamo seduti sopra.» «Su cosa?» «Sull’edera velenosa.» Em aveva ragione. Gunnar e io eravamo sfuggiti al fuoco, avevamo salvato Em e Ian, e lì avevamo lasciati proprio sopra a una macchia di piante velenose. «Oh, Dio!» Gemette Gunnar. «Non ci posso credere! Salvo la vita a una persona, e poi cosa faccio? La lascio sull’edera velenosa. Che stupido!» Era ironico. Gunnar aveva appena salvato le nostre vite, e adesso era in imbarazzo per quella piccolezza. Pensai che fosse come era stato per me, che non avevo avuto paura di entrare in una foresta in fiamme per salvare qualcuno, ma ero terrorizzato di indossare la marca sbagliata di biancheria intima a educazione fisica.

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Ma a Em non importava. «No!» Disse a Gunnar, bruscamente. «Non sei uno stupido! Quello che hai fatto oggi è stato molto coraggioso. Non rovinare tutto parlando di queste idiozie. L’edera velenosa non è importante. Non me ne importa niente.» Naturalmente un po’ le importava. La sera, quando finalmente arrivammo alla palestra della scuola, tutti e quattro facemmo una lunga doccia, cercando di lavare via le tracce della pianta velenosa. Ma era troppo tardi per Em e Gunnar. La mattina dopo, la loro pelle iniziò già ad irritarsi. Secondo Gunnar, il prurito era insopportabile, e ci vollero settimane prima guarire. In ogni caso, è interessante notare che, né io né Ian abbiamo avuto problemi.

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Epilogo

A quel punto, finalmente, l’estate iniziò ad andare bene anche per me. Ma anche se tutto quello che successe fu emozionante per me, probabilmente non sarebbe piacevole come lettura, visto che furono per lo più cose belle. E non importa come le si racconta, le cose belle sono piuttosto noiose, tranne per chi le vive (per questo motivo ad esempio le lauree sono noiose, mentre gli incedenti stradali no, e sempre per questo i giornali scrivono di catastrofi e crimini e non di tramonti e feste di compleanno). Eppure, ci successero alcune cose durante l’estate che vale comunque la pena di raccontare. Prima di tutto, un paio di giorni dopo che Gunnar, Em, Otto ed io salvammo Ian, finalmente iniziò a piovere. La pioggia spense tutti gli incendi nei dintorni, e riuscimmo a tornare al Campo Serenità. Noi quattro – i salvatori di Ian – diventammo degli eroi, ma solo per due giorni. Poi la prima sessione finì (con tanto di addii pieni di lacrime!) e un’altra iniziò. Con altri bambini, a cui non importava niente di qualcosa che era successa due giorni prima. Il signor Whittle e gli altri istruttori, ovviamente se ne ricordavano, ma eravamo tutti talmente impegnati che nessuno ne parlò più. Riguardo alle nuove sessioni, mi vennero assegnate delle nuove camerate piene di piccoli mostri. In tutti i casi (tranne che con i fantastici bambini della quarta sessione), fui costretto a faticare per (a) affermare la mia autorità, e (b) guadagnarmi il loro rispetto. Certe volte ho avuto più successo che in altre, e qualche volta ci riuscii e dopo qualche giorno avevo già rovinato tutto, proprio come durante la prima sessione con Ian, Trevor e gli altri. Ma ad eccezione della terza (che a quanto pareva era riservata al figlio di Rosemary Woodhouse, Damien, e ad altre progenie del diavolo), avevo sempre legato con mi miei 142 simoneturnerstories.tumblr.com


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bambini. In altre parole credo di aver fatto un ottimo lavoro come istruttore del campo estivo. Per inciso, la mia esperienza durante il resto del campo estivo mi aveva fatto nuovamente cambiare opinione riguardo agli insegnanti: infatti penso di nuovo che le aule fuori controllo siano colpa di insegnati scadenti.

Per quanto riguarda Gunnar ed Em, finalmente si misero insieme. Aiutò il fatto che tutti e due avessero sofferto parecchio per le irritazioni causate dall’edera velenosa, e quindi passarono molto tempo insieme a lamentarsene. E anche il salvataggio di Em da parte di Gunnar aveva agevolato la cosa. Infatti lei continuava a chiamarlo scherzosamente “il mio eroe” per averla salvata dalle fiamme. All’inizio, Gunnar era imbarazzato, ma poi si adattò, e iniziò a chiamarla “mia signora” o “la mia bella fanciulla”. Poi le cose si evolsero ancora, e lei iniziò a chiamarlo “il mio cavaliere” e in poco tempo cominciarono a inchinarsi e fare le riverenze, e a scambiarsi fiori e ghirlande. La cosa andò avanti per tutta l’estate, e trovavo entrambi davvero carini oppure decisamente nauseanti a seconda del mio stato d’animo. Naturalmente, per lo più ero solo contento che il buon vecchio Gunnar avesse finalmente trovato una fidanzata.

Ci volle un po' per rimettere a posto le cose fra Min e me. Parte del problema era che nessuno dei due sentiva di aver fatto qualcosa di sbagliato, quindi nessuno voleva essere il primo a chiedere scusa. A pensarci bene, Min era solo andata dietro ad un ragazzo che trovava carino, anche se sapeva che piaceva a me. E io, avevo permesso a Web di sedurmi, infatti era venuto lui da me e non il contrario. E inoltre mi aveva detto di non stare insieme a Min in quel momento. È vero, li avevo spiati quella notte nella baia, quindi sarei dovuto essere decisamente io 143 simoneturnerstories.tumblr.com


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a dover chiedere scusa, ma Min non era a conoscenza di questo particolare. Inoltre, lei aveva detto a Web che sono gay, quindi anche lei aveva senza dubbio sbagliato. Però un pomeriggio, durante la seconda sessione, finalmente ci parlammo. Ironia della sorte, stavamo giocando al tiro alla fune: la mia camerata contro la sua. Min sosteneva le sue bambine a una estremità della corda, e io sostenevo i miei dall'altra. Così, ce ne stavamo sul prato, a tirare la corda avanti e indietro, ma nessuna delle due parti riusciva a far andare l'altra oltre la linea. Poi, improvvisamente, Min iniziò a gridare ordini, e come soldatini in rosa, le sue bambine iniziarono a spostarsi insieme. Lentamente ma inesorabilmente, il mio gruppo scivolò in avanti verso la temuta linea. Un secondo più tardi, il mio lato si accartocciò completamente (i miei bambini della seconda sessione erano un po’ delle pappamolle). Le bambine di Min caddero all'indietro sull'erba, e io e miei finimmo in avanti sorpassando entrambe le linee di gesso, per poi cadere su di loro, creando un unico grande mucchio umano indistinto. In qualche modo, caddi proprio sopra a Min. Pochi giorni prima mi sarei rialzato immediatamente, e lei si sarebbe allontanata da me. Ma quella volta non successe. Per qualche ragione, restammo lì a ridere. Abbassai lo sguardo su di lei, e lei mi guardò, e sorrise. Mi sentivo talmente bene, che i nostri bambini dovettero pregarci per farci alzare e riprendere il gioco. Poteva non sembrare molto, ma sapevo che da questo momento Min e io saremo stati di nuovo migliori amici. E avevo ragione.

Che dire di Web? Min e io lo evitammo come la peste (ora che sapevamo come era fatto!). Arrivati all'ultima sessione, ci aveva provato con tutti gli istruttori (tra cui Bill – quello etero - o almeno così dicono). Ma incredibilmente, aspettammo proprio fino all’ultima sessione prima 144 simoneturnerstories.tumblr.com


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che qualcuno – Lorna, la sua ultima conquista – lo accusasse di molestie sessuali. Non fu stato rimandato a casa o altro, ma dopo i rimproveri, tutti iniziarono ad evitarlo, e fu molto imbarazzante per lui. E altrettanto gratificante per Min e me. Infatti, quando la merda iniziò a piovere su Web, io e Min ci sentimmo più vicini che mai.

Infine, eccoci a Otto e me. Questa fu la cosa più bella che successe, perché anche noi ci mettemmo insieme. (Vedete? Non mi piacciono solo “cattivi ragazzi”!) Quello che mi sorprese di più di lui, furono le cose che avevamo in comune. Ci piacevano gli stessi libri, gli stessi film e la stessa musica. Ma sopra ogni altra cosa, la pensavamo allo stesso modo, e passammo ore a camminare sulla spiaggia sotto la luna e parlare di tutto. Lo so che gli opposti si attraggono, ma chi cavolo vuole passare il tempo con un opposto? Di cosa ci si può parlare? Alcuni dei momenti più belli di quell’estate, li passai proprio davanti al fuoco ad ascoltare Otto cantare. Aveva anche scritto una canzone intitolata “A Russel” che parlava di me (è la cosa più lusinghiera che si possa immaginare). E si, una o due volte, potremmo anche essere andati a fare il baio nudi alla baia. Però alla fine, naturalmente, l’estate finì. Infatti l’ultima settimana stetti proprio uno schifo. L’ultimo venerdì sera al campo, andammo a fare un giro di mezzanotte in barca sul lago. Lui era ai remi, e io gli stavo seduto di fronte. Ma quella sera, al contrario delle altre notti non parlammo. Finalmente avevo capito cosa intende la gente quando dice che ci sono delle questioni in sospeso. Potevo quasi sentire la parola “addio” riecheggiare nell’aria intorno a noi. Ma nessuno dei due voleva essere il primo a dirla ad alta voce. Alla fine, Otto smise di remare, e la barca avanzò lentamente alla deriva sulle acque calme del lago. «Lo capisco se non vorrai più vedermi,» mi disse. 145 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Cosa?» Gli domandai. «Beh, il campo sta finendo, e torneremo a casa...» Otto aveva fatto molta strada per fare l’istruttore nel campo. Viveva a qualcosa come milletrecento chilometri di distanza. «So che viviamo lontani,» dissi. «Ma possiamo fare in modo che funzioni.» Otto si girò a guardare il lago. «Beh, sì, anche quello. Ma intendevo per l’altra cosa.» «Quale cosa?» «Andiamo, Russel,» disse. «Lo sai.» «No, non lo so.» Per la prima volta da settimane non capivo quello che voleva dirmi. «La mia cicatrice.» «Quale cicatrice?» «Russel…» «Vuoi dire la bruciatura?» Face un cenno al chiaro di luna. «E allora?» «È solo che le cose sono diverse nel mondo reale.» Anche adesso, mi servì un secondo per capire cosa stesse dicendo. Ricordate la prima volta che avevo ascoltato Otto cantare intorno al fuoco, e di colpo tutto il suo viso per me era cambiato? Beh, era così che lo vedevo ormai, sempre. Non era che non vedessi più la cicatrice. Era solo che ormai pensavo fosse una parte di lui, qualcosa di bello. (Non parlo così solo per sembrare nobile e compassionevole. Era davvero così che mi sentivo.) «Pensi che non voglia fami vedere in pubblico con te perché hai una cicatrice?» Gli chiesi. 146 simoneturnerstories.tumblr.com


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«Non è così,» rispose Otto. «So che non saresti in imbarazzo. Ma qui al campo è diverso. Qui ci conoscono tutti. Non è così nel mondo reale. Lo capirei se volessi stare con una persona del tuo tipo.» Stava scherzando? Ma anche al buio vedevo dalla sua espressione che era serissimo. «Otto,» dissi. «Sei tu il mio tipo! Ricordi? L’Ordine dell’Edera Velenosa?» Mi rattristava pensare che non fesse ancora sicuro di quello che provavo per lui. Ma avevo parlato abbastanza con lui da sapere cosa pensava. Lui sapeva che la pietà a volte fa fare le cose più incredibili, forse anche passare due mesi con qualcuno senza amarlo davvero. Per un secondo, non seppi cos’altro dire. Avrei voluto alzarmi in piedi sulla barca e gridare che saremo stati insieme per sempre, perché pensavo che avrebbe potuto farlo sentire meglio, e anche perché era quello che sentivo. Ma per qualche motivo farlo sembrava sbagliato. Promettergli il mio amore eterno, perché pensavo che lo avrebbe fatto sentire meglio, era solo una variante dello stare con lui per pietà. Ed era l’esatto contrario di quello che mi stava chiedendo. Inoltre non si dovrebbe mai stare in piedi su una barca a remi. «Otto,» dissi alla fine. «Non so cosa ci succederà, però so quello che spero. Spero che continueremo a vederci, forse anche per sempre. E non importa cosa accadrà, so che sarò sempre tuo amico. E che ti amerò per sempre.» Ecco, pensai. Questo era quello che volevo dirgli. Non era tutto rose e fiori, ma era la pura verità. Questo era ciò che intendevo per trattare Otto come avrei fatto con chiunque altro. Mi ci era voluto molto per imparare quella lezione, ma alla fine era comunque entrata nella mia testa dura. Otto mi guardò con le lacrime agli occhi. Ad un certo punto del mio breve discorso, doveva avere iniziato a piangere. Se le cicatrici sul suo volto erano una corazza, non sembrava così adesso. In quel momento era come se non ci fosse neanche la pelle, come se potessi vedere direttamente dentro la sua anima. Per la prima volta notai che lui mi guardava nel modo in cui Piperita Patty guardava La Bambina dai 147 simoneturnerstories.tumblr.com


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Capelli Rossi, e nel modo in cui io avevo guardato Web quella notte alla baia. Ai suoi occhi, ero perfetto. Di sicuro mi disse: «Russel! Ti amo tanto!» Ormai, anche io piangevo, perché Otto sembrava davvero perfetto per me. Ci sono lacrime di dolore e lacrime di gioia, ma quelle dovevano essere un qualche strano nuovo tipo di lacrime di dolore e di gioia insieme. Mi sentivo come se provassi ogni emozione che avessi mai provato, tutte in una volta. Se fossi stato un fusibile, sarei esploso. Poi mi sedetti accanto a lui, lo strinsi fra le braccia e lo baciai. «Sono così felice di averti incontrato, Russel Middlebrook,» mi disse Otto. «Credo di essere l'uomo più fortunato del mondo.» «Il secondo più fortunato,» dissi, baciandolo di nuovo. Non si poteva fare tutto in una barca a remi, e noi non ci provammo nemmeno. Ma si potevano fare tante cose, e Otto e io sicuramente ne provammo parecchie.

Il giorno dopo, Gunnar, Min, e io tornammo a casa. Mi sentivo triste e stanco, ma anche stranamente rilassato. «Allora,» Disse Min a Gunnar e me. «Qual è stata la parte migliore dell'estate? E non dite Em o Otto, perché la mia vita sentimentale fa schifo ultimamente.» «I pancake al cioccolato,» disse Gunnar. «Em aveva ragione. Sono fantastici.» Era quello che avrei voluto dire io. Ma c’era anche un’altra risposta. La parte migliore dell’estate era stata quella notte nel bosco con i miei bambini e Otto, quando avevo creato l'Ordine dell’Edera Velenosa. Però non ne avevo mai parlato a Gunnar e Min. E non avevo ripetuto la 148 simoneturnerstories.tumblr.com


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cerimonia con i bambini delle sessioni successive, per quanto fuori controllo potessero essere. Semplicemente non mi era sembrato giusto. «Russel?» Mi chiese Min. «A te cosa è piaciuto di più?» «Non lo so,» risposi. «Credo che sia una sensazione che ho avuto.» «Oh, Dio,» disse Gunnar. «Una sensazione no.» «Ci siamo,» Gli fece eco Min, facendo roteare gli occhi. «Russel sta per dire qualcosa di super serio.» Ignorai il fatto che mentre aprivo loro il mio cuore i miei due migliori amici mi presero in giro senza pietà. «È qualcosa che non ho mai provato prima,» dissi. «È cominciato tutto con i bambini della prima sessione – quando sono riuscito a conquistarli. Poi quando abbiamo salvato Ian dal fuoco. E anche con gli altri bambini – Okay! Tranne con quelli della terza sessione - e, beh, poi anche il mio rapporto con Otto, mi dispiace Min.» «È tutto a posto,» disse lei. «Ma qual è la sensazione?» Chiese Gunnar. Ci pensai per un secondo. «Invulnerabilità,» dissi. «È come se fossi Superman. Come se non ci fosse assolutamente nulla che mi possa fare male. Ne coltelli, ne proiettili, e forse nemmeno la Kryptonite.» «Penso che sia vero,» disse Gunnar. «Se il cibo del campo non ti ha ucciso, non c’è nulla che possa farlo.» «Credi che ti sentirai sempre così?» Mi chiese Min. «Voglio dire, pensi che ti sentirai così anche quando torneremo a scuola?» Mi strinsi nelle spalle. «Oh, non lo so. Probabilmente no.» Ma questo fu solo quello che dissi ad alta voce. In realtà pensai: Beh, forse, chi lo sa?

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Riguardo l’autore

Brent Hartinger è uno scrittore, insegnante, commediografo e sceneggiatore. Dal suo primo libro Geography Club è stato tratto un film di successo, con protagonisti Scott Bakula e Nikky Blonsky. Visita il sito di Brent su www.brenthartinger.com

Se il libro ti è piaciuto dovresti acquistarlo in lingua originale per supportare l’autore e permettergli di continuare a scrivere.

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LA TRADUZIONE DI QUEST’OPERA È AMATORIALE E NON A SCOPO DI LUCRO .

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