F. Degl'Innocenti, A. Forlati - Io sono Adila

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Il visetto ovale di Adila è incorniciato dal velo bianco che le avvolge il capo. Un ciuffo di capelli, scuri come i suoi grandi occhi, le scivola sulla guancia. Affretta il passo con lo zainetto rosa sulle spalle a fianco della sua amica Fatima.


Adila ama andare a scuola, soprattutto ora che ha imparato a leggere bene e che recita a memoria i versi del Corano e le leggende della sua terra, lo Swat, in Pakistan. Leggende che parlano anche di eroine coraggiose, che hanno lottato per la libertĂ . Adila sogna a occhi aperti, e si immagina da grande: una maestra che insegna ai bambini e alle bambine; una dottoressa che cura le persone ammalate; una scrittrice che inventa racconti.


A scuola, tra i banchetti di legno azzurro come la sua divisa, ci sono gli spazi vuoti lasciati da qualche bambina che non viene più: rimane a casa per aiutare la mamma, per prepararsi a diventare una sposa. Adila teme che possa accadere presto anche a lei. Ha ascoltato i discorsi dei genitori: «Non serve che Adila vada a scuola, ormai sa leggere. Sarà più sicura a casa con noi».


«Prendete il quaderno di matematica», dice la maestra. Ma Adila ha gli occhi spenti. E durante la ricreazione, invece di giocare, rimane seduta. «Che ti succede Adila?», le chiede la maestra preoccupata. E con lo sguardo pensieroso, ascolta le sue parole, le sue paure.


La sera stessa la donna bussa alla porta della loro casa. Mamma, papĂ e la maestra si siedono sul tappeto e bevono del tè. La maestra non parla della loro bambina ma inizia a raccontare una storia. Anche Adila, dall’altra stanza, riesce a sentirla. Ăˆ la storia di una bambina che si chiama Malala.


Malala assomiglia ad Adila, ha i capelli scuri, gli occhi color nocciola ed è tanto brava a scuola. Ama le scienze, l’inglese, la matematica, studia il Corano e legge molti libri. E nella sua stanza ci sono tanti trofei conquistati grazie ai suoi ottimi voti. Malala ci tiene a essere la prima della classe. La scuola che frequenta, la Khushal school, porta il nome di un poeta; l’ha costruita il suo papà.


A Mingora, la cittĂ di Malala, c’è la guerra. Capita che di notte si senta il rumore delle esplosioni, e si spari anche di giorno nelle piazze e nelle strade. Hanno vinto i talebani, un gruppo di uomini barbuti che hanno idee molto strane su come debba comportarsi il popolo pakistano: i libri devono essere bruciati, non si possono vedere film e ascoltare canzoni straniere, le donne non devono mostrare il loro volto e soprattutto le bambine non possono andare a scuola.



Malala è molto triste. Per lei la scuola è importante, ha un sogno, vuole diventare un medico. Si annoia a non fare niente tutto il giorno, anche se il papà chiede ad alcuni insegnanti di venire a casa per darle lezioni. Lui crede in sua figlia e sa bene che solo l’istruzione potrà farla crescere e diventare una donna forte e libera. Ha un amico giornalista che vuole far conoscere al mondo la situazione delle bambine pakistane. Malala comincia a tenere un diario su una rete televisiva inglese molto importante, la BBC, parlando però in urdu, la lingua del suo popolo, e senza farsi riconoscere. Malala ha solo undici anni, ma se la cava molto bene. Racconta le sue giornate da studentessa, i suoi pensieri e il suo desiderio di imparare.


Intanto i talebani decidono che le ragazze possono tornare a scuola, anche se coperte dal burqa, la veste lunga che avvolge il corpo delle donne senza lasciare scoperti neppure gli occhi. Per fortuna, appena varcata la soglia dell’istituto, la preside permette alle studentesse di togliersi quell’ingombrante abito.


La guerra si fa più cruenta e Malala con la sua famiglia deve lasciare la città. Quando tornano, trovano la scuola e la casa saccheggiate, ma i talebani non ci sono più. Le donne possono di nuovo uscire, andare al mercato, mostrare il loro volto. Si fa lezione nelle tende, tra i muri crollati, ma l’entusiasmo è più forte delle difficoltà.


Con la pace tutto torna alla normalità. E il sogno di Malala cambia. Non più medico, ma donna impegnata nella politica. E lo dice apertamente, senza nascondersi: alla radio, in televisione, sui giornali. Diventa la portavoce delle bambine e dei bambini della sua valle e riceve anche un premio. Ma i talebani non sono scomparsi del tutto e minacciano Malala, che considerano una traditrice, un’amica degli “infedeli occidentali”.


Quando Malala ha 15 anni è una celebrità, tutto il mondo conosce le sue parole e la sua lotta per i diritti dell’infanzia. È sul pulmino con le sue compagne e sta tornando da scuola, quando due uomini ordinano all’autista di fermarsi. Uno di loro ha una pistola: «Chi di voi è Malala?», grida. Nessuna parla, ma gli sguardi delle compagne terrorizzate si posano su di lei. Esplodono i colpi, uno, due, tre.



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