Segregazioni urbane e spazi di resistenza nella città di Caracas

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numerosi gruppi familiari, esprime il cardine dello spazio antropico indigeno. Accanto alla capanna comune, dove si svolgono attività quotidiane come la filatura, la tessitura, la produzione di cesti in vimini, si costruivano ranchos, ossia capanne provvisorie e ausiliarie, per l‟esigenza di allontanarsi per la caccia13. Delle abitazioni del mondo preispanico, D‟Alto sottolinea l‟elemento del buio che assume un‟importante valenza simbolica, e che egli ritrova oggi come carattere imprescindibile nella lettura del rancho moderno: Nel mondo preispanico l‟oscurità risalta come il dato costante della capanna comune, formata da una struttura di pali di legno e coperta da uno spesso manto di foglie di palma che cade fino a terra. La luce penetra dalle modeste aperture dell‟ingresso, che possono anche non esserci (nelle capanne del Guahibo si entra scostando le foglie di palma) o sono più d‟una (Panare, Piaroa) comunque non più di tre: una principale, una secondaria dalla parte opposta, la terza riservata al cacique. Si tratta di abitazioni comuni a una pluralità di gruppi14.

La struttura sociale incaica e preincaica si articolava attorno all’ayllu, ossia il gruppo sociale, più o meno parentale, talvolta definito come gruppo di consanguinei. Ogni gruppo possedeva un territorio determinato, inalienabile, suddiviso in particelle familiari. Il lavoro della terra si basava sul lavoro partecipato di parenti e amici, ricompensato attraverso scambio di doni (cibo, vestiario, manufatti) secondo il principio della reciprocità. Secondo tale principio, durante l‟assenza di un membro dalla comunità il gruppo provvedeva a sostenerne la famiglia e a coltivarne la terra. La reciprocità, per il mondo indigeno, è elemento fondante della comunità stessa, senza la quale non sussisterebbe: La reciprocità è diffusamente citata come una delle dimensioni centrali del pensiero indigeno. Derivata dalla visione del mondo e dalle pratiche strettamente legate al mondo naturale comprende gli aspetti del condividere e del restituire. Come tipo di reciprocità tuttavia va oltre al binario riduttivo del dare e prendere e molto spesso assume la forma di una condivisione e una reciprocità circolare che a volte è definita reciprocità rituale. In questo tipo di reciprocità i doni non sono dati principalmente e soprattutto per ricevere in seguito una contropartita ma per raggiungere un senso di parentela e di coesistenza con il mondo senza il quale sarebbe impossibile la sopravvivenza (degli esseri umani, ma anche di tutti gli altri esseri viventi). La funzione principale della reciprocità circolare o rituale è riconoscere la miriade delle relazioni nel mondo da cui deriva il senso della necessità collettiva e individuale “di agire con responsabilità verso le altre forme di vita”. Diviene implicita quindi la responsabilità – o capacità di rispondere – la capacità di rimanere in armonia con il mondo al di fuori dell‟Io e la volontà di riconoscerne l‟esistenza per mezzo di doni. Questo senso di responsabilità insito nel dono è il risultato di vivere all‟interno di un ecosistema e di dipendere da esso: perciò le popolazioni

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S. D‟Alto, op. cit., pp. 335-336. Ibid., p. 226.

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