Toponimi e Turismo

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TOPONIMI E TURISMO Corrado Conca TOPONIMO

Suppellettile scientifica che si può confrontare con quella che nell’ordine delle vicende fisiche è data dai diversi giacimenti che il geologo studia. Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907)

1. Il valore dei nomi di luogo Com’è noto, col termine “toponimo” si intende il nome proprio di un oggetto geografico, o nome di luogo. Lo studio sistematico dei toponimi nasce nella seconda metà del XIX secolo ad opera di Giuseppe Flechia (1811-1892), glottologo piemontese che avviò un filone di ricerca di notevole interesse per la storia linguistica e culturale d’Italia. Fu lo stesso Flechia a definire già da allora alcune indicazioni per una giusta individuazione etimologica dei toponimi, evidenziando quanto fosse importante la forma dialettale del nome di luogo per la ricostruzione della forma originaria. La maggior parte dei nomi propri geografici sono caratterizzati da formazione antica, riconducibile ad epoche passate, talvolta a lingue diverse da quelle attualmente parlate in un dato territorio, di conseguenza i toponimi si configurano spesso come segni linguistici “opachi”, non si intravvede cioè quel significato che solitamente avevano quando vennero assegnati.

2. All’origine dei nomi di luogo Da sempre l’uomo ha utilizzato i nomi geografici come se questi fossero una sorta di griglia spaziale, creando un sistema efficiente e immediato per identificare e posizionare i luoghi sulla superficie terrestre senza utilizzare coordinate geografiche o complessi calcoli geodetici introdotti nell’era moderna (Cantile, 2016). Tra le esigenze fondamentali della specie umana vi è quella di dare un nome alle azioni, agli oggetti, ai luoghi. Quella denominativa è una delle prime fasi del processo di territorializzazione dato che assegnare un nome ai luoghi risponde innanzitutto alla necessità dell’uomo di definire e delimitare lo spazio che gli è noto, una sorta di addomesticazione del selvaggio, nonché una forma di comunicazione irrinunciabile. Una necessità primitiva, quindi, almeno quanto lo sono le altre forme di comunicazione verbale. Dal punto di vista letterario, andando indietro nel tempo, già nella Genesi si narra che, poco dopo aver terminato la creazione del cielo e della terra, Dio procedette col dare un nome ai fiumi prima ancora che agli animali (Bibbia, CEI 2008, Genesi da 1.1 a 2.20). Più recentemente troviamo luminosi esempi di questa esigenza denominativa anche nella letteratura classica, come nel noto romanzo d’avventura L’Isola misteriosa di Jules Verne (1874), nel quale i personaggi, naufraghi, dopo aver preso coscienza di essere approdati su un’isola deserta sconosciuta, iniziarono la loro nuova vita assegnando nomi ai luoghi, realizzando a tutti gli effetti una sorta di cartografia del territorio in cui immaginarono di dover vivere per lungo tempo. L’Isola


misteriosa è un racconto di fantasia, ma probabilmente qualunque altro naufrago avrebbe agito allo stesso modo, perché l’esigenza onomaturgica della specie umana è forte quanto la necessità di comunicare con gli altri.

Una delle tante rappresentazioni di fantasia dell’Ile Lincoln, l’isola misteriosa Ma l’identificazione, il posizionamento e l’organizzazione dei luoghi nella superficie terrestre non sono oggi le uniche ragioni della loro importanza. I nomi geografici assumono il valore di beni culturali nel momento in cui si comprende che i nomi di luogo rappresentano una manifestazione concreta della percezione che le generazioni passate hanno avuto del proprio ambiente di vita (Cassi, 2007). Possiamo affermare, in sostanza, che nei toponimi si trovino le impronte della vita e delle azioni dell’uomo, le tracce della relazione tra l’Uomo e la Terra. È in considerazione di questo valore culturale e della vulnerabilità della loro memoria che la Nona Conferenza delle Nazioni Unite ha riconosciuto che i toponimi sono effettivamente parte dell’intangibile patrimonio culturale (Jaillard P., 2007).

3. Toponimi e turismo? Lo studio dei toponimi è un argomento che, a prima vista, potrebbe apparire totalmente estraneo al turismo. Nonostante in ambito accademico gli studi geografici siano correlati sia ai toponimi che al fenomeno turistico, raramente i due aspetti vengono messi in relazione tra loro (Duncan, 2014). Per capire quale relazione intercorra tra le due branche geografiche e quali siano i vantaggi che, entrambe, potrebbero trarre da uno studio congiunto, occorre dare risposta a due domande: può un


nome di luogo suscitare interesse per i turisti? Può il turismo essere funzionale alla salvaguardia della memoria dei toponimi?

3.1 Può un nome di luogo suscitare interesse per i turisti? Nel campo degli studi turistici sono state condotte alcune analisi sulla relazione che intercorre tra i nomi di luogo e la pratica turistica. In particolare Mac Cannel (MacCannel, 1976:2013), ha esaminato i processi di sacralizzazione di una destinazione turistica (sight sacralization). Questo processo comporterebbe la definizione di marcatori (markers) che, in vario modo, convincono il turista che vale la pena visitare quel luogo. Un nome di luogo è anch’egli un marker, tra i più semplici. Nello studio si sostiene che marcatori come i toponimi possono spostare l’attenzione della visita stessa al centro dell’attenzione del turista. Con diversi esempi si illustra quanto un cartello con il nome di una strada (odonimo) possa, in occasione di una visita, divenire esso stesso più importante rispetto alla strada. Lo diviene nel momento in cui è l’insegna ad essere fotografata, ma anche nel momento in cui, all’atto dell’acquisto dei souvenir, si sceglie la rappresentazione della targa stradale come oggetto ricordo.

Souvenir che rappresentano odonimi (foto dal web) Partendo dall’assunto che una destinazione turistica è interessante in quanto straordinaria, cioè fuori dal comune o dall’ordinario (Rojek, 1997), anche un toponimo insolito o straordinario può essere interessante per un turista.


Ne rappresentano un caso originale i nomi di luogo di lunghezza eccezionale, come il toponimo più lungo al mondo, composto da 85 caratteri, Taumatawhakatangihangakoauauotamateaturipukakapikimaungahoronukupokaiwhenuakitanatahu, che si trova in Nuova Zelanda e che, in lingua Maori, identifica una collina. Il nome, riprodotto su un lunghissimo cartello, è chiaramente un’attrazione e in pochi resistono alla tentazione di scattarsi un selfie una volta sul posto.

Rappresentazione turistica del toponimo più lungo al mondo (foto dal web) Un altro caso è quello della località Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch, un comune del Regno Unito di circa tremila residenti. Il significato del toponimo corrisponde più o meno a “chiesa di Santa Maria nel cavo del nocciòlo bianco vicino alle rapide del mulino e alla chiesa di San Tisilio con una grotta rossa”. Si tratta della seconda località dal nome più lungo nel Regno Unito e quarto toponimo più lungo al mondo. Questo lungo toponimo nacque intorno al 1850 per volere del consiglio cittadino, specificatamente per il prestigio di avere il nome più lungo di una stazione ferroviaria in Gran Bretagna. Ebbene, la notorietà di questo luogo oggi è dovuta quasi esclusivamente all’uso spontaneo (e virale, come si dice in questi casi) dei social network, ed alle fotografie che gli stessi turisti condividono spontaneamente. Certamente un turista non intraprenderà un lungo viaggio solo per raggiungere la destinazione col toponimo più lungo, ma è molto probabile che se il suo itinerario vi passi vicino, questo sia spinto ad effettuare una deviazione per visitarlo e documentarlo con una foto. Detto in altre parole, si può affermare che un luogo può guadagnare celebrità semplicemente in virtù del suo nome inusuale o sorprendente (Light, 2014).


L’abitudine di scattare foto ricordo davanti alle targhe o insegne dei nomi di luogo è diffusa da sempre, probabilmente perché il ricordo fotografico costituisce una sorta di inequivocabile ‘prova’ della visita. I nomi di luogo sono principalmente attrazioni visive e si prestano a rappresentare sinteticamente e visivamente un luogo (torneremo su questo concetto tra poco). La segnaletica di un toponimo è spesso facile da inquadrare e fotografare, pertanto capita di frequente che i turisti posino accanto ad un cartello con il nome di un luogo (Urry & Larsen, 2011). Anche in Sardegna vi sono attrazioni toponomastiche davanti alle quali pare sia difficile resistere alla foto ricordo: la pietra che annuncia l’ingresso nella Costa Smeralda è una di queste, tanto da indurre i turisti a fare lunghe file per realizzare l’agognato scatto.

La pietra che in Sardegna indica l’ingresso nel territorio della Costa Smeralda Quanto detto finora mostra chiaramente che, in determinate circostanze, sono proprio i nomi di luogo ad essere essi stessi attrazione turistica. Il punto di unione tra turismo e toponomastica si trova sostanzialmente nell’immagine, ovvero nella loro rappresentazione fisica o immaginaria. Il turismo è fortemente connesso alla rappresentazione fotografica della destinazione, mentre i toponimi sono, per certi versi, simboli evocatori di immagini.


Infatti, se è vero che l’attrattività turistica – sia essa spontanea che programmata – avviene per il tramite di attraenti rappresentazioni fotografiche (Aime & Papotti, 2012), è noto anche quanto il toponimo di un sito rinomato possa indirettamente evocare la memoria visiva di quel luogo. Per riportare esempi di facile suggestione si pensi al toponimo Venezia e alle immagini che esso evoca nelle nostre menti, ma lo stesso vale per località come Roma, Parigi, New York, o per ambienti naturali come certe montagne (Everest, Monte Bianco) o cascate e fiumi (Niagara, Nilo).

3.2 Può il turismo essere funzionale alla salvaguardia della memoria dei toponimi? Abbiamo riferito della vulnerabilità dei toponimi dal punto di vista della memoria, e del rischio di perdere questa cultura identitaria con il progressivo abbandono delle campagne e dismissione di molte attività tradizionali. Tenere vivi i toponimi, in tutti i modi possibili, è il primo passo per salvaguardare questa porzione di patrimonio culturale che rischia di essere dimenticata per sempre. In Sardegna, alcuni toponimi antichi, pur non essendo comprensibili a tutti, caratterizzano essi stessi un elemento identitario del territorio, rivestendo così un potenziale ruolo di promozione della destinazione. Gli esempi in tal senso potrebbero essere numerosi ma, tra tanti, si può citare il villaggio nuragico di Tiscali, le rinomate gole di Gorropu o gli stessi massicci montuosi del Gennargentu e del Supramonte. Nomi che evocano luoghi selvaggi, inaccessibili, esotici e, in quanto tali, attraenti. È proprio il ruolo evocativo ed esotico di questi toponimi che potrebbe, e dovrebbe, essere adottato nella promozione turistica del territorio.

4. Narrare il territorio attraverso i toponimi (e viceversa!) “Every place name tells a story that is relevant to the culture that bestowed the name. Let the stories live” William Watt (1843-1926) Ogni territorio ha una storia da raccontare, in molti casi basterebbe chiedere agli anziani del luogo per conoscerla e, molte di queste storie sono a loro volta legate ad un luogo con un toponimo. Recuperare e raccontare queste storie avrebbe il duplice valore di salvaguardare la memoria dei toponimi e delle tradizioni ad essi connesse. Oltre all’adozione delle modalità tradizionali (mappe e guide cartacee), anche la tecnologia digitale può fruttuosamente essere adottata per supportare questa forma di storytelling territoriale, ad esempio grazie all’utilizzo dei codici QR. Vediamo come. Sono operativi in Italia già diversi progetti di “narrazione del paesaggio”, con l’uso dei questi codici, rivolti ai frequentatori di sentieri, strade e itinerari turistici in generale. Il sistema permette ai visitatori di conoscere le bellezze paesaggistiche e naturalistiche per mezzo di racconti e curiosità che si intrecciano con il territorio e la sua storia. Immaginiamo ad esempio di trovarci nei pressi di uno scorcio panoramico o accanto ad un masso erratico nel bosco. Vicino a questi punti salienti è posizionato un paletto o una targa con un piccolo


QR-code che, se inquadrato con la fotocamera del telefono, permette di ascoltare un file audio, ovvero una narrazione specificamente legata al luogo stesso. I racconti, della durata di circa 2 o 3 minuti, sono interpretati da attori e personaggi che, attraverso la loro voce, trasmettono non semplici informazioni ma storie, leggende, quindi sensazioni e stati d’animo, regalando al visitatore un momento di teatro.

Uso di QR code per la narrazione del paesaggio (foto dal web) Ma naturalmente con i codici QR si può fare molto di più, come ad esempio scaricare sul proprio smartphone carte tematiche con approfondimenti sui toponimi o applicazioni per una navigazione consapevole nel territorio e altro ancora.

Ecco i link ad alcuni siti che propongono soluzioni con l’uso dei QR code: http://www.ocova.eu/2014/11/20/raccontami-narrare-il-paesaggio-su-sentieri-e-strade http://www.stanzac.it/eventopaesaggio.eu/riassunto-percorsi


5. Conclusioni È noto quanto le destinazioni turistiche trovino giovamento da una promozione che venga veicolata da immagini e, in queste righe, abbiamo anche chiarito quanto un nome di luogo possa essere evocativo di una destinazione. Partendo da questi assunti, se un’immagine può promuovere una destinazione generando flussi turistici, si può conseguentemente dedurre che anche il nome di un luogo – purché esotico, originale, interessante – possa divenire strumento di promozione e attrazione verso una destinazione. In questo contesto diviene importante, ai fini della salvaguardia della memoria storica e identitaria che i toponimi portano con se, adottarli sistematicamente per narrare i luoghi, soprattutto quando questi si inseriscono in itinerari o flussi di turismo culturale. Per il futuro è auspicabile che le DMO (Destination Management Organization), nel pianificare interventi di promozione turistica dei territori, tengano conto del valore aggiunto che i toponimi possono avere.

Bibliografia AIME M., PAPOTTI D. (2012), L’altro e l’altrove. Antropologia, geografia e turismo, Einaudi ASCOLI G.I. (1895), Per la toponomastica italiana, in “Archivio glottologico italiano”, III, pp. 97-104 CANTILE A. (2016), Place names as intangibile cultural heritage: potential and limits, in “Place names as intangibile cultural heritage”, UNGEGN, IGMI, Firenze. CASSI L. (2007), Geografia e toponomastica. Aspetti di metodo e della ricerca, in “Toponimi e antroponimi: beni documento e spie di identità per la lettura, la didattica e il governo del territorio”, Università degli Studi di Salerno, Tomo I, ed Rubettino, pp. 53-65. JAILLARD P. (2007), L’application aux toponymes de la convention du 17 octobre 2003 pour la sauvegarde du patrimoine culturel immatériel, Neuvième Conférence des Nations Unies sur la normalisation des noms géographiques, New York. LIGHT D. (2014), Tourism and toponymy: commodifying and consuming place names. In “Tourism Geographies”. MACCANNELL D. (2013), The Tourist: A New Theory of the Leisure Class (Revised edition), University of California Press. ROJEK C. (1997), Indexing, dragging and the social construction of tourist sights, in C.Rojek and J.Urry “Touring Cultures: Transformations of Travel and Theory”, pp.52-74, Routledge. URRY J., LARSEN J. (2011), The tourist gaze 3.0, Londra.

CONTATTI: corrado@segnavia.it © 2020/2021


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