Il fatto p3

Page 1

ECONOMIA

Giovedì 20 Ottobre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |

FRODE FISCALE

Condanna a due anni per Diana Bracco, l’ex presidente di Expo

DIANA BRACCO , ex vicepresidente di Confindustria ed ex presidente di Expo 2015 spa (nonché presidente dell’omonimo gruppo) è stata condannata a Milano a 2 anni di reclusione per frode fiscale e appropriazione indebita. Secondo l’accusa, l'industriale, che avrebbe commesso i reati come presidente del Cda della Bracco spa, avrebbe realizzato una frode fiscale da oltre un milione di euro. Poi, pe-

q

rò, ha saldato i suoi debiti con l’erario. Condannati a un anno e mezzo di reclusione anche Marco Isidoro Pollastri e Simona Adele Calcinaghi, titolari dello studio di progettazione Archilabo di Monza e architetti di fiducia dell’imprenditrice. La frode fiscale sarebbe stata realizzata da Bracco abbattendo l’imponibile attraverso fatture per spese personali, come la manutenzione di una barca o di case in celebri

»3

località turistiche, fatte confluire sui bilanci delle società del gruppo farmaceutico. Nel corso dell’indagine erano finite sotto la lente dei finanzieri, che nel marzo 2015 avevano eseguito un sequestro preventivo di 1 milione e 42 mila euro , fatture per un totale di oltre 3 milioni di euro emesse dai due architetti per i lavori in 5 case di proprietà dell’ex vicepresidente di Confindustria.

L’OBIETTIVO Tutto il potere a Palazzo Chigi

» GIANLUCA ROSELLI

N

CALL CENTER Lavoratori sui tetti

Almaviva, allarme dei sindacati: 80 mila posti a rischio nel settore TOLLERANZA ZERO sulle gare al massimo ribasso e, visto che il ddl concorrenza langue in Parlamento, le norme per contrastare le delocalizzazioni andranno a finire in un nuovo provvedimento, insieme agli ammortizzatori sociali. Sono le misure che il ministero dello Sviluppo promette per affrontare la crisi del settore dei call center, per il quale i sindacati lanciano l'allarme occupazione con 70-80mila posti a rischio. Il problema, riguarda Almaviva Contact, che ha annunciato 2.511 esuberi e il trasferimento di altri lavoratori dalla Sicilia alla Calabria. Un esito che l’azienda ritiene inevitabile visto che in quattro anni ha registrato una contrazione dei ricavi di 100 milioni. Per questo si sono svolti due incontri della commissione Lavoro del Senato con azienda e sindacati: Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom hanno evidenziato la grave situazione del settore, invocando tre azioni specifiche: intervenire con norme che siano di contrasto alle delocalizzazioni e applicando le sanzioni che sono già previste, agire contro le gare al massimo ribasso rispettando i minimi contrattuali e prevedere ammortizzatori sociali stabili . Intanto a Palermo la situazione si fa sempre più calda: i lavoratori di Almaviva sono saliti sui tetti gridando "lavoro e dignità" e i sindacati, secondo cui i trasferimenti sono "licenziamenti mascherati" hanno proclamato due giorni di sciopero.

q

Niente sciopero La Commissione di garanzia ha bloccato lo sciopero di oggi dei dipendenti Equitalia Ansa

Dopo un’ora e venticinque approdi alla cassa: “Credete sia piacevole passare le giornate a chiedere soldi a gente che magari non ne ha?”, ti dice l’impiegata. Non bastano i quadri alle pareti, la macchinetta delle merendine, i dipendenti gentili. L’atmosfera è pesante. “Non voglio discutere dei metodi, degli interes-

si. Ma bisogna far pagare i denari dovuti allo Stato”. Che cosa succederà adesso? “È un casino pazzesco. Ci sarà un mezzo colpo di spugna, pare, ma resteranno le somme dovute agli enti locali... insomma, le multe. Automobilisti mettetevi il cuore in pace”. Già, un momento duro l’ultimo giorno della rateiz-

on solo di riforma costituzionale e Italicum si nutre l’i de a fissa del renzismo di accrescere il potere di Palazzo Chigi a scapito degli altri: anche se può sembrare un argomento tecnico, allo stesso fine è pensata la recente riforma della dirigenza pubblica, le norme che regoleranno ruoli, mansioni e collocazione dei più alti dirigenti dello Stato. Questo testo discende dalla cosiddetta “riforma Madia”, approvata nell’estate 2015 dal Parlamento come legge delega e che il governo sta pian piano attuando: il decreto legislativo che riforma la dirigenza della P.A. è stato licenziato dal Consiglio dei ministri il 25 agosto, nelle ore successive al terremoto di Amatrice.

Il terzo atto renziano: la riforma che serve per prendersi lo Stato Le norme sulla carriera degli alti dirigenti li pongono sotto il controllo della politica: i grand commis sono in rivolta

IL TESTO, PERÒ, sta suscitando

le proteste dei dirigenti pubblici, che sono sul piede di guerra e hanno già indetto uno sciopero per questo lunedì. Venerdì scorso, poi, il decreto Madia ha subìto la sonora bocciatura del Consiglio di Stato: 110 pagine di un parere non vincolante in cui si sollevano pesanti obiezioni sui costi (che secondo l’esecutivo sono inesistenti), sull’accentramento decisionale e sulla dipendenza della commissione esaminatrice dalla politica. Per Palazzo Spada il decreto è da riscrivere e Marianna Madia non l’ha presa affatto bene. Il testo, però, è solo parzialmente opera sua: messo a punto in prima battuta dall’ufficio legislativo della Funzione pubblica – al cui vertice c’era Bernardo Mattarella, figlio di Sergio – è stato giudicato da Palazzo

zazione. Lo vedi dalla gente che affolla la sede di Roma, in via Aurelia. Tanti capelli bianchi, parecchi pensionati. In alcuni vedi i primi segni di una difficoltà che cresce: gli abiti logori, le scarpe consumate, una riga sulla lente degli occhiali. C’è nervosismo. Da una parte e dall’altra dello sportello. In fila ci si divide sulla riforma Renzi: “Sono felicissima! Abbiamo l'Agenzia dell'Entrate. Perché dobbiamo pagare il 30 per cento in più? Li paghiamo noi gli stipendi maggiorati di chi è distaccato qui”, esulta qualcuno. Ma subito c’è chi raffredda l’entusiasmo: “Io sono qui dall'altro ieri. Sono dovuta tornare tre volte, c’era troppa fila. E vedrete... sarà soltanto un cambio di nome. Se non è Equitalia sarà un'altra cosa". © RIPRODUZIONE RISERVATA

Burocrati Il Consiglio di Stato. A destra, Marianna Madia e Antonella Manzione LaPresse

Chigi troppo “morbido” e “garantista”. Così la Presidenza del Consiglio l’ha avocato a sé e in parte riscritto, con norme più severe: a metterci mano è stata Antonella Manzione, l’ex capo dei vigili urbani di Firenze che Renzi ha voluto con sé a Palazzo Chigi (e che ha da poco nominato al Consiglio di Stato non senza polemiche), con l’aiuto di consulenti e avvocati amministrativi esterni, tra cui Lorenzo Casini, consigliere giuridico di Dar io Franceschini. La riforma prevede il cosiddetto “ruolo unico”, ovvero tutti i dirigenti pubblici di prima e seconda fascia finiscono in un contenitore senza più differenze da cui poi governo, Regioni e Comuni pescano secondo le necessità. “Così si annullano le competenze e un dirigente di prima fascia può finire in piccole amministrazioni o un semplice segretario comunale può invece arrivare a Palazzo Chigi o in un dicastero importante. Per ricoprire certi ruoli ci vogliono competenza e specificità, mentre così si azzerano anche i diritti acquisiti”, racconta una fonte. IL DIRIGENTE pubblico in sca-

denza di mandato finisce, dunque, in questo gran calderone, con lo stipendio dimezzato e l’obbligo di partecipare a cinque “interpelli” l’anno (i concorsi interni per i ruoli che si rendono disponibili). Se non viene scelto, si fa un secondo

anno di limbo e poi può essere licenziato senza giusta causa. A decidere chi fa cosa, secondo la riforma, sarà una “commissione nazionale di valutazione” composta dal presidente dell’Anac (Raffaele Cantone), dal capo del personale del Viminale, dal segretario generale della Farnesina, dal Ragioniere generale dello Stato e da due esperti scelti dal governo. Un lavoro immane. Canto-

Bocciatura Il Consiglio di Stato vuole modifiche: troppi poteri all’esecutivo, si rischiano costi alti Il “ruolo unico” Tutti in una sola lista, poi una commissione decide chi fa cosa (col rischio licenziamento) ne, per esempio, ha già detto di non volerne sapere. Inoltre, sono tutte figure nominate direttamente dalla politica. E proprio qui sta il punto: l’esecutivo di turno potrà scegliere i dirigenti più fedeli e metterli nelle posizioni apicali della Pubblica amministrazione. Tutto ciò, secondo i sindacati dei dirigenti, vìola gli articolo 97 e 98 della Costituzio-

ne che garantiscono “il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. “È un piano perfetto per attuare lo spoil systemtra i dirigenti pubblici: mandare via quelli non graditi e nominare quelli fedeli alla maggioranza. L’obiettivo è avere una dirigenza pubblica totalmente asservita al potere politico”, continua la nostra fonte. I dirigenti pubblici, infatti, possono essere ricollocati solo dalle istituzioni: sarà facile per l’esecutivo lasciar “uscire” quelli scomodi, andando incontro però al rischio di contenziosi che potrebbero arrecare un serio danno alle casse dello Stato. DELLA QUESTIONE ha parlato

anche Massimo D’Alema durante i suoi comizi per il No al referendum: “Dopo riforma costituzionale e legge elettorale, la riforma della dirigenza pubblica è il terzo passaggio per mettere Palazzo Chigi al centro di tutto, con poteri mai visti nella storia repubblicana. Un pericolo per la nostra democrazia”. Obiezione, con toni assai più diplomatici, sollevata anche dal Consiglio di Stato. Nonostante alcuni ministri siano dell’idea di correggere la riforma, Renzi sembra però intenzionato a non raccogliere i rilievi dei giudici amministrativi e passare al prossimo livello: il parere delle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato. © RIPRODUZIONE RISERVATA


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.