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| IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 7 Giugno 2016

CAGLIARI, RIMINI, COSENZA, ETC

I 5 sindaci eletti al 1° turno: Zedda, Gnassi e gli altri

ZEDDA a Cagliari, Occhiuto a Cosenza, Gnassi a Rimini e Napoli a Salerno, Cabriolu a Villacidro. Sono questi i cinque sindaci già eletti, tra i candidati in lista nei 25 comuni capoluogo, andati al voto ieri. Salerno fascia tricolore per Vincenzo Napoli, candidato da numerose liste civiche e dai verdi che tocca quota 70,49%, pari a 53.218 voti. Nella città campana si piazza secondo Roberto Celano, candidato di

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Forza Italia, che si ferma al 9,59%, per un totale di 7.245 voti. Per Napoli è boom di preferenze, con la percentuale più alta raggiunta tra gli eletti al primo turno nei capoluogo al voto domenica e il maggior numero assoluto di voti ottenuti. Altro record è il distacco che lo separa dal secondo tra i votati nel comune campano, quasi il 60% di preferenze in più rispetto a Celano. Mario Occhiuto, sindaco

A URNE APERTE

Percentuali Nei Comuni più grandi al voto le liste democratiche non arrivano al 20% dei consensi: isolando le grandi città sono al 21,6% (-4,5 punti rispetto al 2011)

» MARCO PALOMBI

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ier Luigi Bersani avrebbe avuto qualche motivo di vantarsi ieri mattina e non è escluso che - in privato - lo abbia fatto: rispetto alla tornata di amministrative del 2011 (e Roma 2013) - quando lui era segretario del Pd - il partito peggiora le percentuali e tracolla addirittura dal punto di vista dei voti reali, finiti in gran parte all’astensione, quando non al Movimento 5 Stelle (lo certifica ad esempio, per Torino, un’analisi del Cise di Roberto D’Alimento, il politologo che ha inventato l’Italicum). I numeri sono impietosi e, avendo la pazienza di leggerli, rivelatori: se una destra organizzata praticamente non esiste più nel Paese e i 5 Stelle hanno percentuali di rilievo solo occasionalmente (almeno alle amministrative: conquistano solo 20 ballottaggi), il Pd traballa sotto i colpi dell’astensionismo, anche quello “punitivo” del suo elettorato.

Numeri reali: un tracollo da duecentomila voti Quest’analisi si basa sui numeri dei 24 capoluoghi di provincia al voto domenica (nel 25esimo, Villacidro, nel Medio Campidano, si presentavano solo liste civiche): Roma, Milano, Napoli, Torino, ma anche centri più piccoli come Novara, Isernia, Carbonia, Pordenone, etc. In tutto, questi 24 Comuni portavano al voto oltre sei milioni e 600mila italiani, cioè la metà della platea impegnata nelle elezioni di domenica. I risultati dei voti reali - numeri veri, non percentuali che variano con l’affluenza - per le liste del Partito democratico è brutta. Si passa dai 930mila voti messi insieme ai tempi di Bersani ai 720mila circa dell’altroieri: un emorragia da 210mila schede, che in percentuale significa un calo del 22,5%. Calcolando un’affluenza del 57% (cioè più bassa di cinque punti sulla media nazionale), significa comunque che il Pd non raggiunge il 20% medio delle preferenze in questa tornata elettorale. Facciamo qualche esempio: a Roma la lista del Pd perde 67mila voti e scende a 200mila totali (il 17,2% dei consensi); il quadro è anche peggiore se si considera il dato totale di Roberto Giachetti (320mila voti) con quelli di Ignazio Marino al primo turno (512mila). Forse pesa l’ef-

Dubbi e incertezze Il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, durante la notte delle elezioni Ansa

In 24 capoluoghi il Pd perde 210 mila voti reali: fa -22,5% fetto Mafia Capitale, ma non è detto: i dem lasciano per strada 25mila voti abbondanti anche a Napoli (prendendone 42.770 in tutto), dove negli ultimi cinque anni non hanno nemmeno governato. Non solo: perdono 32mila voti pure a Torino dove sono di poco sopra i centomila di lista; il sindaco uscente Piero Fassino, rispetto al primo turno di 5 anni fa, viene abbandonato da 95mila elettori (e in una città in cui il Movimento 5 Stelle quintuplica i suoi voti (da 22 a 107mila). A

seto ai 2.200 di Cagliari fino ai 4.900 di Trieste. Un’emorragia che nei 24 comuni capoluogo conosce tre eccezioni: mille voti in più a Rimini e Varese, 110 a Caserta.

3 vs 11

I sindaci che i dem hanno portato a casa al 1° turno ieri e nel 2011 Milano i democratici perdono 24mila voti rispetto ai 170mila del 2011 e Giuseppe Sala ne prende 90mila in meno rispetto a Giuliano Pisapia (nonostante il buon risultato percentuale, va comunque

sottolineato che anche la destra lascia per strada oltre 60mila voti). Il calo, comunque, è generalizzato: dai 3.300 voti in meno di Brindisi agli 8mila di Ravenna; dai 4mila di Gros-

ROMA

MILANO Periferie grilline, centro a Giachetti

Il ridotto di Silvio, ma ‘non voto’ record

CENTRO STORICO e San Lorenzo-Parioli. Sono gli unici due municipi di Roma - entrambi centrali, entrambi “ricchi”in cui Roberto Giachetti ha battuto Virginia Raggi. Negli altri 13, invece, ha vinto sempre la candidata dei 5Stelle: non è proprio un bel segnale per il Pd - sia in quanto partito soi-disant di sinistra, sia in vista del ballottaggio del 19 giugno - che i popolosi quartieri della periferia (da Tor Bella Monaca al Tiburtino fino a Ostia con uno spettacoloso 44%) abbiano votato in massa per la candidata del Movimento 5 Stelle o, in alternativa, per Giorgia Meloni. I numeri dicono che il secondo turno è una sfida assai difficile per il vicepresidente della Camera. Breve riassunto: domenica Raggi ha raccolto 453mila voti, il 35,2% del totale: nel 2011 il candidato grillino De Vito ne aveva messi assieme 149mila e il 12,4%. Giachetti, al contrario, ha raccolto 320mila voti (24,9%) contro i

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q 35,2 %

Virginia Raggi

24,9 %

Roberto Giachetti

Parlando di poltrone siamo a 11 contro 3 Spiega Federico Fornaro, senatore della minoranza Pd e analista esperto dei risultati elettorali (ha appena scritto il libro Fuga dalle urne. Astensionismo e partecipazione elettorale in Italia dal 1861 a oggi): “Nei 25 comuni capo-

luogo di provincia solamente in 5 si conosce già il nome del nuovo sindaco: erano 13 nelle precedenti elezioni. Nel 2016 il centrosinistra conquista al primo turno 3 comuni (Salerno, Rimini e Cagliari) contro gli 11 sindaci al primo turno delle ultime elezioni. Uno va al centrodestra (Cosenza) contro due delle precedenti comunali e un sindaco a una lista civica (Villacidro, Sardegna). Si andrà quindi al ballottaggio in 20 comuni rispetto ai 12 delle scorse elezioni”. Significati-

512mila di Ignazio Marino (42,6%): un tracollo. Recuperare 130mila voti e 10 punti percentuali in un ballottaggio è impresa improba, specialmente se l’elettorato che non ha scelto né Pd, né M5s (quello di destra) è più incline a votare la sfidante. Ne esce a pezzi la lista del Pd, che prende 200mila voti, lasciandone per strada 67mila rispetto al 2011 (dal 26,2 al 17,2%). Nel campo del centrodestra, poi, lo scontro fratricida si risolve in un fallimento epocale di Silvio Berlusconi: Giorgia Meloni prende il 20,6% con 265mila voti, Alfio Marchini il 10,9% con 140mila. Forza Italia scompare col 4,2%, ma rimedia una figuraccia pure la Lega di Salvini (2,7%): Fratelli d’Italia, invece, raddoppia i consensi e passa al 12,2 dal 5,9%. Va male la sinistra di Stefano Fassina: con 57mila voti e il 4,4% non intercetta l’astensionismo di sinistra. Magra consolazione: “Alleati al Pd avremmo preso il 2”

41,7 %

Giuseppe Sala

40,8 % Stefano Parisi

MISTER EXPO, Beppe Sala, ritiene di aver “vinto uno a zero il primo turno”. Per un candidato che aveva speranze di vittoria al primo turno, ritrovarsi con un vantaggio di 5mila voti (224 a 219mila) rispetto a uno sfidante appoggiato da una coalizione raffazzonata e imbarazzante non è proprio un “1 a 0”. Partiamo dai municipi, un tempo noti a Milano come “zone”: dopo il cappotto dell’epoca Pisapia (nove a zero per il centrosinistra), stavolta il centrodestra se ne riprende cinque, uno in più dei rivali. Nota bene: a Roma, dove pure i voti di Giachetti sono pochini, la macchina del consenso del Pd è riuscito a tenersi 9 municipi (5 al M5s e uno, Ostia, è commissariato). I numeri assoluti non sono buoni per il front runner: i suoi 224mila voti sono novantamila in meno di quelli che Pisapia mise assieme al primo turno 5 anni fa (Parisi ne perde “solo” 50mila rispetto alla Moratti); pure il Pd -

che tiene dal punto di vista delle percentuali (28,9%) - non può essere soddisfatto visto che conta 25mila voti in meno sul 2011. Milano è l’unica città - insieme, parzialmente, a Napoli - che fa gioire l’ex Cavaliere Silvio Berlusconi: oltre al buon risultato di Parisi, Forza Italia si accaparra il 20,2% dei voti (-8% e 70mila voti rispetto al 2011), risultato che è in sostanza un unicum nelle grandi città. La Lega, mai amatissima nel capoluogo lombardo, si ferma all’11,7%. Male il Movimento 5 Stelle (54mila voti e il 10%), non pervenuta la sinistra con Basilio Rizzo (19mila e 3,5%). La vera notizia a Milano, però, è l’astensione: il 45,35% dei milanesi ha disertato le urne; l’affluenza si è attestata 54,65%, 13 punti sotto quella del 2011. In teste significa che 450mila milanesi sono rimasti a casa (110mila milanesi in più in un lustro). Il “non voto”ha più consensi di Sala e Parisi messi assieme.


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