Doc congressuale civati

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e, di conseguenza, il Governo che esso esprime. Queste riforme, che potrebbero essere realizzate rapidamente, sono sintetizzabili in pochi punti: -

diminuzione del numero dei parlamentari (e delle loro indennità); sostituzione del Senato con una Camera delle Autonomie; fiducia al Governo espressa dalla sola Camera dei deputati; maggiore capacità di direzione coordinamento dell’attività dei ministri da parte del Presidente del Consiglio (con possibilità che proponga al Presidente della Repubblica la revoca di questi ultimi); - riforma dei regolamenti parlamentari per migliorare la capacità decisionale e di controllo sull’attività del Governo. Via il Porcellum, subito La riforma della legge elettorale è una priorità assoluta ed è scandaloso che non si sia ancora intervenuti per cambiarla una volta per tutte. Dopo le ultime elezioni, che hanno prodotto un Senato diviso tra tre principali minoranze e una Camera con una maggioranza del tutto artificiosa (il numero dei seggi del centrosinistra è stato quasi doppio rispetto ai voti ottenuti), ci si sarebbe dovuti aspettare una rapida riforma elettorale per tornare al voto. Invece, si è tentato a lungo di rinviare una legge elettorale a un momento successivo alla revisione dell’intera seconda parte della Costituzione, che sarebbe intervenuta non prima di diciotto mesi. Soltanto più di recente ci si è resi conto che la possibilità di una fine anticipata della legislatura consigliava di anticipare la riforma elettorale. All’inizio di agosto è stata quindi votata la procedura d’urgenza, ma ancora non si sono fatti molti passi avanti. Il riavvicinamento dei cittadini a istituzioni che siano davvero piena espressione di una legittimazione popolare, da mantenere anche attraverso un’azione di governo realmente stabile ed efficiente, passa attraverso una legge elettorale in grado di rispettare e valorizzare la forma di governo parlamentare prevista dalla nostra Costituzione. La soluzione più semplice – presente nella maggior parte delle proposte presentate in questa legislatura (perfino da Calderoli!) – sarebbe il ritorno alla legge Mattarella, legge maggioritaria con una limitata quota proporzionale. Le difficoltà di funzionamento di quella legge, comunque largamente minori di quelle prodotte dal sistema vigente, si sono concentrate essenzialmente sulle modalità di attribuzione della quota proporzionale alla Camera (per listini bloccati di partito) con relativo sistema dello “scorporo”. Il sistema del Senato risultava più lineare ed evitava una vera e propria concorrenza interna alla coalizione, favorendo un percorso verso un autentico bipolarismo. Inoltre, quel sistema consentiva anche ai candidati al maggioritario che, magari in collegi “difficili”, avessero comunque riportato un bel risultato in termini di consenso di poter essere premiati attraverso il recupero proporzionale nell’ambito della circoscrizione regionale. Più in generale, tuttavia, può nuotarsi come i sistemi incentrati sul sistema uninominale siano quelli maggiormente in grado di recuperare il rapporto tra elettori ed eletti, valorizzando il legame con il territorio. L’elettore, infatti, vede bene per chi vota e sceglie il suo rappresentante, cosicché le elezioni non diventano un mero confronto tra leader da giocare solo in alcuni talkshow televisivi. Il legame con gli elettori e il superamento della loro disaffezione nei confronti del voto sarebbe certamente aumentato, poi, dalla previsione di elezioni primarie per la scelta dei candidati nei collegi. E il ruolo dei partiti non sarebbe quello di nominare i parlamentari, ma di selezionare una classe dirigente attraverso il protagonismo dei sostenitori e degli elettori in generale. 35


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