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A COMMENT ON THE BOOK OF ALEX GIUZIO THE FRAGILE LINE

Stephen B. OLSEN Emeritus Director Coastal Resources Center. University of Rhode Island

«Le coste sono il primo approdo delle conseguenze del riscaldamento globale, un ambiente labile ed esposto all’innalzamento del livello del mare e ai mutamenti del clima. E sono anche le aree in cui l’umanità a partire dal ventesimo secolo ha preferito stanziarsi, facendole diventare luoghi a elevata concentrazione di impatto antropico. Sia a livello ecologico che economico, le coste sono territori ricchi di valore: per la loro biodiversità, ma anche per gli interessi del capitalismo in gioco in vari settori […]». Con queste parole si apre il libro “La linea fragile. Uno sguardo ecologista alle coste italiane” di Alex Giuzio (Edizioni dell’Asino 2022), un saggio che consegna un’analisi critica piuttosto dettagliata della gestione delle spiagge balneabili e dello sviluppo che ha caratterizzato le nostre coste, soprattutto dalla metà del secolo scorso. Descrive i fattori che hanno generato questo modello e i numerosi tentativi di modificare un sistema che ha importanti implicazioni sociali, economiche, di governance, ma soprattutto ambientali ed ecologiche. Il consumo di suolo, la costruzione dei cosiddetti “porticcioli turistici”, la cementificazione abusiva, la presenza delle linee ferrate molto a ridosso dei litorali, le estrazioni offshore, la storia e gli intrighi delle concessioni balneari sono i principali temi affrontati nel piccolo volume, un prodotto editoriale che mira a evidenziare l’urgenza di un cambio di rotta nella gestione delle coste, ma soprattutto un cambio culturale.

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Giuzio ricorda che il modello italiano di spiaggia a pagamento si è evoluto a partire dalla Seconda guerra mondiale attraverso le concessioni a soggetti privati di spiagge per “uso turistico e ricreativo”. Molte delle oltre 6.000 spiagge a pagamento possiedono il terreno alle spalle e tante hanno investito risorse significative nella costruzione e gestione di padiglioni, ristoranti e bar. Si tratta spesso di attività redditizie in cui il pagamento del canone di concessione annuale rappresenta una piccola parte rispetto agli introiti. Molte concessioni balneari e le relative infrastrutture di proprietà privata vengono tramandate da una generazione all'altra, senza rinegoziazioni o revisioni. Di conseguenza, poco rimane come “spiagge libere”.

La costa in Italia rappresenta un “patrimonio economico”, prima che ambientale e naturale, e il fatto che la gestione sia di competenza del Ministero delle Infrastrutture e non del Ministero dell’Ambiente, come invece accade in altri Paesi, è un chiaro sintomo di una prassi che poco tiene conto delle condizioni di naturalità delle spiagge. Se da un lato è stata incentivata la privatizzazione e poco si è fatto per fermare l’occupazione con nuove costruzioni, le agenzie di governo nazionali, regionali e comunali effettuano ingenti investimenti annuali per controllare e modificare i processi di trasformazione del litorale. Il 50% del litorale italiano è classificato come in erosione e milioni di euro vengono investiti in una serie di misure di “controllo dell'erosione” volte a rimodellare e bonificare le spiagge: la costruzione di pennelli, frangiflutti e soffolte vorrebbe mitigare il fenomeno ma continua a irrigidire uno spazio per sua natura dinamico e in continuo movimento. Incoerenza allo stato puro!

Per queste ragioni, il libro sostiene con forza la necessità di una nuova stagione di pianificazione i cui temi da affrontare sono molteplici e non confinabili: per il futuro delle coste italiane sarà prioritario rimettere al centro del progetto la fragilità che le connota e permettere all’ecologia di acquisire uno spazio di primo piano nelle politiche e nelle scelte di intervento.

Linea Fragile

Alex GIUZIO Edizioni dell'asino 2022

This booklet provides a detailed description of the Italian model for access to bathing beaches and the associated coastal development. It describes in detail the forces that have shaped this model and the many attempts to modify a system that has major social, economic and governance implications.

The Italian pay-beach model has evolved since WW II through the granting of concessions to private parties for their development of publicly owned beaches and adjacent privately owned lands for “touristic and recreational use”. Many of the over 6.000 pay beaches own the land behind the beach and many have invested significant resources in the construction and operation of pavilions, restaurants and bars. These are often lucrative businesses with the payment of the annual concession fee being a small element of the budget. Many beach concessions and the associated privately owned infrastructure are passed down from one generation to another without a re-negotiation or review. As a result, little remains as “free beaches”. Where they exist, there are no sanitary facilities, no life guards and often the beach is littered with garbage brough in by the sea and left by previous visitors.

Those holding concessions have exclusive rights to “their” beach and charge a fee for a space of beach measured in units defined by a few square meters marked by a beach umbrella and two deckchairs. In the summer months the population density in shorefront towns and villages increases as much as tenfold. Beaches are transformed by rows of beach umbrellas set out with military precision. The fees charged patrons and the quality of the services range from a daily charge to season long rentals. Some of facilities that meet the standards of international luxury resorts and charge accordingly.

While beach concessions are the backbone of the Italian system, many forces have shaped Italy’s coastlines into their current condition. Historically the expansion of the railroad system since the mid 1800s produced rail-lines running parallel to the shore and only a few meters above a beach. Access to the shore by roads and railroads has in turn encouraged major investments in summer season changing cabins, bars, restaurants, hotels and second homes. Most of which stand empty in the off season. Many of these structures have been built without the necessary permits and in violation of building codes. In recent decades there have been several attempts to identify and dismantle such structures. Nonetheless the lack of enforcement has allowed many illegal structures to continue their operations. Between 2004 and 2018 for example, only 11% of structures classified as illegal were removed.

More recently there has been a proliferation in the construction of hundreds of recreational harbors (known elsewhere as marinas) built to accommodate watercraft and yachts. This further expands the privatization of coastal waters and shorelines and the “cementification” of the shore. These are often built without opposition or appreciation for how their presence will affect the movements of sand along the adjoining coastline. They are seen as source of income and jobs by locals.

While Italy has chosen to encourage the privatization of beaches, agencies of national, regional and municipal government are large annual investments to check and modify the natural processes of shoreline change. Fifty percent of Italy’s shoreland are classified as eroding and millions of Euro are being invested in a variety of “erosion control” measures designed to reshape and reclaim beaches. The

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