Donne che fanno la differenza

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Donne che fanno la differenza

a.s. 2017-2018

classe 3C



Coco Chanel

“Per essere insostituibili bisogna essere diversi “ C. Chanel


C‟

era una volta ,

una bimba vezzosa e vivace di nome Gabrielle Chanel, in famiglia detta Coco. Nacque a Saumur nel 1883, in un clima famigliare non festoso, dato che il padre vagabondo aveva lasciato sua madre il giorno stesso del loro matrimonio. A soli 12 anni, quando la vita sboccia, Gabrielle rimaneva orfana e senza che potesse avere almeno il tempo di piangersi sua madre, venne rinchiusa in un orfanotrofio. Lì il suo dolore incrociò le storie di altri dolori e col tempo fu temprata all‟idea che nulla sia facile nella vita ma al tempo stesso niente è impossibile se uno vuole e converte la sofferenza in energia positiva. A 20 anni entrò a lavorare come commessa in un negozio di moda, prima di aprire la sua casa di moda nel 1916, con cui avrebbe lanciato simboli culturali di emancipazione femminile: dai pantaloni alla gonna corta a pieghe al tubino che segna i fianchi, esaltando la sensualità femminile tout court. Lei si spegneva, dopo una vita tra la leggenda ed il mito, a 88 anni a Parigi , icona di eleganza e stile che fa la differenza. Tra le sue creazioni più note il noto profumo Chanel N.5, lanciato nel 1921 e gli abiti a tweed nei colori pastello. Quasi che i colori degli abiti fossero i colori stessi dei suoi pensieri...firmati Madame Chanel.


Margherita Hack

“ Siamo tutti fratelli perchĂŠ abbiamo tutti lo stesso tappeto di stelle che si srotola sulle nostre teste.â€? M. Hack


C‟

era una volta ,

in una via di Firenze denominata non a caso via delle Cento Stelle una bambina. Si chiamava Margherita e da grande sarebbe diventata una straordinaria astrofisica, una scienziata che studia le proprietà delle stelle e dei pianeti. Mentre studiava fisica, Margherita si interessò sempre di più alle stelle. <<Siamo parte dell‟evoluzione dell‟universo>> diceva. << Dal calcio delle nostre ossa fino al ferro del nostro sangue, siamo fatti interamente di elementi creati nel cuore delle stelle. Siamo davvero “figli delle stelle”.>> Il posto preferito di Margherita era l‟ Osservatorio di Arcetri. Su una collina di Firenze, scrutava i cieli attraverso un enorme telescopio, con la testa piena di domande: come si evolvono le galassie? Quanto distano le stelle l‟ una dall‟ altra? Cosa possiamo imparare dalla loro luce? Margherita viaggiò in tutto il mondo, tenendo conferenza e ispirando altri a studiare le stelle. Tornato a Firenze divenne la prima donna italiana a dirigere un osservatorio astronomico. Diceva che alcune delle sue migliori amiche erano stelle. Si chiamavano Eta Boo, Zeta Her, Omega Tau e 55 Cygni. C‟ è perfino un asteroide che porta il suo nome! Per Margherita, essere una scienziata significava basare la propria conoscenza del mondo naturale sui fatti, sulle osservazioni e sugli esperimenti, e avere un‟ instancabile curiosità per il mistero della vita. E‟ bello poter pensare che da lassù sdraiata sul suo tappeto di stelle, che è anche nostro, osservi il mondo e le sue bizzarrie con l‟ironia che la caratterizzava.


Rita Levi Montalcini

“ Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto il bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza. � R. Levi Montalcini


C‟

era una volta,

in quel di Torino, una bimba minuta e vispa, che sbocciò al mondo in una ridente giornata di primavera il 22 aprile del 1909. Il suo nome era Rita. Quando la sua tata morì di cancro, soffrì a tal punto che Rita decise di diventare una dottoressa. Era particolarmente affascinata dai neuroni (ciò di cui è fatto il nostro cervello), così, dopo la laurea, cominciò le sue ricerche in questo campo insieme a uno straordinario professore di nome Giuseppe Levi e a un gruppo eccezionale di scienziati. Erano nel bel mezzo di un‟ importante ricerca quando un crudele dittatore promulgò una legge: gli ebrei non potevano lavorare all‟ università. Rita fuggì in Belgio insieme al professore, che era ebreo come lei. Ma quando i nazisti invasero il Belgio, dovette fuggire di nuovo e tornò in Italia. E‟ difficile lavorare come scienziata quando devi nasconderti in continuazione e non hai un accesso a un laboratorio, ma Rita non si arrese. Trasformò la sua camera in un piccolo laboratorio di ricerca. Affilò gli aghi da cucito per creare strumenti chirurgici e sistemò un piccolo tavolo operativo di fronte al letto, che usava per dissezionare i polli e studiare le cellule al microscopio. Quando la sua città fu bombardata, Rita fuggì un'altra volta, e poi un'altra volta ancora. Di nascondigli in nascondiglio, tuttavia, qualunque fossero le difficoltà e ovunque si trovasse, continuava a lavorare. ( Rita Levi-Montalcini vinse il premio Nobel per la medicina nel 1986, che le venne assegnato per le sue scoperte in campo scientifico. In particolare ha studiato un fattore di crescita delle cellule nervose chiamato N.G.F. delle cellule nervose nel sistema periferico. Questo fattore è una proteina che può essere utilizzata per curare malattie come l‟ Alzhaimer o la schlerosi multipla) Ma soprattutto di lei resta la lezione del coraggio delle proprie scelte, anche quando osteggiate e la caparbietà nel non arrendersi mai.


Margaret Tatcher

“Potresti dover combattere una battaglia piĂš volte per vincerla. E questo nessuno lo sa meglio delle donne.â€? M. Tatcher


O

nce upon a time ,

a child with auburn hair and a look of vivacity and energy, named Margaret. She was born on a gloomy Tuesday of October 13, 1925. Her father was a grocer, who had conquered his place in Oxford very laboriously. Margaret first studied as a chemist and then, after obtaining a degree in law, became a tax lawyer. Among her schoolchildren, not a particular talent stood out, except a force of iron will and an energy in pursuing her goals. These attitudes were the basis of her success and made her legendary, especially when she entered politics in the English right-wing. Just when everyone considered Great Britain in decline, she metaphorically gripped the "whip" and returned to her people the pride of being English. She founded her policy on the idea that society does not exist, while on the contrary there are individuals, men and women and mostly families. We remember her incredible determination, her considerable common sense and practical thinking and an uncommon political instinct that gave her the name of Iron Lady. Her political line went down in history as "the Thatcherian purge" consisting in a deregulation of work and capital markets that returned prestige to the United Kingdom. She always divided public opinion for her liberal choices but everyone admired her for the firmness of her leadership. Of her as a common person and not just a legend, we have only few confidences such as the one about her father, who had taught her everything that had been useful in her life. She was the first woman to be the prime minister and the only one to stay there for a long time, eleven years. Affected by a stroke, she died on April 8, 2013. With her, a long and contrasted chapter of the history of Great Britain was closed.


Lady D

“ La vita è un viaggio strepitoso, ma scegli con cura la compagnia giusta per farlo e mettici sempre il cuore.” Lady D


O

nce upon a time,

there was a sad princess. Her name was Lady D. Beautiful as an angel, Lady D. had eyes like pieces of one of her beloved English lakes and hair like the gold of the crown she wore, marrying Sir Charles, son of Elizabeth II of England and future heir to the throne. She was born in a hot summer afternoon of July 1, 1961, by a noble and ancient English family, the Spencer family, in Parkhouse, London, close to the royal residence of Sadringham. The veil of sadness that fell on her sweet blue eyes, took shape from childhood, when her mother, already absent in the house as a reference figure, abandoned the family to go and live elsewhere with a rich landowner. Diana suffered a lot because she couldnâ€&#x;t accept it. She grew shy but with some passions like music, dance, sport and especially swimming. One of Lady D.'s greatest inclinations was love for children, which led her to work as a nanny first and assistant to a nursery after. But her love for children, as well as her deep bond with her two sons, William and Harry, allowed her a life characterized by high society, charity and oncology and non-pediatric hospitals. In her destiny there was the encounter with Prince Charles, who married her and she became the mother of two children. But what at first seemed a modern romantic story, soon it turned into a nightmare of lies and betrayals suffered by lady D. from her husband until their separation. After that the beautiful and sweet, sad princess lived a period of depression and anorexia. She reacted by taking care of the most needy people, of humanitarian causes that often led her on the road to Mother Teresa of Calcutta and of her children. She was a revolutionary figure and thorny for the British mon-


archy, for her continuous rebellion against stereotypes that characterized her. Escaping from a certain manipulative and deployed press, in the continuous search for herself through solid loves but often opposed by public opinion, she died in a Mercedes in the gallery under the bridge de lâ€&#x; Alma in Paris, while a torrid night of 31st August 1997 escaped from photographers and spotlights. The singer and friend Elthon John dedicated to her the moving words of "Candle in the Wind"



Alda Merini

“E se diventi farfalla, nessuno pensa più a ciò che è stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali.” A. Merini


C‟

era una volta,

in viale Papiniano n. 57 a Milano, Alda Giuseppina Angela Merini, una bimba bruna e paffuta, che apriva i suoi occhietti al mondo in una rigida giornata di primavera in una famiglia di condizioni economiche modeste. Il padre, Nemo Merini, era dipendente presso le assicurazioni la "Vecchia Mutua Grandine ed Eguaglianza il Duomo" , la madre, Emilia Painelli, casalinga. Alda era secondogenita di tre figli e, seppure ancor piccola, data la spiccata sensibilità che la caratterizzava, avvertì subito il peso delle ristrettezze e la fatica di arrivare a fine mese. Della sua infanzia si conosce solo quel poco che lei stessa scrisse in brevi note autobiografiche. Dopo aver terminato il ciclo elementare con voti molto alti, frequentò i tre anni di avviamento al lavoro presso l'Istituto "Laura Solera Mantegazza" in via Ariberto a Milano, tentando di essere ammessa al Liceo Manzoni, ma non riuscì in quanto non superò la prova di italiano. Nello stesso periodo si dedicò allo studio del pianoforte, strumento da lei particolarmente amato, perché le permetteva di esprimere quella tempesta di inquietudini che affollavano il suo cuore.. Esordì come autrice giovanissima, a 15 anni. Attraverso una sua insegnante delle medie fu presentata ad Angelo Romanò che, apprezzandone le doti letterarie, la mise in contatto con Giacinto Spagnoletti, il quale divenne la sua guida, valorizzandone il talento.[6] Ma nei mesi bui del 1947 la Merini incontrò "le prime ombre della sua mente"[7] e venne internata per un mese nella clinica Villa Turro a Milano, dove le fu diagnosticato un disturbo bipolare[3]. Fu un periodo di sofferenza e di solitudine forzosa, causata dai problemi psichiatrici e da una malattia che fa smarrire chi ne è affetto nei labirinti di una mente che non si riconosce come propria fino a perdersi in una sorta di gioco degli specchi. Quando ne uscì, provata e cambiata, alcuni amici le furono


vicini. Ma nell‟imperversare del disturbo non fu mai abbastanza avere amici vicini per tenerlo lontano, tanto che visse fasi alterne di squilibrio e ricompensa zione. Giacinto Spagnoletti fu il primo a pubblicarla nel 1950, nell‟Antologia della poesia italiana contemporanea 1909-1949, con le liriche Il gobbo, datata 22 dicembre 1948, e Luce, del 22 dicembre 1949, a lui dedicata. Nel 1951, su suggerimento di Eugenio Montale e di Maria Luisa Spaziani, l'editore Giovanni Scheiwiller pubblicò due poesie inedite dell'autrice in Poetesse del Novecento. Dal 1950 al 1953 frequentò per lavoro e per amicizia Salvatore Quasimodo. Dopo relazioni difficili e complicate si sposò e nacque la prima figlia, Emanuela. Nel '57 nacque la secondogenita Flavia. Nonostante le gioie fugaci della maternità, iniziava per la Merini un difficile periodo di silenzio e di isolamento, dovuto all'internamento nell'Ospedale Psichiatrico "Paolo Pini", che si protrasse dal 1964 fino al '72, con alcuni ritorni in famiglia, durante i quali nacquero altre due figlie ,Barbara e Simona, che saranno affidate ad altre famiglie. Si alternarono in seguito periodi di salute e malattia, di tentativi di risorgere dalle proprie ceneri come l‟araba fenice e di fallimenti degli stessi nel sordo suolo della pazzia. Ciò nonostante, fece della poesia un viatico delle proprie emozioni, interpretando la condizione degli uomini del suo tempo ed in modo particolare della donne a cui dedicò versi di spettacolare profondità come quelli di “Ci sono donne e donne…”.



Madre Teresa

“ La gioia è contagiosa. Cercate perciò di essere traboccanti di gioia dovunque andiate.” Madre Teresa di C.


C‟

era una volta ,

in un verdeggiante villaggio di Skopje, una bimba minuta ma dallo sguardo profondo come i boschi della sua rigogliosa Macedonia. Lei era Anjezë Gonxhe Bojaxhiu , che per la Chiesa cattolica e il mondo intero, credente e non, sarebbe diventata, crescendo, Madre Teresa di Calcutta. Quegli occhi vispi e curiosi si dischiusero al mondo il 26 agosto 1910 in una benestante famiglia di genitori albanesi originari del Kosovo. La madre, Dranafile, era nata a Gjakova e il padre, Nikollë, era originario di Prizren. All'età di otto anni rimase orfana per la morte del padre e la sua famiglia si trovò in gravi difficoltà economiche. Fu proprio lo stato di bisogno e di privazione oltreché di dolore per la grave perdita affettiva a far germogliare quel seme dell‟Amore cosmico già presente nel suo cuore. Collaborando, infatti, attivamente con la parrocchia conobbe i mille volti del bisogno e dell'indigenza, frammisti alla sofferenza, sparsi nel mondo ed in particolare in India e fu così che, presi i voti, scelse di trasferirsi in quel paese per testimoniare la parola di Dio con la dedizione totale ai poveri, ai malati, ai lebbrosi, a chiunque fosse ai margini della società, spesso senza voce e senza nome. Di corporatura minuta come un giunco ma solida come un ulivo secolare, rugosa come corteccia d‟albero, Madre Teresa aveva mani per chiunque le cercasse. In prima linea, si spendeva dall‟alba al tramonto e a chi le chiedesse se aveva paura di morire a contatto con tanta morte, lei rispondeva che aveva paura di morire prima di fare in tempo a salvarne un altro e poi un altro ancora...Nel dolore di Calcutta a volte raccontava di avere difficoltà a riconoscere la presenza di Dio, ma di fatto


lei era il mezzo con cui Dio si disvelava all'umano. Ciò compresero Papa Paolo II, che la volle beata e Papa Francesco che l‟ha riconosciuta Santa. La società del „900 le riconobbe nel 1979 il Premio Nobel per la pace ma lei si sentì sempre, anche quando incontrava principi e re, la più povera tra i poveri. A quanti le chiedessero di definire la povertà , lei rispondeva che era stata la sua maestra di vita. In un torrido giorno del 5 settembre del 1997, malata ma mai stanca, si spense, tra le lacrime ed il commiato del mondo intero, che come poche volte nella storia dell'umanità, non era diviso sull'entità abnorme della perdita. Lasciava come ogni Madre un'umanità dolente e smarrita ma soprattutto orfana della speranza. Una Speranza chiamata Madre Teresa.



Bebe Vio

“ E’ bello poter far vedere il futuro agli altri in momenti in cui a loro sembra che il futuro non ci sia più.” B. Vio


C‟

era una volta e c‟è ancora,

Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio, detta Bebe, una schermitrice italiana, campionessa paralimpica e mondiale in carica di fioretto individuale. Nata a Venezia e residente a Mogliano Veneto, è seconda di tre fratelli[2]; pratica scherma (attività coltivata in parallelo allo scautismo) fin dall'età di cinque anni e mezzo. A fine 2008, all'età di 11 anni, fu colpita da una meningite fulminante che le causò un'estesa infezione, con annessa necrosi ad avambracci e gambe di cui si rese necessaria l'amputazione. Dimessa dopo tre mesi e mezzo di degenza ospedaliera riprese immediatamente la scuola. In seguito, si sottopose a riabilitazione motoria e a fisioterapia presso il centro protesi INAIL di Budrio (BO) e, circa un anno dopo l'insorgenza della malattia, riprese l'attività sportiva di schermitrice, anche a livello agonistico, grazie a una particolare protesi progettata per sostenere il fioretto. Da allora è apparsa come testimonial, in molti programmi televisivi, per diffondere la conoscenza della scherma su sedia a rotelle e dello sport paralimpico in generale; in un paio di occasioni ha gareggiato a scopo pubblicitario insieme alla sua figura ispiratrice, la plurimedagliata Valentina Vezzali. Nel 2009 la famiglia di Beatrice Vio ha fondato art4sport, ONLUS di sostegno all'integrazione sociale tramite la pratica sportiva di quei bambini che hanno subìto amputazioni. Oggi Bebe, porta sul suo viso i segni di una malattia che avrebbe potuto portarsela ma gli occhi blu mediterraneo , il sorriso frizzante e contagioso ed i capelli biondi e sbarazzini azzerano qualunque traccia di quel che è stato e ricordano a chiunque abbia la fortuna di incrociarla che la vita è bella e che anche quando la partita si fa dura, il risultato può sempre essere ribaltato con la voglia di farcela in testa e nel cuore. Grazie Bebe, campionessa in campo e nella vita.


J. K. Rowling

“Le differenze di abitudini e linguaggi non sono nulla se i nostri scopi sono gli stessi ed i nostri cuori sono aperti.� J.K. Rowling


C‟

era una volta ,

una bambina bionda come spighe di grano di certa campagna inglese, che a soli sei anni cercava di varcare, almeno con la fantasia, le ristrettezze economiche di famiglia, sognando con la penna. E così cominciò a scrivere il racconto di un coniglio malato di morbillo, che intitolò proprio “Coniglio”. Il suo nome era Joanne Rowling. I suoi genitori sognavano per lei il futuro solido e agiato di un avvocato ma la sua passione era la letteratura. E si sa, al cuore non si comanda, per cui Joanne si ritrovò spesso al verde e sola con la sua valigia dei sogni. Lì in quella valigia aveva anche i primi tre capitoli della storia di un ragazzino dai poteri magici...Un ragazzino che si chiamava Harry Potter e che avrebbe fatto sognare tanti ragazzini come lui.Ma i sogni non si realizzano se non seguendo strade tortuose e fu così che all‟inizio il manoscritto fu rifiutato ripetutamente fino a quando un editore lungimirante decise di pubblicarlo. Da quel momento in poi furono pubblicate innumerevoli copie e Joanne si ritrovò a fronteggiare un successo planetario che neppure nei sogni aveva osato sognare. Ma la vita a volte dà e altre toglie, per cui fu così anche per lei, che vide fallire il suo matrimonio e, rimasta sola e con una figlia da crescere, dovette inventarsi una vita da mamma single. Ma delle angherie della vita lei diceva che è impossibile vivere senza fallire in qualcosa, a meno che non si viva in modo talmente cauto da non aver vissuto affatto. E a ripensarci è proprio così. Nella vita di J. K. Rowling arrivarono un secondo matrimonio, un altro figlio e tanti romanzi, che le valsero premi letterari prestigiosi e l‟inserimento nella rivista Forbes tra le donne più potenti al mondo. Eppure dei suoi figli parlava come una mamma qualunque, specie quando diceva che il vero regalo della vita era scoprirli vivi ogni giorno.


Marie Curie

“ Niente nella vita va temuto. Dev’essere solamente compreso. Ora è tempo di comprendere di più così possiamo temere di meno.” M. Curie


Il

était une fois,,

en Pologne, une école secrète. On l‟appelait “l‟Académie Flottante”. Le gouvernement de l‟époque interdisait aux jeunes filles de fréquenter l‟Université. Par conséquent, Marie et sa sœur étudiaient à l‟école secrète, même si elles ne voulaient plus se cacher. Elles découvrirent qu‟à Paris il y avait la Sorbonne, une université qui acceptait les filles, donc un beau jour, elles ont décidé d‟aller en France. Marie était fascinée par les métaux et par les aimants. Elle découvrit des minéraux radioactifs : ils produisaient des rayons très puissants et il brillaient dans le noir. Pour analyser les propriétés de ces minéraux, Marie les brûlait, les fondait et les filtrait et après elle restait toute la nuit à les fixer. Les radiations sont utilisées pour soigner beaucoup de maladies, mais elles sont aussi très dangereuses. Depuis toutes ces années les cahiers et les outils de Marie sont encore radioactifs et si l‟on veut les observer de près, il faut porter des vêtements et des gants de protection. Le mari de Marie, Pierre, trouva sa recherche si intéressante qu‟il abandonna sont travail sur les cristaux pour se joindre à elle. Ils découvrirent ensemble deux nouveaux éléments radioactifs: le polonium et le radium. Marie Curie a obtenu deux Prix Nobel pour son travail et elle aurait pû devenir très riche grâce à ses découvertes…mais elle a choisi de rendre disponibles les fruits de ses recherches à tout le monde gratuitement.


Liliana Segre

“La memoria è il miglior vaccino contro l’indifferenza” L. Segre


C‟

era una volta ,

una ragazzina di origine ebraica, nata una mattina nebbiosa come tante a Milano. La sua vita è segnata dalla perdita della mamma, che nella vita di tutti è un faro, mentre lei ,bambina paffuta di un solo anno, la perdeva prematuramente.. Liliana frequentò la scuola da dove nel 1938 venne espulsa a causa delle drammatiche leggi di Norimberga. Lei con suo padre e i suoi cugini, provarono a sfuggire in Svizzera con documenti falsi, ma vennero respinti. Liliana, all‟ età di 13 anni fu arrestata. Dopo sei giorni di lugubre carcere, Liliana venne tristemente deportata a Como e poi di nuovo a Milano dove fu detenuta per quaranta giorni. Il 30 gennaio 1944 che si aprirono i cancelli del campo di concentramento di Aushwitz e poi Birkenau che raggiunse sette giorni dopo. Qui subì un altro stappo, fu subito separata dal padre. Ricevette il numero di matricola 75/90 che le venne tatuato sull‟ avambraccio come fosse un capo di bestiame. Alla fine del lungo e freddo gennaio nel 1945 affrontò la marcia della morte verso la Germania. Venne liberata il 1o maggio, insieme ad altri sopravvissuti, dall‟ armata rossa, ma nei suoi occhi ci sono ancora, i segni di tanto orrore. Liliana conobbe Alfredo Belli Paci con cui si sposa e da alla luce tre figli. Nel 2009 la sua vita è inclusa nel progetto di raccolta dei “racconti di chi è sopravvissuto”. La voce di Liliana, con quella di tutti i superstiti dell‟ orrore nazifascista, racconta all‟ umanità l‟ inferno dei campi di sterminio e coagula il suo pensiero in una frase: “La memoria è il vaccino migliore contro l‟ indifferenza”. Il 19 gennaio di quest‟ anno il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in base all‟ articolo 59 della costituzione ha nominato Liliana Segre senatrice a vita per aver servito la patria con altissimi meriti nel campo sociale. E‟ la quarta donna a ricoprire tale carica dopo Camilla Ravera, Rita Levi Montalcini e Elena Cattaueo.


Frida Kalho

“A che mi servite piedi se ho le ali?� F. Kalho


C‟

era una volta ,

in una bella casa azzurra vicino a Città del Messico, una bambina di nome Frida. Sarebbe diventata una delle pittrici più famose del Ventesimo secolo, eppure rischiò di non crescere mai. A sei anni, per poco non morì di poliomielite. La malattia la lasciò per sempre zoppa, ma questo non le impedì di giocare, nuotare e scatenarsi come tutti gli altri bambini. Poi, a diciotto anni, rimase coinvolta in un terribile incidente d‟ autobus. Rischiò di nuovo di morire, e di nuovo trascorse interi mesi a letto. Sua madre le fece costruire un cavalletto speciale per permetterle di dipingere sdraiata, perché non c‟era niente che Frida amasse più della pittura. Non appena fu di nuovo in grado di camminare, andò a trovare l‟ artista più famoso del Messico, Diego Rivera “Che ne pensa dei miei dipinti?” gli chiese. I suoi dipinti erano stupefacenti: audaci, geniali e bellissimi. Diego se ne innamorò, e si innamorò anche di Frida. Diego e Frida si sposarono. Lui era un uomo grande e grosso, con un gran cappello, e lei sembrava minuscola al suo fianco. La gente li chiamava l‟ “elefante e la colomba”. Per tutta la vita, Frida dipinse centinaia di splendidi autoritratti, spesso raffigurandosi circondata dai suoi uccelli e dai suoi animali. Ancora oggi, la bella casa azzurra in cui viveva è come lei l‟ha lasciata: piena di colore, di gioia e di fiori.


Samantha Cristoforetti

“La stazione aereospaziale è un esempio davvero luminoso di come le differenze internazionali passino assolutamente in secondo piano quando si ha un obiettivo grande, una passione comune.â€? S. Cristoforetti


C‟

era una volta e c‟è ancora,

SamanthaCristoforetti Lei è un‟ aviatrice, ingegnere, astronauta militare italiana, prima donna italiana negli equipaggi dell'Agenzia Spaziale Europea. Con la missione ISS Expedition 42/Expedition 43 Futura del 2014-2015 ha conseguito il record europeo e il record femminile di permanenza nello spazio in un singolo volo (199 giorni), quest'ultimo superato nel settembre 2017 da Peggy Whitson. Nata a Milano nel 1977, è originaria di Malé (Trento), dove è cresciuta a contatto con la natura indomita della montagna, che lascia un imprinting speciale nella personalità volitiva e coraggiosa di Samantha. Nel 1994 ha frequentato un anno di High School a St. Paul, nel Minnesota, con Intercultura. Ha compiuto gli studi superiori dapprima a Bolzano e poi a Trento, laureandosi quindi in ingegneria aerospaziale all'Università tecnica di Monaco di Baviera, in Germania. Nel 2001 è ammessa all'Accademia Aeronautica di Pozzuoli, uscendone nel 2005 come ufficiale del ruolo navigante normale e con la laurea in Scienze aeronautiche presso l'Università Federico IIa Napoli. Successivamente si specializza negli Stati Uniti presso la Euro-Nato Joint Jet Pilot Training di Wichita Falls in Texas. A maggio 2009 è selezionata come astronauta dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA) come prima donna italiana e terza europea in assoluto dopo la britannica Helen Sharman (1991) e la franceseClaudie Haigneré (2001), risultando tra i sei migliori di una selezione alla quale avevano preso parte 8 500 candidati.


La prima missione cui Cristoforetti ha preso parte, della durata di circa 6-7 mesi, è denominata ISS Expedition 42/43 Futura e ha previsto, il 23 novembre 2014, il raggiungimento della Stazione Spaziale Internazionale a bordo di un veicolo Sojuz; si è trattato della prima missione di una donna italiana nello spazio[14][15] e del settimo astronauta italiano, preceduta sulla ISS da Umberto Guidoni, Paolo Nespoli, Roberto Vittori e Luca Parmitano. Nel programma della missione vi sono esperimenti sulla fisiologia umana, analisi biologiche e la stampa 3D in assenza di peso in modo da sperimentare anche la possibilità di stampare pezzi di ricambio per la stazione stessa senza dover dipendere dagli invii da terra. Il 12 febbraio 2015, durante la terza serata del Festival di Sanremo, è stata presentata un'intervista fàttale poche ore prima da Carlo Conti in collegamento con la stazione spaziale internazionale. L'11 giugno 2015 dopo 199 giorni e qualche ora sulla stazione spaziale internazionale è avvenuto il rientro sulla Terra, in Kazakistan, alle 15:44 ora italiana. Oggi Samantha è anche mamma ma, pur rispettando i bisogni ed i tempi della sua piccina, non rinuncia al suo lavoro, testimoniando che una donna non deve essere costretta a scegliere tra la carriera e la vita privata, perché con un po‟ di sacrificio l‟una non esclude l‟altra. Ragione per cui la bella Samantha tornerà a breve a farci sognare come “illustre inviata” dallo spazio.



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