19) CAROFALO

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S&F_n. 8_2012

famiglia o affetto che possano essere considerati tali, tutto è corrotto, trasfigurato dal rapporto di subordinazione e violenza nei quali i personaggi sono intrappolati e, di conseguenza, l’allontanarsi dal proprio punto di partenza, dalla propria infanzia – individuale e collettiva, come uomo e come “razza” – non instaura un processo dialettico tra il vecchio e il nuovo, ma opera una rottura radicale, comporta il rischio di un ricominciamento senza punti cardinali attraverso i quali orientarsi. Protagonisti delle storie di Wright sono, non a caso, bambini, ragazzi, giovani uomini, alle prese con il passaggio all’età adulta, delle scelte, delle responsabilità, sono individui in formazione, come è in formazione il soggetto Nero che, dopo gli anni della schiavitù, della subordinazione formale, attraversa e lotta contro la segregazione, l’inferiorizzazione subdola e penetrante. Senza per questo accodarsi o assimilarsi al paternalismo occidentale, Wright, nonostante il suo giustificato pessimismo, descrive l’afroamericano come un soggetto ancora in nuce, che va realizzandosi, e descrivendo il percorso travagliato della costituzione dell’identità nera – in questo la sua capacità di parlarci oggi – racconta contemporaneamente di ogni identità spuria, liminare, contemporanea37. Fotografando la faglia tra il prima e il dopo, il passaggio tra un’identità completamente dominata e il momento della sua ribellione e autonomizzazione – sia pure in forme spesso nichiliste e autodistruttive – Wright coglie, nella figura tragica dell’afroamericano e nel suo smarrimento, la possibilità del cambiamento. Alzarsi in piedi e camminare senza meta, sembra dirci, è pur meglio che restare immobili nella fossa che hanno scavato per noi. Di che colore sono i negri? Come si diventa negri?

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Cfr. P. Gilroy, op. cit., p. 278.

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