SAVIOLO EDIZIONI
In viaggio
Gianna Baucero è docente ordinaria di Lingua e Letteratura Inglese.
Si occupa di ricerca storica e dell’organizzazione di eventi che avvicinino Vercelli alla cultura inglese e promuovano l’immagine di Vercelli nei Paesi anglo-sassoni: ha organizzato il tour del Choir of Ely Cathedral a Vercelli e provincia nel 2006, il tour del Pembroke College Chapel Choir a Vercelli nel 2007 e numerose conferenze dedicate a Guala Bicchieri e alla sua legazione inglese. Ha collaborato con l’Assessorato alla Cultura di Vercelli in occasione dell’evento espositivo “Peggy Guggenheim e l’Immaginario Surreale” del 2007/8, organizzando il ciclo di conferenze “Da Guala a Guggenheim”. Nel corso dei suoi frequenti viaggi in Inghilterra ha realizzato diversi reportages fotografici, dai quali ha tratto alcune delle immagini contenute nel volume.
Gianna Baucero
SAVIOLO EDIZIONI
In viaggio con il cardinale
Appassionata di storia medievale inglese, ha fondato nel 2005 l’Associazione Culturale Chesterton, che si occupa della riscoperta e della valorizzazione della figura di Guala Bicchieri e dei legami che univano Vercelli all’Inghilterra in epoca medievale. Nel 2005, in occasione della mostra “Scrinium Cardinalis” ha realizzato con Dr. James Gardom, attuale Dean and Chaplain of Pembroke College Cambridge, e con l’assessore alla Cultura del Comune di Vercelli, Dott. P. Giorgio Fossale, la ripresa dei rapporti tra Vercelli e St.Andrew’s Chesterton, la chiesa che fu donata a Guala dal re inglese Henry III.
ISBN 978-8895125107
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788895 125107
Gianna Baucero
con il cardinale Guala Bicchieri in Inghilterra (1216-1218): dalla corte inglese alla fondazione della basilica di S.Andrea in Vercelli
Con immagini e notizie inedite sulla storia della basilica vercellese
Con il patrocinio di:
Comune di Vercelli
Arcivescovado di Vercelli
Gianna Baucero
In viaggio con il cardinale Guala Bicchieri in Inghilterra (1216-1218): dalla corte inglese alla fondazione della basilica di S.Andrea in Vercelli
Con immagini e notizie inedite sulla storia della basilica vercellese
S AV I O L O EDIZIONI
S AV I O L O EDIZIONI
ISBN 978-88-95125-10-7 Finito di stampare nel mese di settembre 2008 © Tutti i diritti sono riservati a Paolo Saviolo © Tutti i diritti dei testi sono di Gianna Baucero Nessuna parte del libro può essere riprodotta in alcuna forma di stampa e/o con mezzi digitali e/o elettronici (incluse fotocopie, registrazioni o recupero e immagazzinaggio di informazioni), senza il consenso scritto dell’editore. I fotografi possiedono i diritti delle immagini che hanno creato autorizzando l’editore alla loro pubblicazione. Vietata la riproduzione. Impaginazione grafica e copertina di Elisabetta Cavagnino Prima pubblicazione - Edizione limitata
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refazione
“…lassù nel cielo non si pratica il calcolo accurato dei risparmi e delle spese: tali i pensieri di chi plasmò per i sensi umani queste alte colonne, di chi tracciò questa volta spiovente, sospesa nell’aria (…) dove luce ed ombra si posano, e la musica ama indugiare e aggirarsi all’intorno come se non volesse morire, come pensieri la cui intima dolcezza testimonia che nacquero per essere immortali.”
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osì, nel XIX secolo, scriveva il poeta romantico inglese Wordsworth, pensando alla King’s College Chapel di Cambridge. Ma i versi ben si addicono anche alla basilica vercellese di S.Andrea e al suo fondatore, Guala Bicchieri, protagonista di questo libro. Otto secoli dopo la sua costruzione, il dono del cardinale è ancora maestoso e bellissimo. Esso testimonia la grandezza di Guala e della sua Vercelli, città d’arte e crocevia del pensiero nel lontano Medio Evo come nel XXI secolo. Anche questo volume nasce come un dono: è un omaggio al cardinale e al ruolo che egli interpretò sulla scena politica internazionale. Un ruolo di statista, prima che di ecclesiastico, di intelligente giurista e di sensibile riformatore, oltre che di raffinato amante dell’arte. Gianna Baucero vi ha dedicato anni di studio e di ricerche, ripercorrendo sul suolo inglese le orme del nostro concittadino, ricostruendo i rapporti con Chesterton, esaminando antichi manoscritti che da secoli riposavano negli archivi di colleges e cattedrali inglesi. Dell’autrice è anche gran parte delle fotografie del volume, in cui prende forma l’Inghilterra di Guala con le sue chiese, le sue guglie, i suoi cieli
tormentati e i suoi paesaggi di un verde struggente che certamente non mancarono di commuovere anche il cardinale. Su tutto domina la maestosità del gioiello vercellese, S.Andrea, con la pace antica del suo chiostro e il miracolo delle sue alte volte dove “la musica ama indugiare”, oggi come al tempo del cardinale. Un ponte sulla storia, dunque, questo libro. Collegamento ideale tra la Vercelli di Guala e quella di oggi, ma anche doveroso tributo al figlio più illustre della nostra città.
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n ringraziamento specialissimo a Gianna Baucero che con determinata passione e profonda conoscenza delle tematiche trattate ha realizzato questo dotto e affascinante volume che consentirà alla città di Vercelli di collegarsi idealmente e culturalmente con tutti i luoghi, i tempi, le persone che credono che le radici storiche di una comunità siano indispensabili per proiettarsi verso un futuro di speranza e di produttività artistica orientata al Bello e al Bene. Pier Giorgio Fossale Assessore alla Cultura, Comune di Vercelli
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ingraziamenti
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esidero ringraziare tutti coloro che, a vario titolo e con mezzi diversi, mi hanno aiutata nelle ricerche e nella realizzazione di questo lavoro:
• il professor Nicholas Vincent della East Anglia University di Norwich, massimo esperto della missione di Guala Bicchieri in Inghilterra e autore dell’unica monografia esistente sulle lettere e gli acta del legato. Senza gli studi del professore, i documenti da lui pubblicati e i suoi consigli il mio lavoro non sarebbe mai esistito. Il libro è dedicato anche a lui. • Il professor Mario Guilla, “faro sempre fisso” durante il mio viaggio nel tempo alla ricerca di storie lontane. Sua è la riproduzione (posta in alto su ciascuna pagina, in funzione di delizioso elemento decorativo) dell’iscrizione della lunetta sinistra situata sulla facciata della basilica di S.Andrea in Vercelli. • Il professor David Carpenter, autore di fondamentali studi sul Medio Evo inglese e particolarmente sui regni di King John e Henry III. La copia autografata di “The Minority of Henry III” che il professore mi ha donato rimane tra gli oggetti a me più cari. • L’amica e collega professoressa Donatella Crovella, che ha tradotto alcune delle lettere del cardinale e ha curato la revisione di tutti i testi in latino contenuti nel presente volume.
• The Master and Fellows of Trinity College Cambridge per l’autorizzazione alla pubblicazione delle immagini dei manoscritti. • Il dottor Jonathan Smith del Trinity College di Cambridge, che mi ha permesso di consultare i manoscritti relativi a Vercelli e Chesterton e mi ha fornito aiuto, supporto e materiale; la sua competenza e disponibilità sono state determinanti per la nascita di questo lavoro. • The Chapter of Durham Cathedral, per avermi concesso l’enorme privilegio di pubblicare le foto della Magna Carta di Durham, della Forest Charter e di una lettera di Guala Bicchieri ancora perfettamente conservata. • Mrs. Anne Robinson e Mr. Alan Piper. • The Chapter of Worcester Cathedral e dr. David Morrison della Biblioteca della Cattedrale. • The Chapter of Salisbury Cathedral. • Dr. James Gardom, Dean and Chaplain of Pembroke College, Cambridge e già Vicar of St.Andrew’s Chesterton: la sua intelligenza e sensibilità hanno permesso di realizzare un nuovo legame tra Vercelli e Chesterton. • The Dean and Chapter of Ely Cathedral. • Rev.nd Dr. Nicholas Moir, attuale Vicar of St.Andrew’s Chesterton, Mr. e Mrs. Dazeley, Paul Clarkson e tutti gli amici che a Chesterton mantengono vivo il “Vercelli link”. • I compagni di viaggio Claudia Bergamini,
Silvano Alboresi e Daniela Saglio per la loro insostituibile e generosa collaborazione. Silvano e Daniela sono anche autori di alcune delle foto scattate in Inghilterra. • Tutti i soci dell’Associazione Culturale Chesterton Onlus, con cui ho condiviso alcuni dei viaggi in Inghilterra sulle orme del cardinale Guala Bicchieri e la rinascita dei legami tra Vercelli e Chesterton. • I musei e le biblioteche vercellesi (Museo Leone, Museo Borgogna, Museo del Tesoro del Duomo, Biblioteca Civica e Biblioteca dell’Archivio Capitolare), che mi hanno concesso immagini e preziosa collaborazione. Un grazie speciale al presidente del Museo Leone e Accademia di Belle Arti di Vercelli Amedeo Corio, alla dott.ssa Anna Maria Rosso e alla dott.ssa Cinzia Lacchia. • La Biblioteca Reale di Torino.
• The Ely Choral Society and the Mayor of Ely. • La dott.ssa Elisabetta Cavagnino, paziente ed esperta autrice del progetto grafico del volume. • Mio marito e mio figlio. Il libro è dedicato a loro. • L’Assessorato alla Cultura della Città di Vercelli e il suo Assessore dr. P. Giorgio Fossale: senza la sua mostra “Scrinium Cardinalis” i miei studi non avrebbero trovato terreno fertile, questo libro non sarebbe mai nato e Vercelli non si sarebbe mai riavvicinata agli ambienti ecclesiastici e culturali inglesi che un tempo ospitarono Guala Bicchieri e furono legati alla basilica di Sant’Andrea. • Ma il ringraziamento più sentito e commosso va a Paolo Saviolo, il mio editore, che ha voluto credere in questo lavoro e concedermi la sua fiducia, permettendomi di realizzare un progetto a cui ho dedicato anni di studio e di speranza.
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remessa
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uesto libro nasce come un tributo tardivo ad uno degli uomini che hanno scritto la storia. Senza la missione diplomatica di Guala Bicchieri le sorti dell’Inghilterra e dell’Europa sarebbero state certamente diverse: • la corona inglese sarebbe stata affidata al delfino di Francia e la Gran Bretagna sarebbe diventata una sorta di colonia francese • il popolo inglese forse non avrebbe ottenuto la conferma della Magna Carta e di conseguenza l’Inghilterra non sarebbe passata alla storia per i principi democratici che sin dal Medio Evo hanno ispirato il suo governo.
titudine e i riconoscimenti che la sua carriera avrebbe meritato. Solo in tempi recenti Vercelli, città natale del cardinale, ha riscoperto e valorizzato le imprese di quel figlio così grande, la cui missione inglese ha i contorni di un affascinante romanzo medievale nel quale intrigo, ardore militare e lotte religiose si stagliano contro lo sfondo della corte d’Inghilterra.
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i auguro che i miei studi contribuiscano a restituire a Guala ciò che la polvere del tempo gli ha ingiustamente sottratto.
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ochi uomini possono vantarsi di aver raggiunto traguardi così importanti. E tuttavia Guala Bicchieri non ha ancora ricevuto la gra-
Gianna Baucero
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«Chi tiene gli occhi bassi per paura di inciampare non vedrà mai le stelle».
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uesta affermazione certo non si addice alle aspirazioni e alle imprese del cardinale Guala Bicchieri, che per tutta la vita seguì una linea di alto profilo, regalando a coloro che ebbero la fortuna di incontrarlo il ricordo di un uomo forte, coraggioso, volitivo. Pochi seppero eguagliarlo come giurista e legato pontificio e pochi furono altrettanto generosi nei confronti della loro città natale.
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razie alla sua legazione la corona inglese rimase saldamente in capo al legittimo sovrano Henry III, l’Inghilterra ritrovò la pace e le Isole Britanniche si salvarono dalla conquista francese. Sotto il tocco dolce ma fermo del cardinale Vercelli si arricchì di una meravigliosa abbazia che tuttora è il gioiello e l’orgoglio della città.
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razie a Guala, Vercelli diventò centro d’interesse artistico, tappa obbligatoria per i viaggiatori, polo culturale di fama internazionale. Un anno dopo la morte del cardinale, inoltre, nel 1228, il Comune di
Vercelli fondò la locale università, considerata a buon diritto tra le più prestigiose d’Italia. Che Guala fosse un uomo speciale lo aveva capito anche Innocenzo III, il Papa più potente di tutto il Medio Evo. Egli volle Guala come legato pontificio e gli affidò le missioni più delicate sia in Italia, sia all’estero.
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Guala viaggiava di continuo, in rappresentanza del Pontefice, proprio quando l’assolutismo papale trionfava su tutto il continente e competeva con le più importanti monarchie europee. E attraverso i suoi viaggi e le sue missioni Guala imparò a trattare con i potenti della terra, che si inchinavano a lui come al legittimo rappresentante del Papa. Uno degli interlocutori più illustri di Guala fu il re inglese John (Giovanni Senzaterra), che da anni si ostinava a respingere l’ingerenza del Papa nelle vicende politiche inglesi. Innocenzo III dapprima lanciò un interdetto contro l’Inghilterra, poi scomunicò il re e poiché la questione era particolarmente spinosa inviò a Londra il suo uomo migliore: Guala Bicchieri. Più politica che spirituale, la missione di Guala in Inghilterra si protrasse per quasi tre anni, dal 1216 al 1218, durante i quali il cardinale lavorò contemporaneamente su più fronti: tentò di piegare King John ad una sincera obbedienza al Papa, intervenne nell’annosa lotta tra Francia e Inghilterra salvando quest’ultima da una nefasta dominazione francese e infine ratificò la Magna Carta Libertatum.
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lla morte di John la missione di Guala si intrecciò con le vicende politiche e personali di Henry III, che salì al trono nel 1216 alla tenera età di nove anni. Troppo giovane per regnare da solo, il nuovo re fu affiancato da Guala, che lo guidò e consigliò con lealtà, quasi come un padre. E’ difficile affermare quanto intensa e sincera fosse l’amicizia tra Guala e il piccolo sovrano, ma certo la gratitudine del re doveva essere profonda, visto che egli donò al cardinale la chiesa e le rendite di St.Andrew’s Chesterton in segno di riconoscenza. E’ anche alla generosità di quel piccolo re che oggi Vercelli deve il suo gioiello più bello: il cardinale, infatti, investì i proventi ricavati da Chesterton nella costruzione di Sant’Andrea e di tutto il complesso abbaziale. E la volle bella, quell’abbazia. La volle nello stile che dominava nelle grandi capitali europee e volle che a costruire il suo capolavoro accorressero i maestri migliori, gli artigiani più esperti, gli spiriti più raffinati.
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a vide nascere, la sua creatura, posandone le prime due pietre nel 1219, al ritorno dalla corte inglese. La vide crescere, continuando a scegliere gli artisti più apprezzati e le decorazioni più belle. Volle che crescesse alla svelta, perché era ansioso di vederla finita. E quando cominciò a pensare alla morte, come tutti i padri previdenti si preoccupò di assicurarle un futuro: dettò le sue volontà e lasciò proprio a lei, alla sua creatura, tutte le ricchezze ed i beni accumulati in una vita di viaggi e successi. Gli architetti furono gentili
con il cardinale e completarono la costruzione in soli otto anni. Chissà cosa pensava Guala mentre la contemplava, fissando lo sguardo lassù, sul rosone, sulle loggette, sulle torri. Chissà se si accorgeva che, oltre a quelle meraviglie, nel cielo erano rimasti anche il sole, la luna e le stelle... Il sogno del cardinale fu completato nel 1227. E fa rabbrividire il pensiero che nello stesso anno lui morì. Ma certamente continuò a vegliare sulla sua creatura, proteggendola dal suo nuovo trono tra le stelle.
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allora tu, visitatore sensibile, quando ammiri la basilica nelle notti serene, cerca nel cielo la stella più bella: la stella del cardinale.
Vercelli. Basilica di Sant’Andrea. Orgoglio e vanto della città natale di Guala Bicchieri, il complesso fu costruito dal cardinale al ritorno dalla sua legazione inglese. Guala investì nell’impresa i proventi ricavati dalla chiesa di St.Andrew’s Chesterton e, più in generale, dal patrimonio che accumulò durante la sua missione inglese.
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ronologia degli avvenimenti più importanti
1199-1218
Iniziano le lotte tra il re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra (King John) e il Papa, alla morte dell’arcivescovo di Canterbury
Morte di Riccardo Cuor di Leone ed ascesa al trono di Giovanni Senzaterra, suo fratello
marzo Innocenzo III proclama un interdetto contro l’Inghilterra
17 giugno Innocenzo III consacra Stephen Langton Arcivescovo di Canterbury 1 ottobre Nascita di Henry III, figlio di Giovanni Senzaterra
novembre Innocenzo III scomunica Giovanni Senzaterra
13/15 maggio Giovanni Senzaterra accetta le volontà di Innocenzo III e si dichiara vassallo del Papa. Pochi giorni dopo viene assolto dalla scomunica
15 giugno Prima concessione della Magna Carta (a Runnymede), che verrà annullata dal Papa in agosto. In settembre i baroni inglesi ribelli dichiarano deposto Giovanni Senzaterra e offrono la sua corona al delfino di Francia Luigi VIII. Nello stesso periodo il Papa scomunica l’arcivescovo di Canterbury Stephen Langton e lo richiama a Roma. Tra novembre e dicembre IV Concilio Lateranense, convocato a Roma da Innocenzo III: è il dodicesimo concilio ecumenico della Chiesa, il quinto celebrato dopo lo scisma d’Oriente
27 luglio Battaglia di Bouvines La Corona inglese perde gran parte dei suoi possedimenti francesi e il sovrano perde il consenso dei baroni
gennaio Innocenzo III assegna a Guala Bicchieri la missione diplomatica in Inghilterra
febbraio/aprile Guala parte per l’Inghilterra e si ferma in Francia per parlamentare con il sovrano Filippo Augusto e suo figlio Luigi VIII
maggio Guala e Luigi VIII sbarcano separatamente in Inghilterra. Luigi VIII conquista rapidamente il Sud. Guala lo scomunica
16 luglio Morte di Innocenzo III. Gli succede Onorio III
ottobre Morte di Giovanni Senzaterra Incoronazione di Henry III a Gloucester William Marshal diventa reggente e Guala diventa esecutore testamentario del re defunto, nonché guida del giovane erede al trono
novembre Grande assemblea a Bristol dei notabili del regno. Seconda concessione della Magna Carta, con sigilli di Guala Bicchieri e di William Marshal
20 maggio Battaglia di Lincoln 24 agosto Battaglia navale di Sandwich settembre Trattato di Kingston-Lambeth novembre Terza concessione della Magna Carta, di nuovo siglata da Guala e Marshal Concessione della Charter of the Forest, con i sigilli degli stessi Henry III concede St.Andrew’s Chesterton in dono perpetuo a Guala Bicchieri, in cambio dei servigi resi alla Corona nei suoi due anni di legazione pontificia in Inghilterra
novembre Al re viene concesso il sigillo personale Fine della legazione inglese di Guala Bicchieri e ritorno in Italia alla fine dell’anno. Nel febbraio 1219 è a Vercelli per la posa delle prime pietre di Sant’Andrea, la basilica da lui donata alla sua città natale
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principali interlocutori
di Guala Bicchieri
Il rosone della basilica di Sant’Andrea è uno dei simboli di Vercelli. Lo si riproduce in argento come oggetto-ricordo della città .
PAPA INNOCENZO III (Pontefice dal 1198 al 1216) PAPA ONORIO III (Pontefice dal 1216 al 1226) JOHN LACKLAND meglio noto in Italia come re Giovanni Senzaterra (regnò in Inghilterra dal 1199 al 1216). Era re d’Inghilterra, signore d’Irlanda, duca di Normandia e Aquitania e conte d’Anjou HENRY III noto in Italia come re Enrico III (regnò in Inghilterra dal 1216 al 1272). La figura del sovrano è citata da Dante nella Divina Commedia (Canto VII del Purgatorio): “Vedete il re de la semplice vita seder là solo, Arrigo d’Inghilterra: questo ha ne’ rami suoi migliore uscita”1 FILIPPO AUGUSTO di Francia, della dinastia dei Capetingi (regnò dal 1180 al 1223) LUIGI VIII principe e delfino di Francia, figlio di Filippo Augusto (regnò dal 1223 al 1226) ALEXANDER II, sovrano di Scozia dal 1214 al 1249 LWYWELYN principe del Galles (morto nel 1240)
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Dante, Divina Commedia, Purgatorio, canto VII, vv. 130-132.
WILLIAM MARSHAL noto in Italia come Guglielmo il Maresciallo, grande condottiero e cavaliere, Earl of Pembroke e reggente dopo la morte di King John. La sua data di nascita è sconosciuta, mentre si sa che egli morì nel 1219, l’anno dopo la fine della legazione di Guala Bicchieri. STEPHEN LANGTON arcivescovo di Canterbury dal 1207 al 1228. Tra il settembre 1215 e il maggio 1218 Langton fu assente dall’Inghilterra, in seguito al suo coinvolgimento nelle vicende che condussero alla prima concessione della Magna Carta (giugno 1215). PANDOLFO legato pontificio in Inghilterra dal 1218 al 1221 e successore di Guala in Gran Bretagna. A lui William Marshal affidò Henry III all’epoca appena dodicenne, quando sentì avvicinarsi la morte. É noto in Inghilterra come Pandulph e compare nella tragedia “King John” di William Shakespeare, poiché Pandolfo era già stato in Inghilterra prima dell’arrivo di Guala Bicchieri. PETER DES ROCHES (morto nel 1238) chief justiciar d’Inghilterra e vescovo di Winchester (carica che occupò dal 1204 al 1238). Originario della Touraine, era un abile amministratore, ma anche un esperto di guerra e un uomo d’azione. Combattè a Lincoln nel 1217 con l’esercito di Henry III e fu determinante nel propiziare la vittoria del suo schieramento. Alla morte di Giovanni Senzaterra fu tra i prescelti per il difficile compito di assistere il giovane erede al trono.
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apitolo In viaggio nel Medio Evo
eet you. m o t e is r oad k. May the r t your bac a s y a lw a ind be our face. y n May the w o p u arm un shine w s e h t y a our fields. M y n o p u t f all so , The rain f meet again e w il t . n u And, f His hand o lm a p e th ld you in o h d o G y Ma
Irish Blessing
“Che la strada possa levarsi per venirti incontro. Che il vento possa soffiare sempre alle tue spalle. Che il sole possa splendere dolce sul tuo viso. Che la pioggia possa cadere soffice sui tuoi campi. E, finché non ci ritroveremo, Che il Signore possa tenerti nel palmo della Sua mano”. (Antica benedizione popolare irlandese, che si pronunciava in occasione della partenza per un lungo viaggio).
Viaggi e viaggiatori medievali P
er molti anni l’uomo moderno ha identificato il Medio Evo con un millennio oscuro, tutto maghi e streghe, monaci e pellegrini, leggende e superstizioni e l’“età di mezzo” è sempre stata considerata una lunga fase di immobilità, durante la quale non si lasciava mai il luogo natale, tranne quando si partiva per la guerra. In realtà il Medio Evo fu tutt’altro che un periodo statico e buio: fu un’epoca di grande fermento intellettuale, di profonde trasformazioni sociali e anche di lunghi viaggi. Gli uomini medievali, infatti, viaggiavano parecchio, sebbene il loro concetto di viaggio fosse diverso dal nostro, dal momento che in genere all’epoca non si viaggiava per diletto, ma per necessità.
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ell’Alto Medio Evo, per la verità, i viaggi subirono un certo declino rispetto alle epoche precedenti, per effetto delle invasioni barbariche, dell’espansione musulmana e del degrado della antiche strade romane. In quei secoli viaggiavano quasi esclusivamente i funzionari statali, i feudatari, i messaggeri e i dignitari di corte e i mercanti, i cui spostamenti rispondevano a precise esigenze politiche ed amministrative. Alla loro guida spesso si poneva lo stesso sovrano, che poteva controllare i suoi domini soltanto visitandoli periodicamente di persona. L’incontro con il sovra-
no rappresentava per i sudditi un momento importante, che i più avrebbero ricordato per tutta la vita, poiché l’origine divina del potere reale esercitava sul popolo un fascino irresistibile. Per quasi tutto il Medio Evo, i sovrani furono itineranti, continuamente in viaggio da una capo all’altro dei loro domini e quando non viaggiavano per necessità lo facevano per lunghe battute di caccia in compagnia di valletti e cortigiani. Il seguito dei sovrani variava tra le 300 e le 1000 persone, a seconda della ricchezza della corte e delle ragioni del viaggio.
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causa delle pessime condizioni delle strade nel Medio Evo ci si spostava preferibilmente a piedi o a cavallo e per migliorare le prestazioni delle cavalcature tra l’VIII e il IX secolo in Europa fu inventata la ferratura degli zoccoli. Sovrani e pontefici al massimo si spostavano in portantina, soprattutto quando erano malati o feriti, ma il mezzo rallentava notevolmente la velocità del convoglio e non era adatto a tutti i tipi di percorso.
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el Basso Medio Evo la situazione mutò sensibilmente: lo sviluppo agricolo e demografico e l’affermazione dell’economia monetaria urbana favorirono la ripresa degli scambi commerciali, così
un numero sempre crescente di mercanti prese a percorrere le vie di comunicazione. Le antiche strade romane — ormai in pessimo stato, dopo secoli di incuria e di usura — persero progressivamente la loro primitiva funzione di uniche arterie di collegamento e una rete di nuove strade secondarie fu creata tra i villaggi e le città, a tutto vantaggio dei contatti locali. Non si pensi, però, che nel Medio Evo le uniche ragioni per mettersi in viaggio fossero la politica o gli scambi commerciali. Ci si spostava anche per cercare lavoro, come facevano i muratori, i carpentieri e i mille altri artigiani che si muovevano da un centro all’altro in cerca di cantieri o di botteghe. Inoltre si viaggiava per studiare ed i primi a farlo
furono i monaci, che affrontavano viaggi massacranti per salvare dall’oblio o dalla distruzione pagine di cultura e di civiltà che poi sarebbero diventate preziose. A partire dal XIII secolo si potevano incontrare sulle strade anche gruppi di studenti diretti verso i principali centri universitari — Parigi, Oxford, Cambridge, Padova, Vercelli e Bologna — dove la fama dei grandi maestri richiamava schiere di intellettuali di diverse nazionalità.
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e ervi ch d n o c s icoli, r a e n p o i s d s priva on po è N n ) e o n … ( e strad fido l f l a e i d v i t . sa che onesti brigan s i i i d t i t r ’l impre u ie tra t locand e i primo t s attute o b , e e i t s v e ere for ercorr e delle p e i d te hiedet c , i t Cerca n a astelli c c r i e e m n e dai asteri n o m i lità ne i (…) d n a r ospita più g
nstancabili viaggiatori erano poi i saltimbanchi, i trovieri, i giullari e i cantastorie che vivevano sulla strada e si esibivano nelle piazze o nei palazzi, in occasioni festose come fiere, mercati e banchetti. Di gran lunga meno allegra era la condizione di chi viaggiava per fede, come i missionari, i crociati o i pellegrini. Ognuno di loro aveva un’impresa da compiere, un sogno da coronare, una meta geografica, ma anche un luogo mentale da raggiungere e per farlo doveva affrontare un viaggio pericoloso ed estenuante. Ma mentre il viaggio di missionari e crociati era funzionale al raggiungimento di un obiettivo — diffondere la parola di Dio o riconquistare il Santo Sepolcro — nel caso dei pellegrini il viaggio “era” l’impresa
Laura Mancinelli, Biglietto d’amore.
Cambridge. St.John’s College.
stessa: il pellegrino era infatti il viaggiatore per antonomasia, colui che lasciava gli schemi e i ritmi della vita ordinaria per entrare in un “luogo diverso” e lontano. Non a caso il termine “peregrinus” deriva dall’avverbio latino “peregre” che significa appunto “lontano”, “fuori”. Il pellegrino medievale incarnava appieno la condizione cristiana dell’HOMO VIATOR, secondo la quale i cristiani sono stranieri di passaggio (“peregrinus” significa “viandante estraneo ai luoghi che attraversa”) in un mondo che non è il loro e verso una meta ben più alta dell’esistenza terrena. Il pellegrinaggio diventava pertanto una metafora dell’esperienza cristiana, una fase del viaggio verso la vita ultraterrena. Nell’intraprendere il viaggio i pellegrini “morivano al mondo” — sia pure solo temporaneamente — e si allontanavano dalla prosaica quotidianità entrando in una dimensione mistica, tutta proiettata verso la contemplazione e la trascendenza. Per questo prima di partire spesso dettavano le loro ultime volontà. Non erano soltanto i pellegrini, tuttavia, a fare testamento
Ely. The monastic buildings.
prima della partenza. Lo facevano anche altre categorie di viaggiatori, perché tutti i viaggi implicavano mille insidie mortali. Ladri, banditi, assassini, malviventi di ogni sorta erano sempre in agguato, così come le bestie feroci o i serpenti velenosi. Inoltre si poteva incappare in gruppi di lebbrosi, contrarre gravi malattie, mangiare cibi avvelenati o rimanere vittime di incidenti mortali.
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n epoca medievale le grandi mete di pellegrinaggio erano Gerusalemme, Roma e Santiago de Compostela. I pellegrini vi si recavano devotionis causa, ex poenitentia, pro voto o per altre ragioni (c’era addirittura chi viaggiava su ordinazione, pagato per affrontare un pellegrinaggio in vece di qualcuno che non poteva o non voleva viaggiare). Inconfondibili per il bordone e la scarsella, cioè il bastone e la sacca di cuoio, segni distintivi della categoria, quando potevano i pellegrini si spostavano a gruppi, per proteggersi reciprocamente e condividere l’esperienza del viaggio.
SIGILLO UTILIZZATO IN VERCELLI QUALE CREDENZIALE PER I PELLEGRINI IN TRANSITO NELLA CITTÀ.
Disegno e commento di Mario Guilla.
Il sigillo è stato progettato seguendo quanto richiesto, o suggerito, dalla sfragistica. Si è adottata la forma a mandorla tipica degli antichi sigilli d’uso ecclesiastico che ritroveremo più avanti anche nel sigillo di Guala Bicchieri. All’apice è posta la mitra episcopale: segno distintivo del Pastore di una diocesi. Nel caso di Vercelli la diocesi, dal 1817, è retta da un Arcivescovo. Al centro, ad intersecarsi tra loro, il bastone o bordone, segno distintivo dei pellegrini durante il loro cammino di fede; a destra il pastorale, segno distintivo della dignità dei Pastori della Chiesa (ci si è ispirati al pastorale degli orafi cremonesi Giacomo e Galeazzo Cambi (detti Bombarda), risalente al 1520 e custodito presso il Museo del Tesoro del Duomo di Vercelli); a sinistra la croce astile nella forma riservata alle diocesi sede di un arcivescovo metropolita. I tre simboli sono avvolti dal pallio, segno di grande dignità riservato in primis al Papa, poi agli Arcivescovi, ai Patriarchi e ai Primati della Chiesa. Il pallio deriverebbe dalla toga contabulata, cioè ripiegata più volte nel senso della lunghezza. Nel sigillo si è scelto di rappresentare il pallio secondo la forma antica, che si mantenne fino al IX sec.,
per trasformarsi, dopo l’XI sec., in una forma circolare chiusa, con due appendici, una anteriore sul petto, l’altra sul dorso, entrambe terminanti con brevi parti nere. Questa seconda forma è tuttora in uso, tuttavia per il sigillo in questione si è preferito optare per la forma antica in omaggio a Benedetto XVI, che ha voluto indossare il pallio di foggia antica forse in memoria di quella centralità cristiana che caratterizzava il mondo occidentale dell’epoca. La confezione dei pallii è affidata alle monache di Torre de’ Specchi in Roma, le quali si servono della lana di due agnelli, benedetti ogni anno nella festa di Sant’Agnese (21 gennaio), presso la basilica omonima*. La scritta AD VIDENDA LOCA SANCTA è stata gentilmente suggerita dal prof. mons. Mario Capellino, Direttore delle Biblioteche Agnesiana e Diocesana di Vercelli, che ha estrapolato la frase dalla lettera di Sant’ Eusebio indirizzata ai Vercellesi dal suo esilio a Scitopoli (356). Si reputa particolarmente adatta tale scritta perché, oltre a ricordare il primo vescovo di Vercelli, essa è un invito a conoscere i “luoghi santi”, ovunque essi siano. Sotto l’aspetto grafico la scritta è stata disegnata ispirandosi fedelmente ai caratteri con i quali è stato composto il celebre Codex Vercellensis Evangeliorum, prima edizione nota dei Vangeli in latino, e per antica tradizione attribuito a sant’Eusebio (IV sec.). Trasversalmente al sigillo un cartiglio reca la scritta “VERCELLI” a memoria del pellegrino che transitò o fu ospite della nostra città.
* Le notizie relative al pallio sono tratte da Mario Rigetti, Storia di liturgia. Vol. I, Milano, 1950.
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orse non tutti sanno che essi furono anche, in un certo senso, gli inventori dei souvenirs, in quanto tornando dal lungo viaggio non mancavano mai di portare con sé un oggetto ricordo — nel caso di chi si era recato a Santiago poteva trattarsi di una conchiglia raccolta sulle coste dell’Atlantico — che testimoniasse il raggiungimento della meta e simboleggiasse l’esperienza vissuta. E’ pur vero che non tutti i pellegrini di cui abbiamo tracce nella letteratura erano modelli di contrizione e virtù: i personaggi di Chaucer in viaggio verso la tomba di Thomas à Becket a Canterbury, ad esempio, non lo sono affatto, né il loro viaggio si avvicina all’esperienza totalizzante cui abbiamo accennato più sopra. Ma i viaggiatori di Chaucer si distinguono anche per un’altra funzione, quella di ritrarre con garbato umorismo la middle class inglese dell’epoca, con i suoi vezzi e le sue debolezze.
Antonio Rimpatta (Bologna, documentato a Napoli dal 1509 al 1511). San Sebastiano e San Rocco, olio su tavola (particolare). Vercelli, Fondazione Museo Francesco Borgogna, per gentile concessione del Presidente, avv. Francesco Ferraris.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. La facciata..
In viaggio con un libro P
er chi non conosceva il cammino, fin dall’antichità furono approntati dei manuali da viaggio, inizialmente detti itinerari (in latino iter significa viaggio) che contenevano suggerimenti, consigli, informazioni e descrizioni utili a chi affrontava una nuova esperienza. Gli itinerari più forniti contenevano anche piccoli glossari ove le parole più comuni erano tradotte in diverse lingue.
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iaggiare e raccontare divennero presto attività inscindibili. Il viandante era colui che viaggiando riferiva notizie, racconti, curiosità, usanze, testimonianze. Egli offriva la sua espe-
rienza a coloro che incontrava nei luoghi di sosta: gli xenodochia, gli hospitalia, gli hospitia. Così coloro che non potevano lasciare la loro casa “vedevano” scorci di mondo attraverso gli occhi dei viaggiatori, mentre magari chi era restio a partire trovava in quelle testimonianze lo stimolo necessario per mettersi in cammino. E’ fatale che la trasmissione orale delle notizie arricchisse di dettagli fantasiosi i racconti dei viaggiatori, privandoli di una parte della loro veridicità, ma questa commistione di fantasia, verità e leggenda è uno degli elementi che rendono suggestivo e intrigante lo studio dell’età medievale.
Ospitalità I
n un’epoca ruvida come il Medio Evo, in cui non si poteva contare sulle prenotazioni on line o sugli agenti di viaggio, essere viandanti significava chiedere ospitalità a privati, monasteri, taverne e locande.
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a forma di ospitalità medievale oggi più nota è quella benefico-cristiana praticata dalla Chiesa in xenodochia, monasteri, hospitalia ed hospitia. Gli xenodochia erano speciali edifici adibiti all’accoglienza dei forestieri; erano gestiti da ecclesiastici e finanziati da monasteri, signori
Courtesy Fondazione del Museo del Tesoro del Duomo e Achivio Capitolare di Vercelli. Per gentile concessione del Presidente, avv. Enzo Pozzolo.
e persino monarchi. Essi fecero la loro comparsa in Italia a partire dal IV secolo e si diffusero nei secoli seguenti, soprattutto tra il V e il VII e tra il X e l’XI. Gli xenodochia sorsero soprattutto nelle città, nei grandi santuari, sui valichi alpini e lungo le vie di pellegrinaggio. L’ospitalità che vi si praticava si ispirava alla Regula Magistri e alla Regola Benedettina: era limitata nel tempo (in genere l’ospite poteva trattenersi al massimo tre giorni, per non gravare eccessivamente sulle risorse dell’istituto) e differenziata a seconda del rango del viaggiatore.
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on il passare del tempo il termine xenodochia fu sostituito da hospitalia e hospitia e poiché presso tali strutture venivano accolti anche poveri e malati del luogo, la parola hospitale passò poi a designare ciò che oggi è noto come ospedale.
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partire dai secoli XI e XII le antiche forme di ospitalità gratuita non furono più sufficienti a soddisfare la sempre crescente richiesta di accoglienza: fu così che si affermò l’ospitalità professionale a pagamento, che veniva offerta presso taverne e locande. Per la verità i primi esempi di locande sorgevano presso i santuari già nell’antichità, ma si trattava di locande gratuite per lo più destinate a fedeli in visita ai luoghi di culto. Le locande e le taverne del Basso Medio Evo erano ben diverse: le frequentavano loschi individui e donne di dubbia reputazione che vi si ubriacavano, giocavano d’azzardo e spesso truffavano gli ignari visitatori. Gli ospiti di questi locali dormivano tutti insieme, in una condizione di pericolosa promiscuità che suscitava lo sdegno della Chiesa: salvo particolari eccezioni, infatti, agli ecclesiastici era vietato sostare in questi locali, considerati luoghi di perdizione inadatti alle persone di sana moralità. Con il
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Tiburio ottagonale e torre campanaria.
passare del tempo, però, anche la Chiesa dovette accettare che i chierici dormissero nelle taverne laddove non si trovasse altra forma di riparo e sulla base di questa eccezione si affermò poi il principio di diritto ecclesiastico che permetteva anche ai pellegrini di pernottare nelle taverne in mancanza di altri istituti di accoglienza.
Tutti gli o spiti che giungono monaster in o siano ri cevuti co me Cristo, po iché un g iorno egli dirà: “Sono sta to ospite e m i avete ac colto” San Benedetto
Ely. The Monastic buildings.
Ospitalità ai notabili e ai religiosi di alto rango S
e i pellegrini viaggiavano armati solo di bordone, scarsella e borraccia, gli ecclesiastici di alto rango si spostavano con grande sfarzo, innumerevoli assistenti, cavalli e persino cani da caccia e rapaci. Già nel V secolo a questa categoria di viaggiatori furono concessi gli stessi diritti di ospitalità riservati ai monarchi: parrocchie e monasteri dovevano accoglierli con tutti gli onori, offrendo vitto e alloggio non solo ai prelati, ma anche a tutto il loro seguito. Questi tributi in natura, che erano noti come procurationes (in Inghilterra: procurations), gettarono sul lastrico non pochi monasteri e parrocchie, come accadde al monastero inglese di Brindlington, che fu rovinato dalla visita dell’Arcivescovo di Richmond. Il Concilio Laterano del 1179 cercò di risolvere il problema delle procurationes ridimensionando il seguito degli altri prelati: fu stabilito che un arcivescovo avrebbe potuto viaggiare con 40-50 cavalli, mentre un cardinale avrebbe potuto averne non più di 25.
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partire dalla fine dell’XI secolo alle procurationes riservate ai vescovi si aggiunsero quelle destinate ai legati pontifici e dopo il XII secolo si affermò la tendenza a trasformare le procurationes in veri e propri tributi in denaro. Come vedremo più avanti, il cardinale Guala Bicchieri era autorizzato ad esigere le procurationes e viaggiava con un seguito certamente sfarzoso.
Ely. The monastic buildings.Firmary Lane. Sulla destra si nota la Black Hosterly.
Mezzi di trasporto I
n fatto di mezzi di trasporto l’uomo medievale disponeva di una scelta alquanto limitata: poteva viaggiare solo a piedi o in sella ad una cavalcatura, che poteva essere un cavallo, un asino, un mulo. Solo per tratti molto brevi era possibile ricorrere ad un carro a quattro ruote, che arrancava con grande fatica sulle strade dissestate del tempo. Viaggiare a piedi significava mantenere una velocità media assai ridotta: non più di 3-4 chilometri all’ora, per un totale di una trentina di chilometri al giorno (quando il tempo lo consentiva ed il fisico reggeva), erano in genere i tempi e le distanze del viaggiatore medievale medio. In sella ad un animale si poteva arrivare a 5-6 chilometri orari: viaggiare a cavallo era certamente più comodo che procedere a piedi e permetteva al viaggiatore di mantenere le estremità inferiori asciutte ed integre, ma spesso la strada era così impervia che il cavaliere doveva scendere dall’animale e proseguire a piedi. Anche le merci viaggiavano a dorso di mulo, asino o cavallo, ma non era raro il caso di viaggiatori che trasportavano da sé il loro bagaglio, caricandoselo sulle spalle. Decisamente superiore era la velocità dei corrieri a cavallo, che percorrevano fino a 60 chilometri al giorno, a tutto vantaggio della diffusione delle notizie e della consegna di pacchi leggeri. Grazie ai corrieri che si spostavano lungo la rete viaria locale una missiva poteva
percorrere ampi tratti della Pianura Padana (ad esempio il tragitto da Torino a Verona) in meno di due giorni, il che sembra davvero sorprendente anche per i mezzi di oggi.
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n mancanza di strade adeguate alla circolazione di veicoli su ruote, dov’era possibile si ricorreva alle vie d’acqua, con tutti i limiti che queste comportavano: non tutti i fiumi erano navigabili da grandi imbarcazioni, perciò spesso gli unici natanti consentiti erano chiatte. A questo si aggiunga che, nel caso del trasporto via mare, talvolta le avverse condizioni atmosferiche causavano naufragi o lunghe soste in porto. Infine, in assenza di navi destinate al trasporto esclusivo di passeggeri, le condizioni dei viaggiatori erano allucinanti: uomini, merci e animali viaggiavano insieme, nella stessa stiva, avvolti dall’oscurità e tormentati da topi, pulci, scarafaggi e miasmi di ogni tipo. Solo i passeggeri “di alto bordo” potevano sottrarsi alla promiscuità della stiva. E’ impensabile che un personaggio importante come Guala Bicchieri abbia viaggiato nell’oscurità della stiva, tra parassiti e cibi avariati: con tutta probabilità egli fu accolto nella parte più confortevole delle navi su cui viaggiò, e godette di alloggi relativamente arieggiati e riservati. E tuttavia anche così la traversata della Manica non dovette essere una crociera di lusso.
Ely. Le guglie della cattedrale si scorgono anche da molto lontano.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. La facciata. Sulla sinistra, semi-nascosta dagli alberi, l’antica abbazia.
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apitolo L’Inghilterra al tempo di Guala Bicchieri
ate erano bast n o n i n io eneraz ni Quattro g di norman e il t s o e u il sang n a fondere entare in u m e c a o i sson i interessi e anglo-sa c o r ip c e r e nguaggio a comune li l’una sentiv i u c i d , e s avver ria mentre due razze o t it v a ll e ’ altazione d seguenze n o c ancora l es le e t t u eva sotto t l’altra gem fitta. della scon
W. Scott, Ivanhoe
Alla corte dei Plantagenets R
ipercorrere la missione inglese di Guala Bicchieri significa compiere un viaggio immaginario che ci riporta alla corte dei Plantagenets - Anjou2.
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a dinastia ascese al trono d’Inghilterra nel 1154, alla morte dell’ultimo re normanno3 Stephen of Blois, dopo circa vent’anni di guerra civile. Erano gli anni dei “Pilastri della terra” di Ken Follett, tempi intrisi di violenza e di anarchia. Ma anche tempi misteriosi e belli. I primi sovrani della dinastia plantageneta si distinsero per il loro temperamento collerico e furioso: si sussurrava che discendessero da Melusine, figlia di Satana, indicata da leggende 4 come moglie di uno dei primi conti d’Anjou . Il primo re d’Inghilterra della casata dei Plantagenets-Anjou, Henry II, soleva scherzare sulle sue presunte origini diaboliche, affermando che i suoi consanguinei non potevano evitare di essere malvagi. Ma queste sono antiche leggende alimentate dalla fantasia popolare e forse rafforzate da qualche storico desideroso di enfatizzare il potere del casato. A onor del vero, però, sul nome di Henry II pesa l’ombra della tragica fine dell’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket, assassinato — forse dai sicari del re — sull’altare della cattedrale.
Il termine Plantagenet è un soprannome derivante da “planta genistra”, cioè “pianta di ginestra”. Sembra che il conte Geoffrey of Anjou (noto in Italia come Goffredo il Bello) solesse portare un ramoscello di questa pianta sulla tesa del cappello e che per questo sia passato alla storia come Geoffrey Plantagenet. Secondo un’altra versione, il termine Plantagenet deriverebbe dalla pianta di ginestra raffigurata sullo stemma di famiglia degli Angioini. In realtà il cognome della famiglia era Anjou, dal nome dell’omonima regione francese della quale il casato era originario. Il primo ad adottare il termine Plantagenet come un vero e proprio cognome fu Richard of York, che intorno al 1460 — in piena Guerra delle Due Rose — volle sottolineare la sua appartenenza alla grande famiglia angioina per rafforzare il suo diritto di successione al trono. 3 La dominazione normanna dell’Inghilterra iniziò nel 1066 con la battaglia di Hastings, nella quale si distinse l’astro di William the Conqueror, meglio noto in Italia come Guglielmo il Conquistatore. I Normanni introdussero in Inghilterra i loro usi e costumi, la loro lingua (che da quel momento divenne la lingua della corte e dell’aristocrazia) e il sistema feudale, che si sovrappose all’organizzazione tribale in uso presso le popolazioni anglo-sassoni autoctone. 4 Warren,W.L. King John (New Haven and London, 1997) pp.2-3.
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iglio di Geoffrey of Anjou e della principesultime volontà. Al primogenito Henry, detto il 5 sa normanna Matilda , Henry II aveva ereditato Giovane Re, erede designato al trono, assegnò la un Paese nel caos, ma aveva saputo ripristinare Normandia; a Richard, futuro eroe della terza l’ordine e la pace e introdurre riforme giuridicrociata, offrì le terre del Poitou; a Geoffrey pro6 che così lungimiranti da fare di lui un pioniere curò la contea di Bretagna attraverso un’oculata della giurisprudenza. I suoi domini si estendepolitica matrimoniale. All’ultimo figlio maschio, 7 vano “dai Cheviots ai Pirenei” , oscurando il John, invece, non assegnò alcuna delle terre di prestigio del re di Francia e dell’imperatore. E Francia o d’Inghilterra, ma solo l’Irlanda8 e fu quando, nel 1152, il giovane re sposò la duchescosì che il principe fu soprannominato “Lacksa Eleonora d’Aquitania, il suo già vastissimo land”, “Senzaterra”. Nessun appellativo sarebbe regno raggiunse dimensioni inaudite. Eleonopotuto essere più profetico. ra era una donna ricchissima, bella, potente, invidiata da tutta l’Europa e cantata da poeti e …questa gemma incastonata in trovieri. Con lei Henry II ebbe un mare d’argento otto figli ( William, Henry, Ri(…) Qu est o angolo benedetto, questa terra, chard, Geoffrey, John, Matilda, questo regno, Leonora e Joan), dei quali solo Quest’Inghilterra. sette sopravvissero. Da monarca prudente e lungimirante, Henry II (che aveva ereditato il nome del nonno materno, discendente W. Shakespeare, di Guglielmo il Conquistatore) Riccardo II, atto II, scena 1 provvide presto a dettare le sue
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Matilda era la figlia del re normanno Henry I, che nel 1135 morì senza eredi maschi. La principessa avrebbe dovuto ereditare il trono, ma Stephen of Blois lo usurpò. Ne nacque una guerra che finì solo nel 1153, con Matilda che concedeva il trono al rivale, ma a patto che alla morte di quest’ultimo il nuovo re fosse il principe Henry, figlio di Geoffrey of Anjou e della stessa Matilda. Stephen morì un anno dopo e la corona effettivamente andò al figlio della principessa. E’ proprio il giovane Henry — divenuto re come Henry II — il primo sovrano d’Inghilterra della dinastia Plantagenet-Anjou. 6 Le riforme giuridiche più note realizzate da Henry II possono essere così sinteticamente riepilogate 1)introduzione della Common Law 2) introduzione delle cosiddette Constitutions of Clarendon, con le quali il sovrano intendeva sottrarre il clero al giudizio della magistratura ecclesiastica, per affidarlo invece alla magistratura ordinaria. Fu questa la causa della lotta tra Henry II e l’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket. Quest’ultimo fu assassinato nel 1170 nella sua cattedrale per mano, si dice, di cavalieri inviati dal re. Nel XX secolo l’argomento è stato ripreso da T.S. Eliot in “Assassinio nella cattedrale”3) l’istituzione di un corpo di magistrati itineranti, che istruivano processi nella varie città del regno, anziché in un unico tribunale centrale; 4) il trial by jury, cioè la sostituzione dell’ordalia con un processo in cui una giuria era chiamata ad esprimersi sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato; 5) lo “scutage”, con il quale i feudatari potevano evitare di fornire ai loro signori il servizio militare annuale previsto dal sistema feudale, ma dovevano pagare ai loro signori una somma in denaro detta “shield money”; il signore se ne serviva per assoldare mercenari, che in tal modo poteva tenere al suo servizio ed addestrare per più dei quaranta giorni annui previsti dall’ordinamento feudale. 7 Warren,W.L. op.cit. p.60. 8 In realtà successivamente Henry II decise di assegnare a John anche alcuni castelli in Touraine, ma questi erano già controllati dal primogenito Henry e la decisione fece scoppiare una guerra fratricida.
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a sorte, però, aveva deciso diversamente: il talvolta sleale nei confronti di Richard, giunGiovane Re, infatti, morì prematuramente l’11 gendo a tramare con il re di Francia per impagiugno 1183 e tre anni dopo scomparve anche dronirsi del trono inglese mentre il fratello era il principe Geoffrey. Alla morte di Henry II, impegnato nella crociata. pertanto — nel 1189 — la corona passò a Richard I, il celeberrimo Riccardo Cuor di Leone, che re(…) la d gnò per dieci anni, ma ata della nostra st del regn oria risa trascorse in Inghilterra o di Ric le intorn c a rdo, qua o alla fin prigioni solo pochi mesi9. Henndo il su e a era div o r e i t n o t r a n t o o ry II e i suoi figli “non più un d dalla lun per i suo esiderio ga i sudditi c infelici, he una s sciupavano il tempo specie d s p oggetti n eranza i oppres el contem sione feu in affetti fraterni”10: accresciu po a ogn dale. I n to oltre i obili, il c misura d Richard e i suoi fraui poter la prude u r a n e era te il regn nza di E telli furono spesso o di Stef n r i c o I a assogget I li aveva no, men tati alla tre fino a un in conflitto con il C orona, a c e non mai r t o p v u evano al nto l’antica l padre e John fu lor
iber tà, d a ripreso isprezzan come siglio di do i deb Stato ing oli inter aumenta lese, fort venti ndo il n i fi c a n d o u mero de i loro ca vassallag i dipend stelli, gio tutto e n i t l i , c p o iegando ntado e disponib sfor zand al ile di po o rsi ognu si con og n ni mezzo o alla tes metterli ta di for in vista n z e in grad elle lotte o di che sem i n t estine bravano incombe re. del Con
W. Scott, Ivanhoe
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Richard partecipò infatti alla terza crociata, tra il 1191 e il 1192, distinguendosi nell’assedio di Acri. E’ interessante sottolineare che, pur regnando per dieci anni, dal 1189 al 1199 (per un totale di 117 mesi), Richard si fermò in Inghilterra solo per 6 mesi, mentre trascorse 61 mesi in Francia (per quanto non consecutivamente), 16 mesi in diverse prigioni dell’Austria e della Germania, 15 mesi in Terrasanta, 7 mesi in Sicilia, 1 mese a Cipro e 3 mesi a bordo delle diverse navi crociate su cui si imbarcò. Alla stessa crociata partecipò anche un Vercellese di nome Guala Bicchieri, consanguineo del nostro cardinale. Secondo Mons. Mario Capellino quel Guala Bicchieri che partecipò alla terza crociata e si distinse nell’assedio di Acri del 1191 era il padre del legato pontificio protagonista di questo libro (si veda in proposito Documenti vercellesi collegabili ai temi del pellegrinaggio e della processione a cura di Capellino,M. (Vercelli, 2000 p.35). 10 Warren, W.L. op.cit. p.30.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Particolari del portale centrale.
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i narra che quando King Richard, di ritorno dalla guerra, fu rapito e consegnato all’imperatore, John e il sovrano Filippo di Francia offrirono un’enorme somma di denaro al rapitore affinché prolungasse la prigionia del re. John era ostile al fratello Richard perché nel 1191 quest’ultimo aveva scelto come erede al trono il giovane principe Arthur, figlio del defunto Geoffrey. Le losche trame contro il sovrano rapito comunque non ebbero successo e così quando
Richard fu liberato, tutti coloro che in Inghilterra avevano appoggiato John tornarono ad essere fedeli al loro legittimo re: questi perdonò il fratello e da quel momento i due collaborarono lealmente, al punto che negli ultimi istanti di vita Richard nominò proprio John, e non più il giovane Arthur, suo legittimo erede. Di lì a qualche anno, ereditata la corona del fratello, King John avrebbe creato i presupposti della missione inglese di Guala Bicchieri.
King John: da Senzaterra a re d’Inghilterra E
ra la notte del 10 aprile 1199 quando William Marshal — noto in Italia come Guglielmo il Maresciallo — Earl of Pembroke e fedele collaboratore della Corona inglese, mentre si trovava in Francia fu svegliato dall’improvvisa notizia della morte del re d’Inghilterra. Riccardo Cuor di Leone era spirato il 6 aprile, colpito a morte da una freccia nemica durante l’assedio al castello di Chalus.
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enza por tempo in mezzo, poiché la successione doveva essere effettuata con la massima tempestività, Marshal si precipitò a Rouen dall’arcivescovo di Canterbury Hubert Walter, e lo indusse ad accettare John come nuovo sovrano. Ad essere sinceri l’arcivescovo avrebbe preferito il giovane principe Arthur, Vercelli. Basilica di S.Andrea. La lunetta di Guala Bicchieri, in cui il cardinale è raffigurato nell’atto di offrire la basilica a S.Andrea.
ma Marshal fu molto persuasivo. Di lì a pochi giorni, il 27 aprile 1199, John fu incoronato nell’Abbazia di Westminster, e salutato come nuovo legittimo sovrano da un’Inghilterra per la verità non troppo entusiasta. Era il giorno dell’Ascensione: il principe destinato a vivere nell’ombra del celebre padre e dei valorosi fratelli era asceso al trono e ci sarebbe rimasto per 17 anni, fino all’ottobre del 1216, governando contemporaneamente sui domini inglesi e sui possedimenti francesi della sua famiglia. Con la sua incoronazione si apriva una delle pagine più importanti, memorabili e al contempo più tragiche della storia d’Inghilterra: negli anni a venire, infatti, la Corona inglese avrebbe perso la Normandia e l’Anjou, tradizionali roccaforti del potere angioino in Francia; nello stesso periodo i baroni inglesi sarebbero insorti contro John costringendolo a concedere la Magna Carta e infine la Gran Bretagna avrebbe rischiato di diventare una colonia francese. All’inizio del suo regno, tuttavia, tutto questo non poteva turbare i sonni del nuovo re ed egli si accingeva a governare con il fasto e la grandeur propri di uno degli uomini più potenti d’Europa.
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cronisti dell’epoca non ci hanno lasciato descrizioni convincenti del nuovo sovrano e
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se non fosse per il monumento funebre conservato nella cattedrale di Worcester forse persino l’aspetto fisico del sovrano non ci sarebbe noto. Se leggiamo “Ivanhoe” di Walter Scott11, tuttavia, troviamo il ritratto di un uomo aitante, gioviale, elegante, sempre in sella ad un bel destriero in compagnia di un’allegra brigata di nobili. Scott racconta che, come tutti i sovrani dell’epoca, anche John indossava vesti sfarzose ricamate in oro, un mantello foderato di ermellino, un cappello di pelliccia ornato di perle, scarpe di marocchino e speroni d’oro. Non mancava mai di indossare gioielli molto preziosi, che amava collezionare ed ostentare come simboli di abbondanza e prestigio. Quanto alle caratteristiche fisiche, sappiamo che in gioventù il re portava capelli lunghi e ondulati, ma che invecchiando diventò quasi calvo; parallelamente, il fisico del sovrano si appesantì, in conseguenza della vita oziosa, della buona tavola12 e dei vini pregiati13 che il re amava sorseggiare in compagnia dei suoi ospiti. Quando non era impegnato nelle numerose attività politiche ed amministrative, alle quali si dedicava con grande passione, dal momento che il governo esercitava su di lui un fascino irresistibile14, il re si concedeva lunghe battute di caccia, usando falconi che si faceva inviare appositamente dai sovrani
Scott,W. Ivanhoe (ed.Garzanti,1979, 1982) pp.111-112. Le leggende raccontano che per un banchetto natalizio nel palazzo di Winchester il re ordinò 1500 polli, 5000 uova, 20 buoi, 100 maiali e 100 pecore. D’altra parte è noto che i sovrani dovevano investire forti somme di denaro in feste e ricevimenti per enfatizzare la ricchezza ed il potere della loro dinastia. 13 A questo proposito vale la pena sottolineare che nel 1203 John esentò i mercanti francesi della regione di Bordeaux dal pagamento delle tasse sulle esportazioni di vino. Gli stessi mercanti ricambiarono il favore sostenendo la causa di John contro il re di Francia. L’alleggerimento della pressione fiscale sui commercianti di vino di Bordeaux favorì un’esportazione di vini pregiati francesi verso l’Inghilterra. 14 John fu un sovrano operoso e amante dei suoi doveri di capo di stato. Era molto preciso, amava far catalogare i documenti e aveva capito che con una burocrazia efficiente si poteva ottenere una migliore amministrazione dello stato. A lui va riconosciuto il merito di aver istituito la figura professionale dell’archivista e di aver compreso l’importanza della conservazione dei documenti e della memoria storica. 12
di Danimarca, Svezia e Scozia. Sappiamo che era anche un appassionato lettore (possedeva una ricca biblioteca e scambiava libri sacri con importanti ecclesiastici) e che non disdegnava il gioco d’azzardo, sia pure puntando cifre modeste. Energico e dinamico, forte e determinato, durante i suoi 17 anni al potere John fu continuamente in moto da un angolo all’altro del regno: non si fermava mai più di qualche giorno nello stesso luogo, non aveva un’unica “vera” casa e per questo ordinava che le sue residenze fossero sempre pronte a ricevere la sua visita e ad accogliere il suo incredibile seguito: con lui viaggiavano almeno centocinquanta persone e un’enorme quantità di bagagli. Egli portava con sé anche barili e sacchi di monete d’argento, che gli venivano inviati da Londra, dove i sudditi si recavano a saldare i loro debiti (solo più tardi fu istituito un sistema di pagamento in loco delle rendite, in modo da evitare al contante di viaggiare continuamente in direzione di Londra e poi verso la corte itinerante del re). Del denaro che portava con sé il re si serviva spesso per dispensare doni ai suoi collaboratori ed amici: era generoso con i cortigiani fidati, le donne, e in generale con tutti coloro che riteneva inferiori a lui ed ai suoi grandi antenati, forse per un mai risolto complesso di inferiorità. Non dimenticò mai di offrire regali alla sua prima moglie, agli ordini monastici ed alle spose dei suoi dignitari. Fu straordinariamente attratto dalle donne, che amava corteggiare anche se erano sposate: ebbe cinque figli illegittimi e fu osteggiato da molti dei suoi baroni anche a causa del suo
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comportamento licenzioso. Sapeva essere spietato con chi gli era stato sleale, o chi riteneva pericoloso. Certamente era collerico, dispotico, autoritario e non esitava a ricorrere alle gabelle per rimpinguare di continuo le casse dello stato. Molti di noi lo ricordano rappresentato dal leone con il pollice in bocca magistralmente creato da Walt Disney per “Robin Hood”. Il regno di John infatti coincide con l’epopea del bandito della Foresta di Sherwood che derubava i ricchi per aiutare i poveri vessati dallo sceriffo di Nottingham e dagli altri funzionari del re. E’ noto che John ricorreva alla violenza per reagire alla sua mania di persecuzione e alla sua eccessiva preoccupazione per le misure di sicurezza, ma anche per affermare la sua supremazia: ad esempio, soleva tenere in ostaggio15 i figli dei nobili, per accertarsi che i loro padri non lo tradissero e nel luglio 1212 fece uccidere 28 ostaggi, figli di baroni gallesi, ritenendo che i loro genitori avessero tramato contro di lui. La sua tendenza all’uso della violenza trova conferma anche nella
Anche William Marshal fu costretto ad affidare uno dei suoi figli in ostaggio al sovrano.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Il galletto di S.Andrea.
vicenda del principino Arthur, nipote del re, in quanto figlio di suo fratello Geoffrey. Considerato un pericoloso avversario, nel 1202 il giovane Arthur fu catturato da John durante l’assedio al castello di Mirabeau e da allora sparì in circostanze misteriose. I più ritengono che il ragazzo sia stato assassinato per volere del re, in una notte tempestosa, il 3 aprile 1203, mentre il sovrano si trovava sotto l’effetto dell’alcool. Ralph of Coggeshall16 racconta che il principe sarebbe dovuto essere accecato con un ferro rovente da Hubert de Burgh, su incarico di King John. E’ a questa versione della vicenda che probabilmente si ispirò William Shakespeare nella sua tragedia King John.
(…) ARTURO: Se il Cielo vuole Che tu mi faccia del male, devi farlo. Mi caverai gli occhi? Quegli occhi Che non ti hanno mai rivolto, né mai lo faranno, Uno sguardo corrucciato? UBERTO: Ho giurato di farlo. 17 E col ferro rovente te li dovrò bruciare . (Atto IV, scena 1) Ma il giovane Arthur supplica Hubert in modo così accorato che il compito non viene eseguito e Hubert concede la grazia al principe: UBERTO: Vedi per vivere: non toccherò i tuoi occhi
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Per tutti i tesori posseduti da tuo zio. (…) Silenzio, basta. Addio, tuo zio Deve solo sapere che sei morto. Queste spie maledette le riempirò Di false informazioni. E tu, bel fanciullo, Dormi senza paura, sicuro che Uberto, per tutte le ricchezze del mondo, non ti farà Mai del male18. (Atto IV, scena 1) Nella tragedia shakespeareana Arthur muore gettandosi dagli spalti del castello reale: “Meglio morire fuggendo che morire E star fermo. (Salta giù) Ahimè in questi sassi C’è lo spirito di mio zio. Il Cielo Si prenda la mia anima e l’Inghilterra 19 Conservi le mie ossa!” (Atto IV, scena 3)
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on tutta probabilità i fatti si svolsero diversamente e la leggenda della morte del principe rimase per sempre come una macchia infamante sulla reputazione di King John.
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e la tragedia di Shakespeare non ricostruisce fedelmente la vicenda del principe Arthur, riferimenti più completi essa ci offre in merito ad un altro dei gravi problemi che afflissero il regno di King John: i difficili rapporti con il papato.
Radulphi de Coggeshall Chronicon Anglicanum, ed. J.Stevenson, Rolls Series (London 1875) pp.139-41. Shakespeare, Re Giovanni, ed. Grandi Tascabili Economici Newton (Roma, 2004). A cura di Agostino Lombardo, p.109. 18 ibid. p.113. 19 ibid. p.129. 17
La lotta tra John e il Papato L
a lotta tra King John e il Papato iniziò nel 1205, alla morte dell’Arcivescovo di Canterbury, lo stesso Hubert Walter al quale William Marshal aveva imposto John come successore di Richard nel 1199. Walter era stato anche justiciar e chancellor presso la segreteria della corte, cioè aveva ricoperto i due ruoli più importanti della macchina amministrativa dello stato. Che un ecclesiastico occupasse una carica statale non era una novità: da molto tempo la Corona si avvaleva di membri del clero per incarichi amministrativi anche molto delicati. Gli ecclesiastici erano infatti più eruditi dei laici e inoltre potevano essere retribuiti mediante la concessione di prebende, parrocchie ed altri benefici, a tutto vantaggio delle casse dello stato.
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a linea di demarcazione tra Chiesa e stato in materia di royal clerks20 era sempre stata piuttosto sfumata: sia la Chiesa sia lo stato erano consapevoli dell’utilità dei royal clerks nell’amministrazione del Paese e la Chiesa chiudeva un occhio sulla presenza dei suoi uomini tra le fila dei burocrati reali, nella consapevolezza che “una pace imperfetta fosse preferibile 21 ad un legittimo conflitto” . Malauguratamente, però, durante il regno 20
Così erano definiti gli ecclesiastici al servizio dello stato. Nacque in questo modo il duplice significato del termine inglese clerk, oggi usato sia nel senso di impiegato, sia nel senso di ecclesiastico, membro del clero. 21 Warren, W.L. op.cit. p.159.
Ely. La West Tower torreggia in tutta la sua imponenza. Sulla sinistra si scorge la Lady Chapel.
di King John l’antico equilibrio improvvisamente si infranse allorché si trattò di procedere alla nomina del nuovo arcivescovo di Canterbury. Il re credeva di poter scegliere personalmente il successore di Hubert Walter con la stessa facilità con cui aveva sempre influenzato la nomina dei vescovi, ma si sbagliava. I monaci di Canterbury furono lesti ad eleggere segretamente il nuovo arcivescovo nella persona del loro priore, Reginald, e lo inviarono a Roma presso Innocenzo III22. King John ne fu informato e reagì con grande fermezza, punendo i monaci con pesanti sanzioni pecuniarie e costringendoli ad una nuova elezione, che si concluse con la nomina di Walter de Grey, il candidato del re. Quando la notizia giunse a Roma, il Papa dichiarò nulle entrambe le elezioni e propose la nomina di un terzo candidato, che i monaci accettarono all’unanimità. Fu così che il titolo di arcivescovo di Canterbury fu assegnato a Stephen Langton, che all’epoca non si trovava in Inghilterra bensì a Parigi: in lui Innocenzo III riconosceva l’uomo che avrebbe saputo realizzare le riforme del clero che da tempo Roma intendeva attuare e un intellettuale di altissimo profilo, già docente di filosofia ed autore di numerosi trattati. Il nuovo arcivescovo godeva dell’approvazione della Chiesa, ma non di quella del sovrano: King
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John accolse infatti con sdegno la notizia della sua nomina, espellendo i monaci dal monastero di Canterbury (per anni essi furono costretti all’esilio in Francia, ove mendicarono aiuto ed ospitalità), vietando a Langton l’ingresso in Inghilterra, dichiarando nemici del re tutti coloro che avessero osato sostenere Langton e infine confiscando alcune proprietà del clero.
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nnocenzo III teneva ovviamente in gran conto la questione della scelta dei vescovi, poiché sapeva che occorrevano uomini di provata fiducia per realizzare le auspicate riforme ed attuare le direttive del Concilio Laterano del 1179. Egli decise tuttavia di non intervenire immediatamente contro King John, bensì di concedergli ancora un po’ di tempo, oltre il quale — il 17 giugno 1207— presso la Cattedrale di Viterbo, consacrò Stephen Langton arcivescovo di Canterbury nonostante l’ostinato parere contrario del re. Nell’agosto dello stesso anno, inoltre, incaricò alcuni fidati vescovi inglesi, tra cui quello di Ely, di convincere il re a riconoscere Langton e, in caso di rifiuto da parte di King John, di 23 proclamare un interdetto contro l’Inghilterra. Il Papa sperava che la minaccia di un interdetto avrebbe ammorbidito la resistenza del re, come era accaduto in Francia qualche tempo prima,
Innocenzo III salì al soglio pontificio nel 1198. Il suo vero nome era Lotario dei conti di Segni e il suo pontificato è passato alla storia come uno dei momenti di massima affermazione dell’autorità papale. Innocenzo III si considerava infatti non solo un successore di Pietro, bensì il vicario di Cristo, un sovrano universale investito direttamente da Dio e quindi superiore a tutti gli altri monarchi. In virtù di questa superiorità egli investiva ufficialmente i sovrani con la sacra unzione, li controllava, li giudicava e non esitava a condannarli se li riteneva indegni di difendere la Chiesa o colpevoli di non rispettare l’autorità papale. Le massime sanzioni comminate dal Papa furono l’interdetto e la scomunica, che Innocenzo usò come armi invincibili per ottenere l’obbedienza dei sovrani europei alla Chiesa di Roma. Tenace assertore della sua missione di guida del mondo cristiano, il Pontefice fu quasi ossessionato dalla minaccia delle eresie e dell’espansione turca: per questo bandì una crociata contro gli albigesi nella Francia meridionale e promosse la quarta crociata per la liberazione del Santo Sepolcro. Egli inoltre sollecitò la ripresa della “reconquista” spagnola contro i Mori oppressori. Sulla scena politica europea Innocenzo si schierò dapprima con Ottone IV di Brunswick e poi con Federico II di Svevia. Parallelamente, il suo iniziale sostegno a favore della Corona francese si trasformò in lotta contro la stessa quando il re inglese King John si dichiarò vassallo di Roma. 23 Il termine “interdetto” indica un provvedimento punitivo che la Chiesa cattolica romana adotta nei confronti della Chiesa di un certo territorio o di un’intera nazione. In conseguenza di tale provvedimento nell’area da esso colpita tutte le chiese vengono chiuse, i sacramenti sono aboliti e le manifestazioni pubbliche di culto sono vietate. L’interdetto può colpire anche una persona fisica.
quando la voce del Pontefice aveva tuonato contro la bigamia di re Filippo Augusto. Ma King John non tornò sui suoi passi e perseverò nella sua ostinazione anche quando il Papa inviò ai vescovi un’esortazione a contrastare la linea del re senza timore (in cui dichiarava che John doveva essere aiutato dai membri del clero a ritrovare il rispetto per Dio e per la Chiesa). Anche John fece uso dell’informazione per sostenere la sua causa: fu sempre attento a mostrarsi rispettoso verso Roma e pronto a negoziare con il Papa, sia pure solo apparentemente. Parallelamente egli fece in modo di dipingere la sua vertenza con Roma come un’ingiusta persecuzione contro la sua persona, la sua corte, il clero inglese e le più antiche tradizioni del Paese. Dal canto suo, Innocenzo III non era uomo da arrendersi facilmente: nel marzo 1208 egli proclamò ufficialmente la sentenza di interdetto contro l’Inghilterra, forse credendo che il re si sarebbe arreso di fronte alla realtà del provvedimento. Contrariamente alle aspettative, King John rispose all’interdetto con una manovra finanziaria fulminea estremamente vantaggiosa per le casse dello stato perennemente a corto di liquidità: il giorno in cui il clero inglese si schierò ufficialmente a favore del Papa (24 marzo 1208) in ottemperanza alla sentenza di interdetto, il re inviò uno stuolo di agenti speciali presso tutti i possedimenti ecclesiastici, che furono confiscati e trasferiti alla Corona. Il sovrano conservò il
possesso delle proprietà per un breve periodo, poi restituì i beni ai legittimi proprietari, ma in cambio di forti somme in denaro e una percentuale sulle rendite. Non conosciamo i dettagli dell’operazione, poiché purtroppo i documenti relativi ad essa sono andati perduti o distrutti, ma è lecito pensare che la manovra abbia fruttato una piccola fortuna.
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on la sentenza di interdetto la vita del clero e dei cristiani d’Inghilterra subì un radicale mutamento. Solo il battesimo dei neonati e la confessione dei moribondi erano ammessi, mentre gli altri sacramenti e tutte le altre pratiche di culto furono vietati. Le chiese erano chiuse, i luoghi consacrati erano deserti, e la gente cominciò ad erigere croci sulle strade, nelle piazze, in luoghi pubblici, soprattutto in occasione della Settimana Santa. Nel 1209 Innocenzo III concesse ai monaci di celebrare la Santa Messa una volta la settimana, ma rigorosamente a porte chiuse, e nel 1212 permise ai moribondi di ricevere l’estrema unzione. In linea di massima dalla metà del 1208 per ben sei anni i fedeli inglesi non poterono accostarsi all’altare, contrarre matrimonio religioso, essere seppelliti in terreno consacrato. Le fosse erano scavate nei boschi e nei casi più estremi i cadaveri venivano gettati nei corsi d’acqua. In assenza di cerimonie celebrate in chiesa, i fedeli tendevano a riunirsi in altri luoghi, come le case o i cortili privati. Vercelli. Basilica di S.Andrea. Interno.
Paradossalmente, la pratica dei pellegrinaggi non fu bandita, ma, anzi, incoraggiata, e lo stesso King John si recò più volte in pellegrinaggio alla cattedrale di Canterbury e presso altri luoghi santi del Paese come un qualsiasi devoto cristiano. E’ lecito pensare che il re ostentasse fede e carità più per aggiudicarsi il consenso popolare che per sincera devozione.
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onostante le pesanti conseguenze arrecate dall’interdetto ai danni della vita religiosa del Paese, comunque, King John rimase fermamente arroccato sulle sue posizioni. Nel novembre 1209 Innocenzo III ricorse alla scomunica24 del sovrano, ma ancora una volta King John non si lasciò impressionare e reagì inasprendo la pressione fiscale sulle proprietà del clero. Il risultato fu che molti vescovi contrari alla politica ecclesiastica del monarca scelsero la via dell’esilio volontario e si rifugiarono in Francia. I loro beni furono confiscati, svenduti, trascurati e nuovi vescovi furono nominati tra gli amici del sovrano in sostituzione degli assenti, anche se in regime di interdetto non si poteva procedere alla loro consacrazione ufficiale. Sorprendentemente, per tutto il periodo dell’interdetto e della scomunica King John continuò a effettuare donazioni agli 24
Scomunica: il termine deriva dal latino excommunicare, cioè escludere dalla comunità. Scomunicare significa estromettere una persona dalla comunità dei fedeli alla Chiesa Cattolica Romana. La scomunica è la massima punizione comminata dalla Chiesa di Roma: colpisce solo le persone fisiche (e in questo si differenzia dall’interdetto, che colpisce luoghi o intere comunità), tanto laiche, quanto ecclesiastiche. La persona colpita dalla scomunica è estromessa da tutte le attività della Chiesa intesa come società. Conseguentemente non può accedere ai sacramenti, partecipare alle funzioni religiose, essere sepolta con rito cristiano in terra consacrata. Se lo scomunicato è un membro del clero, il provvedimento gli vieta di ottenere cariche ecclesiastiche, celebrare la messa, amministrare i sacramenti. Quando lo scomunicato è un sovrano, la punizione scioglie i sudditi dall’obbligo di fedeltà al loro capo, e, di fatto, priva quest’ultimo della sua autorità politica.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. La navata centrale.
ordini monastici e leggere testi sacri. Giunse anche a chiedere di essere sepolto nella cattedrale di Worcester, presso la tomba di St. Wulfstan, un santo al quale si professava particolarmente devoto. Naturalmente l’opinione pubblica veniva puntualmente informata sulle opere di bene del re, che durante l’interdetto furono triplicate: in tal modo John rafforzava la sua immagine di uomo pio e di sovrano generoso e moderato. Anche quando il Pontefice inviò in Inghilterra il legato Pandolfo, a proposito del quale Shakespeare ha lasciato tracce importanti nella già citata tragedia King John, il sovrano si preoccupò di ostentare la sua disponibilità a dialogare con la Chiesa di Roma, sia pure respingendo le proposte del legato e lasciando di fatto la situazione inalterata. In occasione della visita di Pandolfo il re potè contare sulla tacita approvazione dei baroni, che non spesero una parola a favore del Papa. E’ lecito tuttavia concludere che essi fossero più perplessi e confusi che realmente favorevoli al re. Di fatto anche l’aristocrazia inglese era ormai preoccupata per
Tutto il Kent ha ceduto; laggiù resiste Soltanto il castello di Dover; Lo ndra Ha accolto da ospite gentile Il Delfino e le sue truppe
W. Shakespeare, King John, atto V, scena 1
la crescente tirannia di John e cominciava a vedere in lui una potenza destinata a minacciare anche i diritti della nobiltà. Di lì a poco, infatti, gli scenari sarebbero radicalmente mutati.
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opo il 1211 King John si trovò ad affrontare tre grandi ostacoli: la sua ostinata intenzione di riconquistare i territori francesi persi nella guerra contro Filippo Augusto; l’ormai annosa lotta con il Papato; la crescente ostilità dei baroni inglesi, sempre più stanchi delle vessazioni imposte dal re. King John era giunto al punto di costringere i baroni ad un indebitamento pressoché insanabile nei confronti della Corona, sperando di conservare così la fedeltà dell’aristocrazia. In realtà il suo metodo sortì l’effetto contrario, esasperando i baroni oltre ogni limite di sopportazione. I tre ostacoli si intrecciarono in modo inestricabile, cosicché King John si trovò circondato da nemici su tutti i fronti.
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Inghilterra sembrava ormai sul punto di soccombere. Nel 1212, però, proprio quando “i cieli si erano improvvisamente oscurati per la casa d’Anjou”25, William Marshal (che pure era caduto in disgrazia intorno al 1208) tornò a recitare quel ruolo di indispensabile sostegno della monarchia inglese che oggi tutti gli riconoscono, convincendo 26 baroni irlandesi a rinnovare il loro giuramento di fedeltà a King John e dichiararsi pronti a “vivere o morire per il re”. Parallelamente, Marshal consigliò al re di
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Warren, W.L. op.cit. p.201.
riconciliarsi con il Papa e si offrì come mediatore tra i due contendenti. Il sovrano prese in seria considerazione il suggerimento di Marshal in merito alla vertenza con Roma, anche perché da più parti gli erano giunte notizie inquietanti: si sussurrava che Innocenzo III fosse sul punto di deporre King John e offrire la sua corona al re di Francia. Certamente le voci erano fondate: non solo il Papa era deciso a ridurre John all’obbedienza, ma i Francesi, volendo approfittare del momento favorevole, si stavano preparando ad un’invasione dell’isola. E quel che più conta è che l’invasione sarebbe avvenuta con la piena approvazione del Papa e in difesa della Chiesa di Roma. John decise allora di inviare a Roma una delegazione che doveva annunciare al Pontefice la disponibilità della corte inglese ad accettare le condizioni proposte dal legato Pandolfo.
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ella primavera del 1213 la Francia era ormai pronta all’attacco e John aveva radunato un esercito nel Kent per contrastare la minaccia nemica, quando il sovrano inglese realizzò la mossa a sorpresa più geniale di tutto il suo regno: il 13 maggio 1213 accettò di ricevere l’arcivescovo di Canterbury Stephen Langton e i vescovi che si erano rifugiati in Francia e due giorni dopo, con un documento firmato dai notabili del clero e della Corona, tra cui William Marshal, offrì al Pontefice l’Inghilterra e l’Irlanda, dichiarandole feudi papali. Contestualmente egli si dichiarò vassallo del Papa e pronto ad accogliere le decisioni della Santa Sede.
Attraverso questa Carta, autenticata con il nostro sigillo, vogliamo che sia noto a tutti che noi, avendo offeso Dio e la nostra santa madre Chiesa in molti casi, e pertanto essendo alquanto bisognosi della divina misericordia, e non avendo altro da offrire che noi stessi e il nostro regno come dovute ammende a Dio e alla Chiesa, desideriamo umiliarci per Colui che umiliò se stesso per noi sino alla morte; e, ispirati dalla grazia dello Spirito Santo, e non indotti dalla forza o dalla paura, ma dalla nostra libera e spontanea volontà, e dal consiglio dei nostri baroni, liberamente offriamo a Dio e ai suoi Santi Apostoli Pietro e Paolo, e alla Santa Romana Chiesa nostra madre, e al signore papa Innocenzo e ai suoi successori cattolici, l’intero regno d’Inghilterra e l’intero regno d’Irlanda, con tutti i loro diritti e le loro proprietà, per la remissione dei nostri peccati e dei peccati dei membri della nostra famiglia, siano essi viventi o defunti. Pertanto d’ora in poi noi controlliamo tali regni ricevendoli da Lui (il Papa, n.d.t.) e dalla 26 santa romana Chiesa dei quali ci professiamo vassalli...
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Selected Letters of Pope Innocent III concerning England 1198-1216, ed. C.R. Cheney & W.H. Semple (London, 1953) e Foedera, Conventiones, Litterae et cuiuscumque generis Acta Publica, ed. T. Rymer, New Edition, vol.I, part i, ed. A.Clark and F.Holbrooke (London,1816), p.144. Il testo del documento è riportato anche dal professor Warren, op.cit. p.208 (la traduzione del brano è dell’autrice).
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atto di sottomissione al Papa è mirabilmente registrato anche da Shakespeare nella tragedia King John: RE GIOVANNI: (dando la corona al cardinale) Così ho consegnato alla vostra mano Il cerchio della mia gloria. CARDINALE PANDOLFO (restituendo la corona) Riprendete da questa mia mano, per concessione Del Papa, la vostra sovrana grandezza e autorità. RE GIOVANNI: E voi mantenete la vostra parola Sacra. Andate incontro ai Francesi E a nome di Sua Santità usate Tutto il vostro potere per fermare La loro marcia prima che noi Ne siamo infiammati. Le nostre contee Scontente si ribellano, il nostro popolo Rifiuta l’obbedienza, giurando lealtà E totale sostegno a sangue straniero, A un monarca forestiero. Questa inondazione Di umori disordinati, soltanto voi Potete placarla. Dunque non indugiate, Perché il presente è così ammalato Che la medicina deve essere somministrata Al più presto, impedendo mali incurabili. (…) CARDINALE PANDOLFO (…) Dopo la vostra arroganza nei confronti del Papa (…) la mia lingua (…) riporterà Il bel tempo nel vostro Paese tormentato.27 (Atto V, scena 1)
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Shakespeare,W. op. cit. p.141.
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inattesa svolta fu accolta dal Papa come un balsamo ristoratore su una piaga da tempo dolente. Non era la prima volta che uno stato si piegava al Pontefice dichiarandosi feudo papale. Lo avevano già fatto la Sicilia, la Polonia, il Portogallo, la Danimarca, la Svezia e il Regno d’Aragona. Ma la resa inglese regalava un nuovo prestigio alla Santa Sede e ingigantiva il già vasto potere politico di Innocenzo III. In cambio della sottomissione, il 20
maggio 1213 John fu assolto dalla scomunica: il provvedimento fu emanato da Stephen Langton, a nome del Pontefice. L’interdetto, tuttavia, non venne ancora annullato, perché John doveva prima risarcire il clero che aveva vessato ed espropriato durante gli anni di lotta con il Papato. Con il documento del 15 maggio cui abbiamo accennato più sopra il sovrano si era anche impegnato a versare alla Chiesa di Roma una somma annuale pari a mille marchi in cambio del feudo d’Inghilterra e Irlanda.
mo e, voglia n i d u t i t ra eterna g a r t s e dai pro o i l n a a n l l o e s r d o pe a rendite me pegn e o r c t a di Rom s s E o e ) i n h e l C l (… a a l ed i, iamo ch tenuti a etti regn d o d m u a s i i s a e decret d oi 28 averemo mi che n c u i t r s e o c e h c c i e en ) i P g i ’s venti v r r e e t s e i P 29 per tutti ento del , m à a r e g v a e (…) p c ri al . i e h r t c l r o a ( m i e 0 rispettar l’ardire d a di 100 à u r v n a n i a r a o ess la somm ere qual stri succ d o r n e i p e a d s os no ia, che p o qualcu s i i l obbligo o g i n e d e e s a u t r q E a n iu aC 30 uesto, ch he quest c q a E ) i . s o r … ( o n . eg opp r sempre nostro r e l p e a n d o i l t t a v siasi diri rimanga e n o i s s e e conc
John, King of England
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Il Peter’s Pence era l’Obolo di San Pietro, ossia l’offerta in denaro inviata fin dall’antichità a coloro che annunciano il Vangelo e si prendono cura dei bisognosi (si veda: Atti degli Apostoli 4,34; 11,29). In Inghilterra l’usanza di versare l’obolo alla Chiesa di Roma si affermò stabilmente nell’VIII secolo, durante la dominazione anglo-sassone. Dall’Inghilterra la pratica si diffuse nel resto d’Europa con il nome di “Denarius Sancti Petri”. Nel mondo cattolico questa colletta è ancora in uso e viene effettuata in prossimità della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. 29 Per quanto riguarda il marco rimandiamo all’opera del prof. Warren (op.cit. p.28, nota), nella quale lo storico spiega che non è possibile quantificare il valore del marco paragonandolo alla moneta attuale. Il professore precisa che un marco dell’epoca poteva valere circa due terzi di una sterlina (“i.e.135s. 4d.”). 30 Warren, L. op.cit. p.208 (la traduzione del brano è dell’autrice).
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i lì a breve Roma inviò a Londra un altro legato, noto in Inghilterra come Nicholas of Tusculum31. A lui fu affidato il compito di definire le modalità e l’ammontare del risarcimento, che tuttavia si rivelò inferiore alle aspettative del clero e pertanto estremamente favorevole al re. L’interdetto venne cancellato ufficialmente il 2 luglio 1214.
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l di là dei risvolti economici, l’atto di sottomissione del re inglese al Papa si rivelò una manovra politica degna di un grande statista: piegandosi al Pontefice John aveva di fatto posto se stesso ed il suo regno sotto l’ala protettrice dello Stato Pontificio, acquisendo un alleato imbattibile ed un prestigio incomparabile in ambito europeo. In pratica, come ebbe a scrivere Warren, con il suo atto di contrizione John aveva sottoscritto “una polizza assicurativa assolutamente redditizia”32, i cui benefici si sarebbero fatti sentire nel volgere di pochi anni.
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oco dopo la soluzione della contesa con il Papa John potè tornare a concentrarsi sulla interminabile guerra contro la Francia, nel tentativo di riappropriarsi di tutti i territori francesi che aveva perduto da quando era salito al trono. In un primo momento i suoi uomini si imposero sulla flotta nemica (30 maggio 1213), ma l’anno dopo Filippo trionfò nella famosa
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battaglia di Bouvines (27 luglio 1214), che decretò la fine dell’autorità di John presso i suoi baroni, stroncò le speranze della corona inglese di riconquistare le terre angioine e di fatto spianò la strada alle lotte per la concessione della Magna Carta. Il 15 giugno 1215 il documento fu firmato a Runnymede da King John e da una rappresentanza di baroni inglesi, i cosiddetti rebel barons.
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a firma della Magna Carta avrebbe dovuto portare alla riconciliazione tra il sovrano e i ribelli, restaurando la pace e la cooperazione. In realtà i baroni si abbandonarono presto a plateali trasgressioni in nome della libertà concessa loro dalla Magna Carta, il che nel mese di luglio dello stesso anno indusse King John a rivolgersi al Papa per ottenere la revoca del documento. Il Pontefice rispose con una bolla datata 24 agosto 1215 con la quale dichiarava formalmente nulla la carta costituzionale concessa da John nel mese di giugno. Parallelamente egli sospendeva dall’incarico Stephen Langton, reo di non aver scomunicato i rebel barons, e lo richiamava a Roma. I ribelli reagirono con un’assemblea generale, nel corso della quale dichiararono John ufficialmente deposto ed offrirono la corona al delfino di Francia Luigi VIII33. Costui poteva vantare una legittima, quanto flebile, pretesa al trono inglese — avendo sposato una nipote di
Niccolò o Nicolò de Romanis, vescovo di Frascati. Warren, W.L. op.cit. p.211. 33 Luigi VIII era figlio del re di Francia Filippo Augusto, illustre membro della dinastia dei Capetingi, che era ascesa al trono francese nel 987 con Ugo Capeto. Fino al XIII secolo i possedimenti della casata erano frammentari e circoscritti all’area dell’Ile de France, ma tra il 1200 e il 1270 essi si estesero enormemente, principalmente a danno della Corona inglese. Dopo la battaglia di Bouvines del 1214, infatti, i Capetingi realizzarono una svolta radicale nella geografia politica del Paese e portarono a compimento la formazione dello stato territoriale francese. Agli inizi del XIV secolo, a causa dell’assenza di eredi diretti, i Capetingi furono sostituiti dai Valois. 32
I vostri nobili Non vi stanno a sentire E sono andati a offrire ; I loro servigi al vostro nemico Il panico fa correre su e giù I pochi dubbiosi vostri amici
W. Shakespeare, King John, Atto V, scena 1
Henry II, Bianca di Castiglia34 — e soprattutto poteva attingere alle immense risorse dei Capetingi. Luigi VIII accolse con entusiasmo le proposte inglesi e rispose dichiarandosi pronto ad intervenire con il suo esercito. Ormai era guerra aperta: in breve i ribelli anglo-francesi si impadronirono di Londra e delle contee dell’est, ma il re inglese poteva ancora contare su una spina dorsale di castelli e fortezze nella zona centrale dell’isola e di basi militari nelle zone ad ovest, dove i baroni erano rimasti fedeli alla Corona. In quelle zone John riceveva aiuti dall’Irlanda, dove la rivolta non raccoglieva consensi e dove
William Marshal trovava uomini e risorse preziosi. John poteva contare, infine, anche sulle fortezze di Dover e di Lincoln, che pur essendo in territorio nemico rimasero sempre filo-realiste. L’Inghilterra era ormai una polveriera sul punto di esplodere e le sue sorti sarebbero state segnate per sempre dalla conquista francese se Innocenzo III non avesse giocato la sua carta migliore: il cardinale vercellese Guala Bicchieri, che nel mese di febbraio 1216 venne inviato in Inghilterra come legato pontificio. Mentre sull’isola i Francesi e i ribelli erano ormai pronti all’attacco, in attesa dell’arrivo di Luigi VIII, il legato era in viaggio verso le coste inglesi, ove sbarcò il 20 maggio 1216. Il giorno seguente vide l’arrivo di Luigi VIII, che si installò nella parte meridionale dell’isola con un enorme esercito, grazie al quale in poche mosse si impadronì del sud del Paese, entrò trionfalmente a Londra e poi conquistò Winchester. Di fronte all’avanzata nemica numerosi aristocratici e condottieri che erano stati alleati di John tradirono il loro sovrano, abbandonandolo al suo destino. Tra questi erano Hugh de Devile, l’earl of Surrey e persino l’earl of Salisbury, fratellastro di John, che aveva sempre servito il sovrano con lealtà. Nel mese di agosto la città di Carlisle si arrendeva ad Alexander of Scotland, che più avan-
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Bianca di Castiglia, nata il 4 marzo 1188 in Spagna e morta il 27 novembre 1252 a Melun, in Francia, era la figlia di Alfonso VIII di Castiglia e di Eleonora d’Inghilterra. Come tale era direttamente imparentata con la casa reale inglese, in quanto sua madre era figlia di Eleonora d’Aquitania e di Henry II. Il matrimonio tra Luigi VIII e Bianca di Castiglia fu celebrato nel 1200. In virtù di un trattato stipulato a Goulet nello stesso anno le nozze tra i due sposi avrebbero dovuto riconciliare la Francia e l’Inghilterra.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Interno.
ti si recò a Londra per rendere personalmente omaggio al delfino di Francia. Luigi VIII era ormai ritenuto il nuovo sovrano d’Inghilterra da tutti i nemici di King John. Ma quest’ultimo non si arrese: nel mese di settembre si spinse a nord, verso Lincoln, e fece il suo ingresso nella città acclamato come un eroe dalla popolazione a lui fedele. Da Lincoln egli si trasferì a King’s Lynn, in East Anglia, zona di acquitrini e paludi (wetlands) pericolosi e malsani. Inaspettatamente, raggiunta King’s Lynn, il re si ammalò di dissenteria, non si sa se a causa delle acque paludose, o per le libagioni e i festeggiamenti riservatigli dai suoi sostenitori (alcune fonti aggiungono che la malattia fu causata da un’indigestione di sidro e pesche, ed altre si spingono ad affermare che il sovrano fu avvelenato da un monaco di Worcester, ma nessuna di queste testimonianze risulta provata). Ritenuto prudente lasciare la zona al più presto, l’11 ottobre il sovrano si diresse a Wisbech e il 12 ottobre decise di attraversare le terre d’acqua che lo separavano dall’Abbazia di Swineshead, nel Lincolnshire. Durante la traversata del Wash, tuttavia, per ragioni che non sono mai state sufficientemente chiarite, una parte del suo convoglio affondò nelle paludi e le sabbie mobili risucchiarono uomini, cavalli, forzieri e forse persino il tesoro del re. La malattia contratta a King’s Lynn, frattanto, si era aggravata irrimediabilmente. Incapace di reggersi in sella il re sostò a Sleaford il 14 e il 15 ottobre, per poi dirigersi a Newark, dove fu ospite al castello del vescovo di Lincoln. Lì fu visitato e assistito dall’abate di Croxton — la cui
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esperienza nella cura dei malati era proverbiale — e nella notte tra il 17 e il 18 ottobre esalò l’ultimo respiro35. Sugli spalti del castello un vento freddo e impetuoso spirava dalla valle del Trent. Alla fioca luce delle torce l’abate di Croxton accolse la confessione del re e annotò le sue ultime volontà. Tra le altre richieste il sovrano espresse il desiderio di affidare il suo giovane erede alle cure e alla tutela del legato pontificio, il cardinale Guala Bicchieri, affinché le sorti del nuovo re e di tutto il Paese fossero custodite e protette dall’autorità papale. Dal giorno del suo sbarco sull’isola il cardinale aveva operato ininterrottamente per trattare con i Francesi, convincere i singoli ribelli a riappacificarsi con King John, difendere la Corona inglese e restituire all’Inghilterra l’ordine e la pace.
mie truppe (…) …in una notte il meglio delle del Wash E’ stato sorpreso dalle sabbie ata E divorato dalla marea inaspett
W. Shakespeare, King John; atto V, scena 7
Secondo i racconti popolari, ai quali gli storici si sono rifatti nel corso dei secoli, quella notte i baroni ribelli inviarono a corte alcuni loro messaggeri per comunicare al re che avevano deciso di ritornare fedeli all’Inghilterra e giurare lealtà al loro legittimo monarca. La notizia, tuttavia, sarebbe giunta quando John ormai non poteva più gioirne.
Il testo delle ultime volontà del sovrano è molto interessante e conferma il potere di Guala presso la corte plantageneta:
Essendo sopraffatto da una grave malattia, e così essendo incapace di compiere una disposizione dettagliata delle mie ultime volontà, affido l’ordine e l’esecuzione del mio testamento alla fedeltà ed alla discrezione dei miei fedeli uomini i cui nomi sono elencati qui sotto, senza i consigli dei quali io non avrei mai, nemmeno quando ero in buona salute, ordinato alcunché; e ratifico e confermo qualsiasi cosa essi fedelmente ordineranno e determineranno in merito ai miei beni (…) e prego che chiunque conceda loro consiglio e sostegno nei loro sforzi possa ricevere la grazia e il favore di Dio; e possa colui che violerà queste disposizioni incorrere nella maledizione di Dio Onnipotente, della Beata Maria Vergine, e di tutti i Santi. Prima di tutto, dunque, desidero che il mio corpo sia sepolto nella chiesa della Beata Vergine e di San Wulfstan a Worcester. Inoltre, nomino miei esecutori testamentari i seguenti: lord Gualo, legato apostolico della Santa Sede; Peter, lord vescovo di Winchester; Richard, lord vescovo di Chichester; Silvestro, lord vescovo di Worcester; Fratel Amery di S.te Maurie; William, Marshal, earl of Pembroke; Ranulph, earl of Chester; William; earl of Ferrers; William Brewer; Walter Lacy; John of Monmouth; Savary de Mauléon; Fawkes de Breauté. 36
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Foedera, Conventiones, Litterae et cuiuscumque generis Acta Publica, ed. T. Rymer, New Edition, vol.I, part i, ed. A.Clark and F.Holbrooke (London,1816), p.144 . Il testo della dichiarazione è anche contenuto in Warren, op.cit. p.255. Si noti come in questo documento il nome del legato sia Gualo e non Guala. Come diremo più avanti, il fatto che il nome del cardinale sia stato trascritto in modi diversi è in parte responsabile della scomparsa di molti documenti relativi alla sua attività e della difficoltà di reperire nei vari archivi il materiale appartenente al personaggio. (Il documento è stato tradotto dall’autrice).
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al cadavere del re furono asportati i visceri, poi il corpo fu portato in corteo funebre alla Cattedrale di Worcester, dove fu deposto presso l’altare di Saint Wulfstan, come negli ultimi istanti di vita King John aveva espressamente richiesto.
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oger of Wendover ricorda che qualcuno
compose un epitaffio e lo fece incidere sulla tomba del sovrano: Hoc in sarcophago sepelitur regis imago Qui moriens multum sedavit in orbe tumultum. Hunc mala post mortem timor est ne fata sequantur. Qui legis haec, metuens dum cernis te moriturum, Discute quid rerum pariat tibi meta dierum37.
Il piccolo re e il punto cardinale: Guala Bicchieri salva il regno
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uando la notizia della morte del re raggiunse il nucleo dei suoi sostenitori, che era attestato nella zona occidentale del Paese, il figlio maggiore di John, Henry, fu portato in gran fretta da Devizes a Gloucester, dove fu incoronato nella locale abbazia. Era il 28 ottobre 1216. L’erede al trono aveva solo nove anni, troppo pochi per regnare da solo, soprattutto in un momento così delicato. L’incoronazione avvenne secondo le indicazioni del cardinale Guala Bicchieri, che come sede della cerimonia scelse la cattedrale di Gloucester nel timore che altrove il giovane re potesse essere attaccato dai nemici anglo-francesi. Si narra che dal momento che il
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tesoro del re era andato perduto nel disastro di King’s Lynn il sovrano dovette essere incoronato con un “ringlet”, una coroncina appartenuta a sua madre.
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iversi anni dopo, lo storico Wykes38, raccontò che Henry III era stato incoronato con una semplice ghirlanda di fiori, alla presenza di Guala e del vescovo di Dublino. Lo stesso storico aggiunse che dopo l’incoronazione la casa reale emanò un editto in base al quale per trenta giorni la popolazione era tenuta ad indossare una ghirlanda di fiori simile a quella del re. In tal modo si intendeva forse sottolineare l’inizio
Wendover, R. Flowers of History. Translated from the Latin by J.A. Giles. Volume two, part two. 1215 to 1235 (Felinfach,1996) p. 379. Annales Monastici, ed. H.R. Luard, 5 vols. (Rolls Series, 1864-9) iv,60.
Ely Cathedral con la croce di San Giorgio, simbolo dell’Inghilterra.
del nuovo regno e rendere omaggio alla persona del nuovo sovrano: una sorta di primavera fiorita, di rinascita a nuova vita di una monarchia inglese che per la verità negli ultimi anni non aveva brillato, né aveva acceso speranze nei cuori dei suoi sudditi. Per quanto il racconto possa sembrare suggestivo, appare quanto meno improbabile che in pieno autunno, in un Paese notoriamente piovoso ed umido, si sia potuto ordinare al popolo di indossare diademi di fiori. Il professor Vincent afferma in proposito che “non sarebbe saggio fidarsi eccessivamente del 39 racconto di Wykes” . E tuttavia forse l’aneddoto della ghirlanda non è del tutto inventato, se si pensa che nel primo sigillo di Henry III, che fu confezionato nel 1218, il sovrano è ritratto seduto su un trono di fiori. L’immagine effettivamente non trova riscontro in alcuno dei sigilli reali precedenti.
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baroni presenti all’incoronazione furono profondamente commossi per la semplicità e la rapidità con cui il re dovette essere incoronato, sebbene quando si parla di un’incoronazione i termini “semplicità” e “rapidità” debbano essere sempre considerati in senso relativo: si trattava pur sempre di una cerimonia reale a cui parteciparono almeno sette vescovi. Sembra probabile che Guala abbia affidato al vescovo di Winchester il compito di procedere all’incoronazione del re. Certo gli Inglesi dovettero essere profondamente toccati dalla velocità con cui la
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situazione della monarchia era precipitata. Solo pochi giorni prima il loro re cavalcava instancabile e forte nelle pianure del Norfolk, agguerrito e deciso come non era mai stato, pronto a sconfiggere i baroni e i Francesi, e ora egli giaceva là, nella cattedrale di Worcester, mentre sul trono sedeva un bambino smarrito. Ancora una volta il resoconto più affascinante della cerimonia di incoronazione ci viene offerto dal monaco e storico Roger of Wendover: “Dopo la morte di King John, la vigilia del giorno degli apostoli Simon e Giuda, fu convocata a Gloucester — alla presenza di Walo, il legato della Sede Apostolica — un’assemblea alla quale parteciparono Peter vescovo di Winchester, Silvestro vescovo di Worcester, Ralph of Chester, William Marshal earl of Pembroke,William earl of Ferrers, John Marshal, Philip d’Albiney, con abati, priori, e molti altri, per organizzare l’incoronazione di Henry, il figlio maggiore di King John. Il giorno seguente, fatti tutti i preparativi, il legato, in compagnia dei vescovi e dei nobili citati più sopra, condusse il re in solenne processione alla chiesa conventuale per l’incoronazione e là, stando in piedi davanti al grande altare, alla presenza del clero e del popolo, il re giurò sui Santi Vangeli e altre reliquie di santi che avrebbe osservato l’onore, la pace, e la reverenza verso Dio e la santa Chiesa con tutti i suoi ministri per tutti i giorni della sua vita; egli giurò anche di mostrare giustizia verso le genti affidate alla sua cura e di abolire tutte le leggi e i costumi iniqui,
Vincent,N. The Letters and Charters of Cardinal Guala Bicchieri Papal Legate in England, 1216-1218 (The Canterbury and York Society, 1996) pp.28-29.
se mai ce ne fossero nel regno, e di applicare solo quelli giusti, facendo in modo che essi fossero osservati da tutti. Egli poi rese omaggio alla santa Chiesa di Roma e a papa Innocenzo per i regni d’Inghilterra e d’Irlanda e giurò che, finché avesse conservato tali regni, egli avrebbe fedelmente pagato i mille marchi che suo padre aveva promesso alla Chiesa di Roma; dopo questo, il vescovo di Winchester pose la corona sul capo del re e lo consacrò con le formule, le preghiere e i canti previsti per tutte le incoronazioni. Dopo la fine della messa i vescovi e i cavalieri vestirono il re con gli abiti regali e lo condussero a tavola, dove tutti presero posto secondo il loro rango e fecero festa in letizia e gaudio40.”
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e cronache riportano che il banchetto reale offerto da Henry dopo l’incoronazione fu rovinato dalla notizia di un attacco nemico al castello di William Marshal (a Goodrich): il nuovo regno non si apriva di certo all’insegna dei migliori presagi. Il 29 ottobre 1216, il giorno dopo l’incoronazione, una grande assemblea di nobili fu convocata alla corte di Henry III. I baroni fedeli e gli esecutori testamentari del re dovevano decidere le sorti del regno. Secondo le disposizioni testamentarie di John, l’incarico di reggente doveva essere affidato a William Marshal, da sempre fedele servitore della Corona e leale consigliere del re anche nel periodo successivo al 1208, quando il nobile era caduto in disgrazia agli occhi di John per il carattere ca-
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Wendover, R. op.cit. pp. 379-380.
priccioso e volubile del monarca. Marshal, però, sembrava esitare: forse era stanco di sfidare i pericoli e i nemici, forse desiderava ritirarsi nelle sue terre in Irlanda, forse sentiva il peso degli anni, o forse voleva semplicemente farsi pregare. Fu Guala a convincerlo ad accettare, promettendogli che se avesse assunto l’incarico di reggente il Cielo gli avrebbe concesso la remissione dei suoi peccati. Dio solo sa quanti poteva averne commessi il nobile Pembroke, in tanti anni di potere e di manovre politiche, ma certo è che la prospettiva della ricompensa spirituale lo indusse ad accettare il nuovo, gravoso ruolo. Persuaso dalle promesse del cardinale il nobile Pembroke giurò dunque di essere pronto ad accollarsi il fardello: era stato il fedele servitore del re e ora avrebbe protetto il suo erede, anche a costo di prenderlo in spalla e portarlo di contea in contea alla ricerca di un posto sicuro.
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e da un lato la morte del re era fonte di smarrimento e di preoccupazioni per coloro che lo avevano sostenuto nella lotta contro i ribelli, dall’altro la figura del successore sembrava così innocente e indifesa che anche molti nemici di John decisero di abbandonare le ostilità. Tuttavia la lotta tra le due fazioni rivali era ancora in corso. Ai primi di novembre del 1216 il reggente e Guala Bicchieri convocarono a Bristol un grande consiglio dei sostenitori del re, nel corso del quale Henry III si dichiarò consapevole delle forti tensioni tra i baroni e il suo defunto padre.
Egli fu abile ad aggiungere che intendeva cancellare ogni traccia degli antichi rancori per dare inizio a una nuova era. Era il primo, importante passo verso la distensione. Ma il passo decisivo ebbe luogo pochi giorni dopo, il 12 novembre 1216, quando obbedendo alle indicazioni dei suoi consiglieri, di undici vescovi, dell’earl of Chester, del conte di Aubale, di Hubert de Burgh, di William Breer e di diciotto altri membri dell’aristocrazia, Henry III concesse una nuova edizione della Magna Carta. Il documento portava i sigilli di Guala Bicchieri (a sinistra) e di William Marshal (a destra). Per l’occasione quest’ultimo usò per la prima volta il sigillo di reggente.
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a seconda edizione della Magna Carta costituisce una tappa fondamentale del lungo e travagliato processo verso la pace. Seppure apparentemente concessa dal sovrano, in realtà la carta fu fortemente voluta dal legato, che quasi certamente la promosse sotto la sua personale responsabilità, con un colpo di scena che non mancò di sorprendere i suoi interlocutori. Con la concessione della Magna Carta Guala intendeva offrire ai ribelli un concreto tentativo di dialogo, una proposta di mediazione. La Carta era dunque un mezzo per realizzare un incoraggiante compromesso tra “lo stato del re” e l’utile comune e come tale poneva le basi per un nuovo 41 corso nella storia della monarchia britannica .
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apa Onorio III reagì alla nuova concessione della Magna Carta con speranza ed ottimismo ed in generale continuò a guardare alla situazione inglese con fiducia. In una lettera dei primi di dicembre egli suggeriva ai baroni ribelli la possibilità che la morte del re si rivelasse positiva per i suoi eredi, e chiedeva a coloro che si erano ribellati a John di pentirsi, dal momento che la causa del loro odio per il re era venuta a mancare. Due giorni dopo aver scritto questa lettera, il Papa ne scrisse un’altra, indirizzata a Guala, nella quale confermava al legato la sua stima e lo esortava a perseverare nella sua opera a favore della corona inglese42.
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primi mesi del regno di Henry III, tuttavia, non sembravano molto promettenti, poiché i nemici più irriducibili rimasero sulle loro posizioni. Dal canto suo, Luigi costrinse alla resa il castello di Hertford (tra il 30 novembre e il 6 dicembre del 1216) e poi attaccò il castello di Berkhampstead (tra il 4 e il 6 dicembre). A quel punto entrambe le fazioni in lotta decisero di iniziare una tregua, che doveva durare sino al gennaio del 1217, ma che fu prolungata sino al 23 di aprile. In cambio della tregua i membri della fazione realista dovettero pagare un alto prezzo ai Francesi: inizialmente fu ceduto il castello di Berkhampstead, e successivamente furono ceduti anche i manieri di Oxford, Norwich, Hedingham e Colchester. Erano perdite importanti,
Come è stato osservato da David Carpenter in The Minority of Henry III (London,1990) p.23, nel 1216 Henry III era minorenne e come tale non poteva effettuare concessioni permanenti che limitassero o riducessero i suoi beni. Secondo lo stesso storico è dunque probabile che la responsabilità formale della seconda concessione della Magna Carta sia da attribuirsi al legato. Carpenter ipotizza anche che Guala abbia deciso di introdurre alcune modifiche al documento del 1215: forse sarebbe stato proprio il cardinale vercellese a ridurre la libertà della Chiesa in materia di elezioni ecclesiastiche al fine di limitare il più possibile l’influenza dei Francesi sul clero locale. 42 Anche queste lettere sono contenute in Vincent, N. op.cit. p. 137.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Il tiburio e dettagli del bestiario medievale.
che sommate all’estrema povertà della Corona e alla mancanza di risorse per proseguire la guerra contribuirono a creare tensioni all’interno della fazione realista. Approfittando di questo stato di cose e della momentanea sospensione delle ostilità, Luigi VIII si recò in Francia per cercare nuovi uomini e mezzi. Le navi inglesi cercarono di impedirgli di guadagnare il largo, ma senza successo. Durante la sua assenza, tuttavia, le sorti del giovane Henry cominciarono a cambiare e molti nobili che erano stati nemici di John si schierarono a favore di suo figlio. Per incoraggiare i baroni ribelli a rinunciare alle ostilità Guala non esitò a premiare coloro che abbandonavano Luigi VIII e tornavano con i Plantageneti. Ad esempio, premiò con l’assoluzione dalla scomunica il figlio di William Marshal e l’earl of Salisbury, William Longspee. I cronisti del tempo non sono concordi nell’individuare le cause dell’improvviso ritorno dei baroni al fianco del legittimo sovrano inglese. Alcune fonti, tra cui il Waverley annalist43, raccontano che le defezioni tra le file francesi si accumularono poiché gli Inglesi non erano più così fiduciosi nei confronti di un sovrano straniero e temevano che dopo la conquista definitiva dell’Inghilterra Luigi VIII avrebbe compiuto delle ingiustizie al momento di dividere il bottino di guerra, i privilegi e i possedimenti. Altri cronisti, tuttavia, come Ralph of Coggeshall44 e il Barnwell annalist45, attribuirono il merito di questo nuovo corso degli
eventi unicamente al cardinale Guala, che con la sua intelligenza, la sua prudenza e il suo intuito, nei pochi mesi trascorsi dalla morte di John aveva saputo trasformare l’impegno militare di Henry e dei suoi sostenitori in una vera e propria crociata.
L’
ipotesi di Coggeshall e del Barnwell annalist può sembrare suggestiva e fantasiosa, ma sembra ampiamente suffragata dai fatti se si pensa che nel gennaio 1217 Onorio III scrisse a Guala concedendogli il potere di sciogliere il voto di coloro che avevano giurato di partire per le crociate se costoro avessero deciso di unirsi a Henry III nella guerra contro Luigi VIII. Ma c’è di più: Guala Bicchieri promise che tutti gli alleati di Henry avrebbero ricevuto la remissione dei loro peccati, come se stessero combattendo contro i nemici della cristianità. E’ lecito credere che questo spirito fosse già ampiamente affermato tra i soldati del re entro la fine di febbraio del 1217 e che in quel periodo gli alleati del re fossero indicati come crociati o come combattenti dell’esercito di Cristo. Il fatto è veramente sorprendente se si pensa che all’inizio delle ostilità, nel 1215, erano stati i baroni ribelli a dichiarare di combattere nel nome di Dio e della Chiesa. Ma le scene politiche, si sa, sono spesso teatri di incredibili sorprese.
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ulla base di queste premesse, e di un rinnovato entusiasmo, gli alleati del re trascorsero
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Annales Monastici, op cit. Radulphi de Coggeshall Chronicon Anglicanum, ed. J.Stevenson, Rolls Series (London 1875). 45 Memoriale Fratris Walteri de Coventria. The Historical Collections of Walter of Coventry, ed. W. Stubbs, 2 vols., Rolls Series, (London, 1872-3). 44
Cambridge. Ely Cathedral, particolari delle guglie.
la primavera del 1217 preparandosi a sferrare l’attacco decisivo. Il 17 e il 18 maggio 1217, infatti, essi si radunarono a Newark per coordinare le manovre offensive. Con l’esperienza maturata in anni di battaglie, giostre e tornei, William Marshal tenne discorsi infuocati per accendere gli animi delle truppe. Il cardinale Guala Bicchieri pronunciò sermoni che dipingevano l’attacco imminente come una guerra contro gli infedeli e ordinò che sulle uniformi dei soldati del re fossero cucite le croci dei difensori del Santo Sepolcro. Così, ispirati dal desiderio di vendicare l’onta subita e rafforzati dalle insegne dei crociati, gli Angevins o Henricians, come gli storici inglesi li designano, il giorno 20 maggio 1217 attaccarono il castello di Lincoln, che era controllato dall’esercito dei ribelli di Nicola de la Haye. Vitale fu la collaborazione del vescovo di Winchester Peter des Roches: egli sapeva che nelle mura del castello c’era un ingresso da tempo in disuso e pensò di utilizzarlo per penetrare nella roccaforte e sorprendere i nemici. Gli Anglo-Francesi che controllavano la fortezza evidentemente ignoravano l’esistenza di quell’antico varco e
così i soldati di Henry III riuscirono a introdursi nel maniero guidati da William Marshal in persona. Dietro di lui il vescovo di Winchester urlava a gran voce “Dio aiuti i Marshals!”. L’ingresso a sorpresa attraverso la porta segreta fu la mossa vincente degli alleati del re: prima di sera l’esercito francese fu clamorosamente sconfitto e i più agguerriti nemici di Henry furono catturati. Si narra che subito dopo la battaglia, sia pure estenuato dalla lotta, William Marshal si sia precipitato a Nottingham in sella al suo destriero. Voleva comunicare personalmente la notizia della vittoria al re e a Guala Bicchieri, che ardevano dal desiderio di conoscere l’esito dello scontro. Luigi VIII fu invece informato solo qualche giorno più tardi, mentre ancora assediava il castello di Dover. Ricevuta la notizia, egli abbandonò immediatamente la fortezza per rifugiarsi a Londra, dove si rinchiuse dapprima nel palazzo del vescovo e successivamente nella Tower of London. I negoziati di pace iniziarono presto, sotto lo sguardo severo di Guala Bicchieri. Il 13 giugno 1217 i rappresentanti delle due fazioni Dover. Edifici del castello.
raggiunsero un primo accordo: Luigi doveva annullare tutti i giuramenti che i ribelli inglesi avevano pronunciato nei suoi confronti e restituire le proprietà di cui si era impossessato. In cambio, avrebbe ottenuto ottime condizioni per i suoi sostenitori: sia i laici, sia gli ecclesiastici che lo avevano aiutato sarebbero stati assolti dalla scomunica e avrebbero ottenuto la restituzione delle terre che possedevano prima della guerra. I prigionieri catturati dagli Inglesi dopo l’arrivo di Luigi sarebbero stati liberati e a tutti i ribelli sarebbero stati riconosciuti i diritti sanciti dalla Magna Carta. A questo proposito vale la pena osservare che una o più copie della Magna Carta probabilmente furono consegnate a Luigi VIII durante i negoziati di pace: questo spiegherebbe perché uno dei pochissimi esemplari del documento ancora esistenti sia finito negli archivi della Corona francese.
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accordo del mese di giugno, tuttavia, naufragò quasi subito per volere di Guala Bicchieri, che lo riteneva troppo generoso nei confronti del clero ribelle e in particolare di Simon Langton, Gervase of Heybridge, Elias of Dereham and Robert de St.Germain. La posizione del legato potrebbe essere stata più complessa di quello che ci è dato sapere, tuttavia è certo che l’intervento di Guala rallentò notevolmente i negoziati. All’inizio dell’estate 1217 il cardinale si accinse a punire con la spoliazione gli ecclesiastici che si erano ribellati alla Corona inglese. Prima di allora egli aveva certamente effettuato collazioni di chiese vacanti a beneficio di prelati di provata fedeltà alla causa plantageneta, ma non aveva mai compiuto spoliazioni. Il primo atto di “spoliation” fu compiuto forse il 29 giugno 1217 e certamente entro il 1 agosto. Il trat-
tato di giugno, in altri termini, per quanto mai applicato, rimane di fondamentale importanza, poiché segnò l’inizio di una nuova fase delle sanzioni ecclesiastiche con cui Guala intendeva colpire il clero ribelle.
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onostante Luigi tentasse in tutti i modi di difendere coloro che lo avevano appoggiato, nella primavera e nell’estate del 1217 molti degli antichi ribelli presero ad abbandonare il principe francese quando fu chiaro che i negoziati erano entrati in una fase di stallo. Tra il 15 e il 23 giugno 1217 oltre 60 ribelli tornarono presso il re inglese e complessivamente tra maggio e agosto si verificarono più di 150 cambiamenti di fronte, certamente propiziati dall’intransigenza e dall’acume politico del legato. A coloro che abbandonavano Luigi VIII venivano restituite le antiche proprietà. Parallelamente, la Magna Carta veniva fatta leggere pubblicamente nel Worcestershire e forse anche in altre zone del Paese.
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entre Luigi continuava a restare asserragliato nella Torre di Londra, Guala pensava che fosse necessario attaccare la capitale, ma William Marshal era di parere contrario, forse perché temeva che nuovi scontri avrebbero messo in pericolo i suoi possedimenti personali nell’ovest, dove il principe del Galles del nord, Llywellyn, continuava ad espandere la sua supremazia. Nel frattempo a Oxford si tennero grandi raduni di sostenitori del re (21-25 giugno e 7-13 agosto), che William Marshal intendeva coordinare. Era sua intenzione indire a Oxford un grande consiglio il 25 agosto, ma proprio nell’imminenza dell’evento avvenne un nuovo ed imprevisto colpo di scena.
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a guerra, infatti, non era ancora del tutto finita. In quello stesso mese la moglie di Luigi VIII inviò una flotta allo scopo di difendere i Francesi in difficoltà. Hubert de Burgh allora entrò in azione con le navi inglesi ormeggiate sulla costa e finse di dirigersi verso la Francia, in realtà cercando di cogliere le navi francesi alle spalle, col favore dei venti. Fu così che, al comando di Eustace de Monk, l’ammiraglia della flotta francese e un buon numero di altre piccole navi caddero in mano nemica presso Sandwich. Eustace fu catturato il 24 agosto 1217 e il giorno dopo Luigi VIII si arrese. Il 24 agosto è la festa di San Bartolomeo. La leggenda racconta che il giorno della battaglia il santo apparve ai soldati di Henry III e propiziò la loro vittoria.
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e trattative di pace ripresero così il 28 di agosto e proseguirono sino alla metà di settembre. Il 12 settembre, presso una piccola isola sul fiume Tamigi, vicino al borgo di Kingston, Luigi VIII incontrò Henry III, Guala, William Marshal e la regina madre: formalmente egli accettò le condizioni del trattato di pace, ma Bicchieri rifiutò di assolverlo dalla scomunica perché, a quanto si racconta, Luigi si presentò senza le vesti da penitente imposte dal legato46. La resa ufficiale fu ratificata quindi il giorno dopo, quando Luigi tornò a Kingston, vestito secondo i patti in segno di contrizione, sia pure con un compromesso: gli indumenti così sconvenienti per un re erano celati da un ampio mantello.
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Al contrario, per inasprire ulteriormente il peso dell’umiliazione, il cardinale e tutti gli altri ecclesiastici presenti intorno al sovrano sconfitto indossavano abiti sontuosi riccamente decorati. Quel giorno segnò il ritorno formale di Luigi VIII entro la comunità cristiana, in quanto il cardinale Guala Bicchieri concesse l’assoluzione da quella scomunica che egli stesso aveva lanciato contro il Francese nel maggio 1216 e in altre successive occasioni. Il passo seguente fu la firma del trattato di pace, che avvenne a Lambeth il 20 settembre 1217. Il 22 settembre Luigi VIII incontrò ufficialmente il penitentiary del Papa, Nicholas de Clairmont. Dell’incontro tra le due fazioni rivali troviamo un interessante e dettagliato resoconto nel trattato di Roger of 47 Wendover .
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appiamo che il trattato di Lambeth fu voluto da Guala Bicchieri, che ne indicò con precisione le formule ed i contenuti. Il trattato recava il sigillo del legato, tuttavia alcuni mesi dopo (13 gennaio 1218) il Papa concesse la sua personale ratifica e dichiarò che la pace era stata siglata con la mediazione del cardinale. In merito alle disposizioni imposte dal Trattato di Lambeth diremo che l’accordo costituisce una significativa affermazione dei voleri del legato. Le clausole del trattato inerenti Luigi VIII tuttavia sono solo una parte degli accordi che in realtà intercorsero tra il principe e gli Inglesi: la Corona britannica infatti versò 10.000 marchi
Vincent, N. op.cit. p.44; L’Histoire de Guillaume le Maréchal, ed.P.Meyer, 3 vols., Société de l’Histoire de France (Paris, 1891-1901) vv.17704-16. Wendover, R. op.cit. pp.402-3 (vedi pagina seguente).
Ely Cathedral. La St.George’s cross, emblema nazionale d’Inghilterra. E’ anche la croce dello stemma di Vercelli.
In the ďŹ rst place Louis and all those who were excommunicated and all his fellow adventurers, swore on the holy gospels that they would abide by the decision of the holy church, and would thenceforth be faithful to their lord the pope and the church of Rome. Louis also swore that he would immediately leave England with all his followers, and would never again in his life return with evil designs; and that he would use his best endeavours to induce his father Philip to restore to the English king, Henry, all his rights in the transmarine provinces. He also swore that he would immediately give up to the king and his followers all castles and all lands, which he and his followers had seized in England during the war. The king of England, with the legate and the marshal, swore on the holy gospels, that they would restore to the barons of England and to all others in the kingdom, all their rights and inheritances, together with all the liberties formerly demanded and on account of which the dispute had arisen between John king of England and the barons.
Roger of Wendover
a Luigi in cambio della sua partenza dall’Inghilterra, mentre il principe si impegnava a far sì che Henry III ottenesse la restituzione di alcuni territori francesi un tempo controllati dagli Anjou. Secondo il professor Vincent48 si può supporre che nel redigere il testo del trattato alcuni accordi fossero omessi perché non approvati dal legato. Sembra anche importante osservare che il Trattato di Lambeth rimase una faccenda squisitamente laica, e che l’unico ecclesiastico chiamato a garantirne gli accordi fu proprio Guala Bicchieri. Egli chiese punizioni speciali per il clero francese che aveva accompagnato Luigi in Inghilterra, mentre il clero ribelle inglese fu privato dei suoi benefici e in alcuni casi costretto a chiedere udienza al Papa per ottenere il perdono di Roma. Elias of Dereham e Simon Langton, i due principali leaders della ribellione, furono allontanati dall’Inghilterra. 13 ecclesiastici inglesi furono incatenati in Westminster, salvo essere liberati dal legato Pandolfo, successore di Guala, 49 subito dopo il ritorno a Roma di quest’ultimo . Alcuni mesi dopo la conclusione del conflitto, nel febbraio 1218 (ultimo anno di permanenza di Guala in Inghilterra) il governo di sua maestà incaricò gli sceriffi di tutto il Paese di ordinare che tutti gli ecclesiastici non ancora assolti dalla scomunica lasciassero l’Inghilterra entro il 25 marzo, data convenzionalmente assunta ad indicare la metà del periodo quaresimale. Coloro che si fossero ribellati al provvedimento sarebbero stati arrestati e tradotti in carcere.
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Vincent, N op.cit. p.45. Annales Monastici, op.cit. III,52-3.
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quanto ci è dato sapere, dopo il Trattato di Lambeth fu il cardinale Guala Bicchieri a condurre personalmente, con l’assistenza di una scorta armata, il principe Luigi VIII a Londra, ove il cardinale verificò la resa della capitale e della Tower of London. Da Londra il principe francese fu poi scortato da Guala fino alle coste inglesi, da cui salpò per tornare definitivamente in patria verso la fine di settembre del 1217. In occasione della partenza di Luigi VIII Guala dovette scrivere lettere ai vescovi e arcivescovi di Francia per comunicare che per i successivi due anni il principe francese avrebbe dovuto usare un decimo delle sue rendite per finanziare le future crociate. In tal modo Luigi VIII avrebbe parzialmente risarcito la Terrasanta del danno arrecato dal lungo conflitto anglo-francese. Analogamente, i sostenitori di Luigi VIII avrebbero versato un ventesimo delle loro rendite, con le stesse finalità. Contestualmente il cardinale annunciava che gli ecclesiastici francesi fedeli a Luigi VIII non ancora assolti dalla Chiesa di Roma erano sospesi dal servizio e dovevano presentarsi al Pontefice entro il 2 febbraio 1218.
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a sanzione pecuniaria comminata da Guala ricorda quanto stabilito dal Concilio Laterano del 1215, secondo il quale per i successivi tre anni, ossia fino al 1218, il Pontefice e i cardinali erano chiamati a versare un decimo delle loro entrate per sostenere l’impresa dei crociati. Parallelamente, il Concilio Laterano IV chiedeva
agli altri ecclesiastici di devolvere un ventesimo delle loro entrate a favore della stessa causa. Non è dato sapere se Luigi VIII e i suoi sostenitori abbiano poi effettivamente versato la somma che doveva finanziare la crociata, perché successivamente il Papa si dimostrò generoso con chi fosse disposto ad intervenire nella crociata contro gli albigesi. Ciò significa che parte delle sanzioni pecuniarie imposte dal legato a carico dei Francesi fu modificata e privata della sua efficacia per volere dello stesso Pontefice. Questo non fu l’unico caso in cui Roma alleviò o annullò le sentenze del legato. Il caso più eclatante riguarda Elias of Dereham, che a dispetto del ruolo determinante svolto nell’ambito della rivolta inglese, fu graziato da Onorio III e potè tornare in Inghilterra.
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on Luigi VIII fortunatamente lontano dalle coste inglesi il nuovo compito di Guala e del reggente era quello di rafforzare la pace e far rispettare il Trattato di Lambeth. L’estrema povertà della Corona e la tensione che serpeggiava in seno al governo esponevano il Paese al rischio di una nuova guerra civile. La stessa sopravvivenza del re era in pericolo, a causa dell’esodo di moltissimi soldati e uomini fidati: basti pensare che mentre ai tempi di King John la casa reale disponeva di almeno 50 cavalieri, Henry III ne aveva conservati solo 7. Mentre il Paese dunque arrancava verso un faticoso ritorno alla normalità, un grande consiglio ebbe luogo a Westminster tra il 21 ottobre e l’8 novembre 1217. Al consiglio parteciparono molti
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Interno.
degli aristocratici che ai tempi della guerra civile erano stati ostili ai Plantageneti e che ora si presentavano come vassalli di Henry III. In occasione dell’evento il governo concesse una seconda riedizione della Magna Carta e un nuovo documento, la Charter of the Forest, meno noto ma altrettanto importante. La Charter of the Forest, infatti, o Forest Charter, introduceva una fondamentale riforma della gestione delle foreste, rendendo tali aree accessibili al popolo e abolendo le terribili sanzioni (mutilazioni e pena di morte) che la legge precedente prevedeva per chi utilizzava in modo improprio le aree
e altre Le leggi sulla caccia e le molt più mite e ugualmente ignote allo spirito sone, erano liberale della costituzione sas ttomessi state accollate agli abitanti so sì dire, delle per aumentare il peso, per co pressi. catene feudali da cui erano op
W.Scott, Ivanhoe
boschive reali o gli animali che vi abitavano. La tradizione popolare ci ha tramandato la struggente storia di Geordie, accusato di aver rubato dei cervi in una delle Royal Forests e impiccato nonostante le suppliche della sua innamorata. Intorno alla figura del poacher nacquero indimenticabili ballate inglesi e scozzesi, che nel XX secolo ispirarono anche il cantautore italiano Fabrizio De Andrè.
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iù concreta e vicina al popolo rispetto alla Magna Carta, anche la Charter of the Forest fu concessa con i sigilli del legato e di William Marshal: essa rimane un’indiscutibile dimostrazione dell’influenza di Guala sulla vita
ling a deer The Conqueror’s penalty for kil gone even had been blinding. Rufus had a stag must further: a peasant who killed re hated. suffer death. The forest laws we
inglese del tempo e dell’efficacia degli interventi del legato in materia di questioni giuridiche. Il documento fu concesso il 6 novembre 1217 nella cattedrale londinese di St.Paul. Sulla datazione del documento non ci sono dubbi, mentre non si sa con certezza in quale data fu concessa la Magna Carta del 1217. Il documento infatti non è datato e questo ha sollevato un ampio dibattito tra gli storici, che hanno formulato ipotesi diverse. David Carpenter ha rilevato che data la somiglianza esistente tra il preambolo della Charter of the Forest e il preambolo della Magna Carta del 1217 è possibile che quest’ultima sia stata siglata intorno al 6 novembre. Carpenter ritiene che prima di tale periodo Guala e William Marshal fossero ancora troppo presi dai problemi relativi alla riappacificazione del regno e alle clausole del trattato di pace per dedicarsi alla stesura della nuova Magna Carta. Sembrerebbe pertanto possibile escludere che il documento risalga al mese di settembre del 1217, periodo in cui Guala e il reggente erano ancora occupati con il Trattato di KingstonLambeth50. Sembra interessante sottolineare che il Consiglio di Westminster del novembre 1217 fu il più grande consesso di notabili del regno riunitosi in Inghilterra dalla fine del conflitto
E.Rutherfurd, The Forest
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Carpenter, D. op.cit. p. 60.
Chesterton, Cambridge. La chiesa di St.Andrew’s, donata a Guala Bicchieri da Henry III nel 1217.
anglo-francese: nessuna occasione sarebbe dunque stata più adatta alla concessione della Magna Carta51.
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er il lettore interessato alle vicende personali del legato e agli effetti della missione inglese sulla città natale del cardinale diremo che il consiglio di Westminster dell’autunno 1217 rappresenta un momento fondamentale per la storia di Vercelli in quanto fu proprio in quel consiglio che Henry III concesse a Guala Bicchieri la chiesa di St.Andrew’s Chesterton, i cui proventi furono destinati da Guala all’allora nascente complesso abbaziale di Sant’Andrea in Vercelli.
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Carpenter, D. op.cit. p. 60.
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III
apitolo Il punto cardinale
suo spirito il ; a m o R n co riconciliato è i s i n n iesa, a v Re Gio a Santa Ch ll a io r a r t n a, Tanto co ede di Rom s a ll a e li o metrop Alla grande in sé. E’ rientrato
W. Shakespeare, King John
Guala Bicchieri in Inghilterra: quasi un Papa, quasi un re
L
a storia della missione inglese di Guala Bicchieri è ancora parzialmente avvolta nelle nebbie della vecchia Inghilterra, poiché i registri, i cartulari e le lettere che certamente un tempo esistevano a futura memoria delle attività diplomatiche del cardinale sono andati perduti. Esiste ancora, invece, conservata presso gli Archivi Vaticani, una parte del carteggio di Nicolò de Romanis (in Inghilterra noto come Nicholas of Tusculum), il legato che precedette Guala in Inghilterra.
E’
quasi sicuro che il cardinale Bicchieri scrivesse al Pontefice con regolarità, anche se non con la cadenza settimanale con cui scrivevano i legati del tardo Medio Evo. Nicholas Vincent, autore dell’unica raccolta completa delle lettere 52 e degli acta del cardinale , ha catalogato nel suo trattato 37 lettere del cardinale tuttora esistenti, riferimenti a un centinaio di lettere che non sono state ritrovate e un ampio studio sulle attività del legato53. Il volume contiene inoltre
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una ricca appendice in cui l’autore ha raccolto testi relativi alla legazione inglese di Guala e lettere indirizzate a Guala dai due Pontefici con i quali il legato collaborò. Si tratta ovviamente di una minima parte di tutte le missive che Guala dovette inviare e ricevere nell’arco dei suoi trenta mesi in Inghilterra.
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urtroppo nei registri pontifici venivano annotate solo alcune delle lettere che partivano dalla cancelleria del Papa e d’altra parte i registri relativi agli ultimi anni di pontificato di Innocenzo III non si trovano più. Sul fronte dei documenti inglesi la situazione non è molto diversa: è lecito credere che un gran numero dei provvedimenti di Guala non sia stato annotato negli archivi locali, il che rende molto difficile ricostruire l’attività del legato con la precisione dovuta ad una pagina così importante della storia inglese54. Che un simile tesoro non sia più disponibile suscita ovviamente profondo rammarico, ma stupisce pensare che la scomparsa
Vincent,N. op.cit. A quest’opera rimandiamo per ulteriori approfondimenti e per il testo completo delle lettere del cardinale. Il lavoro del professor Vincent resta insuperato per l’accuratezza della ricerca, la completezza delle informazioni e la passione con la quale il professore ha studiato la figura del legato. L’opera di Vincent costituisce un riferimento essenziale nel presente lavoro e nello studio di chiunque si accosti all’argomento. I testi delle lettere di Guala citati nel presente volume si rifanno ai documenti catalogati da Vincent e da Frova, G. (alias Philadelpho Libico), Gualae Bicherii presbiteri cardinalis S.Martini in Montibus vita et gesta collecta a Philadelpho Libico (Milano, 1747). 53 In realtà successivamente alla pubblicazione del suo lavoro il professor Vincent ha trovato altre lettere di Guala, che non sono state ancora pubblicate. Il professore ne ha dato conto in occasione della sua conferenza “Guala and the Three Kings: the Italian Element in England 1200-1220”, tenuta nella città natale del cardinale il 15 marzo 2008. 54 A dimostrazione del fatto che anche in Inghilterra esiste solo un numero esiguo di documenti relativi alla missione inglese di Guala il professor Nicholas Vincent (op.cit.) cita l’esempio dei Rolls del vescovo Hugh of Lincoln, dove non si trova traccia della collazione della chiesa di Alwalton a favore di master Constantine, che pure sappiamo essere avvenuta. E’ legittimo pensare che molti altri casi analoghi si siano verificati e che dunque quanto conosciamo su Guala sia solo una minima parte di ciò che effettivamente il cardinale realizzò.
delle lettere di Guala possa essere stata causata dalla confusione che per lungo tempo aleggiò intorno al nome del legato. I primi segnali di questa confusione compaiono già nelle lettere dell’eminente cardinale vercellese, dove troviamo che il nome del mittente è indicato nelle diverse forme Gual’, Gwal’, Guala, Gualo, Walla, Gwalo55. Roger of Wendover56 indica il legato con il nome Walo. Successivamente, pur essendo piuttosto diffuso nella Vercelli medievale, come dimostrano i necrologi dell’epoca57 (numerosi notabili portavano lo stesso nome; basti pensare a Guala Advocatus o Avogadro I, Guala Avogadro II, Guala de Tronzano, Guala Bentivoglio, Guala Bondono, Guala de Uguccione e altri) il nome del cardinale fu ulteriormente trasformato, diventando Giacomo Gualla de Beccheri58, Qualo, Gallus59 e Jacomo Guala de Bicheriis, noto anche come Qualo60. Guala diventava così una sorta di cognome, mentre il nome di battesimo veniva trasformato in Giacomo o Jacomo. Parallelamente, anche il cognome del cardinale fu oggetto di equivoci e trasformazioni. Esso 61 diventò un toponimo (Beccheri or Bercheria) e con il passare del tempo fu fatto coincidere con il nome di una località lombarda ritenuta il luogo natale del cardinale62.
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A complicare una situazione già tanto nebulosa si aggiunga il fatto che tra la fine del 1400 e gli inizi del 1500 un certo Jacomo o Jacobo Gualle, residente nella pianura pavese ed interessato alle vite dei santi, aveva scritto un’agiografia intitolata “Jacobi Gualle consulti Papie Sanctuarium” 63. La straordinaria somiglianza tra il nome dello scrittore e il nome del nostro cardinale indusse le generazioni successive a credere che Guala avesse avuto legami con la città di Pavia e con il territorio circostante e che fosse stato canonico presso l’abbazia pavese di San Pietro in Ciel d’Oro64. Anche nel XX secolo, d’altra parte, gli storici non sono concordi sul nome del cardinale: il professor Warren, ad esempio, autore di un fondamentale saggio su King John65, si riferisce al cardinale chiamandolo Gualo. Questa complicata serie di equivoci certamente fece sì che molti dei documenti relativi alla carriera ecclesiastica del cardinale fossero catalogati sotto nomi diversi e pertanto successivamente fossero distrutti o smarriti. D’altra parte questo ci autorizza anche a ritenere che in qualche polveroso archivio romano o inglese — o magari nella stessa Vercelli, città natale del cardinale — siano ancora presenti manoscritti inediti contenenti importanti rivelazioni sulla figura e sulle attività del grande legato.
Vincent,N. op.cit., pp. 5, 7, 8, 15, 16, 18, 27, 34, 35, 36, 39, 40, 41, 46, 53, 58, 60, 61, 63, 64, 68, 75, 85, 88, 89, 94, 96. Si vedano anche ibid. pp. 50, 68, 97 e pp.3, 14, 50, 72, 73, 74, 87, 49. 56 Wendover,R. op.cit. 57 I necrologi eusebiani (a cura di G.Colombo, in “BSBS”, III (1898). Si veda anche Mandelli,V. Il comune di Vercelli nel Medio Evo (Vercelli,1857-61). 58 Corio,B. Patria Historia (Milano,1503) e Storia di Milano di Bernardino Corio, a cura di E.de Magri (Milano, 1845-47) vol.1, p.362. 59 Panvinius,O. Epitome Pontificum Romanorum a S.Petro usque ad Paulum IIII (Venezia, 1557), p.149. 60 Ciaconius, A. Vitae et gesta summorum pontificum a Cristo domino usque ad Clementem VIII (Rome, 1601), pp.530-1. 61 Vincent,N. op.cit., p.xxxii. 62 Aubéry,A. Histoire Généralle des Cardinaux, 5 vols., (Parigi, 1642-9), i, pp.233-5. 63 Jacobi Gualle consulti Papie Sanctuarium (Pavia,1505). 64 A questo accenna anche il professor Vincent, op.cit. p.xxxiii. 65 Warren,W.L. op.cit.
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a data precisa in cui Papa Innocenzo III conferì a Guala Bicchieri l’incarico di legato pontificio presso la corte inglese non è nota e sono sconosciuti anche i termini e i dettagli della missione. Sappiamo però che Guala fu il terzo legato pontificio appositamente nominato per il regno di King John (1199/1216) e che fu il primo di quattro agenti papali che operarono con pieni poteri durante il regno di Henry III (1216/1272).
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er comprendere gli scopi della missione inglese di Guala Bicchieri occorre considerare non solo le condizioni dell’Inghilterra del tempo, di cui si è cercato di dar conto nel corso del secondo capitolo, ma anche la situazione politica del resto d’Europa e della Terra Santa. Nel gennaio 1216 Innocenzo III aveva ricevuto segnali inquietanti dal bacino del Mediterraneo (dove i Turchi avevano cinto d’assedio la città di Acri) e dalla regione dello Champagne (dove Luigi VIII aveva tentato di coinvolgere Bianca di Navarra in un progetto di conquista dell’Inghilterra). Agli occhi del Pontefice l’assedio di Acri rendeva indispensabile una nuova crociata, per la quale il Papa auspicava il sostegno delle principali potenze europee, e quindi anche dell’Inghilterra. Roma non aveva dimenticato il ruolo determinante che il re inglese Riccardo Cuor di Leone aveva svolto nell’ambito della terza crociata e Innocenzo III sperava che King John intendesse emulare l’eroismo del fratello. Le mire espansionistiche di Luigi
VIII, tuttavia, imponevano a King John di concentrare la sua attenzione esclusivamente sulla difesa del suo regno, e sottraevano alla nuova crociata un contributo al quale il Papa non intendeva rinunciare. E’ dunque possibile ipotizzare che la missione inglese di Guala Bicchieri dovesse assolvere al triplice compito di porre fine alla guerra civile tra la fazione di King John e i baroni ribelli, sventare i piani di conquista del principe francese e creare le condizioni per la realizzazione di una nuova crociata sostenuta anche dal sovrano plantageneto. L’importanza della legazione era pertanto pressoché sconfinata, dal momento che essa implicava rapporti con le principali forze politiche e sociali del tempo e interessava uno scenario che si estendeva dalla Gran Bretagna al Santo Sepolcro, passando per la Francia e la Santa Sede. Che la scelta di Innocenzo III fosse caduta proprio su Guala Bicchieri certamente non era stato frutto del caso: il cardinale aveva già
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avuto contatti con l’Inghilterra almeno fin dal 1206, quando era stato coinvolto in una questione legale in merito all’abbazia di Evesham; Guala, inoltre, aveva già operato nelle terre francesi che erano appartenute ai Plantagenets (Normandia, Poitou, Touraine, Bretagna e Maine) e nel 1214-15 aveva stabilito stretti legami con la Chiesa inglese unitamente al cardinale Stefano di Fossanova con il quale si era occupato del vescovo di Ely. Non va trascurato, infine, che fin dal 1215 Guala era uno dei quattro cardinali che si occupavano intensamente degli affari inglesi presso la Santa Sede, incarico per il quale riceveva dall’Inghilterra una re66 tribuzione di 20 marks all’anno.
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uala fu inviato in Inghilterra con il titolo di legatus a latere67, che all’epoca costituiva il massimo livello nella gerarchia dei legati e una tappa significativa nel cursus honorum verso il soglio pontificio68. Come legatus a latere egli rappre-
Warren ha osservato che nell’Inghilterra del tempo un parroco poteva dirsi soddisfatto se le rendite annue della sua parrocchia ammontavano a 10 marks. Ciò significa che la retribuzione assegnata a Guala per il suo incarico diplomatico era più che ragguardevole (si veda Warren, L.R. op.cit. p.28 nota). 67 Gli altri livelli erano, dal basso verso l’alto : legatus missus e legatus natus. 68 Vincent,N. op.cit. p. xlvi e Robinson,I.S. The Papacy 1073-1198 (Cambridge,1990).
sentava il Papa, agiva in sua vece ed operava al di sopra di tutti gli altri ecclesiastici locali, non esitando ad opporsi alle loro volontà ed ai loro interessi se questi si scontravano con le direttive papali. Essere un legatus a latere significava vestire come il Papa, recare le insegne papali, possedere un cavallo dai finimenti bianchi ed essere accompagnato da uno stuolo di assistenti e collaboratori. Il ruolo di legatus a latere, inoltre, autorizzava Guala ad esigere le cosiddette procurationes (vedi cap.1) ossia a pretendere l’ospitalità che i parroci e i monasteri erano tenuti a fornire ai vescovi ed agli ecclesiastici di alto rango che viaggiavano per motivi ufficiali. A differenza di tutti gli altri ecclesiastici, il legatus a latere poteva poi visitare anche i monasteri posti sotto la diretta autorità del Papa e normalmente esentati dal versamento delle ordinarie procurationes. Ma quel che più conta è che al momento della sua partenza Guala sapeva che in Inghilterra avrebbe potuto disporre del clero locale con grande libertà, decidendone i trasferimenti, le promozioni, le sospensioni, le spoliazioni, le condanne, le assoluzioni e persino le scomuniche. Ci è noto che questa autorità fu poi effettivamente usata con particolare vigore contro quei membri della Chiesa inglese che durante il conflitto anglo-francese avevano sostenuto Luigi VIII e i baroni ribelli.
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a nomina di Guala a legatus a latere per l’Inghilterra fu decisa dalla Santa Sede nel mese di gennaio del 1216, durante i lavori del Concilio Laterano IV. Con tutta probabilità il cardinale lasciò Roma dopo il 24 febbraio 1216. Non siamo in grado di ricostruire con esattezza l’itinerario del cardinale e l’elenco dei luoghi ove egli pernottò durante il lungo viaggio verso le Isole Britanniche. Sicuramente egli dovette percorrere ampi tratti della Via Francigena, ma è innegabile che il fasto e il seguito con cui viaggiava non facessero di lui un pellegrino: si pensa che dovesse avere con sé almeno dieci cavalli, molti collaboratori e una gran quantità di cofani pregiati69 ricolmi di abiti, oggetti sacri ed effetti personali di inestimabile valore. Anche a proposito della composizione del gruppo di ecclesiastici che lo seguì in Inghilterra non disponiamo di una documentazione sicura.
Erano dieci uomini, tra i quali i due che cavalcavano in testa al drappello avevano l’aspetto di personaggi importanti, mentre gli altri parevano il loro seguito. Non era difficile riconoscere le condizioni e il grado di uno di questi personaggi. Senza dubbio era un alto dignitario ecclesiastico.
W.Scott, Ivanhoe 69
A Vercelli, città natale del legato, il Museo Leone conserva uno dei preziosi cofani da viaggio del cardinale. Di dimensioni ridotte, costituisce un autentico gioiello. Un cofano ben più grande fu riportato a Vercelli nel 2004 per volere del dott. Giorgio Fossale. Il cofano rimase in mostra sino al maggio del 2005, nell’ambito di un evento espositivo chiamato Scrinium Cardinalis. L’evento diede il via ad un’ondata di studi e conferenze sulla figura del legato e alla ripresa dei legami tra Vercelli e i luoghi inglesi che furono cari a Guala: Cambridge, St.Andrew’s Chesterton e la Diocesi di Ely. Oggi a Vercelli opera l’Associazione Culturale Chesterton, tra i cui compiti sono lo studio e la valorizzazione dell’opera di Guala Bicchieri e la promozione di eventi culturali che concorrano a riavvicinare Vercelli all’Inghilterra.
Possiamo supporre che egli fosse accompagnato, tra gli altri, da Lorenzo di San Niccolò, Giovanni di Brusasco, Tolomeo il Romano, Giacomo di Carnario e Otto di Vercelli. Dovevano viaggiare con Guala anche i suoi nipoti Ubertino e Giovanni, nonché due scrivani papali di nome Azzo e Costantino. Di quest’ultimo sappiamo che il 5 settembre 1217 ottenne da Guala la chiesa di Alwalton, in seguito alla scomunica e alla spoliazione di Geoffrey Gibwin. E’ probabile che con Guala viaggiasse almeno un segretario italiano incaricato di tenere i rapporti con Roma e inoltre alcuni ecclesiastici di provata fedeltà che avrebbero dovuto assistere il cardinale nelle questioni diplomatiche più delicate. Certamente il seguito comprendeva anche numerosi valletti, servitori e collaboratori di rango inferiore, come si conveniva ad una personalità del suo prestigio.
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a tappa più importante del cammino verso l’Inghilterra fu certamente il soggiorno presso
Torino. Museo Civico d’Arte Antica. Scrinium Cardinalis.
la corte francese, che avvenne verso la fine di aprile del 1216. Il 24 o il 25 di quel mese Guala partecipò ad un importante consiglio presieduto dal re di Francia Filippo Augusto, il cui figlio ed erede al trono Luigi VIII intendeva, come si è visto, impadronirsi della corona inglese. Guala si adoperò per convincere il principe a rinunciare alle sue mire espansionistiche, probabilmente minacciando di scomunicarlo se avesse osato dichiarare guerra al re d’Inghilterra, ma la mediazione fallì e Luigi VIII partì per Londra, pronto a combattere contro King John. Di tutta la parentesi inglese, questo episodio sembra essere stato l’unico insuccesso del legato. Guala lasciò la corte di Filippo Augusto subito dopo la partenza del principe, ma per non incappare nelle truppe francesi in marcia verso Calais ritenne prudente compiere una lunga deviazione che lo costrinse a ritardare il suo arrivo in Inghilterra: anziché puntare direttamente su Calais, infatti, il cardinale piegò a est e si diresse a Neuss, dove scrisse una lettera indirizzata al vescovo di Lincoln che
Vercelli. Antica abbazia di S.Andrea. Il chiostro.
nel frattempo si trovava a Limbourg. La data e il luogo di composizione di quella lettera70 oggi ci permettono di ricostruire una parte dell’itinerario del cardinale e indirettamente di intuire la preoccupazione del legato al pensiero di una possibile aggressione da parte degli uomini di Luigi VIII. Guala doveva certamente ricordare che pochi anni prima, nel 1208, il legato pontificio Pietro di Castelnau, inviato da
Innocenzo III in Francia, era stato assassinato da un cavaliere del conte Raimondo di Tolosa. Era l’epoca dei conflitti tra la Santa Sede e gli albigesi, o catari, che poi assunse i contorni di una crociata fortemente sostenuta da Innocenzo III. Per un uomo determinato e ambizioso come Guala Bicchieri, d’altra parte, le difficoltà della missione dovevano rappresentare una sfida avvincente.
L’approdo in Inghilterra e i primi provvedimenti
Q
uasi un mese dopo la sua partenza dalla reggia di Filippo Augusto il cardinale raggiunse finalmente le coste inglesi, ove approdò il 20 maggio 1216, probabilmente ancora atterrito al pensiero della minaccia francese. A quanto risulta egli non accettò di pernottare a Canterbury, nel timore di essere raggiunto dagli avversari, ma preferì accettare di consumare un pasto con i monaci del Christ Church per poi dirigersi immediatamente alla corte del re, presso Winchester, dove si sarebbe sentito più al sicuro.
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roprio a Winchester, alcuni giorni dopo il suo arrivo, Guala convocò un importante concilio di ecclesiastici e il 29 maggio lanciò la scomunica contro Luigi VIII, che nel frattempo stava estendendo la sua supremazia nella parte meridionale dell’isola. Da allievo
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diligente di Innocenzo III, il cardinale non faceva altro che seguire il modello del suo Pontefice, che ricorse spesso alla scomunica per affermare la supremazia della Chiesa di Roma. La sentenza contro Luigi VIII fu ribadita nel corso dei mesi seguenti.
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l primo periodo della legazione dovette essere particolarmente pesante. Lo confermerebbe una lettera che Guala inviò a Innocenzo III per aggiornarlo sulla delicatezza dell’incarico: oggi non
Per tutte le lettere e gli acta relativi alla missioni inglese di Guala Bicchieri si rimanda qui al volume di Vincent, N. op.cit. La lettera inviata da Guala al vescovo di Limbourg dalla città di Neuss è commentata a pag. 24 di tale trattato.
disponiamo più della missiva, ma sappiamo che Onorio la citò nella sua corrispondenza del settembre 121671. In quella stessa estate, verosimilmente nel mese di agosto, Guala concesse salvacondotti ai Gallesi disposti a scendere a patti con il re: in quel periodo forse Guala si recò in visita ufficiale in Galles, dove sarebbe anche entrato in conflitto con i cistercensi locali. Pochi mesi dopo, nell’autunno 1216, contestualmente alla seconda scomunica contro Luigi VIII, Guala pronunciò un interdetto contro il Galles e la Scozia, anche se a quanto ci è dato sapere la sentenza contro gli Scozzesi non fu applicata per tutto l’anno seguente. Contemporaneamente Guala scomunicò re Alessandro di Scozia e i suoi baroni, che si erano schierati apertamente a favore del principe francese.
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li interventi più drastici furono compiuti da Guala soprattutto dopo il 17 gennaio 1217, quando papa Onorio III, successore di Innocenzo III dal 1216, autorizzò il legato ad intervenire con la massima decisione contro tutti i nemici del re, a disporre delle chiese rimaste vacanti e a proibire la celebrazione della messa da parte di sacerdoti scomunicati o in chiese poste sotto interdetto72. Al contempo, inoltre, Onorio III autorizzò Guala Bicchieri ad adottare misure particolarmente rigorose contro gli
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Vincent, N. op.cit. p.137. Vincent, N. op.cit. pp.137-38.
ecclesiastici britannici che, sotto varie forme, osassero mantenere rapporti con i nemici del sovrano o contravvenire alle norme dettate dalla Santa Sede.
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i tutte le scomuniche pronunciate dal legato la più solenne e tonante fu certamente quella del 19 maggio 1217, che Guala lanciò dal castello di Newark, nell’imminenza della battaglia di Lincoln. E’ possibile che tra gli scomunicati vi fossero anche il Dean e il Capitolo della cattedrale di Lincoln, dal momento che nei primi giorni dopo la battaglia il legato ordinò all’esercito di Henry III di trattare tali illustri prelati alla stregua di biechi ribelli, nemici del legittimo sovrano inglese e della Chiesa di Roma. In occasione della scomunica emanata a Newark il 19 maggio 1217 Guala ostentò un atteggiamento particolarmente grave. Al termine della Messa egli si fermò sull’altare, in tutta la magnificenza delle sue vesti bianche e del suo ruolo di rappresentante del Papa. Da abile persuasore e straordinario conoscitore dell’animo umano, il cardinale infiammò i cuori dei soldati con un discorso infuocato, che dipingeva la lotta ai Francesi con i colori della crociata contro gli infedeli. Parallelamente, il legato concedeva ai soldati del re il diritto di sciogliere il voto di andare a combattere in Terrasanta. Guala raccomandò infine al vescovo di Winchester il compito di assolvere gli uomini di Henry III da tutti i loro peccati e mantenere alto l’ardore militare che li avrebbe trasformati in eroi del regno e della Chiesa.
Dopo la morte di King John P
ochi mesi dopo l’arrivo di Guala Bicchieri nelle Isole Britanniche, come si è visto nel secondo capitolo, due eventi importanti erano destinati a scuotere la scena politica internazionale: la morte del Papa e la morte del re. Innocenzo III si spense il 16 luglio 1216. King John concluse la sua parentesi terrena nella notte tra il 18 e il 19 ottobre dello stesso anno.
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algrado la scomparsa del Pontefice che lo aveva inviato in Gran Bretagna, Guala rimase sull’isola in virtù di un mandato indirizzatogli dal nuovo Papa, Onorio III73, che gli annunciava
ufficialmente la morte di Innocenzo III e lo incaricava di proseguire la missione inglese74. Dal momento che in linea di massima la morte di un Pontefice comportava automaticamente il ritorno a Roma dei suoi legati, l’atteggiamento di Onorio III nei confronti di Guala oggi suona
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Onorio III fu eletto Papa nel 1216, alla morte di Innocenzo III. Accettò la tiara con riluttanza e manifestò da subito un carattere molto diverso da quello del suo predecessore. Come Innocenzo III, tuttavia, fu interessato alla riconquista del Santo Sepolcro e bandì una nuova crociata (la quinta, 121721). Approvò la Regola di San Domenico nel 1216, la Regola di San Benedetto nel 1223 e l’Ordine Carmelitano nel 1226. Da uomo di cultura e appassionato di teologia, promosse gli studi teologici e conferì privilegi alle università di Bologna e di Parigi. Morì nel 1227 e il suo successore fu Gregorio IX. 74 Vincent,N. op.cit. p.49. 75 Reg.Vat.9 fos.1v. – 2r no.6. L’autrice ringrazia il professor Vincent per la segnalazione.
abbastanza sorprendente e ci dimostra il grande prestigio del quale il cardinale vercellese godeva presso la Santa Sede. Il mandato fu redatto dalla cancelleria di Onorio III a Perugia nel luglio del 1216, poco dopo la scomparsa di Innocenzo III. Il testo è molto interessante: attraverso il mandato, infatti, il Papa riconosceva le fatiche e i sacrifici sopportati dal legato nell’ambito della missione inglese e lo esortava ad assistere King John, dal momento che il re aveva imbracciato la croce di Cristo e si era proclamato vassallo di Roma75. Poco tempo dopo, il 30 settembre dello
stesso anno, Onorio III tornò sugli stessi concetti in un’altra lettera a Guala, nella quale spronava il legato a sopportare il peso della missione come un novello Ulisse, gli confermava la libertà di agire per il bene del re e del regno secondo la sua discrezione e assicurava che sarebbe stato ricompensato nel Regno dei Cieli76.
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on disponiamo della lettera che Guala inviò a Roma per annunciare la morte di King John, ma ne troviamo traccia in lettere papali del 3 dicembre 121677. Nello stesso mese Guala inviò un’altra missiva al Pontefice, in cui descriveva le difficoltà della missione inglese, comunicava che alcuni prelati locali avevano aderito alla fazione ribelle e sottolineava che, in punto di morte, King John aveva affidato i suoi figli e il suo regno alla protezione del Papa 78 e della Chiesa .
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a conferma ottenuta dal nuovo Papa e la morte del re consolidarono notevolmente la già forte autorità del cardinale sul clero e la corte inglesi, anche perché, come si è visto, nelle ultime ore di vita King John aveva indicato proprio Guala tra i suoi esecutori testamentari. Contestualmente, King John aveva affidato al cardinale il delicato compito di assistere e proteggere l’erede al trono, il principe Henry, che si apprestava a diventare il nuovo monarca con il nome di Henry III all’età di soli nove anni. In realtà dal punto di vista formale il tutore di Henry
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Vincent,N. op.cit. p.137. Vincent,N. op.cit. p.68. 78 Vincent,N. op.cit. p.68. 79 Vincent,N. op.cit. p.140. 77
nominato da King John era Peter des Roches, vescovo di Winchester, ma di fatto il legato fu sempre molto vicino all’erede di John, il quale non avrebbe potuto trovare un collaboratore più fidato. Tra gli altri notabili designati da King John come esecutori testamentari comparivano, come si è visto, William Marshal, primo Conte di Pembroke, il vescovo di Chichester e altri membri influenti della fazione filo-realista. Poco tempo dopo, con un documento redatto dalla cancelleria papale nel gennaio 121779, il Pontefice ordinava a Guala e ai vescovi di Winchester e Chichester di punire con la censura ecclesiastica tutti coloro che ostacolassero l’applicazione delle disposizioni testamentarie del re.
Guala e l’incoronazione del re d’Inghilterra I
n virtù del suo ruolo di rappresentante del Papa e del potere conferitogli dal defunto sovrano, Guala decise che l’incoronazione del nuovo re avvenisse nella Cattedrale di Gloucester anziché nella consueta abbazia di Westminster, certamente per difendere Henry dai nemici che gravitavano nella zona di Londra. A proposito di quella incoronazione, alla quale abbiamo già accennato nel secondo capitolo, va aggiunto che la cerimonia è ormai ammantata di leggenda, al punto che oggi risulta difficile stabilire quali siano le versioni più attendibili tra tutte quelle fornite dai vari cronisti. La maggior parte degli storici è concorde nell’affermare che nell’ambito dell’incoronazione Guala recitò una parte fondamentale. Secondo i documenti dell’epoca Onorio III dichiarò che il legato aveva addirittura posto la corona sul capo di Henry III80 e secondo Robert Grosseteste81 lo stesso sovrano avrebbe dichiarato di essere stato incoronato dal cardinale. Negli annali di Dunstable e Gloucester82 si legge che l’atto di incoronazione fu compiuto dal vescovo di Winchester per ordine di Guala Bicchieri. Secondo il Worcester annalist83, il so-
80
vrano fu incoronato dal vescovo di Winchester “precipiente legato et ipso legato coronam sibi im84 ponente” . Secondo i Tewkesbury annals fu proprio Guala a porre la corona sul capo del re (“legato ei coronam imponente”). Coggeshall85 scrisse che Guala era presente alla cerimonia, ma non specificò che ruolo ebbe nell’ambito della stessa e in generale tutti gli altri cronisti registrarono la partecipazione del legato sottolineando che il re fu incoronato da Guala e da numerosi vescovi, tra cui quelli di Worcester, Winchester, Bath, Coventry e Dublino.
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é Wendover, né Paris descrivono Guala nell’atto di incoronare il sovrano, il che non ci deve far sembrare il ruolo di Guala meno importante poiché durante la missione inglese il legato fu sempre incline a non infrangere i privilegi dei vescovi in materia di cerimonie solenni. E’ dunque molto probabile che Guala abbia dettato le modalità e le condizioni in cui l’incoronazione avrebbe avuto luogo, ma abbia deliberatamente affidato ad uno o più vescovi il privilegio di porre la corona sul capo del sovrano proprio per rispetto
Vincent, N. op.cit. p.28. Rotuli Roberti Grosseteste ed. F.N.Davis, Canterbury and York Society, x (London, 1910-13). 82 Annales Monastici ed. H.R. Luard, 5 vols. (Rolls Series, 1864-9) iii,48 (Contenente gli annals di Margam, Tewkesbury, Winchester, Waverley, Dunstable e Worcester). 83 Annales Monastici op.cit. iv.407. 84 Annales Monastici op.cit. iv.62. In proposito si veda anche Vincent,N. op.cit. p.28. 85 op.cit. p184. 81
delle tradizioni ecclesiastiche e reali del Paese. Nonostante questa delicatezza nei confronti del clero locale, il cardinale fu aspramente contestato dal priore del Christ Church di Canterbury e dall’abate della Westminster Abbey di Londra, che si appellarono al Papa sostenendo che l’incoronazione di un sovrano poteva avvenire soltanto in Westminster per mano dell’arcivescovo di Canterbury. La reazione di Guala alle proteste dei due alti prelati non si fece attendere: il cardinale scomunicò i due ecclesiastici, che tuttavia non sembrarono particolarmente turbati dal provvedimento. Successivamente Guala inviò al priore e al capitolo di Canterbury un mandato che vietava l’uso dell’organo durante le funzioni religiose86.
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Vincent, N. op.cit.p.10.
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he Guala abbia partecipato all’incoronazione del re in qualità di attore principale o vi abbia semplicemente assistito come rappresentante del Papa, garante dell’ordine e tutore del sovrano oggi pare francamente poco importante. Quello che conta è il ruolo sostanziale recitato dal legato sulla scena inglese: egli fu una stella di prima grandezza nel firmamento dell’Inghilterra del tempo e un sostegno incrollabile per il giovane re. E’ vero che sul piano formale il ruolo di reggente era stato affidato a William Marshal, ma è altrettanto vero che Marshal non era l’uomo più importante ed influente del regno: al di sopra del reggente vi era il legato, la cui posizione era superiore anche a quella del
re, dal momento che nel 1213 King John si era proclamato vassallo del Pontefice. Di fatto il cardinale fu l’uomo più importante del regno per tutta la durata della sua missione inglese: il re era solo un bambino affidato alla sua custodia; il reggente era valoroso e potente, ma non quanto il rappresentante del Papa e infine Peter, vescovo di Winchester, tutore ufficiale del giovane re, era pur sempre un vescovo subordinato all’autorità papale. Dal punto di vista strettamente formale, inoltre, non va dimenticato che Henry III era un vassallo della Santa Sede e che l’Inghilterra era un feudo papale.
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l rapporto tra Guala e il re, tuttavia, sconfinava anche in territori più personali: in una lettera di Onorio III datata 17 gennaio 121787 leggiamo che il Papa incaricò il legato di indagare sulle
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Vincent, N. op.cit. p.138. Vincent, N. op.cit. p.141. 89 In realtà il sigillo fu confezionato nel 1218. 90 Vincent, N. op.cit. p.142. 88
possibilità di trovare una moglie adatta al giovane sovrano e dichiarò che Roma avrebbe approvato senza riserve qualsiasi fanciulla fosse stata scelta dal legato. Una responsabilità certamente importante, e un dettaglio che non molti conoscono. Il 3 luglio 1217, inoltre, il Papa scrisse al legato incaricandolo di operare con il consiglio di altri prelati e dei notabili del regno affinché l’istruzione del sovrano fosse affidata a persone degne della massima fiducia88. Nella stessa lettera il Pontefice affidava a Guala il compito di decidere se fosse il caso di far confezionare il sigillo personale del re89. Poco tempo dopo, con un’altra lettera inviata da Anagni90, Onorio III affidò a Guala un incarico persino più delicato: poiché William Marshal era ormai anziano e agli occhi di molti non era più la roccia invincibile di un tempo, al Papa
era stato richiesto di nominare Richard Marsh come collaboratore del reggente. Onorio III, però, sapeva bene che William Marshal era ancora forte e permaloso e temeva la reazione del vecchio condottiero. Era dunque necessario essere molto cauti, agire con prudenza, esaminare la questione con la massima calma. Onorio III incaricò perciò Guala di occuparsi del caso e di risolverlo a sua discrezione, con
il pieno appoggio di Roma. Con estrema saggezza, il cardinale decise di non modificare la posizione di William Marshal e di non dare corso alle richieste di Richard Marsh. Un’altra dimostrazione della grande considerazione di cui il cardinale vercellese godeva sia presso la Santa Sede sia presso la corte inglese e della lungimiranza con cui il legato seppe affrontare le vicende politiche del Paese.
Guala e il clero locale: le punizioni U
na delle armi usate dal cardinale per supportare la Corona inglese fu la sua autorità sul clero locale, che Guala potè esercitare con ampia libertà anche grazie alla lunga assenza dall’Inghilterra dell’Arcivescovo di Canterbury Stephen Langton, in esilio dal settembre 1215 al maggio 1218.
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l fine di indagare sull’operato del clero ed accertare i casi di ribellione, Guala istituì un gruppo di collaboratori speciali che inviò in tutto il Paese con il compito di esaminare la condotta degli ecclesiastici, individuare i ribelli e punirli adeguatamente. Non sappiamo quanti fossero questi inviati, ma conosciamo i nomi di almeno tre di loro: master Theobald de Valognes e i fratelli Robert e Thomas of Dean. Tutti e tre incontrarono non poche difficoltà nell’esercizio del loro mandato: il primo fu imprigionato a Stamford, gli altri due a Tonbridge. 91 92
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ome abbiamo visto, nel gennaio 1217 il legato ottenne dal Pontefice il potere di intervenire duramente sul clero ribelle; tranne in rari casi, tuttavia, egli iniziò a ricorrere concretamente alla spoliazione solo nell’estate dello stesso anno, dopo il fallimento dei negoziati di pace di giugno. Ancora una volta dobbiamo ammettere che i documenti di cui disponiamo sono pochi rispetto al numero di sentenze sicuramente pronunciate dal legato. L’unico registro episcopale tramandato fino a noi è quello della diocesi di Lincoln91, ma sappiamo che quella non fu l’unica diocesi ove avvennero spoliazioni e d’altra parte il registro non riporta tutti i casi effettivamente trattati da Guala. Secondo Nicholas Vincent92 i casi di spoliazione di cui si ha notizia appartengono alle diocesi di Lincoln, Norwich, Canterbury, Lichfield, Worcester e Londra. La diocesi di Lincoln era certamente terra di rebel clerks particolarmente
Vincent, N. op.cit. p.lxi. Vincent, N. op.cit. p.lxi-lxvi. Per ulteriori approfondimenti sulle varie diocesi si rimanda alla stessa opera.
attivi, così come Londra, dove la cattedrale di St.Paul’s fu uno dei più importanti focolai di rivolta ecclesiastica anche prima della guerra civile. E’ probabile che in altre diocesi, come Ely, York e Durham, l’attività del clero ribelle sia stata significativa e pertanto punita con la spoliazione.
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leaders della rivolta ecclesiastica furono essenzialmente quattro: Simon Langton (fratello dell’arcivescovo di Canterbury Stephen), Elias of Dereham, Gervase of Howbridge e Robert de St.Germain. I primi due gravitavano nell’ambito della Cattedrale di Canterbury, di cui Simon era l’Archdeacon. Gli altri due erano canons di St.Paul’s a Londra. Robert de St.Germain aveva avuto contatti con il re di 93
Scozia e con Luigi VIII di Francia già prima della guerra civile. I quattro prelati erano dei pluralists, cioè controllavano ben più di un solo beneficio a testa, per cui nel momento in cui li spogliò dei loro benefici il legato si trovò a dover distribuire un considerevole numero di chiese tra altrettanti prelati di provata fiducia. Accanto a questi quattro personaggi famosi siamo in grado di elencare altri ecclesiastici meno noti che subirono gli stessi provvedimenti. Indichiamo qui alcuni dei casi documentati, ma è chiaro che si tratta solo di una parte di tutti i provvedimenti introdotti da Guala93. Alcuni termini sono stati volutamente lasciati in inglese per maggiore fedeltà al dato storico e all’atmosfera del tempo.
Si rimanda a Vincent, N. op.cit. per ulteriori approfondimenti.
Ely Cathedral e monastic buildings.
Ely Cathedral. The Lantern.
Rebel clerk su cui Guala impose la spoliazione Peter de Valogne
Beneficio
Nuovo beneficiario scelto da Guala tra prelati di provata fiducia
chiesa di Alrewas
Filippo, nipote di Guala
Geoffrey Gibwin
chiesa di Alwalton
Costantino, lo scrivano papale che aveva seguito Guala da Roma nel 1216. Anche Azzo, che aveva seguito Guala con lo stesso incarico di Costantino, fu premiato dal legato con alcuni benefici.
William of Calne
Norton (Suffolk)
Giovanni di Brusasco
Brand, canon di St.Paul’s London
una parte della chiesa di Caddington (pari a circa la metà dei suoi possedimenti)
William de Grisneto, nipote dell’abate di Beaulieu
John de Bello Campo
una parte della chiesa di Houghton Conquest (pari a circa la metà dei suoi possedimenti)
Gervase of Howbridge
chiesa di Lambeth
Giovanni de Tebaldo
Richard de Camera
chiesa di Haughley
master Alan of Beccles
Simon Langton
prebend of Finsbury
Philip Fortis Brachii
Elias of Dereham
una parte della chiesa di Melton Mowbray (pari a circa la metà dei suoi possedimenti)
master Walter of London
il figlio di Fabian of Ryston
chiesa di Ryston
Thomas de Blumville
Wigan the Breton
chiesa di Braughing
Holy Trinity Priory London
Gervase of Howbridge
the chancellorship of St.Paul’s
Henry de Cornhill
Luke the clerk
chiesa di Lambourne (Essex)
Elias of Dereham
chiesa di Melton
master Walter of London
Alan de Boullers
chiesa di Poulton (Gloucestershire)
Cinthius, nipote di Pietro Cardinale di S.Pudenziana
Robert de Barentin
chiesa di St.Bride’s Fleet Street
Otto di Vercelli
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distanza di tanti secoli risulta difficile aggiungere ulteriori particolari sicuri a questo elenco di nomi e benefici, ma si può certamente affermare che gli ecclesiastici colpiti dalle sanzioni del legato furono più numerosi di quelli elencati sin qui. Vincent94 afferma che essi dovevano essere all’incirca un centinaio. Alcuni dei prelati che abbiamo elencato non erano particolarmente famosi ed il nome di battesimo è tutto ciò che ne sappiamo. Colpisce però il fatto che molti di loro operassero presso la St.Paul’s Cathedral di Londra e questo spiega perché fin dall’autunno del 1217 Guala fu drastico nel punire il capitolo della cattedrale, rimuovendo ben 7 su 8 dei suoi uomini più importanti ed assegnando i rispettivi 95 benefici ad altrettanti prelati di sua fiducia .
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l 18 febbraio 1218 agli sceriffi dell’Essex e del Kent si ordinava di comunicare che tutti gli ecclesiastici non ancora assolti dalla scomunica lasciassero il Paese entro il 25 marzo, pena l’arresto e la prigionia96. Secondo il Dunstable annalist97 già anteriormente a tale data il legato aveva condannato e fatto imprigionare tredici ecclesiastici ribelli colpevoli di aver ordito trame inquietanti contro lo stesso Guala ed i suoi collaboratori. Gli storici hanno osservato che Guala fu molto severo con i rebel clerks inglesi a tutto vantaggio di ecclesiastici italiani. Effettivamente il legato concesse benefici e
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Vincent,N. op.cit. p.lxv. Vincent,N. op.cit. p.41. 96 Vincent,N. op.cit. p.lxv. 97 “Annales Monastici” op.cit. iii,52. 98 Vincent,N. op.cit. p.lxvii. 99 Vincent,N. op.cit. p.lxviii. 95
titoli a uomini del suo seguito e a parenti di connazionali influenti. Lo stesso Vincent ha calcolato che delle circa 18 chiese ove il legato impose un provvedimento di spoliazione nei confronti di un rebel clerk, almeno la metà 98 passò a Italiani e il totale dei provvedimenti a favore di connazionali del cardinale potrebbe essere anche molto maggiore se disponessimo di una documentazione più ricca. Tra i nomi dei beneficiari italiani sembra lecito citare anche Giovanni di Paolo, Teobaldo di Milano, Uberto di Confienza e Lorenzo di San Nicolò. Gli ultimi due ottennero proprietà laiche ed ecclesiastiche in Inghilterra anche dopo la fine della legazione di Guala99. Anche alla luce di questi dati, tuttavia, per diversi motivi non sembra prudente pronunciare un giudizio troppo severo sulla generosità di Guala verso gli Italiani: in primo luogo va ricordato che dall’atto di sottomissione di John al Papato molti ecclesiastici provenienti dall’Italia godettero di privilegi in Inghilterra per esplicito volere del sovrano, poiché quest’ultimo intendeva ingraziarsi i favori della Santa Sede. A questo si aggiunga che fin dagli inizi del secolo numerose istituzioni religiose inglesi (verosimilmente per instaurare positive relazioni diplomatiche con Roma) avevano elargito benefici a Italiani ritenuti esperti in diritto e quindi in grado di offrire sostegno e consiglio in materia di vertenze legali: l’esempio più
conosciuto in questo senso è costituito dall’abbazia di Evesham, ma anche Westminster e Glastonbury furono generose con personaggi italiani ritenuti potenzialmente in grado di aiutarle in situazioni delicate. Guala, inoltre, non si limitò a promuovere ecclesiastici provenienti dal suo Paese: al contrario, come abbiamo visto, concesse benefici anche a persone di altre nazionalità.
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iò nonostante, per completezza di informazione dobbiamo riferire che per secoli la presenza dei legati italiani in Inghilterra e più in generale di esponenti del clero italiano fu considerata dagli Inglesi un elemento di disturbo, caratterizzato da sentimenti come l’avidità e la cupidigia più che dall’altruismo e dalla generosità verso un popolo in profonda crisi politica e religiosa. Con tutta probabilità questa visione severa della legazione di Guala e dei suoi connazionali si deve alle cronache degli storici di St.Albans Roger of Wendover e Matthew Paris, che nel XVI secolo furono certamente enfatizzate dai sostenitori della riforma protestante.
Guala e il clero locale:
i vescovi e i monaci O
ltre a scomunicare, deporre e privare dei loro benefici gli ecclesiastici ribelli, il cardinale agì come custode indiscusso della Chiesa inglese, esercitando un decisivo controllo sulle principali attività ecclesiastiche, ivi comprese le elezioni dei vescovi e degli abati, e sulle assegnazioni di prebende, rendite, parrocchie e altri privilegi.
100
Carpenter, D.A.op.cit. p.19.
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econdo David Carpenter100 nessun vescovo inglese osò sostenere Luigi VIII. Al contrario, 7 vescovi erano presenti all’incoronazione di Henry III e ben 11 vescovi parteciparono al
grande Concilio di Bristol dell’11 novembre 1216. All’arrivo di Luigi VIII in Inghilterra, inoltre, il Dean della cattedrale londinese di St.Paul’s e l’abate di St.Alban’s si rifiutarono di sostenere il principe francese.
E
ssendo dichiaratamente favorevole ai Plantageneti, nella nomina dei nuovi vescovi Guala si orientò verso candidati fedeli alla causa del re: sappiamo che influenzò le elezioni nelle diocesi di Carlisle, Durham, Chichester e Worcester, dove favorì i candidati appoggiati dal re o dal Papa. A Worcester egli impose l’elezione di William de Blois, Archdeacon di Buckingham e canon di Lincoln, nonostante i monaci locali in-
tendessero eleggere un membro del loro capitolo. A Chichester approvò l’elezione di Ranulph of Warham, un monaco benedettino che aveva collaborato con John de Gray, vescovo realista della città di Norwich. Parallelamente, Guala promosse il passaggio di Richard Poer da Chichester a Salisbury, probabilmente per premiare la fedeltà di Richard, che forse aveva usato le rendite della sua cattedrale (secondo Matthew Paris 600 marchi) per retribuire i mercenari del re. A Carlisle e Durham, infine, fece eleggere rispettivamente Hugh de Beaulieu e Richard Marsh, nonostante la reputazione non propriamente cristallina dei due candidati.
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e in generale Guala scelse i nuovi vescovi tra gli alti prelati di provata fedeltà a Henry o ai due Papi della sua missione, nel caso della Diocesi di Ely (dove fin dal 1215, anno della morte del vescovo Eustace, l’elezione del successore di quest’ultimo era oggetto di un’aspra e delicata contesa), il cardinale si comportò in modo del tutto diverso: egli evitò di intervenire in modo risolutivo a favore di uno dei due contendenti (Robert of York e Geoffrey de Burgh) e lasciò in sospeso la nomina del nuovo arcivescovo. In realtà, Guala lasciò trapelare un implicito sostegno nei confronti di uno dei contendenti, master Robert of York, al quale in pratica rivolse le attenzioni normalmente dovute ad un legittimo vescovo. Il fatto oggi suona particolarmente strano, dal momento che Richard of York non fu mai un tenace sostenitore dei Plantagenets: al
contrario, intorno alla sua figura aleggiano un alone di mistero e persino il sospetto di complotti con i baroni ribelli. In veste di vescovo eletto della diocesi di Ely il 13 novembre 1217 Robert of York confermò a Guala il possesso della chiesa e dei beni di St.Andrew’s Chesterton, dono di Henry III al cardinale e premio per lo straordinario successo della legazione inglese. Robert of York in seguito fu generoso anche nei confronti di amici e parenti del cardinale, ai quali assegnò chiese e benefici nella stessa diocesi.
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n accordo con le indicazioni del Concilio Laterano IV (che nel 1215 aveva stabilito che in una sede vescovile vacante il nuovo vescovo doveva essere nominato entro tre mesi dal momento in cui la sede si era resa disponibile) Guala si prodigò affinché i nuovi vescovi venissero nominati in tempi brevi. Durante la missione inglese del legato tre sedi vescovili si resero vacanti: i rispettivi nuovi vescovi vennero nominati al massimo entro sei mesi e quello di Worcester addirittura in due settimane.
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a scelta di Guala in tal senso fu particolarmente coraggiosa ed onesta, perché nominare i nuovi vescovi in breve tempo significava sottrarre alle casse dello stato le entrate che normalmente provenivano dalle sedi vescovili vacanti. E’ importante sottolineare che durante i primi due anni del regno di Henry III lo stato non beneficiò minimamente di entrate provenienti da sedi vescovili vacanti, il che non si era mai verificato prima: il fatto è
101
Vincent, N. op.cit. pp.84-85.
Bury St.Edmunds: the Cathedral. I rebel barons inglesi forse si incontrarono in questa città nel 1214 per indurre il re a concedere la Magna Carta.
certamente spiegabile con la presenza di Guala in Inghilterra. Il legato rinunciò al suo diritto di procedere personalmente alla consacrazione dei vescovi, per rispetto delle tradizioni e aspettative della Chiesa locale: egli preferì infatti affidare il compito di consacrare i vescovi ai suffragans della cattedrale di Canterbury o all’arcivescovo di York.
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e in merito alla nomina e alla consacrazione dei nuovi vescovi Guala adottò una linea morbida, che conciliasse le direttive del Concilio Laterano IV con il rispetto delle tradizioni locali, i rapporti del legato con gli ordini monastici furono meno lineari e dunque più difficili da spiegare. Sappiamo che a Thorney fu in qualche modo responsabile delle dimissioni dell’abate locale, che fu sostituito con Robert of Graveley, il quale godeva della protezione del re. Sappiamo anche che il cardinale si occupò delle elezioni degli abati di Tewkesbury, di Ramsey, di Guisborough e di Shaftesbury. A Shaftesbury nominò ecclesiastici di provata fiducia per esaminare le pretese di due fazioni rivali che lottavano per l’elezione della madre badessa: una fazione aveva già eletto Joan, ma la decisione era stata impugnata da una misteriosa “A. sacrista”, della quale non sappiamo nulla. In un primo momento Guala rifiutò di riconoscere l’elezione di Joan, ma dopo aver incaricato gli abati di Bindon e di Cerne di indagare sulla vicenda, confermò la nomina di Joan e chiese all’arcivescovo di Salisbury di impartire la sua benedizione sulla nuova badessa101.
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proposito di Salisbury vale la pena di raccontare una vicenda molto interessante, nella quale il ruolo di Guala si rivelò della massima importanza. Il Decano e il capitolo della cattedrale di Old Sarum si erano rivolti al Papa lamentandosi per l’insalubrità del luogo in cui vivevano. Essi descrivevano l’ambiente intorno alla loro cattedrale come esposto alla forza dei venti (“continua quasi collisione ventorum”) e di continue tempeste che causavano malanni agli abitanti (“locus sic est reomaticus propter ventos quod clerici frequenter incurrunt perpetuas passiones et adversa coguntur valetudine laborare”). Gli ecclesiastici di Old Sarum sostenevano anche che a causa dell’eccessiva aridità del territorio e del candore del terreno circostante la cattedrale essi soffrivano di disturbi visivi (“plerique de 102 clericis ammiserunt officium oculorum”) . Nel marzo 1217 Onorio III scrisse a Guala riferendo le lamentele ricevute da Old Sarum e incaricando il legato di raccogliere informazioni in proposito. Tra il marzo del 1217 e il marzo del 1218 Guala rispose al Papa confermando la fondatezza delle lamentele. La conferma del cardinale rese possibile l’edificazione dell’attuale costruzione di Salisbury, i cui lavori iniziarono di lì a poco. La leggenda narra che la nuova chiesa fu eretta nel punto in cui un cervo morì ucciso da una freccia.
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iù o meno nello stesso periodo in cui si occupò del caso di Shaftesbury Guala fu di nuovo
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chiamato ad occuparsi dell’abbazia di Evesham, alla quale si era già interessato una decina di anni prima, in qualità di esperto di diritto ecclesiastico. La vicenda era stata risolta nel 1213 dal legato pontificio Nicholas of Tusculum, che aveva deposto l’abate Roger Norreis, punendo così le sue eccessive libertà, ma intorno al 1216 Norreis pretese da Guala una piena riabilitazione. Il legato ribadì la deposizione dell’abate e allontanò Norreis con grande determinazione. E’ noto che Guala Bicchieri fu in aperto dissidio con i cistercensi della Scozia e del Galles (che si erano schierati contro il legittimo sovrano inglese) e con i monaci cluniacensi di Lewes. In Galles i monaci più ostili ai provvedimenti di Guala furono probabilmente gli abati di Whitland e Strata Florida. A causa delle loro proteste esagerate contro il legato essi furono deposti nel corso del capitolo generale dell’ordine cistercense del settembre 1217. Relativamente ai monaci scozzesi disponiamo di un mandato di Walter of Wisbech che per volere di Guala, il 25 marzo 1218, ordinava a tutti i monaci cistercensi della Scozia di astenersi dal celebrare le loro funzioni religiose103. Il mandato rivela che i cistercensi si erano considerati immuni dalla sentenza di interdetto che il legato aveva precedentemente pronunciato contro la Chiesa scozzese (11 novembre 1216). Nell’aprile del 1218 lo stesso Walter of Wisbech (da non confondersi con Adam of Wisbech, primo Vicar di St.Andrew’s Chesterton, nominato da Guala Bicchieri) convocò un
Per tutti i riferimenti alla vicenda della cattedrale di Salisbury contenuti nel presente lavoro si rimanda a Vincent,N. op.cit. p.82 e pp.140-1. Vincent,N. op.cit. p.82.
Vercelli. Basilica di S.Andrea.
concilio a Berwick per ribadire la sentenza di interdetto, il che sollevò aspre proteste presso tutti i monasteri cistercensi del Paese. Il capitolo generale dell’ordine, alla presenza dei cistercensi di Inghilterra, Scozia e Galles, nel 1218 lanciò pesanti accuse contro Guala Bicchieri e decise di inviare a Roma otto abati per descrivere al Papa la condotta del legato. La protesta ebbe esito positivo, poiché di lì a poco il Pontefice introdusse alcuni provvedimenti della massima importanza. In primo luogo egli assunse il diretto controllo della Chiesa scozzese. Parallelamente, Onorio III stabilì che da quel momento in poi i legati in visita ai monasteri dell’ordine non avrebbero più potuto esigere procurationes in denaro, ma solo vitto (senza carne) e alloggio. Infine, nel mese di dicembre del 1218, il Papa inviò lettere che proibivano ai legati di porre sotto interdetto o scomunicare i cistercensi se non in presenza di un preciso mandato papale104.
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el frattempo Guala concesse l’assoluzione agli abati di Coupar, Melrose, Newbattle, Culross e Kinloss, che probabilmente incontrò a York tra il mese di aprile e il mese di maggio del 1218105. Anche i vertici dei monasteri benedettini di Westminster e di Canterbury (Christ Church Canterbury) furono scomunicati da Guala Bicchieri. Nel
1216 essi si opposero alla scelta della cattedrale di Gloucester come sede dell’incoronazione di Henry III, così, poco dopo la cerimonia, Guala inviò la scomunica attraverso una lettera redatta 106 alla fine di ottobre del 1216 . Successivamente, come abbiamo visto, il legato inviò un’altra lettera a Canterbury per impedire al priore e al capitolo di suonare l’organo nelle funzioni religiose durante il periodo di interdetto107.
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ueste prese di posizione nei confronti di alcuni ordini monastici, tuttavia, non devono indurre in false generalizzazioni: Guala ebbe rapporti difficili con alcuni monasteri e abati ma limitatamente a specifiche situazioni e località, e sempre in conseguenza della sua ferma intenzione di ristabilire la pace nel regno e consolidare la monarchia inglese. In generale, in altri termini, egli non si accanì mai immotivatamente contro alcun ordine, neppure quello cistercense, e non favorì mai troppo apertamente un solo ordine, anche se è innegabile che fosse particolarmente legato agli agostiniani108. Per ben due volte, ad esempio, il Papa gli ordinò di rimuovere da Carlisle i canonici agostiniani, sostituendoli con un nuovo capitolo secolare di provata fiducia, ma in entrambe le occasioni il cardinale disobbedì e si limitò a rimpiazzare i canonici in odore di ribellione con altri canonici fedeli al sovrano109. Nell’arco del soggiorno in-
104
Vincent,N. op.cit. p.83. Vincent,N. op.cit. p.83. 106 Vincent,N. op.cit. p.90. 107 Vincent,N. op.cit. p.10. 108 Vincent,N. op.cit. pp. lvii-lviii. 109 Vincent,N. op.cit. p.lviii. 105
St.Andrew’s Chesterton. Il galletto di S.Andrea
Guala con certezza: per
glese questi furono gli unici eclatanti atto di disobbedienza al Pontefice che possiamo attribuire a
il resto della sua missione, come rivelano i mandati 110 pontifici indirizzati al cardinale , Guala fu sempre solerte nell’eseguire gli ordini dei suoi due Papi e a prodigarsi per la salvaguardia dei due sovrani inglesi con cui collaborò.
La corrispondenza del cardinale C
ome risulta dalla raccolta di Nicholas Vincent111, le lettere del cardinale sono tutte in latino, all’epoca lingua ufficiale delle cancellerie reali, della magistratura e ovviamente della Chiesa. Vincent ha osservato che le lettere rispondono a tre principi fondamentali; “uniformità, sem112 plicità e efficacia” e in effetti l’espressione che ricaviamo leggendo la corrispondenza di Guala è che il legato fosse un uomo concreto, pragmatico e sintetico, che si limitava a fornire le informazioni essenziali, non si perdeva in inutili convenevoli e si preoccupava di esplicitare le sue
110
indicazioni in modo chiaro e diretto. In linea di massima Guala tendeva ad evitare il preambolo iniziale (“arenga”) e ad entrare immediatamente in argomento, secondo un uso inglese. La cosiddetta arenga si limitava a formule come “Noveritis” 113, “Noverit universitas vestra” 114, “Universitati vestre notum facimus” 115, “Ad universitatis vestre notitiam volumus pervenire” 116. Le lettere erano brevi, chiare e costruite secondo un impianto lucido e regolare. Anche a distanza di ottocento anni è relativamente semplice scomporre ciascuna lettera nella varie sezioni che se-
Per i quali si rimanda a Vincent,N.op.cit.. Le informazioni relative alle lettere di Guala di cui si parla in questo libro sono tratte principalmente da Vincent,N. op.cit.. 112 Vincent,N. op.cit. pxciii. 113 Vincent,N. op.cit. pp.41,53. 114 Vincent,N. op.cit. p..46. 115 Vincent,N. op.cit. p..68. 116 Vincent,N. op.cit. pp.40, 73, 89. 111
condo la diplomatica costituiscono i documenti di siffatta natura117. Il professor Vincent ha anche osservato che esaminando le lettere di Guala è possibile individuare una serie di espressionitipo118, quasi che i segretari del legato disponessero di un ventaglio di formule standardizzate da combinare tra loro a seconda dei destinatari, delle circostanze e delle intenzioni comunicative del cardinale. Una sorta di “copia e incolla” medievale, insomma, che la dice lunga sull’efficienza e sulla professionalità della segreteria di Guala. All’interno di uno schema prefissato
il segretario inseriva infatti i dati che di volta in volta andavano rinnovati e in particolare il nome e la qualifica del destinatario, lo scopo e il contenuto della lettera. Quale che fosse il contesto nel quale si inseriva la missiva, Guala si presentava unicamente come cardinale di San Martino e legato della Santa Sede (“Gual(a) miseratione divina tituli sancti Martini presbiter 119 cardinalis apostolice sedis legatus”) . Il professor Vincent ha individuato tre lettere che contengono questa stessa formula, ma non le parole “apostolice sedis legatus” 120. Sembra condivisibile
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Sembra opportuno fornire alcune indicazioni tecniche basilari sulla struttura di un documento/di una lettera e sulla terminologia usata dalla diplomatica, ossia da quella branca di studi che si occupa dell’analisi e della catalogazione dei documenti, allo scopo di stabilire il valore dei documenti stessi come testimonianze storiche. Il principale interesse di questa scienza è l’analisi delle forme.Secondo la diplomatica in un documento si possono individuare tre parti principali: 1. protocollo: è la parte iniziale del documento; 2. testo: è il “corpo” del documento, la parte che contiene la maggior parte dei contenuti e dunque le informazioni più importanti; 3. escatocollo: è la parte conclusiva del documento. Ciascuna di queste parti a sua volta si suddivide in un numero variabile di sezioni: Nel protocollo possiamo pertanto individuare le seguenti parti: • INVOCATIO: invocazione o riferimento alla divinità (ad esempio: “In nomine Domini”). Questa parte è assente nei documenti pontifici a partire dal pontificato di Gregorio VII. • INTITULATIO: elenco dei diversi nomi, titoli, dignità del mittente della lettera o di colui che emana il documento; • INSCRIPTIO: elenco dei nomi, titoli, etc. del destinatario; nella cancelleria pontificia talvolta si usava sostituire questa parte con il geminipunctus, un doppio punto orizzontale che stava al posto del nome del destinatario. Questo avveniva quando si indirizzava la lettera non all’individuo, ma alla carica che costui rappresentava o al ruolo professionale, politico, istituzionale che svolgeva; • SALUTATIO, FORMULA PERPETUITATIS: la salutatio è il saluto rivolto al destinatario ed è una caratteristica delle lettere. Nel caso del saluto da un superiore ad un inferiore la salutatio si esprime sotto forma di augurio (accusativo dipendente da un verbum dicendi sottinteso). Se la lettera è inviata da un inferiore ad un superiore la salutatio indica obbedienza. Ci sono formule di saluto tipiche della cancelleria apostolica, come “Salutem et apostolicam beneditionem”. La formula perpetuitatis è tipica dei documenti pubblici attraverso i quali si concedono privilegi illimitati nel tempo (ex: “in perpetuum”, “ad perpetuam rei memoriam”). Nel testo si evidenziano: • ARENGA O PREAMBOLO: è una sorta di cappello introduttivo in cui si indicano le ragioni ideali per cui si redige il documento. Si tratta di una parte in cui si utilizzano formulari preconfezionati; • NOTIFICATIO: è la parte in cui si afferma che il documento deve essere reso noto a tutti gli interessati; • NARRATIO: è la parte in cui si spiegano le ragioni concrete che hanno reso necessaria la redazione del documento; • DISPOSITIO: è la parte dispositiva del documento, quindi quella più varia, benché anche qui, nei limiti imposti dall’argomento e dalla situazione, si ricorra a formulari prestabiliti; • SANCTIO O MINATIO: è la parte che mira ad assicurare che le disposizioni contenute nel documento siano osservate. Si parla di sanctio negativa quando si minaccia chi non osserva le disposizioni del documento; si parla invece di sanctio positiva quando si promettono ricompense a chi applicherà le disposizioni stesse; • CORROBORATIO: è la parte in cui si indicano le misure adottate per garantire l’autenticità del documento. Vi si citano la sottoscrizione del testo da parte del suo autore e l’apposizione del sigillo; L’escatocollo è costituito da: • SUBSCRITIONES: è l’elenco delle firme di coloro che hanno prodotto il documento, cioè l’autore, i testimoni (se necessari), i redattori. • DATATIO: nel documento si indicano il tempo della redazione (data cronica) e il luogo della redazione (data topica). Tali dati in genere sono posti all’inizio del documento (atti privati) o alla fine dello stesso (atti pubblici). 118 Vincent,N.op.cit.p.xciv. 119 Vincent,N. op.cit. pp. 3, 5, 7, 8, 14, 15, 16, 18, 27, 34, 35, 36, 39, 40, 41, 46, 49, 50, 53, 58, 60, 61, 63, 64, 68, 74. 120 Vincent,N. op.cit. pp.72,73,85.
Vercelli, Basilica di S.Andrea.
l’ipotesi dello studioso inglese secondo la quale le tre lettere forse furono scritte dopo che Guala aveva rassegnato le dimissioni dall’incarico di legato in Inghilterra, quando il cardinale probabilmente riteneva di non potersi più fregiare del titolo di legato pontificio avendo egli già presentato la richiesta di tornare in Italia e porre fine 121 alla sua missione .
C
ome abbiamo visto all’inizio del capitolo, il nome del cardinale veniva scritto in forme diverse, il che nel corso del tempo ha certamente causato errori nella classificazione delle lettere e in ultima analisi nella loro conservazione. Dai documenti contenuti nella raccolta di Vincent emerge che Guala poneva all’inizio del documento l’inscriptio e al secondo posto dello stesso l’intitulatio quando si rivolgeva a destinatari importanti come vescovi e arcivescovi. Al contrario, la lettera cominciava con l’intitulatio e proseguiva con l’inscriptio quando il destinatario era meno importante. Nel rivolgersi ai vescovi Guala usava l’espressione “venerabili padri”, per sottolineare il suo atteggiamento deferente. In questo si distingueva dal Papa, che preferiva la formula “venerabili fratelli”. Se il destinatario era un ecclesiastico di rango meno elevato Guala gli si rivolgeva chiamandolo “diletto figlio”, il che lasciava trasparire la sua benevola superiorità. Quando la lettera non era diretta ad una
121
Vincent,N. op.cit. p.xvi. Vincent,N. op.cit., p. xcii. 123 ibidem. 124 ibidem. 125 Vincent,N. op.cit. p.97. 126 Vincent,N. op.cit. pp.34,40. 127 Vincent,N. op.cit. p.41. 128 Vincent,N. op.cit. pp.3,53,68. 129 Vincent,N. op.cit. p.89. 122
persona specifica, bensì all’intera comunità dei fedeli, Guala introduceva una delle seguenti formule: “universis Cristi fidelibus presentes litteras visuris”122, “universis Cristi fidelibus presentes lit123 teras inspecturis” , “universis Cristi fidelibus presentes litteras visuris et audituris”124, con le quali intendeva sottolineare che il contenuto del suo documento doveva essere noto a tutti. Conformemente alle abitudini della cancelleria pontificia anche il legato ricorreva al geminipunctus quando scriveva ai responsabili delle istituzioni religiose rivolgendosi non alle loro persone fisiche, bensì alle loro posizioni direttive nell’ambito della gerarchia dell’istituzione. Il geminipunctus serviva a prolungare la validità delle disposizioni anche oltre la morte dell’ecclesiastico cui erano indirizzate e comunque anche in caso di avvicendamenti ai vertici delle istituzioni stesse.
P
ur essendo un personaggio della massima importanza, che usava il plurale maiestatis e trattava con i potenti della terra, Guala si preoccupava di sottolineare il suo ruolo di esecutore delle direttive papali e per questo ricorreva a formule come “auctotitate sedis apostolice” 125, “de (speciali) mandato domini pape” 126, “de mandato sanctorum patrum dominorum Innocentii III et Honorii III Romanorum pontificum” 127. Altrove Guala dichiarava di avere operato “divine pietatis intuitu”128 o “intuitu Dei”129 e nel caso della lette-
ra con cui rendeva note le ragioni per cui aveva optato per la cattedrale di Gloucester come sede dell’incoronazione di Henry III, Guala sostenne di aver agito “de consilio et consenso prelatorum et 130 magnatorum regni” . Contestualmente, Il legato spiegava che la scelta era avvenuta “propter necessitatem temporis et maliciam hominum” 131.
N
elle lettere in cui comunicava le sentenze contro i Francesi Guala ricorreva all’immagine delle crociate, come a voler sottolineare il legame tra la punizione e la finalità benefica della stessa (non va dimenticato che Guala aveva imposto il pagamento di somme in denaro da devolversi a favore delle crociate). Del resto il ricorso al concetto di crociata risponde anche ad una necessità di coerenza rispetto a quanto Guala aveva predicato durante il conflitto anglo-francese, quando aveva presentato la
130
Vincent,N. op.cit. p.94. Vincent,N. op.cit. p.94. 132 Vincent,N. op.cit. p.7. 133 Vincent,N. op.cit. pp.3,4,5. 134 Vincent,N. op.cit. pp.xcv-xcvi. 131
lotta contro Luigi VIII come una guerra santa.
M
olte delle lettere di Guala finiscono senza una formula di corroboratio. Alcune contengono la for132 mula “Nulli ergo omnino” . In linea di massima sembra possibile affermare che le lettere di Guala si concludevano con una formula di questo tipo: “In cuius rei testimonium presentem paginam scribi fecimus et nostri sigilli munimine roborari”133.
Come si evince dalla raccol134 ta del professor Vincent , le lettere di Guala in genere contengono una datazione precisa, sebbene occorra precisare che nella corrispondenza privata talvolta il cardinale soleva omettere la data o il saluto “Valete”. La formula usata per la data inizia sempre con la parola “Dat’” scritta in questa forma contratta ed apostrofata. Nella maggior parte delle lettere la datatio consiste nell’indicazione del luogo di redazione, seguito dal giorno e dal mese del calendario romano. Talvolta veni-
va aggiunto l’anno di pontificato. Il cardinale badava a non lasciare mai spazi vuoti oltre la conclusione della lettera per evitare che tali spazi venissero riempiti con aggiunte apocrife, inserite abusivamente ad insaputa dell’autore e pertanto estremamente pericolose.
L
e lettere di Guala Bicchieri erano sempre rese autentiche dall’apposizione del sigillo del legato. Non sono state trovate tracce dei sigilli usati per le lettere inviate dalla Francia, mentre Vincent ha trovato 6 tracce del sigillo usato tra il 1216 e il 1218, proprio gli anni della missione inglese. Da questi frammenti lo studioso ha dedotto che mentre il Pontefice sigillava le sue lettere con il piombo, Guala usava la cera naturale, come tutti gli altri legati. Su un documento esistono tracce di un sigillo di cera verde, ma non è stato possibile ricostruire la ragione di 135 tale eccezione . Mentre i sigilli degli altri legati erano in genere di forma
Vercelli. Antica abbazia di S.Andrea. Il pozzo del chiostro.
135
Vincent,N. op.cit. (pp.lxxxviii-xci).
arrotondata, il sigillo di Guala ha una forma a mandorla (in inglese è stato descritto con l’espressione “vesica shaped”), forse per imitare i sigilli usati da vescovi ed arcivescovi inglesi o forse, più semplicemente, perché realizzato in Inghilterra da artigiani locali sul modello allora corrente dei sigilli degli altri ecclesiastici del luogo. D’altra parte agli inizi del XIII secolo molti cardinali e legati coinvolti in vicende diplomatiche francesi usavano sigilli a mandorla. Il sigillo di Guala mostra una figura umana maschile intera — la figura del cardinale, è lecito ritenere — rivolta verso di noi: la caratterizzano la dalmatica, la mitra appuntita e le mani levate verso l’alto, all’altezza delle spalle, con il palmo rivolto verso l’osservatore. La postura indica dunque un atteggiamento benevolo e al tempo stesso solenne, come se il cardinale fosse stato ritratto nell’atto di impartire la sua benedizione al destinatario della missiva. Intorno ai bordi del sigillo si legge quanto segue:
SIGILL(UM) GUALE T(I)T(ULI) S(AN)C(T)I MARTINI PR(ESBITERI) CAR(DINALIS)136
C
ome abbiamo visto, il sigillo di Guala compare anche in calce alla Magna Carta, nelle edizioni del 1216 e del 1217, e alla Charter of the Forest, cioè ai tre documenti più importanti del Medio Evo inglese. Il sigillo del cardinale che è posto in calce all’edizione del 1217 della Magna Carta è di tipo pendente ed è posto sulla sinistra del documento. A destra compariva il sigillo di William Marshal. Giova precisare come non sia casuale il legame tra Guala Bicchieri e la Magna Carta: il legato infatti possedeva una vasta competenza giuridica ed era apprezzato per la sua saggezza e la profonda esperienza in materia di giurisprudenza. In quanto italiano, e soprattutto in quanto figlio del Comune di Vercelli, egli aveva sperimentato personalmente la fusione tra le leggi del Comune e le leggi dell’impero. Era un uomo di pace, ma aveva anche una certa consuetudine con il concetto di crociata, dal momento che suo padre era morto templare nell’assedio di Acri. Era anche un profondo conoscitore delle teorie filosofiche della Scuola di Parigi. Questo complesso e ricchissimo retroterra culturale gli consentì di applicare in Inghil-
136
Vincent,N. op.cit. pagg.xc e xci. Alla fine del 2007 una copia della Magna Carta, quella emanata nel 1297 durante il regno di Edward I, è stata messa all’asta da Sotheby’s a New York. Il professor Vincent è stato incaricato dalla casa d’aste di curare il catalogo relativo al documento stesso. 137
terra un modello legislativo che sapesse fondere le leggi del re con quelle della nobiltà e con gli interessi del popolo. Se è escluso che Guala sia stato l’autore della Magna Carta, che peraltro fu emanata per la prima volta nel 1215, un anno prima della legazione del cardinale, è certamente possibile affermare che fu grazie a Guala che la Magna Carta fu reintrodotta in Inghilterra, da dove successivamente si diffuse negli altri Paesi di lingua inglese diventando il documento storico più famoso negli Stati legati alla Corona britannica137.
Sigillo di Guala Bicchieri dalla forma “a mandorla” impresso su cera naturale colorata applicata su una striscia di pergamena. Si veda pag.158.
Vercelli, S.Andrea. Il chiostro.
C
IV
apitolo St.Andrew’s Chesterton e la basilica di Sant’Andrea in Vercelli “Ecce diploma, quo Henricus donavit Gualam Bicherium Cardinalem Ecclesia Cestretunensi, a qua donatione exorta vulgaris assertio ex aedificatae Ecclesiae S.Andreae Vercellensis sumtibus Henrici Regis Anglorum. — Henricus Dei gratia Rex Anglorum Dominus Hybernie. Dux Normannie et Aquitanie. Comes Andegavie. Universis Christi fidelibus presentes litteras visuris, vel audituris Salutem in Domino. Universitati vestre notum facimus quod nos intuiti Dei et pro salute nostra et pro animabus predecessorum nostrorum. Ad preces etiam Venerabilis Patris et Amici nostri Karissimi Domini Guale tituli S.Martini Presbiteri Cardinalis Apostolice Sedis Legati de Consilio fidelium nostrorum dedimus et concessimus Deo et Ecclesie B.Andree Vercellensis quam idem Dominus Guala in honore Dei et B.Andree construxit ibidem et Canonicis ibidem Deo servientibus Ecclesiam decestretune in Episcopatu Elyensi que de nostra est donacione Cum omnibus ad illam pertinentibus in liberam et puram et perpetuam elemosinam.in proprios usus omni tempore possidendam. ad sustentacionem domus ejusdem conseciente Venerabili Patre Domino Roberto tunc Elyensi electo. Quare volumus et firmiter precipimus quod Canonici domus memorate habeant et teneant acclesiam memoratam liberam et quietam ab omni servitio et exactione seculari. sicut supra dictum est. et in hujus rei testimonium. has litteras nostras patentes dedimus eisdem sigillo Comitis Willelmi Marescalli rectoris nostri et regni nostri sigillatas. teste eodem aput West-monasterium octavo die Novembris. anno regni secundo —. Sigillum parvum e cera viridi pendens a funicolo membranaceo rapraesentat bellatorem insidentem equo, et gestantem dextra ensem: circum autem haec Ephigraphes. 138 Sigillum Marescalli.”
138
Frova, G. (alias Philadelpho Libico) op.cit. pp. 100-101 e Capellino, M. op.cit. pp 19-20.
Il dono del re: St.Andrew’s Chesterton I
n cambio del prezioso aiuto ricevuto dal legato, l’8 novembre 1217 il re offrì in dono perpetuo al cardinale la chiesa e i beni di St.Andrew’s Chesterton, presso Cambridge. Il dono fu concesso su consiglio di otto vescovi e cinque notabili, tra cui il reggente, il justiciar e il conte di Winchester. Con la donazione di Chesterton il re intendeva premiare il legato, che
“aveva faticato e lavorato a lungo e con sacrificio per la nostra pace e per quella del nostro regno”139, con possedimenti che Guala avrebbe a sua volta offerto alla nascente comunità di canonici agostiniani della sua città natale, Vercelli.
I
l diploma con cui il sovrano effettuava la donazione è riportato a pagina 120.
139
Frova, G. (alias Philadelpho Libico), “Gualae Bicherii presbiteri cardinalis S.Martini in Montibus vita et gesta collecta a Philadelpho Libico” (Milano, 1747), pagg. 100-101.
Cambridge. St.Andrew’s Chesterton.
L
a donazione fu effettuata con l’avallo dell’arcivescovo di York (Walterus Dei gracia Eboracensis Archiepiscopus), da altri otto vescovi (Willelmus Londonensis, Petrus Wintoniensis, Ricardus Dunhelmensis, Ricardus Sar-
resburiensis, Hugo Lincolniensis, Joscelinus Bathoniensis et Glastoniensis, Simon Exoniensis, Willelmus Coventrensis), da William Marshal, Hubert de Burgh e altri consiglieri reali. Nel loro documento di garanzia si legge:
“(…)Universitati vestre notum facimus quod Dominus noster Karissimus Henricus rex Anglie illustris nobis presentibus et consencientibus ac consulentibus intuitu Dei et pro salute sua propria et animabus predecessorum suorum dedit et concessit ad preces Domini Guale tituli S.Martini Presbiteri Cardinalis tunc Apostolice Sedis Legati in Anglia. Qui pro pace sua et regni diu et multum laboravit. Ecclesiam de Cestretune que de sua erat advocacione cum omnibus pertinentibus ad illam. Deo et Ecclesie Beati Andree Vercellensis et Canonicis ibidem Deo servientibus ad sustentacionem eorumdem. quam quidem Ecclesiam idem Dominus Guala in honore Dei et Beati Andree construxit ibidem habendam et possidendam in liberam et puram et perpetuam elemosinam. Consenciente et confirmante Domino Roberto tunc Elyensi electo in cujus episcopatu consistit Ecclesia memorata. In cujus rei testimonium presentibus litteris sigilla nostra fecimus apponi —. Sigilla appensa funiculis membranaceis sunt XV. omnia ex cera alba illo Mareschalli Willelmi excepto, quod est ex cera viridi.”140
S
olo pochi giorni più tardi, il 13 novembre 1217, a Londra, il vescovo eletto di Ely, Robert of York, di cui si è già parlato a proposito dei rapporti tra Guala e il clero locale, confermò ufficialmente la donazione. Una copia del documento di Robert of York è citata nell’ “Indi-
140
ce ovvero Sommario categorico dell’Archivio della Rever.ma Abbatia et Monastero di Sant’Andrea di Vercelli ordinato l’anno 1769”, alla pagina 138. Il volume è conservato presso l’Archivio del Capitolo della Cattedrale di Vercelli. Il documento recitava così:
Frova, G. (alias Philadelpho Libico) op.cit. pp.100-101 e Capellino, M. op cit. p 20. Nella stessa opera si trova anche il documento di pag.123.
En confirmationem electi Elyensis memoratam a consiliariis. -Universis S.Matris Ecclesie filiis. ad quos littere presentes pervenerint. Robertus Dei gracia Elyensis Ecclesiae electus. Salutem in Domino. Ad universitatis vestre noticiam volumus pervenire. Quod nos Ecclesiam de Cestreton nostre diocesis de donatione Domini Regis. Ecclesie ac fratribus S.Andree Vercellensis in puram et perpetuam elemosinam ad usus proprios. Divine pietatis intuitu ob reverentiam quoque Domini Guale tit. S.Martini Presbiteri Cardinalis Apostolice Sedis Legati concessimus. Quam eis Dominus Rex de communi consensu, et voluntate totius consilii sui concessit. In hujus autem rei testimonium has nostras litteras patentes sigilli nostri munimine roboratas dictis Fratribus duximus concedendas. Dat. Londonii Idus Novembris Pontificatus Domini Papae Honorii III, et Regni Henrici Regis Anglie III.anno II.iis testibus Magistro Rogerio de Dunolmen. Waltero de Kurham. Gilleberto Clerico. Johanne Marescallo. Henrico de Pontefracto.
M
erita ricordare che, come si legge chiaramente nei documenti riportati più sopra, la donazione della chiesa di St.Andrew’s Chesterton e dei benefici ad essa connessi era da intendersi come un dono perpetuo, cosa alquanto rara durante la “minority” di Henry III: in realtà il governo successivamente stabilì che tutti i doni concessi dal sovrano prima che costui raggiungesse la maggiore età dovevano essere considerati revocabili quando Henry III fosse diventato maggiorenne141. Alcuni anni prima, nel 1215, la
141
Carpenter,D. op.cit. pp. 68 e 95.
chiesa di Chesterton era stata assegnata da King John ad un chierico di nome Richard de Thony (22 settembre 1215). Costui, tuttavia, entro il 29 giugno 1217 scomparve dalla scena: non sappiamo con certezza cosa fu di lui e possiamo pensare che in quel periodo si sia ritirato a vita privata e persino che si sia schierato con il clero ribelle. In quel periodo certamente un collaboratore di Guala Bicchieri noto in Inghilterra come Laurence of S.Nicolo, descritto come rettore della Chiesa di Chesterton, fu ricompen-
sato con rendite ricavate dalla stessa chiesa. E’ lecito supporre che da Laurence of St.Nicolo la chiesa di Chesterton sia definitivamente passata a Guala nel novembre del 1217. Quel che è certo è che nel volgere di due anni Vercelli era effettivamente in possesso di Chesterton e amministrava la proprietà attraverso i canonici regolari dell’abbazia, ai quali Guala aveva fatto dono della chiesa e dei beni di St.Andrew’s.
N
el 1220, tuttavia, il Consiglio del Re rifiutò di riconoscere il dono perpetuo di Henry III a Sant’Andrea. Il dono fu d’altra parte confermato da Onorio III il 2 maggio 1224 e successivamente dallo stesso re Henry III nel gennaio del 1238. Anche Papa Urbano IV lo confermò, 142 nel mese di maggio del 1262 .
L’
antico villaggio di Chesterton sorge immediatamente a nord di Cambridge e a circa 15 miglia dalla cittadina di Ely, sede della diocesi omonima e della splendida cattedrale della Santa Trinità. Il nome Chesterton deriva dal latino “castra”, a ricordo di un accampamento fortificato che i Romani avevano eretto subito a nord del fiume Cam. Il villaggio mantenne la sua indipendenza amministrativa sino al 1912, quando una parte di esso venne inglobata nel territorio del Comune di Cambridge. Nel 1935 tutta la parte edificata del villaggio passò allo
142
stesso comune. Oggi essa forma la parte residenziale a nord est del centro della prestigiosa città universitaria.
A
distanza di tanti secoli non è ancora chiara la ragione per cui il re scelse di donare a Guala proprio St.Andrew’s. Il cardinale avrebbe meritato infatti una proprietà caratterizzata da un clima e da una posizione migliori di quanto si potesse trovare a Chesterton. Il villaggio era prossimo alle paludi dell’East Anglia, ove gli abitanti vivevano soprattutto di agricoltura e di pesca all’anguilla143, la vita era dura e il clima era ostile e malsano e tuttavia il re aveva scelto proprio quella specifica rectory manor come dono al cardinale che aveva salvato la Corona d’Inghilterra. In assenza di spiegazioni convincenti che dimostrino perché Henry III offrì Chesterton al legato possiamo solo avventurarci in supposi144 zioni più o meno fantasiose . Forse il re scelse Chesterton perché era intitolata a Sant’Andrea, come la piccola chiesa vercellese donata a Guala nel 1215 dal vescovo della sua città? L’ipotesi non sembra plausibile, perché nella zona di Chesterton esistevano molte altre chiese intitolate allo stesso santo, dal momento che Sant’Andrea era un pescatore e i territori della Diocesi di Ely abbondavano di comunità dedite alla pesca. Forse la scelta di Chesterton dipendeva dall’indiscutibile somiglianza tra il suo territorio e quello delle
“Regesta Honorii Papae III”, ed. Pressutti, 2 vols. (Roma, 1888-95), n. 4955; “Calendar of the Charter Rolls”, 6 vols. (London, 1903-27) (1226-57, 234); Cambridge, Trinity College muniments ms.Box 22. 143 In inglese il termine “anguilla” si traduce con “eel”. Esso ha dato origine al nome di Ely, che anticamente era un’isola delle paludi Fens ove si praticava un’economia basata appunto sulla pesca all’anguilla. La presenza di tante comunità di pescatori spiega perché nell’East Anglia esistano tante chiese intitolate a Sant’Andrea, che era un pescatore. 144 L’autrice ringrazia il Dr. Jonathan Smith del Trinity College di Cambridge per aver collaborato alla formulazione di queste ipotesi.
Ely Cathedral.
“terre d’acqua” che circondavano Vercelli e che nel Medio Evo videro i monaci di Lucedio introdurre la coltivazione del riso? L’ipotesi suona suggestiva, ma francamente poco convincente. Sembra decisamente più affascinante l’idea che Guala abbia ricevuto Chesterton per la vicinanza di questo villaggio alla città di Cambridge, ove nel 1209145 era nato il primo nucleo della omonima università. Guala era noto per essere un uomo intelligente e colto. Aveva studiato giurisprudenza e teologia ed era uno degli intellettuali più raffinati del suo tempo. Forse Henry III pensava che la presenza del cardinale a pochi passi dall’università di Cambridge avrebbe contribuito a rendere grande il locale ateneo, il che a sua volta si sarebbe tradotto nella formazione di una nuova schiera di clerks e royal clerks preparati e fedeli alla Corona. Questa ipotesi sembra
ancora più condivisibile se si pensa che pochi anni dopo la fine della missione inglese di Guala Bicchieri Vercelli si inserì nell’elenco delle prime università italiane ed europee, con la fondazione del locale Studium Generale, costituito dal Comune nell’anno 1228. A quell’epoca il cardinale era già morto (morì nel 1227, anno del completamento della sua basilica di Sant’Andrea), ma è innegabile che egli abbia contribuito a creare nella sua città natale lo spirito e le condizioni necessarie per la nascita dell’università. Per quanto le ipotesi suggerite fin qui possano sembrare affascinanti non va trascurato un dettaglio certamente più prosaico, ma proprio per questo più realistico: Henry III potrebbe aver donato Chesterton a Guala Bicchieri semplicemente perché si trattava di un dono prezioso, dal momento che St.Andrew’s era una parrocchia ricca, tra le più redditizie di tutta la diocesi
145
La storia racconta che nel 1209 un membro dell’università di Oxford assassinò una donna dileguandosi senza lasciare traccia. Nell’impossibilità di catturarlo, la città ottenne dal re il permesso di impiccare i compagni dell’omicida. L’esecuzione violava i privilegi del mondo accademico e spaventò gli intellettuali di Oxford a tal punto da indurre una parte di loro alla fuga. Essi si rifugiarono a Cambridge dove di fatto nel 1209 fondarono il primo nucleo della locale università. Da quell’episodio di cronaca nera, dunque, curiosamente sarebbe nata una delle più importanti università del mondo.
Ely. The monastic buildings.
di Ely. Se si considera che Guala aveva svolto un ruolo determinante nell’isola, salvando il Paese e la monarchia e proteggendo il giovane re Henry III per tutta la durata della legazione, è lecito ritenere che nella scelta della ricompensa per il cardinale il sovrano sia stato attento a valutazioni di natura economica.
I
l villaggio di Chesterton occupava una superficie di circa 2800 acri, dei quali solo 200 costituivano il dono elargito a Guala dal sovrano. La proprietà vercellese, infatti, non coincideva con l’intero villaggio, bensì solo con la Rectory Manor, ossia la porzione di terreni e fabbricati appartenenti alla chiesa locale. Il resto delle terre e degli immobili costituiva il cosiddetto Chesterton Manor ed era gestito dalla Barnwell Priory, una comunità di cano-
Cambridge. Ponte sul fiume Cam.
nici agostiniani fondata nelle vicinanze alla fine del XII secolo. I terreni assegnati a Vercelli erano frazionati in tanti piccoli appezzamenti: il più vasto era coltivato da Alexander son of Giles, mentre il più piccolo era condotto da Robert of Papworth. Gran parte della superficie coltivabile era destinata alla produzione di grano ed orzo, ma non mancavano altre coltivazioni e si praticava anche l’allevamento di pollame e di bestiame. Sembra corretto affermare che la proprietà vercellese a Chesterton fosse caratterizzata dalla presenza di 25 affittuari che conducevano i terreni della chiesa e da altrettante famiglie che vivevano nei vari edifici e poderi locali chiamati messuages. Considerata la distanza tra Vercelli e Chesterton, che all’epoca doveva sembrare un notevole ostacolo, non è difficile immaginare che i canonici vercellesi di Sant’Andrea trovassero complicato e faticoso seguire la gestione dei 146
beni inglesi. Inizialmente essi decisero di concedere in affitto la proprietà ai membri della Barnwell Priory. Pochi anni dopo, però (nel 1255), quando quella comunità si dimostrò avida ed aggressiva, l’arcivescovo di Milano chiese al sovrano inglese di intervenire affiché gli agostiniani della Barnwell Priory restituissero il controllo di Chesterton all’abbazia vercellese. Nel 1256, infatti, i canonici italiani presero a gestire direttamente la proprietà, secondo il metodo noto 146 in Inghilterra come demesne farming . Da quell’anno in poi i canonici inviarono a Chesterton un loro rappresentante italiano con il titolo di procurator. Costui doveva gestire la chiesa e le terre dell’abbazia in nome e per conto dell’abate di Vercelli. Il procurator era affiancato da un bailiff indigeno al quale, in virtù della sua padronanza della lingua inglese e della conoscenza degli usi e costumi locali, era affidato il compito
Per demesne farming si intende l’amministrazione di una proprietà effettuata direttamente dal proprietario.
Cambridge. Barnwell Priory.
di collaborare con il procurator per il bene della proprietà. Oltre al bailiff era presente anche un reeve, che fungeva da assistente e forniva un utile supporto in caso di necessità. Considerate la lontananza geografica, la relativa solitudine e le difficoltà, agli occhi dei canonici vercellesi essere inviati a Chesterton come procuratores non doveva apparire molto attraente.
immortalati nelle loro residenze per essere conosciuti e ricordati dai posteri, non è escluso che tali sculture in pietra rappresentino il procurator vercellese che risiedeva nella Chesterton Tower al momento della sua costruzione. Se così fosse, saremmo dunque di fronte al ritratto di uno dei primi canonici inviati da Vercelli a controllare la vita e le finanze della comunità di St.Andrew’s.
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procuratores si fermavano in Inghilterra dai 10 ai 15 anni, il che spiega perché ben presto essi sentirono l’esigenza di costruirsi una residenza ove potessero godere di una certa privacy. Fin dal 1250 un terreno di 2,5 acri a nord della chiesa conteneva una canonica abitata dai vari procuratores. Verso la metà del 1300, tuttavia, venne costruita un’abitazione più grandiosa.
L’
edificio esiste tuttora, sorge non lontano da St.Andrew’s, è noto come Chesterton Tower ed è uno dei pochissimi esempi ancora esistenti nell’isola di edificio adibito a dimora di stranieri. Si tratta di una costruzione squadrata, a due piani, con una torretta. All’interno si trovano solo quattro ambienti: nel corso dei secoli essi sono stati ripetutamente modificati, tuttavia la stanza al piano terra conserva ancora le volte originali decorate da sculture antropomorfiche in pietra. Poiché spesso i committenti chiedevano ai costruttori di essere
n quanto Lords of the Rectory Manor i canonici erano anche responsabili dell’amministrazione giudiziaria, fungendo da garanti del rispetto delle leggi e da intermediari tra la corte e la popolazione. Essi erano pertanto autorizzati a istruire processi noti come manorial courts, i quali riguardavano principalmente piccole questioni di tipo amministrativo e finanziario, generalmente legate alla gestione delle proprietà terriere. Non si trattava di grandi problemi giuridici, naturalmente, dal momento che di questi si occupavano i tribunali più importanti, tuttavia erano casi di notevole interesse per la vita quotidiana del villaggio. Malauguratamente esistono ben pochi documenti relativi a quelle vertenze. Da quanto rimane possiamo dedurre che i processi istruiti nella proprietà vercellese non erano affidati al procurator, bensì al bailiff, perché quest’ultimo parlava inglese e poteva comunicare con le parti. E’ vero che le sentenze venivano poi redatte
in latino, ma era certamente più saggio che le udienze si svolgessero nella lingua parlata dalla popolazione locale. A questo proposito occorre tenere presente che la dominazione normanna, iniziata nel 1066 con la battaglia di Hastings, aveva introdotto l’uso del francese come lingua della corte e della nobiltà, relegando la parlata locale agli ambiti meno formali ed istituzionali, come possiamo leggere nel romanzo di Walter Scott. Lo stesso principio doveva valere in materia di amministrazione spirituale: i canonici vercellesi sapevano che per quanto i riti fossero officiati in latino, i fedeli comunicavano con il loro pastore esclusivamente in inglese e perciò decisero di affidare la cura delle anime di Chesterton non al procurator italiano, ma ad un Vicar appositamente scelto tra i membri del clero locale.Il Vicar era anche responsabile della condotta di tutti gli ecclesiastici della comunità ed era assistito da almeno un chaplain e da diversi parish clerks. Al Vicar spettavano i
compiti di raccogliere il Peter’s Pence, distribuire l’elemosina tra i bisognosi e assistere tutti coloro che necessitavano di aiuto. Nel 1218 Guala nominò Adam of Wisbech Vicar di St.Andrew’s147. Il testo della lettera con cui il cardinale comunicò la nomina è il seguente:
In questa lapide, posta nella chiesa di St.Andrew’s Chesterton, sono elencati tutti i Vicars che esercitarono il loro ministero presso la parrocchia.
147
L’autrice ringrazia il dottor Jonathan Smith del Trinity College di Cambridge per la collaborazione e per la conferenza La Basilica di Sant’Andrea in Vercelli e la chiesa di St.Andrew’s Chesterton, tenuta dallo stesso dottor Smith il 23 settembre 2006 presso il Seminario Arcivescovile di Vercelli. Allo studioso si deve anche un caloroso ringraziamento per aver reso possibile la consultazione dei manoscritti relativi ai legami tra Vercelli e Cambridge conservati al Trinity College e per le fotografie degli stessi.
Guala miseratione divina tituli sancti Martini Presbiter Cardinalis Apostolice Sedis Legatus Universis Christi Fidelibus praesentes litteras visuris, et audituris Salutem in domino. Universitati vestrae notum facimus quod nos intuitu Dei concessimus Adae de Wisebech’ Capellano sue honestatis optuitu perpetuam Vicariam in Ecclesia S. Andreae de Cestretune Elyensis diocesis, quam quidem Ecclesiam Dominus Henricus tertius rex Anglorum illustris contulit Prioratui nostro quem in honore beati Andreae construximus Vercellis. Habebit autem dictus Adam nomine Vicarie totum Altaragium integre tamen garbis exceptis, et tertiam partem Mansi pertinentis ad Ecclesiam et duas acras terrae arabilis quarum una proxima est Hysuenewenelle et extenditur versus Becheweye, et alia est in Ferfurlongo ubi Ecclesia habet quinque Rodas. Habebit etiam novem solidos annuos de redditu Tenentium Ecclesiae quos recipiet in quatuor terminis anni per manum Custodis Ecclesiae. Vicarius quidem ipse cum Ministris sufficientibus et ydoneis personaliter ministrabit ibidem, et omnia onera debita et consueta quae ipsi Ecclesiae incumbunt substinebit. Hanc ergo Vicariam de consensu domini Roberti tunc Elyensis electi assignatam, Capellano memorato praesentium testimonio duximus confirmare. Dat’ Rading’ xv kal’ Decembr’ Pontificatus Domini Honorii Pp.III anno III. Ita in Membrana 55.inter Chartas Tabularii S.Andreae Vercellarum spectantes ad Ecclesiam Cestretunensem”. 148
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opo tale nomina sembra che la carica di Vicar di St.Andrew’s Chesterton sia rimasta a lungo vacante: il periodo forse coincise con la fase in cui la proprietà era amministrata dalla vicina Barnwell Priory. Probabilmente quest’ultima affidava la gestione di St.Andrew’s a uno o più dei suoi membri, senza ricorrere ad un apposito Vicar e realizzando un notevole risparmio sui costi di gestione.
148
Nel 1256, in coincidenza con la separazione tra St.Andrew’s e la Barnwell Priory, si tornò a nominare il Vicar di Chesterton, per il cui incarico fu scelto Stephen Rampton. Ancora oggi sulla lapide che nella chiesa di Chesterton elenca tutti i Vicars che nel corso della storia si sono susseguiti alla guida della chiesa locale, il nome di Stephen Rampton compare al primo posto (la data della nomina è 1973).
Frova, G. (alias Philadelpho Libico), op cit. p. 104 e Alcuni documenti su Chesterton, a cura di Mario Capellino (Vercelli, 1993). L’originale di questo documento è andato perduto, ma alla Biblioteca Reale di Torino se ne conserva una copia (ms.Pergamene XIII/88).
La relazione tra l’Abbazia di Sant’Andrea in Vercelli e St. Andrew’s Chesterton I
l legame di appartenenza tra l’abbazia vercellese intitolata a Sant’Andrea e St.Andrew’s Chesterton durò 227 anni, dal 1217 al 1444. Come abbiamo visto, per i canonici vercellesi la chiesa inglese fu sempre causa di preoccupazioni e di difficoltà. Non stupisce, dunque, che fin dal XIII secolo Vercelli cercasse di liberarsi della proprietà. Nel 1298 il sovrano Edward I concesse ai canonici di Sant’Andrea il permesso
di trattare la cessione di Chesterton alla Badessa e alle suore del monastero di Waterbeach. Le trattative si protrassero per un certo periodo, ma poi si interruppero senza risultati apprezzabili.
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el 1347 l’abbazia vercellese tentò nuovamente di vendere Chesterton, questa volta attraverso contatti con la Contessa di Pembroke149. La donna era intenzionata ad
149
Nel 1347 Edward III autorizzò la cugina Mary of the Pol, Countess of Pembroke, a fondare una “casa per studiosi” nella città di Cambridge. Il luogo doveva diventare il Pembroke College di Cambridge, da cui la nobildonna è ricordata come la fondatrice. Il documento con cui il sovrano concedeva l’autorizzazione a fondare il college è conservato negli archivi dell’istituto. Mary discendeva da quel Pembroke che abbiamo citato più volte come William Marshal, o Guglielmo il Maresciallo, già figura chiave del regno inglese all’epoca della missione di Guala Bicchieri. L’autrice desidera segnalare che l’attuale Dean and Chaplain of Pembroke College Cambridge è il Rev.nd Dr. James Gardom, fino al 2006 Vicar di St.Andrew’s Chesterton. Dr. Gardom nel 2005 è stato fautore, con la stessa autrice, della rinascita dei legami tra la chiesa di Chesterton e la basilica vercellese.
The Chesterton Gressum Book. Courtesy Master and Fellows of Trinity College Cambridge.
assegnare la proprietà alle monache della Denny Abbey, che erano sotto la sua protezione, così come quelle di Waterbeach. Anche il tentativo del 1347 tuttavia fallì e Sant’Andrea conservò il titolo di “Lord of the Rectory Manor” di Chesterton.
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el 1391 un mandato papale stabiliva che a causa della distanza tra l’Inghilterra e l’Italia la chiesa e i beni di St.Andrew’s sarebbero dovuti tornare in mani inglesi. La volontà del Pontefice ebbe un ulteriore sviluppo di lì a poco, quando fu redatto un documento che indicava il St. Mary College di Oxford, oggi New College, come il nuovo possibile custode di Chesterton. Ad un certo punto, però, le trattative si interruppero ancora una volta e la situazione rimase immutata. Negli anni che seguirono le difficoltà andarono aumentando al punto che si dovette abbandonare il sistema del demesne farming con cui la Rectory Manor era amministrata sin dal 1256. La proprietà venne infatti concessa in affitto al londinese Thomas de Wonderford.
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orti delle lettere ufficiali con cui la Corona aveva ripetutamente concesso la sua protezione a Sant’Andrea (1254, 1348 e 1405), riconoscendone lo status di Lord of the Rectory Manor, i canonici vercellesi si ritenevano al riparo dai pericoli che incombevano su tutte le proprietà gestite da stranieri. Nel breve volgere di qualche anno, tuttavia, un nuovo ed imprevisto evento si verificò sulla scena politica internazionale, influenzando le relazioni tra Vercelli e Chesterton: nel 1438 papa Eugenio IV fu deposto e sostituito da Amedeo VIII di Savoia, con il sostegno di molti nomi illustri, tra cui il vescovo di Vercelli. La Chiesa inglese approfittò dell’occasione per sottrarre Chesterton all’abbazia vercellese ed offrire la proprietà al King’s Hall di Cambrid150 151 ge . Nel 1440 il sovrano Henry VI assegnò formalmente Chesterton al King’s Hall e la decisione fu ribadita quattro anni dopo da un documento (firmato da John Salle, John Welles e William Spalding) emanato da una commissione appositamente nominata. Era il 1444. La storia dell’unione tra Vercelli e Chesterton era durata oltre due secoli.
Trinity College Cambridge. Henry VIII.
150
Già nel 1412 il King’s Hall di Cambridge si era rivolto alla magistratura per dimostrare che Vercelli non aveva più alcun diritto di amministrare Chesterton. Sant’Andrea aveva risposto con le stesse armi. Gli archivi del Trinity College conservano i documenti relativi alla disputa e ci rivelano molti particolari interessanti, dei quali ci si promette di dar conto in un’altra occasione. 151 Henry VI (1422/1471) figlio di Henry V e Caterina di Valois. Sovrano della dinastia Lancaster. Salì al trono a soli nove mesi. e regnò attraverso un reggente fino al 1437. Coinvolto nella Guerra dei Cent’anni (fu durante il suo regno che l’Inghilterra combattè la terza ed ultima fase del conflitto, nella quale perse tutti i suoi possedimenti francesi, tranne Calais, e nella quale comprò Giovanna d’Arco dai Borgognoni. Come è noto, la giovane fu condannata al rogo nel 1431) e nella Guerra delle Due Rose, il re diede segni di squilibrio e fu imprigionato dai nemici nella Torre di Londra, ove fu ucciso il 21 maggio 1471. Poiché egli fondò l’Eton College di Eton e il King’s College di Cambridge, ogni anno in occasione dell’anniversario della sua morte, i vertici dei due colleges depongono gigli e rose nel punto in cui il sovrano spirò. Le vicende terrene della vita di Henry VI sono state ripercorse da Shakespeare.
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on si può pensare che i Vercellesi si arrendessero tanto facilmente. In effetti già nel 1380 l’abbazia vercellese si era rivolta a papa Sisto IV per tornare in possesso della Rectory Manor. Il Pontefice aveva appoggiato la richiesta, ma neppure il suo intervento aveva potuto risolvere la disputa a favore di Vercelli. L’abbazia tornò alla carica nel 1557, grazie all’intervento di Emanuele Filiberto di Savoia, che inviò presso la regina Mary Tudor due emissari incaricati di perorare la causa vercellese. Mary era cattolicissima e legata a Casa Savoia da vincoli di amicizia e parentela. Certamente avrebbe accolto con benevolenza la richiesta dei due Italiani e restituito Chesterton all’Abbazia di Sant’Andrea, ma non ne ebbe il tempo, poiché morì alcuni mesi più tardi, nel 1558. Proprio quando la soluzione era sembrata a portata di
Trinity College Cambridge.
mano la sorte aveva deciso diversamente. La nuova sovrana, Elizabeth I, non proseguì l’opera della sorella e Vercelli dovette rinunciare per sempre alle sue pretese. Da allora St.Andrew’s Chesterton è rimasta in mani inglesi. Il King’s Hall ne conservò il possesso per un secolo.
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el 1546 il College fu soppresso da Henry VIII che, sentendo avvicinarsi la fine, decise di fondare un college dedicato alla Santissima Trinità fondendo diversi istituti, tra cui lo stesso King’s Hall. Il nuovo ateneo fondato dal re si chiamò Trinity College. Ancora oggi esso è il patron di St.Andrew’s Chesterton e l’attento custode dei preziosi manoscritti nei quali si raccontano le vicende dei canonici vercellesi inviati a Chesterton come procuratores e il loro compito nella Rectory Manor.
Cambridge. St.Andrew’s Chesterton.
Trinity College Cambridge, the Chesterton Gressum Book. Il volume contiene i dati relativi all’amministrazione della proprietà della Chesterton Rectory Manor nel periodo compreso tra il 1256 e il 1444. Nella prima riga in alto si legge chiaramente il riferimento all’abbazia di Vercelli come custode della chiesa di Chesterton. Courtesy Master and Fellows of Trinity College Cambridge.
Da St.Andrew’s Chesterton a Sant’Andrea in Vercelli C
ome abbiamo visto, tornando dall’Inghilterra il cardinale si fermò nella natia Vercelli, ove volle assistere personalmente alla fondazione del complesso abbaziale di Sant’Andrea, da lui concepito e fortemente voluto come dono al luogo che egli tanto amava. Costruzione elaborata e raffinatissima, oggi orgoglio e simbolo della bella città piemontese, Sant’Andrea richiese un enorme impegno economico, che il cardinale potè sostenere grazie ai risparmi accumulati nella sua brillante carriera e anche grazie alle rendite provenienti da St.Andrew’s Chesterton. La basilica vercellese e la chiesa inglese sono intitolate allo stesso santo, ma il particolare non deve trarci in inganno: si tratta solo di una coincidenza e non già di un omaggio del cardinale Guala alla chiesa avuta in dono dal re d’Inghilterra. In realtà poco fuori dalla cinta muraria di Vercelli sin dal XII secolo esisteva già una piccola cappella intitolata a Sant’Andrea. Nel 1169 essa era diventata parrocchia e nel 1215 il vescovo di Vercelli l’aveva 152
donata proprio a Guala Bicchieri152. Quanto agli ecclesiastici che animarono e amministrarono il complesso abbaziale vercellese nel corso dei secoli, dobbiamo registrare una storia piuttosto complessa e travagliata. Nel 1219 Guala portò con sé i canonici sanvittorini di Parigi e scelse come primo abate Tommaso Gallo. Nella prima cappella del transetto destro è ospitato il suo monumento funebre, che ricorda ai visitatori i livelli di eccellenza raggiunti dalla vita culturale e spirituale della Vercelli di quel tempo. I sanvittorini rimasero in possesso del luogo per oltre due secoli, fino al 1466, quando furono sostituiti dai canonici lateranensi. Con loro l’abbazia divenne, se possibile, persino più importante e prestigiosa, al punto che l’abate locale era in genere destinato a diventare generale dell’ordine lateranense. Nel 1798 papa Pio VI soppresse l’abbazia, così i canonici lateranensi dovettero abbandonarla. Ad essi fecero seguito i cistercensi, ma solo per pochi anni, in quanto nel 1802 il governo francese (che allora domi-
Il presente lavoro non pretende certo di fornire un resoconto completo della storia della basilica. Per approfondimenti : Bo, G. L’Abbazia di Sant’Andrea(Vercelli, 1980); Faccio,G.C., Chicco,G.,Vola,F. Vecchia Vercelli (Vercelli, 1980);Bo,G., Guilla,M. Vercelli. Invito a scoprire la città in 9 itinerari (Vercelli,1994); Ordano, R. La Basilica (Vercelli, 1981); Ordano, R. Sommario della storia di Vercelli (Vercelli, 1955); Ordano,R. Storia di Vercelli (Vercelli,1982); Pastè, R., Arborio Mella, F. L’Abbazia di S.Andrea in Vercelli (Vercelli, 1907); Verzone, P. L’abbazia di S.Andrea (Vercelli, 1939).
Cambridge. St.Andrew’s Chesterton.
nava la città) soppresse tutti gli ordini religiosi e mortificò i nobili scopi per i quali l’abbazia era stata eretta. Il luogo infatti divenne tra l’altro magazzino, ospedale militare e persino carcere femminile, ossia teatro di attività ben più prosaiche e modeste di quelle per le quali esso era stato originariamente fondato.
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el 1823 la basilica fu nuovamente consacrata ed assegnata ad una comunità, quella degli oblati di San Carlo, che però fu cacciata nel 1866, a seguito dell’ennesima soppressione delle congregazioni religiose. In quell’anno Sant’Andrea diventò proprietà del Comune di Vercelli, che la possiede e la custodisce anche ai giorni nostri.
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roprio per decisione dell’amministrazione comunale nel 1930 i canonici lateranensi furono richiamati a vivere ed officiare nel bel complesso abbaziale. Per tutto il XX secolo essi hanno pregato e operato sotto le antiche volte della basilica e nella pace mistica del chiostro. Solo recentemente essi hanno lasciato le loro antiche celle, questa volta non per ingerenze politiche o per atti di sopraffazione, ma semplicemente per ragioni di età. Il 2 settembre 2006 anche l’ultimo abate è volato in cielo. Si chiamava Mario Del Negro e aveva donato all’abbazia il meglio dei suoi anni e delle sue energie. Ora è certamente lassù, a vegliare sulla “sua casa”, accanto al fondatore e alla lunga schiera di canonici che nel corso dei secoli hanno scritto la storia dell’abbazia.
Fine e bilancio della missione L
a missione inglese di Guala Bicchieri si concluse nell’autunno 1218, probabilmente su richiesta dello stesso cardinale, come si può dedurre da lettere papali del 12 settembre dello stesso anno. Vincent sostiene che Guala rimase in ottimi rapporti con la Santa Sede e con il collegio dei cardinali anche dopo la conclusione della sua missione inglese e respinge la tesi di Tillmann153 secondo la quale Guala sarebbe stato richiamato a Roma dopo aver essere caduto in disgrazia presso la Santa Sede, o comunque dopo
153
aver perso la fiducia inizialmente concessagli da Onorio III. Sembra lecito affermare che Guala lasciò l’incarico mentre si trovava a Reading nel mese di novembre del 1218 e che subito dopo affrontò la traversata della Manica e il ritorno a Roma. La data esatta della sua partenza dalle coste inglesi è ancora oggetto di discussione tra gli storici: Roger of Wendover154 la collocava il 30 novembre 1218, ma altre fonti ipotizzano il 23155 dello stesso mese. Carpenter156 e Richardson157 sostengono che Guala partì dalle
Vincent,N.op.cit.p.68; Tillmann,H. Die päpstlichen Legaten in England bis zur Beendigung der Legation Gualas 1218 (Bonn,1926) pp.116-117. 154 Matthaei Parisiensis, Monachi Sancti Albani, Chronica Maiora, ed. H.L. Luard, 7 vols.,Rolls Series (London,1872-83). 155 Si veda Vincent,N. op.cit. p.xlii nota; Annales Monastici, op.cit., i 63, ii 291, iv 410. 156 Carpenter,D. op.cit. p.95. 157 Letters of the Legate Guala H. G. Richardson, in The English Historical Review, Vol. 48, No. 190 (Apr., 1933), pp. 250-259.
St.Andrew’s Chesterton. L’ingresso.
coste inglesi addirittura nel mese di dicembre. Se non è possibile stabilire con certezza la data della partenza dall’Inghilterra, è tuttavia sicuro che tornando a Roma Guala si fermò a Vercelli dove attese alla fondazione dell’Abbazia158 di Sant’Andrea, da lui voluta come omaggio alla sua città natale.
esaltante: aveva sventato il pericolo francese, restituito energia e prestigio alla Corona inglese e contribuito all’affermazione dei principi democratici della Magna Carta.
E’
l viaggio di ritorno dovette essere caratterizzato da un grande sfarzo e dispiego di mezzi, se si pensa che la corona inglese stanziò un’ingente somma in denaro e mise a disposizione due navi per garantire al cardinale un ritorno degno del suo prestigio.
certamente per questi meriti, ma anche per i consigli, l’aiuto e la protezione che Henry III ricevette dal legato che, rievocando la figura di Guala, il giovane sovrano ebbe a riconoscere che il cardinale aveva “…restituito all’Inghilterra la pace e l’ordine, aiutato la monarchia inglese a salvarsi dalla sopraffazione, (…) rispettato le ultime volontà di King John e (…)assicurato la continuità della dinastia plantageneta”.159
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on la posa delle prime due pietre della basilica vercellese si concluse la parentesi britannica del cardinale. La missione si era rivelata eminentemente politica, piuttosto che religiosa. E proprio dal punto di vista politico si era conclusa con un successo davvero
on deve sembrare eccessivo, dunque, che in una poesia che ricorda la battaglia di Lincoln del 1217 Guala sia elogiato come “il famoso legato, depositario di consigli benedetti, specchio delle ragione, Guala l’amico di Dio, incoronato con l’elmo del governo” 160.
158
Sappiamo che la chiesa fu fondata il 19 febbraio 1219, come risulta dal verbale che registrava la posa delle prime pietre: “anno Dominice Incarnationis MCCXIX, Indict. VII. Decimo die ante Kalendas Martii…duos lapides primarios in fondamento illius Ecclesie posuerunt…”. 159 Curia Regis Rolls of the Reigns of Richard I, John and Henry III preserved in the Public Record Office 17 vols. (London, 1922-92); “Epistolae Grosseteste”, 338-9 n.117. 160 The Political Songs of England from the Reign of King John to that of King Edward II, Camden Society, ed. T.Wright, vi (1839) p.23.
Vercelli. Basilica di S.Andrea. Il bestiario medievale. Ely Cathedral. The Lantern.
Cambridge: St.Andrew’s Chesterton. La chiesa e il churchyard.
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apitolo
V
Cronologia essenziale degli eventi relativi alla missione inglese e degli spostamenti di Guala Bicchieri in Inghilterra 161
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el corso dei suoi trenta mesi in Inghilterra Guala fu in continuo movimento da un capo all’altro del Paese: visitò cattedrali, monasteri, parrocchie e se pensiamo a quant’era difficile e faticoso spostarsi nell’età medievale dobbiamo concludere che il cardinale aveva veramente la stoffa del viaggiatore. Nel 1216, ad esempio, si mosse continuamente tra Gloucester, Worcester e Bristol, tenendosi prudentemente alla larga da Londra e dall’Inghilterra sud orientale, ove erano attestati i Francesi e i loro sostenitori. Sappiamo che nel mese di dicembre del 1216 il cardinale si trovava a Gloucester e che probabilmente trascorse il Natale a corte, accanto al piccolo re che aveva appena perso il padre. E’ lecito supporre che il legato volesse far compagnia al giovane
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Henry in un momento in cui il ragazzo doveva sentirsi particolarmente solo e bisognoso di sostegno, ma certamente la sua presenza doveva costituire un monito e un baluardo difensivo: nessuno avrebbe infatti osato attentare all’incolumità del sovrano in presenza del legato papale. Nel 1217 Guala visitò più volte Oxford, Kingston upon Thames, Gloucester, Londra. Nello stesso anno si recò anche a Dorking, Chichester, Newark, Chertsey e Worcester. Nel mese di maggio visitò la contea di Nottingham, che all’epoca di King John era stata teatro delle vicende dello sceriffo locale e della banda di Robin Hood. Tra agosto e settembre fu ospite a Windsor, presso il meraviglioso castello voluto da William the Conqueror al tempo della conquista normanna
La cronologia è stata ricostruita con l’aiuto del prezioso volume di Nicholas Vincent, op.cit.
e ristrutturato da Henry II nel 1170. Nel 1217 Guala si recò certamente anche a Merton, Londra, Dover e probabilmente visitò in tranquillità il sud del Paese, dopo che i Francesi si erano ritirati e le contee meridionali erano tornate ad essere luoghi sicuri. Non abbiamo notizie precise su come trascorse il Natale del 1217, ma in quel periodo doveva trovarsi a Northampton162. Nel 1218 fu continuamente in viaggio e visitò località anche molto lontane tra loro come Canterbury, York, Bury St.Edmunds, Oxford, Lewes, Wargrave e Londra. Non deve sorprendere il fatto che il legato abbia soggiornato poco nella capitale inglese. Come si è visto nel secondo capitolo, nel Medio Evo i sovrani erano itineranti e non consideravano Londra la sede principale della Corona. Ma c’è di più: durante la legazione di Guala la capitale inglese era controllata dai nemici di Henry III e il cardinale se ne tenne prudentemente alla larga fino alla fine del conflitto anglo-francese. Guala, inoltre, aveva bisogno di viaggiare per occuparsi personalmen-
Ely. Graziosa abitazione medioevale.
162
Vincent,N. op.cit. p.157.
te delle infinite questioni legali e politiche che sorgevano ogni giorno nei villaggi, nelle parrocchie e nei monasteri di tutto il Paese.
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a rete degli spostamenti del cardinale viene oggi ricostruita attraverso le date e i nomi delle località che compaiono sulle lettere e sui documenti relativi all’epoca della missione. Non disponendo di registri ufficiali dobbiamo limitarci ai pochi testi che sopravvivono, in edizione originale o in copia. In generale possiamo schematizzare come segue la rete degli spostamenti di Guala:
Roma
1216 Partenza per l’Inghilterra. L’itinerario non è noto, così come non sono certi la data della partenza e l’itinerario percorso dal legato. Conosciamo solo alcune delle tappe.
Francia: Melun / Parigi
24 - 25 APRILE 1216 E’ la tappa fondamentale del viaggio del cardinale. Coincide con un importante incontro diplomatico con la corte francese, ove Guala fu ricevuto da re Filippo II Augusto e dal principe Luigi VIII.
Neuss
TRA LA FINE DI APRILE E I PRIMI DI MAGGIO DEL 1216 Da qui inviò una lettera che ci permette oggi di risalire a questa tappa del viaggio. La lettera rivela infatti che nel dirigersi a Calais Guala effettuò una lunga deviazione, quasi sicuramente per paura delle truppe francesi. In assenza di tale lettera non avremmo saputo spiegarci perché Guala avesse impiegato tanto tempo a raggiungere l’Inghilterra dopo la tappa presso la corte francese.
FEBBRAIO
Canterbury
20 MAGGIO 1216 Verosimilmente, a Canterbury i monaci del Christ Church lo ospitarono per la cena, ma Guala non trascorse la notte a Canterbury, per timore di essere assalito dai Francesi o da qualche traditore inglese. Sin dall’inizio della sua permanenza in Inghilterra, dunque, il legato si sentiva fisicamente minacciato dal pericolo francese e per questo evitava accuratamente di viaggiare nelle zone controllate dai soldati di Luigi VIII.
Winchester
TRA IL 28 E IL 30 MAGGIO 1216 A Winchester si era rifugiato il re per sfuggire alla cattura da parte delle truppe di Luigi VIII, che dal 21 di maggio stavano estendendo il loro controllo sull’Inghilterra sud-orientale. Qui il legato convocò un consiglio di ecclesiastici, nel corso del quale scomunicò Luigi VIII.
Bristol
INTORNO AL 20 LUGLIO 1216
Gloucester
INTORNO AL 21 LUGLIO 1216
Galles
AGOSTO 1216 Pare che il legato abbia compiuto un tour del Paese nell’estate del 1216 e che proprio a tale visita risalgano i primi conflitti con il clero locale, soprattutto i cistercensi.
Worcester
1216 Presso la cattedrale di Worcester è ancora vivo il ricordo del cardinale.
SETTEMBRE
Gloucester
17 OTTOBRE 1216
Worcester
19 OTTOBRE 1216 Mentre Guala Bicchieri si trovava a Worcester King John arrivò, già in fin di vita, al castello di Newark, dove fu assistito da un monaco e morì il 18 ottobre.
Gloucester
FINE OTTOBRE 1216 Questo nuovo spostamento coincide con la cerimonia di incoronazione di Henry III nella cattedrale di Gloucester (28 ottobre 1216) e con il vertice della corte riunitosi intorno al legato per procedere alla riorganizzazione del regno. Fu durante questo vertice, o forse in un momento privato tra le varie assemblee, che il legato persuase Marshal ad accettare il ruolo di reggente che King John aveva scelto per lui prima di morire. 11 E 12 NOVEMBRE 1216 L’11 novembre 1216 Guala Bicchieri emanò una sentenza di interdetto contro l’intero Galles, per punire la sua ribellione contro King John.
Bristol (The Bristol Council)
Questo viaggio coincide con la prima riconferma della Magna Carta, che venne effettuata su consiglio del cardinale e ratificata con i sigilli di Guala Bicchieri e William Marshal. La Magna Carta teoricamente era stata annullata da Papa Innocenzo III nel mese di agosto 1216, sotto l’influenza di King John. Il Papa aveva ritenuto possibile annullare il documento appellandosi al fatto che esso era stato estorto al re con la forza dai rebel barons.
Gloucester
NATALE DEL 1216
gennaio 1217
Sappiamo che nel mese di gennaio 1217 Onorio III affidò ampi poteri a Guala Bicchieri, autorizzandolo a scomunicare tutti i nemici del re e porre le loro proprietà sotto interdetto.
Gloucester
23 GENNAIO 1217 PRIMI DI FEBBRAIO 1217
Dorking
28 FEBBRAIO 1217
Chichester
APRILE
Castello di Newark
17 E 19 MAGGIO 1217 Sono i giorni che precedettero la Battaglia di Lincoln (20 maggio), scontro decisivo tra i Francesi (appoggiati dai ribelli inglesi) e l’esercito di Henry III, guidato da William Marshal. E’ qui che Guala pronunciò il suo discorso infuocato accendendo gli animi dei soldati ed equiparandoli a crociati in lotta contro gli infedeli.
Nottingham
20-21 MAGGIO 1217 E’ qui che William Marshal si precipitò dopo la vittoria di Lincoln, per annunciare a Guala la notizia del trionfo.
Chertsey
12 GIUGNO 1217
Oxford Windsor Kingston upon Thames Worcester Canterbury Merton Dover
ESTATE 1217 È l’estate dello scontro decisivo di Sandwich, in cui la flotta inglese sconfisse definitivamente quella francese, ponendo fine alla guerra ed assegnando la vittoria ai Plantageneti. Dopo Sandwich iniziarono i negoziati di pace, che si svolsero a più riprese e in diverse località, ma sempre secondo la volontà del legato, che fu inflessibile nel dettare le condizioni del trattato.
Londra
22, 27, 28 E 29 OTTOBRE 1217 6 E 7 NOVEMBRE 1217 E’ il momento del grande consiglio di Westminster, in cui con tutta probabilità venne emanata la seconda riedizione della Magna Carta. Contestualmente fu concessa anche la Charter of the Forest. Entrambe le leggi recavano il sigillo del legato e di William Marshal.
Wymondham
6 DICEMBRE 1217
Feltwell
9 DICEMBRE 1217
Northampton
1217 La settimana precedente il Natale Guala incontrò il re di Scozia, Alexander, che nel frattempo era stato assolto dalla scomunica.
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DICEMBRE
Canterbury
7 GENNAIO 1218
Abingdon
19 GENNAIO 1218
Gloucester
GENNAIO E MARZO
Worcester
PRIMA METÀ DI MARZO 1218 E’ il periodo in cui avvenne l’incontro con Llywelyn del Galles, che aveva accettato l’invito di Guala a comparire davanti ai rappresentanti del governo inglese per negoziare la pace. Nello stesso periodo Guala si occupò della vicenda di Robert de Gaugi e del castello di Newark. Il 27 luglio 1218 Gaugi si arrese al re e il castello fu restituito al vescovo di Lincoln con il beneplacito di Guala.
Malvern
17 MARZO 1218
York
PRIMAVERA 1218 (APRILE / MAGGIO) In questa occasione probabilmente Guala incontrò ed assolse dalla scomunica gli abati di Coupar, Melrose, Newbattle, Culross e Kinloss.
Howden
3 GIUGNO 1218
Faxfleet
4 GIUGNO 1218
Bury St. Edmunds
20 GIUGNO 1218
Oxford
12 AGOSTO 1218
Chichester
2 SETTEMBRE 1218
Lewes
16 SETTEMBRE 1218
Londra
8 OTTOBRE 1218
Westminster
11 E 20 OTTOBRE 1218
Wargrave
24 OTTOBRE 1218
1218
Cambridge. St.Andrew’s Chesterton. Particolare di un antico banco della chiesa.
Reading
5, 17 E 18 NOVEMBRE 1218 Il 5 novembre Guala scrisse un documento in cui si riferiva alla cerimonia di incoronazione di Henry III, avvenuta presso la cattedrale di Gloucester. In tale documento il cardinale sottolineava che Westminster non doveva considerare violati i suoi diritti per effetto della scelta di Gloucester quale sede della cerimonia. Il 17 novembre 1218 Guala scrisse ufficialmente la conferma dell’assegnazione perpetua del Vicarage di Chesterton a Adam of Wisbech. Secondo Frova l’originale di questa lettera si trovava a Vercelli presso gli archivi di S.Andrea, ma non è stato possibile rintracciarlo163. Nello stesso periodo Guala probabilmente lasciò il suo incarico di legato pontificio in Inghilterra.
Ritorno in Italia
FINE NOVEMBRE O DICEMBRE 1218
Cambridge. St.Andrew’s Chesterton. Targhe commemorative che testimoniano l’amore della parrocchia per i concerti di campane. To Lorna Dazeley, with gratitude.
163
Ne esiste una copia alla Biblioteca Reale di Torino (Pergamene XIII, 88).
Vercelli. Basilica S.Andrea.
D
ocumenti e immagini
G
razie all’insostituibile collaborazione del Chapter of Durham Cathedral e del Trinity College di Cambridge (Master and Fellows of Trinity College Cambridge, the Archivist and the Library) è possibile inserire nel presente lavoro le fotografie di alcuni dei manoscritti risalenti all’epoca di Guala Bicchieri e del tempo in cui Vercelli amministrava St.Andrew’s Chesterton. Alcuni di questi manoscritti sono il frutto dell’attività del legato: • la Magna Carta del 1216, di cui pubblichiamo qui il testo conservato a Durham • la Forest Charter del 1217, conservata a Durham • la lettera di Guala Bicchieri indirizzata a William de Roing.
Chesterton, l’edificio oggi noto come Chesterton Tower. Era la residenza dei canonici che amministravano St.Andrew’s per conto dell’abbazia vercellese di Sant’Andrea.
A
ltri documenti sono successivi alla missione di Guala in Inghilterra. Appartengono al Trinity College di Cambridge, che li conserva da secoli in quanto patron di St.Andrew’s Chesterton, e riguardano i rapporti tra l’abbazia vercellese di Sant’Andrea e la chiesa di Chesterton. Data la vastità della materia e la ricchezza di materiale ancora disponibile negli archivi inglesi non si pretende qui di fornire un resoconto esaustivo dell’argomento, bensì solo un primo esempio, sperando di tornare sulle vicende in una prossima occasione.
Trinity College Archive Box 22/17 Proceedings in the case of the Master or Warden and fellows, scholars or students of Kings Hall, Cambridge, v. William Bishop of Vercelli and administrator of St.Andrew’s Vercelli and its convent. Courtesy the Master and Fellows of Trinity College Cambridge
Trinity College Archives Box 22/6 An exempliďŹ cation of John Judde of various early charters relating to the gift of Chesterton Rectory to Vercelli, 23rd Mar 1404. Courtesy the Master and Fellows of Trinity College Cambridge
Trinity College Archives Box 22/15. Letters patent granting the rectory of Chesterton to The King’s Hall, 2nd May 1440. In questo documento è registrata la concessione della Chesterton Rectory al King’s Hall, nel 1440. Si ringrazia Jonathan Smith per la collaborazione. Courtesy the Master and Fellows of Trinity College Cambridge
Trinity College Archives Box 22/10 An arrangement between Brother Conrad de Minelis and Thomas Wandesford of London, Merchant, to deliver books and archives to Vercelli, 16th Oct 1425. Nella foto (prima riga in alto) si legge chiaramente il nome della basilica vercellese. Si ringraziano Jonathan Smith per la collaborazione e Daniela Saglio per la fotograďŹ a, scattata in occasione del primo viaggio a Chesterton e Cambridge della associazione culturale vercellese che si occupa dello studio della ďŹ gura di Guala Bicchieri e della legazione inglese del cardinale. Courtesy the Master and Fellows of Trinity College Cambridge
Ritratto di Guala Bicchieri conservato a Chesterton. Courtesy Rev.nd Nicholas Moir, Vicar of St.Andrew’s Chesterton
Lettera di Guala Bicchieri a William the Roing. The Chapter of Durham Cathedral.
Courtesy Chapter of Durham Cathedral
Gwal’ miseratione divina tituli sancti Martini presbiter cardinalis apostolice sedis legatus dilecto filio Willelmo de Roing’ salutem in domino. Attendentes fidem et devotionem quam in negotiis regi set regni Anglie iam dudum et maxime tempore turbationis nuper preterite habuisti, tecum auctoritate sedis apostolice cuius legatione fungimur dispensamus ut ecclesiam de Bedlinton’ quam tibi venerabilis pater Ricardus Dunelm’ episcopus ad presentationem prioris et conventus Dunelm’ contulit, cum aliis beneficiis ecclesiasticis que prius habebas, retinere possis et in eis per alios deservire. In cuius rei testimonium presentem paginam scribi fecimus et nostri sigilli munimine roborari. Dat’ apud Hoveden’ tercio non’ lun’.
I
l documento che vediamo qui a sinistra è una delle pochissime lettere originali di Guala Bicchieri. Fu redatta dalla cancelleria del cardinale il 3 giugno 1218 a Howden, secondo un modello che molto probabilmente gli scrivani del legato seguivano in tutti i casi analoghi. Il destinatario è “Willelmo de Roing’”, ossia William de Roing o William de Roinges, un royal clerk forse originario della contea dell’Essex particolarmente fedele e devoto alla Corona inglese durante gli ultimi anni del regno di King John. Per la sua devozione alla causa del sovrano e la sua presenza al fianco dello stesso in momenti importanti della sua carriera politica William de Roing aveva ricevuto dal re diverse chiese. Ciò nonostante nel 1218 egli ottenne anche la chiesa di Bedlington, in Northumberland, e pertanto Guala Bicchieri gli indirizzò questa lettera per autorizzarlo a detenere più di un beneficio. In tal modo William veniva di fatto autorizzato a rimanere un pluralist, ossia, per l’appunto, a possedere non uno, ma diversi benefici ecclesiastici.
164
Vincent,N. op.cit. p.97.
L
a lettera è conservata a Durham (Archives and Special Collections, Durham Cathedral Muniments 1.3.Spec.9 ). Come si può vedere, il sigillo (la cui forma è detta “a mandorla”) è stato impresso su cera naturale colorata ed applicato a un funicolo membranaceo (striscia di pergamena) “sur double queue”.
S
i ringraziano the Chapter of Durham Cathedral nonché il professor Nicholas Vincent, che ha pubblicato la lettera nel suo trattato su Guala Bicchieri più volte citato nel corso di questo lavoro164. L’autrice deve al professor Vincent la scoperta di questa preziosa lettera, il cui perfetto stato di conservazione ci conforta e ci autorizza a sperare che in futuro sia possibile reperire altre lettere del cardinale, magari nello stesso perfetto stato di conservazione.
L
a nitidezza della grafia, la chiarezza del testo e la facilità con cui è ancora possibile leggere la lettera e comprenderne il senso e lo scopo, inoltre, ci proiettano nel lontano mondo del cardinale.
Magna Carta del 1216 Durham, University Library Archives & Special Collections Durham Cathedral Muniments Ref: DCD 1.2. Reg. 3 Come si può vedere dalla fotografia, per la quale si ringraziano the Chapter of Durham Cathedral, il documento è in condizioni quasi perfette. In alto a sinistra si nota che la lettera H iniziale di Henricus è decorata. I sigilli di cera non sono più presenti, mentre rimangono le due strisce di pergamena alle quali i sigilli erano applicati.
Courtesy Chapter of Durham Cathedral
Durham 1217 Forest Charter. Durham, Archives and Special Collections, Durham Cathedral Muniments Ref: DCD 1.2. Reg.4 Del documento esistono solo due esemplari: uno è quello fotografato, conservato a Durham. L’altro è a Lincoln. Dal 1217 in poi, ogni volta che veniva riconcessa la Magna Carta parallelamente veniva riconfermata anche la Forest Charter. Per questa ragione i due documenti sono noti come “the Charters” o “the Charters of the liberties”. Lo studio della Magna Carta non può dunque prescindere dalla conoscenza della Forest Charter.165
Courtesy Chapter of Durham Cathedral
165
Vincent,N. The Magna Carta, (New York, 2007) p.74.
Courtesy Museo Leone - Vercelli Cofanetto di Guala Bicchieri. Vercelli. Museo Leone. L’oggetto ha un valore inestimabile. E’ un gioiello di artigianato limosino e si presenta perfettamente conservato.
C
ome in molti racconti medievali, anche nella storia di Guala Bicchieri compaiono misteriosi forzieri, che alla morte del cardinale furono trovati nel suo palazzo romano. Si trattava di tre cofani grandi (scrinei) e due cofani piccoli (cophini), autentici capolavori di oreficeria gotica. Erano caratterizzati da fermagli in rame sbalzato, inciso e dorato, decorazioni elaborate, ma soprattutto da medaglioni in smalto champlevé realizzati nelle botteghe artigiane di Limoges, in Francia.
I
l cardinale aveva certamente avuto modo di conoscere personalmente l’arte limosina durante i suoi soggiorni francesi. Sappiamo che egli era particolarmente vicino all’abbazia parigina di Saint Victor, ove si conservavano meravigliosi esemplari di oreficeria limosina. Non è escluso però che il cardinale abbia scoperto le botteghe di Limoges grazie ad Innocenzo III, che fu folgorato da tale artigianato durante una visita all’abbazia di Grandmont nel 1198. Da allora il Pontefice rimase un fedele
ammiratore dei preziosi manufatti provenienti da quella regione: agli inizi del 1200 chiamò a Roma una équipe di artigiani limosini cui affidò l’incarico di decorare il frontale della Confessione di San Pietro; nel 1215, inoltre, nell’ambito del Concilio Laterano IV, raccomandò che per il sacramento dell’Eucarestia in tutte le chiese si usassero oggetti sacri confezionati dagli artigiani di Limoges.
D
i tutti i forzieri del cardinale solo due sono giunti sino a noi. Uno di essi è un cofanetto conservato al Museo Leone di Vercelli: Guala lo donò all’abbazia di Sant’Andrea nel 1224, cioè tre anni prima della morte. E’ un oggetto di rara bellezza, perfettamente conservato, probabilmente confezionato intorno al 1220 e già ammirato dagli studiosi francesi del Museo del Louvre. L’altro cofano ancora esistente è conservato al Museo Civico di Torino: è uno dei tre “scrinei”, cioè forzieri di dimensioni più grandi rispetto al cofanetto del Museo Leone, e possiede una storia davvero affascinante, che si intreccia con la morte del cardinale.
N
el 1227, quando Guala esalò l’ultimo respiro, le sue spoglie mortali furono seppellite a Roma in San Giovanni in Laterano, ma successivamente furono traslate nella città natale del legato, ove furono deposte nella basilica donata da Guala alla sua Vercelli. Si sa che il feretro fu deposto in un’arca di marmo presso l’altare maggiore. Nel 1611 l’arca fu aperta e rivelò la presenza di un cofano limosino (proprio
quello attualmente conservato a Torino) al cui interno era conservato uno scheletro che secondo i canonici dell’abbazia era quello di Guala Bicchieri. L’abate Pietro Francesco Malletto decise di ricollocare il cofano nell’arca e di inserire nel cofano stesso una pergamena al fine di testimoniare ai posteri che l’antico forziere era in realtà la cassa contenente le ossa del fondatore dell’abbazia. Molti anni più tardi, forse all’epoca delle guerre napoleoniche, i canonici estrassero il cofano dall’arca e lo murarono nella parete sinistra del presbiterio, probabilmente per proteggerlo da possibili atti vandalici.
N
el 1823, nel corso di restauri della basilica, l’architetto Arborio Mella si imbattè per caso nel cofano e vi scoprì la presenza delle ossa del cardinale. La cassa era in pessime condizioni e fu necessario sostituire la struttura lignea, ma i medaglioni in smalto champlevé e tutte le altre decorazioni erano ancora splendidi e furono riposizionati con la massima cura negli stessi punti in cui erano stati trovati sul forziere originario. I resti di Guala furono trasferiti in una nuova cassa che fu posta a destra dell’altare maggiore della basilica, mentre lo scrigno antico fu donato al suo scopritore dall’allora vescovo di Vercelli Giuseppe Maria Grimaldi. Confrontando il cofanetto del Museo Leone con la descrizione effettuata da Mella del cofano da lui ritrovato sembra possibile concludere che l’oggetto del Leone è ancora intatto, e che non ha subito i pesanti interventi di restauro delle
parti lignee che invece si resero necessari per il cofano scoperto da Mella.
N
on è stato stabilito come i cinque cofani limosini siano giunti nelle mani di Guala. Forse gli furono offerti in dono da personaggi illustri e magari dal Papa o dallo stesso re d’Inghilterra. E’ interessante osservare che le due figure che compaiono sulla serratura dello Scrinium conservato a Torino hanno code terminanti con fiori che ricordano un motivo ornamentale vicino al gusto dei Plantageneti166.
A
nche sull’uso dei cofani non esistono informazioni precise. E’ lecito supporre che Guala
vi riponesse effetti personali, libri, indumenti liturgici e gioielli. Secondo Simonetta Castronovo167 nel cofano conservato a Torino Guala conservava tra l’altro calici in oro e argento, “una croce pettorale d’oro”, “nove anelli d’oro con rubini, ventitre con zaffiri, altri diciassette anelli più piccoli senza pietre”, oltre a cucchiaini, brocche d’oro e altri oggetti certamente di grande valore.
S
econdo le ultime volontà del cardinale, nel 1227 la collezione di oggetti preziosi di Guala passò all’abbazia vercellese di Sant’Andrea, ove rimase sino alla fine del 1400, quando il patrimonio fu smembrato e — malauguratamente — disperso.
Cofanetto di Guala Bicchieri. Vercelli. Museo Leone. Particolare. Courtesy Museo Leone - Vercelli. Per gentile concessione del Presidente Amedeo Corio.
166 167
Castronovo,S. Scrinium Cardinalis. Un tesoro medievale per il Museo Civico d’arte antica di Torino (Savigliano,2004) p.14. Castronovo,S. op.cit.p.13.
Bury St.Edmunds: the Cathedral. Guala fu in questa cittĂ il 20 giugno 1218.
G
uala Bicchieri: note biografiche
G
uala Bicchieri nacque a Vercelli tra il 1150 e il 1160, da una potente famiglia borghese ghibellina. I suoi antenati erano facoltosi possidenti terrieri, esponenti di spicco del Comune e delle istituzioni ecclesiastiche locali. Suo padre era stato console di Vercelli e membro del Consiglio di Credenza prima di partire per la Terrasanta e morire nell’assedio di Acri durante la terza crociata.
G
razie alle risorse economiche della famiglia, Guala potè dedicarsi allo studio, manifestando interesse ed attitudini per le materie giuridiche. Nel 1187 divenne canonico di Sant’Eusebio, poi lasciò Vercelli per perfezionarsi in diritto canonico, forse a Bologna. Nel 1205 divenne cardinale con il titolo diaconale di Santa Maria in Portico. Due anni dopo iniziò la sua attività di legato pontificio, collaborando con Innocenzo III e poi con il suo successore, Onorio III.
T
ra il 1208 e il 1209 operò in Francia, per promuovere una nuova crociata, riformare i costumi del clero locale ed affrontare la causa di divorzio tra re Filippo Augusto e la moglie
Ingeborga di Danimarca. In quel periodo entrò in contatto con l’abbazia parigina di Saint Victor e con gli intellettuali ed artisti che gravitavano intorno ad essa. Nel 1209 visitò brevemente Vercelli con Tommaso Gallo ed altri sanvittorini francesi, poi fu a Roma, dove Innocenzo III gli conferì il titolo presbiteriale della chiesa dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, titolo che da quel momento egli indicò nell’intitulatio di tutte le sue lettere. Nel 1215 soggiornò nuovamente a Vercelli, ove intendeva fondare una comunità di canonici regolari e dove ricevette in dono dal vescovo locale la piccola chiesa di Sant’Andrea, che sorgeva poco fuori le mura della città.
T
ornato a Roma per partecipare al IV Concilio Lateranense del novembre 1215, nel febbraio 1216 partì per la legazione inglese, che si concluse alla fine del 1218. Di ritorno dall’Inghilterra Guala sostò brevemente a Parigi, quindi a Vercelli (ove il 19 febbraio 1219 assistè alla posa delle prime due pietre della nascente basilica di Sant’Andrea, che egli volle erigere come omaggio alla sua città) e infine tornò a Roma, dove rimase sino al 1224, al fianco
Vercelli. Basilica di Sant’Andrea (Sacrestia). Ritratto di Guala Bicchieri.
di Onorio III. A Roma viveva in un sontuoso palazzo in prossimità della chiesa di Santa Maria maggiore, circondato dagli oggetti d’arte e dagli arredi preziosi che aveva accumulato nel corso della sua fortunata carriera. L’ultima sua importante missione diplomatica risale al 1225, quando fu inviato in Campania presso Federico II allo scopo di indurlo a promuovere una nuova crociata. L’incontro con l’imperatore dovette svolgersi all’insegna della stima e dell’ammirazione reciproche, e certamente Guala lasciò nel sovrano un’impronta indelebile se l’anno dopo (era il 1226), dalla residenza di Catania, Federico II emanò un diploma di protezione imperiale per l’abbazia di
Sant’Andrea in Vercelli e per tutte le proprietà che nel frattempo Guala aveva donato alla stessa attingendo al suo patrimonio personale.
A
lla morte di Onorio III, nel 1227, Guala prese parte al conclave che elesse Gregorio IX. Nello stesso periodo, forse presagendo l’arrivo della morte, o forse toccato dalla scomparsa del Papa, dettò le sue ultime volontà, con le quali nominava erede universale dei suoi beni la sua abbazia vercellese, pur non dimenticandosi di altre chiese e comunità religiose di Vercelli e di Roma. Poco dopo aver redatto il suo testamento il cardinale concluse la sua missione terrena. Era il 30 maggio 1227.
B
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Vincent, N. The Holy Blood: King Henry III
C
rediti fotografici
Tutte le immagini del volume sono dell’autrice, ad eccezione di: pagine 45, 110, 141, 157: Daniela Saglio pagine 144-145, 190-191, 192: Silvano Alboresi pagine 156, 160, 161: Courtesy Chapter of Durham Cathedral pagine 132, 136-137, 155-156: Courtesy Master and Fellows Trinity College Cambridge pagina 157: Courtesy the Vicar of St.Andrew’s Chesterton pagina 26: Fondazione Museo Borgogna di Vercelli pagine 162, 165, 182-188: Museo Leone di Vercelli
Le immagini delle sguardie e delle pagine 182-188 riproducono stampe acquerellate di Carlo Emanuele Mella. Si ringraziano il presidente del Museo Leone di Vercelli, Amedeo Corio, e la direttrice dello stesso, dott.ssa Anna Maria Rosso.
L’iscrizione LUX CLERI PATER DECUS CAR GUALA DINALIS che decora in alto le pagine del libro è tratta dalla lunetta di sinistra della facciata della basilica di S.Andrea ed elogia la figura e le opere del cardinale.
The Plantagenets Henry II (1154 – 1189)
Richard I (Richard the Lionheart o Riccardo Cuor di Leone) (1189 – 1199)
John Lackland (Giovanni Senzaterra) (1199 – 1216)
Henry III (1216 – 1272)
Edward I (1272 – 1307)
Edward II (1307 – 1327)
Edward III (1327 – 1377)
(Edward the Black Prince)
Richard II (1377 – 1399)
(John of Gaunt – Lancaster)
(Edmund of Langley – York)
Riproduzione di stampe acquerellate di Carlo Emanuele Mella. Si ringraziano il presidente del Museo Leone di Vercelli, Amedeo Corio, e la direttrice dello stesso, dott.ssa Anna Maria Rosso.
Riproduzione di stampe acquerellate di Carlo Emanuele Mella. Si ringraziano il presidente del Museo Leone di Vercelli, Amedeo Corio, e la direttrice dello stesso, dott.ssa Anna Maria Rosso.
I
ndice
Prefazione ........................................................................................................................... pag. 5 Ringraziamenti .................................................................................................................... pag. 6 Premessa ............................................................................................................................ pag. 9 Introduzione ......................................................................................................................... pag. 10 Cronologia degli avvenimenti più importanti 1199 – 1218................................................... pag. 14 I principali interlocutori di Guala Bicchieri ........................................................................... pag. 18 Capitolo 1: In viaggio nel Medio Evo.................................................................................... pag. 20 Capitolo 2: L’Inghilterra al tempo di Guala Bicchieri ........................................................... pag. 38 Capitolo 3: Il punto cardinale ............................................................................................... pag. 84 Capitolo 4: St.Andrew’s Chesterton e la basilica di Sant’Andrea in Vercelli ........................... pag. 120 Capitolo 5: Cronologia essenziale degli eventi relativi alla missione inglese e degli spostamenti di Guala Bicchieri in Inghilterra .............................................................. pag . 146
Documenti e immagini ........................................................................................................ pag. 154 Guala Bicchieri: note biografiche ........................................................................................ pag. 168 Bibliografia ........................................................................................................................ pag. 170 Crediti fotografici ................................................................................................................ pag. 180
La Ely Choral Society di Ely (U.K.) in concerto nella basilica di S.Andrea in Vercelli, in onore del cardinale Guala Bicchieri. Ambasciatori culturali nel segno della musica, della spiritulitĂ e della storia.
Concerto per il cardinale: coro di voci inglesi nella basilica di Guala.
SAVIOLO EDIZIONI
In viaggio
Gianna Baucero è docente ordinaria di Lingua e Letteratura Inglese.
Si occupa di ricerca storica e dell’organizzazione di eventi che avvicinino Vercelli alla cultura inglese e promuovano l’immagine di Vercelli nei Paesi anglo-sassoni: ha organizzato il tour del Choir of Ely Cathedral a Vercelli e provincia nel 2006, il tour del Pembroke College Chapel Choir a Vercelli nel 2007 e numerose conferenze dedicate a Guala Bicchieri e alla sua legazione inglese. Ha collaborato con l’Assessorato alla Cultura di Vercelli in occasione dell’evento espositivo “Peggy Guggenheim e l’Immaginario Surreale” del 2007/8, organizzando il ciclo di conferenze “Da Guala a Guggenheim”. Nel corso dei suoi frequenti viaggi in Inghilterra ha realizzato diversi reportages fotografici, dai quali ha tratto alcune delle immagini contenute nel volume.
Gianna Baucero
SAVIOLO EDIZIONI
In viaggio con il cardinale
Appassionata di storia medievale inglese, ha fondato nel 2005 l’Associazione Culturale Chesterton, che si occupa della riscoperta e della valorizzazione della figura di Guala Bicchieri e dei legami che univano Vercelli all’Inghilterra in epoca medievale. Nel 2005, in occasione della mostra “Scrinium Cardinalis” ha realizzato con Dr. James Gardom, attuale Dean and Chaplain of Pembroke College Cambridge, e con l’assessore alla Cultura del Comune di Vercelli, Dott. P. Giorgio Fossale, la ripresa dei rapporti tra Vercelli e St.Andrew’s Chesterton, la chiesa che fu donata a Guala dal re inglese Henry III.
ISBN 978-8895125107
9
788895 125107
Gianna Baucero
con il cardinale Guala Bicchieri in Inghilterra (1216-1218): dalla corte inglese alla fondazione della basilica di S.Andrea in Vercelli
Con immagini e notizie inedite sulla storia della basilica vercellese