Corale venite al dettaglio

Page 1

Venite al dettaglio Venite al dettaglio

Corale degli Autori di Rossovenexiano.com

Con appendice

Nate da una Corale


Invito per la Corale A: WEBstoppisti e liberi viaggiatori internettiani, iscritti a Rossovenexiano e non (ma se siete Soci, vi offro da bere...). Come: scegliendo un verso tra quelli già presenti e inserendo il proprio post in coda al post che vi ha ispirato. Importante: il verso scelto o il gruppo di versi dovranno essere in ‘testa al proprio testo’ e racchiusi tra virgolette. Indispensabile: poesia o tentativo di scrittura (lo dico per me). Lunghezza: non eccessiva né sparagnina. Qualità: nessuno giudichi, giacché nessuno è sopra o sotto (biblico, forse, non so, ma davvero saggio), Stile: il vostro, ma con la variante che se state pensando ad un verso mare-cuore-amore-ecc., usiate queste parole correlate nel modo più creativo possibile. Ricordatevi che utilizziamo solo 500 parole al giorno e ne abbiamo a disposizione oltre 100.000 di pari dignità e che se anche dovessero essere solo quelle cinquecento, i significanti offrono varianti infinite, ancorché usati con cura e attinenza. Perché: è un gioco, forse (per tutti), in cui non c’è competizione ma contaminazione (questa è vecchia, però efficace).

1


Grazie agli Autori:

“Il duende non sta nella gola; il duende monta dentro, dalla pianta dei piedi”

Taglioavvenuto ( pagg. 3 - 16 - 19 ) RobertoM.

( pag. 3)

Morena

( pagg. 4 - 9 )

'O Malament

( pagg. 4 - 6 - 7 - 21 )

Winston

( pagg. 4 - 7 - 13 - 15 - 21 )

Federico Garcia Lorca

Rinaldo Ambrosia ( pag. 5 ) Raggiodiluna

( pagg. 5 - 8 - 10 - 13 - 14 - 18 )

Manuela Verbasi( pag. 6 ) Selly

( pagg. 6 - 7 - 8 - 9 -10 -11 - 12 - 21 - 25 )

Erremmeccì

( pagg. 9 - 11 - 12 - 15 - 20 )

Amara

( pagg. 10 - 13 - 18 - 22 )

Grizabella

( pagg. 11 - 15 - 20 - 23 - 24 )

Gerardina

( pagg. 14 - 19 - 20 - 23 - 25 )

Lorenzo

( pagg. 16 - 22 )

Voceperduta

( pag. 17 )

A. Iurilli Duhamel ( pag. 18 ) Arturo v.

( pagg. 22 - 24 )

Ferdigiordano

( pagg. 3 - 11 - 12 - 14 - 16 - 17 - 19 - 23 - 24 )

“questo amore, dico, [...] è quello che resta di questo vago viaggio. o anche, è il viaggio in sé, la cosità, l'essenza. questo penso.” Franca Figliolini

2


“questo amore, dico, [...] è quello che resta di questo vago viaggio. o anche, è il viaggio in sé, la cosità, l'essenza. questo penso.”

"Si avventa come dovuto in questa epoca (nesso tra arrivo e congendo, praticamente peccato)"

"É fuorviante legarsi al cielo, intontite le ali dallo sbattimento congenito nei nomi, in quei nomi fatiscenti: quante crepe le sillabe!"

Si avventa come dovuto in questa epoca (nesso tra arrivo e congendo, praticamente peccato) entra nelle fibre e accade più per la defezione del moto che come allegoria della spinta. É fuorviante legarsi al cielo, intontite le ali dallo sbattimento congenito nei nomi, in quei nomi fatiscenti: quante crepe le sillabe!

Egli non s'accorse mai, potrebbe addursi o U es zen nell'orientale cosmo. Polita da ogni distinzione la terra ebbe ad (rima interna) accettarne il pungolo - viandante, colui che non passando guarda. L'allorché di cui le stelle parlano.

screpolature d'immagini sovrastano i giardini della mente rannicchiandosi la notte, tremanti per la tramontana che lacera sabbia fine s'insinua e al giorno si offre il rattoppo del buio fino allo sfinimento allo svilimento del pensiero in un destarsi brusco scrollandosi di dosso la vergogna dei sogni

Ferdigiordano

Taglioavvenuto

RobertoM.

3


"Si avventa come dovuto in questa epoca (nesso tra arrivo e congendo, praticamente peccato) entra nelle fibre e accade più per la defezione del moto che come allegoria della spinta. É fuorviante legarsi al cielo, intontite le ali dallo sbattimento congenito nei nomi, in quei nomi fatiscenti: quante crepe le sillabe!" (ferdigiordano)

"La sfida del richiamo è sulla carta un suono bianco"

"se non ad esser deriso ed oggi riconosciuto solo in nome dell'accaduto."

Ma non nel nome mio soltanto, anche nel tuo... precipitano ali di crisalidi nel vuoto, prodotte in schizofrenici passaggi di vorticosi abbracci o aperte fughe. E' confortante l'astrazione di quel viaggio dall'umana dimensione del cimento l'esproprio dal padrone di quel nome dell'etimo che origina l'essenza. Ma se resto il nome mio soltanto, dico, che cosa sono?

Prendine comunque un lembo, tira cosa ti può venir di male se da una sala preparata muta nasce uno scricchiolio se ti si avvicina alle caviglie il senso del frastuono, "bum, bum, bum" dell'organismo che, per il prezzo esoso del biglietto ha lasciato fuori?

Accaduto quando forse ero nel sonno più leggero prima del risveglio; fior fiore da portarsi nel taschino non più in uso o nel fondo di una borsetta abbandonata una goccia d'acqua souvenir di una gita al lago un ritorno in autostrada con un incidente da spettacolo noi che si correva, correva sperando di arrivare in tempo noi spezzati dall'ultimo che distrattamente (stava litigando con la moglie,i bambini, era preso da un bacio?) non aveva veduto per tempo l'altern-azionamento delle luci. Eccoci santi, ordunque, per l'intenzionalità, mostrata a mani alzate

Morena

'O Malament

Winston

4


“Ho urlato un silenzio di meraviglia”

"C'è una pausa nell'esistere che cancella ombre inquiete"

“Un punto sempre un punto c'è bisogno”

forse è il sonno forse l'oblio dei perchè... Scelgo d'incontrare il giorno anche se lo temo, la verità di luce non perdona acceca gli occhi timidi e non proclama bugie. Spegni quel pensiero prima di accendere il lume e getta le ultime parole come fossero dadi.

a saltare periodi di discorsi vani tra labbra che recitano algoritmi di parole

Raggiodiluna

Rinaldo Ambrosia

nel passo dei giorni, tra le lente pagine sotto la pioggia di sottili emozioni in quelle stanze senza dove dalle murate maniche a vento lungo la pista dei perché Ho sudato notti africane abbandonato in silenzi inquieti tra il vento e il colore del buio nelle pieghe dove scorre la linfa che fa vibrare una foglia dalla storia affranta e interrotta C'è una pausa nell'esistere che cancella ombre inquiete e soffia il ricordo lungo il suono di un arco mentre annega nel fremito delle tue ciglia

Rinaldo Ambrosia

voglio seguire il volo dell'alicanto lungo i crepacci dei versi abbandonati dove il soffio è vita che il pensiero arresta inutilmente sono parole vuote parabole di una ronda di silenzi ma già il verso tarda e si arresta sul margine della pagina sognatore del proprio sogno

5


"sono parole vuote parabole di una ronda di silenzi"

"nelle stanchezze i dolori"

“inganni nel non pianto d'aurora dentro gli occhi�

nelle stanchezze i dolori da far brillare piĂš lontano

eruttano lenti e magma la tua voce invece quando le mie corde gemono in gola senza fiato

Lo speculare, arrendevole giorno dopo giorno tarda la sera. Suoi gli sguardi tra le punte, vetro e cieli baci. L'insperato che gli addita.

Selly

'O Malament

inganni nel non pianto d'aurora dentro gli occhi

Manuela Verbasi

6


“inganni nel non pianto d'aurora dentro gli occhi”

"è solo la pelle che mi rende umano"

"un dannato sfogo sul ramo proteso e la luce concessa per leggere red"

Anche se a volte non si vede io sono un albero, una foto, un mare è solo la pelle che mi rende umano schioccare la mia luce oltre la persiana

un poro aperto al sogno e un pelo d'anima piegato all'attesa Poi sarà un taglio al sangue il pasto fugace la merenda degli occhi sul bello un dannato sfogo sul ramo proteso e la luce concessa per leggere red

Solo qua io mi sento usignuolo ascolto nell'assoluto i miei tre canti il peccato non formato ancora red è un fuoco della mente il fatuo del battito incuneato stabilmente su una spiaggia

Winston

Selly

'O Malament

7


"Suoi gli sguardi tra le punte, vetro e cieli"

"avanzano le sue risa"

"dove la parola non serve e il silenzio allaga"

come cupole di cattedrali. E non basta l'aurora, serve altro per la sua luce. Come vascelli che il vento non riesce a fermare avanzano le sue risa e tutto si adorna il mio pensiero

sbordando dai denti roccaforti innocenti sul fiume dove la parola non serve e il silenzio allaga

E lĂŹ che mi fermo spesso, e non comprendo e cerco impronte riflesse e scavo...e scavo ancora.

Raggiodiluna

Selly

Raggiodiluna

8


“e scavo...e scavo ancora”

dentro al viola di un livido nella giostra notturna del senno che sale e discende le vette del buio aggrappato agghiacciato al perchè

Morena

"dove il soffio è vita"

ti posso dire di aver perlustrato le cavità andando via di traverso di corsa nell'esofago delle negazioni raschiando un colpo di tosse con le corde inzuppate e la voce persa Ho urlato un silenzio di meraviglia raccogliendo il sole e cioccolato a gocce dagli occhi

Selly

"scrollandosi di dosso la vergogna dei sogni"

affondò le caviglie nel viaggio la testa nella prospettiva di strade infinite bagaglio da pezzente ai piedi vortici di polvere e foglie fra ciglia e pensieri

Erremmeccì

9


"vortici di polvere e foglie fra ciglia e pensieri"

“scrollandosi di dosso la vergogna dei sogni�

"indossato il nero stretto alla vita"

si, un turbine che portava dentro gli appunti dimenticati un risveglio di vecchi desideri. Fece in tempo a segnare la strada, una brutta salita e le gambe cedevano alla vecchia fatica di quel viaggio, con l'odore oddosso che sentivo ancora anche nel mio cappotto

indossato il nero stretto alla vita sul passo coerente si muove verso il non dire

sfilano i fianchi alle nuditĂ delle mani

la cura delle lenti scure a zittire un tradimento di luce

la pace viene si racconta a colori e del ventre trattiene luce e ambra pelle

Raggiodiluna

Amara

Selly

10


"l'esproprio dal padrone di quel nome dell'etimo che origina l'essenza."

"prima che trovasse il vuoto"

Così l'ombra improvvisa il profilo e lo perde, diventa macchia, profondo informe, congettura. La fluidità della voce, ora, è un motore e appena il suo viaggio comincia nella gola i denti del rimorso cigolano per non averla fermata prima che trovasse il vuoto.

passarono anni e abbacinanti estati mattinate d'autunno, fatte per morire dentro,

"Perenne l'anelito alla levità di semplici gioie."

come sperare che ancora fioriranno gelsomini salirà il profumo a quello squarcio azzurro portandosi appresso languori sopiti di sogni mai stati.

e notti, sulle quali scrivere con frammenti di gesso storie intime e crudeli. Perenne l'anelito alla levità di semplici gioie.

Ferdigiordano

Erremmeccì

Grizabella

11


"e al giorno si offre il rattoppo del buio fino allo sfinimento"

"chiedemmo tutto il cotone e le domeniche"

Chiedemmo tutto il cotone e le domeniche per cucire sulla luce nei notturni. Il viso, ti ricordo, il viso con cui la vita ci venne incontro era l'acqua dell'oasi o lo specchio in realtà quasi deserto ma ci ospita come granelli persi.

ci portammo a memoria di lampioni e sfinimmo di sentieri il destino della luce

Ferdigiordano

Selly

fu così che si incamminò il mare

"fu così che si incamminò il mare"

e ciottoli trovò sulle rive e frammenti di vetro politi, conchiglie come orecchi di lattanti a raccogliere infinità di sussurri, brontolii di tritoni malìe di canzoni da gole azzurre di sirene.

Erremmeccì

12


“fu così che si incamminò il mare”

il posto vuoto lì vicino sorprendeva il pensiero bagnato dal bisogno di un'onda"

"il viso, ti ricordo, il viso con cui la vita ci venne incontro"

la mano d'acqua sul fianco della costa dal finestrino potevi vederlo correre a tratti senza mai abbandonare la stretta

si conosceva del tradimento, non quello dei traditi già in partenza, sui quali ci si fiondava come bambini che alzano il polso di fronte per farne segno osceno: richiamo cui si sottostà quale figura latente. Ci fossero sensi di direzione circolare o anche ellittici invece dei soliti ad inversione tagliati da un divieto con il suo futuro.

con occhi di madre con pensieri morbidi e sapienti e non erano recinti gli abbracci ma giardini di sapienza dove elevarsi era desiderio certezza di promesse che il tempo ancora aspetta in quegli specchi lontani dove le dita poggiano senza graffiare il cielo.

Winston il Mar, 25/02/2014

Raggiodiluna

il posto vuoto lì vicino sorprendeva il pensiero bagnato dal bisogno di un'onda

Amara

13


" Chiedemmo tutto il cotone e le domeniche per cucire sulla luce dei notturni"

"Niente a pretendere, se non ancora pioggia per poter bere."

"Tutto il grigio possibile era lì e scendeva trasparente"

e la falce recise nella nebbia con ghigno materno, forse... Se avessimo usato sete a sacrificio di farfalle e nuvole oggi, la terra non avrebbe braccia da allungare. Niente a pretendere, se non ancora pioggia per poter bere.

Avevamo la bocca a caverna verso il secchio. Quel secchio che veniva giù dal pozzo del cielo. Tutto il grigio possibile era lì e scendeva trasparente. Avevamo la bocca vuota. Vi lasciammo i denti. Così stavamo, ponendo le lingue circonflesse come accenti perchè meglio le gocce fluivano in gola meglio saliva il deserto nel petto.

e stavo lì anch'io come fossi pioggia attenta mendicante d'acqua tra nuvole e rovi. E poi vidi il deserto anche se dentro un pozzo di cielo ed era il ciglio a nascondere quel che non volevo guardare.

Gerardina

Ferdigiordano

Raggiodiluna

14


“ed era il ciglio a nascondere quel che non volevo guardare.”

"e polvere dorata d'ali di farfalla"

"nemmeno una luna fasulla solo svincoli di nebbia a risucchiare pensieri"

adesso non regge lo sguardo nemmeno una luna fasulla solo svincoli di nebbia a risucchiare pensieri e polvere dorata d'ali di farfalla.

vorrei spargere sui tuoi pensieri, umori freschi di primavera oh, come vorrei penetrassero le fibre del tuo essere così scabro, irto di giorni senza giustificazione senza perdono.

Cosa vuol dire, che non c'è la luna? Torbida, inamovibile con quello spettro tra noi e lei che ce la rende umana. I nostri specchi, la sua danza i nostri occhi stesi oltre le muraglie Torneranno gli occhi entro lo spettro?

Grizabella

Erremmeccì

Winston

15


"I nostri specchi, la sua danza i nostri occhi stesi oltre le muraglie"

"Ora sprofondiamo, ti sfuggĂŹ, per la leva del piacere con il fulcro del buio."

"mendicante d'acqua tra nuvole e rovi."

questa è la terra mia che intendete dal mare di levante a murgia avita un'aria che comprende lo scirocco quel vento che le nuvole si porta

congelati non tanto per la distanza dei pensieri dal piano intessuto di strade immaginarie quanto per quel nudo calice del tuo corpo sul quale come insetti le dita intorno raccolgono tremori stivando ogni lume nelle gocce perfettamente luminose della fronte. Ora sprofondiamo, ti sfuggĂŹ, per la leva del piacere con il fulcro del buio.

Saprai la resistenza, saprai tornare oppure, per il viaggio allo sguardo sarĂ la leva del piacere sfuggita ai giorni?

Ferdigiordano

Taglioavvenuto

e che disseta roverelle i boschi ed i sentieri delle transumanze dove nei fossi d'umido sentore si lavano i cinghiali d'ungheria per stropicciarsi lungo i tronchi appresso le camminate per trovare storia i tumuli compresi nel villaggio con la lucerna d'elio presto all'alba quando la terra gira al punto giusto ed il riposo a sera degli armenti

Lorenzo

16


"questa è la terra mia che intendete dal mare di levante a murgia avita."

"Irene voleva conoscere il cinema"

"Tu e i tuoi otto, spesso dodici figli"

Tu, madre, ricamavi frammenti di incarnato, mentre la battigia tuonava, distratta, dolose consolazioni. Papà e i suoi tendini feriti, alla ricerca di un guado nuovo, un punto di là delle Americhe dove apporre i suoi pollici convessi. Tu e i tuoi otto, spesso dodici figli allorché si univano i ragazzi della Madonella, liberavate i sacchi dalla pula, sino a quando la spuma lunare vi ordinava di rientrare. Allora iniziava il balzello dei sogni confidati, mentre la radio spargeva note incolori di una Londra misconosciuta; Irene voleva conoscere il cinema, quello vero. Lele gesticolava con le pinzette come un chirurgo già rodato. Diego amava glassare le taralle, più di quanto Antonietta preferisse sperimentare la sua smania per le torte.

rincorreva i ciak, le pellicole sapeva di battute latte e menta oro colato le pause in bocca di finti attori e profeti veri si sedeva in prima fila a luci spente quando ancora ripulivano le file e le poltrone in legno cigolavano nel vuoto nel buio della stanza lei e la sua ombra in braccio

incredibili angeli primitivi discesi e sottili. Tu dello sforzo nel gomito e alla rotula e per il tendine a corona. La più ariosa schiava materna: ampliata dai danni delle nascite, melario carnoso e sottoscritta da noi, documenti integerrimi delle vostre vitali polluzioni.

unica comparsa di un film all'amarena

E tu lì, madre della madre mia, chinata come un baccello allentato, riordinavi loro entusiasmi, mentre i cerchi d'incarnato sbiadivano ogni giorno di più.

Voceperduta

Selly

Ferdigiordano

17


"dodici figli"

“ampliata dai danni delle nascite, melario carnoso”

"Incredibili angeli primitivi"

Dodici figli per dodici notti d’amore Questo doveva bastarti. Nei patti impliciti, di impudici sconti non si era convenuto. Hai voluto figli fruttuosi come cambiali, passaporti per la tua codarda ottusità. Non affliggerti se ogni notte il tuo l’amore latitante chiede ospitalità lì dove il calore non fu mai peccato.

senza rinnegare il sostegno all'opera del mondo chiedi allo specchio il ricordo delle caviglie sottili sulle quali, un giorno, avresti potuto scegliere la via più semplice

discesi senza condanne in quei sottili sguardi che nascondono Amore... ed è sempre Amore, quello che trema, che dubita se la vita non vuol essere vita e tocca le sue creature, le impasta, come le mani al pane. Fuggono i dubbi della notte e ai figli si torna a dare non il cibo disperso in culla ma la forza di un pensiero sicuro come radice di marmo.

Antonella Iurilli Duhamel

Amara

la sospiri, a volte ma il profumo dei favi colmi richiama le dita a intingersi nel tanto che hanno scaturito

Raggiodiluna

18


“…ma reinserire i codici html per formattare… è una palla che non m’attrae e lascio tutto com’è Aggr’azzie”

"tu fuggiasco, sulle tre cime in fuga, solo, perché ultimo? "

"Ero il ghigno della sua maledetta forza stramaledetta fragilità del mito che più sale"

Azzerare uno spazio quando per un esperto come la vita è rimane comunque traccia, non è fatica inane? Prendiamo ad esempio un nuvolo o un cirro o un nembo, un nugolo una nebula, una nubila, credi che alla fede religiosa di costei non debba da chi potrebbe o può venir riservata una “chance” in più? Stolto, che ne sai tu, del miracolo che quando guardi a terra ti vedi solo i piedi tu fuggiasco, sulle tre cime in fuga, solo, perché ultimo?

Il miracolo, quando viene, è questo. Ieri l'altro si è presentato oggi. Mi dicevo di Marco 'il pirata'. Dovevo dirne. Entravo nelle sue nari come rarefatto l'ossigeno o l'altro fatto. Ero il ghigno della sua maledetta forza stramaledetta fragilità del mito che più sale la montagna più la ruota le dà altezza e più il vuoto che si crea intorno ti fa vuoto dentro. Era lontano, sì, sempre più lontano. E vedi com'è vicino il mistero se io lo penso e tu lo scrivi.

e mi cancella il nome. Domando a te, chi sono? Volgi il capo al cielo e gli occhi tuoi si fanno nebbia, si fanno gelo il silenzio è amaro, sei veleno. Tu sei la morte.

Taglioavvenuto

Ferdigiordano

Gerardina

19


"Volgi il capo al cielo e gli occhi tuoi si fanno nebbia, si fanno gelo”

"il sogno di spiagge rosate e tepide onde"

"Battevano i polsi al ritmo di onde di fortunali improvvisi d'improvvise schiarite..."

io divento statua di neve - ciglia imperlate di brina ghiaccio nei capelli sola nel giardino di vetro col vento a stordirmi di polvere gelata nascosto nel profondo il sogno di spiagge rosate e tepide onde.

alimentò i suoi giorni nutrì di veleni dolcissimi vene e pupille. Battevano i polsi al ritmo di onde di fortunali improvvisi d'improvvise schiarite... ...correnti d'alghe e di pesci disegnarono i suoi desideri.

e ciglia come ali a fronteggiare il sole. Orizzonti nuovi nella mente e nel corpo antico tutta la stanchezza degli ormeggi di un navigare tra le voci di sirena e non trovare baia. Nel buio luci di corallo le labbra mie a scoprire perle dolci dei denti e siero di cocco a dar sapore alla notte. Vieni, sarò faro dei tuoi sogni.

Erremmeccì

Gerardina

Grizabella

20


“il silenzio è amaro, sei veleno.”

"dove starebbe il respirarti in bocca"

“io mi levassi dalle labbra e sparlassi?”

Tu sei la morte. Sì muort, un ammazzate, sì Tranne la fragilità che di te m'attira, si non fossi muort dove starebbe il respirarti in bocca lo speradio, il sentirmi viva, dove, il prevale?

quando serrando anche l'ultimo balbettio [ appena detto, fatto di argille di versi e lingue di circostanza] io mi levassi dalle labbra e sparlassi?

Inchioderei all'argilla del tuo corpo un verso e un capo, circostanza piana di parole, tremori lasciati a cuocersi fino all'indolenza di una pseudocorda al sole

'O Malament

Selly

Winston

21


“Inchioderei all'argilla del tuo corpo”

"."

“di questi tempi occorre quel calore di calda lana fatta con gli arnesi”

Un punto e accapo questo bell'invito ci viene posto per cambiare verso segno d'interpunzione fine arringa si ricomincia senza ispirazioni

l'ultimo segno caldo che secchi in crepe le labbra incapaci del verbo sacrosanto atteso senza fronzoli secche così stupite e aperte per farsi nido di mosche e ragni nel perpetuo essere preda e tela da filare fino all'ultima saliva del mondo

Amara

niente affatto da punto c'è l'inizio di un punto a giorno fatto all'uncinetto disegni colorati col cotone oppure con i ferri del mestiere fare uno scialle che ti copra il petto di questi tempi occorre quel calore di calda lana fatta con gli arnesi

con mani che tessono e tramano le reti delle tue vene fino a largo delle mie braccia, dove forse resta sola un’ombra a cui tendo il fianco dopo il conto delle assenze: e mi sussurra abbracciami, e mi ripete stringimi fino a non sentire più questo freddo che abbiamo ora indosso.

un punto sempre un punto c'è bisogno a fine di giornata sul telaio si contano le riga del mantello

Lorenzo

Arturo v.

22


"tendo il fianco dopo il conto delle assenze: e mi sussurra"

"Prendine lo stelo proprio dove il dito staccherebbe le nuvole"

"Poi contale tutte senza prenderne nessuna",

con una voce che era la mia, o perlomeno somigliava al cambiamento di quel giorno in un tono di rincorse, cogli il cielo come una margherita. Prendine lo stelo proprio dove il dito staccherebbe le nuvole. Poi contale tutte senza prenderne nessuna e sposta il cuore dalle pupille per evitare la muffa o, se ci riesci, portati al sole più convinto che puoi.

lascia le nuvole a piangere pozzanghere schizzare di nerofumo e neve l’asfalto come fosse pepe/sale alla luce intermittente di un neon riflessa su macchie di gasolio nella notte desolata di bruma reclama le folli speranze meravigliose tutte le scatole ancora chiuse i fiocchi intatti

ma dimenticai i numeri e le persi ad una ad una. La voce non bastò a chieder l'aiuto giusto se non ad esser deriso ed oggi riconosciuto solo in nome dell'accaduto. Forse un gioco di memoria o forse, tutto è perduto. I giorni son diventati Santi, qual'è dunque il mio destino? Dimenticarli tutti quanti...

Ferdigiordano

Grizabella

Gerardina

23


"Forse un gioco di memoria o forse, tutto è perduto."

“e nemmeno così appare tutta l'ansia del ricordo.”

“c'è comunque l'epica del segnarsi la fronte da ruga a ruga alle labbra incedibili in quel ripido gesto”

La sfida del richiamo è sulla carta un suono bianco una nebbia tanto muta da cambiare le corde in righi e nemmeno così appare tutta l'ansia del ricordo. Infine, c'è comunque l'epica del segnarsi la fronte da ruga a ruga alle labbra incedibili in quel ripido gesto fuorviante di sporgerle sul mento da molto, molto prima di avvicinarci.

ti verrà a lacerare sotto un cielo di smalto schiacciandoti il petto forandoti il cuore gli occhi sbarrati nello sterile grido a chieder perdono di incolpevoli colpe.

di custodirne tutto il silenzio come l’unico bene possibile prima di lasciarsi cadere dal petto. il mito. la parola. la musica. questo andarsene oltre la fisicità dei busti, antiche rovine, piazze con rosse cattedrali e con alcune teste che rotolano proprio sotto i suoi piedi tra i cenci verdi e azzurri che si lascia dietro di sé lo sguardo.

Ferdigiordano

Grizabella

Arturo v.

24


“Prima di lasciarsi cadere dal petto”

"tra i cenci verdi e azzurri che si lascia dietro di sé lo sguardo"

la goccia attende

la mano sua scura, avrei voluto stretta al petto mio fino a strapparmi il cuore. Voltati e guardami. Indosso sì, i colori della luna e delle fonti trascino aghi di pino e resina. Mistura atta a ricordarti che sei seme delle pianure all'ombra e dell'umano essere.

premette la pozza sulla coscia senza consegnare un tempo Sarà Sarà che le direzioni prendono il largo andando solo dove l'occhio piove

Selly

Gerardina

25


Appendice

Alcuni Autori si sono cimentati nel dare un “corpo unico� ai brani pubblicati nella corale. In tal modo, il pane del loro ingegno - prima offerto in briciole impregnate da diversa ispirazione -, ha trovato nuova forma e nuova cottura.

Vale la pena assaggiarlo.

Grazie agli Autori:

Grizabella

( pag. 27 )

ErremmeccĂŹ

( pagg. 27 )

Gerardina

( pag. 28 )

Raggiodiluna

( pag. 29 )

Ferdigiordano

( pagg. 30 - 31 )

26

ATE DA UNA CORALE


Lascia le nuvole a piangere pozzanghere

schiacciandoti il petto forandoti il cuore gli occhi sbarrati in sterile grido a chieder perdono d'incolpevoli colpe.

Perenne l'anelito

Diventerò allora statua di neve - ciglia imperlate di brina ghiaccio nei capelli sola nel giardino di vetro col vento a stordire di polvere gelata il sogno nascosto nel profondo di spiagge rosate e tepide onde.

Lascia le nuvole a piangere pozzanghere schizzare di nerofumo e neve l’asfalto come fosse pepe/sale ( luce intermittente di neon riflessa su macchie di gasolio in notte desolata di bruma) reclama le folli attese meravigliose tutte le scatole ancora chiuse i fiocchi intatti pur se adesso non regge lo sguardo nemmeno una luna fasulla solo svincoli di nebbia a risucchiare pensieri e polvere dorata d'ali di farfalla. Speralo che ancora fioriranno gelsomini salirà il profumo allo squarcio azzurro portandosi appresso languori sopiti di sogni mai stati o giungerà a lacerarti il dolore sotto quel cielo di smalto

Partì quel giorno le caviglie affondò nel viaggio la testa nella prospettiva di strade infinite, bagaglio da pezzente ai piedi vortici di polvere e foglie fra ciglia e pensieri

© Grizabella

un miraggio tremante alimentò i suoi giorni nutrì di veleni dolcissimi vene e pupille. Battevano i polsi al ritmo di onde di fortunali improvvisi d'improvvise schiarite... ...correnti d'alghe e di pesci disegnarono i suoi desideri, ciottoli trovò sulle rive

27


e frammenti di vetro politi, conchiglie come orecchi di lattanti a raccogliere infinità di sussurri, brontolii di tritoni malìe di canzoni da gole azzurre di sirene

Si leva un grido

e non trovare baia. Nel buio luci di corallo le labbra mie a scoprire perle dolci, i denti e siero di cocco a dar sapore alla notte.

(petali rosa e soffioni vorrei spargere sui tuoi pensieri

Vieni, sarò faro dei tuoi sogni.

umori freschi di primavera oh, come vorrei penetrassero le fibre del tuo essere così scabro, irto di giorni senza giustificazione senza perdono) … anni passarono e abbacinanti estati

All'improvviso la falce, recise il volto tuo nella nebbia con ghigno materno, forse...

mattinate d'autunno, fatte per morire dentro, e notti, sulle quali scrivere con frammenti di gesso spirali di storie e ritorni. Perenne l'anelito alla levità di semplici gioie.

© Erremmeccì

La mano sua scura, avrei voluto stretta al petto mio fino a strapparmi il cuore

Se avessi usato la sete a sacrificio di farfalle e nuvole oggi, la terra non avrebbe braccia da allungare.

voltati e guardami indosso sì, i colori della luna e delle fonti trascino aghi di pino e resina mistura atta a ricordarti che sei seme delle pianure all'ombra e dell'umano essere. Orizzonti nuovi nella mente e ciglia come ali a fronteggiare il sole, mentre nel corpo antico tutta la stanchezza degli ormeggi di un navigare tra le voci di sirena

Niente a pretendere, se non ancora pioggia per poter bere. (si leva un grido) La voce tua, non bastò a chieder l'aiuto giusto se non ad esser deriso ed oggi riconosciuto solo in nome dell'accaduto. Forse un gioco di memoria o forse, tutto è perduto. I giorni son diventati Santi, qual'è dunque il tuo destino?

28


Angeli e Cattedrali Dimenticarli tutti quanti... e ti cancellai il nome.

come radice di marmo. C'è una pausa nell'esistere che cancella ombre inquiete forse è il sonno forse l'oblio dei perchè... Scelgo d'incontrare il giorno anche se lo temo, la verità di luce non perdona acceca gli occhi timidi e non proclama bugie. Spegni quel pensiero prima di accendere il lume e getta le ultime parole come fossero dadi.

Domandi a me, chi sono? Volgo il capo al cielo e gli occhi tuoi si fanno nebbia, si fanno gelo il silenzio è amaro, sei veleno, tu sei la morte ed una volta io, ero la luna. (A segno, la mano mia sfiora la fronte, e l'anima assolvo al buio eterno).

Incredibili angeli discesi senza condanne in quei sottili sguardi che nascondono Amore... ed è sempre Amore quello che trema che dubita se la vita non vuol esser vita e tocca le sue creature, le impasta, come le mani al pane.

© Gerardina

Fuggono i dubbi della notte e ai figli si torna a dare non il cibo disperso in culla ma la forza di un pensiero sicuro

E lì che mi fermo spesso dove la parola non serve e il silenzio allaga... e non comprendo e cerco impronte riflesse e scavo sotto il mio pensiero. ...si, fra ciglia e pensieri un vortice di polvere e foglie un turbine che porta dentro passioni dimenticate, un risveglio di vecchi desideri. E' il tempo a segnare la strada, anche nelle brutte salite di quando le gambe cedevano alla fatica del viaggio, con l'odore addosso che sento ancora.

29


Tutto il grigio possibile era lì e scendeva trasparente e stavo lì anch'io come fossi pioggia, attenta mendicante d'acqua tra nuvole e rovi... vidi il deserto anche se dentro un pozzo di cielo ed era il ciglio a nascondere quel che non volevo guardare. Il viso, ecco, ti ricordo il viso con cui la vita ci venne incontro con occhi di madre con pensieri morbidi e sapienti e non erano recinti gli abbracci ma giardini di sapienza dove elevarsi era desiderio certezza di promesse che il tempo ancora aspetta in quegli specchi lontani dove le dita poggiano senza graffiare il cielo.

Come vascelli che il vento non riesce a fermare avanzano le sue risa .....e tutto si adorna il mio pensiero.

...dove la parola non serve e il silenzio allaga" e lì che mi fermo ancora, e ancora non comprendo e cerco impronte riflesse e scavo...e scavo ancora. Su quegli sguardi tra le punte, tra vetro e cieli come cupole di cattedrali. E non basta l'aurora, serve altro per la luce.

© Raggiodiluna - Lun, 03/03/2014

Ad una per tante volte date

Sulla carta un suono bianco, ma non bianco come pensi il latte, nè sfida tra toro e muleta, sicchè un uomo centra solo se infilza, piuttosto una nebbia tanto convincente da legare le corde vocali cui si appende. In questo senso lo strumento del vento fa vibrare la lattuga, lo so, in verità anch’io tremo, ma che dire se di me ti nutri ancora meno? Faccio un esempio: sono al supermercato come tu seguiresti messa. Una preghiera breve per non perdere lo sconto di quell’ora. Al termine, c'è comunque l'epica dei segni da ruga a ruga fino alle labbra incedibili a quel ripido gesto fuorviante di sporgerle dal mento e in un tempo così breve che solo per poco non può dirsi sorriso ma sorri. Quel "sorri" era già lì, so anche questo, da molto, molto prima, e in seguito

30


a una tua cabala, la tortura della maschera, somigliava al prezzo del giorno o perlomeno a un tono di aria sfuggente preso al volo. Nella nebbia delle dita, steccano le nuvole soliste, non tanto per la distanza dal pentagramma del suolo, dove il geniale musicista dirige l’erba più bassa, quanto per quel nudo calice del tuo corpo sul quale insetti le stesse dita raccolgono tremori, stivando ogni accordo nelle gocce perfettamente miele di castagno. Ora sprofondiamo, ti sfuggì, per la leva del piacere sul fulcro del momento.

Duende “Il duende non sta nella gola; il duende monta dentro, dalla pianta dei piedi” Federico Garcia Lorca Il miracolo, quando ti attraversa, ha già un nome. Ieri l'altro è accaduto ma lo constato oggi perchè sono umano, perchè sto ancora in piedi. D'improvviso passa una gatta, scova gli odori: come ossigeno rarefatto o persecuzione. Così siamo noi. Ci preoccupa il futuro che annusavamo ieri, affollati di osanna ripetendo estatici: poiesis poiesis eleison. Ecco la forza straordinaria del mito - indicavo a Ennio - che più si consegna più si racconta e più la fragilità prende colpi. Porta lontano, sì, sempre più lontano il corso del cielo a ritroso. Ci pare di anticiparlo, ma vedi com'è pieno di mistero se noi lo pensiamo e qualcuno lo percorre. Avverto il presente con qualche remora, piuttosto che nesso tra arrivo e congedo, scivolo per l’inferno. Prende una brutta china, ma è un disegno estremamente curato: il plotone degli angeli mi ha puntato contro le candele della grazia appena l’outing trapassa le grate. Il disegno, il disegno, il disegno se combacia al miracolo! Rido alla grande: in questa epoca di fibre ottiche che altro vuoi si veda con il muscolo del verbo concesso alle volte dei millenni?

© ferdigiordano

Diventa fuorviante legarsi il cielo al dito, perpetua discendenza nella defezione congenita da quelle case lungimirate, luminose fatalmente inesistenti, per noi, bave gravitazionali:

- Mamma mia, Buzz! Siamo solo i primi quassù... Era il satellite disceso, è soltanto una roccia per le maree. Chiedo mi colpisca una pallottola di luce. Voglio un profilo di vittima a norma di legge, una battaglia stellare con tutte le regole. Mi piace questo nemico provocato dall’estro, io stesso o una profonda informe congettura di fuochi. Se esce dal cono della mente la rapidità dei bollori appare fluidità vocale. Ora è un motore che romba e appena il suo viaggio comincia nella gola sfrigola l’occhio mentre tampona. Allora cerco tutto il cotone e le domeniche sfoderate di recente. Quelle in cui vedo un riso, ti ricordo, la risata con cui l’orda del mare venne allo scoglio. Iniziò lo scontro tra elementi tanto diversi. Federico tornò alla terra. Analizzo questa parte: in realtà fu sommerso dalla terra, zolle comuni a tutti per Lui diverso. Lui, acqua dell'oasi fraudolenta (il miraggio) o il disegno reso deserto, già dalla cornice con tre o quattro o solo mille granelli consenzienti al vento. Avevo la bocca a caverna come il foro sulla sua camiseta. Quella bocca che viene giù dal pozzo stratosferico dove solo pochi esseri possono dissetarmi bene. Tutto il chiaro possibile è lì e scende trasparente. Avevo la bocca vuota. Ho ancora un morso inesistente. Lui ha lasciato i denti. Si sta bene a capirne il duende poste le lingue circonflesse come accenti perchè meglio le gocce fluiscono in gola meglio sale il ghibli dal petto, davvero quasi deserto, con tre o quattro o mille granelli assecondati da sillabe superstiti. © ferdigiordano

31


Concept: Ferdinando Giordano per rossovenexiano.com

Chiuso per la pubblicazione 20 Marzo 2014

32


rossovenexiano.com rossovenexiano.com

a cura di ferdigiordano 2-2014


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.